L IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA

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1 S.I.A.B. SOCIETA ITALIANA DI ANALISI BIOENERGETICA 16 TRAINING TIVOLI DI SAN GIOVANNI IN PERSICETO II ANNO DI CORSO L IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA TESINA DI PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO SIMONE GIORGI

2 INDICE INTRODUZIONE 1. LA CONCEZIONE KLEINIANA DELLO SVILUPPO 1.1 Alla scoperta del mondo interno del bambino 1.2 Dalla scissione all integrazione: le posizioni kleiniane 1.3 Il ruolo dell identificazione proiettiva. 2. SVILUPPO DEL CONCETTO DI IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA. 2.1 L identificazione proiettiva nella formazione dei simboli e nella comunicazione 2.2 Le organizzazioni patologiche 3. IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA E CONTROTRANSFERT 3.1 Il concetto di Controtransfert 3.2 Identificazione proiettiva e Controtransfert CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA 1

3 INTRODUZIONE. E come se tutti gli esseri umani fossero bambini che desiderano che qualcuno conosca il loro tormento, in modo che la loro vicenda possa essere raccontata. La trasmissione di questo messaggio è l identificazione proiettiva. L idoneità a conoscere il messaggio è la capacità di tollerare la sofferenza nel corso di questo scambio trasfusionale tra sacro e profano. (J.S.Grotstein, 1983, Scissione e identificazione proiettiva, Astrolabio, Roma). Il mio interesse per il tema dell identificazione proiettiva nasce dall esperienza lavorativa in una Comunità terapeutica per tossicodipendenti. Fin dall inizio del lavoro mi sono scontrato con la forte carica emotiva presente nel loro modo di rapportarsi delle utenti e soprattutto con le forti reazioni emotive che sentivo scatenate dentro di me nel rapporto con le utenti nella quotidianità e all interno del setting più ristretto dei colloqui settimanali che tenevo con loro. L evento scatenante, che mi porta oggi a stendere questo scritto, è stato un episodio di mia collusione in una dinamica con un utente che, a posteriori, penso di poter definire come il mio aver agito una controidentificazione proiettiva. L episodio mi colpì per la forza con cui mi sentivo invaso dalle emozioni, e per la sensazione di avere agito una parte non mia, come se fossi stato spinto ad agire in quel modo senza conoscerne il motivo. Mi aiutò nella comprensione dell accaduto la lettura dell opera di Melanie Klein, soprattutto il concetto di identificazione proiettiva e gli sviluppi da esso assunti attraverso gli studi dei seguaci britannici della Klein, e l uso del concetto nella comprensione del transfert e del controtransfert. Mi risultò chiaro come a volte le persone scindano potentemente delle parti di se stesse e le proiettino all esterno, manipolando anche sottilmente la relazione al fine di far sentire ad un altra persona le emozioni e le parti scisse e proiettate, di come la persona che riceve la proiezione sia spinta ad agire queste emozioni; dall altro lato ho potuto constatare che è utile cercare di contenere le proiezioni e renderle all utente in forma accettabile, in modo che queste emozioni e parti di sé inaccettabili possano essere pensate e pian piano reintegrate all interno del resto della personalità. In questo scritto mi propongo di seguire l evoluzione del concetto di identificazione proiettiva a partire dall opera di Melanie Klein e dalla sua concezione dello sviluppo della personalità basato sulle posizioni schizoparanoide e depressiva, momento in cui 2

4 si parla per la prima volta di questo fenomeno visto principalmente quale meccanismo di difesa messo in atto dall Io per proteggersi dall angoscia. Il concetto di identificazione proiettiva verrà poi ripreso e sviluppato dai successori di Melanie Klein, soprattutto da Bion, che collega questo meccanismo con lo sviluppo del pensiero. Negli anni successivi il concetto di identificazione proiettiva ha avuto molta fortuna, e sono emersi numerosi scritti che ne hanno attestato la presenza nelle dinamiche psicotiche, schizoidi e borderline, che hanno attestato il suo ruolo nella formazione del simbolismo e del pensiero, nella formazione e mantenimento delle cosiddette costellazioni patologiche, e il suo ruolo all interno dei processi di transfert e controtransfert. CAPITOLO I LA CONCEZIONE KLIEINIANA DELLO SVILUPPO 1.1 Alla scoperta del mondo interno del bambino. Le scoperte e le teorizzazioni di Melanie Klein ( ) hanno avuto un grande impatto nello sviluppo della psicoanalisi e si inseriscono storicamente nel punto di passaggio dalla teoria strettamente pulsionale di Freud al modello delle relazioni oggettuali. La Klein si è sempre considerata un allieva di Freud e nel suo lavoro è partita dalle teorie del maestro applicandole però ad un tipo particolare di pazienti: i bambini. Questo la portò a modificare la tecnica comunemente utilizzata con i pazienti adulti: le libere associazioni vennero sostituite dall utilizzo del gioco che era più adatto alla psiche dei bambini. Il gioco infantile può rappresentare le fantasie e le angosce del bambino, seguendo le quali Melanie Klein giunse a scoprire il mondo delle fantasie inconsce e dei rapporti oggettuali. Proseguendo nel suo lavoro, si è trovata a dover modificare alcune delle teorizzazioni di Freud e si è allontanata dallo studio delle nevrosi avvicinandosi sempre di più al campo della malattia psicotica e delle sue manifestazioni. 3

5 Uno dei contributi più importanti di Melanie Klein è stato l introduzione dei concetti di posizione schizoparanoide e di posizione depressiva che le hanno anche permesso di formulare una teoria coerente ed organica dello sviluppo psichico e della sua patologia. Scrive Hanna Segal: Il termine posizione indica uno stato di organizzazione dell Io e descrive le caratteristiche di fenomeni collegati tra loro: situazione dell Io, natura delle relazioni con gli oggetti interni, natura dell angoscia e delle relative difese (Hanna Segal, 1981, pp. 115). Sebbene le due posizioni vengano presentate concettualmente distinte, in realtà non esiste una vera linea di demarcazione tra di loro e anzi, i due tipi di angoscia che le contraddistinguono (quella paranoide e quella depressiva) sono commiste fin dal inizio e si hanno varie oscillazioni progressive e regressive fra le due posizioni. Melanie Klein mutua da Freud il concetto di pulsioni di vita e di morte operanti fin dalla nascita e l Es viene visto come il serbatoio di queste pulsioni. L operare della pulsione di morte all interno dell organismo farebbe insorgere la paura dell annientamento, è la forma originaria dell angoscia. Viene postulato un Io attivo fin dalla nascita che viene stimolato dalla pulsione di vita a compiere alcune attività, come quella di far fronte all angoscia attuando meccanismi di difesa e attivando le tendenze all integrazione e all organizzazione. Anche la fantasia è una funzione dell Io, e viene definita come l espressione psichica delle pulsioni di vita e di morte. Inoltre l attività fantastica è alla base dei meccanismi di introiezione e proiezione che mettono in grado l Io di [ ] istituire relazioni oggettuali (Melanie Klein, 1952, pp. 537). Quindi per la Klein la dinamica psichica è il risultato dell operare delle pulsioni di vita e di morte (Melanie Klein, 1958, pp. 548) che portano l Io primitivo ad espellere la pulsione di morte all esterno e ad indirizzarla verso un oggetto, inizialmente il seno materno. Su questo oggetto parziale esterno viene proiettata anche la pulsione di vita o libido. E proprio tramite questo meccanismo che si produce l investimento oggettuale, mentre tramite il processo di introiezione si vengono a creare degli oggetti interni, che sono in relazione con quelli esterni ma non corrispondono ad essi, venendo trasformati dalla particolare fantasia del bambino attiva durante il processo stesso di introiezione. Potendo essere queste fantasie libidiche (pulsione di vita) o aggressive (pulsione di morte) si verranno a creare oggetti buoni e oggetti cattivi nel mondo interno del bambino che diventano 4

6 fonte tanto di persecuzioni interne quanto di arricchimento e di stabilità interiori (Melanie Klein, 1952, pp. 536). Scrive Hanna Segal: Con alcuni di questi oggetti l Io si identifica: è questa l identificazione proiettiva (corsivo mio). Essi vengono assimilati nell Io e contribuiscono alla sua crescita e alle sue caratteristiche. Altri rimangono come oggetti interni separati (il Super-Io non è altro che questo) e l Io mantiene con loro un rapporto. Gli oggetti interni sono sentiti anche in relazione l uno con l altro [ ]. La struttura della personalità è in grande misura determinata dalle più permanenti tra le fantasie che l Io ha di se stesso e degli oggetti che contiene (Introduzione all opera di Melanie Klein, 1975, pp. 40). Le due rappresentazioni dell oggetto create dalla proiezione e dall introiezione vengono scisse all interno dell Io, con lo scopo di salvaguardare l oggetto buono. L Io, sostenuto dall oggetto buono interiorizzato e rafforzato dal suo identificarsi con esso, proietta una porzione della pulsione di morte nella parte scissa di sé, sicchè questa parte viene a trovarsi in opposizione con il resto dell Io e costituisce il nucleo di base del Super-Io (Sviluppo dell attività psichica, 1958, pp. 544). Contemporaneamente nel Super-Io vengono proiettate anche parte degli oggetti buoni, quindi questa istanza viene ad assumere aspetti sia persecutori che protettivi, a causa dell impasto delle due pulsioni proiettate. L oggetto interno maggiormente indagato è il Super-Io, che nel bambino piccolo ha tonalità sadiche e persecutorie che derivano dalle vicissitudini del sadismo durante lo sviluppo psicosessuale. La Klein postula una fase di massimo sadismo nei primi mesi di vita che inizierebbe con gli impulsi sadico-orali di divorare il seno e terminerebbe con il primo stadio anale. In questo periodo si avrebbe anche l inizio del complesso edipico. Inizialmente le tendenze genitali sono frammiste con quelle orali perché le tendenze edipiche insorgono a seguito delle frustrazioni orali provate dal bambino per effetto dello svezzamento (I primi stadi del conflitto edipico, 1928, pp. 214), e il bambino desidera il pene (equiparato al seno) come oggetto di soddisfacimento. Dal momento in cui il lattante, sotto il predominio della libido orale, introietta i suoi oggetti originari, le imago primarie hanno un duplicato nel suo mondo interiore. Le imago del seno materno e del pene paterno si installano all interno del suo Io e costituiscono il nucleo del Super-Io. Seno e madre introiettati, per un verso buoni e per l altro cattivi, e pene e padre introiettati, corrispondentemente buoni e cattivi, sono i primi rappresentanti da un lato delle figure interne protettrici e soccorrevoli e dall altro delle figure interne vendicative e persecutrici; essi sono inoltre gli oggetti delle prime identificazioni dell Io (Melanie Klein, 1945, pp. 397). 5

7 E importante notare che per la Klein i bambini hanno una sorta di preconcezione innata degli organi sessuali, della loro differenza, e del rapporto sessuale fra i genitori, sebbene quest ultimo venga concepito in conformità con le fantasie proprie della fase sessuale nella quale si trova il bambino. Il coito viene inizialmente concepito come coito orale e la madre viene immaginata incorporare oralmente il pene paterno. Sotto il primato delle fantasie orali il bambino immagina che il corpo della madre sia ricolmo di cose da mangiare come il pene, le feci e i bambini e ha impulsi fantastici di depredare il corpo della madre di questi oggetti utilizzando le armi del sadismo. Con l emergere del sadismo uretrale e anale gli escrementi, nella fantasia, diventano strumenti micidiali che tagliano, bruciano, esplodono oppure diventano sostanze velenose. Queste aggressioni suscitano però l angoscia di ricevere le stesse ritorsioni dall esterno ma anche dall interno a seguito dell introiezione sadico-orale degli oggetti che vanno a comporre il Super-Io primitivo che funziona secondo la legge del taglione. Così le fantasie di penetrare violentemente nel corpo materno e di depredarlo dei suoi contenuti susciteranno la paura di essere depredato a propria volta dalla madre cattiva interiorizzata, mentre le fantasie di distruggere il pene e di strapparlo al padre faranno insorgere la paura di essere a propria volta evirato. 1.2 Dalla scissione all integrazione: le posizioni kleiniane. Le angosce persecutorie appena descritte caratterizzano quella che la Klein chiama posizione schizoparanoide che ricopre i primissimi mesi di vita. Il dinamismo delle pulsioni di vita e di morte, spingendo l Io ad attivare la proiezione e l introiezione, porta alla creazione di oggetti interni ed esterni buoni (protettivi) e cattivi (persecutori). I sentimenti di amore vengono rivolti al seno buono, mentre l odio e l angoscia di persecuzione si fissano al seno cattivo: l Io si scinde in una parte libidica e in una distruttiva ed è in relazione con un oggetto scisso in modo corrispondente (Melanie Klein, 1981, pp. 108). Altri meccanismi di difesa messi in azione sono l idealizzazione che esalta gli aspetti buoni del seno al fine di proteggersi dalla paura del persecutore e al fine di creare un seno che dia soddisfazioni illimitate: questo processo viene attuato azionando anche la difesa del 6

8 diniego onnipotente che elimina la percezione del seno cattivo e di ogni esperienza di angoscia e frustrazione. In questo modo viene sottoposta a diniego non solo una situazione ed un oggetto, ma anche una relazione oggettuale, perché viene denegata anche la parte dell Io dalla quale promanano i sentimenti diretti verso l oggetto. L angoscia fondamentale di questo periodo è quella che l Io venga annientato dall operare dei persecutori interni, e contro questo pericolo vengono quindi messi in moto i meccanismi difensivi della scissione, proiezione, introiezione, idealizzazione e diniego onnipotente, al fine di consolidare la presenza dell oggetto buono idealizzato che protegge l Io contro l azione distruttiva dei persecutori. In questo periodo il sadismo è molto spiccato e vengono compiuti in fantasia degli attacchi orali al seno materno e poi a tutto il corpo della madre. Questi attacchi inizialmente mirano a succhiare, portare via a morsi, a cavare fuori e asportare i contenuti buoni del corpo materno (Melanie Klein, 1946, pp. 416). Quando saranno attivi anche gli impulsi sadico-uretrali e sadico-anali, questi attacchi consistono nell espellere gli escrementi dannosi e metterli all interno della madre insieme a parti scisse dell Io. Le feci vengono fantasticate sia come oggetti lesivi sia come mezzi che permettono di controllare dall interno il corpo della madre la quale, contenendo anche le parti cattive dell Io, viene ad essere identificato con l Io cattivo. Ciò determina una particolare forma di identificazione che costituisce il prototipo delle relazioni oggettuali aggressive. Proporrei di denominare questa forma di processo di identificazione identificazione proiettiva (Melanie Klein, 1946, pp. 417). Non vengono espulse solo le parti cattive del Sé, ma anche quelle buone, e questo processo è fondamentale per lo sviluppo di relazioni oggettuali positive. Se però questo processo diventa eccessivo, le parti buone della personalità vengono vissute come se fossero esaurite e perdute, e la madre viene identificata con l ideale dell Io: si ha quindi un indebolimento e impoverimento dell Io. Tutte queste scissioni dell Io e degli oggetti interni portano alla sensazione che l Io sia in frammenti e la Klein dirà che il progresso dello sviluppo dell Io e delle relazioni oggettuali dipende dalla misura in cui si stabilisce un equilibrio ottimale fra introiezione e proiezione nei primi stadi evolutivi, cosa che, a sua volta, influisce sull integrazione dell Io e sull assimilazione degli oggetti interni (Note su alcuni meccanismi schizoidi, 1946, pp. 419). 7

9 Col progredire dello sviluppo l oggetto buono è sentito come più stabile all interno dell Io, l identificazione con esso diventa più cospicua e verso i 4-5 mesi di vita si ha la comparsa dell oggetto totale, ossia della madre percepita come persona intera e separata e non più come oggetto parziale (seno). Questa nuova progressiva percezione dell oggetto muterà i rapporti dell Io con esso, portando il bambino alle soglie di quella che la Klein chiama posizione depressiva. Questa posizione compare all interno della fase orale ed è caratterizzata dalla paura della perdita dell oggetto amato, la quale scaturisce dal timore che l oggetto buono sia stato danneggiato dal processo di suzione cannibalesca e dal timore che sia in pericolo a causa dell azione dei persecutori interni nonché a causa dell aggressività propria del bambino. Tutto questo porta ad un accentuarsi dei meccanismi di introiezione per cercare di stabilire saldamente l oggetto buono e per avere un alleato contro i persecutori. Nasce così una nuova fonte di angoscia che la Klein chiama angoscia depressiva, caratterizzata dalla paura della distruzione del Sé e dell oggetto buono da parte dei persecutori: sopraggiunge quindi una preoccupazione per l oggetto. Scrive Melanie Klein: i processi che in seguito costituiscono chiaramente la perdita dell oggetto amato sono determinati originariamente dalla sensazione di non riuscire a salvaguardare e conservare il buon oggetto introiettato, cioè ad assicurarsene il possesso. Una delle ragioni del suo insuccesso sta nel non essere stato capace di dominare la paura paranoide dei persecutori interni (Melanie Klein, 1935, pp. 302). In questo momento l Io comincia a riconoscere la sua realtà psichica e si rende conto della distruzione dell oggetto e del mondo interno operata dal suo sadismo nel passato e nel presente. E in questo momento che secondo la Klein sorge il senso di colpa propriamente detto, perché il bambino si rende conto che la distruzione dell oggetto è opera sua, e questa nuova situazione lo porterà a difendersi da questa percezione essenzialmente tramite due meccanismi di difesa: la difesa maniacale e la riparazione. Nella difesa maniacale viene negata la dipendenza dall oggetto amato che viene controllato in maniera onnipotente col desiderio di umiliarlo e di trionfare su di esso, in modo che la sua perdita non faccia sorgere sofferenza o senso di colpa. Vi può anche essere una fuga nell oggetto interno idealizzato con lo scopo di negare la possibilità che esso sia distrutto o morente. Ma la difesa maniacale, se protratta a lungo, non produce crescita, infatti il desiderio di controllare l oggetto, il 8

10 soddisfacimento sadico di superarlo e umiliarlo, di avere la meglio e di trionfare su di esso, possono permeare così intensamente l azione restauratrice che il circolo benigno attivato da questa azione si rompe. Gli oggetti che dovevano essere restaurati si tramutano allora di nuovo in persecutori e tornano a risorgere le paure paranoidi (Melanie Klein, 1940, pp. 333). Melanie Klein dà importanza al concetto di ambivalenza che nasce dalla tendenza degli oggetti buoni e cattivi ad unirsi e dal rendersi conto del bambino che i suoi sentimenti di odio e di amore sono diretti verso un unico oggetto. A questo punto l Io ad ogni passo avanti nell unificazione opera una nuova scissione per cercare di proteggere l oggetto buono, ma con il crescere dell adattamento al mondo esterno, questa scissione viene compiuta a distanze di ricongiungimento sempre minori e sempre più prossime alla realtà (Melanie Klein, 1935, pp. 324). Secondo la Klein la posizione depressiva coincide con la nevrosi infantile ed il complesso edipico e dirà che la funzione della nevrosi infantile è quella di superare le angosce psicotiche dei primi mesi di vita. Nella posizione depressiva entrambi i genitori, separati o in coppia, costituiscono gli oggetti totali buoni ed entrambi vengono aggrediti in fantasia, specialmente quando sono uniti nell amplesso (Hanna Segal, Melanie Klein, 1981, pp. 79). Il seno è quindi il prototipo degli altri oggetti che andranno a costituire il mondo interno del bambino, e la posizione depressiva può ritenersi conclusa nel momento in cui l Io sente di aver instaurato dentro di sé questi oggetti buoni e amorevoli e di poter aver fiducia nella propria capacità di amare e di restaurare questi oggetti. In queste condizioni la proiezione può diminuire di intensità, diminuiscono le angosce paranoidi e anche l aggressività e il sadismo, si ha una maggiore comprensione della realtà psichica e della realtà esterna e si ha il pieno fiorire delle tendenze alla riparazione e alla sublimazione. La fantasia di una madre buona, un pene e un padre buoni, di una buona coppia genitoriale interni sono il presupposto per una buona genitalità e un buon rapporto oggettuale. Nel bambino, l identificazione con il buon pene paterno dà libero sfogo alle tendenze riparative verso il corpo della madre, essendo sentito il pene come l organo restauratore in grado di dare alla madre i bambini che in passato erano stati aggrediti all interno del suo corpo. Per la bambina, il ricevere il buon pene paterno e l avere bambini è un modo per restaurare la madre aggredita in passato tramite il sadismo. Il prevalere di figure persecutorie, in veste paterna, materna, o combinata, ingenera fissazioni agli 9

11 stadi pregenitali e alle angosce persecutorie, impedendo una salda genitalità e un vero superamento della posizione depressiva. 1.3 Il ruolo dell identificazione proiettiva. L identificazione proiettiva è un meccanismo di difesa nominato per la prima volta da Melanie Klein nel suo scritto Note su alcuni meccanismi schizoidi del Ella la definisce come un meccanismo per cui, in fantasia, il bambino scinde delle parti di sé e le proietta all interno di un oggetto che viene identificato con queste parti proiettate. Nello scritto sopracitato la Klein ne parla in relazione alla fantasie sadiche del bambino di inserire nel corpo della madre le proprie feci vissute come aggressori al fine di controllarla e depredarla dei suoi contenuti (pene e bambini), il che crea la paura di un persecutore; ne parla anche nei termini di proiezione di parti buone del Sé nell oggetto che crea il presupposto per delle buone relazioni oggettuali ma che, se effettuata in eccesso, porta ad un impoverimento del soggetto e ad una dipendenza dagli oggetti esterni che sono vissuti come oggetti ideali (ideale dell Io). Questo particolare tipo di relazione oggettuale schizoide è definito come relazione narcisistica perché il soggetto in realtà si relaziona con l ideale dell Io proiettato e non con l oggetto in quanto tale; in questo senso sarebbe narcisistica anche la relazione fondata sulla proiezione delle parti cattive del Sé. Questo meccanismo porta a cercare di controllare l altra persona per non perdere le parti proiettate. In Alcune conclusioni teoriche sulla vita emotiva del bambino nella prima infanzia (1952) il concetto di identificazione proiettiva viene sviluppato ulteriormente e il suo nascere viene posto in concomitanza con l ingorda introiezione sadico-orale del seno (pp. 468). Accanto all identificazione proiettiva, maggiormente connessa con le fantasia sadico-anali, viene inserita l identificazione introiettiva connessa all introiezione sadico-orale del seno, e questi processi sono complementari perché ogni proiezione comporta un introiezione. Così la paura di persecuzione interna porta ad una massiccia proiezione che crea persecutori esterni, i quali a loro volta vengono introiettati facendo aumentare la paura interna che a sua volta attiva il ricorso alla proiezione: si instaura in questo modo un circolo vizioso distruttivo. 10

12 Oltre a quello che si può definire come il circolo negativo dell identificazione proiettiva vi è quello positivo, che deriva dalla proiezione nell oggetto esterno delle parti buone del sé che costituisce il presupposto per l introiezione del seno buono. In questo caso il continuo operare di identificazioni proiettive e introiettive porterà allo stabilirsi sempre più saldo dell oggetto buono interno, evento che spingerà il bambino verso la sperimentazione delle angosce depressive. L identificazione proiettiva può avere diversi scopi: quando è diretta verso l oggetto ideale cerca di evitare la separazione, se è diretta verso l oggetto cattivo può avere il fine di acquisirne il controllo; parti cattive possono essere proiettare per liberarsene o per distruggere l oggetto, le parti buone possono essere proiettate per evitare la separazione o per tenerle al sicuro dai persecutori interni, o per migliorare l oggetto attraverso una sorta di riparazione proiettiva. L identificazione proiettiva è anche legata all operare dell invidia, descritta dalla Klein come una manifestazione della pulsione di morte e diretta a deturpare l oggetto contenitore di ogni bontà: nell oggetto fonte di invidia vengono proiettate le parti cattive di Sé al fine di deturparlo e di guastarne la bontà: deturpare è quindi una manifestazione dell invidia e una difesa contro di essa [ ] l invidia agisce attraverso un identificazione proiettiva distruttiva (Hanna Segal, 1981, pp. 133). L operare dell identificazione proiettiva fa comunque sorgere delle situazioni di angoscia: la fantasia di penetrare violentemente nell oggetto fa insorgere angosce attinenti ai pericoli che minacciano il soggetto dentro l oggetto. Per esempio, gli impulsi a controllare un oggetto dal suo interno suscitano nel soggetto la paura di essere controllato e perseguitato dentro di esso. Con l introiezione e la re-introiezione dell oggetto penetrato violentemente, le sensazioni di persecuzione interna del soggetto si rafforzano intensamente; e ciò tanto più quanto l oggetto reintroiettato è sentito contenere gli aspetti pericolosi del Sé (Melanie Klein, 1946, pp. 420). Oltre ad essere un meccanismo difensivo, l identificazione proiettiva può essere considerata come la prima forma di empatia su cui si basa la capacità di mettersi nei panni di un altro ; inoltre essa è la base della formazione dei simboli. Questi concetti verranno maggiormente sviluppati da alcuni allievi di Melanie Klein, come Bion e Hanna Segal. 11

13 CAPITOLO II SVILUPPO DEL CONCETTO DI IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA L identificazione proiettiva nella formazione dei simboli e nella comunicazione. Hanna Segal, allieva di Melanie Klein, mette in relazione l identificazione proiettiva con il processo di formazione dei simboli. In Note sulla formazione del simbolo (1955) asserisce che mediante le proiezioni e identificazioni di parti del Sé e degli oggetti interni negli oggetti esterni si ha l inizio del processo di formazione del simbolo. Questi primi simboli sono sentiti come se fossero l oggetto originario, e non dei sostituti, quindi non si ha una differenziazione fra la cosa simbolizzata e il simbolo. Questo accade perché tramite l identificazione proiettiva i confini fra l Io e l oggetto risultano confusi e si offusca la loro differenza. La Segal chiama equazioni simboliche questi primi simboli. Il passaggio dalle equazioni simboliche ai simboli veri e propri avviene durante la posizione depressiva attraverso il cambiamento della relazione oggettuale e delle difese utilizzate. Se prima il fine era di possedere completamente l oggetto buono e di eliminare i persecutori ora, con una maggiore integrazione dei due aspetti dell oggetto, il fine diventa quello di preservarlo dalla propria aggressività: il simbolo è necessario per spostare l aggressività dall oggetto originario e diminuire la colpa e la paura della perdita e a questo punto oggetto e simbolo non sono la stessa cosa. I simboli vengono creati anche internamente come un modo per restaurare l oggetto originario; questi simboli vengono poi proiettati all esterno, creando il legame simbolico con le cose. Il simbolo viene creato perciò al fine di superare la perdita, mentre le equazioni simboliche, non contemplando differenziazione fra Sé e oggetto, negano la perdita. Se le angosce sono molto forti, si può avere una regressione alla fase schizoparanoide, con il concomitante utilizzo dell identificazione proiettiva e una regressione dai simboli alle equazioni simboliche. È questa la base del pensiero concreto che si riscontra negli psicotici, in cui le parole vengono equiparate all oggetto che designano. 12

14 Un altro allievo di Melanie Klein che sviluppò il concetto di identificazione proiettiva è Wilfred Bion, il quale si è interessato soprattutto della nascita del pensiero e degli aspetti psicotici della personalità. Nei suoi studi emergono due aspetti dell identificazione proiettiva: è vista come mezzo di comunicazione fra infante e madre e/o come mezzo per distruggere i legami con la realtà esterna. Bion postula la presenza nel bambino di protopensieri, cioè impressioni sensoriali ed esperienze emotive molto primitive connessi con l esperienza concreta della cosa-insé (Grinberg, 1993, pp.41), inoltre il bambino avrebbe una concezione innata del seno. I protopensieri (elementi beta o cosa-in-sé ) sarebbero come degli oggetti cattivi perché per esempio la fame fa sperimentare la necessità non soddisfatta della quale si cerca di liberarsi. L incontro con il seno reale che soddisfa permette al bambino di disfarsi del seno cattivo proiettandolo dentro la madre attraverso l identificazione proiettiva. In questo modo la preconcezione del seno si incontra con una soddisfazione e nasce la concezione. Quando la preconcezione non si incontra col seno reale si ha una realizzazione negativa che può portare alla comparsa del pensiero a patto che il bambino sia dotato di una sufficiente tolleranza alla frustrazione: se la tolleranza è bassa, la frustrazione viene evacuata come elemento beta (cattivo seno presente) e si ha uno sviluppo ipertrofico dell apparato di identificazione proiettiva che ha lo scopo di liberare la psiche dall accumulo di oggetti cattivi interni; se è sufficiente si mette in moto un meccanismo atto a modificare la frustrazione che sfocia nella creazione di elementi alfa e pensieri, che rappresentano la cosa-in-sé. In quest ultima condizione il non-seno diventa un pensiero che aiuta a superare la frustrazione e si sviluppa l apparato per pensare i pensieri. Questo è possibile se gli elementi beta proiettati dentro la madre sono da questa accolti e trasformati attraverso quella che Bion chiama reverie, che consiste nella capacità della madre di accogliere, tollerare e modificare le emozioni proiettate dal bambino e di renderle a quest ultimo in forma tollerabile. Questo processo di trasformazione viene chiamato funzione alfa e permette al bambino di introiettare la cosa cattiva trasformata e anche la funzione stessa, acquisendo i mezzi embrionali per tollerare la frustrazione e per pensare. Se la madre non riesce a tollerare queste proiezioni il neonato è costretto ad insistere con l identificazione proiettiva, portandola avanti con intensità e frequenza crescenti (Bion, 1961, pp200). In seguito si installa internamente un oggetto-che-rifiuta-l identificazione-proiettiva, e ciò significa che, invece di un oggetto in grado di capire, il neonato ha al proprio 13

15 interno un oggetto che fraintende volutamente, e con cui si è identificato (Bion, pp. 202). La funzione alfa e il modello contenitore-contenuto sono alla base dell uso dell identificazione proiettiva come forma di comunicazione, mentre l inadeguata reverie materna insieme a una bassa tolleranza alla frustrazione, a un invidia e un odio eccessivi da parte del bambino, portano all utilizzo dell identificazione proiettiva come mezzo per evacuare la mente e per eliminare i legami con la realtà. In questo caso si ha una distruzione del legame fra neonato e seno e la gestione della vita emotiva diventa intollerabile: emerge un forte odio che spinge a ricorrere all identificazione proiettiva di tutto l apparato percettivo che forma un legame fra le impressioni sensoriali e la coscienza (Bion, 1957, pp.114). Questa identificazione proiettiva patologica provoca la violenta frammentazione dell apparato psichico in una molteplicità di frammenti, i quali vengono collocati nel mondo esterno formando gli oggetti bizzarri. Questi Sono costituiti da un agglomerato, articolato in modo non armonico, di frammenti dell apparato psichico, oggetti interni, parti dell Io, parti del Super-Io e aspetti degli oggetti reali. Il paziente crede che questi oggetti bizzarri penetrino e si incistino dentro gli oggetti reali possedendoli. L oggetto posseduto attacca, a sua volta, la parte della personalità che è stata proiettata al suo interno, spogliandola della sua vitalità [ ] la particella di personalità si è trasformata in una cosa (Grinberg, 1993, pp. 22) Il paziente psicotico dipende da questi oggetti per utilizzarli come prototipi di idee, e il loro stato porta il paziente a credere che le parole siano uguali alle cose reali che indicano. Se il soggetto vuole recuperare questi oggetti, deve operare una identificazione proiettiva alla rovescia, seguendo la stessa via dalla quale sono stati espulsi, che viene vissuta come un atto di violenza perché la precedente violenta scissione gli fa sentire pericoloso ogni tentativo di sintesi; inoltre, essendosi liberato di ciò-che-unisce, i metodi da utilizzare per la sintesi gli appaiono macilenti e distorti, potendo comprimere ma non unire, fondere ma non articolare; a causa dell identificazione proiettiva inoltre la capacità di unire viene sentita come vendicativa. Un eccesso di identificazione proiettiva impedisce l agevole introiezione e assimilazione delle impressioni sensoriali, negando così alla personalità una base solida per l instaurarsi del pensiero verbale (Bion, 1955, pp.90). 14

16 2.2 Le organizzazioni patologiche. È un termine adottato dai Kleiniani per designare un insieme di fenomeni clinici come il narcisismo, gli stati borderline, la tossicodipendenza, la perversione sessuale e la struttura caratteriale perversa. Queste organizzazioni sono viste secondo due prospettive: la prima che mette in risalto il predominio di un Sé cattivo sul resto della personalità; la seconda presuppone lo sviluppo di un modello strutturato di impulsi, angosce e difese che radicano la personalità in un qualche punto intermedio fra le posizioni schizoparanoide e depressiva (Elizabeth Bot Spillius, 1988). Ci si può riferire a loro come strutture narcisistiche che, secondo Melanie Klein (1946) sono organizzazioni durature che comportano l identificazione proiettiva per controllare gli oggetti e la loro reintroiezione in un modo che influenza la struttura dell Io e del Super-Io. Rispetto al primo filone si possono menzionare gli studi di Henry Rey (1979) che sottolinea come nei fenomeni schizoidi vi sia un intrappolamento in un oscillazione fra claustrofobia e agorafobia: a causa dell identificazione proiettiva il soggetto schizoide vive lo spazio che la contiene come ostile e pericoloso, ma uscire da questo spazio lo fa sentire perduto, in uno stato di frammentazione e senza contenitore. Rosenfeld, in Sulla psicopatologia del narcisismo: un approccio clinico (1964), descrive il modo in cui il Sé si identifica proiettivamente con le qualità buone e invidiabili dell oggetto, offuscando il confine fra il Sé e l oggetto e reclamando come proprie le qualità di quest ultimo. Lo scopo è il diniego della separatezza dell oggetto e della dipendenza da esso, inoltre vengono evitati i sentimenti dell invidia, dell impotenza e dell angoscia depressiva. In Approccio clinico alla teoria psicoanalitica degli istinti di vita e di morte: indagine sugli aspetti aggressivi del narcisismo (1971), descrive un organizzazione basata sull idealizzazione del sé cattivo in cui la parte sana e dipendente entra nell oggetto delirante e ha luogo un identificazione proiettiva in cui il sé sano perde la propria identità ed è dominato da un processo distruttivo onnipotente. Riguardo al secondo filone rispetto alle organizzazioni patologiche, Edna O Shaughnessy scrive: 15

17 si tratta di pazienti con un Io debole che, a causa di un livello di persecutorietà superiore al normale, arrivano all infanzia fino ai confini della posizione depressiva, ma, incapaci di negoziarla, costruiscono al suo posto un organizzazione difensiva. In Drogarsi di quasi morte (1982), Betty Joseph descrive la qualità di tossicodipendenza e il piacere sessuale della relazione fra le parti distruttive e quelle dipendenti del sé. Descrive un tipo di identificazione proiettiva in cui la disperazione viene riversata dentro l analista che si sente schiacciato e senza via di uscita; l analista viene poi interiorizzato in questa forma dal paziente, che resta intrappolato in una situazione interna in cui schiaccia ed è schiacciato, e ne derivano paralisi e una profonda gratificazione. Le parti vitali del paziente rimangono così scisse e proiettate e il paziente rimane nella sua condizione tossicomanica senza i mezzi per affrontarla. In L interazione fra organizzazioni patologiche e posizioni schizoparanoide e depressiva (1985), John Steiner descrive minuziosamente il formarsi e la struttura dell organizzazione difensiva, mettendola in rapporto alle posizioni kleiniane. Quando nella posizione schizoparanoide prevalgono l ostilità e l invidia, l identificazione proiettiva di tipo violento può portare ad una minuta frammentazione dell oggetto e della parte dell Io proiettata causando una scissione disintegrativa. Il cedimento della normale scissione può rendere il soggetto vulnerabile all influenza di un organizzazione patologica che offre una pseudostruttura. L organizzazione è descritta come narcisistica, in cui vi è la preponderanza dell identificazione proiettiva che crea oggetti controllati dalle parti del sé proiettate; inoltre la scissione tende a creare oggetti multipli che vengono assemblati in una struttura organizzata spesso con mezzi perversi. 16

18 CAPITOLO III IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA E CONTROTRANSFERT 3.1. Il concetto di controtransfert Sigmund Freud elaborò il concetto di controtransfert intorno al A quel tempo egli pensava a questo fenomeno come a qualcosa che disturbava il processo terapeutico e che interferiva con la funzione del terapeuta di essere uno schermo bianco per le proiezioni del paziente; era quindi un fenomeno da padroneggiare più che da utilizzare a fini terapeutici, risultante in gran parte dai conflitti inconsci ancora irrisolti del terapeuta. Negli anni Quaranta si cominciò a prestare attenzione ai pazienti con problematiche pre-edipiche, che tendevano a provocare sentimenti intensi negli analisti, costringendoli ad esaminare meglio le loro reazioni: si cominciò così a studiare il controtransfert positivo e negativo. Nel 1950 Frieda Fromm-Reichman scrive che le reazioni alle manifestazioni del paziente possono essere usate dal terapeuta come strumento per comprendere implicazioni nascoste delle comunicazioni del paziente. Anche Winnicott (1949) e Racker (1953) rilevarono l esistenza e l importanza delle reazioni emotive del terapeuta al paziente e della loro funzionalità ai fini del trattamento; queste reazioni diventavano un ostacolo solo nella misura in cui restavano inconsapevoli. Per quello che riguarda specificamente l analisi bioenergetica, Lowen in Il tradimento del corpo (1967) scrive: Il controtransfert si riferisce al ruolo che il terapeuta può inconsciamente assumere e al quale si aspetta che il paziente risponda. Denota le sue illusioni che il paziente non deve distruggere. Riflette il suo coinvolgimento con la sua immagine dell Io e la sua negazione della verità del corpo. In qualunque proporzione il controtransfert esista, costituirà un ostacolo alla guarigione del paziente (pp. 265). Questa visione si inserisce nella concezione freudiana di controtransfert e si riallaccia al modello della patologia mentale come conflitto che presuppone il fine di far rivivere ed elaborare al paziente il trauma sottostante: il paziente con i suoi conflitti resta al centro, mentre la soggettività del terapeuta resta secondaria. Si ha un cambiamento nel passaggio al modello della 17

19 patologia come deficit che prevede di far rivivere al paziente le fasi mancanti dello sviluppo, in cui il terapeuta, in risonanza empatica con i vissuti del paziente, assume una funzione centrale. Il primo modello o paradigma viene perciò chiamato oneperson psychology, centrata essenzialmente sulla persona del paziente, mentre il secondo rappresenta la cosiddetta two-person psychology in cui le due soggettività continuamente interagiscono, creando insieme, alla pari, il campo della relazione (Helferich, 2008). Questo cambiamento di paradigma è stato avviato dalle ricerche svolte sulla prima infanzia che hanno evidenziato l intersoggettività come base della stessa mente umana. E da questo momento che si tende a pensare sempre di più che il coinvolgimento intersoggettivo di analista e paziente sia il vero fulcro e veicolo del cambiamento terapeutico. Oggi si sente parlare di controtransfert totalistico, intendendo con ciò la risposta globale del terapeuta al cliente: i sentimenti del terapeuta sarebbero sempre correlati a ciò che interviene nella diade terapeutica, così come le reazioni del paziente sono correlate al suo rapporto col terapeuta. Grinberg (1957) parla anche di controtransfert complementare che si verifica quando l analista si identifica inconsciamente con gli oggetti interni del paziente e li esperisce come propri oggetti interni attivando i propri conflitti; e di controidentificazione proiettiva che è la reazione del terapeuta all identificazione proiettiva del paziente. Vediamo qui comparire il concetto di identificazione proiettiva all interno della cornice degli eventi transferali all interno del rapporto terapeutico e in effetti, se seguiamo la visione di questo meccanismo come mezzo di comunicazione, possiamo capire la sua importanza nelle interazioni terapeutapaziente. 3.2 Identificazione proiettiva e controtransfert Capponi (1979) scrive che l identificazione proiettiva è sempre più considerata come un meccanismo di interazione onnipresente per cui un individuo, sentendosi incapace di metabolizzare impressioni sensoriali, affetti e altri contenuti mentali disturbanti, li evacua in un oggetto. Egli cioè si relaziona all oggetto secondo una modalità che evocherà in quest ultimo la sua stessa esperienza. La definizione dell identificazione proiettiva come meccanismo che provoca nel terapeuta intense reazioni controtransferali spiega l importanza del controtransfert per i teorici delle 18

20 relazioni oggettuali. Secondo Grotstein (1982) e Ogden (1982) l intero processo terapeutico è dato dall identificazione proiettiva e dalla contro-identificazione proiettiva. In questo contesto si inserisce bene il modello contenitore-contenuto esposto da Bion, secondo cui il paziente proietterebbe nell analista i suoi elementi beta impensabili così che il terapeuta possa contenere questi elementi, digerirli e renderli poi al paziente in una forma tollerabile e pensabile. Robert Jacques e William White (2008) ritengono che l identificazione proiettiva sia un fenomeno energetico: la nostra ipotesi è che la proiezione di emozioni in una parte identificata del terapeuta, allo scopo di indurre quest ultimo all azione, si verifica in larga misura attraverso l influenza esercitata dall energia di chi proietta in colui che funge da oggetto dell identificazione. Si tratterebbe di un tentativo di fusione, giacchè l identificazione proiettiva tende a eliminare i confini fra Sé e altro-da-sé, scatenato da una mancanza di struttura interna che gestisca il tumulto della vita emozionale: il cliente aderisce al terapeuta per poter sviluppare una struttura (Jacques e White, 2008). Il terapeuta registra somaticamente questo fenomeno come un esasperazione di sensazioni corporee note, oppure può registrare la sua presenza sul piano relazionale o sul piano cognitivo in forma di fantasia: ciò significa che sta avvenendo un cambiamento nell economia del rapporto e nella dinamica somatica: il primo sintomo dell identificazione proiettiva è una sensazione persistente e insolita che si manifesta inizialmente nel corpo e in seguito viene percepita come emozione, quindi come pensiero o fantasia. Il terapeuta deve riconoscere questi elementi e cercare di comprendere lo scopo dell identificazione proiettiva, evitando interventi prematuri che avrebbero lo scopo di liberarsi da queste sensazioni fastidiose, non portano così giovamento al paziente. CONCLUSIONI In questo tragitto siamo partiti dal lavoro di Melanie Klein coi bambini, che ha aperto alla psicoanalisi il mondo delle angosce e delle fantasie primitive che stanno alla base della strutturazione della personalità. Fra le fantasie utilizzare per fronteggiare l angoscia compare l identificazione proiettiva, pensata inizialmente come un 19

21 processo essenzialmente intrapsichico tramite cui il bambino fantastica di proiettare dentro la madre delle parti di sé con cui essa viene identificata. Questa proiezioneidentificativa ha degli effetti, nel senso che quando il bambino reintroietta l oggetto lo percepisce come modificato in base alle parti precedentemente proiettate. Pare dunque che l identificazione proiettiva non abbia alcun effetto reale sull oggetto esterno, tutto si compie nella fantasia interna del bambino, sebbene vi sia un riscontro di queste fantasie nel suo comportamento. Da Bion in poi appare anche una visione interpersonale dell identificazione proiettiva, in cui un oggetto esterno (la madre dotata di reverie) riceve realmente dentro di sé le emozioni proiettate dal bambino e le rimanda indietro dopo averle metabolizzate e rese digeribili per il bambino. Questa visione è scaturita dal rapporto terapeutico con i pazienti psicotici, che provocavano nell analista forti reazioni emotive, e questo si può considerare come l inizio di una visione del controtransfert come utile al processo terapeutico e non solo come ostacolo. L identificazione proiettiva diventa anche un mezzo primitivo di comunicazione di impulsi, stati emotivi, sensazioni intollerabili, e il controtransfert può essere come la capacità di reverie materna che permette all analista di recepire, contenere e trasformare il materiale proiettato dal paziente. Nel corso del testo si è visto come il passaggio dalla visione del controtransfert come ostacolo a quella del controtransfert come risorsa sia parallelo al passaggio dalla one-person psychology alla two-person psychology : pare che una maggiore apertura all intersoggettività sia nel processo terapeutico che nella concezione dello sviluppo della persona (relazioni oggettuali) apra anche nuovi orizzonti al processo terapeutico, proprio tramite l uso dell identificazione proiettiva e del controtransfert come mezzo di comunicazione inconscia fra terapeuta e paziente. Nella visione dell identificazione proiettiva come fenomeno energetico si vede come questi concetti trovino spazio anche all interno della psicoterapia corporea, e come sia importante per il terapeuta essere a contatto col proprio corpo e le proprie sensazioni per essere adeguatamente aperto alle comunicazioni inconsce del paziente, che si manifesteranno prima di tutto in sensazioni corporee nel terapeuta. Scrive Gabriella Buti Zaccagnini (2004): la vitalità dell individuo e la quantità delle percezioni sono una misura del contatto con la realtà e ciò spiega perché la percezione consapevole dei processi di transfert e controtransfert in corso costituiscano la premessa necessaria al buon grounding. 20

22 BIBLIOGRAFIA Bott Spillius E. (1988), Melanie Klein today: developments in theory and practice, Volume 1: mainly theory; Routledge London and New York. Tad. It. Melanie Klein e il suo impatto sulla psicoanalisi oggi, volume primo: la teoria, 1995, Astrolabio, Roma. Greenberg J.R., Mitchell S.A. (1983), Object relations in Psychoanalytic Theory, Cambridge, Harvard Univerity Press. Trad.it. Le relazioni oggettuali nella teoria psicoanalitica, 1986, Il Mulino, Bologna. Grinberg L., Sor D., Tabak de Bianchedi E. (1991), Nueva introducciòn a las ideas de Bion. Trad.it. Introduzione al pensiero di Bion,1993, Raffaello Cortina, Milano. Grotstein J.S. (1981), Splitting and projective identification, Jason Aronson, New York. Trad.it. Scissione e identificazione proiettiva, 1983, Astrolabio, Roma. Klein M. (1957), Envy and gratitude, Tavistok Publications, Londra. Trad.it. Invidia e gratitudine, 1985, Martinelli, Firenze. Klein M. ( ), Scritti, (1978), Bollati Boringhieri, Torino. Lingiardi V., Madeddu F., (1994), I meccanismi di difesa: teoria clinica e ricerca empirica, Raffaello Cortina, Milano. Lis A., Stella S., Zavattini G.C. (1999), Manuale di psicologia dinamica, Il Mulino, Bologna. Moselli P. (a cura di), Il guaritore ferito, 2008, Franco Angeli, Milano. Petot J.M., Melanie Klein: premières découvertes et premier système , Dunod, Parigi. Trad.it. Melanie Klein: prime scoperte e primo sistema , Borla Roma. Segal H. (1964), Introduction to the work of Melanie Klein, The Hogart Press, Londra. Trad.it. Introduzione all opera di Melanie Klein, 1975, Martinelli, Firenze. Segal H. (1979), Klein, Fontana, Londra. Trad.it. Melanie Klein, 1981, Bollati Boringhieri, Torino. 21

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