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1 Indice Premessa...3 Capitolo 1: Introduzione al carcinoma mammario Anatomia della mammella a Il complesso areola-capezzolo b La vascolarizzazione c Il drenaggio linfatico d L'innervazione e La muscolatura della regione mammaria Fisiologia della ghiandola mammaria a Ciclo mestruale b Gravidanza c Allattamento d Menopausa Il Carcinoma mammario I fattori di rischio del tumore al seno a Cenni sullo screening Le complicanze del trattamento chirurgico del tumore al seno...32 Capitolo 2: L'attività fisica e il carcinoma mammario La fisiologia dell'esercizio fisico nelle patologie oncologiche Il ruolo dell'attività fisica durante i trattamenti del tumore al seno Le attuali linee guida dell'american Cancer Society e altre evidenze scientifiche a Quantità raccomandata di attività fisica

2 2.4 L'attività fisica in prevenzione primaria del tumore al seno L'attività fisica in prevenzione secondaria del carcinoma mammario Il ruolo dell'attività fisica sugli aspetti psicologici: l'approccio alla donna operata al seno...68 Capitolo 3: L'attività motoria adattata nella donna operata al seno...72 Considerazioni finali...98 Bibliografia e Link

3 Premessa Al giorno d'oggi è stato scientificamente provato come l'incidenza del carcinoma mammario sia in costante aumento e statisticamente, solo in Italia, rappresenti circa il 27% dei tumori femminili. Nell'ultimo ventennio si sono sempre più accumulate le evidenze che supportano la correlazione tra l'attività fisica e la riduzione del rischio di sviluppare un carcinoma mammario. Obiettivo di questa dissertazione è stato di raccogliere i numerosi studi scientifici riguardanti i benefici dell'attività fisica durante l'esperienza del tumore al seno nelle donne. Mediante l'excursus di tali ricerche presenti in letteratura si è voluta dimostrare l'efficacia dell'attività fisica nelle varie fasi del tumore alla mammella: in prevenzione primaria, durante le terapie usuali, in prevenzione secondaria, senza tralasciare gli aspetti psico-fisici della persona. E' noto che le implicazioni fisiche, psicologiche e sociali legate al carcinoma mammario possano compromettere l'immagine della donna e lederne la qualità di vita. A tale riguardo l'esercizio fisico appare essere una terapia idonea a favorire il miglioramento degli aspetti negativi della malattia oncologica e delle sue conseguenze. La candidata, a seguito della ricerca delle evidenze scientifiche e a conclusione del percorso di studi, ha voluto contribuire a supportare la tesi presentata apportando la propria proposta di attività fisica adattata per le donne operate al seno. 3

4 INTRODUZIONE AL CARCINOMA MAMMARIO 4

5 1.1 Anatomia della mammella [1] Le ghiandole del corpo umano si dividono in due grandi gruppi: ghiandole endocrine, che riversano le proprie secrezioni nel flusso sanguigno (surreni, pancreas, ipofisi, tiroide, paratiroide, ovaie, testicoli, ecc.), ed esocrine, che riversano le proprie secrezioni all'interno di organi cavi, o all'esterno dell'organismo. La ghiandola mammaria, insieme alle ghiandole sudoripare, è una ghiandola esocrina per eccellenza, classificata come ghiandola tubulo-acinosa composta, ed è costituita da tessuto ghiandolare, tessuto fibroso di sostegno, e tessuto adiposo. L'insieme di tessuto fibroso di sostegno e tessuto adiposo costituisce lo stroma. Durante la sesta settimana di vita intrauterina, lo strato germinativo dell'epidermide nell'embrione si differenzia formando le creste mammarie, che si estendono dalla regione ascellare all'inguine. La maggior parte di queste è destinata a riassorbirsi e la loro mancata involuzione può portare allo sviluppo di capezzoli accessori (politelia) o di ghiandole accessorie (polimastia) lungo una linea che ricorda il decorso delle creste, chiamata linea del latte o linea mammaria, compresa tra il cavo ascellare e la sinfisi pubica. Durante gli ultimi due mesi di gestazione avviene la canalizzazione dei condotti escretori e verso la nascita, o poco più tardi, si costituisce il capezzolo per proliferazione del mesenchima. In questo momento, e fino alla pubertà, la ghiandola mammaria presenta lo stesso grado di sviluppo in entrambi i sessi, con i dotti ramificati che terminano a fondo cieco. Dopo la pubertà, solo nella donna, si formano i lobuli, costituiti da un dotto terminale ramificato nei dotti lobulari. I lobuli sono circondati dallo stroma connettivale interlobulare, costituito 5

6 da collagene denso ipocellulare, tessuto adiposo e da un connettivo specializzato costituito da fibroblasti, collagene lasso e mucopolisaccaridi, che risponde agli stimoli ormonali. I dotti terminali e lobulari sono rivestiti da cellule epiteliali cubiche e cellule miopiteliali disposte sopra la membrana basale, e sono privi di fibre elastiche. La mammella occupa la regione toracica anteriore e si estende dalla linea parasternale a quella ascellare media, e tra la terza e la settima costa. La superficie anteriore della ghiandola è convessa e presenta delle creste lamellari (creste del Duret), mentre la faccia profonda, in rapporto con il muscolo grande pettorale e parte del muscolo dentato anteriore, presenta una superficie liscia addossata alla borsa adiposa retromammaria di Chassaignac (fascia pre-pettorale). E' contenuta nel tessuto sottocutaneo in uno sdoppiamento della fascia superficiale: il foglietto superficiale ricopre la ghiandola e penetra in essa, connettendo il derma e la fascia del muscolo gran pettorale, con setti fibrosi che formano i legamenti di Cooper. 6

7 Fig. 1 Nella porzione supero- esterna la ghiandola presenta un'estensione verso la regione ascellare che segue il margine laterale del muscolo grande pettorale e, attraverso la fascia del pavimento ascellare, è in stretto rapporto con i linfonodi ascellari. Tra le mammelle si interpone un solco, corrispondente allo spazio sternale, chiamato seno mammario o solco inframammario. Un altro solco, detto solco sottomammario, si forma nella parte inferiore della ghiandola per effetto della gravità e corrisponde al punto di giunzione tra la mammella e la parete toracica. La ghiandola mammaria è costituita da circa 20 sistemi duttali ramificati, chiamati lobi, disposti radialmente, come i petali di una margherita, a diverse profondità intorno al capezzolo, connessi tra di loro ed ancorati al tessuto sottocutaneo ed al muscolo pettorale per mezzo di setti fibrosi 7

8 interlobari, i legamenti di Cooper, che originano come propaggini dalla fascia pre-pettorale attraversando tutta la ghiandola da dietro in avanti e giungendo in superficie fino a collegarsi al connettivo del sottocutaneo. Ogni lobo costituisce un'unità secernente indipendente, essendo dotato di un proprio dotto escretore (il dotto galattoforo), che in prossimità dell'areola presenta una dilatazione fusiforme (il seno lattifero), e da qui sbocca nel capezzolo. A sua volta, ogni lobo si divide in un numero variabile di lobuli drenato dal rispettivo dotto lobulare che deriva dalla divisione dicotomica del dotto galattoforo del proprio lobo. Ogni lobulo è costituito da un insieme di acini, ognuno dei quali è costituito da un insieme di alveoli rivestiti da cellule cilindrico- cubiche, immerse in un tessuto connettivo lasso che avvolge tutti gli alveoli dello stesso acino. Ogni alveolo è circondato da una membrana basale e tra questa e le cellule secretorie vi sono le cellule mioepiteliali la cui contrazione determina la fuoriuscita del latte (Fig.2). Prende il nome di unità terminale dutto-lobulare l'insieme di un dotto galattoforo terminale e degli acini ad esso annessi. Questa costituisce l'unità funzionale della ghiandola ed è sede di patologie quali carcinomi duttali e lobulari, fibroadenomi, displasie fibrocistiche (forme papillari originano invece dai dotti galattofori e dalle loro ramificazioni principali). (Fig.2) 8

9 Fig. 2 Di volume e forma molto variabili in rapporto all'età, alla razza, al momento funzionale, alla quantità e alla disposizione del tessuto adiposo, la mammella si suddivide convenzionalmente in quattro quadranti, formati da due linee perpendicolari passanti per il capezzolo (Fig. 3). 9

10 Fig a Il complesso areola- capezzolo Il capezzolo è una formazione cilindrica posta sulla superficie anteriore della mammella, all'altezza del V spazio intercostale (IV nel maschio) sulla linea emiclaveare, ma occupa tale posizione solo nella giovane donna nullipara. Dopo la gravidanza e l'allattamento, infatti, la mammella tende a modificare la sua forma e di conseguenza anche la posizione del capezzolo. Questo al suo interno contiene numerosi organi nervosi costituiti da terminazioni libere varicose disposte a spirale attorno ai dotti galattofori (corpuscoli di Winckelmann) e dietro stimoli diretti o riflessi può subire un'erezione, allungandosi e aumentando di tumescenza. Al suo apice si aprono, con minuscoli orifizi, circa dotti galattofori, mentre alla sua base si trova un'area di cute iperpigmentata chiamata areola, in cui sono presenti numerose ghiandole di tipo sebaceo che presentano melanociti e che ne conferiscono la caratteristica pigmentazione, oltre ad altre ghiandole sebacee che hanno il compito di lubrificare la cute areolare durante l'allattamento e che costituiscono dei 10

11 piccoli rilievi conferenti a quest'area cutanea il suo aspetto rugoso, noti come tubercoli del Montgomery (Fig.4). Le dimensioni dell'areola femminile sono variabili: in genere aumentano durante lo sviluppo adolescenziale. Il suo diametro è mediamente di mm, ma in alcune donne può raggiungere i 100mm. Fig. 4 La colorazione dell'areola è dovuta a due pigmenti presenti in quest'area, la eumelanina e la feomelanina. A seconda della concentrazione di questi due pigmenti l'areola può assumere un colore tendente al bruno (prevalenza di eumelanina) o al rosaceo (prevalenza feomelanina). La colorazione dell'areola è inoltre associata alle variazioni ormonali e all'assunzione di alcuni farmaci. Durante il periodo della gravidanza l'areola assume una colorazione più scura e va incontro a varie modificazioni, tra cui l'aumento delle dimensioni e del volume. 1.1b La vascolarizzazione Alla vascolarizzazione mammaria provvede una rete formata dall'arteria toraco-acromiale, ramo dell'ascellare che irrora la porzione superiore della 11

12 mammella, l'arteria mammaria esterna o toracica laterale, anch'essa ramo dell'ascellare, che irrora la porzione laterale, e dall'arteria mammaria interna, ramo della succlavia, che attraversa i muscoli intercostali e il grande pettorale a livello del secondo/terzo spazio intercostale, irrorando la porzione mediale. Le vene formano due plessi venosi, uno profondo, che accompagna il flusso arterioso e si scarica nelle vene toraciche (toracoepigastrica, ascellare, mammaria interna e intercostali) ed uno superficiale detto circolo di Haller. Quest'ultimo, apprezzabile in alcune donne attraverso la cute, descrive un anello anastomotico intorno alla base del capezzolo e decorre anteriormente alla fascia superficiale, continuando nei plessi superficiali delle aree adiacenti (Fig.5). 12

13 Fig.5 13

14 1.1c Il drenaggio linfatico I vasi linfatici della mammella drenano lungo tre direttrici maggiori: la via linfatica ascellare o laterale, che si alimenta dal plesso sottoareolare, dai linfatici satelliti dei dotti galattofori e da gran parte dei linfatici parenchimali e che si dirige lateralmente seguendo il margine inferiore del gran pettorale; la via linfatica mammaria interna, che origina dal lato mediale della ghiandola e attraversa il muscolo gran pettorale; la via retromammaria, che proviene dalla porzione posteriore della ghiandola. Nella regione peri-subareolare si trova il plesso linfatico di Sappey, ove confluiscono i linfatici provenienti da tutta la mammella (Fig. 6). I linfonodi ascellari sono distinti in livelli a seconda della loro disposizione in rapporto al muscolo piccolo pettorale (Fig.6): 1. Primo livello: localizzati nell'ascella lateralmente al margine del piccolo pettorale; 2. Secondo livello: localizzati sotto il muscolo piccolo pettorale; 3. Terzo livello: localizzati medialmente al margine mediale del m. piccolo pettorale. 14

15 Fig. 6 Poiché la diffusione metastatica ai linfonodi ascellari avviene in modo regolare e progressivo, senza cioè di solito salti di livello, dal I al II e quindi al livello III ascellare, nelle donne con tumori di diametro inferiore ad 1 centimetro, e quindi a basso rischio di metastasi linfonodali (5-10%), si asporta con una piccola incisione solo il primo linfonodo di drenaggio regionale (il linfonodo sentinella ), individuato intraoperatoriamente con una sonda radioguidata, dopo iniezione intratumorale (o periareolare) di albumina umana marcata con 99 mtc. La possibilità di identificare il primo linfonodo, sede di drenaggio del tumore, consente di ottenere dall'analisi istologica ed immunoistochimica informazioni prognostiche e terapeutiche, ma soprattutto di evitare, qualora negativa, una inutile linfoadenectomia ascellare totale ( lo svuotamento ascellare ), intervento che, peraltro, può dare delle complicanze spiacevoli 15

16 quali linfedema del braccio, brachialgie, parestesie. Tramite la catena mammaria interna è possibile il drenaggio linfatico ai linfonodi controlaterali. Più del 75% del drenaggio è a carico dei linfonodi ascellari, ed il loro aumento dimensionale è di frequente riscontro in presenza di patologie che interessano la parte superiore del dorso, la regione anteriore del torace, la mammella e l'arto superiore. 1.1d L'innervazione La mammella è innervata dal ramo dei nervi sopraclaveari del plesso cervicale superficiale e dai grandi rami perforanti dal II al VI nervo intercostale. Le branche inferiori del plesso cervicale contribuiscono all'innervazione sensitiva della porzione superiore della mammella (in particolare il quadrante supero-esterno è innervato dalle fibre del plesso toracobrachiale), mentre la porzione inferiore è innervata dalle branche laterali del II e VI nervo intercostale. L'innervazione della porzione centrale della mammella (capezzolo, areola e seni lattiferi) proviene dal ramo cutaneo laterale del quarto nervo intercostale, che permette di interpretare il riflesso indotto dalla suzione del capezzolo con liberazione da parte dell'ipofisi di prolattina e di ossitocina. La branca laterale cutanea del secondo nervo intercostale (nervo intercostobrachiale) passa lateralmente o perifericamente attraverso l'ascella e forma un plesso con la branca cutanea del nervo mediano e con il III nervo intercostale, che insieme forniscono l'innervazione sensitiva della regione mediale del braccio. Lesioni chirurgiche accidentali dei nervi segmentali antero-mediale o antero-laterali possono portare a ipoestesia o 16

17 perdita della sensibilità. 1.1e Muscolatura della regione mammaria La mammella è compresa tra le fibre superficiali e profonde della fascia pettorale superficiale. Questa fascia si prolunga verso l addome con quella addominale e cranialmente con la fascia cervicale superficiale. I muscoli di questa regione sono essenzialmente rappresentati dal grande pettorale, dal piccolo pettorale, dal dentato anteriore, dal grande dorsale, dal muscolo sottoscapolare e dall aponeurosi dell obliquo esterno e del retto addominali (Fig. 7). Il grande pettorale: si inserisce alla metà mediale della clavicola, al margine laterale dello sterno, alla cartilagine della VI e VII costa, all aponeurosi dell obliquo esterno; questo ampio ventaglio converge nella inserzione sulla grande tuberosità dell'omero. Questo muscolo ha 2 rami nervosi principali: dal nervo toracico anteriore (ramo del plesso brachiale) che dopo avere attraversato la fascia clavipettorale raggiunge il muscolo sopra la vena ascellare, l altro dal III intercostale attraversa le fibre del piccolo pettorale per innervare il margine laterale del muscolo. Il piccolo pettorale: prende origine dalle superfici anteriore e mediale della III- IV e V costa per inserirsi sul processo coracoideo della scapola. E innervato dal ramo mediale del nervo toracico anteriore. Il dentato: è un muscolo importante per la stabilità della scapola alla parete toracica: la sua denervazione porta alla scapola alata con conseguente morbilità. Questo muscolo prende origine dalle prime nove coste (mentre le inserzioni inferiori si intersecano con le inserzioni dell obliquo esterno) per inserirsi sul margine ventro-vertebrale della scapola. E innervato dal nervo 17

18 toracico lungo (nervo respiratorio di Bell). Il grande dorsale: è un muscolo importante nella chirurgia della mammella in quanto la sua fascia superficiale è in stretto rapporto con il margine laterale della ghiandola, con i vasi sottoscapolari e i linfonodi ascellari del I livello. Il muscolo prende origine dai processi spinosi dall ottava alla dodicesima vertebra toracica, dalle vertebre lombari e dal margine superiore della cresta iliaca, il muscolo si inserisce sul solco intertubercolare dell omero. 18

19 Fig. 7 19

20 1.2 Fisiologia della ghiandola mammaria [1] I cambiamenti fisiologici cui è sottoposta la ghiandola mammaria sono sequenziali e coincidono con precisi momenti dello sviluppo sessuale della donna. Nella fase pre-puberale la mammella è rudimentale e non differisce dalla ghiandola mammaria del maschio: i dotti galattofori sono già abbozzati, ma i dotti terminali sono poco sviluppati e le unità secernenti tubulo- alveolari sono del tutto assenti. Nella fase puberale avviene lo sviluppo della ghiandola e contestualmente aumenta la quantità di tessuto adiposo del sottocute e di tessuto connettivo. I dotti galattofori si allungano e, quelli lobulari, proliferando, si inseriscono nel tessuto sottocutaneo ed inizia ad abbozzarsi l'architettura lobulare. Dopo il menarca, l'aumentata produzione di estrogeni ovarici stimola l'accrescimento della componente duttale della ghiandola, e la ciclica produzione di progesterone nel succedersi dei cicli ovulatori dà inizio allo sviluppo della componente lobulare, che raggiungerà la sua completa maturazione e differenziazione soltanto dopo la prima gravidanza e l'allattamento. L'azione degli estrogeni e del progesterone è completata dalla prolattina che ha funzione sia mitogena che lattogenica ed è coinvolta, insieme agli steroidi sessuali nel processo di differenziazione ghiandolare. 1.2a Ciclo mestruale Variazioni strutturali periodiche si manifestano in corrispondenza delle diverse fasi del ciclo mestruale: - all'inizio della fase follicolare si assiste ad un aumento delle cellule acinose dei lobuli circondati da tessuto connettivo denso; 20

21 - tra l'ottavo e il quattordicesimo giorno (fine fase follicolare) le cellule mioepiteliali e ghiandolari cilindriche appaiono più ricche di collagene mentre l'attività mitotica è diminuita; - nella fase luteinica tra il quindicesimo e il ventesimo giorno si verifica una desquamazione dello stroma dei lobuli. Contemporaneamente nei tessuti lobulari periduttali si osserva edema e congestione venosa; la mammella diventa turgida e spesso anche dolente; - con la mestruazione i lobuli regrediscono di volume per riassorbimento dell'edema e vanno incontro a fibrosi. Alcuni studi recenti hanno suggerito una associazione del carcinoma mammario con cicli mestruali brevi e lunghi periodi di dismenorrea successivi alla prima mestruazione. Anche l'insorgenza di una menarca precoce, comportando un numero più elevato di ovulazioni con un maggior numero di stimolazioni ormonali sulla ghiandola mammaria rispetto a chi ha un menarca in età più tardiva, è considerato un fattore di rischio. 1.2b Gravidanza Durante la gravidanza gli estrogeni, il progesterone, l'ormone somatotropo e forse un ormone lattogeno placentare, sviluppano considerevolmente la ghiandola mammaria, incidendo sulla sua struttura macroscopica e microscopica: durante il primo trimestre iniziano a verificarsi modificazioni a carico del tessuto epiteliali; durante il secondo trimestre la proliferazione degli acini lobulari comporta un notevole aumento dei lobuli, molti dei quali si 21

22 riempiono di secreto; durante il terzo trimestre i lobuli iperdistesi dalla secrezione riducono notevolmente il connettivo intra e iterlobulare. La gravidanza in sé è un fattore di protezione definitivo a lungo termine, ma nel corso della gestazione e nel periodo immediatamente successivo, è presente un più alto rischio di tumore mammario rispetto a donne nullipare coetanee. Durante la gravidanza, di fatto, avviene una differenziazione (cioè la maturazione delle cellule epiteliali della ghiandola mammaria), che rappresenta un fattore protettivo nei confronti dell'insorgenza di tumori, sebbene sia anche ampiamente accettata l'ipotesi che durante la gravidanza l'ambiente ormonale può promuovere la proliferazione di cellule tumorali già presenti: in particolare nella fase finale della gestazione, si assiste ad una maturazione dei lobuli di tipo I in lobuli di tipo II e tipo III. Questo è un evento cruciale, in quanto i tumori si sviluppano nei lobuli di tipo I, giustificante la raccomandazione di anticipare quanto possibile la prima gravidanza per poter anticipare la maturazione dei lobuli, con il conseguente effetto protettivo. L'interruzione di gravidanza viene invece considerata un fattore in grado di aumentare il rischio di tumore, perché da un lato viene a mancare la maturazione dei lobuli della fase finale della gestazione e dall'altro si hanno livelli elevati di estrogeni e di progesterone in grado di provocare un ricambio cellulare all'interno della ghiandola mammaria che favorisce la formazione di cloni di cellule con elevata possibilità di mutazioni tumorali. 22

23 1.2c Allattamento Dal momento del parto e dell'espulsione della placenta, la concentrazione sanguigna di estrogeni, progesterone e somatotropina decresce, liberando un ormone ipofisario, la prolattina, che avvia la secrezione lattea, o lattazione. Il bambino inizia a essere allattato dal secondo giorno; in questo momento non assume del latte, ma colostro, un liquido ricco di protidi e di anticorpi naturali (IgA e IgG) con scarso contenuto di zuccheri. La vera e propria montata lattea non si verifica che il terzo giorno dopo il parto. La lattazione viene mantenuta dall'azione meccanica della suzione. Nonostante il dibattito circa gli effetti protettivi dell'allattamento al seno nei confronti del rischio di tumore mammario sia aperto e la questione sia ancora in fase di studio, vi sono evidenze che ne indicano una funzione protettiva sull'insorgenza di tutti i tipi di tumori mammari, sensibili o meno agli ormoni. Se infatti un elevato numero di ovulazioni rappresenta un rischio più elevato di tumore al seno, ne consegue che se l'allattamento si protrae per almeno 12 mesi (come accade nei Paesi meno sviluppati), si produce una soppressione della ovulazione di pari durata, con drastica riduzione del rischio. Allattare al seno per una durata totale di due anni, conferisce circa il doppio della protezione e l'allattamento per una durata complessiva superiore ai due anni riduce ulteriormente il rischio. I dati a disposizione sembrano comunque evidenziare che anche l'allattamento per un periodo inferiore ad un anno offra una relativa protezione. 23

24 1.2d Menopausa L'esaurimento della funzione dei follicoli ovarici, che precede la menopausa, è un evento che si verifica lentamente con la riduzione progressiva del numero dei follicoli ovarici e di conseguenza della produzione ovarica degli ormoni femminili, estrogeni e progesterone. Le irregolarità mestruali sono il segno più evidente di questo periodo transitivo tra l'età fertile e la perdita completa della capacità riproduttiva femminile, che può durare da alcuni mesi a qualche anno. Con la scomparsa totale dei follicoli ovarici ha inizio la menopausa vera e propria. Si assiste ad una repentina caduta dei livelli circolanti di estrogeni ed alla cessazione della produzione ciclica di progesterone, che si mantiene a bassi livelli, al contrario della sintesi di androgeni ovarici che continua invece immodificata per alcuni anni, per poi ridursi progressivamente con l'avanzare dell'età. A livello mammario, con la menopausa si osserva un'involuzione della componente lobulare, che diminuisce marcatamente (sostituzione adiposa): l'epitelio ghiandolare ed il connettivo lasso che lo circonda vengono progressivamente sostituiti da tessuto adiposo. Le terapie ormonali sostitutive per il trattamento dei disturbi della menopausa, soprattutto se gli estrogeni sono associati ai progestinici di sintesi, aumentano il rischio di carcinoma mammario proporzionalmente alla durata della somministrazione ed all'attività androgenica dei progestinici sintetici utilizzati. 24

25 1.3 Il carcinoma mammario [1] La mammella è soggetta a forme tumorali di diversa natura. Quasi esclusivamente viene interessata la mammella femminile poiché mentre, di norma, la ghiandola mammaria maschile è atrofica e rudimentale, priva di stimoli ormonali, nella donna il delicato equilibrio endocrino tra gli ormoni prodotti dalle ovaie, dalle ghiandole surrenali e dall'ipofisi determina un maggior rischio. Il termine carcinoma della mammella indica un tumore maligno che origina dalle cellule epiteliali della ghiandola mammaria. Più raramente si possono rilevare tumori della mammella originati da altri tessuti. La frequenza per età mostra un aumento progressivo fino a 50 anni, in corrispondenza dell'età della menopausa, dopodichè si osserva una stasi dai 60 ai 65 anni ed un nuovo aumento con l'avanzare dell'età. Esiste una differente incidenza all'interno delle popolazioni di diverse aree geografiche, marcatamente più alta nei paesi nord-occidentali (economicamente più sviluppati), che tende ad annullarsi per effetto della migrazione: in gruppi di donne originarie di paesi sud-orientali emigrate in paesi più sviluppati l'incidenza tende ad avvicinarsi progressivamente a quella della popolazione femminile del paese ospite. Il carcinoma della mammella è una malattia sistemica fin dall'esordio nel 50% dei casi, e si diffonde rapidamente per via linfatica ed ematica. La ripresa di malattia dopo l'intervento chirurgico si verifica più frequentemente entro 5 anni e si esprime prevalentemente con metastasi a distanza, più raramente come recidiva locale. In generale, l'intervallo libero da malattia inferiore a due anni rappresenta un fattore prognostico sfavorevole e le localizzazioni metastatiche a prognosi più sfavorevole 25

26 sono quelle epatiche, cerebrali e polmonari. I carcinomi della mammella possono essere distinti in carcinomi non infiltranti e infiltranti. Carcinomi non infiltranti I carcinomi non infiltranti sono caratterizzati da una proliferazione di cellule epiteliali maligne che può avvenire all'interno del lobulo o dei dotti senza superamento della membrana basale. Carcinoma lobulare in situ (LCIS) Nella maggior parte dei casi rappresenta un reperto occasionale, in quanto raramente palpabile e non sempre evidenziabile con la mammografia. Nel 70% dei casi è multicentrico e nel 30-40% bilaterale. Rispetto alla popolazione sana, durante i primi 15 anni successivi alla diagnosi, il rischio di sviluppare un carcinoma infiltrante è maggiore di 8-10 volte: per questa ragione, per questa forma tumorale che non ha indicazioni chirurgiche, è necessario un accurato follow up. Carcinoma duttale in situ (DCIS) Rappresenta il 25-30% dei carcinomi mammari non palpabili. Il suo riscontro può essere occasionale, palpatorio, mammografico (microcalcificazioni) o anatomo-patologico incidentale. L'evoluzione verso forme infiltranti varia a seconda dei caratteri citologici della proliferazione neoplastica (nel 20% dei casi un carcinoma infiltrante concomita con il CDIS). Il trattamento chirurgico è di tipo conservativo, associato o meno a 26

27 radioterapia adiuvante. Carcinomi infiltranti I carcinomi infiltranti sono invece caratterizzati dal superamento della membrana basale e, quindi, dalla presenza di infiltrazione stromale. L'infiltrazione dei legamenti di Cooper può determinare retrazione cutanea, con aspetto tipico a buccia d'arancia. Carcinoma duttale infiltrante (DIC) Tra i carcinomi della mammella è il più frequente e generalmente si manifesta sotto forma di nodulo o di addensamento parenchimale, talvolta associato al carcinoma duttale in situ. Carcinoma lobulare infiltrante (CLI) E' il secondo tumore maligno della mammella in ordine di frequenza. Spesso multifocale e multicentrico, si manifesta prevalentemente sotto forma di addensamento parenchimale. Raramente sono presenti microcalcificazioni. Secondo alcune casistiche può essere bilaterale dal 6 al 28%. Carcinoma midollare E' un tumore ben circoscritto e rappresenta l'1% dei carcinomi mammari, prevalente nelle donne di età inferiore ai 35 anni. Carcinoma mucinoso E' un raro tumore a bassa malignità, prevalente nelle donne più anziane, 27

28 che si presenta sotto forma nodulare. Carcinoma tubulare E' anch'esso un tumore raro (il 2% dei tumori della mammelle) di dimensioni inferiori ai 2cm. L'età media di insorgenza è tra i 44 e i 49 anni. Carcinoma infiammatorio Rappresenta l'1% dei tumori mammari e si manifesta con segni clinici quali eritema, edema, ipertermia, indistinguibili da quelli di una flogosi benigna. Anche dal punto di vista mammografico non presenta segni caratteristici rispetto a quelli di un processo flogistico. 28

29 1.4 I fattori di rischio del tumore al seno Il rischio di cancro al seno nelle donne è aumentato per diversi fattori che non possono essere modificati o sono difficilmente modificabili: Età la probabilità di sviluppare un tumore al seno è direttamente proporzionale all'aumento dell'età; l'incidenza si raddoppia ogni 10 anni, fino alla menopausa quando il tasso di aumento rallenta drasticamente. In genere 1 donna su 8 può sviluppare un tumore mammario nell'arco della vita. Familiarità l'appartenenza a famiglie con storie pregressa di tumore al seno può essere un fattore predisponente. Esistono delle forme ereditarie, che rappresentano il 5-7 % di tutti i tumori al seno, che sono determinate dalla mutazione di due geni chiamati BRCA1 e BRCA2. Nulliparità o prima gravidanza tardiva il rischio in donne che hanno il primo figlio dopo i 30 anni è circa il doppio rispetto alle donne che hanno il primo figlio prima dei 20 anni. Il gruppo a maggior rischio risulta quello delle donne che hanno il primo figlio dopo i 35 anni, maggiore anche delle donne nullipare che non hanno avuto figli. Età al menarca e alla menopausa donne che hanno menarca precoce (prima degli 11 anni) o una menopausa tardiva (dopo i 54 anni) hanno un rischio maggiore di sviluppare un tumore al seno. Inoltre, le donne che vanno naturalmente in menopausa dopo 55 anni hanno un rischio doppio di sviluppare un tumore rispetto a chi entra in menopausa prima dei 45 anni. Altri fattori di rischio che contribuiscono allo sviluppo di un tumore al seno 29

30 riguardano lo stile di vita e sono perciò modificabili: Obesità e sovrappeso in donne in menopausa l'obesità è associata ad un rischio quasi doppio di tumore al seno. In pre-menopausa le donne obese hanno invece un rischio inferiore di sviluppare un tumore al seno. Scarsa attività fisica numerosi studi hanno dimostrato che un' attività fisica di intensità da moderata a vigorosa, condotta costantemente, è collegata ad un rischio inferiore di cancro al seno. Consumo di alcool e tabacco l'alcool e il tabacco aumentano il rischio di cancro al seno. Anche bassi livelli di assunzione di alcol sono stati associati ad un aumento del rischio. Dislipidemie riguardano un aumento dei livelli di colesterolo (HDL), dei trigliceridi e dei lipidi nel sangue, spesso correlati al sovrappeso, e possono aumentare il rischio di sviluppare un tumore mammario [2, 3]. Altri fattori di rischio ben noti includono l'uso di terapia ormonale in menopausa e l'esposizione dei seni alle radiazioni, specialmente in giovane età. Bisogna notare anche che una dieta ricca di verdure, frutta, pollame, pesce e latticini a basso contenuto di grassi è stata associata ad un minor rischio di cancro al seno in alcuni studi. Ma non è chiaro se verdure specifiche, frutta o altri cibi possono ridurne il rischio. Aumentare l'attività fisica può ridurre il rischio di cancro? Sì. Le persone che conducono con regolarità livelli di attività fisica da moderata a vigorosa hanno un rischio minore di sviluppare diversi tipi di cancro, compresi quelli del seno, del colon e dell'endometrio (rivestimento 30

31 dell'utero), oltre a forme avanzate di carcinoma della prostata. Per alcuni tipi di cancro, questo rischio si abbassa se l'attività fisica influisce sul peso della persona. Perciò, l'attività fisica è un fattore chiave per raggiungere e mantenere un peso corporeo sano oltre ad essere utile anche per ridurre il rischio di malattie cardiache, diabete e altre malattie [4]. 1.4a Cenni sullo screening Lo screening è una campagna di massa organizzata rivolta a persone asintomatiche che vengono invitate a sottoporsi ad un esame che consente di individuare in fase iniziale (precoce) una certa malattia [5]. In questo caso la mammografia è l'esame che consente di diagnosticare il tumore al seno. Si tratta di un esame radiografico a due proiezioni che viene effettuato da personale tecnico e medico specializzato con strumentazioni dedicate. Le donne che con particolare attenzione dovrebbero sottoporsi a questo esame appartengono alla fascia d'età dai 50 ai 69 anni, periodo in cui l'incidenza di tumore al seno è maggiore. E' comunque bene sensibilizzare anche le donne più giovani a sottoporsi ad esami come l'ecografia mammaria, la visita senologica o l'autopalpazione. E' importante riuscire a fare una diagnosi precoce poiché l'individuazione del tumore in fase precoce, prima che si manifestino i sintomi e abbia invaso i tessuti circostanti o metastatizzato, consente che sia spesso guaribile e determini una migliore qualità di vita in quanto richiede interventi terapeutici meno invasivi. 31

32 1.5 Le complicanze del trattamento chirurgico del tumore al seno Il carcinoma mammario e la terapia chirurgica che ne può conseguire possono dare luogo ad alcune compromissioni a livello fisico[6], ma non solo: può manifestarsi dolore secondario all'intervento, di solito riferito all'articolazione scapolo- omerale, alla scapola, al braccio, alla parete toracica. E' dovuto in genere a flogosi della capsula articolare e della cuffia dei rotatori, alle lesioni muscolari e nervose, al drenaggio; può presentarsi retrazione muscolo tendinea, con iper-abduzione dell'arto e stiramento dei flessori; può svilupparsi una limitazione funzionale articolare/muscolare con alterazione del ROM di braccio-spalla con limitazione dei movimenti di flessione, ab/adduzione e intrarotazione del braccio, ipovalidità dei muscoli piccolo e grande pettorale, gran dentato, stiramento del plesso brachiale, parestesie della faccia interna del braccio, facile affaticabilità allo sforzo; può comparire il linfedema, un accumulo anormale di linfa dovuto ad anomalie a livello del sistema linfatico che può essere provocato dalla rimozione chirurgica dei linfonodi e si manifesta con gonfiore del braccio. Gli interventi di attività fisica sono considerati efficaci nel migliorare i disturbi fisici e psicologici nei soggetti che hanno affrontato un cancro. A riguardo un team di studiosi italiani [7], in uno studio recente, ha voluto verificare l'impatto di uno specifico programma di esercizio fisico sulla mobilità degli arti superiori e la qualità di vita dei soggetti dopo malattia oncologica. Lo studio incluse 55 donne reclutate presso il Centro di 32

33 Riabilitazione del Cancro a Firenze dopo il completamento del trattamento del cancro al seno e la fisioterapia riabilitativa. Tutti i partecipanti erano stati sottoposti ad un allenamento di 8 settimane di esercizio specifico per migliorare la funzionalità dell'organismo, la mobilità degli arti superiori e la qualità della vita. Ogni soggetto era stato sottoposto ad una batteria di test di idoneità per valutare la mobilità della spalla-braccio, il range di movimento, la flessibilità prima e dopo il programma di allenamento specifico. Inoltre tutti i partecipanti compilarono dei questionari per valutare la qualità della vita e per quantificare, tramite scale numeriche, l'intensità del dolore alla spalla e alla schiena. La valutazione della mobilità della spalla-braccio e i dati del questionario auto-compilato rivelarono un miglioramento statisticamente significativo dopo il completamento del programma di allenamento. Per questo, si può concludere che un programma specifico e organizzato di attività fisica adattata può essere efficace nel ridurre i principali effetti negativi della chirurgia e della terapia oncologica, migliorando in modo significativo la mobilità della spallabraccio e la qualità della vita nelle donne che hanno affrontato e superato un cancro al seno. In un altro studio si indagò circa la fattibilità e l'efficacia di un programma di esercizio fisico in acqua per il range di movimento della spalla di donne con cancro al seno che avevano sviluppato linfedema [8]. L'intervento consisteva in almeno due volte alla settimana di esercizio in acqua per 8 settimane, inizialmente supervisionata e successivamente eseguita in modo indipendente durante il periodo di studio. In seguito alle misurazioni raccolte con varie strumentazioni si riscontrò che rispetto al gruppo di controllo, la gamma media di cambiamento del movimento per la flessione 33

34 era di 6 (1-10) gradi (P <0,001) e 6 (0-15,5) gradi (p = 0,07) per la rotazione esterna. Un aumento clinicamente rilevante nel gruppo di intervento venne trovata per il 36% in flessione (P 0,05) e il 57% in rotazione esterna (P 0,05) rispetto ai controlli. Venne pertanto dimostrato in questo studio che l'esercizio in acqua è fattibile per i soggetti che hanno superato un cancro al seno ma hanno sviluppato linfedema al braccio e che il range di movimento della spalla può essere migliorato anche anni dopo che il trattamento del cancro è stato completato. 34

35 L'ATTIVITA' FISICA E IL CARCINOMA MAMMARIO 35

36 2.1 La fisiologia dell'esercizio fisico nelle patologie oncologiche [9] Nel caso di molti soggetti sofferenti di cancro oppure guariti, si ha un grave problema di debolezza funzionale e perdita di massa corporea[10]. La debolezza funzionale può essere tale da impedire il camminare o addirittura le semplici azioni necessarie alla sopravvivenza. Inoltre, circa il 75% di coloro che guariscono segnalano estrema debolezza dopo radioterapia o chemioterapia, che comportano infatti forte riduzione della massa corporea, della forza muscolare e della funzionalità cardiovascolare [11,12]. Il mantenere o semplicemente restaurare buone condizioni funzionali rappresenta un difficile obiettivo per il soggetto che ha sofferto di cancro, anche se è da considerare guarito definitivamente. L'evidenza clinica disponibile giustifica ampiamente il ricorso all'attività fisica come forma di riabilitazione funzionale, in particolare dopo gli eventi di mastectomia[13-15]. Una dieta alimentare associata ad una regolare attività fisica aiuta a ridurre l'incidenza dei vari tipi cancro [16-20]. Un programma di regolare attività fisica aiuta il soggetto a recuperare sul piano fisico, a migliorare la qualità di vita e ad essere indipendente. Gli obiettivi generali da porsi per migliorare la condizione di soggetti che soffrono dei postumi di inattività fisica o immobilizzazione per varie cause includono: - il miglioramento globale della funzione generale. - il miglioramento della mobilità dei segmenti corporei che non presentano limitazioni funzionali. - la prevenzione dell'irrigidimento delle articolazioni con movimenti attivi e passivi. 36

37 - la stimolazione della circolazione centrale e periferica mediante esercizi attivi adeguati alla condizione organica del soggetto. - il miglioramento della funzione ventilatoria. - la prevenzione delle complicazioni tromboemboliche. - la prevenzione della diminuzione della funzione neuromuscolare, della forza e della capacità aerobica. - la diminuzione e il contrasto del fenomeno dell'osteoporosi con esercizi che caricano l'apparato osteomuscolare. - il contrasto della perdita di massa magra e la prevenzione della diminuzione del metabolismo basale. - il rilevamento dei segni di fatica e di debolezza come letargia, dispnea, pallore, stordimento, claudicazione, crampi. Si possono avanzare molte ipotesi circa il ruolo preventivo giocato dall'attività fisica nel prevenire lo sviluppo del cancro. Ad esempio, questo potrebbe essere correlato all'elevato livello degli ormoni corticosteroidi che si verifica nell'esercizio nel corso del quale si ha anche tendenzialmente ipoglicemia e riduzione della secrezione di insulina. L'attività fisica aumenta anche la produzione di citochine, che sono sostanze antinfiammatorie, inoltre aumenta l'espressione dei recettori insulinici nei linfociti di tipo T coinvolti nella distruzione delle cellule cancerose. Si sa anche che l'attività fisica aumenta la produzione di interferone, stimola la glicogeno sintetasi, aumenta il metabolismo dell'acido ascorbico, tutte modificazioni che rallentano lo sviluppo dei tumori. Tra le evidenze scientifiche vi sono meno certezze riguardo ai criteri di prescrizione dell'impegno fisico nei pazienti con cancro e inoltre non si hanno molte informazioni relative all'impegno fisico nelle varie fasi dello 37

38 sviluppo del cancro. Non vi sono informazioni chiare relative all'entità dell'impegno fisico e alla risposta al carico di lavoro nelle varie forme di cancro, ciò è vero per entrambi i sessi e a tutte le età. Pertanto, un approccio prudente consiste nel dosare l'attività fisica dando rilievo alla sintomatologia soggettiva. I pazienti affetti da cancro possono essere sottoposti a un test da sforzo la cui gradualità viene regolata sulla base della sintomatologia soggettiva, i dati ottenuti possono servire a delineare un programma d'attività fisica. In assenza di controindicazioni specifiche si può consigliare la marcia come forma d'attività fisica. Inoltre sarebbe preferibile suddividere il lavoro in numerosi intervalli. Vanno prescritti anche esercizi di mobilizzazione e di potenziamento muscolare, in particolare per i muscoli antigravitari, i muscoli respiratori e i muscoli rotatori del tronco. E' necessario individualizzare la progressione dell'intensità di lavoro. 38

39 2.2 Il ruolo dell'attività fisica durante i trattamenti del tumore al seno I trattamenti principali per il cancro al seno sono la chirurgia, la chemioterapia, la radioterapia e la terapia ormonale e le prove suggeriscono che questi sono molto efficaci nel migliorare la salute generale e la sopravvivenza nel periodo libero da malattia. Tuttavia, queste terapie possono compromettere la salute fisica, mentale o sociale della donna. Nell'ultimo decennio si sono accumulate varie prove sull'impatto positivo dell'esercizio fisico sulla salute fisica, mentale e sociale, migliorando la qualità di vita delle donne durante il loro trattamento. La chirurgia è il principale trattamento locale del tumore in situ e invasivo[2]: Tumorectomia: è caratterizzata dall'asportazione di una piccola porzione di tessuto mammario comprendente il tumore; viene utilizzata in caso di diagnosi precoce del tumore. Quadrantectomia: è l'asportazione di un ampio settore di ghiandola mammaria con la cute soprastante e la fascia del muscolo grande pettorale corrispondente ad uno spicchio di seno. Mastectomia: è l'asportazione completa della mammella, con o senza i muscoli pettorali. Può essere accompagnata da chirurgia ricostruttiva immediata o dilazionata nel tempo. Dissezione ascellare: l'asportazione di tutti i linfonodi ascellari, con o senza asportazione del muscolo piccolo pettorale. Linfonodo sentinella: s'intende il primo linfonodo che drena le cellule tumorali del tumore primitivo. E' il primo linfonodo che 39

40 esaminato anatomicamente con la linfoscintigrafia capta il tracciante marcato con Tecnezio 99. Si è dimostrato predittivo per lo stato degli altri linfonodi loco regionali della mammella. La radioterapia [21] è un tipo di terapia oncologica locale basato sull'utilizzo di radiazioni ad alta energia (raggi X, alfa, beta, gamma) in grado di distruggere le cellule tumorali. E' generalmente utilizzata, anche in associazione a trattamenti medici per distruggere eventuali cellule tumorali rimaste dopo l'intervento chirurgico e, quindi ridurre il rischio di recidiva nella stessa mammella. La chemioterapia viene usata come trattamento precauzionale del tumore invasivo, sia ormone-sensibile che non, come trattamento pre-operatorio del tumore, per ridurre le dimensioni del tumore, e nella malattia in fase avanzata. Gli effetti collaterali possibili dipendono dai farmaci e dalle combinazioni utilizzate: vomito e nausea, si presentano alla somministrazione o poche ore dopo, sono transitori e possono essere controllati con terapie adeguate; alopecia, si presenta dopo circa tre settimane dalla somministrazione, è transitoria; mielodepressione, che comprende anemia, piastrinopenia e leucopenia, si manifesta dopo circa una settimana dall'inizio del trattamento; infiammazione transitoria delle mucose della bocca e degli occhi; diarrea, stitichezza; neurotossicità (formicolii alle estremità) inizia alcuni giorni dopo e può durare anche dopo la fine del trattamento; 40

41 nefrotossici (danno renale) o anche epatotossici (danno al fegato); possono causare sterilità o essere teratogeni e mutageni. Nella terapia anti-ormonale [22-25] utilizzata nel trattamento del tumore ormono-sensibile, i farmaci più usati sono il tamoxifene e gli inibitori dell'aromatasi, i possibili effetti collaterali del primo comprendono: vampate di calore e sudorazioni, flebite/ trombosi, danni al fegato con conseguente aumento delle transaminasi ma ci sono anche effetti benefici quali la prevenzione dell'osteoporosi e la diminuzione del colesterolo. I possibili effetti collaterali degli inibitori dell'aromatasi sono: vampate di calore e sudorazioni, dolori articolari, ossei e muscolari, secchezza delle mucose oculari, cavo orale, vaginale, osteoporosi e aumento del colesterolo. Vengono inoltre utilizzati farmaci antivascolari nella malattia in stato avanzato per bloccare la formazione da parte del tumore di nuovi vasi sanguigni che contribuiscono alla sua crescita. Il farmaco (bevacizumab) viene utilizzato in associazione alla chemioterapia e può causare aumento della PA, emorragie, difficoltà di cicatrizzazione delle ferite, tossicità renale, reazioni allergiche. M. Valenti nel 2006 volle analizzare il ruolo dell'esercizio fisico nel trattamento in follow-up di pazienti oncologici attraverso un articolo di revisione [26]. Numerosi studi avevano analizzato gli effetti dell'attività fisica durante il trattamento per il tumore al seno [27-34]. Due di questi studi avevano utilizzato metodi osservazionali [27, 28], gli altri invece metodologie interventistiche [29-34]. Nei dodici studi sperimentali, l'attività fisica era stata praticata durante il trattamento chemioterapico in 8 casi [32-36], durante la radioterapia in un caso [30] e durante terapie 41

42 combinate in 3 casi [29, 31, 37]. I metodi di studio erano consistiti in 2 trials randomizzati controllati (RCT) con placebo, ad esempio lo stretching, e controlli funzionali abituali [36, 38], tre RCT con controlli funzionali abituali [30, 34, 39], un RCT con controllo autogestito e controlli abituali [37], uno con analisi pre/post test con due controlli incrociati come per esempio i superstiti al cancro in inattività e persone sane allenate [35], e cinque con analisi pre/post senza controlli [29, 32]. Le numerosità campionarie erano comprese in un range tra 10 e 99 pazienti. I programmi di attività controllata erano descritti in 6 degli studi [29, 33, 34, 37] mentre 6 programmi non controllati erano basati su attività svolta in ambito domestico [30, 32, 39]. Undici studi avevano testato l'attività aerobica come bike [33, 35, 36, 40], walking [30, 37] e attività motoria libera [31, 32] seguendo le linee guida tradizionali per l'attività ed in un caso era stata valutata la combinazione di attività aerobica e di resistenza[29]. La durata dell'attività era compresa in un range dalle 6 alle 26 settimane. Gli studi evidenziarono un ampio raggio di risultati biopsicologici inclusi la capacità funzionale, la prestanza fisica, gli stati d'animo come ansia e depressione, la sintomatologia come la nausea, l'affaticamento, i disturbi del sonno e il malcontento fisico, e la generale qualità di vita. Tutti gli studi avevano mostrato effetti benefici dell'attività fisica statisticamente significativi durante il trattamento per tumore al seno in molteplici campi di funzionalità nonostante il numero modesto di soggetti. Più specificatamente, l'esercizio fisico aveva prodotto effetti benefici sotto il profilo della capacità motoria [35-37, 41, 42], del peso corporeo e della forma fisica [29, 34, 37, 41, 42], della flessibilità [29], dell'affaticamento [29, 32, 41, 42], della nausea [33], del benessere fisico e funzionale [29, 35, 42

43 37], della soddisfazione della propria vita [27, 29] e in generale della qualità di vita [27, 42]. In linea generale, gli studi sull'attività fisica durante il trattamento per cancro al seno avevano genericamente mostrato una buona qualità dei modelli RCT con controlli metodologicamente appropriati, sessioni di attività fisica supervisionata, uno stimolo appropriato all'attività, indicatori di fitness oggettivi e scale psicometriche validate. Le limitazioni metodologiche primarie di questi studi erano: la metodologia RCT non sempre definita in dettaglio (numero partecipanti, randomizzazione, disegno analitico); i campioni esigui e non rappresentativi. Il test REHAB era un RCT progettato per determinare gli effetti dell'allenamento aerobico controllato sul sistema cardio-polmonare, sulla qualità della vita e sugli esiti biologici in donne in postmenopausa che avevano subito un intervento chirurgico, radioterapia e/o chemioterapia. Circa metà dei partecipanti era sotto trattamento ormonale (tamoxifen) durante lo svolgimento del programma di attività. Il campione era costituito da 53 pazienti trattate per cancro al seno (25 donne seguite con un programma di training e 28 come gruppo di controllo). L'allenamento consisteva in biking ergonomico 3 volte a settimana ad intensità moderata progressiva da 15' a 35' per un periodo di 15 settimane. Il gruppo di controllo non era sottoposto al programma. Gli esiti primari assunti erano il picco di consumo d'ossigeno e la qualità di vita generale misurata con scala FACT-B [43]. Il 98% dei partecipanti aveva terminato la sperimentazione. Sia per gli esiti cardio-polmonari che per la qualità di vita, erano state riscontrate 43

44 differenze statisticamente significative a favore del gruppo in allenamento quanto a VO2max, picchi di rendimento e di potenza, qualità di vita generale, affaticamento e autostima. Inoltre, venne osservato, anche, che alcuni cambiamenti nella qualità di vita erano stati mediati dai cambiamenti nella funzionalità polmonare. C'è un crescente interesse per il ruolo che può avere l'attività fisica nell'innalzare la qualità della vita riducendo la recidiva e altre patologie e innalzando il tasso di sopravvivenza nei malati di tumore. La letteratura suggerisce che l'attività fisica può avere l'effetto di aumentare la qualità di vita nei soggetti che hanno combattuto un tumore e che i suoi effetti vanno al di là del trattamento psicoterapico [44]. Inoltre le incoraggianti premesse attuali suggeriscono che gli specialisti dell'attività fisica giochino un ruolo fondamentale nel controllo dell'attività tumorale a livello clinico e di popolazione [26]. Nello studio di Hojan K. et al. [45] era stato valutato l'impatto dell'esercizio aerobico sulla densità minerale ossea durante la terapia endocrina in donne con cancro al seno. La valutazione dell'osso venne condotta con la DEXA e venne misurata la densità minerale ossea del collo del femore, della regione lombare e di tutto il corpo così come vennero definiti anche, T-score e Z-score. Gli esami furono condotti per tutti i 53 soggetti, prima dell'inizio della terapia endocrina, dopo 6 mesi dall'inizio della terapia e a 12 mesi di terapia endocrina con 6 mesi di esercizio fisico aerobico. I risultati riportarono che la densità minerale ossea era più bassa nei soggetti prima che iniziassero l'attività fisica aerobica. Questo studio concluse che anche un breve ciclo di terapia endocrina può modificare negativamente la densità minerale ossea e che l'esercizio fisico aerobico è utile a rallentare queste 44

45 variazioni. Tra i comuni effetti collaterali del cancro e del suo trattamento si riscontra l'affaticamento cancro-correlato (CRF) [46]. La CRF è una persistente sensazione soggettiva di stanchezza relativa al cancro o al suo trattamento che interferisce con il normale funzionamento e che non si allevia con il riposo e non è correlata a una quantità eccessiva d'attività [47-49]. Durante e dopo la radioterapia le pazienti con cancro al seno spesso soffrono di CRF che ne compromette la qualità della vita (QoL). Nonostante l'alta prevalenza di CRF nelle pazienti con carcinoma mammario e il grave impatto sul benessere fisico ed emotivo i metodi di trattamento efficaci sono scarsi. In uno studio più recente è stata riportata l'attività fisica come utile per le donne con cancro al seno al fine di diminuire la fatica, migliorare il benessere emotivo e aumentare la forza fisica. I meccanismi fisiopatologici e molecolari della CRF e i cambiamenti molecolari-biologici indotti dall'esercizio fisico, tuttavia, sono scarsamente conosciuti. Lo studio BEST [46] si proponeva di valutare gli effetti di un allenamento di resistenza sulla fatica, sulla QoL e sulla forma fisica, nonché sui cambiamenti molecolari, immunologici e infiammatori nelle pazienti con cancro al seno durante la radioterapia adiuvante. Si trattava di uno studio randomizzato prospettico, controllato che valuta gli effetti di 12 settimane di allenamento di resistenza progressiva supervisionate rispetto a 12 settimane di training di rilassamento muscolare controllato in 160 pazienti con cancro al seno sottoposte a radioterapia adiuvante. La radioterapia adiuvante è utilizzata in oltre il 90% di tutte le pazienti con carcinoma mammario. E' solitamente usata dopo interventi di chirurgia 45

46 conservativa del seno e può essere somministrata dopo intervento di mastectomia se le pazienti sono ad alto rischio di recidiva. Dopo chirurgia conservativa la radioterapia adiuvante per il seno coinvolto aumenta in modo significativo la sopravvivenza libera dalla malattia e riduce il tasso di mortalità per cancro al seno di 1/6 circa [50]. Mentre la radioterapia adiuvante riduce il rischio di recidiva del tumore al seno e la mortalità per questa causa, può anche essere associata ad una acuta tossicità nel lungo termine [46]. Venne notato che le radiazioni possono essere dannose per il muscolo (miotossiche), con conseguente significativa riduzione della massa muscolare scheletrica e della sua funzionalità. L'allenamento di resistenza può contrastare questo degrado muscolare [46]. L'irradiazione può causare un indebolimento del sistema immunitario o anche infiammazione sistemica [51-53]. Diversi grandi studi tra individui sani e pazienti sopravvissuti al cancro riferiscono che l'attività fisica, incluso l'allenamento di resistenza, può condurre ad una riduzione dei marcatori dell'infiammazione come la PCR (proteina C reattiva) [54-59]. Questi risultati suggeriscono che i fattori anti-infiammatori potrebbero mediare gli effetti benefici dell'allenamento di resistenza sulla fatica durante radioterapia adiuvante. Il primo giorno d'allenamento avveniva nella giornata del primo trattamento di radioterapia, prima o dopo la terapia per motivi logistici. Le unità d'allenamento avevano una durata complessiva di 60', per due volte alla settimane per un totale di dodici settimane. Lo stato fisico e il benessere prima e dopo l'allenamento veniva documentato dal paziente. Allo stesso modo l'allenatore/supervisore registrava la partecipazione di 46

47 ciascuno ad ogni seduta, con il carico e le ripetizioni effettuate. L'attività proposta comprendeva da 1 a 3 serie per esercizio con un peso che permettesse di effettuare dalle 8 alle 12 ripetizioni (corrispondente al 6080% di 1RM [60,61]). Veniva dato 1' di recupero tra le serie. Gli esercizi erano otto: leg extension, leg curl, leg press, seated row, rotazione esterne ed interna della spalla, flessione ed estensione dell'arto superiore, latissimus pull down e butterfly e butterfly reverse. Il training era progressivo per cui il carico veniva aumentato del 5% circa dopo aver completato 3 serie da 12 ripetizioni di un esercizio per 3 sessioni d'allenamento consecutive. Nel gruppo che aveva condotto il training di rilassamento muscolare vennero osservati "effetti collaterali" psicosociali positivi dell'allenamento in gruppo, che potenzialmente potevano contribuire ad una minore percezione della fatica ed una migliore qualità di vita oltre agli effetti fisiologici dell'esercizio sulla fatica. In sintesi, questo studio voleva contribuire ad una migliore comprensione degli effetti fisiologici e psicologici dell'allenamento di resistenza e dei meccanismi biologici e immunologici nei pazienti con cancro al seno durante la radioterapia adiuvante. L'obiettivo finale era di realizzare un programma di intervento ottimizzato per ridurre la fatica e migliorare la qualità della vita e potenzialmente la prognosi dopo il cancro al seno. 47

48 2.3 Le attuali linee guida dell'american Cancer Society e altre evidenze scientifiche Spesso coloro che hanno affrontato un cancro sono altamente motivati a cercare informazioni sulle scelte alimentari, l'attività fisica, gli integratori alimentari per migliorare i risultati dei trattamenti, la qualità di vita e la sopravvivenza globale. Per rispondere a questi quesiti l'american Cancer Society ha convocato un gruppo di esperti nell'ambito della nutrizione e dell'attività fisica per valutare le evidenze scientifiche e le migliori pratiche a riguardo. I medici e gli operatori sanitari hanno l'opportunità di guidare i soggetti oncologici verso scelte di stile di vita ottimali in grado di influenzare favorevolmente la sopravvivenza del soggetto. Il potere della consulenza medica nel facilitare i comportamenti di prevenzione è stato costantemente dimostrato: in uno studio su 450 donne con cancro al seno, la semplice raccomandazione di impegnarsi in attività fisiche da parte del medico ha realmente aumentato i livelli di attività fisica dei soggetti [62]. La decisione riguardo quando iniziare e come mantenere l'attività fisica deve essere individualizzato per le condizioni del soggetto e le sue preferenze. L'esercizio fisico durante il trattamento del cancro migliora molteplici effetti negativi post-trattamento per la salute delle ossa, la forza muscolare e altre misure della qualità di vita [63-66]. L' obiettivo principale, con soggetti che praticavano attività fisiche anche prima della diagnosi e dei trattamenti, è il mantenimento dell'attività motoria il più possibile. Per coloro che erano sedentari prima della diagnosi deve essere adottato un programma di attività fisica a bassa intensità, che 48

49 comprenda quindi stretching, lente passeggiate con un progressivo aumento di intensità. La presenza di un professionista, quale il laureato in scienze delle attività motorie adattate, durante le sedute d'allenamento può essere utile e necessario per guidare il soggetto attraverso il periodo pre- e posttrattamento, per mantenere un buon range di movimento e per contrastare la stanchezza e la depressione. Tra coloro che hanno affrontato il cancro al seno, l'attività fisica dopo la diagnosi è stata associata alla riduzione del rischio di recidiva del tumore al seno e della mortalità specifica per questo cancro. Una recente metanalisi ha dimostrato che l'esercizio fisico post- diagnosi è stato associato al 34% di rischio più basso per morte di cancro al seno, al 41% di rischio in meno per tutte le cause di mortalità e un rischio inferiore del 24% di sviluppare una recidiva [67]. In uno studio randomizzato controllato di donne reduci dal cancro al seno alle quali è stato assegnato un allenamento di moderata intensità, l'effetto dell'esercizio fisico ha condotto a miglioramenti della massa ossea e della massa muscolare[63]. Per una donna con diagnosi di cancro al seno il raggiungimento o il mantenimento di un peso ideale può essere uno dei più importanti propositi dello stile di vita. E' stato comunque stabilito che nella popolazione generale una perdita pari al 5-10% del peso in 6-12 mesi è sufficiente a ridurre i livelli dei fattori associati ai rischi delle malattie croniche, quali la presenza elevata di lipidi nel plasma ed elevati livelli di insulina a digiuno[68]. Inoltre una revisione recente della letteratura scientifica ha documentato che la perdita di peso intenzionale promuove cambiamenti favorevoli nei biomarcatori che rilevano il cancro al seno, come gli 49

50 estrogeni, la globulina sessuale legante gli ormoni e i marker infiammatori [69]. L' ACS (American Cancer Society) [70] distingue due tipi di attività: abituali: s'intendono quelle che si svolgono regolarmente come parte della propria routine quotidiana. Comprendono le attività svolte al lavoro (camminare dal parcheggio all'ufficio) e quelle che fanno parte della quotidianità (fare il bagno, vestirsi, scendere e salire le scale). Sono generalmente di breve durata e di bassa intensità. intenzionali: le attività svolte in aggiunta alle suddette. Vengono progettate ed eseguite nel tempo libero, come la corsa, il ciclismo, andare in palestra. Altre attività intenzionali possono comportare l'aggiunta di attività fisica più propositiva durante il giorno, come preferire i mezzi pubblici o la bicicletta all'automobile per spostarsi da un posto all'altro, rendendo l'attività fisica parte di uno stile di vita. 50

51 Le attività fisiche abituali e intenzionali possono anche essere raggruppate per intensità: Intensità moderata Esercizio fisico e Camminare, ballare, tempo libero andare in bicicletta senza fretta, ghiaccio e pattinaggio a rotelle, equitazione, canoa, yoga Intensità vigorosa Jogging o corsa, ciclismo, allenamento con i pesi in circuito, danza aerobica, arti marziali, salto con la corda, nuoto Sport Pallavolo, golf, softball, Calcio, hockey su baseball, badminton, tennis ghiaccio o su campo, doppio, sci alpino lacrosse, tennis singolo, squash, basket, sci di fondo Attività domestiche Falciare il prato, la Scavare, trasporto e manutenzione del giardino alaggio, muratura, e del cortile generale carpenteria Attività sul posto Passeggiate e sollevamento di lavoro come parte del lavoro (lavoro di custodia, di agricoltura, auto o riparazione di macchinari) Lavoro manuale pesante (silvicoltura, costruzione, lotta antincendio) Tabella 1 [70] 2.3a Quantità raccomandata di attività Almeno 150 minuti a settimana di attività fisica ad intensità moderata o 75 minuti alla settimana ad intensità vigorosa, o una pari combinazione, oltre alle normali attività della vita quotidiana. Questo livello di attività ha dimostrato di avere chiari benefici per la salute, tra cui la riduzione del rischio di mortalità in giovane età e riducendo la possibilità di ammalarsi o di morire per cancro [70]. Una maggiore quantità 51

52 di attività fisica può anche essere più efficace per diminuire il rischio di cancro [70]. Non è chiaro se l'attività quotidiana fornisce il maggior beneficio se fatto tutto in una volta o in diversi brevi momenti della giornata. Per le persone che non sono attive o che devono iniziare un programma di attività fisica i livelli di attività al di sotto di quelli raccomandati possono comunque aiutare la salute, soprattutto a carico del cuore. La quantità e l'intensità di attività può essere aumentata lentamente nel tempo. La maggior parte dei bambini e giovani adulti possono tranquillamente fare attività moderata e/o vigorosa anche senza consultare i medici. Mentre uomini e donne con età superiore ai anni e le persone con malattie croniche o fattori di rischio per le malattie cardiovascolari dovrebbero consultare i medici prima di iniziare un programma di attività fisica di intensità vigorosa [70]. Le attività devono essere appropriate all'età, divertenti e varie, compresi gli sport e le attività fisiche ricreative. Per raggiungere gli obiettivi di salute dovrebbero essere forniti anche programmi di educazione sull'attività fisica quotidiana su base comunitaria [70]. Per concludere le raccomandazioni dell'american Cancer Society possono essere sintetizzate nei consigli di: fare intenzionalmente, con costanza, attività fisica; ridurre l'aumento di peso o mantenere un peso salutare nel corso della vita, assumendo una buona dieta alimentare che limiti le calorie e si associ a regolare attività fisica; evitare il fumo e l'alcool. 52

53 2.4 L'attività fisica in prevenzione primaria del tumore al seno Con il termine prevenzione si intendono un insieme di azioni finalizzate ad evitare l'insorgenza e la progressione delle malattie. Le attività motorie preventive possono svolgere un ruolo importante nell'ambito della medicina preventiva e della sanità pubblica mentre le attività motorie adattate possono mirare ad arrestare l'evoluzione e/o ridurre le conseguenze di una patologia già conclamata. La prevenzione primaria si rivolge alla popolazione sana e mira ad impedire l'insorgenza di nuovi casi di malattia, agendo sulle cause ed i fattori di rischio presenti nell'ambiente e ai quali la popolazione si trova esposta. Un intervento di prevenzione primaria produce una diminuzione del tasso di incidenza della malattia, la riduzione dell'incidenza è tanto maggiore quanto più efficace è l'intervento stesso. La molteplicità dei fattori causali rende il risultato dell'intervento di prevenzione primaria, apparentemente incompleto, osservabile in termini parziali e rilevabile in termini probabilistici in funzione del ruolo svolto dal particolare fattore di rischio all'interno di una complessa rete di interazione con le varie concause. Negli ultimi tre decenni circa, la ricerca ha prodotto considerevoli progressi nella cura del cancro, e durante questo tempo la sedentarietà è emersa come un importante fattore di rischio modificabile che può giocare un ruolo chiave nella prevenzione e nel trattamento del tumore al seno [71]. Nei primi anni del 1980 la dr.ssa Rose Frisch, insieme ad un piccolo gruppo di scienziati, sviluppò l'ipotesi della correlazione tra attività fisica e tumore al seno. Il suo programma di ricerca si concentrava sui fattori determinanti della fertilità femminile e della disfunzione mestruale, e in particolare 53

54 sull'influenza dell'apporto energetico, dell'attività fisica e del peso corporeo (massa grassa) sulla salute riproduttiva. Nel 1985, il suo gruppo fu il primo a pubblicare i risultati della ricerca sulla potenziale associazione tra attività fisica e cancro al seno [72]. In tale studio retrospettivo veniva studiato l'effetto delle attività atletiche svolte durante il college sulla prevalenza del cancro al seno. Le donne che non avevano partecipato ad attività atletiche durante il college presentavano una prevalenza del cancro al seno circa doppia rispetto alle donne atlete del college (odds ratio = 1.86 [95% CI: 1,00-3,47]). Le donne atlete avevano avuto una età più avanzata al menarca, una menopausa anticipata, ed erano più magre rispetto alle non-atlete. Questi fattori erano proposti dalla Frisch come possibili meccanismi biologici alla base dell'associazione osservata [72]. È interessante notare che le donne che riferivano di aver partecipato alle attività atletiche al college erano rimaste fisicamente attive per tutta la vita. Un successivo studio [73], dimostrava che il 74% delle alunne del college che partecipavano alle attività sportive, aveva praticato attività prima di andare al college. Altri studi della dr.ssa Frisch [74,75], in quel periodo, furono condotti tra le ballerine, le donne che praticavano canottaggio, e in uno studio di un caso unico, furono esaminati i cambiamenti metabolici, endocrini, e riproduttivi in una donna di 24 anni che aveva completato la traversata della Manica a nuoto. Da tali studi la Frisch concluse che la riduzione del rischio di cancro al seno era spiegabile con la risposta all'allenamento della secrezione di insulina e dei livelli degli ormoni riproduttivi. Le ragazze impegnate in attività fisiche strenue sono spesso amenorreiche, 54

55 questa peculiarità è stata riportata essere un fattore riducente il rischio di tumore al seno [76]. Nel 1987 Bernstein et al.[76], per determinare se una moderata quantità di attività fisica potesse influenzare il ciclo mestruale e la frequenza ovulatoria nelle giovani donne dopo il menarca, monitorarono per sei mesi i cicli mestruali e il tipo d'attività fisica di 168 ragazze delle scuole superiori. I cicli anovulatori erano associati all'età dopo il menarca, i meno anni trascorsi dal menarca e i maggiori livelli di spesa di energia in attività fisica a settimana. Dopo aggiustamento per l'età al menarca e gli anni dopo il menarca si verificava una significativa tendenza dosecorrelata nel rischio di cicli anovulari associato con l'incremento dei livelli di attività fisica (1-sided P = 00,3). I maggiori determinanti della durata media del ciclo mestruale erano la spesa energetica settimanale media ( 750 kcal associata ai cicli mestruali che erano in media di 2,4 giorni più lunghi), l'età al menarca (incremento di 0,7 giorni per anno di età), e la razza (le asiatiche avevano cicli mestruali di 1,9 giorni in più rispetto alle caucasiche). Poiché un importante determinante del rischio di tumore al seno può essere il numero di cicli mestruali ovulatori nell'adolescenza, questi dati suggeriscono che la regolare partecipazione ad attività fisiche, riducendo la frequenza dei cicli mestruali ovulatori in adolescenza, può rappresentare un'opportunità per la prevenzione primaria del tumore al seno. Il successivo progresso venne raggiunto dalla stessa Bernstein L. [77] che condusse uno studio caso-controllo nel 1994 a Los Angeles, confrontando dal 1983 al 1989 il tempo dedicato all'esercizio fisico nella storia personale di 545 donne con tumore al seno e di un numero simile di donne senza tumore al seno (controlli) che vennero appaiati per età, razza, numero di 55

56 gravidanze e quartiere di residenza. Si verificò una forte relazione inversa tra i livelli di esercizio fisico durante tutta la vita e la stima che le donne che svolgevano esercizio fisico per 3,8 ore/ settimana o più avevano una riduzione del 60% nel rischio di tumore al seno rispetto alle donne che riportavano di non partecipare ad attività fisiche (odd ratio=0,42 [ 95% CI: ]). Come appare da queste evidenze, l'attività fisica può influenzare le concentrazioni ormonali e il bilancio energetico, per questo motivo Thune I. et al.[78] decisero di indagare, dal 1974 al 1978 e dal 1977 al 1983, sulla correlazione dell'esercizio fisico quotidiano e il rischio di cancro al seno. Questo team di studiosi eseguì indagini sanitarie e somministrò dei questionari riguardanti le attività nel tempo libero e l'attività lavorativa ad un totale di 25,624 donne, con età da 20 a 54 anni. Nel corso del follow up, in media 13,7 anni, vennero identificati 351 casi di carcinoma mammario invasivo tra le 25,624 donne della coorte. Dopo aver applicato l'aggiustamento per l'età, il BMI, l'altezza, la parità e il luogo di residenza, una maggiore attività fisica nel tempo libero venne associata ad un ridotto rischio di cancro al seno ( RR 0,63; 95% CI 0,42-0,95) tra le donne che svolgevano esercizio fisico regolarmente rispetto alle donne più sedentarie. Tra le donne fisicamente attive la riduzione del rischio era maggiore nelle donne giovani rispetto alle più grandi d'età ( 45 anni) (RR 0,38; 95% CI 0,19-0,79). Nelle analisi stratificate il rischio di cancro era risultato minore nelle donne più magre ( BMI < 22,8) in associazione a 4h/week di esercizio fisico (RR 0,28; 95% CI 0,11-0,70). Si vide che il rischio si riduceva in corrispondenza allo svolgimento di livelli alti di attività al lavoro, e di nuovo l'effetto era più pronunciato tra le 56

57 donne prima della menopausa rispetto alle donne dopo la menopausa [78]. Questo studio associò all'attività fisica nel tempo libero e a lavoro un minor rischio di cancro al seno. Le evidenze scientifiche sull'attività fisica come mezzo di prevenzione primaria del cancro sono aumentate negli anni successivi. Nel 2002 Friedenreich CM e Orenstein MR [79] affermarono che l'evidenza del rischio diminuito di sviluppare tumore al seno attraverso l'attività fisica era stata classificata convincente. Ciò perché più di venti studi condotti in tutto il mondo mostravano un'associazione tra le due, confermando una notevole riduzione del rischio. Dei 44 studi condotti fino al 2002, 32 [73, 77, 78, ] osservarono una riduzione del rischio di tumore al seno in donne fisicamente più attive. Due studi [109, 110] riscontrarono un rischio maggiore in relazione ai livelli d'attività fisica e i rimanenti studi [ ] non riscontrarono alcuna correlazione. Dei 32 studi che verificarono una diminuzione del rischio, questa era del 30-40% in media. L'evidenza di una relazione dose-risposta tra l'attività fisica, comunque definita, e la riduzione del rischio di cancro al seno venne riscontrata in 20 [77, 78, 81, 83-99] dei 23 [77, 78, ] studi che valutarono questa tendenza. I risultati non coerenti possono essere attribuiti alle differenze metodologiche di valutazione dell'attività fisica e al fatto che la relazione tra l'attività fisica e il ridotto rischio di tumore al seno probabilmente differisce tra i sottogruppi di donne che non erano stati completamente esaminati nelle ricerche. La sedentarietà venne considerata un fattore di rischio modificabile per il carcinoma mammario principalmente perché l'attività fisica ha effetti sugli ormoni sessuali steroidei [71]. L'attività fisica può anche influenzare il 57

58 rischio di cancro al seno attraverso l'azione sull'equilibrio energetico, sul controllo del peso, sulla sensibilità all'insulina e sulla funzione immunitaria [71]. La maggior parte degli studi osservò un'associazione inversa tra attività fisica e rischio di cancro al seno. Risulta evidente che gli estrogeni svolgono un ruolo critico nello sviluppo del tumore al seno attraverso l'aumento della proliferazione delle cellule epiteliali del seno [71]. La durata cumulativa di esposizione agli estrogeni è il fattore chiave per determinare il rischio di tumore al seno nelle donne [121]. Durante l'età riproduttiva, in particolare durante l'adolescenza, l'attività fisica moderata o intensa ha un impatto sugli ormoni ovarici, risultando in un menarca ritardato, con maggiore probabilità di una amenorrea secondaria e un ciclo mestruale irregolare o non ovulatorio, e una più breve fase luteinica nel ciclo mestruale, in questo modo l'attività fisica è associata ad un ridotto livello di estradiolo, progesterone ed FSH [74, 76, ]. In particolare, grazie agli effetti dell'attività fisica, questi fattori possono risultare in una riduzione della durata del ciclo ovulatorio e dell'esposizione cumulativa all'estradiolo e al progesterone. Pertanto, potenzialmente si riduce il rischio di tumore al seno. Dopo la menopausa la produzione di estrogeni diminuisce, provocando un ridimensionamento del livello di estrogeni circolanti rispetto alle donne prima della menopausa (declino di circa 1/3 ) [126]. La principale fonte endogena di produzione di estrogeni dopo la menopausa deriva dalla conversione periferica dell'androstenedione ad estrone nel tessuto adiposo. Le donne fisicamente attive negli anni dopo la menopausa hanno livelli inferiori di estrone, di estradiolo e di androgeni (androstenedione e 58

59 testosterone) che sono precursori degli estrogeni [ ]. L'attività fisica inoltre stimola l'aumento dei livelli di SHBG. L'associazione tra i vari ormoni e l'attività fisica in post- menopausa non era stata consistente quanto quella riscontrata in pre-menopausa, e diversi studi hanno trovarono relazioni tra livelli ormonali e attività fisica non chiare [131,132]. Poiché l'aromatizzazione da androstenedione a estrone avviene nel tessuto adiposo, una grande quantità di estrogeni viene prodotta dalle donne meno magre rispetto alle più magre [133]. Questo porta ad affermare che obesità e sovrappeso sono consolidati fattori di rischio per il tumore al seno dopo la menopausa [ ]. Alti livelli d'attività fisica sono associati ad un minor peso, ad un BMI inferiore ed a un maggior controllo del peso corporeo [127, 131, 138, 139]. Gli effetti dell'attività fisica nelle donne in menopausa possono essere dovuti direttamente dalla soppressione dei livelli ormonali o indirettamente dall'attività fisica che agisce sul peso corporeo. Anche l'insulina e l'igf-1 sono implicati nella carcinogenesi perché giocano un ruolo nella stimolazione delle cellule proliferatrici e inibitorie della apoptosi [140]. Maggiori livelli di insulina sono associati con un maggior rischio di cancro al seno poiché associato a minori livelli di SHBG e quindi alti livelli di estradiolo libero [141, 142]. Inoltre livelli alti di insulina sono legati a minor livelli di IGFBP-1 che aumenta i livelli di IGF1 non legato. I livelli aumentati di IGF-1 sono correlati ad un maggior rischio di cancro al seno in pre-menopausa [143]. L'attività fisica aumenta la sensibilità insulinica e diminuisce il peso corporeo riducendo il rischio di tumore al seno. Per quanto riguarda la funzione immunitaria, l'attività fisica stimola 59

60 l'azione delle cellule NK aumentando le difese immunitarie, mentre gli estrogeni diminuiscono l'efficacia delle NK cells [ ]. Una riduzione del rischio dal 20 all'80% grazie all'attività fisica venne riportata in 12 studi di coorte [73, 78, 81, 82, 95, 97-99, 108, 118, 119, ]; 16 studi caso-controllo [77, 83, 86-89, 91, 93, 101, 102, ] basati sulla popolazione osservarono una riduzione del rischio dal 20 al 70% mentre 3 studi caso-controllo [85, 158, 159] all'interno di ospedali riferirono generalmente una riduzione del rischio del 20-30%. L'associazione tra attività fisica e minor rischio di cancro è coerente anche tra le diverse popolazioni e paesi. Australia [91], Europa [78, 85, 86, 102, 158], Asia [83, 89, 159], Stati Uniti e Canada [73, 77, 81, 87, 88, 93, 95, 97, 98, 101, 108, 149, ] hanno riportato una relazione inversa tra attività fisica e rischio di cancro al seno. L'attività fisica, soprattutto in adolescenza, è stata associata a un significativo ritardo di insorgenza del cancro in caso di sola analisi dei geni BRCA1 e BRCA2 [160]. Fraser et al. osservarono che l'insorgenza del tumore era anticipata di circa 6,6 anni per le donne che erano inattive rispetto alle donne attive [108]. Nonostante la varietà degli approcci nei vari studi e gli scarsi dettagli ottenuti, è evidente che la maggior parte degli studi epidemiologici osservò una associazione inversa intensa tra attività fisica ricreativa e rischio di cancro al seno. Tuttavia, la quantità di attività fisica necessaria per abbassare di una certa percentuale il rischio di sviluppare tumore al seno rimane poco chiara. Il meccanismo biologico ipotizzato mediare l'associazione tra attività fisica e cancro al seno è basato sugli effetti fisiologici osservati dell'esercizio 60

61 fisico di intensità da moderata a vigorosa. L'effetto dell'attività fisica a bassa intensità non è ancora chiaro, ma potrebbe essere importante poiché gran parte dell'attività fisica condotta dalle donne dopo la menopausa e le donne anziane non è vigorosa (inferiore a 4 MET) [161]. L'attività fisica quotidiana è correlata ad un rischio minore di cancro al seno, ma diversi studi dimostrarono che anche l'esercizio fisico iniziato dopo la menopausa può essere utile a ridurre il rischio di sviluppare il tumore al seno [ ] Per fornire la prova corrente che collega l'attività fisica al rischio di cancro al seno, gli obiettivi di una recente revisione scientifica [162] erano: rivedere la letteratura epidemiologica ed esaminare la relazione tra attività fisica e rischio di cancro al seno, e riassumere i meccanismi attraverso i quali l'attività fisica può influenzare il rischio. Dei 76 studi esaminati [19, 72, 73, 77, 78, 80, 82, 83, 85-95, , 107, , , 154, 155, , ], 40 (il 53%) riportarono un effetto protettivo dell'attività fisica sul rischio di cancro al seno [71, 73, 78, 80, 83, 85, 8688, 90, 92, 94, 95, 99, 102, 103, 107, 151, 152, 155, 157, 159, 164, 166, 167, 170, , 178, 179, , 191]. Gli effetti protettivi dell'attività fisica sul rischio di cancro al seno si manifestavano attraverso i cambiamenti nei livelli di ormoni sessuali, nella funzione immunitaria, nei livelli di adiposità, e negli ormoni insulina-correlati. La revisione scientifica concluse che per ottenere la massima riduzione del rischio di cancro al seno, la partecipazione regolare ad attività fisiche dovrebbe iniziare durante l'infanzia e persistere per tutta la durata della vita [162]. 61

62 I livelli di attività fisica suggeriti per la prevenzione primaria del tumore al seno sono i seguenti [4, 192]: Età Attività aerobica Bambini ed adolescenti Moderata 1ora/giorno Adulti 150 min/settimana Rinforzo muscolare e osseo Vigorosa almeno 3 giorni/settimana 75 min/settimana 3giorni/settimana per ciascuna 2 giorni/settimana rinforzo muscolare Tabella 2 62

63 2.5 L'attività fisica in prevenzione secondaria del carcinoma mammario L'attività motoria preventiva ed adattata trova spazi rilevanti e di grande valore strategico in tutti i tempi della prevenzione. All'interno della prevenzione secondaria riveste un ruolo importante nel prevenire le complicanze di una determinata patologia, nell'ambito della prevenzione terziaria ha l'obiettivo di ridurre l'invalidità che può derivare dalla patologia stessa (post-infarto, post-chirurgia, sequele di malattie debilitanti) favorendo il recupero funzionale e il reinserimento sociale della persona. La donna che affronta un tumore al seno, durante e a seguito dei trattamenti necessari, ha bisogno di essere seguita da una figura che la orienti sempre verso il suo benessere psico-fisico. La donna con tumore al seno accumula una serie di effetti avversi correlati alle consuete terapie che compromettono la salute fisica, mentale e sociale con un impatto negativo sulla qualità di vita. E' generalmente accettato definire la forma fisica come la capacità di svolgere le attività quotidiane con vigore e prontezza, senza eccessiva fatica, e con ampia energia per godere delle attività nel tempo libero e per soddisfare emergenze impreviste (Stati Uniti Dipartimento di Salute e Servizi umani 1996). Si comprendono la capacità cardiorespiratoria, la resistenza muscolo-scheletrica, la forza e la potenza muscolare, la velocità, la flessibilità, l'agilità, l'equilibrio, il tempo di reazione e la composizione corporea. Per questi aspetti della salute l'esercizio fisico si è dimostrato essere un intervento più efficace rispetto alle terapie tradizionali [193]. Più di venticinque studi negli ultimi 20 anni hanno dimostrato che le donne fisicamente attive sia prima della menopausa sia dopo la menopausa hanno 63

64 un rischio più basso del 30-40% di sviluppare cancro al seno rispetto alle donne sedentarie[194]. In uno studio prospettico osservazionale [195], 933 donne iscritte allo studio HEAL sulla salute, l'alimentazione, l'attività fisica, e lo stile di vita a cui veniva diagnosticato cancro al seno locale o regionale tra il 1995 e il 1998, vennero osservate fino all'exitus o a settembre 2004, se giungeva prima. Gli esiti primari misurati erano le morti totali e le morti di cancro al seno. La principale proposta era l'attività fisica l'anno prima e 2 anni dopo la diagnosi e i cambiamenti prima e dopo la diagnosi nell'attività fisica. Risultò che rispetto alle donne inattive, sia prima che dopo la diagnosi, le donne che avevano aumentato l'attività fisica dopo la diagnosi avevano un rischio inferiore del 45% di morte (HR 0,55; 95% CI, 0,22-1,38), e le donne che avevano ridotto l'attività fisica dopo la diagnosi avevano avuto un rischio di mortalità di quattro volte maggiore (HR 3,95; 95% CI, 1,4510,50). Quindi un'attività fisica di intensità moderata (9MET/ settimana) dopo una diagnosi di cancro al seno può migliorare la prognosi [195]. Il cammino veloce era stata l'attività ricreativa post-diagnosi più comunemente eseguita dalle partecipanti allo studio HEAL. Il ciclismo e lo yoga erano la seconda e la terza attività riportate come più comuni. Si era anche riscontrato che le donne che avevano condotto qualsiasi attività fisica di tipo ricreativo di intensità moderata, come camminare a ritmo sostenuto, dopo la diagnosi avevano circa il 64% di rischio di morte in meno rispetto alle donne inattive [195]. Inoltre, compiere l'esercizio raccomandato di 2,5 ore/settimana ad intensità moderata rispetto a nessun esercizio era stato associato ad una riduzione del rischio del 67% [196]. In conclusione è bene 64

65 incoraggiare le donne a mantenere o ad aumentare la loro attività fisica dopo la diagnosi di un tumore al seno allo scopo di migliorare la salute in generale e la qualità di vita. Anche se alcuni studi dimostrarono che le donne fisicamente attive che avevano superato il cancro avevano un minor rischio di mortalità per qualsiasi causa, l'associazione tra il cambiamento dell'attività fisica prima e dopo la diagnosi e la mortalità non è chiara [197]. Per approfondire la questione Irwin et al.[197] condussero uno studio longitudinale su 4643 donne con diagnosi di tumore invasivo al seno dopo l'ingresso nello studio WHI (Women's Health Initiative). L'attività fisica di svago e le passeggiate erano state valutate al basale (pre-diagnosi) e dopo 3 o 6 anni dalla visita di base (post- diagnosi). Le donne partecipanti che effettuavano 9 MET o più di attività fisica alla settimana prima della diagnosi (3h/settimana di camminata a ritmo sostenuto) avevano una mortalità per qualsiasi causa più bassa (HR=0,61; 95% CI, ; P= 0.01) rispetto alle donne inattive. Le donne che partecipavano a 9MET o più /settimana di attività fisica dopo la diagnosi avevano una mortalità inferiore (HR=0,61; 95% CI, ; P=0.049) e una più bassa mortalità per qualsiasi causa (HR=0.54; 95% CI, ; P< 0.01). Le donne che avevano aumentato o mantenuto l'attività fisica a 9 MET o più/settimana dopo la diagnosi avevano avuto una minore mortalità per qualsiasi causa (HR=0.67; 95% CI, ) anche se erano inattive fisicamente prima della diagnosi. Alti livelli di attività fisica possono migliorare la sopravvivenza nelle donne in menopausa, anche tra quelle che riferiscono di aver svolto scarsa attività fisica prima del tumore. Le donne con diagnosi di cancro al seno dovrebbero essere incoraggiate ad avviare 65

66 e/o mantenere un programma d'attività fisica. In relazione al report di Irwin et al., Kathryn H. Schmitz discusse gli interventi di esercizio fisico come prevenzione secondaria nelle donne che avevano affrontato un tumore al seno [198]. Una fiorente evidenza osservativa indicò che la prescrizione di esercizio aerobico pari a 3 ore o più/settimana poteva avere significativi benefici sulla mortalità e morbilità per le donne sopravvissute al cancro [198]. L'adesione a questa prescrizione dell'esercizio richiede una infrastruttura per guidare le donne e per affrontare le sequele comuni delle terapie cliniche che potrebbero interferire con le capacità psico-fisiche delle stesse [198]. Possono infatti manifestarsi sintomi relativi alla deprivazione degli estrogeni, artralgie affaticamento, a causa linfedema, degli neuropatie inibitori dell'aromatasi, periferiche indotte facile dalla chemioterapia, osteoporosi, compromissioni funzionali dell'arto superiore e declino funzionale globale. Sulla base della riabilitazione cardiaca, la Schmitz propose un modello di integrazione nell'assistenza clinica della prescrizione dell'esercizio fisico per le donne che affrontano un tumore al seno [198]. A confermare l'idea della Schmitz è un team di studiosi italiani che, in un'ultimissima ricerca [199], affermarono che un programma di esercizi individualizzato e variato, come terapia da prescrivere, potrebbe essere un utile strumento per migliorare la qualità di vita di questi soggetti. Proposero, inoltre, due diversi livelli di esercizio aerobico da prescrivere: uno di intensità bassa-moderata (40% Fcmax) ed uno di intensità moderata (60% Fcmax). Tale modello di prescrizione dell'esercizio fisico offrirebbe alle donne, 66

67 durante e dopo la malattia del cancro al seno, l'opportunità di essere assistite in un programma flessibile per la gestione di questa malattia complessa e delle complicazioni legate ad essa [198, 199]. 67

68 2.6 Il ruolo dell'attività fisica sugli aspetti psicologici: l'approccio alla donna operata al seno E' necessario che si sviluppi una maggior consapevolezza dei processi e dei fenomeni che intercorrono tra l'operatore e l'utente, ciò significa che in un rapporto di relazione bisogna modificare una serie di atteggiamenti e di comportamenti (il tono della voce, la postura, la qualità del contatto fisico, lo sguardo) che possono favorire l'empatia, ovvero la focalizzazione sul mondo interiore della donna, la capacità di intuire come sta vivendo quel momento e cosa prova realmente indipendentemente dalle sue espressioni verbali, senza essere condizionati dalle proprie logiche di attribuzione di significato. La comunicazione è un processo di interazione circolare che ha effetti concreti e reciproci sul comportamento dei due interagenti; in una situazione interattiva non è possibile non comunicare: ogni comportamento, verbale e non, ha un valore incontestabile di messaggio [200]. All'interno di un messaggio è sempre possibile rintracciare un primo livello comunicativo che si riferisce al contenuto, ovvero la notizia comunicata, e un secondo livello relazionale, che definisce la situazione interattiva e il rapporto che intercorre tra i due comunicanti. Gli aspetti metacomunicativi e di relazione vengono definiti soprattutto a livello non verbale tramite: a) gli aspetti paralinguistici: tono, timbro, ritmo, accento, pause, velocità e fluenza verbale; b) il corpo: mimica facciale, sguardo, postura, gesti, abbigliamento e aspetto della persona; c) la prossimità interpersonale e l'assenza/presenza di contatto fisico [201, 68

69 202] La comunicazione non verbale, quindi, è un linguaggio di relazione che permette di esprimere le emozioni più profonde; è potente ed immediata e consente di comunicare aspetti che le parole non riescono a trasmettere con la stessa efficacia [203]. In ambito medico, il processo comunicativo si basa sul passaggio di informazioni appropriate finalizzate al processo diagnostico e di cura all'interno di un rapporto che non è di tipo paritario ma asimmetrico, in cui il paziente che ha bisogno di salute si trova in una posizione down e il professionista, che è tenuto a dare una risposta terapeutica in base alle sue conoscenze e competenze, occupa una posizione up [204, 205]. Una comunicazione efficace è la base per formulare una diagnosi seguita da una risposta terapeutica vincente. In questo ambito, la comunicazione è finalizzata a: stabilire un rapporto e l'alleanza terapeutica; favorire l'acquisizione di informazioni; favorire la partecipazione attiva del soggetto nelle decisioni relative al trattamento; facilitare l'espressione emotiva e rispondere con empatia [202]. Per ottenere tali obiettivi il professionista deve essere autenticamente interessato al disagio e/o alle problematiche esperite dai soggetti mostrando empatia, assenza di giudizio e accettazione positiva incondizionata della persona [206]( Rogers, 1970). Oltre alle caratteristiche umane e professionali del dottore in scienze delle attività motorie preventive ed adattate, anche l'atteggiamento della donna ha un ruolo nel determinare l'efficacia relazionale. 69

70 La modalità con cui la persona recepisce le informazioni è collegata al suo background culturale, ai bisogni, alle aspettative: spesso la persona può confrontarsi con il professionista della salute mettendosi in una condizione di remissione, passività e dipendenza per soddisfare bisogni primari di accudimento e cura [204, 207, 208]. Le abilità comunicative professionali dello specialista debbono quindi adattarsi alle peculiarità di ogni persona che ha di fronte. Per le donne, le questioni relative all'immagine del corpo sono fondamentali. I seni sono un simbolo di femminilità e sessualità, quindi una donna con un cancro al seno, oltre ad avere la sensazione di non essere più un'entità integra e completamente funzionante, deve far fronte a molteplici cambiamenti del suo corpo dati anche dalle terapie. Per queste ragioni vi è la necessità di promuovere, durante tutta l'esperienza, il benessere psicologico. La donna portatrice di un tumore al seno attraversa, in genere tre fasi psicologiche che si accompagnano alle fasi cliniche: l'ansia durante gli esami strumentali e diagnostici; l'accettazione della terapia chirurgica, dell'ospedalizzazione e del recupero fisico a breve termine; la depressione a seguito dell'impatto con la vita attiva, le terapie adiuvanti, e la paura del rischio di recidiva. L'approccio psicologico dovrà sempre essere un approccio relazionale positivo. L'attività fisica può rappresentare un adeguato intervento per ristabilire le sensazioni socio-emotive in quanto il professionista dell'attività motoria adattata può coinvolgere la donna con tumore al seno in attività ricreative 70

71 su di lei adattate, nel rispetto della sua personalità e individualità. Inoltre il primo desiderio della donna dopo l'operazione chirurgica è proprio riacquistare il benessere fisico, star bene fisicamente, allontanare il dolore si identifica con la speranza di guarigione. Pertanto, quanto migliore sarà lo stato di benessere fisico, tanto prima e meglio sarà completato il processo psicologico di superamento dell'evento. Ovvero, il benessere psicologico è direttamente proporzionale al benessere fisico: non avvertendo dolori, irrigidimenti all'articolazione, modificazioni al braccio, il trauma dell'intervento è destinato ad attenuarsi [209]. Tra le diverse attività che possono essere proposte una recente meta-analisi aveva dimostrato che l'attività dello yoga migliora significativamente i risultati sulla salute psicologica, tra cui l'ansia, la depressione, l'angoscia e lo stress [209]. Mentre lo yoga sembrava avere un impatto positivo sulla funzione psicosociale, i benefici legati alla fitness e la forza muscolare erano meno evidenti. Si consiglia, pertanto, una combinazione di yoga, esercizio aerobico e allenamento della forza per massimizzare i benefici per le donne [209]. In una recentissima ricerca [210] venne indagato circa i benefici psicosociali dell'attività fisica tra le donne con tumore al seno. Dopo aver ricevuto brevi consigli per diventare fisicamente attive, 192 donne (età media 60.0, DS=9.9) che avevano completato il trattamento per il carcinoma mammario, erano state contattate ed invitate a sostenere l'attività fisica. Si concluse che le donne che avevano esercitato ai livelli raccomandati (almeno 150 min/settimana) e sostenuto questo livello di attività per almeno 6 mesi avevano maturato dei benefici psicosociali. 71

72 L'ATTIVITA' MOTORIA ADATTATA NELLA DONNA OPERATA AL SENO 72

73 Considerate le evidenze scientifiche menzionate in questa dissertazione e le competenze personali acquisite durante gli anni di studi universitari sembra idoneo contribuire alla tesi supportata con la proposta pratica dell'intervento del dottore in attività fisica adattata e preventiva. Sembra altrettanto opportuno chiarire che l'attività motoria preventiva ed adattata interviene, nelle malattie oncologiche, nella prevenzione primaria, secondaria e terziaria, ma l'intervento chirurgico è seguito dalle pratiche fisioterapiche per la riabilitazione imminente della paziente. L'attività fisioterapica, che può prolungarsi da qualche settimana a mesi, è poi seguita dall'attività motoria adattata. In ambito oncologico l'attività fisica adattata si inserisce in un contesto di approccio integrato e multidisciplinare. Gli obiettivi di una prescrizione dell'esercizio fisico sono: rieducazione dei gesti motori, sviluppo delle potenzialità residue, miglioramento della qualità di vita, acquisizione di nuovi equilibri psico-fisici. Il primo step include la valutazione preliminare: colloquiare con la persona per conoscere come ha vissuto l'esperienza e cosa si aspetta dal nostro intervento; quantificare gli effetti della malattia e della relativa terapia sulla funzionalità; identificare le condizioni di comorbidità che possono precludere l'esercizio fisico; sviluppare un'appropriata programmazione dell'esercizio compatibile con i trattamenti per il cancro; 73

74 determinare i benefici funzionali che si vogliono raggiungere. Può essere utile durante la prima seduta proporre al soggetto alcuni test: per valutare la resistenza si può proporre il test di Cooper di 6' o il Six-Minute Walk Test (SMWT). I soggetti corrono o camminano per sei minuti cercando di percorrere più metri possibile; per valutare la forza si può proporre un esercizio semplice come il lancio da seduto di un pallone da basket in avanti e verificando la distanza coperta dal lancio. La forza massimale può essere valutata attraverso la dinamometria isometrica e isocinetica e attraverso un esercizio a ripetizioni con incremento di carico; per valutare la mobilità articolare: Fig.8 della colonna vertebrale sit and reach test da seduto e da stazione eretta; Fig.9 test per l'abduzione degli arti inferiori; 74

75 Fig.10 test per la mobilità del cingolo scapolo omerale. Prima di iniziare il programma d'allenamento e durante lo sviluppo dello stesso è necessario: conoscere la terapia eseguita e i possibili effetti collaterali; valutare le condizioni cliniche del rischio/beneficio caso per caso; rivalutare regolarmente la sintomatologia del soggetto, se si affatica facilmente, se è presente dispnea da sforzo ecc. ; rendere il programma d'esercizio flessibile in base alla sintomatologia, all'evoluzione della neoplasia, alle varie terapie e gli effetti collaterali correlati. E' da preferire il lavoro in gruppo in ambienti tranquilli per favorire la socializzazione e la condivisione delle esperienze, incoraggiare e sostenere psicologicamente la persona, prediligere la mobilizzazione degli arti superiori, del rachide cervicale e dorsale, evitare l'instaurarsi di blocchi articolari, dolori cronici e alterazioni della postura, favorire il deflusso linfatico attraverso la contrazione muscolare e il recupero della funzionalità polmonare attraverso la ginnastica respiratoria. 75

76 La proposta del dottore in attività fisica adattata: Esercizio Intensità Frequenza cardiovascolare 40-60% settimanale <85% HRR da 3 a 5 (jogging, walking, treadmill, bike, nuoto) Volume Dosaggio 20-60' Continuo o intermittente 40-60% da 1 a 3 Esercizi di <80% 1RM forza (macchine, circuit training) 1-3 serie per gruppo muscolare 8-12 ripetizioni in serie o circuit training da 2 a serie per oppure prima ogni gruppo e dopo ogni muscolare seduta secondi Esercizio di flessibilità (stretching) Tabella 3 Al fine di raggiungere gli obiettivi, nel rispetto dei principi di ciclicità, polivalenza e multilateralità dell'allenamento e dei principi del carico (dello stimolo allenante, dell'individualizzazione del carico, del carico crescente) vanno considerati per ciascuna seduta di allenamento l'attivazione fisiologica e alternativamente la coordinazione, l'equilibrio, la mobilità articolare libera e con attrezzo, il potenziamento dei distretti corporei a corpo libero o con attrezzi, la resistenza alla forza, la propriocezione, la ginnastica respiratoria, il rilassamento e l'allungamento muscolare. Opportuno sembra inserire esercizi per migliorare l'espressione corporea: la fiducia in sé stessi e l'autostima, il senso del ritmo. 76

77 Per iniziare si può proporre un periodo di 6 mesi di attività fisica adattata a conclusione dei quali devono essere raggiunti alcuni obiettivi fondamentali : -recupero della funzionalità cardiovascolare e polmonare; -riappropriamento e miglioramento del ROM articolare; -acquisizione e/o miglioramento dell'equilibrio e della coordinazione; -recupero della forza muscolare nella parte sottoposta all'intervento chirurgico e potenziamento degli arti superiori, degli arti inferiori, del rachide e dell'addome; tutto ciò in un ambiente che sia accogliente e sereno. L'attività motoria deve rappresentare per queste donne un modo per ritrovare sé stesse e l'autostima, un modo per confrontarsi con altre donne, un momento di svago. Il nostro ruolo oltre ad essere orientato al miglioramento della forma fisica deve anche prevedere il supporto emotivo e psicologico così da tentare di ottenere uno stato di salute psico-fisico ottimale. Periodizzazione dell'allenamento: macrociclo= 6 mesi mesocicli= 4 microcicli=6 (per mesociclo) microcicli totali= 24 unità d'allenamento= 3 (per microciclo) unità d'allenamento totali=72 77

78 MACROCICLO 6 MESI 1 mesociclo 1 microciclo 2 microciclo 3 microciclo 1) attivazione fisiologica 4)attivazione fisiologica 7) attivazione fisiologica test per la valutazione preliminare: mobilità articolare, resistenza, forza residua esercizi per la funzione cardiovascol. esercizi per la funzione cardiovascol. mobilità articolare con attrezzi mobilità articolare libera esercizi rinforzo rachide ginnastica respiratoria allungamento muscolare. 4 microciclo ginnastica respiratoria potenziamento addome esercizi di propriocezione rilassamento. rilassamento. 5) attivazione fisiologica 8) attivazione fisiologica esercizi per la funzione cardiovascol. ginnastica respiratoria esercizi per la funzione cardiovascol. ginnastica respiratoria esercizi di propriocezione rilassamento. rilassamento. 3) esercizio in acqua 6) walking/ jogging esercizi per la funzione cardiovascol. mobilità articolare con attrezzi esercizi rinforzo rachide mobilizzazione spalle potenziamento arti superiori esercizi di coordinazione allungamento muscolare. allungamento muscolare. 2) attivazione fisiologica potenziamento addome 6 microciclo 10) attivazione 13) attivazione 16) attivazione fisiologica fisiologica fisiologica allungamento muscolare. mobilità articolare libera 5 microciclo mobilità articolare con attrezzi esercizi rinforzo rachide 11) attivazione 14) attivazione 17) attivazione fisiologica fisiologica fisiologica esercizi per la funzione cardiovascol. mobilità articolare libera ginnastica respiratoria allungamento muscolare. rilassamento. 9)esercizio in acqua 12) esercizio in acqua ginnastica respiratoria mobilizzazione arti inferiori potenziamento addome potenziamento arti inferiori esercizi di potenziamento propriocezione addome rilassamento. allungamento muscolare. 15) walking/ jogging 18) esercizio in acqua Tabella 4 Gli obiettivi del primo mesociclo comprendono il recupero della funzionalità cardiovascolare e polmonare, il riappropriamento del ROM articolare e la presa di coscienza del proprio corpo. 78

79 2 mesociclo 7 microciclo 8 microciclo 9 microciclo 10 microciclo 11 microciclo 12 microciclo 19) attivazione fisiologica 22) attivazione fisiologica 25) attivazione fisiologica 28) attivazione fisiologica 31) attivazione fisiologica 34) attivazione fisiologica mobilizzazione spalle mobilizzazione arti inferiori esercizi per la funzione cardiovascol. esercizi di mobilizzazione potenziamento arti superiori potenziamento arti inferiori esercizi di rinforzo addome e arti inferiori esercizi di coordinazione esercizi di propriocezione allungamento muscolare. esercizi di coordinazione mobilizzazione spalle potenziamento arti superiori esercizi di coordinazione allungamento muscolare. esercizi per l'equilibrio allungamento muscolare. esercizi di coordinazione allungamento muscolare. esercizi di coordinazione allungamento muscolare. allungamento muscolare. 20) attivazione fisiologica 23) attivazione fisiologica 26) attivazione fisiologica potenziamento addome esercizi per la funzione cardiovascol. potenziamento addome esercizi per l'equilibrio ginnastica respiratoria esercizi per l'equilibrio allungamento muscolare. esercizi per la propriocezione esercizi per l'equilibrio ginnastica respiratoria rilassamento. 29) attivazione fisiologica mobilizzazione arti inferiori potenziamento arti inferiori esercizi di coordinazione allungamento muscolare. 32) attivazione fisiologica 35) attivazione fisiologica esercizi di rinforzo arti superiori e rachide esercizi di mobilizzazione esercizi per l'equilibrio allungamento muscolare. esercizi per l'equilibrio allungamento muscolare. rilassamento. 21) esercizio in acqua 24) walking/ jogging 27) walking/ jogging 30) esercizio in acqua 33) walking/ jogging 36) walking/ jogging Tabella 5 Obiettivi del secondo mesociclo sono il miglioramento dell'equilibrio e della coordinazione, il rinforzo muscolare di arti superiori, rachide, addome e arti inferiori. 79

80 3 mesociclo 13 microciclo 14 microciclo 15 microciclo 16 microciclo 17 microciclo 18 microciclo 37) attivazione fisiologica 40) attivazione fisiologica 43) attivazione fisiologica 46) attivazione fisiologica 49) attivazione fisiologica 52) attivazione fisiologica esercizi per la funzione cardiovascol. mobilizzazione spalle esercizi per la funzione cardiovascol. potenziamento arti inferiori mobilizzazione spalle ginnastica respiratoria allungamento muscolare. potenziamento arti superiori potenziamento addome esercizi di coordinazione esercizi di propriocezione allungamento muscolare. rilassamento. 47) attivazione fisiologica 50) attivazione fisiologica 53) attivazione fisiologica mobilizzazione potenziamento potenziamento arti inferiori arti superiore e addome rachide esercizi di allungamento rinforzo arti allungamento muscolare. inferiori muscolare. mobilizzazione arti inferiori esercizi per la funzione cardiovascol. esercizi di rinforzo arti inferiori esercizi per l'equilibrio esercizi di coordinazione esercizi di coordinazione allungamento muscolare. allungamento muscolare. allungamento muscolare. mobilità articolare libera ginnastica respiratoria rilassamento. potenziamento arti superiori esercizi di coordinazione allungamento muscolare. mobilità articolare libera ginnastica respiratoria esercizi di propriocezione rilassamento. 38) attivazione fisiologica ginnastica respiratoria potenziamento addome esercizi di propriocezione rilassamento. 39) nuoto 41) attivazione fisiologica 42) bike/ jogging 44) attivazione fisiologica 45) bike/ jogging 48) nuoto 51) nuoto 54) bike/ jogging Tabella 6 Obiettivo del terzo mesociclo è il potenziamento dei vari distretti corporei a corpo libero, con piccoli attrezzi e con le macchine isotoniche se disponibili. 80

81 4 mesociclo 19 microciclo 20 microciclo 21 microciclo 22 microciclo 23 microciclo 24 microciclo 55) attivazione fisiologica 58) attivazione fisiologica 61) attivazione fisiologica 64) attivazione fisiologica 67) attivazione fisiologica 70) attivazione fisiologica esercizi per la resistenza alla forza degli arti superiori esercizi con coreografie esercizi con coreografie proposta di gioco ginnastica respiratoria allungamento esercizi per il senso del ritmo ginnastica respiratoria proposte per lo mobilizzazione sviluppo del spalle senso artistico potenziamento arti superiori rilassamento. esercizi di coordinazione rilassamento. allungamento muscolare. 56) attivazione fisiologica muscolare. rilassamento. allungamento muscolare. 59) attivazione fisiologica 62) attivazione fisiologica esercizi per la proposta di proposta di resistenza alla gioco/percorso gioco/percorso forza degli arti inferiori allungamento allungamento muscolare. muscolare. potenziamento addome allungamento muscolare. 65) attivazione fisiologica 68) attivazione fisiologica mobilizzazione proposte per lo arti inferiori sviluppo del senso artistico esercizi di rinforzo arti rilassamento. inferiori 71) attivazione fisiologica proposta di gioco allungamento muscolare. esercizi di coordinazione; allungamento muscolare. 57) avviamento 60) avviamento 63) avviamento 66) avviamento 69) avviamento 72) avviamento alla pratica alla pratica al pilates al Nordic alla danza alla pratica sportiva: sportiva: Walking sportiva della Dragon Boat nuoto corsa Tabella 7 Obiettivi del quarto mesociclo sono lo sviluppo dell'espressione corporea, il mantenimento dei risultati ottenuti in precedenza e l'orientamento ad una attività sportiva. 81

82 L'attivazione fisiologica viene eseguita per preparare il corpo al movimento attraverso l'incremento della temperatura di muscoli e sangue rappresentando la fase di transizione dal riposo all'attività [211]. L'attivazione fisiologica qui proposta è di tipo generale: consiste in movimenti che non necessariamente coinvolgono parti corporee che andranno ad essere principalmente reclutate durante l'attività [212]. Il suo scopo è quello di favorire un incremento della temperatura corporea eseguendo movimenti che richiedono l'uso di grandi gruppi muscolari, come la ginnastica, il cammino sul posto o in circolo con diverse andature e con variazione di ampiezza del passo. Gli esercizi per la funzione cardiovascolare comprendono l'uso di bike e runner. In assenza di queste si può proporre di camminare a passo veloce (brisk walking) intorno alla struttura, oppure all'interno della palestra camminare a velocità moderata abbinando esercizi degli arti superiori per un tempo da 5 a 20 minuti. La mobilità articolare è molto importante per le donne operate al seno. Questa va ricercata in tutte le articolazioni del corpo, a partire dal collo e finendo con piede e caviglia. Gli esercizi di mobilizzazione possono essere eseguiti dalla posizione seduta o dalla posizione eretta. La posizione seduta corretta: i piedi devono essere distanziati tra loro tanto quanto la larghezza del bacino e ben poggiati sul suolo, creando tra gamba e coscia un angolo di 90 circa, il bacino deve essere in equilibrio facendo attenzione di poggiare bene i glutei sulla seduta e di non accentuare la 82

83 lordosi lombare. La posizione eretta corretta: mantenere il mento retratto, le scapole addotte e naturalmente basse, il bacino deve essere mantenuto in equilibrio poggiando bene i piedi sul pavimento e facendo attenzione di non accentuare la lordosi, gli arti inferiori leggermente piegati. Mobilizzazione del rachide cervicale: Fig.11 Rotazione della testa a destra e sinistra. Fig.12 Flessione del capo in avanti e ritorno in posizione. 83

84 Mobilizzazione del cingolo scapolo omerale: Fig.13 Dalla posizione di partenza con le mani poggiate sulle spalle, slanciare verso l'alto alternativamente il braccio destro e sinistro verso l'alto inspirando, ritorno in posizione espirando. Variante: dalla posizione di partenza con le mani poggiate sulle spalle, compiere ampi cerchi con i gomiti in senso orario e antiorario. Fig.14 84

85 Dalla posizione di partenza con braccia distese lungo i fianchi, elevare gli arti superiori in avanti, in alto e verso l'esterno inspirando. Ritorno alla posizione espirando. Mobilizzazione delle scapole: dalla posizione di partenza con le mani poggiate sui fianchi con i pollici rivolti indietro, compiere adduzione ed abduzione delle scapole. Variante: posizione di partenza con le braccia lungo i fianchi, con i palmi delle mani rivolti indietro, adduzione e abduzione delle scapole. Variante1: posizione di partenza con le braccia a candeliere. Mobilizzazione del tronco: posizione di partenza con braccia lungo il corpo, compiere inclinazioni a destra e a sinistra. Posizione di partenza con mani sui fianchi, compiere rotazioni del tronco verso destra e verso sinistra accompagnando i movimenti con gli arti superiori e la rotazione del capo. Mobilizzazione del rachide: Posizione di partenza da seduta, flettere il tronco in avanti portando le mani verso il pavimento. Il capo si china avvicinando il mento allo sterno. Ritorno alla posizione iniziale lentamente a partire dal tratto lombare ( srotolamento della colonna ). Mobilizzazione dell'arto inferiore: Posizione di partenza da seduta o in posizione eretta, abdurre ed addurre la coscia per mobilizzare l'anca; sollevare un arto per volta ed eseguire flessioni ed estensioni del ginocchio; sollevare un arto per volta ed eseguire circumduzioni in senso orario ed antiorario della caviglia; sollevare un arto alla volta e compiere flessione plantare, flessione dorsale, pronazione e supinazione del piede. La ginnastica respiratoria è un ambito importante per le donne operate al seno in quanto aiuta a ripristinare una corretta respirazione fin 85

86 dall'immediato post-operatorio. E' necessario ampliare progressivamente e lentamente gli atti respiratori in modo tale da vincere la rigidità toracica che tenderebbe a subentrare per il dolore, per la costrizione di ferita e drenaggio e per la tensione muscolare ed emotiva. Gli esercizi di ginnastica respiratoria rappresentano un mezzo di rilassamento corporeo e mentale, fondamentale per il recupero dell energia psico-fisica. Il primo passo per giungere ad una corretta respirazione è la presa di coscienza dell'atto respiratorio: riconoscimento dei quattro tempi respiratori: inspirazione, apnea, espirazione, apnea. Il soggetto nella posizione di decubito supino viene invitato a: -respirare profondamente posando una mano sul ventre e l'altra sul torace per avvertire, prima globalmente e poi singolarmente, gli spostamenti dei due segmenti; -quindi a sentire i 4 tempi respiratori; -poi a controllare la frequenza dell'atto respiratorio, accelerandolo e rallentandolo; - infine a prendere coscienza del ritmo respiratorio, chiedendo di realizzare una espirazione più lunga rispetto all'inspirazione. 86

87 Fig. 15 Posizione di partenza da seduta con braccia sui fianchi e il capo in posizione eretta. Iniziare flettendo leggermente il tronco indietro ed inspirando, espirare flettendo leggermente il tronco in avanti. Fig.16 Dalla posizione seduta, inspirare ed abduzione degli arti superiori, espirare e ritorno in posizione. 87

88 Fig.17 Posizione di partenza con mani poggiate sulla nuca. Abdurre i gomiti, mantenendo le mani sulla nuca ed inspirare, addurre i gomiti ed espirare. Dalla posizione seduta si passa alla posizione di decubito supino con arti inferiori semipiegati. L'esercizio base da proporre riguarda la retroversione e l'antiversione del bacino in associazione ai tempi respiratori, per cui durante l'antiversione si inspira e nella retroversione si espira. Dalla posizione quadrupedica formare una conca con il rachide ed inspirare, formare una gobba ed espirare. La propriocezione è la capacità di percepire e riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio e lo stato di contrazione, anche senza il supporto della vista. La propriocezione assume un'importanza fondamentale nel meccanismo di controllo del movimento. Le donne operate al seno a seguito dell'intervento chirurgico possono subire alterazioni della sensibilità nell'area interessata, per ciò è importante introdurre alcuni esercizi di propriocezione per l'arto superiore e per il resto del corpo. Possono essere sfruttate a tal fine le resistenze manuali durante esercizi dell'arto superiore oppure spostarsi in quadrupedia o camminare su 88

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