Cristo Crocifisso. ANDREA BRUSTOLON (Belluno ) legno di pero intagliato e patinato cm 13,2 x 9; 30,1 x 12,2 con la croce

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1 ANDREA BRUSTOLON (Belluno ) Cristo Crocifisso legno di pero intagliato e patinato cm 13,2 x 9; 30,1 x 12,2 con la croce Nel catalogo delle opere autografe di Andrea Brustolon il tema del Cristo Crocifisso conta un numero considerevole di varianti, che spaziano dalle dimensioni ridottissime alla scala monumentale e che si collocano lungo tutto l'arco della carriera. Si tratta di un soggetto senza dubbio di larghissima diffusione, che ha visto addensarsi intorno al nome dell artista bellunese gran parte della produzione delle vallate gravitanti sulla città dolomitica, anche se si tratta per la maggior parte di lavori assegnabili ad allievi e seguaci che ne riproporranno pedissequamente i modelli durante l intero XVIII secolo e oltre. Non è però certamente il caso del piccolo Crocifisso che si prende in esame in questa sede, che presenta invece tutte le caratteristiche necessarie per essere ritenuto pienamente autografo. L'opera, completa della croce e del basamento rustico originali, si presenta in buonissimo stato di conservazione, appena offuscato da leggeri strati di polvere e da una piccola lacuna nelle dita della mano destra. Le dimensioni contenutissime indicano che il manufatto era destinato a una devozione strettamente personale. Una ricerca condotta dall'attuale possessore dell'opera ha consentito di rintracciare una serie di notizie utili a identificarne il committente, con ogni probabilità un esponente della nobile famiglia bellunese dei Coràulo. La madre della precedente proprietaria, Adriana Cumano Ricci, era infatti Emma Coraulo, nata intorno al 1860 e sposatasi nel settembre 1883 con Emilio Cesare Ricci, un'unione sancita anche da una nota pubblicazione per nozze. Nel maggio dell anno successivo nacque la figlia Adriana e la famiglia visse a Villa Coràulo ai Piai, pregevole complesso seicentesco posto ai limiti del territorio comunale di Belluno in località Castion, dimora principale della famiglia. I rapporti di Andrea Brustolon con Antonio e Brandimante Coràulo sono attestati dallo stesso artista in una nota di sua mano scritta a tergo del foglio 812 del Museo Civico di Belluno, dove si allude alla partecipazione dei due alla commissione di due angeli portacero per un un altare non meglio identificato. La villa della famiglia bellunese era poi prossima ad alcune proprietà dei Brustolon, che possedevano una casa di villeggiatura con terreni e fienile a Faverga di Castion, a poche centinaia di metri dalla citata villa. Va poi annotato come un fratello del citato Antonio Coràulo, Domenico, fosse arciprete di Castion e di conseguenza parroco della piccola chiesa di Faverga. Quanto basta per far ritenere molto probabile che Brustolon possa aver realizzato un'opera di questo genere per un esponente della famiglia, forse lo stesso Domenico, anche se allo stato attuale delle conoscenze risulta estremamente difficile stabilire in quale circostanza. In favore della piena autografia del nostro Crocifisso si erano già espressi Giuseppe Biasuz e Mauro Lucco con dei pareri scritti. Il primo si limitava a certificare la paternità dell'opera senza entrare in dettagli stilistici: «ho avuto occasione di esaminare attentamente il piccolo Crocifisso in legno di proprietà della nobile Signora Adriana Cumano-Ricci, ed ho potuto rilevare che esso è lavoro di ottima fattura e che presenta tutti i caratteri distintivi dell arte dello scultore bellunese Andrea Brustolon». Nella sua monografia su Brustolon, pubblicata nel 1969 insieme a Maria Grazia Buttignon, lo stesso Biasuz inserirà poi la piccola scultura tra le opere perdute con l'inesatta dicitura «proprietà co.ssa Cumano nella sua villa di Limana (Belluno)».

2 ANDREA BRUSTOLON, Crocifisso, collezione privata.

3 ANDREA BRUSTOLON, Crocifisso, particolare, collezione privata.

4 ANDREA BRUSTOLON, Crocifisso Pagani Cesa, collezione privata. ANDREA BRUSTOLON, Crocifisso, particolare, collezione privata. L'ipotesi attributiva è stata sostanzialmente confermata da Mauro Lucco, che ha ritenuto di precisare la datazione intorno al 1700, associandola a quella del Crocifisso intagliato da Brustolon per i Pagani Cesa intorno alla fine del XVII secolo, una delle opere più importanti della prima maturità dell'artista, dove cominciano ad affiorare quelle corde fortemente espressioniste che caratterizzeranno la produzione brustoloniana del Settecento. In favore di questa data venivano poi chiamati in causa da Lucco gli aspetti iconografici: l'immagine del Cristo vivente è infatti ancora pienamente barocca - a suo dire un retaggio del viaggio a Roma -, e sarà abbandonata da Brustolon soltanto intorno alla fine degli anni dieci e l'inizio del decennio successivo. Per l'opera che qui si presenta, che mostra anch'essa un Cristo ancora ben vivo, si può però proporre quest'ultima datazione, in favore della quale depongono alcuni peculiari aspetti stilistici: alla puntualissima definizione del volto, descritto sin nei minimi dettagli, fa riscontro infatti il trattamento molto disegnato del resto del corpo - evidentissimo nonostante le dimensioni molto ridotte - che si può ampiamente rintracciare negli esemplari degli anni venti, quando la scelta di rappresentare il Cristo ormai morto imporrà una lettura ben più 'espressionistica' dell'anatomia. La data di esecuzione proposta da Lucco va quindi spostata negli ultimi anni dell'avventura artistica di Brustolon, restituendoci un ulteriore testimonianza della qualità della produzione pienamente autografa dell'inizio degli anni venti del Settecento, quando l intervento della bottega aveva assunto un peso non sempre facile da valutare ma che in questo caso pare senz'altro da escludere. Nonostante le dimensioni ridottissime si avverte infatti in questo Crocifisso quel patetismo quasi espressionistico cui partecipano molte delle realizzazioni brustoloniane di questi anni. Vanno infatti

5 ANDREA BRUSTOLON, Pala della Crocifissione, particolare, Belluno, chiesa di San Pietro. ANDREA BRUSTOLON, Crocifisso, Belluno, Museo Civico. notate le strettissime affinità morfologiche che lo apparentano - al netto delle inevitabili differenze dettate dallo scarto dimensionale - al soggetto principale della pala con la Crocifissione realizzata nel 1729 per la chiesa dei Gesuiti di Belluno e oggi in San Pietro e con il Crocifisso policromo approntato invece per la chiesa di San Giuseppe e oggi al Museo Civico della stessa città. In queste opere il dramma si è consumato, il corpo ormai senza vita si abbandona su di un fianco, le braccia si tendono e la testa cade ormai senza controllo, l'opera in esame illustra invece un momento immediatamente precedente, quando il Cristo sta esalando l'ultimo respiro e il corpo mantiene ancora parte della sua naturale tonicità, come del resto dimostra anche la postura delle spalle, ancora ben allineate e non drammaticamente disarticolate dagli spasmi della morte. Particolarmente interessanti paiono poi alcuni rilievi che si possono muovere confrontando il Crocifisso con il fondo di disegni di Andrea Brustolon del Museo Civico di Belluno e con i fogli conservati invece al Museo Civico di Bassano del Grappa. Eloquenti in tal senso i raffronti con due lavori che presentano tangenze con la fisionomia del crocefisso: il primo era già stato da Lucco correttamente messo in rapporto con il citato Crocifisso un tempo appartenente alla collezione bellunese dei Pagani Cesa, che ne ripercorre in controparte lo sviluppo, e che presenta contatti anche l esemplare in esame, stavolta orientato nel verso corretto almeno per quanto riguarda la parte inferiore del corpo. Contatti che parrebbero contraddire la datazione avanzata che si propone in questa sede, che tuttavia trova conferma nel secondo foglio di Belluno (inv. 825), dove una delle mani disegnate è perfettamente coincidente con la mano destra del Cristo che qui si presenta. Ulteriori contatti in questo senso, anche se meno stringenti, si possono evidenziare con un foglio della collezione bellunese dove sono proposti quattro studi di «mani per un crocefisso overo san Francesco stimati», uno dei quali è anch'esso molto vicino alla mano destra del Crocifisso in esame. Interessanti anche i possibili rapporti con il disegno numero 845 del museo bellunese, nel quale il confronto con il Crocifisso si fa quantomai stringente, soprattutto per quanto riguarda la

6 ANDREA BRUSTOLON, Crocifisso, Belluno, Museo Civico, inv ANDREA BRUSTOLON, Crocifisso, particolare, collezione privata. ANDREA BRUSTOLON, Studi di mani, particolare, Belluno, Museo Civico, inv. 825r. ANDREA BRUSTOLON, Crocifisso, particolare, collezione privata. posizione della testa, qui riportata in controparte, anche se la complessione generale pare assai meno movimentata. Fanno riflettere a questo proposito le osservazioni di Lucco che, esaminando alcune annotazioni autografe sul recto, e soprattutto la scritta «in Roma», ipotizzava, con Biasuz, che il tema fosse «una copia di un opera vista nel soggiorno romano, o lo studio per la realizzazione di una scultura ideata in quella città», aggiungendo poi che «la somiglianza di grafia col foglio del Laocoonte e del Toro Farnese, rendono assai verosimile la collocazione in Roma, negli anni 1679/80». Una datazione che negli ultimi tempi Giovanna Galasso ha ritenuto di spostare in avanti di alcuni anni, ma che è comunque una dimostrazione di come le idee compositive dell'artista bellunese venissero riutilizzate anche a distanza di decenni.

7 ANDREA BRUSTOLON, Crocifisso, particolare, Belluno, Museo Civico, inv. 845r. ANDREA BRUSTOLON, Crocifisso, Bassano del Grappa, Museo Civico. Ulteriore motivo di riflessione sulla possibile datazione di quest'opera si può trovare con un foglio del Museo Civico di Bassano del Grappa, collocabile all'inizio degli anni venti, che riporta anche alcune indicazioni di ordine compositivo che mirano a codificare la creazione del Crocifisso stesso, e la maggior parte di questi passi è riscontrabile nell'opera qui presa in esame: «che il busto penda verso la dritta, et/ il sesto del Corpo vengà dritura/ dalle due genochie verso la destra,/ ma essa genochia pieghi verso la/ sinistra, mà à dritura dell ombe/ lico, e stia in mezo la croce il/ mezzo del Corpo,/ La testa, e faccia gientile, cosi/ la mano et ancora il piede,/ le genochie ne troppo piegatte ne/ poco, che venga ne tropo distese ne/ troppo ranichiate, venga à dritura/ e facelato in diminutivo le/ gambe e più li piede, cosi la/ mano e il braccio, verso il polso». La difformità più evidente in questo caso riguarda la conformazione del perizoma, che nel disegno appare come mosso dal vento, e soprattutto il capo ormai reclinato, segno inequivocabile che il Cristo è ormai morto e che di conseguenza si è alzato quel vento impetuoso che imperverserà a lungo sul Golgota. A un patetismo quasi espressionistico ancor più marcato di quello evidenziato nell'esemplare in esame partecipano molte delle realizzazioni posteriori di Brustolon. Basti pensare a opere come il Cristo Crocifisso nel modelletto per la citata Pala della Crocifissione oggi nella chiesa bellunese di San Pietro, prossimo all opera in esame anche dal punto di vista dimensionale, ma assai più caratterizzato nella fisionomia del volto, quanto mai sofferto ed emaciato. Ancor più evidenti poi le difformità con la stesura definitiva della pala e con altri lavori di questo tipo pressoché coevi, come il Crocifisso policromo del Museo Civico di Belluno, proveniente dalla chiesa bellunese di San Giuseppe, e quello invece monocromo della parrocchiale di Perzagno (Prçanj, Montenegro) databile alla seconda metà degli anni venti, o anche quello della chiesa bellunese di Santo Stefano, di qualche anno precedente; tutti lavori improntati ad una lettura quanto mai puntuale dei segni della passione. Si interpreta in

8 ANDREA BRUSTOLON, Pala della Crocifissione, particolare, Belluno, chiesa di San Pietro. ANDREA BRUSTOLON, Crocifisso, particolare, Belluno, Museo Civico. ANDREA BRUSTOLON, Crocifisso, particolare, Perzagno, chiesa parrocchiale. ANDREA BRUSTOLON, Crocifisso, particolare, Mellame, chiesa parrocchiale. questo modo anche il pressoché coevo Crocifisso di Mellame, che presenta moltissimi tratti in comune a quello in esame, caratterizzato com'è dall insolita grande estensione delle braccia e da una singolare compostezza degli arti inferiori, al contrario degli esempi poc anzi segnalati, contraddistinti invece da una morfologia più contratta e nervosa. Comune a tutte le opere sin qui citate è invece l'elevatissima qualità esecutiva che nell'esemplare qui descritto si rivela soprattutto nella scrittura attentissima e nella minuzia lenticolare, inevitabile date le dimensioni, con cui vengono segnati i dettagli anatomici delle braccia e del volto, tratti distintivi che ne fanno una delle migliori realizzazioni di Brustolon in questo campo.

9 BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO GIUSEPPE BIASUZ, ENRICO LACCHIN, Andrea Brustolon, Venezia, Zanetti, 1928 GIUSEPPE BIASUZ, MARIA GIOVANNA BUTTIGNON, Andrea Brustolon, Padova, Istituto veneto di arti grafiche, 1969 MAURO LUCCO, Catalogo del Museo Civico di Belluno. II. I disegni, Belluno, Comune di Belluno, 1989, pp ANNA MARIA SPIAZZI, Andrea Brustolon, in Scultura lignea barocca in Veneto, Verona, Cariverona, 1997, pp SUSANNA ZANUSO, Andrea Brustolon, in La scultura a Venezia da Sansovino a Canova, a cura di ANDREA BACCHI, Milano, Longanesi, 2000, pp Andrea Brustolon ( ). Il Michelangelo del legno, catalogo della mostra di Belluno a cura di ANNA MARIA SPIAZZI, MASSIMO DE GRASSI, GIOVANNA GALASSO, Ginevra-Milano, Skira, 2009

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