Avv. Teresa Manente, responsabile dell Ufficio Legale Ass. Differenza Donna.
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- Valentina Conte
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1 COMMISSIONE STRAORDINARIA PER LA TUTELA E LA PROMOZIONE DEI DIRITTI UMANI Audizione 9 Ottobre 2012 Avv. Teresa Manente, responsabile dell Ufficio Legale Ass. Differenza Donna. Signor Presidente, onorevoli senatori, innanzitutto vi ringrazio anche a nome della mia Associazione Differenza Donna, per avermi invitato in questa sede e per avermi dato la possibilità di condividere l esperienza ventennale maturata nella mia associazione e come avvocata specializzata nella difesa dei diritti delle donne vittime di violenza di genere. DIFFERENZA DONNA nasce a Roma nel 1989 con l obiettivo di far emergere, combattere, e prevenire la violenza maschile contro le donne. Dall 89 ad oggi ha realizzato progetti sia a livello nazionale che internazionale. A livello nazionale dal 1992 gestisce i centri antiviolenza presenti a Roma e in provincia, attualmente 4 centri per donne vittime di violenza e uno per donne vittime di tratta. In questi venti anni ha accolto circa 20 mila donne presso i suoi centri, che, come tutti i centri antiviolenza gestiti dalle donne, non sono solo rifugi, ma ci piace definirli veri e propri laboratori sociali nei quali si analizza il fenomeno della violenza maschile svelandone i meccanismi, si ricercano strumenti per contrastarlo, si elaborano pratiche efficaci a prevenirlo. Al lavoro dei centri e delle case delle donne è dedicato l intero capo 4 del ddl 3390 promosso dall onorevole Serafini che ci trova totalmente d accordo. Differenza donna a livello internazionale ha condotto azioni in Palestina, dove ha aperto insieme a UNIFEM un centro antiviolenza a Betlemme, ma anche in Russia, Nicaragua, Mozambico, Libano, Bielorussia, Bangladesh, dove sono stati anche aperti sportelli di ascolto per le donne vittime di violenza.. A livello Europeo ha condotto molti progetti Daphne. Differenza Donna è anche tra le organizzazioni promotrici della PIATTAFORMA LAVORI IN CORSA: 30 ANNI CEDAW, nell ambito della quale ha elaborato il capitolo sulla violenza alle donne del Rapporto Ombra presentato il 17 gennaio 2012 alla Camera dei deputati. Come denunciato in tale rapporto il femminicidio è l estrema conseguenza delle molteplici forme di violenza commesse dagli uomini contro le donne discriminate in quanto donne. Negli ultimi 10 anni, sappiamo che sono aumentate le uccisioni delle donne da parte degli uomini e questo dato diventa molto significativo se consideriamo che a partire dall inizio degli anni 90, si è registrata invece una diminuzione degli omicidi di uomini da parte di uomini.ciò vuole dire che è aumentata la violenza maschile contro le donne e di questo bisogna prenderne atto. [Avv. Teresa Manente] Pag. 1
2 E in atto una vera e propria guerra punitiva: nel 2010 sono state assassinate 127 donne e nel 54 % dei casi l autore era un partner o un ex partner così come abbiamo denunciato nell ambito della piattaforma Cedaw. Dall inizio del 2012 ad oggi ne sono state uccise 95, una donna ogni 3 giorni. Nella stragrande maggioranza dei casi le donne uccise avevano già denunciato o comunque subito maltrattamenti e reiterate violenze da parte del partner o ex partner senza ricevere tempestiva e adeguata protezione per prevenire quell escalation di violenza che è tipica del comportamento dell uomo maltrattante. L attuale contesto culturale ancora di fatto legittima tali comportamenti e giustifica il femminicidio come un eccesso di amore, un delitto passionale, ovvero come esito imprevedibile di un raptus di follia, un gesto incontrollabile dovuto alla gelosia o al rifiuto della donna: l ha ammazzata per troppo amore, è un titolo di giornale che spesso ancora ricorre. Si mistifica così la realtà e cioè si nega che il femminicidio rappresenta la punizione della donna che osa trasgredire le regole comportamentali tradizionali, che le impongono la subordinazione al potere maschile in quanto donna. Nella maggior parte dei casi l uccisione della donna da parte del partner o ex partner è anticipata, come già detto, dai maltrattamenti, reato definito dalla corte di Strasburgo nella sentenza Opuz c. Turchia del 2009, una grave violazione dei diritti umani delle donne. I maltrattamenti sono definiti trattamenti disumani e degradanti che trovano la loro radice culturale nella discriminazione di genere e che, pertanto, devono essere contrastati dalle autorità statali attraverso l adozione di misure adeguate volte ad assicurare un uguaglianza sostanziale tra uomini e donne nel godimento dei diritti fondamentali. Uguaglianza sostanziale nel godimento dei diritti fondamentali che è imprescindibile riconoscimento della gravità della violenza maschile quale violazione dei diritti umani. dal Ricordo sul punto anche la condanna del 12 dicembre 2009 dell Italia nel caso Maiorano: l Italia è stata condannata per aver violato l art. 2 ( diritto alla vita CEDU) per aver concesso il regime di semilibertà ad Angelo Izzo già condannato nel 1976 per il tristemente noto delitto del Circeo. Una sentenza che di certo è un monito a non sottovalutare la gravità e la pericolosità di chi commette tali tipi di reati. In qualità di referente nazionale delle Avvocate penaliste della rete dei centri antiviolenza dell associazione Di.RE, ho condotto una ricerca nazionale che ha interessato 33 Tribunali e Procure di Italia, ricerca che ha fatto emergere una serie di criticità dell ordinamento e di prassi giudiziarie deleterie per la vittima di tali reati. Da tali prassi emerge l assenza di consapevolezza della gravità del fenomeno nonché la mancanza di formazione e specializzazione in materia da parte degli operatori tutti. Tali prassi innalzano il rischio per l incolumità delle donne e dei bambini coinvolti ed esposti alla violenza e aggravano la situazione di vulnerabilità delle vittime. [Avv. Teresa Manente] Pag. 2
3 La vulnerabilità, come ha precisato la Corte di Strasburgo, è conseguenza delle condotte violente che comprimono la sfera di autodeterminazione e ledono l integrità psicofisica. La formazione e la specializzazione per tutti gli operatori giudiziari e del diritto nonché dell area psico-socio-sanitaria così come previsto nel capo 2 e 3 del ddl n promosso dalla senatrice Anna Serafini. La formazione è necessaria già a partire dalla denuncia, che è uno dei momenti più delicati per l incolumità della donna, in quanto costituisce l atto di ribellione alla relazione violenta, se è vero che la donna maltrattata vive in una situazione di pericolo costante per la sua incolumità, quando decide di denunciare il maltrattante, il rischio di essere uccisa aumenta. Ciò è ignorato dalle forze dell ordine che, come ci riferiscono le donne, troppo spesso avvertono il partner della querela sporta contro di lui al fine di tentare una conciliazione tra le parti ignorando che Laddove c è violenza, c è disparità tale da impedire mediazioni. Non si può confondere la violenza con il conflitto coniugale. Risulta inoltre che le forze dell ordine chiamate ad intervenire in aiuto in caso di maltrattamenti sulle donne, quasi mai procedono all arresto in flagranza che in caso di maltrattamenti è facoltativo, sottovalutando la gravità della situazione. Le donne mi hanno riferito che, dopo l intervento delle forze dell ordine, lasciate sole a casa con l uomo violento, hanno subito ulteriori e più gravi violenze perché punite per aver chiesto aiuto. Raramente si dà conto della presenza dei figli minorenni alle violenze perpetrate dal padre nei confronti della madre, situazione questa che comporta gravissimi danni alla psiche dei minori. I cosiddetti maltrattamenti assistiti che integrano così come ormai riconosciuto anche dalla cassazione, maltrattamenti diretti sui minori (Cass. Pen., Sez. 6, Sentenza n del 2008). Sul punto esprimiamo grande preoccupazione per il d.d.l 957 sull affido condiviso obbligatorio, che non viene nei casi di maltrattamenti, costringendo le madri a continuare ad avere rapporti quotidiani con l uomo violento per cogestire coattivamente l affidamento dei figli minorenni. Si ignora che nell 80 % dei casi l uomo maltrattante continua a perseguitare l ex partner anche dopo la separazione. Si ignora altresì che i bambini esposti alla violenza paterna contro la madre spesso hanno paura di stare da soli con il padre e invece di accogliere le loro esigenze si addebita alla donna la scelta del bambino attraverso il riconoscimento della sindrome di alienazione parentale, da anni ormai rifiutata dalla comunità scientifica internazionale. Il ddl 957, addirittura vorrebbe introdurla nel codice civile. Tornando al momento della querela, segnalo che le forze dell ordine non avvisano la donna della necessità di indicare espressamente ex art. 408 c.p.p. di voler ricevere avviso della richiesta di archiviazione. Accade così che la p.o. non venga a conoscenza della richiesta di archiviazione e perda il diritto di proporre opposizione. Sul punto sarebbe opportuno modificare l art. 408 cp.p prevedendo in ogni caso a cura del pm la notifica della richiesta di archiviazione anche alla persona offesa. Sarebbe inoltre opportuno allungare a 20 giorni il termine per presentare opposizione alla richiesta di archiviazione del p.m. perché 10 g. sono veramente troppo pochi per ricercare e produrre nuovi elementi di prove richiesti dalla norma. Specifico che le mie osservazioni e le proposte di modifica legislativa si rifanno allo Statuto dei Diritti della Vittima nel procedimento penale già definito dalla decisione quadro del Consiglio dell Unione Europea del 15 marzo 2001 e dalla nuova direttiva, adottata proprio pochi giorni fa il [Avv. Teresa Manente] Pag. 3
4 4 ottobre, dal Consiglio dell Unione Europea, nonché dalla Convenzione di Istanbul firmata dall Italia lo scorso 27 settembre. Ricordo inoltre che la Corte di Strasburgo a partire dalla sentenza Perez contro la Francia del 2004 ha riconosciuto l applicabilità del principio dell equo processo di cui all art. 6 CEDU anche alla vittima i cui diritti devono essere bilanciati con quelli dell imputato. Si impone quindi la necessità di garantire anche alla persona offesa il diritto all equo processo, alla ragionevole durata del processo e il diritto di difesa- che deve essere assicurato sin dall inizio del procedimento, già a partire dalla querela. Sarebbe inoltre auspicabile una modifica dell art. 415 bis c.p.p. nella parte in cui non prevede la notifica dell avviso della fine delle indagini preliminari anche alla persona offesa e ciò al fine di garantirle la piena partecipazione al procedimento penale. Si segnala che in tema di assunzione di testimonianza della p.o in sede di incidente probatorio, di cui si auspica maggiore applicazione per evitare il rischio di vittimizzazione secondaria, risulta attualmente un difetto di coordinamento dell art. 392 c.p.p. con l art. 398 comma 5 bis c.p.p.: laddove non si prevede espressamente la possibilità di adottare modalità protette anche per i minorenni vittime di maltrattamenti. Modalità protette invece stabilite per la violenza sessuale e lo stalking, riduzione in schiavitù. Inoltre sarebbe utile prevedere l adozione di modalità protette anche per l esame testimoniale della vittima maggiorenne quando risulta particolarmente vulnerabile a causa della gravità del comportamento denunciato. Non di rado persino in aula di udienza la donna continua a subire minacce e intimidazioni. Riguardo all applicazione delle MISURE CAUTELARI segnalo che dalla nostra ricerca è emerso la maggiore frequenza dell applicazione di misure cautelari in carcere e non delle misure specifiche in materia quali l ordine di allontanamento e il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati. Ciò conferma il dato che l intervento di protezione è tardivo e si adotta solo quando la situazione è di tale gravità da imporre la misura più afflittiva. Dalla ricerca condotta è emerso, altresì, un dato preoccupante relativo ai procedimenti penali in materia di maltrattamenti: gran parte dei processi per maltrattamenti non pervengono a sentenza definitiva per il decorso dei termini di prescrizione. Tale situazione si sta riproponendo anche in materia di atti persecutori, e ciò è dovuto non solo alla complessità probatorie di reati come quello di maltrattamenti o stalking ma anche all organizzazione degli uffici giudiziari privi, se non in rari casi, di sezioni specializzate e dedicate esclusivamente alla trattazione di processi in materia di violenza. Pertanto è pienamente condivisibile la proposta del disegno di legge 3390 sul punto. Riguardo al termine di prescrizione dei reati sessuali sui minori devo segnalare che in Europa a differenza dell Italia esso decorre dal giorno in cui la vittima raggiunge la maggiore età. Spostare il termine di inizio della prescrizione al momento della maggiore età significherebbe garantire anche in Italia una maggiore tutela dei diritti della vittima, nonché e adeguare l Italia agli standard europei. Proponiamo pertanto una modifica in tal senso dell art. 157 c.p. (Prescrizione del reato). [Avv. Teresa Manente] Pag. 4
5 Per il reato di maltrattamenti proponiamo invece il raddoppiamento del termine di prescrizione così come previsto dal comma 6 dell art.157 per gli omicidi colposi e i delitti colposi di danno, nonché per il reato di riduzione in schiavitù ed i delitti di stampo mafioso. Per contrastare il Femminicidio risulta inoltre essenziale riconoscere la gravità dei danni psicofisici conseguenti alla violenza: l Oms considera infatti la violenza domestica come uno dei più gravi problemi di salute pubblica. Nonostante la costituzione di parte civile nel processo penale, ancora oggi non sempre si ottiene la liquidazione in via definitiva dei danni patiti nonostante l accertamento di lesione di diritti inviolabili della persona.( art. 3, art. 2, art. 29 e 32 Cost.). ciò passa per la specializzazione degli operatori. A questo si aggiunge che le azioni risarcitorie sono vanificate dalla prassi di occultare beni e proprietà, durante il processo. Sul punto risulta urgente la modifica dell art. 316 c.p.p anticipando la sua applicabilità già alla fase di indagini preliminari e non come adesso limitata al processo di merito Come emerge dalle mie brevi considerazioni, il femminicidio è solo l ultimo atto di una serie di violenze che può essere interrotta da un intervento integrato multidisciplinare tempestivo e adeguato a prevenire l uccisione della donna. A mio parere non occorre introdurre una nuova fattispecie di reato ma correggere solo un errore, diciamo formale, del legislatore laddove all art. 575 punisce chi cagiona la morte di un uomo e non anche di una donna. Per contrastare il femminicidio non basta una norma ma occorre un cambiamento culturale significativo e radicale. Il segno di tale cambiamento si avvertirà solo allorchè l impegno di tutti e tutte, a partire dalle istituzioni, avrà la medesima portata di quello assunto nella condanna della mafia come fenomeno inquinante di una società democratica. Il parallelo non è azzardato se si considera che le dinamiche che sottendono la violenza di genere sono le medesime: omertà silenzio, complicità, isolamento, minaccia, paura, subordinazione e uccisione in caso di ribellione. Roma, 9 ottobre 2012 Avv. M. Teresa Manente [Avv. Teresa Manente] Pag. 5
commesse in danno di minore in ambito intrafamiliare. Le conseguenze sulle pene accessorie pag. 17
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