Dispense di TECNICA DELLE COSTRUZIONI. (a cura di Adriano De Sortis)

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1 Sapienza Università di Roma Dispense di TECNICA DELLE COSTRUZIONI (a cura di Adriano De Sortis) da G. Galilei Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze A.A BOZZA del 16 novembre 2009

2 INDICE 1 INTRODUZIONE E RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Riferimenti normativi Testi di riferimento I Progetto di strutture 8 2 CONCETTI INTUITIVI Definizione di struttura Classificazione delle strutture Geometria Rigidezza Materiale Strutture rigide tipiche Trave e Pilastro Telaio Struttura Reticolare Arco Piastra e Pannello Volta Cilindrica Volta Sferica Strutture non rigide tipiche Cavo Membrana, Tenda, Rete Stabilità delle strutture Strutture monodirezionali e bidirezionali Come stabilizzare una struttura semplice mediante diagonali La regolarità strutturale GLI ELEMENTI STRUTTURALI Introduzione Calcolo delle sollecitazioni Stima della resistenza Alcuni elementi strutturali monodimensionali Pilastro Tirante Trave Trave reticolare Arco Le fondazioni Fondazioni dirette Fondazioni indirette

3 4 PREDIMENSIONAMENTO SEMPLIFICATO Premessa Carichi verticali Carichi orizzontali Predimensionamento semplificato di una struttura intelaiata Solai Travi di testata Travi interne Pilastri ad area di influenza Fondazioni II Costruzioni in calcestruzzo armato 39 5 SIMBOLOGIA Lettere maiuscole Lettere minuscole Lettere greche Indici UNITA DI MISURA Conversione da Sistema Internazionale (SI) a Sistema Tecnico (ST) Conversione da Sistema Tecnico (ST) a Sistema Internazionale (SI) Altre conversioni GENERALITA SUL CALCESTRUZZO ARMATO Proprietà di base del calcestruzzo Parametri di resistenza del calcestruzzo Classi di resistenza Resistenza a trazione Modulo elastico Valori medi e valori caratteristici Caratteristiche meccaniche delle armature Ipotesi di base per i calcoli di resistenza Modelli σ ɛ per il calcestruzzo Modelli σ ɛ per l acciaio Aderenza acciaio-calcestruzzo SFORZO ASSIALE CENTRATO Pilastri Calcolo elastico e a rottura Effetto delle cerchiature Elementi tesi Verifiche della sezione Effetto del ritiro La fessurazione del tirante in c.a Richiami di tecnologia del c.a

4 9 MOMENTO FLETTENTE Calcolo elastico Calcolo a rottura Condizioni di equilibrio SFORZO DI TAGLIO La fessurazione della trave Sforzo di scorrimento e armature al taglio Il traliccio di Mörsch Verifiche di resistenza Collegamento ai nodi SFORZO ASSIALE ECCENTRICO Calcolo elastico della sezione Pressoflessione con piccola eccentricità di sezioni omogenee Presso e tensoflessione retta Calcolo a rottura della sezione Meccanismi di rottura della sezione MOMENTO TORCENTE Il traliccio periferico resistente III Costruzioni in acciaio IL MATERIALE ACCIAIO Caratteristiche I prodotti Le prove meccaniche di caratterizzazione del materiale LE MEMBRATURE SEMPLICI Gli elementi tesi Gli elementi compressi La verifica di resistenza La verifica di stabilità Gli elementi inflessi LE MEMBRATURE COMPOSTE Le aste composte Le travi reticolari LE UNIONI BULLONATE Generalità Unioni a taglio Unioni a trazione

5 1 INTRODUZIONE E RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Queste dispense raccolgono alcuni degli argomenti trattati nel Corso di Tecnica delle Costruzioni. Nella Parte I sono riportati alcuni degli argomenti sviluppati nell ambito del Modulo di Comportamento statico delle strutture, svolto in precedenza nell ambito del Laboratorio di Costruzione dell Architettura. Ciò per familiarizzare lo studente con una panoramica più vasta, che deve formare la base culturale su cui si innestano le conoscenze più specialistiche della Tecnica delle Costruzioni. Per l elaborazione di questa prima parte si è fatto largo di un testo di Daniel Schodek [2] e si è utilizzato molto materiale contenuto nelle precedenti stesure della dispensa [9, 10, 11]. Il testo di Schodek è particolarmente raccomandato per gli studenti della Facoltà di Architettura, in quanto presenta la tematica con un approccio pragmatico e con continui rimandi alla storia della progettazione architettonica. L ambizione dell insegnamento di Comportamento statico delle strutture, svolto in precedenza nell ambito del Laboratorio di Costruzione dell Architettura è stata quella di fornire allo studente dei rudimenti del progetto di strutture che gli servano da guida fin dalle sue prime esperienze di progettazione. Infatti non si ripeterà mai a sufficienza che è assolutamente da evitare una impostazione progettuale, purtroppo molto utilizzata in passato, che prevedeva l intervento della figura dell ingegnere strutturista in un momento successivo a quello della progettazione architettonica. In tal modo si rischiava di dovere adattare la struttura all idea architettonica, con condizionamenti molto pesanti. Ne risultava spesso un organismo strutturale non razionale. Non di rado la stessa progettazione architettonica veniva messa in discussione dalla fattibilità strutturale, con compromessi spesso discutibili. In questo panorama già desolante spesso si inseriva la progettazione impiantistica, svolta successivamente a quella architettonica ed a quella strutturale. In questa fase si assisteva ad un ulteriore peggioramento del progetto, con l inserimento indiscriminato di bucature per il passaggio degli impianti, ovviamente in posizioni spesso incompatibili sia con gli aspetti formali e distributivi che con quelli strutturali. Considerazioni del tutto analoghe si possono fare per altri ingredienti della progettazione, come gli aspetti tecnologici, di organizzazione del cantiere, di prevenzione di vari rischi, legali, ecc. Per evitare questa serie di errori è fondamentale che siano posseduti dal progettista Architetto, tra gli altri, i rudimenti della progettazione strutturale che gli consentano di valutare autonomamente la fattibilità delle soluzione progettuali. Se il progetto architettonico sarà valido anche dal punto di vista strutturale, lo specialista delle strutture che dovrà approfondire gli aspetti di sua competenza non sarà costretto ad adattamenti discutibili o a stravolgimenti. Nella Parte II si riportano i concetti basilari della teoria del calcestruzzo armato. Per elaborare questa parte si è fatto largo uso di testo e figure estratte dalla esauriente trattazione contenuta nel testo di Toniolo [4], al quale si rimanda per approfondimenti e chiarimenti. In questa Parte ritornano molti dei concetti trattati in maniera molto semplificata nell ambito della Parte I. Questo anche per esemplificare il percorso progettuale, usualmente basato su approfondimenti successivi e sempre più specifici. Vale la pena di sottolineare che la trattazione ivi condotta tralascia molti approfondimenti specialistici, per i quali si rimanda al testo di Toniolo. Nel procedere della trattazione ci si accorgerà che, ancora oggi, molti dettagli 5

6 del comportamento delle strutture in calcestruzzo armato non sono del tutto noti, il che non ha impedito e non impedisce di realizzare strutture anche molto ardite con questo tipo di materiale. Quello su cui si cerca di porre l accento, allora, è l acquisizione da parte dello studente di una consapevolezza concettuale del comportamento delle strutture, sostenuta da una basilare conoscenza quantitativa dei principali fattori che ne governano il comportamento, senza entrare in un eccessivo dettaglio analitico, che esula dagli scopi del corso. Nella Parte III si riportano i concetti basilari della teoria delle costruzioni in acciaio. Per elaborare questa parte si fatto largo uso di testo e figure estratte dalla esauriente trattazione contenuta nel testo di Ballio e Bernuzzi [12], al quale si rimanda per approfondimenti e chiarimenti. 1.1 Riferimenti normativi La attuale normativa italiana è basata su due leggi, che definiscono i principi generali e affidano al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il compito di emettere periodicamente decreti ministeriali contenenti indicazioni più specifiche: Legge 5/11/71 n.1086, Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso, ed a struttura metallica; Legge 2/2/74 n.64, Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche. Gli ultimi decreti emessi sulla base delle indicazioni della legge 1086/71 sono: D.M. 14/2/92 [3]; di questo decreto è ancora valida solo la parte che riguarda le verifiche col metodo delle tensioni ammissibili; D.M. 9/1/96 [7]; questo decreto ha sostituito il precedente per quanto riguarda le verifiche col metodo degli stati limite; esso inoltre ha consentito l uso degli Eurocodici 2 [5] e 3 [6] (la sezione III delle parti I e II costituiscono il Documento di Applicazione Nazionale per tali Eurocodici); la prima parte è relativa alle strutture in cemento armato; le parti successive sono relativa all acciaio, a strutture miste acciaio-calcestruzzo, ecc. e contengono anche allegati relativi ai materiali. Sulla base delle indicazioni della legge 64/74 sono stati anche emessi il D.M. 16/1/96 [8] ed il D.M. 16/1/96, Norme tecniche per le costruzioni in zona sismica. Quest ultima norma resterà in vigore fino a quando diventerà obbligatorio l uso della Ordinanza Presidenza Consiglio Ministri n. 3274/2003, Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica (G.U. 8/5/03). Il testo ha già subito un aggiornamento con l Ordinanza PCM 3431/2005. Esistono inoltre documenti preparati dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (Istruzioni CNR) che sono solo orientativi e non hanno valore di normativa, anche se in qualche caso i decreti ministeriali fanno espressamente riferimento ad essi, in particolare la CNR-UNI 10011/88 [1]. E stato successivamente approvato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici il Testo delle Norme tecniche per le costruzioni, DM 14/9/2005, inizialmente 6

7 emanato in versione sottoposta ad inchiesta pubblica e poi divenuto operativo per gli edifici di interesse strategico. Attualmente è vigente il DM 14/1/2008 del Ministero delle Infrastrutture, che ha fatto decadere sia il DM 9/1/96, sia l OPCM 3274/2003 (e successive modifiche), sia il DM 14/9/ Testi di riferimento Per l elaborazione delle presenti dispense si è fatto largo uso dei testi [2, 4, 12] riportati in Bibliografia. Gli estratti riportati nella dispensa sono ad esclusivo uso interno al Laboratorio e non sostituiscono lo studio e la consultazione dei testi di riferimento, che comunque è richiesta allo studente. Il testo [13] presenta la materia delle tecnica delle costruzioni con un approccio approfondito e completo, per cui può essere utilmente consultato come riferimento. Riferimenti bibliografici 1. Costruzioni di acciaio, Istruzioni per il calcolo, l esecuzione, il collaudo e la manutenzione, CNR-UNI 10011, Giugno D. L. Schodek, Structures, Englewood Cliffs, Decreto Min. LL.PP. 9/1/1996, Norme tecniche per l esecuzione delle strutture in cemento armato normale e precompresso e per le strutture metalliche. 4. G. Toniolo, Cemento armato - Calcolo agli stati limite, Masson ( Eurocodice 2, Progettazione delle strutture di calcestruzzo, Parte 1-1: Regole generali e regole per gli edifici, UNI ENV , Gennaio Eurocodice 3, Progettazione delle strutture di acciaio, Parte 1-1: Regole generali e regole per gli edifici, UNI ENV , Giugno Decreto Min. LL.PP. 9/1/1996, Norme tecniche per il calcolo, l esecuzione ed il collaudo delle strutture in cemento armato, normale e precompresso e per le strutture metalliche. 8. Decreto Min. LL.PP. 16/1/1996, Norme tecniche relative ai criteri generali per la verifica di sicurezza delle costruzioni e dei carichi e sovraccarichi. 9. A. De Sortis, Dispensa per il Modulo di Progetto di Strutture, A.A A. De Sortis, M. Severino, Dispensa per il Modulo di Progetto di Strutture, A.A A. De Sortis, Dispensa per il Modulo di Progetto di Strutture, A.A G. Ballio e C. Bernuzzi, Progettare costruzioni in acciaio, Hoepli ( M. Menegotto, Corso di Tecnica delle Costruzioni. 7

8 Parte I Progetto di strutture 2 CONCETTI INTUITIVI 2.1 Definizione di struttura Un modo classico di aprire una trattazione è quello di dare delle definizioni. Partendo dalle più semplici ed intuitive si può dire che una struttura è un dispositivo atto a trasferire al terreno i carichi che risultano dall uso (occupanti, arredo, automobili, ecc.) o dalla presenza della struttura stessa (travi, pavimenti, finiture, ecc.). La comprensione del comportamento di una struttura passa per la comprensione di alcuni concetti basilari, come quello di forza. E inoltre importante affermare alcuni concetti relativi allo spazio ed alla dimensionalità (dimensione, scala, proporzione, ecc). La definizione che abbiamo dato prima non fornisce delucidazioni su cosa sia il dispositivo che trasferisce i carichi al terreno. Allora si potrebbe tentare una definizione da dizionario del tipo: una struttura è una entità fisica avente carattere unitario, concepita come formata da elementi costituenti posizionati nello spazio, in cui il carattere dell insieme domina le relazioni tra le parti. Anche se può apparire molto contorta, questa definizione ha il merito di evidenziare alcuni concetti basilari: la struttura è un oggetto fisico reale e non una entità astratta, è qualcosa che bisogna costruire e quindi come tale deve essere concepita; la struttura ha un funzionamento di insieme, cioè non si ottiene dalla mera giustapposizione degli elementi base (ad esempio travi e colonne), ma occorre concepirla e quindi progettarla come un tutto unico; questo approccio inverte il modo di procedere non corretto, ma generalmente molto diffuso, in cui quello che risulta è semplicemente la giustapposizione di elementi che svolgono ognuno una specifica, piccola funzione. Il riferimento ai tipi di carichi che una struttura deve trasferire al terreno mette in luce un altro fatto molto importante: normalmente una struttura è progettata per un prefissato insieme di carichi e funziona come tale solo nei confronti di essi (Figura 1, se i carichi cambiano, la struttura potrebbe non funzionare più). Per fare un esempio bizzarro, una struttura pensata per sopportare il carico dato dal peso proprio, da ciò che essa contiene e dagli agenti esterni (vento, neve, ecc) non può essere, come fa Superman, sollevata in un punto e trasportata nello spazio, perché in tal caso crollerebbe immediatamente. L atto di progettare una struttura può essere definito con la stessa complessità usata per la struttura stessa, cioè come posizionamento degli elementi costituenti e definizione delle relative interrelazioni con l obiettivo di impartire un ben definito carattere alla entità strutturale risultante. 2.2 Classificazione delle strutture E fondamentale per la conoscenza in ogni settore la distinzione e l ordinamento sistematico degli oggetti di studio. Una prima semplice classificazione delle strutture 8

9 (a) (b) (c) (d) Figura 1: (a) Assemblaggio piedritti - trasverso: per carichi verticali l assemblaggio è in grado di trasferire al terreno i carichi applicati e quindi può essere considerato un struttura; (b) Assemblaggio piedritti - traverso: per carichi orizzontali lo stesso assemblaggio che funziona come struttura per i carichi verticali tende a collassare quando è soggetta ad altri tipi di carico; (c) Cambiamento delle relazioni tra gli elementi: l assemblaggio (b) può essere trasformato in una struttura in grado di sopportare sia carichi verticali che orizzontali (cambiamento da connessione semplice a connessione rigida nei nodi); (d) cambiamento della posizione degli elementi: l assemblaggio (b) può essere trasformato in una struttura in grado di sopportare sia carichi verticali che orizzontali (riposizionamento pensato di alcuni elementi) può essere basata sulla forma e su proprietà fisiche elementari. Per forma di una struttura si può intendere sia una figura geometrica semplice sia una derivazione ottenuta combinando o aggiungendo figure semplici Geometria Una prima distinzione può essere quella tra elementi lineari ed elementi di superficie. Gli elementi lineari possono essere rettilinei o curvi, quelli di superficie possono essere piani o curvi (a semplice o a doppia curvatura). Nella realtà non esistono oggetti che siano effettivamente linee o superfici, in quanto ogni cosa è dotata di uno spessore, ma quando quest ultimo è piccolo in confronto alle altre dimensioni, si possono applicare la nozioni prima introdotte. La geometria di una struttura è anche legata al materiale che la costituisce o alla tecnologia costruttiva: gli elementi in legno o acciaio sono prevalentemente lineari e, aggregandosi, possono formare elementi piani; il calcestruzzo armato si presta altrettanto bene sia a realizzare elementi lineari che elementi piani Rigidezza Un altra proprietà importante delle strutture è la rigidezza (Fig. 2). L effetto dei carichi sulle strutture è quello di produrre delle deformazioni (allungamenti o accorciamenti) e delle tensioni (trazioni o compressioni), correlate tra loro attraverso un parametro (modulo di elasticità) che dipende dal materiale costituente l elemento strutturale. Nelle strutture flessibili (a bassa rigidezza) si verificano sempre allungamenti, mentre nelle strutture rigide soggette a flessione si verificano sia allungamenti che accorciamenti nella stessa sezione dell elemento. Alcuni materiali, come legno e calcestruzzo armato, vengono usati per costruire elementi rigidi, mentre l acciaio può essere usato sia per elementi rigidi (travi, colonne) che flessibili (cavi). 9

10 (a) (b) (c) (d) (e) (f) Figura 2: Strutture rigide e strutture deformabili: (a) struttura rigida (trave): la struttura non mostra significativi cambiamenti della sua forma al cambiare della posizione del carico; (b) struttura non rigida (fune): la forma della struttura cambia al cambiare della posizione del carico Materiale Spesso si classificano le strutture in base al materiale (legno, acciaio, ecc.), ma i principi di funzionamento che governano il comportamento di strutture in materiali diversi non di rado sono molto simili (p. es. acciaio e legno), per cui le differenze diventano superficiali. Naturalmente aumentando il livello di dettaglio dell analisi il tipo di materiale acquista una grande importanza in relazione alla resistenza che esso offre alle azioni esterne (p..es. il legno e l acciaio reagiscono sia a trazione che a compressione, il calcestruzzo e la muratura reagiscono bene solo a compressione). 2.3 Strutture rigide tipiche Nella Figura 3 sono rappresentate schematicamente alcune strutture. Il funzionamento strutturale di molti organismi architettonici, anche se essi sono apparentemente molto complessi, spesso si basa sui semplici concetti che vengono riportati di seguito Trave e Pilastro Un modo molto semplice di concepire una struttura è quello di appoggiare un elemento orizzontale (trave) su due elementi verticali (pilastri). Le travi sono soggette ad un carico trasversale alla loro linea d asse e risultano inflesse (si dice che lavorano a flessione). In prima approssimazione si può invece considerare che pilastri non si inflettono, perché il carico è prevalentemente assiale (ovvero parallelo alla linea d asse) Telaio L assemblaggio di una trave ed un pilastro che costituiscono un elementare telaio è apparentemente simile a quello precedente, ma la differenza sostanziale risiede nella rigidezza (o monoliticità) del collegamento dell elemento orizzontale con quelli verticali. Da ciò consegue che la trave anche in questo caso è inflessa, ma le sue estremità sono trattenute dal ruotare grazie alla continuità con il pilastro, mentre quest ultimo, oltre ad essere caricato assialmente, è anche inflesso. 10

11 2.3.3 Struttura Reticolare Le strutture reticolari si ottengono assemblando elementi rettilinei di lunghezza modesta in modo da realizzare figure triangolari. In essi si può individuare un comportamento globale ed uno locale: la trave reticolare nel suo insieme è soggetta a flessione, mentre i singoli elementi che la compongono sono soggetti solo a trazione o compressione Arco Storicamente gli archi sono ottenuti dalla giustapposizione di blocchi (di pietra o muratura artificiale) a formare una linea curva per superare una distanza tra due punti. La forma dell arco è strettamente legata al carico che esso deve sopportare, infatti gli elementi che lo costituiscono sono in grado di esercitare l un l altro solo compressioni e ciò si realizza, appunto, sagomando opportunamente l arco. Ne consegue che gli archi, che sono molto efficienti per i carichi per cui sono stati progettati, risultano incapaci di sopportare drastiche variazioni degli stessi, come forti carichi concentrati o variazioni della direzione dei carichi. Recentemente è stato utilizzato anche il calcestruzzo armato per realizzare degli archi, anche di grandi dimensioni, in cui il materiale è sfruttato in maniera ottimale e che, grazie alla presenza delle armature, sono in grado di sopportare anche delle limitate inflessioni Piastra e Pannello Sono elementi strutturali che individuano superficie piane: essi possono essere usati sia disposti orizzontalmente che verticalmente. Quando il funzionamento è monodirezionale (v. oltre) si possono ricondurre a travi e pilastri. Se sono disposti verticalmente e se i carichi sono applicati solo parallelamente alla faccia dell elemento essi possono essere realizzati con blocchi. Un caso particolare di piastra è quella reticolare, realizzata espandendo nello spazio il principio di funzionamento della trave reticolare (v. sopra). Un altro caso particolare è quello della lastra piegata, in cui la resistenza è dovuta alla particolare conformazione dell elemento Volta Cilindrica Si tratta di strutture piane a singola curvatura. Un esempio tipico è quello della volta a botte. A seconda del tipo di vincolo cambia drasticamente il funzionamento: se gli appoggi sono sui lati corti la volta si comporta come una trave ed è soggetta a flessione, se gli appoggi sono sui lati lunghi la volta è simile a tanti archi affiancati e come tale si comporta Volta Sferica Le volte sferiche sono strutture piane a doppia curvatura. Oltre alle porzioni di sfera, sono state sviluppate, comunque, molte altre forme come, per esempio, quella del paraboloide iperbolico. In passato sono state molto usate perché notevolmente efficienti nel coprire grandi luci con impiego limitato di materiale. Le volte sferiche dal punto di vista geometrico possono essere immaginate come generate dalla rotazione di un arco intorno ad un asse verticale. Dal punto di vista strutturale hanno un 11

12 (a) (b) (c) (d) (e) (f) (g) (h) (i) (l) (m) (n) (o) (p) (q) (r) (s) (t) Figura 3: Strutture rigide: (a) assemblaggio trave-pilastro; (b) struttura reticolare; (c) arco rigido; (d) arco a blocchi; (e) telaio; (f) struttura reticolare; (g) arco rigido; (h) arco a blocchi; (i) parete rigida; (l) piastra rigida monodirezionale); (m) volta a botte; (n) cupola (superficie continua o a maglia); (o) parete a blocchi; (p) piastra rigida (bidirezionale); (q) struttura reticolare spaziale; (r) lastra piegata; (s) volta a blocchi; (t) cupola a blocchi funzionamento abbastanza diverso da quello che si potrebbe immaginare pensando ai singoli archi. Infatti nella volta si generano anche azioni circonferenziali. Un caso particolare è costituito dalle volte reticolari, realizzate con l organizzazione di corti elementi rettilinei per formare delle maglie triangolari. 2.4 Strutture non rigide tipiche Nella Figura 4 sono rappresentate alcune tipiche strutture non rigide Cavo La proprietà fondamentale del cavo è quella di assumere una forma che dipende dal carico o dai carichi applicati (posizione e intensità). Esiste una stretta corrispondenza tra la forma di un cavo e quella di un arco: applicando ad un cavo gli stessi carichi che gravano su di un arco il cavo assume una configurazione che è quella corretta per far funzionare un arco in modo ottimale. 12

13 (a) (b) (c) (d) Figura 4: Strutture non rigide: (a) cavi; (b) tenda; (c) reti; (d) membrane pneumatiche Membrana, Tenda, Rete Una membrana è un foglio sottile e flessibile. Data la sua mancanza di rigidezza, per poter assumere delle curvature utili ad assolvere usi nel settore delle costruzioni, deve essere sostenuta da montanti, tiranti o dall aria (cupole pneumatiche). E molto difficile realizzare forme sferiche mediante cavi e tiranti, ma essa si presta bene ad altre forme (paraboloide). 2.5 Stabilità delle strutture In una struttura stabile le deformazioni provocate dai carichi esterni di solito sono modeste e si generano in essa delle forze interne che tendono a riportare la struttura nella sua configurazione originaria al cessare del carico (Figura 5). In una struttura instabile i carichi producono deformazioni evidenti e queste spesso tendono ad aumentare mentre tali carichi sono applicati. In una struttura instabile non si generano forze interne che tendono a riportarla nella configurazione originaria, ma sovente si verifica il collasso. 2.6 Strutture monodirezionali e bidirezionali Nelle strutture monodirezionali il meccanismo di trasferimento dei carichi al terreno agisce in una sola direzione, nelle strutture bidirezionali il meccanismo è più complesso, ma comunque interessa almeno due direzioni (Figura 6). Si vede che la direzionalità di lavoro di una struttura dipende dai vincoli al contorno e quindi tutto ciò ha a che fare con l organizzazione spaziale dell edificio. Ad esempio l elemento strutturale piano rettangolare piastra, caricato perpendicolarmente al proprio piano, lavora su due direzioni ortogonali tra loro (lavora a piastra) solo se tutti e quattro i lati dell elemento sono vincolati; altrimenti se solo due lati dell elemento (opposti tra loro) sono vincolati ed i restanti due lati sono liberi, l elemento piastra si comporta come un insieme di elementi monodirezionali (travi) affiancati tra loro. Che tipo di conseguenze ci possono essere sbagliando il vincolo della piastra? Una prima evidente conseguenza è la differente deformabilità della piastra, a parità di carichi applicati. Nel comportamento bidirezionale si hanno deformazioni inferiori rispetto al comportamento monodirezionale. Altre conseguenze si hanno, ad esempio, nel trasferimento dei carichi orizzontali alle strutture verticali preposte. Questo esempio ci insegna che nella progettazione strutturale non basta individuare la tipologia di elemento strutturale da utilizzare (la piastra), ma occorre porre molta atten- 13

14 (a) (b) (c) (d) (e) Figura 5: Stabilità delle strutture: (a) assemblaggio piedritti-trasverso stabile per carichi verticali; (b) la struttura (a) è instabile sotto carichi orizzontali; (c) instabilità di un assemblaggio pannelli-piastra; (d) tre modi di assicurare la stabilità laterale di un assemblaggio semplice: controvento diagonale, pannello di taglio, nodi monolitici; (e) qualunque metodo utilizzato per fornire stabilità laterale ad una struttura dovrebbe essere usato simmetricamente, altrimenti si potrebbero verificare effetti torsionali indesiderati zione a come l elemento è vincolato al contorno. Diversamente possono verificarsi comportamenti reali della struttura non previsti e quindi indesiderati o addirittura pericolosi. (a) (b) (c) (d) Figura 6: Strutture mono e bi-direzionali: (a) trave; (b) graticcio; (c) piastra che lavora in una sola direzione; (d) piastra che lavora in due direzioni 14

15 2.7 Come stabilizzare una struttura semplice mediante diagonali Consideriamo un struttura semplice (Figura 7) costituita dall assemblaggio di due pilastri ed un trave incernierati tra loro e con il terreno. Un sistema così composto si chiama parallelogramma articolato. Se applichiamo una forza orizzontale in testa ad uno dei due pilastri, la distanza iniziale tra due vertici opposti del parallelogramma (B e D) tende ad aumentare, mentre quella degli altri due vertici (A e C) tende a diminuire. La struttura è instabile. Se ora si posiziona un cavo tra i punti A e C, questo tenderà ad opporsi al loro allontanamento. In esso si svilupperà una trazione. La struttura risulta stabilizzata. Tuttavia se si inverte la direzione del carico, nel cavo dovrebbe svilupparsi una compressione (il cavo resiste solo a trazione) e quindi la struttura non risulta stabilizzata. Se invece si inserisce un elemento rigido posizionato tra i punti A e C, questo tenderà ad opporsi al loro allontanamento. In esso si svilupperà una trazione. La struttura risulta stabilizzata. Un inversione di direzione del carico applicato in B, avrà l effetto di comprimere l elemento rigido che però questa volta è in grado di sopportare questo tipo di carico, a meno di fenomeni di instabilità laterale dell elemento diagonale compresso. La struttura continua ad essere stabilizzata. Immaginando che la forza orizzontale (e la relativa inversione di direzione di carico) può essere effettivamente prodotta, ad esempio, da un terremoto, è evidente tra i due sistemi di stabilizzazione quello con la fune posta solo tra i vertici A e C non è sufficiente allo scopo (occorre inserire un altra fune tra B e D), mentre un elemento rigido diagonale può bastare. 2.8 La regolarità strutturale Uno dei concetti intuitivi più importanti nella progettazione concettuale delle strutture è quello di regolarità. Si è osservato, soprattutto in occasione di eventi eccezionali nella vita di una struttura come i terremoti, che molte strutture idonee a trasferire al terreno i carichi verticali (quelli dovuti al peso della struttura stessa e del suo contenuto) non hanno avuto un comportamento accettabile, cioè hanno subito danni molto gravi o addirittura sono crollate. Osservando più attentamente la concezione di queste strutture si è constatato che esse presentavano delle irregolarità marcate in pianta o in elevazione. Da queste osservazioni e da una serie di studi teorici sono stati tratti degli insegnamenti da applicare nella progettazione delle strutture nuove, cioè degli accorgimenti che devono essere usati dal progettista fino dalle prime fasi della concezione dell organismo strutturale. Questi accorgimenti si riferiscono al concetto di regolarità. Si può dire che una struttura regolare presenta spiccate proprietà di simmetria. Quindi le piante quadrate o circolari o rettangolari con rapporto tra i lati minore di 3 si possono considerare regolari. Si potrebbe essere portati a concludere che il perseguimento della regolarità comporti una serie di vincoli inaccettabili nella progettazione architettonica, che nel suo sviluppo contemporaneo certamente non fa della simmetria un valore universalmente riconosciuto. Ma così non è. Infatti è possibile ricondurre un organismo architettonico anche molto complesso e non regolare ad una struttura abbastanza regolare, attraverso l inserimento di giunti, ossia di sconnessioni nella struttura 15

16 Figura 7: Come stabilizzare una struttura: (a) Configurazione deformata di un assemblaggio semplice senza diagonali: la distanza iniziale tra i punti A e C tende ad aumentare, quella tra B e D a diminuire; la struttura è instabile. (b) Un cavo posizionato tra i punti A e C tenderà ad opporsi al loro allontanamento; in esso si svilupperà una trazione; la struttura risulta stabilizzata. (c) Un elemento rigido posizionato tra i punti A e C tenderà ad opporsi al loro allontanamento; in esso si svilupperà una trazione; la struttura risulta stabilizzata. (d) Un cavo posizionato tra i punti B e D è inutile; in esso si dovrebbe sviluppare una compressione; la struttura non risulta stabilizzata; lo stesso effetto si verifica in (b) quando il carico cambia direzione. (e) Un elemento rigido posizionato tra i punti B e D tenderà ad opporsi al loro avvicinamento; in esso si svilupperà una compressione; la struttura risulta stabilizzata. (f), (g) Per stabilizzare completamente la struttura in entrambe le direzioni del carico è necessario posizionare due cavi, ognuno dei quali lavora mentre l altro è scarico a seconda della direzione del carico. (h), (i) Posizionando due elementi rigidi si ottiene la stabilizzazione, ma si fa un uso ridondante del materiale, in quanto entrambi gli elementi lavorano indipendentemente dalla direzione del carico. portante, aventi lo scopo di individuare più strutture tra loro indipendenti. Per illustrare il concetto con un semplice esempio, consideriamo la pianta a forma di L riportata in Figura 8. Se sovrapponiamo ad una pianta architettonica così concepita una struttura avente la stessa forma, otteniamo una struttura irregolare, poiché non esistono piani di simmetria. Se invece consideriamo due strutture indipendenti di forma rettangolare, abbiamo sposato la stessa pianta con due strutture regolari (Figura 8). Le due strutture hanno in comune soltanto le fondazioni, mentre in corrispondenza del giunto si deve realizzare un raddoppio di pilastri e travi. Questo non è l unico modo di realizzare un giunto. Si possono trovare molte altre soluzioni, in relazione alle esigenze del progetto architettonico (Figura 9). Analogo discorso può essere fatto per l elevazione, come rappresentato nella Figura 10: quando si è in presenza di edifici con significative variazioni di altezza, è opportuno renderne indipendenti le strutture portanti, che hanno in comune solo le fondazioni. 16

17 Figura 8: Regolarità strutturale in pianta mediante l inserimento di giunti Figura 9: Possibili configurazioni di giunti Figura 10: Regolarità strutturale in elevazione mediante l inserimento di giunti 17

18 3 GLI ELEMENTI STRUTTURALI 3.1 Introduzione Nel capitolo precedente sono stati affrontati alcuni aspetti della progettazione concettuale delle strutture. La comprensione del comportamento delle strutture esistenti è di grande aiuto nell inserimento della struttura in un nuovo progetto architettonico e forma la base di partenza anche per l ideazione di tipologie di strutture del tutto nuove ed originali. Fino ad ora ci si è basati su interpretazioni di carattere qualitativo, prescindendo dalle dimensioni e dal materiale di cui la struttura è costituita. In questo capitolo si introducono alcuni concetti di base per esaminare anche quantitativamente il funzionamento di una struttura. Infatti, per portare ad un livello accettabile di definizione il progetto architettonico, non è possibile prescindere da alcune informazioni di carattere quantitativo sulle strutture. 3.2 Calcolo delle sollecitazioni Si dice sollecitazione l effetto prodotto da un carico in una zona di un elemento strutturale; ad esempio nella Figura 11 il carico è il peso sospeso alla fune, che è la struttura, mentre la sollecitazione è la trazione che si genera nella corda stessa. Ci sono strutture semplici, dette isostatiche, in cui si possono calcolare le sollecitazioni a partire dai carichi, semplicemente basandosi sul concetto di equilibrio. Nell esempio precedente se il peso è di 10 kg lo possiamo sostituire con un simbolo detto forza che viene rappresentato con una freccia diretta nel verso in cui agisce il carico e lunghezza proporzionale all intensità del carico (Figura 11b). Se ora operiamo un taglio nella fune (Figura 11c), in corrispondenza della sezione A-A e vogliamo evitare che il peso cada dobbiamo applicare in corrispondenza del taglio una forza di 10 Kg diretta verso l alto. In questo modo abbiamo soddisfatto l equilibrio. Al carico C di 10 Kg corrisponde una sollecitazione S di 10 Kg (trazione). Il carico C è una azione esterna, la sollecitazione S rappresenta le azioni che le particelle all interno del corpo si scambiano quando vengono sollecitate dall esterno. Possiamo osservare che il risultato non cambia al variare della posizione del taglio, quindi tutte le fibre della fune sono sottoposte alla stessa sollecitazione (la trazione è uniforme). Se ora ci soffermiamo sul tratto di fune al di sopra del taglio, osserviamo che questo sarà soggetto ad una forza (S) di 10 Kg cambiata di verso (Figura 11d). Il ragionamento precedente si può trasferire in generale: per conoscere le sollecitazioni all interno di una struttura isostatica si opera un taglio e si mette in equilibrio la porzione risultante. Le sollecitazioni possono essere di due tipi: forze e momenti. Un modo semplice per rappresentare il momento è il principio della leva: nell esempio di Figura 12a il valore del momento (M) causato dalla forza di 10 Kg è dato dal prodotto tra l intensità della forza e la sua distanza dal fulcro della leva, detta braccio (M = 10 2 = 20 Kgm). Nella leva si ha equilibrio quando il momento a destra del fulcro è uguale a quello alla sua sinistra (Figura 12b). Facciamo un esempio per il calcolo delle sollecitazioni in una mensola (Figura 13). Come già detto prima, il sistema è quello di tagliare la struttura e mettere in equilibrio la parte restante. Per bilanciare la forza di 10 Kg sembra naturale applicare una forza di 10 Kg nella direzione opposta (questa sollecitazione è detta taglio). L insieme delle due forze, però, non è sufficiente per l equilibrio, infatti 18

19 (a) (b) (c) (d) Figura 11: Schematizzazione della sollecitazione di trazione che si genera in una corda con carico sospeso: (a) struttura e vincolo; (b) il peso è sostituito dalla forza C; (c) la sollecitazione di trazione è la forza S che bisogna applicare alla sezione A-A della fune per metterla in equilibrio con il carico esterno C; (d) la sollecitazione di trazione S è la risultante delle azioni che si scambiano due facce di una sezione della fune se immaginiamo una leva con fulcro in corrispondenza del taglio, questa non è in equilibrio a meno che non applichiamo alla sinistra del fulcro un momento uguale e contrario (detto momento flettente). Quindi nella mensola nascono due sollecitazioni: il taglio ed il momento flettente. Dai due semplici casi della fune e della mensola abbiamo ricavato tre tipi di sollecitazioni: lo sforzo normale (che può essere di trazione o di compressione), il taglio ed il momento flettente. Ricapitoliamo gli effetti delle varie sollecitazioni con l aiuto della Figura 14. Pensiamo di tracciare dei reticoli sulle facce di un elemento ed osserviamo come si deforma il reticolo: con la trazione si ha un allungamento uniforme nella direzione del carico; con la compressione si ha un accorciamento uniforme nella direzione del carico; con la flessione si ha contemporaneamente un allungamento dello strato inferiore (trazione) ed un accorciamento dello strato superiore (compressione); (a) (b) Figura 12: La leva: (a) momento della forza applicata ad un estremo; (b) condizione di equilibrio 19

20 Figura 13: Esempio di calcolo delle sollecitazioni in una mensola con il taglio gli angoli retti si deformano. Ciò che abbiamo detto precedentemente si applica, a rigore, alle sole strutture isostatiche. Per quelle iperstatiche si può, in prima approssimazione, utilizzare degli schemi isostatici di comodo, avendo l accortezza di stimare le sollecitazioni per eccesso. Per i fini che ci proponiamo in questo capitolo le approssimazioni sono del tutto accettabili, visto che siamo interessati alla fattibilità del progetto strutturale, piuttosto che alla verifica puntuale della costruzione. 3.3 Stima della resistenza Mentre il calcolo delle sollecitazioni è indipendente dal materiale che costituisce la struttura, la stima della resistenza ne deve tener conto. E noto che ci sono materiali che reagiscono bene sia a trazione che a compressione (legno, acciaio in profili), mentre altri reagiscono bene solo a compressione (pietre, muratura, calcestruzzo non armato) o solo a trazione (acciaio in funi o catene). Un caso particolare è quello del calcestruzzo armato, in cui si sopperisce alla mancanza di resistenza a trazione del calcestruzzo inserendo l acciaio sotto forma di barre. Come le sollecitazioni sono un modo per misurare l effetto dei carichi esterni sulle strutture, così è necessario trovare un parametro per misurare la resistenza di un materiale. Ritorniamo all esempio del carico sospeso (Figura 11a) ed operiamo un taglio nella fune. Abbiamo visto che le forze che i due tratti di fune si scambiano (sollecitazioni di sforzo normale) sono pari al carico applicato. Immaginiamo che la fune sia, per semplicità, costituita da 10 fili. E immediato pensare che ogni filo debba sopportare una forza N pari a : N = 10 Kg 10 fili = 1Kg filo Se ogni filo ha una sezione di area 1 cm 2 si può dire che il carico appeso comporta una tensione normale σ di 1 Kg/cm 2 : σ = 1 Kg cm 2 20

21 Figura 14: Visualizzazione di alcune caratteristiche di sollecitazione La tensione normale nella fune è data dal rapporto tra lo sforzo normale e l area della sezione. Se ora aumentiamo il carico fino a quando la fune si spezza, per esempio fino a 100 Kg, la tensione limite del materiale che costituisce la fune vale: σ = 100 Kg = cm 2 E molto importante ragionare con le tensioni, perché la tensione limite non dipende dalle dimensioni della fune. Infatti se la fune fosse fatta di 5 fili, ad un carico di 50 Kg corrisponderebbe di nuovo una tensione: σ = 50 Kg = 10 5 cm 2 e la fune si spezzerebbe. Se l elemento è soggetto non a trazione ma a flessione o a taglio il modo di calcolare la tensione cambia, ma non cambia il principio generale per cui un materiale si rompe quando si raggiunge la sua tensione limite. 3.4 Alcuni elementi strutturali monodimensionali Nel seguito passiamo in rassegna alcuni degli elementi strutturali più diffusi. Per ciascuno di essi oltre alla definizione ed alla descrizione del meccanismo di trasferimento 21

22 dei carichi ai vincoli, si accenna al criterio di predimensionamento Pilastro E uno degli elementi strutturali più semplici e usati fin dall antichità. Essendo sollecitato prevalentemente a compressione, si presta ad essere realizzato con tutti i tipi di materiali tradizionali: pietre squadrate nei templi greci, muratura nelle costruzioni romane, legno, acciaio o calcestruzzo armato. E un elemento strutturale monodimensionale soggetto prevalentemente a carichi esterni agenti parallelamente alla linea d asse. L applicazione del carico esterno genera una forza interna, denominata Sforzo Normale; esso corrisponde ad una tensione di compressione nella sezione del pilastro che si scarica direttamente sul vincolo. Detto N lo sforzo normale ed A l area della sezione, la tensione di compressione vale: σ = N A Le dimensioni del pilastro devono essere tali da non far superare la tensione limite che, di solito, viene mantenuta abbastanza al di sotto del limite vero e proprio del materiale: 5-10 Kg/cm 2 per la muratura, Kg/cm 2 per il calcestruzzo armato. Un fenomeno a cui possono essere soggetti gli elementi di acciaio è quello della instabilità. Essa si verifica quando il pilastro è molto snello, cio quando la sua lunghezza è molto più grande delle dimensioni della sezione. Succede che ben prima di raggiungere la tensione limite del materiale il pilastro sbanda lateralmente e si inflette, perdendo la capacità di portare il carico. Per non incorrere in questo problema nelle costruzioni in acciaio si usano tensioni limite ridotte, di solito non superiori ai Kg/cm Tirante E un elemento strutturale monodimensionale soggetto prevalentemente a carichi esterni agenti parallelamente alla linea d asse. L applicazione del carico esterno genera una forza interna, denominata Sforzo Normale, corrispondente ad una tensione di trazione nella sezione del tirante, che si scarica direttamente sul vincolo. Detto N lo sforzo normale ed A l area della sezione, la tensione di trazione vale: σ = N A Il tirante può essere realizzato solo con materiali reagenti a trazioni (legno o acciaio). Raramente si usa il calcestruzzo armato facendo assorbire tutta la trazione alle barre di acciaio. In quest ultimo caso il calcestruzzo svolge la funzione di rivestimento, comunque molto importante perché l acciaio se esposto direttamente agli agenti atmosferici in breve tempo si corrode. Nelle costruzioni storiche i tiranti sono molto usati per assorbire le spinte negli archi (vedi seguito). Nei tiranti non sussiste il pericolo dell instabilità, per cui si può arrivare nell acciaio a tensioni di circa 2000 Kg/cm 2. 22

23 3.4.3 Trave E un elemento strutturale monodimensionale soggetto prevalentemente a carichi esterni agenti perpendicolarmente alla linea d asse. L applicazione del carico esterno genera una sollecitazione interna, denominata Momento Flettente, corrispondente ad una tensione di compressione nelle fibre superiori ed una tensione di trazione nelle fibre inferiori. Associato al momento flettente, quando questo varia lungo l asse dell elemento, si verifica anche la sollecitazione di Taglio. Il comportamento dei materiali reagenti sia a trazione che a compressione è abbastanza diverso da quello del calcestruzzo armato, per cui li esaminiamo di seguito separatamente. Legno o acciaio Si è prima visto che, a causa della flessione, si verifica un allungamento di alcune fibre (trazione) ed un accorciamento di altre (compressione). Il materiale raggiunge il suo limite quando la tensione di compressione o di trazione raggiunge quella massima del materiale. Per calcolare la tensione (σ) corrispondente ad un certo momento flettente (M), si divide quest ultimo per un parametro chiamato modulo di resistenza (W ) che dipende dalla forma e dalle dimensioni della sezione: σ = M W La tensione limite nel legno è di circa Kg/cm 2, nell acciaio è di circa 2000 Kg/cm 2. Per i profilati di acciaio commerciale i moduli di resistenza si trovano tabellati, per le sezioni rettangolari di base b e altezza h si ha: W = bh2 6 Calcestruzzo armato In questo caso si sfrutta l acciaio per assorbire le tensioni di trazione che il calcestruzzo da solo non potrebbe sopportare. Per il calcolo semplificato si può usare un modulo di resistenza che ha la stessa funzione che nel caso precedente e vale (Figura 15): W = 0.9HA a dove H è la distanza dei tondini dal bordo opposto della sezione ed A a è la somma delle aree di tutti i tondini disposti su di un lato (sulla fibra tesa). Oltre alla tensione σ, che in via approssimata si calcola con la formula vista sopra, per il cemento armato bisogna calcolare anche un altro tipo di tensione, che si chiama tensione tangenziale: τ = T 0.9BH dove B è la larghezza della sezione e H ha lo stesso significato di prima. La tensione tangenziale non deve superare i 20 Kg/cm Trave reticolare E un elemento strutturale monodimensionale soggetto prevalentemente a carichi esterni agenti perpendicolarmente alla linea d asse. Con le travi reticolari si possono raggiungere luci anche elevate con uso di elementi componenti di limitata lunghezza, assemblati in modo da ottenere maglie triangolari. L applicazione del carico esterno 23

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