LINEE GUIDA PER IL SETTORE ASSICURATIVO EX ART. 6, COMMA 3, D.LGS , N. 231 (RESPONSABILITA AMMINISTRATIVA DELLE IMPRESE DI ASSICURAZIONE)

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1 LINEE GUIDA PER IL SETTORE ASSICURATIVO EX ART. 6, COMMA 3, D.LGS , N. 231 (RESPONSABILITA AMMINISTRATIVA DELLE IMPRESE DI ASSICURAZIONE) Premessa Il presente documento propone una serie di linee guida elaborate per il settore assicurativo dall ANIA, ai sensi dell art. 6, comma 3, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, onde costituire una base per l eventuale adozione da parte delle singole imprese assicuratrici di un modello di organizzazione e gestione idoneo, ai sensi dello stesso art. 6, comma 1, lett. a), a prevenire i reati e gli illeciti considerati dal decreto in parola. Le linee guida - che non hanno carattere vincolante, come si evince dalla lettura del predetto art. 6, comma 3, del decreto n sono state redatte tenendo conto anche delle disposizioni in materia di controllo interno e in particolare della circolare ISVAP 3 marzo 1999, n. 366/D, rubricata Sistema di controllo interno, ruolo e responsabilità degli organi amministrativi e di controllo, la quale si affianca in modo armonico alla nuova normativa recata dal decreto n Dall insieme dei predetti provvedimenti, emerge l importanza sia di un controllo diretto a garantire la soddisfazione degli obiettivi strategici delineati dal vertice aziendale e l effettività delle istruzioni impartite dallo stesso vertice a tutela della stabilità dell impresa e contro i pericoli che possono derivare da violazioni della disciplina pubblicistica del settore assicurativo o della legge in genere, sia di un controllo diretto alla assunzione di misure tali da impedire a tutti, compreso lo stesso vertice dell impresa, di commettere o far commettere reati e illeciti nell interesse o a vantaggio dell impresa medesima. Ovviamente, l ANIA avrà cura di procedere nel tempo a quegli aggiornamenti delle linee guida che si riterranno opportuni al fine di corrispondere alle evoluzioni della normativa e alle esigenze del settore. Definizioni Linee guida: le presenti linee guida, elaborate ai sensi dell art. 6, comma 3, del decreto legislativo n. 231 del 2001; Ente: l impresa di assicurazione; Modello: il modello di organizzazione e gestione previsto dall art. 6, comma 1, lett. a), del decreto legislativo n. 231 del 2001;

2 Soggetti rilevanti: i soggetti la cui attività può essere fonte di responsabilità per l ente, come indicati dall art. 5, comma 1, lett. a) e b), del decreto legislativo n. 231 del 2001; Reati e illeciti: i reati e gli illeciti di cui agli artt. 24, 25, 25-bis, 25-ter, 25- quater [1] e 26 del decreto legislativo n. 231 del 2001, e cioè: codice penale - malversazione a danno dello Stato (art. 316-bis) - indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316-ter) - concussione (art. 317) - corruzione per un atto d ufficio (artt. 318 e 321) - corruzione per un atto contrario ai doveri d ufficio (artt. 319, 319-bis e 321) - corruzione in atti giudiziari (artt. 319-ter e 321) - corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (artt. 320 e 321) - istigazione alla corruzione (art. 322) - peculato, concussione, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi della Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri (art. 322-bis) - falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate (art. 453) - alterazione di monete (art. 454) - spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate (art. 455) - falsificazione dei valori di bollo, introduzione nello Stato, acquisto, detenzione o messa in circolazione di valori di bollo falsificati (art. 459) - contraffazione di carta filigranata in uso per la fabbricazione di carte di pubblico credito o di valori di bollo ( art. 460) - fabbricazione o detenzione di filigrane o di strumenti destinati alla falsificazione di monete, di valori di bollo o di carta filigranata (art. 461) - truffa (art. 640) - truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis) - frode informatica (art. 640-ter) [1] I riferimenti all art. 25-quater sono conseguenti all emanazione della legge 14 gennaio 2003, n. 7, in materia di terrorismo, che ha inserito tale articolo nel decreto n. 231, e quindi sono nuovi rispetto al testo delle Linee guida presentato al Ministero della giustizia. 2

3 codice civile - false comunicazioni sociali (art. 2621) - false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori (art. 2622) - falso in prospetto (art. 2623) - falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione (art. 2624) - impedito controllo (art. 2625) - indebita restituzione dei conferimenti (art. 2626) - illegale ripartizione degli utili e delle riserve (art. 2627) - illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante (art. 2628) - operazioni in pregiudizio dei creditori (art. 2629) - formazione fittizia del capitale (art. 2632) - indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori (art. 2633) - illecita influenza sull assemblea (art. 2636) - aggiotaggio (art. 2637) - ostacolo all esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza (art. 2638) terrorismo ed eversione [1] - delitti aventi finalità di terrorismo o di eversione dell ordine democratico previsti dal codice penale - delitti aventi finalità di terrorismo o di eversione dell ordine democratico previsti dalle leggi speciali - delitti previsti dall art. 2 della Convenzione internazionale di New York 9 dicembre In particolare, per l illustrazione e la ponderazione dei suddetti reati e illeciti si può consultare il documento Suggerimenti operativi per le imprese di assicurazione in materia di responsabilità amministrativa di cui al d.lgs , n. 231, che, pur non facendo parte delle presenti linee guida, è stato comunque predisposto come eventuale ulteriore strumento di supporto per le imprese di assicurazione. E anche opportuno ricordare che a breve l elenco dei reati sopra indicati sarà probabilmente incrementato ai sensi delle [1] I riferimenti all art. 25-quater sono conseguenti all emanazione della legge 14 gennaio 2003, n. 7, in materia di terrorismo, che ha inserito tale articolo nel decreto n. 231, e quindi sono nuovi rispetto al testo delle Linee guida presentato al Ministero della giustizia. 3

4 decisioni quadro del Consiglio dell Unione Europea 13 giugno 2002, n. 2002/475/GAI, sulla lotta contro il terrorismo, e 27 gennaio 2003, n. 2003/80/GAI, sulla difesa dell ambiente [1], le quali prevedono che le persone giuridiche possano essere ritenute responsabili dei reati o comportamenti indicati dalle decisioni predette e commessi a loro beneficio da qualsiasi soggetto che agisca a titolo individuale o in quanto membro di un organo della persona giuridica e rivesta una posizione sostanzialmente equiparabile a quelle di cui all art. 5, comma 1, lett. a) e b), del decreto n. 231, di cui si dirà nel prosieguo. Responsabilità amministrativa Il decreto n. 231 riconosce una specifica e del tutto nuova responsabilità - che si può definire amministrativa in ragione delle conseguenti sanzioni - in capo ad un ente in presenza di una serie di fattispecie di reato o di illecito, indicate dagli artt. 24, 25, 25-bis, 25-ter e 26 e qualificabili delitti contro le Pubbliche Amministrazioni (intendendo queste - nazionali ed estere - nel senso più ampio, e quindi comprensive dei concessionari di pubblici servizi, degli enti pubblici non commerciali, dei dipendenti di tali entità ecc., anche alla luce di quanto precisato da dottrina e giurisprudenza), delitti contro la fede pubblica e reati e illeciti societari, e precisa che la suddetta responsabilità ricorre, ai sensi dell art. 5, se gli autori dei reati o illeciti siano persone in posizione apicale nell ente o persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza delle prime e abbiano agito, con dolo specifico, nell interesse o a vantaggio dell ente, cioè la loro condotta abbia deliberatamente dato luogo ad un vantaggio, patrimoniale o meno, dell ente o abbia comunque trovato motivazione nell interesse dell ente. Peraltro viene esclusa la responsabilità dell ente, nel caso di procedimento in merito ai reati o illeciti in parola, se: - l ente dispone di un modello di organizzazione per evitare i suddetti comportamenti, validamente adottato ed efficacemente attuato; - l ente ha un organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l osservanza del modello e a curarne l aggiornamento; - l organismo di controllo non è colpevole di omessa o insufficiente vigilanza in merito all attuazione e all osservanza del "modello ; [1] La decisione è stata pubblicata nella G.U. C.E. 5 febbraio 2003, n. L29, ma era già stata resa nota in via ufficiosa nello scorso anno con rubrica 4 ottobre 2002, n. 2002/ /GAI, e così era stata richiamata nel testo delle Linee guida presentato al Ministero della giustizia. 4

5 - l ente ha predisposto un sistema di verifica periodica e di eventuale aggiornamento del modello e dispone di un idoneo sistema sanzionatorio e disciplinare; - gli autori del reato hanno agito eludendo fraudolentemente le disposizioni del modello. Si ha esclusione della responsabilità ove le predette condizioni ricorrano, nel loro complesso, al momento della commissione del reato o illecito; tuttavia anche l adozione e l attuazione del modello avvenute in un momento successivo alla commissione del reato o illecito svolgono comunque effetti positivi in ordine alle sanzioni irrogabili all ente (artt. 12, comma 3, 17, comma 1, lett. c), e 18, comma 1, del decreto n. 231). La precostituzione del modello sembrerebbe rimessa alla facoltà di scelta dell ente e la sua adozione pertanto non obbligatoria, anche se non si possono trascurare né l ambiguità della norma né, e soprattutto, l importanza del modello per consentire all ente di sottrarsi alla responsabilità di cui al decreto n. 231 senza dover affrontare l onere di una prova a discarico, che, secondo la situazione di fatto, può arrivare ad essere addirittura diabolica. Modello di organizzazione e di gestione a) Secondo la norma spetta all organo dirigente, cioè, in ragione della organizzazione statutaria dell ente, all organo decisionale di questo, vale a dire in via di principio al consiglio di amministrazione, deliberare in merito alla adozione del modello. Come detto, la scelta al riguardo potrebbe apparire facoltativa, pur dovendosi ricordare, da un lato, l accennato valore del modello come esimente dalla responsabilità amministrativa di cui al decreto n. 231 e, dall altro, la possibilità di azioni di responsabilità civile nel caso di mancata adozione non motivata del modello. b) Ove si sia deliberata l adozione del modello, va da sé che sarà necessario effettuare una approfondita indagine della complessiva organizzazione dell ente, con ricognizione, all interno, delle singole aree, settori e uffici e delle relative funzioni e procedimenti e, all esterno, delle entità in vario modo correlate con l ente stesso e delle relative modalità di collegamento con questo, per individuare le attività che siano potenzialmente in grado di ingenerare rischi in ordine alla eventuale commissione dei reati o illeciti considerati dal decreto n A tal fine potrebbero venire in ausilio anche i sistemi di controllo interno. In particolare e a titolo di esempio non esaustivo né tassativo, per l organizzazione interna, sarebbero da prendere in considerazione: 5

6 - per quanto concerne l attività istituzionale (cioè quella assicurativa): tutto ciò che attiene alla preparazione, stipulazione e gestione di contratti con pubbliche Amministrazioni; - per quanto concerne le altre attività aziendali: funzioni di staff alla Presidenza e alla Direzione generale, rapporti con il Fisco, attività societarie, redazione e presentazione del bilancio, gestione del patrimonio immobiliare, attività finanziarie, adempimento degli oneri relativi al personale dipendente, utilizzo di servizi, tra cui quelli di tipo informatico, relazioni esterne. In tutti i casi di sottoposizione a controlli o a vigilanza da parte di Autorità, è opportuno individuare i soggetti (o quanto meno i ruoli) che, in virtù della loro posizione, sono in grado di poter commettere i reati o illeciti considerati dal decreto n E bene anche tenere conto dei contesti esterni con i quali le persone indicate dall art. 5 del decreto n. 231 vengono o possono venire in contatto. Al di fuori dell organizzazione interna in senso stretto, è opportuno prendere in considerazione le diverse entità o figure che collaborano o interagiscono con l ente e le relative funzioni. In particolare, per le suddette entità e figure, si deve tener conto anche e soprattutto della loro eventuale sottoposizione alla direzione o alla vigilanza dell ente, poiché solo in tali casi la commissione da parte di costoro di reati o illeciti considerati dal decreto n. 231 potrà comportare la responsabilità dell ente medesimo ai sensi del predetto decreto. Al riguardo, si rileva sin d ora che l esercizio di direzione e vigilanza da parte dell ente sembra in astratto ricorrere, quanto meno, nei rapporti con gli agenti di assicurazione e con le società costituite per l esternalizzazione di funzioni comprese nel ciclo operativo dell impresa assicuratrice. Infine, è bene anche tenere conto, fin dove ciò possa riguardare direttamente l ente, dei collegamenti e contatti con pubbliche Amministrazioni tenuti dalle entità e figure in parola. Da ultimo, è appena il caso di rilevare che la materiale attività di individuazione e rilevazione dei rischi può essere affidata, in tutto o in parte, ad organismi preferibilmente interni o collegati (attraverso il gruppo di appartenenza) con l ente, in seguito indicati come organismi rilevatori. c) La rilevazione per così dire statica dei rischi, di cui al punto precedente, va completata con la previsione o simulazione della possibile dinamica delle ipotesi di trasformazione dei rischi stessi in eventi rilevanti ai sensi del decreto n. 231 nel quadro 6

7 della reale, concreta attività imprenditoriale dell ente, da operarsi da parte degli organismi rilevatori. d) Terminate le fasi di ricognizione prospettate, gli organismi rilevatori procedono ad una prima, generale valutazione dei rischi in connessione con la mappatura dei rischi medesimi e la loro potenziale concretizzazione, eseguite come sopra indicato. In concreto, tale valutazione potrà essere condotta facendo riferimento agli standard di risk management di più diffusa accettazione. E inoltre opportuno un esame valutativo specifico per quel che concerne i rischi di illeciti c.d. societari, relativi cioè ai seguenti beni giuridici propri della materia: veridicità e compiutezza dell informazione societaria di natura economica; effettività e integrità del capitale sociale; conservazione del patrimonio sociale; regolare funzionamento degli organi sociali, nel rispetto delle attribuzioni di poteri; regolarità e affidabilità dei mercati finanziari. Può essere utile, infine, valutare anche gli obiettivi strategici dell impresa alla luce della loro compatibilità e coerenza con la struttura e le potenzialità aziendali, nonché effettuare in parallelo l ordinaria ponderazione dei rischi aziendali (rischi strategici, operativi, finanziari, informativi, di immagine ecc.), tenendo presente che i suddetti obiettivi possono essere pregiudicati sia dal concretizzarsi dei rischi aziendali sia dal verificarsi dei reati o illeciti contemplati dal decreto n e) Concluse le operazioni di cui ai precedenti punti b), c) e d), gli organismi rilevatori possono procedere alla redazione di quella che sostanzialmente sarà una bozza di modello da sottoporre poi all organo decisionale. f) Nella redazione del modello può soccorrere il sistema di controllo interno, il quale, secondo una nozione generalmente condivisa, è un insieme ben coordinato di strutture organizzative, attività, regole, attuate - su impulso dell organo decisionale - dal management e dal personale di una organizzazione e tendente a fornire una ragionevole sicurezza in merito al raggiungimento delle finalità rientranti nelle seguenti categorie: efficacia ed efficienza delle operazioni gestionali; attendibilità delle informazioni aziendali, sia verso terzi sia all interno; conformità alle leggi, ai regolamenti, alle norme e alle politiche interne. Per la sua evidente ampiezza e duttilità, infatti, tale nozione abbraccia anche la necessaria corrispondenza dei comportamenti aziendali nei confronti dei vincoli normativi vigenti in un determinato contesto, tra cui le norme penali e civili richiamate dal decreto n

8 Il modello deve inoltre essere studiato e realizzato in modo da risultare idoneo alla finalità richiesta dalla normativa di cui al decreto n. 231, vale a dire la prevenzione dei rischi in esame, non in astratto, ma nel concreto della specifica realtà aziendale, così da potersi inserire in modo efficace e costruttivo nel quotidiano svolgersi di tale realtà e da divenirne parte integrante. Al fine di poter redigere un modello che sia veramente idoneo a prevenire i reati considerati dal decreto n. 231, è opportuno tenere in evidenza e seguire con attenzione anche le seguenti linee-guida, a suo tempo elaborate negli USA e che hanno ispirato anche il legislatore italiano: - l organizzazione deve avere stabilito standard e procedure di controllo, rivolte al personale (e ad altri mandatari), che siano ragionevolmente atte a ridurre la possibilità di condotte illegali; - ad una o più persone di alto livello appartenenti alla organizzazione deve essere assegnata la responsabilità di sorvegliare la conformità agli standard e procedure definiti; - l organizzazione deve aver esercitato sufficiente attenzione e non aver delegato rilevanti poteri discrezionali a persone di cui conosceva - o avrebbe potuto conoscere, mediante l esercizio della ordinaria diligenza - la propensione a svolgere attività illegali; - l organizzazione deve aver fatto passi concreti volti a comunicare in maniera efficace standard e procedure a tutto il personale (e altri mandatari), ad esempio prevedendo la partecipazione a programmi di formazione o distribuendo pubblicazioni che spiegano in termini pratici cosa è richiesto; - l organizzazione deve aver adottato misure ragionevoli, volte ad ottenere l effettiva aderenza agli standard, ad esempio utilizzando sistemi di monitoraggio e di auditing ragionevolmente adatti a scoprire condotte in deroga dei dipendenti (e altri mandatari), ed introducendo e pubblicizzando un sistema di segnalazioni che consenta al personale (e agli altri mandatari) di riferire casi di violazione di norme (da parte di altri all interno dell organizzazione), senza timore di ritorsioni; - gli standard devono essere stati resi esecutivi in maniera coerente mediante appropriati meccanismi disciplinari, che comprendano, quando appropriato, anche la punizione di persone responsabili di non aver scoperto una violazione. L adeguata punizione delle persone responsabili di una violazione è una componente necessaria dell efficacia esecutiva; tuttavia, la congruità della punizione dovrà fare riferimento allo specifico caso esaminato; - dopo avere scoperto una violazione, l organizzazione deve aver compiuto tutti i passi ragionevolmente necessari per dare una risposta appropriata alla violazione stessa e per prevenire l avverarsi di violazioni similari in futuro; ciò comprende qualunque necessaria modifica al modello che era stato predisposto, allo scopo di prevenire e scoprire le violazioni di leggi. 8

9 g) E infine opportuno dedicare specifica attenzione alle tendenze evolutive della nuova disciplina della responsabilità delle persone giuridiche, curando in parallelo che il modello risulti a tale fine sufficientemente flessibile. h) In definitiva, si suggeriscono per il modello le seguenti caratteristiche funzionali: 1. elencare i reati e gli illeciti considerati dal decreto n. 231; 2. descrivere l organizzazione dell ente nel suo complesso, riportando, per l azienda, aree, strutture e uffici e le relative funzioni, nonché i rapporti gerarchici tra gli stessi, e indicando anche le entità o figure esterne (se del caso, per categorie) che collaborano o interagiscono con l ente, nonché i rapporti che le legano all ente stesso; 3. individuare, nel quadro di cui al numero precedente, gli ambiti e le attività che potrebbero dar luogo alla commissione dei reati e illeciti considerati dal decreto n. 231 con conseguente responsabilità anche per l ente; 4. esplicitare le attribuzioni delle deleghe e dei poteri aziendali e la relativa estensione, ovviamente in relazione ai reati e agli illeciti considerati dal decreto n Si tratta di conferire alle modalità di svolgimento dei poteri decisionali un assetto formalizzato, strutturato e attuato costantemente: ciò significa esprimere in modo chiaro quali soggetti abbiano poteri decisionali, quali abbiano poteri gestionali, per quali tipologie di attività, per quale portata economica, al fine di garantire una chiara e organica attribuzione di compiti, evitando tanto i vuoti di potere quanto le sovrapposizioni di competenze; evitare le eccessive concentrazioni di potere in capo a singoli uffici dell ente, o addirittura a singole persone, attuando nel concreto il principio della segregazione funzionale/contrapposizione degli interessi ; assicurare che gli assetti della struttura organizzativa voluti siano realmente attuati: in altri termini, garantire l effettiva corrispondenza tra i modelli di rappresentazione della struttura e le prassi concretamente attuate; 5. prevedere la formalizzazione all esterno delle deleghe e dei poteri aziendali; 6. determinare, mediante la predisposizione di opportuni protocolli, le procedure da seguire per la formazione e poi l attuazione delle decisioni che ricadono in capo all ente e che possono esporre l ente stesso per i reati e gli illeciti considerati dal decreto n Va data priorità alla caratteristica della trasparenza nella formazione delle suddette decisioni e nelle attività conseguenti, con costante possibilità di controllo, in primo luogo di tipo incrociato, nei momenti di decisione e di esternazione delle posizioni dell ente riguardanti temi che possano ricadere nell ambito di applicazione del decreto n A tal fine può essere utile il ricorso a procedure informatiche che permettano la costruzione di percorsi obbligati e con punti di controllo o di blocco dell iter di formazione delle iniziative e delle manifestazioni di volontà dell ente; 9

10 7. individuare caratteristiche, profili o modalità che in determinate situazioni possano costituire già di per sé segnali di allarme o quanto meno indici di anomalia per una eventuale commissione dei reati e degli illeciti considerati dal decreto n. 231; 8. regolamentare la formazione e la divulgazione delle informazioni aziendali, così da portare il personale e quanti altri sottoposti alla direzione o vigilanza dell ente ad un costante ed elevato grado di conoscenza delle competenze dei singoli e delle modalità operative delle varie aree, e quindi di compartecipazione consapevole alla vita e all attività dell ente; 9. coordinarsi, in modo da raggiungere effetti di sinergia, con i sistemi di controllo interno; 10. prevedere forme e strumenti di tutela delle stesse disposizioni del modello che ne prevengano la possibilità di elusione fraudolenta da parte dei soggetti di cui all art. 5, comma 1, lett. a) e b), del decreto n. 231, rendendo nota anche la costituzione dell organismo di vigilanza di cui all art. 6, comma 1, lett. b), del decreto; 11. impedire, in parallelo con il numero precedente, la possibile adduzione di scusanti quali ignoranza, errori o colpa nei comportamenti dei soggetti di cui all art. 5, comma 1, lett. a) e b), del decreto n. 231: a tal fine si può prevedere che i soggetti, dopo essere stati istruiti sul contenuto del modello, rilascino una dichiarazione di conoscenza dello stesso; 12. imporre procedure di trasparenza e di controllo nella formazione di provviste economiche e nei meccanismi di pagamento, onde evitare in ogni modo la creazione di c.d. fondi occulti che possano essere utilizzati per la commissione di taluni fra i reati considerati dal decreto n. 231; 13. predisporre un sistema di verbalizzazione per le attività di verifica, di controllo, di intervento, e, se del caso, anche di direzione e di vigilanza, a qualsiasi livello o da parte di qualsiasi ufficio, in particolare per l organismo di vigilanza; 14. prevedere, a carico dei soggetti in posizione apicale di cui all art. 5, comma 1, lett. a), e di quanti ricoprano posizioni di responsabilità, la stretta e costante osservanza degli obblighi di direzione e vigilanza loro spettanti in ragione della posizione ricoperta; 15. prevedere, a carico di ogni soggetto (in posizione apicale o meno) che possa impegnare la responsabilità dell ente ai sensi dell art. 5 del decreto n. 231, precisi e tempestivi obblighi di informazione nei confronti dell organismo di vigilanza, da soddisfare nelle diverse fasi dell attività considerata rilevante ai sensi del decreto n. 231, eventualmente utilizzando a tal fine idonee schede predisposte dall ente e che predefiniscano anche le tipologie di informazioni richieste; 16. coinvolgere tutto indifferentemente il personale e quanti altri sottoposti alla direzione o vigilanza dell ente in una generale attività di attenzione e collaborazione: a tal fine potrebbero essere accettate segnalazioni - senza alcun rischio interno in termini di effetti negativi, quali minacce, ritorsioni e simili - di elementi di interesse (in ispecie eventuali azioni od omissioni) che possano indurre a far ritenere la sussistenza o il pericolo dei reati o illeciti considerati dal decreto n. 231, ad esempio, rivolgendosi direttamente all organismo di vigilanza oppure 10

11 mediante un numero verde (anonimo o meno) in grado di fornire anche indicazioni e consigli; 17. prevedere lo svolgimento di specifici corsi per la formazione del personale e di quanti altri sottoposti alla direzione o vigilanza dell ente e la loro sensibilizzazione con riguardo al rischio di commissione dei reati e illeciti considerati dal decreto n. 231; 18. prevedere, fin dove possibile, strumenti e azioni di intervento per il caso di avvenuta commissione dei reati o illeciti considerati dal decreto n. 231; 19. prevedere, in conformità degli artt. 6, comma 2, lett. e), e 7, comma 4, lett. b), del decreto n. 231, la comminazione di sanzioni appropriate per le singole fattispecie di reato o illecito per il caso di mancato rispetto delle disposizioni recate dal modello stesso, nonché degli obblighi di direzione e di vigilanza. In particolare, nel caso di lavoratore dipendente dell ente, le sanzioni possono variare dai provvedimenti disciplinari di diversa intensità sino alla cessazione del rapporto di lavoro. Esse devono rispettare forme e procedure imposte sia dalla legge 20 maggio 1970, n. 300 (c.d. Statuto dei lavoratori), la quale in particolare, all art. 7, impone la tipicità e la pubblicità delle misure sanzionatorie previste per fattispecie altrettanto definite e pubblicizzate, sempre nel rispetto degli accordi e dei contratti di lavoro, sia da eventuali leggi speciali. Ovviamente è in facoltà dell ente coinvolgere gli organismi sindacali sul problema e concordare con essi le sanzioni. Una volta che l organismo di vigilanza abbia segnalato la commissione di un reato o illecito, l azione disciplinare nei confronti dell autore dovrebbe prescindere dalla eventuale instaurazione di un giudizio penale ed essere tempestiva, in quanto è stato intaccato il rapporto di fiducia tra l ente e il proprio dipendente. Per questo stesso motivo l azione disciplinare potrebbe essere attivata anche in presenza di una mera mancanza di rispetto delle disposizioni del modello. Nel caso di soggetto che rivesta una posizione apicale nell ente, la sanzione può consistere nella interruzione del rapporto (revoca, risoluzione, etc.) deliberata dall organismo competente e nella richiesta dei relativi danni, prevedendo entrambe nella disciplina del rapporto medesimo; 20. prevedere di portare i principi che hanno informato il modello - e quindi lo spirito che muove l ente nel regolamentare la materia oggetto del decreto n a conoscenza (nella forma che si ritenga più idonea) delle entità o figure che collaborano o interagiscono con l ente, nonché di portare l intero modello a conoscenza di quelle tra le predette entità o figure che siano sottoposte alla direzione o vigilanza dell ente; 21. prevedere di inserire negli strumenti contrattuali che eventualmente regolino i rapporti delle entità o figure di cui al numero precedente con l ente una clausola nella quale le stesse dichiarino di conoscere e accettare, secondo i casi, i principi del modello ovvero il modello stesso e prendano espressamente atto della particolare rilevanza, anche in relazione ai possibili danni e ai fini di una eventuale 11

12 risoluzione del rapporto contrattuale, che verrebbe attribuita alla mancata osservanza, secondo i casi, dei principi ovvero delle disposizioni del modello ; 22. prevedere una attività di costante verifica e, se del caso, di conseguente adeguamento o aggiornamento del modello stesso. i) Una volta predisposta la bozza di modello, spetta all organo decisionale compiere le valutazioni finali e procedere alla approvazione, eventualmente con le modifiche ritenute opportune, del modello, nonché farlo conoscere in modo diffuso e comprensibile al personale dell ente e a quanti altri sottoposti alla direzione o vigilanza dell ente, così da creare una corrispondenza univoca tra fare e dover fare nell ambito operativo dell azienda. l) Resta all organo decisionale l onere di mantenere costante, secondo una cadenza predeterminata dall organo decisionale stesso, l attività di rilevazione e valutazione dei rischi in parola e di conseguenza, anche su segnalazione dell organismo di vigilanza, di approvare gli eventuali adeguamenti del modello. m) Da ultimo, appare opportuno che siano documentate, eventualmente mediante apposita verbalizzazione, le diverse fasi seguite per giungere alla predisposizione del modello e quelle successive della verifica sistematica e delle eventuali modifiche del modello stesso. Organismo di vigilanza Qualora si sia optato per l adozione del modello, spetta all organo decisionale l individuazione o costituzione di un organismo che, dotato di autonomia di iniziativa e di controllo e tenuto a riferire solo all organo decisionale, nonché dotato di calibrati poteri nei confronti delle varie funzioni aziendali, abbia il compito di garantire l effettività e la razionalità del modello di salvaguardia e quindi di vigilare sul funzionamento e sull osservanza di tale modello e di vagliare l adeguatezza e l aggiornamento del medesimo, proponendone le relative modificazioni all organo decisionale. Inoltre, date l estrema delicatezza e importanza del compito attribuito - tale da garantire e dimostrare la credibilità del diaframma che separa la volontà dell ente dal comportamento di chi si trovi in posizione apicale nella stessa organizzazione - i contenuti della delega all organismo di vigilanza debbono essere deliberati dall organo decisionale. La concreta costituzione dell organismo di vigilanza, che di fatto esercita un potere, da un lato, di prevenzione e, dall altro, di controllo e intervento, è rimessa all iniziativa organizzativa dell ente sempre in funzione del quadro delineato dal decreto n

13 Peraltro, considerate la particolare posizione e valenza dell organismo e l esperienza proveniente dalla vigilanza assicurativa, l eventuale affidamento dei compiti in parola ad un soggetto terzo (consulente o simile) confliggerebbe sia con il testo formale del decreto sia con la necessità che il modello di salvaguardia e la verifica obiettiva dello stesso siano integrati nella struttura organizzativa e nei processi operativi dell ente. Pertanto l organismo dovrà trovare collocazione nell ambito della struttura operativa dell ente. Al riguardo, considerando razionalmente le esigenze di efficienza organizzativa che si traducono nella necessità di evitare duplicazioni e ridondanze di funzioni che svolgono compiti identici o analoghi, il ruolo della vigilanza sul modello può essere affidato a funzioni preesistenti, ma con previsione di precise garanzie di stabilità, indipendenza, qualificazione professionale, efficienza operativa e continuità di azione. Possono soccorrere qui, ancora una volta, la nozione di sistema di controllo interno, la quale abbraccia, come detto, anche l esigenza di assicurare il rispetto delle normative, al pari del decreto n. 231, e le forme e gli strumenti ipotizzati da tale sistema, corrispondenti a quelli sinteticamente indicati dal decreto n. 231: la funzione di organismo di vigilanza potrebbe pertanto essere affidata ad una struttura di internal auditing, sempre con le specificità sopra indicate; peraltro, in conformità dell art. 6, comma 4, del decreto n. 231, qualora l ente sia di piccole dimensioni, la funzione in parola può essere affidata all organo dirigente. Appare inoltre rilevante che sia attivo un canale di comunicazione fra chi è incaricato del compito di vigilanza e l organo decisionale - nel caso del consiglio di amministrazione, questo nel suo insieme - in modo da garantire un sufficiente grado di indipendenza dell organismo. Parimenti è opportuno che l organismo sia in costante collegamento, seppure in piena autonomia, con il collegio sindacale dell ente e con la società incaricata della revisione dei bilanci dell ente stesso. Come in precedenza accennato, è compito dell organismo vigilare sul funzionamento del modello, cioè sulla rispondenza di questo alla concreta organizzazione dell ente, sulla reale idoneità del modello a prevenire i reati considerati dal decreto n. 231, sull osservanza del modello, cioè sul concreto ordinario rispetto da parte di quanti siano interessati dallo stesso, nonché curare l aggiornamento del modello, cioè verificarne l opportunità, l adeguatezza, l efficacia, l aderenza alla normativa e suggerirne all organo decisionale gli adeguamenti opportuni. 13

14 A fronte dei predetti oneri dell organismo non può non esservi anche l obbligo per tutte le strutture aziendali e per gli stessi singoli dipendenti di informare l organismo stesso su ogni attività rilevante o potenzialmente rilevante ai sensi del decreto n. 231, in conformità di quanto previsto dallo stesso modello, e su eventuali evidenze, segnali, particolari che possano far pensare ai reati o agli illeciti considerati dal decreto n Gruppi assicurativi Nel caso di gruppi assicurativi, permangono i principi dell autonomia e della responsabilità proprie di ciascuna società e di conseguenza gli eventuali modelli e i relativi organismi di controllo dovranno restare distinti per ciascun ente. Ciò non toglie che all interno del gruppo vi possa essere una concertata impostazione di indirizzo al fine di raggiungere forme di comportamento sostanzialmente univoche nel gruppo stesso, pur nel rispetto delle diversità riferibili a differenze dei settori merceologici di appartenenza dei singoli enti. Pertanto, la capogruppo può predisporre delle linee guida nella materia di cui al decreto n. 231 e, in tal caso, le società controllate terranno in considerazione e, fin dove possibile, daranno applicazione alle indicazioni della controllante. In quest ottica, potrà darsi luogo anche a rapporti di assistenza e collaborazione tra l organismo di vigilanza della capogruppo e quelli delle singole controllate, da definire preferibilmente con appositi strumenti contrattuali, fermo in ogni caso per coloro che prestino le predette assistenza e collaborazione il rispetto degli obblighi di lealtà e riservatezza nei confronti dell organismo di vigilanza richiedente. Roma, 14 febbraio

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