Hackerando la Macchina Ridotta (la CEP prima della CEP) 1. Introduzione

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1 Hackerando la Macchina Ridotta (la CEP prima della CEP) La CEP prima della CEP: la Macchina Ridotta Giovanni A. Cignoni, Diego Ceccarelli, Claudio Imbrenda, Francesco Monaci Dipartimento di Informatica, Università di Pisa Gennaio 2009 Apparirà in Appunti di Storia dell Informatica, a cura di F. Gadducci. La Macchina Ridotta fu il prototipo sperimentale realizzato nell ambito del progetto della Calcolatrice Elettronica Pisana, tradizionalmente identificata come il primo calcolatore digitale costruito in Italia. In realtà, il primato spetta proprio alla Macchina Ridotta che fu anche utilizzata per il calcolo scientifico a servizio di altre discipline di ricerca. L articolo, riprendendo i contenuti del seminario presentato al Corso di Storia dell Informatica dell Università di Pisa nel marzo 2008, presenta le motivazioni generali dei progetti di recupero delle tecnologie informatiche del passato, illustra la storia della Macchina Ridotta, discute il valore del suo primato e presenta alcuni dettagli tecnologici, interessanti e spesso curiosi, che motivano la ricerca dedicata alla ricostruzione virtuale della Macchina Ridotta. 1. Introduzione La Calcolatrice Elettronica Pisana, la CEP, è tradizionalmente considerata il primo calcolatore digitale italiano. In realtà, il primato spetta alla Macchina Ridotta (MR), il prototipo sperimentale costruito nell ambito del progetto che, dal 1955 al 1961, realizzò la CEP. La MR fu completata alla fine del 57 assolvendo con successo a quello che era il suo scopo principale, cioè verificare le soluzioni adottate per il progetto della CEP definitiva. È però rilevante che la MR fosse usata, praticamente da subito e con regolarità, anche come strumento di calcolo a servizio della ricerca. Uso e regolarità furono relativi a quelle che erano le caratteristiche di un calcolatore sperimentale degli anni 50, ma l uso fu produttivo, come testimoniano le pubblicazioni sulle ricerche in altre discipline realizzate grazie ai calcoli eseguiti con la MR. Inoltre, la volontà di favorire l uso della MR è testimoniata dall esistenza di un manuale d uso destinato a utenti, esterni al gruppo di progetto della CEP, e venuti a Pisa proprio per imparare a programmare sulla MR. La CEP definitiva fu completata nei primi mesi del 61, poco più di tre anni dopo la MR. Ma in questo breve periodo molte novità erano intervenute nell informatica, nel mondo e, in particolare, in Italia con Olivetti e la sua offerta di calcolatori commerciali. Il cambiamento del contesto, tecnologico ed industriale, aggiunge valore al primato della MR. Un primato che, evidenziando un risultato intermedio, accresce l importanza del progetto CEP. Il recupero della storia e, soprattutto, della tecnologia della MR è l oggetto di un progetto [1] attualmente in corso al Dipartimento di Informatica dell Università di Pisa. Il progetto incrocia interessi e passioni personali con gli obiettivi didattici del Corso di Storia dell Informatica (SDI) [2]. Obiettivo ultimo del progetto è la realizzazione di un simulatore accurato della MR, ma, al momento, l impegno maggiore è per il recupero e lo studio della documentazione. Questo articolo raccoglie gli argomenti di un seminario [3] tenuto nel marzo 2008 per celebrare, nell ambito del corso di SDI, i 50 anni della MR. I contenuti sono aggiornati con i risultati ottenuti nei mesi successivi grazie alla collaborazione di tre studenti del corso e proposti in un seminario HMR 1/13

2 presentato al Dipartimento di Informatica nel novembre 2008 [4]. L articolo è organizzato in tre parti. La prima descrive la genesi del progetto di recupero, i suoi obiettivi e le sue motivazioni confrontandole con iniziative e progetti simili. La seconda parte inquadra la MR all interno del progetto della CEP e, più in generale, nel contesto degli inizi dell informatica in Italia, sottolineando il particolare valore del primato della MR. La terza parte infine è dedicata a una collezione di brevi immersioni nella documentazione e nella tecnologia della MR: sono scoperte interessanti, spesso curiose, che rendono appassionante il lavoro di recupero. 2. Un progetto di recupero tecnologico Il progetto di ricostruzione virtuale della Macchina Ridotta è nato, quasi per caso, da un progetto di ricerca sulla modellazione dei sistemi ai fini della loro simulazione. La simulazione è infatti uno strumento pratico per rendere nuovamente disponibili le tecnologie di un tempo senza affrontare rischiosi restauri o costose ricostruzioni. Iniziative di questo genere sono diffuse e si sono conquistate un ruolo di rispetto nell ambito della storia dell informatica Storia dell informatica Con l anno accademico 2005/06 sono iniziati in 11 atenei italiani i primi corsi di Storia dell Informatica. Storia della matematica, della fisica e delle scienze in generale sono aree di ricerca e di insegnamento ormai consolidate, ma sono anche relative a discipline che di anni ne hanno parecchi. L informatica ha poco passato e si potrebbe pensare che è ancora presto per parlare di storia. Per di più l informatica si è sviluppata in anni recenti, in un periodo in cui il rischio di perdita di documenti e di testimonianze si suppone basso, facendo così sembrare meno urgente la necessità di una ricerca storica. Ma l informatica è una disciplina molto legata alle tecnologie e al loro breve ciclo vitale: una tecnologia informatica fa presto a essere superata, rimpiazzata e dimenticata. Per questo motivo da tempo, soprattutto all estero, negli Stati Uniti e nel Regno Unito, la storia dell informatica è ampiamente riconosciuta, sia come materia di insegnamento, sia come area di ricerca. La letteratura è ampia e numerosi sono i progetti, le istituzioni ad hoc, e le iniziative culturali legate a questi temi: retrocomputing è un termine ormai affermato. In Italia l interesse è più recente. I corsi di storia dell informatica, un progetto promosso dall AICA [5], si inseriscono in un più ampio contesto di iniziative di diffusione dell informatica a vari livelli culturali. Altre iniziative italiane in questo senso sono le mostre Per fili e per segni [6], Bit@byte [7] e i musei dedicati alla storia dell informatica e alla preservazione delle sue macchine, fra i quali il Museo degli Strumenti per il Calcolo di Pisa [8]. Molte iniziative hanno come naturale obiettivo la preservazione e la mostra dell hardware. Nello specifico caso dell informatica, però l altra metà del cielo è fatta dal software e le macchine sono nate per farlo girare. Acquista perciò particolare valore studiare e tramandare l uso dei calcolatori del passato: come l hardware funzionava, quale software ci girava sopra, cosa comportava fare gli informatici usando quelle macchine. Il vero senso del retrocomputing è proprio mantenere in funzione l informatica del passato. E appassionati ci sono anche da noi: il gruppo che si è creato intorno al Museo del Computer di Novara [9] è probabilmente il riferimento principale Archeologia sperimentale dell informatica Con archeologia sperimentale si intende lo studio, mediante tentativi sperimentali, di ricreare e usare antichi manufatti per recuperare o conoscere meglio le tecnologie del passato. La disciplina è nata intorno agli anni 50 e sono numerosi i casi di ricerche che ne seguono i metodi. L acciaio di Damasco è uno degli esempi più noti: l uso per la fabbricazione di lame è documentato fra il X e il XVI secolo HMR 2/13

3 in medio oriente, esistono dei reperti, ma è aperta e accesa la discussione sulla tecnica metallurgica per ottenerlo e sulla sua classificazione come tecnologia originale o come ridenominazione locale di una tecnologia già nota (come gli acciai wootz indiani o gli acciai a pacchetto giapponesi). Le pubblicazioni su riviste scientifiche prestigiose [10], [11] dimostrano la rilevanza tecnologica oltreché storica della ricerca, nonostante oggi siano disponibili leghe molto più efficaci e, da tempo, le lame non siano più negli interessi di ricerca dei militari. I metodi dell archeologia sperimentale possono essere applicati anche alla storia dell informatica. Per quanto i fatti dell informatica siano molto recenti, il loro preminente contenuto tecnologico richiede molta sperimentazione per comprendere e mantenere in funzione le macchine del passato. D altra parte, i musei di macchine spente fanno tristezza e, guardando solo l hardware in una vetrina, del software che un tempo ci ha girato sopra non si apprezza proprio niente. La necessità di riportare in vita i cimeli dell informatica è decisamente sentita all estero: numerose sono le iniziative e, spesso, implicano anche un notevole impegno in termini di ricerca delle fonti, di studio e di tentativi sperimentali perché delle tecnologie vecchie non sempre ci si è preoccupati di mantenere memoria. Ne citiamo alcuni fra i più interessanti. Colossus era l elaboratore usato dagli Alleati durante la II guerra mondiale a Bletchley Park, vicino Londra, per decrittare le trasmissioni dell Asse codificate con gli apparati Lorenz SZ42 [12]. A parte il valore storico legato agli eventi bellici, il Colossus è stato uno dei primissimi elaboratori digitali. Anche se basato su un architettura non-von Neumann, dedicato a compiti specifici e solo marginalmente legato ad Alan Turing, è comunque un pezzo di storia dell informatica. Un pezzo che ha rischiato di essere perduto: negli anni 60, nel timore di fughe di informazioni che caratterizzava gli anni della guerra fredda, i Colossus e tutta la documentazione relativa furono deliberatamente distrutti. Nel 1993 è stato intrapreso un progetto [13] per la ricostruzione del Colossus a partire dalla scarsissima documentazione rimasta e dai ricordi degli ultimi tecnici e ricercatori ancora viventi. La replica, in parte ricostruita con materiali d epoca, è funzionante dal Per l inaugurazione fu indetta una sfida internazionale al Colossus per la decifrazione di tre messaggi radio trasmessi con una Lorenz originale mantenuta in condizioni di funzionamento dal museo Heinz Nixdorf di Paderborn. Per la cronaca, il Colossus ricostruito riuscì nel suo compito, ma fu battuto sul tempo da un PC che eseguiva un programma di decifrazione realizzato ad hoc da Jochim Schüth, un radioamatore di Bonn. Sempre nel Regno Unito, all Università di Manchester, nel 1998, nell occasione delle iniziative per celebrare il cinquantenario del primo calcolatore digitale inglese con memoria per i programmi, è stata completata la ricostruzione della Small Scale Experimental Machine, più familiarmente nota come The Baby [14], il prototipo del Manchester Mk1, che poi, prodotto in serie come Ferranti Mk1, sarà il primo calcolatore digitale commerciale europeo. Vale anche la pena citare la disponibilità della documentazione e delle istruzioni, complete e collaudate, per ri-costruirsi un Block I AGC del 64, il computer di guida che era installato sul modulo di comando e sul modulo di allunaggio delle missioni Apollo [15] Repliche virtuali per tutti Costruire una replica fisica è affascinante, ma costoso. Utilizzare gli originali, quando disponibili, pone il dilemma del restauro: riportare le macchine in condizioni di funzionamento potrebbe implicare una manomissione del cimelio e quindi essere contrario all impostazione conservativa del restauro moderno. In ogni caso, utilizzare le macchine originali significa anche esporle a rischi. Repliche e originali restaurati poi hanno anche, per motivi logistici, lo svantaggio di essere poco accessibili agli studiosi. HMR 3/13

4 Il ricorso alla simulazione software è perciò una soluzione ampiamente percorsa. Un simulatore non mette a rischio gli originali. Oltre ad essere in assoluto meno costoso, si presta a essere realizzato a diversi livelli di dettaglio, quindi è una soluzione flessibile rispetto ai limiti di spesa di un progetto. Un simulatore è facilmente distribuibile: non ci sono ostacoli logistici per i ricercatori e può essere esteso a un più vasto pubblico di studiosi e di studenti, nei corsi di storia dell informatica o anche in manifestazioni di diffusione scientifica come le gare di informatica. In entrambi i casi citati, il Colossus di Bletchley Park e la Baby di Manchester, nell ambito dei progetti di ricostruzione fisica sono stati anche realizzati e resi disponibili al pubblico gli emulatori delle macchine. Nel caso della macchina di Manchester l emulatore fu la piattaforma di riferimento ai fini di un concorso internazionale per il miglior programma per la Baby. In generale, numerosi sono gli emulatori disponibili per i calcolatori del passato, dalle prime macchine storiche fino a macchine anche recenti, ma già completamente scomparse. L attenzione a queste risorse e alla loro disponibilità è motivata per gli ovvi fini storici, ma anche per la didattica delle architetture dei calcolatori [16], che spesso trae vantaggio dalla disponibilità di casi di studio più semplici. Vale la pena citare anche la piattaforma MAME [17] per l emulazione delle vecchie console da sala giochi. Gli evidenti risvolti ludici rendono il progetto particolarmente interessante per la sua capacità di attrazione di un pubblico non specialistico. Ma, in generale, tutte le iniziative di archeologia informatica sono utili per diffondere la cultura informatica e per coinvolgere gli studenti (o i futuri tali) Un caso di studio divenuto progetto Il progetto di recupero della MR nasce da un progetto di simulazione. GeneSim [18] è un progetto open source per la modellazione di sistemi basata su UML e SysML e la generazione automatica del codice dei simulatori. A un certo punto del suo corso, il progetto era in cerca di un caso di studio. Il sistema da modellare e simulare doveva essere interessante, sufficientemente grande, ma non troppo. Un vecchio calcolatore si prestava a una modellazione a diversi livelli (linguaggio assembler, istruzioni microprogrammate, reti logiche, circuiti elettronici). La CEP era troppo impegnativa per un caso di studio dimostrativo e quindi fu scelta la MR. Il fatto che fosse pisana e poco nota erano caratteristiche che contribuivano a rendere interessante il caso di studio. Anche troppo. Le difficoltà, subito incontrate a reperire la documentazione necessaria per modellare fedelmente la MR, hanno difatto bloccato il caso di studio per i fini di GeneSim (che per il momento ha ripiegato su sistemi più prosaici). Ma ormai l interesse era stato destato e anzi era stato ulteriormente acceso dai problemi e dalle curiosità emerse dall esame della documentazione inizialmente recuperata. A oggi la ricostruzione virtuale della MR è un progetto indipendente, ancora principalmente impegnato nel recupero e nello studio della documentazione originale. Gli obiettivi di simulazione tuttavia rimangono. Molti degli simulatori di calcolatori del passato sono limitati all interfaccia programmativa esterna, più vicini ad essere interpreti di un linguaggio macchina, che simulatori di un sistema hardware. Mentre, sia ai fini della comprensione e della divulgazione dell architettura della macchina, sia per la ricostruzione storica del suo uso, è utile includere nella realizzazione del simulatore anche gli aspetti non funzionali che condizionavano (parecchio) l uso delle prime macchine, quali i consumi elettrici, la dissipazione del calore, l usura e l affidabilità dei componenti. 3. La CEP e la Macchina Ridotta La MR fu realizzata nell ambito del progetto della CEP come prototipo sperimentale di quella che, nella gergo dei ricercatori pisani, era identificata come la macchina definitiva. I lavori per realizzare la CEP si protrassero fino al Per comprendere a pieno il valore della MR e del suo HMR 4/13

5 primato, vale la pena ripercorrere brevemente la storia del progetto della CEP e soffermarsi sugli eventi che, in pochi anni, videro nascere, crescere e affermarsi l informatica italiana anche come impresa industriale. Per una trattazione più dettagliata degli argomenti si rimanda agli articoli di Bonfanti [19], De Marco et al. [20], Maestrini [21], Andronico [22] I primi passi dell informatica italiana Il 1954 è considerato da molti l anno zero dell informatica in Italia. Infatti avvengono in quest anno quattro eventi, distinti ma rappresentativi dei diversi orientamenti nella discussione fra comprare o costruire allora in corso nella comunità scientifica e industriale interessata al calcolo automatico. I fautori del comprare sottolineavano l esigenza di avere macchine immediatamente disponibili sia per la ricerca sulle applicazioni del calcolo automatico sia per l esecuzione di calcoli per la ricerca in altri campi. Questo orientamento fu alla base di due iniziative: il Politecnico di Milano attivò un Centro di Calcoli Numerici e decise l acquisto di un CRC 102A prodotto dalla NCR statunitense; la macchina arrivò in Italia a ottobre del 54 e, in assoluto, fu il primo calcolatore digitale moderno a operare in Italia; l Istituto Nazionale per le Applicazioni del Calcolo (INAC) di Roma, un istituto del CNR operante fin dal 1932, decise l acquisto di un Ferranti Mk1 inglese, che, noto come FINAC, arrivò a Roma nel dicembre 54, ma divenne operativo a partire da giugno 55; Il fronte del costruire era invece animato dalla volontà di appropriarsi completamente della nuova tecnologia recuperando il tempo perduto rispetto alle altre nazioni. Affrontava rischi maggiori: gli scambi scientifici con i gruppi di ricerca inglesi e statunitensi erano buoni, ma si trattava sempre di una tecnologia nuova. Senza contare la concorrenza del partito del comprare. Le iniziative rilevanti furono due, una di carattere scientifico e una di carattere industriale: il Consorzio Interprovinciale Universiario (CIU) di Pisa, Livorno e Lucca, a ottobre del 54, approvò come nuova destinazione di un finanziamento già stanziato la realizzazione, a Pisa, di una calcolatrice elettronica, dando così il via al progetto della CEP; l Olivetti, che si stava affermando in quegli anni per le macchine da ufficio meccaniche, maturò la decisione di investire nell elettronica, alla quale seguirà nel 55 l istituzione a Pisa del Laboratorio per le Ricerche Elettroniche e la partecipazione con proprie risorse umane al progetto della CEP. Il contesto del 54/55 era molto vivace, caratterizzato da obiettivi a volte contrapposti, da direzioni di ricerca di diversa impostazione e dalla partecipazione di intraprendenti interessi industriali. La realizzazione in poco meno di tre anni della MR e il suo immediato utilizzo per il calcolo scientifico furono un risultato di cui è importante conservare le memoria Il progetto per la CEP Il CIU, agli inizi degli anni 50, aveva stabilito un finanziamento di 150 milioni di lire per la realizzazione a Pisa di un sincrotrone. L Istituto di Fisica dell Università di Pisa aveva curato la progettazione dello strumento, ma agli inizi del 54 l Università di Roma, offrendo un proprio, cospicuo, finanziamento, ottenne che il sincrotone venisse costruito e installato a Frascati. Per trovare una nuova destinazione al finanziamento del CIU, nell agosto del 54 i professori Marcello Conversi e Giorgio Salvini chiesero consiglio a Enrico Fermi, approfittando della sua ultima visita in Italia alla Scuola Internazionale di Fisica di Varenna. Fermi consigliò di investire nella costruzione di una macchina calcolatrice e scrisse anche in questo senso a Enrico Avanzi, allora rettore dell Università di Pisa. Fermi era a conoscenza dell acquisto del Ferranti in corso all INAC, che cita nella lettera, ma invitava comunque i ricercatori pisani a cimentarsi nell impresa della costruzione di un calcolatore. HMR 5/13

6 A ottobre 1954 fu approvata la nuova destinazione dei finanziamenti, non senza un certo rammarico da parte dei rappresentanti degli enti locali perché, come risulta dai verbali, il sincrotrone esercitava maggiore influsso sull opinione pubblica. Nel gennaio successivo, in una riunione presso l istituto di Fisica furono valutate la fattibilità e l opportunità economica del progetto. Alla discussione, nella quale furono espresse diverse perplessità, parteciparono fisici e ingegneri pisani insieme a esponenti delle Università di Firenze, Torino, Padova e Roma. Il dibattito proseguì all interno della Commissione Mista nominata dal rettore e, infine, nel marzo 1955 fu deciso di costituire il Centro Studi sulle Calcolatrici Elettroniche (CSCE) e fu nominato il Comitato per dirigerlo. Il progetto e la nuova destinazione dei fondi furono poi ufficializzati dal CIU a giugno e il CSCE, con personale assunto dall Università e personale assunto dall Olivetti nell ambito di una convenzione sottoscritta a maggio, iniziò a lavorare per organizzare la realizzazione della calcolatrice. L avventura della CEP era iniziata. Nella relazione di fine 1955 il CSCE presentò il proprio piano di lavoro: per realizzare la CEP furono previsti quattro anni, ma alla fine del primo biennio era previsto il completamento del nucleo centrale. È questo il primo riferimento alla MR, che inizialmente fu pensata come una parte della macchina definitiva e non come la macchina più semplice e sostanzialmente diversa che poi fu effettivamente realizzata. La CEP fu terminata nei primi mesi del 61, con circa un anno di ritardo rispetto al piano di lavoro previsto nel 55, e fu ufficialmente inaugurata il 13 novembre in una cerimonia cui partecipò l allora Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi. La CEP rimase operativa per circa 7 anni e fu soggetta a successive estensioni. Furono realizzate periferiche dedicate a particolari attività di ricerca come, per esempio, un dispositivo di scansione di fotogrammi per l analisi degli esperimenti nelle camere a tracce. Nel 1964 la CEP cominciò a subire in casa la concorrenza di un 7090 donato dall IBM e per la cui gestione fu istituito il Centro Nazionale Universitario di Calcolo Elettronico (CNUCE). L esperienza della CEP, con la coraggiosa decisione di costruire invece di comprare, raccolse a Pisa quel concentrato di competenze e di risorse umane che nel 1969 permise l istituzione del Corso di Laurea in Scienze dell Informazione, primo in Italia e fra i primi in Europa Il primato della Macchina Ridotta La CEP era una macchina notevole. Osservatori stranieri come Blachman [23] e Auerbach [24], molto attenti nel valutare i potenziali concorrenti della ricerca e dell industria statunitensi, non mancarono di riconoscere le interessanti caratteristiche della CEP, fra le quali la microprogrammabilità, il meccanismi di modifica delle istruzioni per il passaggio dei parametri ai sottoprogrammi, la velocità di calcolo. Tuttavia, quando la CEP fu completata, il mondo dell informatica era radicalmente cambiato rispetto agli anni in cui l impresa era stata concepita. Dal punto di vista tecnologico i transistor avevano ormai soppiantato i tubi. Stava mutando anche il modo di usare i calcolatori, che non erano più solo macchine per il calcolo numerico. Ai Bell Labs sperimentavano la sintesi vocale facendo cantare Daisy Bell a un IBM 704, la stessa filastrocca che, non a caso, canterà qualche anno più tardi il calcolatore più famoso della storia del cinema. Il PDP-1 proponeva un interfaccia utente basata su un terminale video e una penna ottica e subito fu utilizzato per programmare Spacewar, il primo videogioco della storia. Anche in Italia le cose erano cambiate. Erano già installati numerosi calcolatori, 22 secondo [21], circa 50 nelle stime di [23], quasi tutti di produzione straniera. Inoltre Olivetti, in un ottimo esempio di cosa significa l investimento in ricerca per l industria, era già avanti a raccogliere i frutti della sua partecipazione al gruppo di ricerca della CEP. Nel 57, in un testa a testa con la MR, Olivetti aveva realizzato la Macchina Zero, il primo prototipo della serie ELEA che poi iniziò ad HMR 6/13

7 essere commercializzata nel 59 con il modello ELEA Nel 61 Olivetti aveva a listino ELEA 6001, un calcolatore scientifico diretto concorrente della CEP e già ordinato dall Università di Padova e dal Politecnico di Torino. Entrambi i modelli ELEA erano inoltre completamente realizzati utilizzando i transistor. Anche sul fronte della realizzazioni scientifiche altre Università avevano iniziato a cimentarsi nella costruzione di macchine: a Milano il CRC 102 era stato modificato in casa, a Padova era stata costruita una macchina sul modello della calcolatrice APE dell inglese Andrew Booth. Ma il cambiamento culturalmente più rilevante è forse indicato dal fatto che ELEA 9003, vestito da Ettore Sottsass, era stato premiato nel 59 con il Compasso d Oro [25] per il design industriale. In pochi anni il calcolatore, da oggetto di ricerca, era diventato un prodotto ed era stato accettato come componente dell arredamento aziendale. È una coincidenza significativa che nello stesso anno il premio fu assegnato anche alla Nuova 500 della FIAT, un altro segno importante della diffusione delle tecnologie e della modernizzazione del paese. La MR, invece, fu completata nel luglio del 57 e nei primi mesi del 58 iniziò a essere utilizzata anche per il calcolo scientifico a servizio della ricerca in altri settori. Diverse sono le testimonanianze dell uso della MR per fini esterni al progetto della CEP. Il primo calcolo, come riportato da M. Conversi in una presentazione divulgativa del CSCE [26], fu richiesto dall Istituto di Mineralogia dell Università di Pisa e fu completato nell aprile Altri impieghi sono riportati dagli articoli scientifici di E. Fabri, E. Abate e L. Guerri [27], [28] pubblicati su Il Nuovo Cimento, la rivista della Società Italiana di Fisica. In particolare, nel lavoro di Fabri e Abate, i programmi usati facevano uso di calcolo simbolico, un indicazione della versatilità della MR e di come anche lo studio del tecniche di programmazione cominciava a muovere i primi passi a Pisa. La MR fu anche la macchina su cui furono tenuti i primi corsi di programmazione a Pisa: nel 1958 l Istituto Nazionale di Fisica Nucleare distaccò presso il CSCE quattro ricercatori provenienti dalle sedi di Milano, Padova, Pisa e Roma per imparare come si usa una macchina calcolatrice. Tra loro, Elisabetta Abate, curò anche la redazione di un manuale di riferimento per l uso della MR [29]. Fermi, nella sua lettera, aveva sottolineato che la nascente tecnologia del calcolo automatico sarebbe stata un mezzo di ricerca di cui si avvantaggerebbero, in modo oggi quasi inestimabile, tutte le scienze e gli indirizzi di ricerca. L uso della MR è la prima testimonianza di un calcolatore realizzato in Italia che conferma la previsione di Fermi. 4. Riscoperte e curiosità Ricostruire virtualmente la MR, implica conoscerne i dettagli tecnologici. Maggiore è il livello di accuratezza che si vuole ottenere dal simulatore e maggiore è la conoscenza che si deve acquisire. Il progetto si è scontrato subito con la difficoltà di recuperare la documentazione e, ancora, non sono disponibili tutte le informazioni necessarie. Anzi, non è neanche possibile affermare con certezza che tale documentazione sia stata tramandata a noi. Tuttavia, quanto è stato recuperato e studiato finora permette di illustrare diversi aspetti interessanti della storia e della tecnologia della MR Il recupero della documentazione, quante macchine ridotte? Il CSCE inizialmente aveva sede all ultimo piano del vecchio Istituto di Fisica in P.zza Torricelli. A Fisica erano anche i locali dove prima la MR e poi la CEP furono assemblate. Da Fisica il CSCE si trasferì in Via S. Maria, dove divenne poi l Istituto di Elaborazione dell Informazione (IEI) del CNR. Quando iniziò la costruzione della CEP definitiva la MR fu dismessa, per far posto alla nuova macchina (la stanza era una) e per essere cannibalizzata. La CEP invece, quando alla fine degli anni 60 fu pensionata, fu smantellata e conservata alla Domus Galileana e di lì, nel 2003, trasferita al Museo degli Strumenti del Calcolo [8] dove oggi è in mostra. HMR 7/13

8 La documentazione del CSCE è conservata presso la biblioteca dell Istituto di Scienze e Tecnologie dell Informazione, l istituto del CNR nato nel 2000 dalla fusione di IEI e CNUCE; recentemente è stata avviata la catalogazione del materiale. Probabilmente negli anni 60, nei vari traslochi del CSCE, non tutta la documentazione fu trasferita alla biblioteca, forse il CSCE, che era un centro finalizzato alla realizzazione di un progetto, neanche aveva una biblioteca, almeno finché non divenne istituto del CNR e acquisì un organizzazione più strutturata. Da quanto è stato possibile recuperare, sappiamo che il CSCE produsse due serie di Note Interne. La prima serie sembra comprendere completamente il periodo che vide la realizzazione e l uso della MR e il completamento della CEP. La seconda serie è invece relativa al periodo successivo. Le note sono numerate, ma non sempre sono datate. La numerazione non segue l ordine cronologico e sembra essere il frutto di una catalogazione posteriore. Fra le note interne recuperate finora, quelle più rilevanti ai fini della ricostruzione della MR sono: NI 26 [30], databile, grazie a un riferimento in un altro documento, al luglio 56; è la prima versione di un progetto dettagliato della macchina ridotta (MR v1); la descrizione del progetto è completa e al progetto corrisponde una prima serie di disegni tecnici degli schemi meccanici, logici ed elettrici recuperata completamente; il documento riporta anche i listati dei sottoprogrammi del sistema operativo della MR v1 (le virgolette sono d obbligo); NI 36 [31], datata aprile 57; riporta le sostanziose variazioni al progetto della MR del 56; i cambiamenti includono modifiche all hardware, all insieme di istruzioni e alla console di comando; dei disegni tecnici relativi a questa seconda versione (MR v2), per adesso, è stato ritrovato solamente uno schema generale; NI 38 [29], datata marzo 58, già citata, è dedicata a riassumere le modalità d uso della MR v2; è un importante testimonianza di manuale per l uso della MR o, più precisamente, per la scrittura di programmi per la MR, non ci sono indicazioni infatti su come caricarli ed eseguirli sulla MR; è inoltre una fonte utile a integrare alcuni dettagli della MR v2. Dunque abbiamo due versioni della MR. La documentazione recuperata permette una ricostruzione dettagliata e completa della MR v1, che però sappiamo essere solo una versione di progetto. Della MR v2 invece ancora mancano informazioni sufficienti per ricostruire i microprogrammi del controllo e i sottoprogrammi del sistema operativo Reti logiche e circuiti elettronici che non tornano L elettronica della MR era basata su diodi al germanio e tubi a vuoto. Questa tecnologia fu adottata anche per gran parte delle componenti della CEP, praticamente tutte quelle derivate dalla MR. Per le componenti che invece si distinguevano dalla MR e che furono progettate in un secondo momento, come, per esempio, l unità di controllo microprogrammata e alcune interfacce con le periferiche, la CEP sperimentò l emergente tecnologia dei transistor, che non fu più abbandonata e fu usata anche per le espansioni aggiunte alla CEP in seguito. I diodi erano usati per realizzare reti logiche secondo uno stile di circuiti noto comunemente come logica a diodi o, per la precisione, a diodi e resistenze. La logica a diodi ha diverse limitazioni. In primo luogo, non permette un implementazione completa dell algebra booleana: possono essere realizzate soltanto funzioni dirette. In altre parole, con soli diodi non si riesce a invertire un segnale e a realizzare un not logico. Un altra limitazione riguarda i livelli di tensione che nei circuiti elettronici che implementano reti logiche rappresentano i valori booleani 0 e 1. Le porte realizzate con la logica a diodi producono in uscita livelli di tensione che, rispetto ai valori nominali, non sono perfetti 0 o 1, di conseguenza, è limitato il numero di porte che possono essere concatenate. HMR 8/13

9 Queste caratteristiche condizionarono il progetto della MR e sono riconoscibili nella scelta delle diverse tensioni: quelle nominali di segnale (-10V e +10V), quelle di riferimento per l amplificazione del segnale dopo che si è attenuato attraversando una rete a diodi (-14V e +10V) e quelle di alimentazione delle reti logiche (che salivano a -50V e + 50V). Conseguenza delle particolarità della logica a diodi è anche il frazionamento delle reti in più elementi, sia per non superare tre livelli di concatenazione, sia per poter invertire i segnali in uscita da un elemento (dove occorreva un not logico) e per ristabilire tramite amplificazione le tensioni di segnale corrette. Il vantaggio della logica a diodi è che è molto semplice e che, come tale, permette di mantenere una chiara corrispondenza fra il disegno della rete logica e la realizzazione dei circuiti elettronici (oggi si direbbe che favorisce la tracciabilità dell implementazione). Questa caratteristica e le scelte progettuali decise per la MR portarono a un disegno e a una realizzazione estremamente modulari. Ogni elemento replicava uno schema standard con la rete logica a diodi compresa fra un circuito di ingresso e uno di uscita. La rete logica era composta di porte and e di porte or, riconoscibilissime nella loro implementazione a diodi. I circuiti di ingresso e uscita utilizzavano i tubi, sia per ristabilire le tensioni sia per presentare il segnale di uscita anche invertito, risolvendo così la mancanza del not. Ogni elemento era poi montato su un telaietto estraibile standard per facilitare gli interventi di manutenzione. La modularità del disegno generale e la corrispondenza fra i disegni delle reti logiche e i circuiti elettronici hanno permesso di scoprire una piccola curiosità. Lo studio della documentazione recuperata per la realizzazione del simulatore dell addizionatore della MR ha infatti evidenziato una discrepanza fra i disegni. L addizionatore a 18 bit della MR era costituito da 18 stadi ognuno dei quali sommava un bit, dava in uscita il risultato e propagava il riporto allo stadio successivo. Una realizzazione estremamente classica: da tempo gli addizionatori adottano soluzioni più efficienti, ma anche basate su reti logiche molto meno intuitive. Ogni stadio era realizzato in due elementi standard, uno per il circuito di somma e uno per il circuito di riporto. Dell addizionatore della MR v1 sono stati recuperati tutti i disegni originali: Ad/L/1 per la rete logica; Ad/Ed/1 per il circuito di somma a un bit; Ad/Ed/2 per il circuito di riporto a un bit; Ad/Ed/3 per lo schema di interconessione fra i vari stadi; Ad/Ed/4 per il montaggio dei due elementi di ogni stadio sui rispettivi telaietti. Le reti logiche erano disegnate con una notazione, documentata nella Nota 26 [30], che prevedeva un triangolo nero per l or e uno bianco per l and. Confrontando la rete logica con i due circuiti elettrici si è scoperto che la notazione è seguita correttamente per il circuito di riporto, ma invertita nel circuito di somma. Inoltre, secondo i cartigli delle tavole, le date dei disegni delle reti logiche sono posteriori (11 luglio 57) a quelle dei circuiti elettrici (16 e 20 giugno 57), mentre sarebbe lecito aspettarsi il contrario, visto che i circuiti dovrebbero essere ricavati dal progetto delle reti. Si potrebbe supporre che gli errori siano stati introdotti nel riprodurre gli originali di lavoro nelle belle copie destinate all archiviazione. Ma la rete logica funziona correttamente e corrisponde alla descrizione algebrica riportata nella Nota 26. Una possibile ipotesi potrebbe vedere associati i disegni dei circuiti all esperimento dell addizionatore a 6 bit che era stato realizzato nel 1956 ed è citato nella relazione sullo stato dei lavori prodotta a luglio di quell anno, mentre il disegno della rete logica e la descrizione algebrica riportata nella Nota 26 sono associati al progetto di tutta la MR completato dopo l esperimento dell addizionatore. Sappiamo anche che nella Nota 36 [31] è fatto riferimento a un altro disegno della rete logica dell addizionatore: Ad/L/2. In ogni caso, è curioso (e HMR 9/13

10 per certi versi confortante) constatare che anche i primi informatici fossero inclini a un certo disordine nella documentazione di progetto Ingressi e uscite, il Baudot ribaltato La MR, come dispositivi di ingresso e di uscita, aveva adottato, rispettivamente, un lettore fotoelettrico di nastro perforato Ferranti Mk2-Tr2 e una telescrivente Olivetti T2-CN, due apparati per telecomunicazioni che si adattavano bene allo scopo perché capaci di produrre e accettare segnali digitali codificati. Come codifica la Nota 26 afferma che era adottato l alfabeto 2 del CCIT (sic.), in riferimento allo standard CCITT ITA2 [32] allora in vigore. Infatti, negli anni 50 il Comité Consultatif International Téléphonique et Télégraphique era l organismo dell International Telegraph Union dedicato alla definizione degli standard. La codifica ITA2 (International Telegraph Alphabet n. 2) è comunemente nota come codifica Baudot. In realtà Baudot è una codifica precedente, definita da Emile Baudot nel 1874 per utilizzare una tastiera telegrafica a 5 tasti. Ogni tasto generava un segnale che veniva trasmesso come segnale sulla linea e ricevuto perforando un nastro. La codifica Baudot è rilevante per aver introdotto i caratteri di scambio che permettono di quasi raddoppiare il numero di simboli rappresentabili: tolti i due codici dedicati ai caratteri di scambio nei due sensi, si possono rappresentare 30 lettere (abilitate dal codice LTRS) e 30 cifre (abilitate da FIGS). Per questo motivo con Baudot si indicano genericamente tutte le codifiche a 5 bit che fanno uso di questo espediente. Nel 1901, Donald Murray propose una codifica diversa, abbinata a una tastiera a 32 tasti con shift che generava automaticamente il pacchetto di segnali corrispondenti a un carattere da trasmettere. La codifica era riarrangiata a vantaggio della meccanica della tastiera rispetto alla frequenza dei caratteri, eliminava qualche carattere e aggiungeva lo spazio e i caratteri di carriage return e line feed. Il codice di Murray fu acquistato dalla Western Union Telegraph Company americana e, modificato leggermente, divenne, nelle versioni ITA2 e USTTY, lo standard adottato da praticamente tutte le telescriventi dagli anni 30 in poi. E da tutti i calcolatori fino alla diffusione codifica ASCII a 7 bit nella seconda metà degli anni 60. Lo standard ITA2 segue la convenzione che il primo bit è a sinistra. In questo modo leggendo il nastro normalmente, da sinistra verso destra e dall alto verso il basso, si riproduce la sequenza dei segnali come effettivamente trasmessi sulla linea di comunicazione. Nell interpretazione numerica dei codici ITA2, per convenzione si associa il bit meno significativo al primo bit, quindi, per esempio, il carattere 1, che in ITA2 è trasmesso come 11101, interpretato numericamente, con il bit meno significativo a sinistra, vale 23. La MR, invece, collocava i quintetti di bit provenienti o destinati agli apparati di ingresso e uscita in registri dedicati che poi, nell aritmetica della macchina, erano interpretati secondo la tradizione dei matematici che vuole il bit meno significativo a destra. Quindi lo 1 proveniente dal lettore di nastro o destinato alla telescrivente per la MR era sempre 11101, ma valeva 29. A complicare la faccenda (per chi cerca di comprenderla oggi), la MR traduceva la codifica esterna (che già era stata ribaltata rispetto allo standard telegrafico) in una codifica interna. Introdotta per facilitare le conversioni fra binario e decimale nei sottoprogrammi di ingresso uscita, la codifica interna riorganizzava lo standard ITA2 per far corrispondere ai caratteri delle cifre il loro valore. Quindi, alla fine, 1 per la MR aveva il codice interno e valeva proprio 1. La tabella di conversione fra codici esterni e codici interni era caricata nelle prime 32 celle della memoria della MR: l indirizzo corrispondeva al codice esterno e il contenuto al codice interno. In lettura dal nastro la conversione era immediata, in scrittura sulla telescrivente richiedeva invece una HMR 10/13

11 ricerca lineare per ogni carattere (comunque trascurabile rispetto alla lentezza della telescrivente). La tabella era anche usata, nelle convenzioni di programmazione della MR, come fonte di costanti per i valori da 0 a 31. Per esempio, nei cicli sui bit della parola di macchina ricorre l uso della costante 17 che, essendo su 5 bit una configurazione simmetrica, e non corrispondendo a nessun carattere di cifra decimale da rilocare, stava proprio nella cella Il sistema operativo e i sottoprogrammi Un aspetto interessante del recupero di una macchina del passato è comprendere come, effettivamente, funzionava ed era usata. È possibile accontentarsi di un interprete del linguaggio macchina della MR, ma è molto più appassionante provare a realizzare un simulatore che dia modo di seguire le procedure originali per l accensione della macchina, per il caricamento dei programmi e per la loro esecuzione tramite l interfaccia utente originale della MR. Queste funzioni sono oggi associate al concetto di sistema operativo, cioè alla collezione di programmi necessari per permettere l esecuzione delle applicazioni e fornire servizi quali librerie di base, allocazione delle risorse, controllo dei processi, gestione delle periferiche e dei file [33]. Secondo questa definizione la MR aveva un sistema operativo, estremamente elementare, ma parte integrante della macchina e necessario per eseguire i programmi applicativi. Il sistema operativo della MR completava le funzionalità matematiche e semplificava le funzioni di ingresso/uscita, facilitando in particolare il caricamento dei programmi. Nella MR v1 il sistema operativo comprendeva la già citata tabella di conversione dei codici alfabetici, i sottoprogrammi per la moltiplicazione e la divisione, un sottoprogramma per la stampa su telescrivente di un numero in formato decimale, e un sottoprogramma per la lettura da nastro e il caricamento in memoria di programmi o dati. Nella MR v2 fu aggiunto anche un sottoprogramma per il calcolo della radice quadrata. La tabella era caricata nelle prime celle della memoria della MR, i sottoprogrammi nelle ultime. Questa soluzione dava la possibilità, nel formato dei programmi letti da nastro, di limitare tutti gli indirizzi a 3 cifre decimali, tanto le ultime celle della memoria, che avrebbero richiesto 4 cifre erano occupate dal sistema operativo e quindi non erano utilizzabili. I programmi erano memorizzati su nastro perforato secondo un formato minimale, ma comunque abbastanza sofisticato: non erano immagini binarie, ma sorgenti con un codice alfabetico per l istruzione e un numero decimale per l argomento codici delle istruzioni, che venivano letti e compilati (anche in questo caso le virgolette sono d obbligo). Inserito il nastro nel lettore, tramite la console (il quadro di comando manuale, nella terminologia originale), si impostava l indirizzo di ritorno del sottoprogramma di lettura all indirizzo a cui sarebbe stato caricato il programma e si eseguiva un salto incondizionato al sottoprogramma di lettura. Quando la macchina terminava la lettura, il programma utente era stato caricato in memoria e veniva eseguito. Semplice, purché il sistema operativo fosse già residente in memoria. La MR aveva una memoria a nuclei di ferrite di 1024 celle da 18 bit. Le memorie a nuclei di ferrite sono persistenti, ma nel caso della MR non era prudente fare affidamento su questa caratteristica a causa delle correnti che potevano interessare la memoria durante lo spengimento o l accensione della macchina. Questo implicava che il sistema operativo dovesse essere caricato a ogni accensione. Per caricare il sistema operativo all accensione della macchina, doveva esistere qualche meccanismo di bootstrap più o meno automatico. Il quadro di comando manuale permetteva la modifica diretta del contenuto di una cella di memoria, ma, per quanto il sistema operativo della MR fosse elementare, non era pensabile caricarselo tutto a mano a ogni accensione. HMR 11/13

12 Nello schema generale della MR v2, è presente un nuovo registro di entrata, a 18 bit, collegato in ingresso all apparato di entrata e in uscita alla memoria. Nella Nota 36 [31] è inoltre documentata una modifica per far generare all apparato di entrata un impulso ogni 4 caratteri letti, affinché i loro valori binari siano usati per memorizzare un intera parola. Questa variazione rende ipotizzabile un meccanismo di bootstrap semiautomatico che copia bit a bit un immagine della memoria salvata su nastro (procedura che è presente nei ricordi dei testimoni dell epoca). Non è chiaro invece come fosse stato pensato il bootstrap nella MR v1: probabilmente non c era ed è stata una delle necessità che hanno motivato la revisione del progetto iniziale. 5. Conclusioni Il progetto per la ricostruzione virtuale della MR è in corso. Della MR v1, della quale è stata recuperata documentazione sufficiente, è stato realizzato un simulatore. Ma è un risultato parziale: in primo luogo la MR v1 fu solo una versione di progetto, in secondo luogo il sistema operativo non può essere originale, in quanto i sottoprogrammi descritti nella Nota 26, non essendo mai stati eseguiti, contengono errori e sono stati restaurati per poterli far funzionare. La Biblioteca dell ISTI sta catalogando la documentazione in loro possesso, la ricerca di altre fonti è in corso. L obiettivo è la realizzazione di un simulatore che, in una sorta di restauro integrativo, è ricostruito quanto più possibile fedele alla MR che funzionava a Pisa nel 58. La ricostruzione della MR è un progetto di retrocomputing: un po di storia, un po di tecnologia, tanto divertimento. I calcolatori di oggi fanno impressione, quelli di un tempo sono ancora macchine a dimensione umana. La sfida è impegnativa: la documentazione deve essere recuperata, interpretarla spesso non è facile, alcune soluzioni sono vere e proprie riscoperte, qualcosa va ricostruito per ipotesi e tentativi, occorrono tempo e pazienza. Ma è una sfida onesta: il premio è la comprensione di tutta la macchina, hardware e software, fino in fondo. 6. Ringraziamenti Molte sono le persone senza le quali il progetto di recupero della MR non sarebbe in corso. In ordine di apparizione: Vincenzo Ambriola, per l incoraggiamento a perseguire interessi laterali ; Piero Maestrini, per il continuo sostegno e per la rete di persone con cui ci ha messo in contatto; Luciano Azzarelli, testimone dei fatti, per il prezioso aiuto nel recupero della documentazione; Rosaria Deluca e Daniele Ronco, per la disponibilità e il supporto, rispettivamente, alla Biblioteca dell ISTI e all Archivio dell Università di Pisa; Alfio Andronico, per l interesse e la sua testimonianza. Un grazie veramente speciale a Elio Fabri, protagonista della realizzazione della MR originale, per la grande disponibilità e il per concreto aiuto nel ricostruire i sottoprogrammi della MR v1. Infine, grazie a Fabio Gadducci: prima, per l invito al corso di Storia dell Informatica, che ha pubblicizzato il progetto e gli ha fornito nuove risorse, dopo, per averci obbligato a raccontarne i progressi. 7. Riferimenti [1] Hackerando la Macchina Ridotta, [2] Fabio Gadducci, Corso di Storia dell Informatica, Corsi di laurea Specialistica in Informatica e in Tecnologie Informatiche, Università di Pisa, a.a. 2007/08, [3] G.A. Cignoni, Prima della CEP: la Macchina Ridotta, 50 anni fa a Pisa, Corso di Storia dell Informatica, Università di Pisa, marzo 2008 [4] G.A. Cignoni, D. Ceccarelli, C. Imbrenda, F. Monaci, Hackerando la Macchina Ridotta, Seminario del Dipartimento di Informatica, Università di Pisa, novembre 2008 HMR 12/13

13 [5] Storia dell Informatica, Associazione Italiana per l Informatica e il Calcolo automatico, [6] Per fili e per segni, Genova, novembre - dicembre 2004 [7] Bit@byte, Roma, ottobre- novembre 2005 [8] Museo degli Strumenti per il Calcolo, [9] Retrocomputing.net, [10] G. Juleff, An ancient wind powered iron smelting technology in Sri Lanka, Nature 379, 1996 [11] Reibold et al. Materials: carbon nanotubes in an ancient Damascus sabre, Nature 444, 2006 [12] Jack Copeland, Colossus: Its Origins and Originators, in IEEE Annals of the History of Computing, vol. 26 n.4, 2004 [13] T. Sale, The Colossus Rebuild Project, [14] C.P. Burton, Replicating the Manchester Baby: Motives, Methods, and Messages from the Past, in IEEE Annals of the History of Computing, vol. 27 n.3, 2005 [15] Apollo Guidance Computer Schematics, [16] W. Yurcik, E.F. Gehringer, A Survey of Web Resources for Teaching Computer Architecture, atti del 2002 Workshop on Computer Architecture Education, Anchorage, 2002 [17] Multiple Arcade Machine Emulator, [18] GeneSim Project, [19] C. Bonfanti, Mezzo secolo di futuro, l informatica italiana compie cinquant anni, in Mondo digitale, n. 3, 2004 [20] G. De Marco, G. Mainetto, S. Pisani, P. Savino, The Early Computers of Italy, in IEEE Annals of the History of Computing, vol. 21, n. 4, 1999 [21] P. Maestrini, La Calcolatrice Elettronica Pisana, una storia che sembra una leggenda, in La nascita dell informatica in Italia, Polipress ed., 2006 [22] A. Andronico, Quando il computer parlava italiano: la nascita dell informatica a Pisa negli anni 50, in Pianeta Galileo, 2007 [23] N.M. Blachman, The State of Digital Computer Technology in Europe, in Communications of the ACM, vol. 6, n. 6, 1961 [24] I.L. Auerbach, European Electronic Data Processing A Report on the Industry and the State of the Art, in Proceedings of the IRE, vol. 49, [25] Guida al Premio Compasso d Oro, , pubblicazione dell Associazione per il Design Industriale, Milano 2004 [26] M. Conversi, Il centro studi e il calcolatore elettronico in costruzione all Università di Pisa, in La Provincia Pisana, n. 2, 1959 [27] E. Fabri, L. Guerri, Impiego della «macchina ridotta» del CSCE di Pisa nella soluzione di alcuni problemi, in Il Nuovo Cimento, vol. 10, n. 12, 1959 [28] E. Abate, E. Fabri, Use of an Electronic Computer for the Construction of Exact Eigenfunctions of Orbital Angular Momentum in L-S Coupling, in Il Nuovo Cimento, vol. 10, n. 14, 1959 [29] E. Abate, Prescrizioni fondamentali per l uso della macchina ridotta, Note Tecniche del CSCE, Serie I, n. 38, 1958 [30] A. Caracciolo, G. Cecchini, E. Fabri, S. Sibani, Progetto dettagliato di una prima calcolatrice elettronica (macchina ridotta), Note Tecniche del CSCE, Serie I, n. 26, 1956 [31] A. Caracciolo, E. Fabri, Complementi e variazioni al progetto logico dettagliato della macchina ridotta, Note Tecniche del CSCE, Serie I, n. 36, 1957 [32] International Telegraph Alphabet No. 2, International Telecommunication Union, 1994 [33] IEEE Std. 612, Glossary of Software Engineering Terminology, Institute of Electrical and Electronics Engineering, 1990 HMR 13/13

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