Purificazione di sostanze solide
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- Floriano Geraldo Perrone
- 7 anni fa
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1 Purificazione di sostanze solide Una sostanza di definisce pura quando, sottoposta a ripetuti trattamenti di purificazione, mantiene inalterate le sue grandezze fisiche caratteristiche Purificazione di sostanze solide Esistono due metodi principali per la purificazione delle sostanze solide: la cristallizzazione (semplice o frazionata) la sublimazione L avvenuta purificazione può essere confermata attraverso il punto di fusione 1
2 Cristallizzazione La cristallizzazione è la dissoluzione della sostanza a caldo in un solvente in cui la sostanza stessa sia insolubile a temperatura ambiente; per successivo raffreddamento si ha deposizione di cristalli della sostanza purificata. Infatti: Le impurezze possono essere più o meno solubili della sostanza nel solvente prescelto. Le meno solubili restano indisciolte nella soluzione a caldo e si separano per filtrazione a caldo. In soluzione va la sostanza e le impurezze solubili che si trovano, rispetto ad essa, ad una concentrazione minore; con il raffreddamento la soluzione diventa sovrasatura rispetto alla sostanza che cristallizza, ma non rispetto alle impurezze, che si trovano in concentrazione minore e che quindi restano in soluzione. Cristallizzazione T e Temperatura T c T a T = temperatura C = concentrazione g = solido a = ambiente c = cristallizzazione e = ebollizione T g C g C a C c Solubilità 2
3 Cristallizzazione Il processo di cristallizzazione può essere sintetizzato in: Scelta del solvente opportuno; Dissoluzione della sostanza da purificare nel solvente all ebollizione; Filtrazione a caldo della soluzione ottenuta per eliminare le impurezze insolubili; Raffreddamento della soluzione filtrata ed ottenimento dei cristalli; Separazione dei cristalli dalle acque madri; Lavaggio ed essiccamento dei cristalli. Cristallizzazione: scelta del solvente Fra i solventi inorganici il più usato è l H 2 O. In certi casi si usa l H 2 O con aggiunta di piccole quantità di acidi e basi. Di rado si usano POCl 3, SO 2 Cl 2, SOCl 2 ed H 2 SO 4. I solventi organici più usati sono: CH 3 OH, CH 3 CH 2 OH, mentre l etere va usato solo quando indispensabile offrendo notevoli inconvenienti per il suo basso punto di ebollizione e perché molto infiammabile. Per sostanze difficilmente solubili si usano CH 3 COOH e la piridina, aventi un elevato potere solvente anche a freddo. In alcuni casi si ricorre alle miscele di solventi (es. H 2 O/EtOH, ligroina/benzolo) 3
4 Cristallizzazione: scelta del solvente Le caratteristiche di un solvente adatto per la cristallizzazione di una sostanza sono: 1. La curva di solubilità della sostanza nel solvente deve salire rapidamente con la temperatura, in maniera che essa si sciolga molto a caldo e poco a freddo. Si raffredda la soluzione al di sotto della temperatura ambiente con ghiaccio per facilitare la separazione del composto cristallino. Cristallizzazione: scelta del solvente 2. Il solvente deve essere inerte, non reagire con la sostanza: ad esempio non si usa mai l alcool per cristallizzare un cloruro acido in quanto si otterrebbe l estere. 3. Le impurezze che accompagnano la sostanza devono essere rispetto ad essa o molto più o meno solubili nel solvente impiegato. 4. Il solvente deve possedere una volatilità intermedia (T.eb. > 60 C < 140 C) e comunque la sua temperatura di ebollizione deve essere minore della temperatura di fusione del soluto. 4
5 Cristallizzazione: scelta del solvente I solventi possono essere: Polari protici: es. H 2 O, CH 3 OH Apolari protici: es. CH 3 COOC 2 H 5 Apolari: es. C6H6, CH 3 -C 6 H 5 La scelta del solvente deve anche tenere conto della cristallizzabilità potenziale (cp): C cp = Cs dove C è la concentrazione della sostanza da cristallizzare rispetto al solvente e Cs è la sua solubilità alla temperatura considerata nel medesimo solvente Cristallizzazione Preparazione della soluzione satura alla temperatura di ebollizione. Si procede ponendo prima la sostanza e poi aggiungendo circa una metà del solvente e successivamente si scalda quasi all ebollizione: si aggiunge poi gradualmente il resto del solvente necessario alla completa dissoluzione, dopo aver allontanato la provetta dalla fiamma. Se la soluzione bollente è limpida non si filtra perché non si hanno impurezze insolubili a caldo; in caso contrario si filtra a attraverso un filtro posto in imbuto riscaldato con il solvente all ebollizione per evitare cristallizzazione della sostanza sul filtro freddo. 5
6 Cristallizzazione Filtrazione, lavaggio ed essiccamento dei cristalli. Per separare i cristalli dalle acque madri si usa il buchner col fondo di porcellana collegato con l apposita beuta da vuoto. Il filtro di carta deve essere delle stesse dimensioni del fondo per evitare perdite. Il buchner presenta dei vantaggi rispetto al comune filtrazione: permette grande rapidità riducendo di circa 10 volte il tempo necessario, inoltre per la limitata superficie della carta vengono ridotte al minimo i pericoli di perdita. L aspirazione determina un iniziale essiccamento del prodotto. Quando la filtrazione è cessata, si deve staccare prima la gomma e poi chiudere l acqua per la pompa: operando inversamente avremmo dei pericolosi risucchi. Per filtrazioni più accurate si usano i Gooch, col fondo di vetro poroso. Tenere pulita la beuta dove si raccolgono le acque madri, queste non vanno mai buttate potendo servire nel caso che passi nel filtrato anche del solido. Cristallizzazione Filtrazione, lavaggio ed essiccamento dei cristalli. Dopo aver staccato il vuoto si aggiunge qualche goccia di solvente in modo che si possa scendere lentamente attraverso i cristalli sul buchner e lavarli meglio da residui di acque madri; si riattacca poi il vuoto e si lascia asciugare. Per il lavaggio conviene usare piccole porzioni di solvente ogni volta. L essiccamento dei cristalli si esegue dapprima comprimendoli con una spatola su un pezzo di porcellana porosa che assorbe per capilllarità il liquido presente, indi ponendoli sotto vuoto e riscaldando per eliminare le ultime tracce di solvente. Il vuoto è necessario perché permette di eliminare agevolmente il solvente senza raggiungere temperature elevate che potrebbero provocare decomposizione. Si usa a tale scopo una pompa ad H 2 O (effetto venturi!). Per l essiccamento sotto vuoto si pone la sostanza suddivisa e non ammassata sul fondo di una provetta protetta in alto con della carta da filtro forata per evitare perdite e contaminazioni. 6
7 Cristallizzazione Essiccamento sottovuoto dei cristalli. La provetta, la cui estremità superiore deve essere chiusa mediante carta da filtro, si pone in un provettone da vuoto il cui fondo va riempito di CaCl 2 ed ovatta per adagiarvela comodamente. Il provettone a sua volta si mette in un bagnomaria che va riscaldato cautamente a temperatura < di circa 20 C a quella di fusione del composto che si sta essiccando. Prima di staccare il vuoto, si toglie il bagnomaria e si asciuga l esterno del provettone per evitare che l ambiente saturo di umidità possa di nuovo inumidire il prodotto data la facilità con la quale il vapore acqueo verrebbe risucchiato per la depressione. Cristallizzazione frazionata A sx del diagramma vanno i precipitati; a dx le soluzioni 1 Solido di partenza solubile + solubile 7
8 Cristallizzazione frazionata Permette di separare due o più sostanze, o purificarne una in maniera da ottenere la massima quantità di sostanza. Si consideri una miscela da separare che viene sciolta, elevando la temperatura in un solvente per dare una soluzione (1). Da quest ultima, per raffreddamento, si separano i cristalli che vengono filtrati ottenendo in precipitato(2) e nell H 2 O madre (3). Il precipitato (2) è sciolto nella minima quantità di solvente a caldo e, dalla soluzione che ne risulta, dopo raffreddamento, si ottengono un precipitato (4) e l H 2 O madre (5). Nel frattempo l acqua madre (3) era stata concentrata, e dalla soluzione concentrata, per raffreddamento, si ottengono il precipitato (6) e l H 2 O madre (7). Si uniscono l H 2 O madre (5) e il precipitato (6) in una singola frazione e, dopo riscaldamento per formare una soluzione, vengono subito dopo raffreddamento per originare il precipitato (10) e l H 2 O madre(9). Procedendo in questo modo il composto meno solubile rimarrà alla sinistra del diagramma, il più solubile a destra, mentre i composti di solubilità intermedia saranno compresi tra questi due estremi. Cristallizzazione frazionata I precipitati cristallini vengono sottoposti ai test di purezza, con l osservazione del reticolo cristallino al microscopio elettronico oppure con la determinazione del punto di fusione. Se il precipitato puro è costituito da due frazioni cristalline, ciò indica che la soluzione da cui era stato ottenuto era satura di entrambi i componenti. In tal caso si dovrà scegliere un altro solvente, in cui le due sostanze hanno solubilità diverse. 8
9 Sublimazione La sublimazione è il passaggio di una sostanza dallo stato solido allo stato vapore senza formazione dell intermedio stato liquido. Si tratta di processo di purificazione di sostanze che sublimano facilmente. Le sostanze che hanno una tensione di vapore molto bassa non sublimano e questo passaggio dallo stato solido allo stato vapore si ha solo per quei composti, la cui tensione di vapore non superi, nelle condizioni di sublimazione, la tensione di vapore corrispondente al punto triplo. Si considerano due diagrammi di stato: H 2 O e CO 2. Il diagramma di stato dell H 2 O ci consente di conoscere, in funzione della temperatura e della pressione, i campi di esistenza di ciascuno stato di aggregazione della specie chimica (H 2 O). La curva OA è la curva della pressione di sublimazione del ghiaccio, che rappresenta la variazione della tensione di vapore del ghiaccio in equilibrio con il vapore al variare della temperatura e che divide la regione del solido da quella del vapore. O è il punto triplo, in cui sono simultaneamente in equilibrio solido, liquido e vapore. Sublimazione: diagramma di stato dell acqua 9
10 Sublimazione E evidente dal diagramma di stato che per pressioni inferiori a quella del punto triplo, fornendo calore ad un solido, si ha la sua completa trasformazione in vapore, e, sottraendo calore al vapore, si ha la sua trasformazione in solido: in entrambi questi processi, sublimazione e brinamento, non si ha formazione del liquido. Nel caso di pressioni superiori a quella del punto triplo il passaggio dal solido al vapore, e viceversa, avviene attraverso la formazione dello stato liquido. Esistono alcune sostanze per le quali la tensione di vapore al punto triplo assume valori più alti di 1 atm.: queste sostanze sublimano spontaneamente a temperatura ambiente. E il caso della CO 2 il cui diagramma riporta che essa è in grado di sublimare a pressione ambiente perché la pressione corrispondente al suo punto triplo è pari a 5,1 atmosfere. Tale diagramma mostra che a temperatura ambiente la CO 2 può essere liquida soltanto a pressioni elevate, superiori a 5,1 atmosfere. Sublimazione: diagramma di stato della CO 2 10
11 Sublimazione: esecuzione pratica I metodi di sublimazione sono: 1. Sublimazione a pressione atmosferica 2. Sublimatore a pressione ridotta 3. Microsublimatore di Craig La sublimazione può essere effettuata a pressione ordinaria, per sostanze che sublimano facilmente (naftalina e canfora); per esse la curva di tensione del vapore cresce rapidamente con la temperatura e raggiunge il valore della pressione atmosferica prima del punto di fusione per cui si ha direttamente il passaggio allo stato di vapore. Sublimazione a pressione atmosferica La sostanza da sublimare si pone tra due vetrini da orologio sovrapposti con le concavità affacciate, in modo che il secondo funga da refrigerante; si interpone tra di essi al di sopra della sostanza un disco di carta ad un filtro bucherellato, che permette il passaggio dei vapori ed impedisce che schizzi della sostanza, dovuti alla corrente di aria calda proveniente dal basso, possano inquinare quelle già sublimata. 11
12 Sublimazione a pressione ridotta Si tratta di operare la sublimazione sotto vuoto, abbassando notevolmente la temperatura alla quale il prodotto raggiunge con la sua tensione di vapore il valore della pressione sovrastante. Si usa un provettone da vuoto chiuso da un tappo, attraverso il quale si fa passare una provetta col fondo concavo che funge da refrigerante; nella provetta si fa circolare dell H 2 O fredda per mantenere a bassa T la superficie concava. Nel fondo del provettone si pone la sostanza da sublimare, ricoperta da lana di vetro che impedisce perdite eventuali per schizzi, specie quando alla sublimazione si accompagna parziale fusione Sublimazione: microsublimatore di Craig Tale microsublimatore permette di lavorare su piccole quantità di sostanza eliminando quasi completamente i pericoli di perdite per schizzi col gambo sottile che separa il fondo dell apparecchio dalla superficie fredda. Il riscaldamento viene effettuato con un bm. o, per temperature superiori ai 100 C, con un bagno ad olio. 12
13 Punto di fusione E la temperatura alla quale coesistono la fase liquida e la fase solida relativamente al passaggio solido-liquido. Si utilizza per la caratterizzazione, l identificazione e la stima della purezza delle sostanze. Punto di fusione Una delle applicazioni più importanti del punto di fusione è il suo uso come criterio di purezza: se una sostanza è pura, il punto di fusione risulterà netto; nel caso di miscele. La fusione avrà luogo entro un intervallo di temperatura. Per semplici scopi di caratterizzazione il metodo del capillare fornisce risultati di discreta accuratezza; infatti una volta noto che il composto rientra in una cerchia ristretta di composti, anche un punto di fusione approssimato potrebbe essere sufficiente a stabilire l identità del composto. 13
14 Punto di fusione Considerazioni teoriche Punto di fusione Quando una sostanza pura allo stato solido fonde, le molecole arrangiate secondo un alto grado di ordine nel reticolo cristallino, vengono separate dalle forze di agitazione termica per formare lo stato liquido, nel quale esse sono nel disordine quasi completo. Per una sostanza pura ideale tale trasformazione è accompagnata da un brusco aumento dell entropia, del contenuto calorico e, di norma, del volume. (l acqua è un eccezione!!) Nel caso delle sostanze pure la temperatura, durante il cambio di fase, si mantiene costante 14
15 Punto di fusione: effetto della pressione L effetto della pressione, p, sulla temperatura di fusione T di una sostanza pura può essere ricavata dall equazione di Clausius- Clapeyron: dt dp dove Vl e Vs sono rispettivamente i volumi molari del liquido e del solido (di solito Vl > Vs), e H è il calore molare di fusione. Da cui trivialmente si ricava: T ( Vl Vs) = H T ( Vl Vs) dt = dp H Esiste quindi, di solito, una proporzionalità diretta tra T e p Punto di fusione: altri fattori influenti Analogamente alla solubilità: Dimensioni della molecola (P.M.) Struttura della molecola (ramificata, lineare) Interazioni intermolecolari quali: legami idrogeno interazioni elettrostatiche interazioni dipolo-dipolo 15
16 Punto di fusione in miscela (sistemi ideali) Nel caso di una miscela contenente una quantità di componente A molto maggiore rispetto a quella di un secondo componente B, il punto di fusione sarà quasi sempre più basso di quello del componente A puro. La dimostrazione di quanto riportato necessita di associare all equazione di Clausius-Clapeyron la legge di Raoult la quale afferma che, se la miscela è ideale, la tensione di vapore parziale dei componenti la miscela è proporzionale alla loro frazione molare: p = p 0 N A dove p è la pressione parziale, p 0 è la pressione del componente puro ed N A la frazione molare (NB: N A =mol A/mol tot. quindi 0 <= N A <= 1) Punto di fusione in miscela (sistemi ideali) Dall equazione di Clausius-Clapeyron otteniamo: dt dp T ( Vl Vs) = H dt dp T V = H dp dt = H T V Considerando trascurabile la variazione di volume: Assumendo un comportamento ideale V può dp H = essere descritto attraverso l equazione di stato dei gas perfetti (PV=nRT -> V=nRT/P) da cui dt TV ricaviamo (n è costante): dp dt H P dp HP HP = = dp = dt 2 2 T RT dt RT RT 16
17 Punto di fusione in miscela (sistemi ideali) Visto che si opera a pressione ambiente (1atm): HP H dp = dt dp = 2 2 RT RT dt Integrando tra i limiti T 0 e T (T 0 = T.F. del componente A puro): dp = H p H H dt ln = RT ln 2 p 0 RT 0 RT dalla legge di Raoult sappiamo che p/p 0 = alla frazione molare del componente A (N a ), quindi: ln p p H = ( T T ) H ( T T ) ln N = p p 0 lg N ( T T ) H 0 = RTT H ( T T ) = RTT a a 0 RTT0 RTT Punto di fusione in miscela (sistemi ideali) Pertanto, considerando G costante, la variazione (T 0 -T=T v ) del punto di fusione del composto A ci sarà dato da: H ( T T ) 2.303RTT0 lg Na = Tv = RTT0 H lg N a Attenzione N a è la frazione molare quindi per composti puri N a =1 -> lgn a =0 17
18 Punto di fusione in miscela (sistemi ideali) Affinchè quanto riportato sia valido è necessario che: 1. i componenti A e B sono ideali allo stato solido; 2. Il vapore sopra il liquidi ed il solido si comporta come un gas ideale 3. I volumi della fase liquida e solida siano trascurabili Punto di fusione in sistemi non ideali Esistono delle miscele di sostanze organiche che vengono considerate non ideali, in quanto non seguono la legge di Raoult Esempi di comportamento non ideale si verificano quando: 1. Se il soluto è in grado di formare dei dimeri o trimeri, il numero di molecole effettive nel sistema, di conseguenza, si ridurrà e l abbassamento del punto di fusione sarà inferiore a quello previsto per i casi ideali. (soluzione di naftalene e acido acetico) 2. Il solvente ed il soluto, A e B, si combinano parzialmente nella fase liquida per dare origine ad un terzo composto AB. In questo caso si ha la deviazione dal comportamento ideale dovuta alla solvatazione o alla formazione di un composto molecolare: la formazione di AB non aumenta il numero di molecole di soluto ma in realtà diminuisce il numero di molecole di solvente libero residuo. La frazione molare del solvente è minore mentre quella del soluto è maggiore di quella prevista, cosicchè l abbassamento del punto di fusione è più accentuato. (soluzione di m- dinitrobenzene in naftalene) 18
19 Punto di fusione in sistemi non ideali 3. In alcuni casi le molecole di soluto si dissociano per formare due o più molecole, incrementando perciò la frazione molare del soluto e dando quindi origine ad abbassamenti del punto di fusione più marcati di quelli calcolati per i casi ideali. (soluzione di esafeniletano in naftalene) (Ph 3 )C-C(Ph 3 ) -> 2 C(Ph 3 ) Punto di fusione Tecniche ed apparecchi per la misurazione del punto di fusione. Sono importanti le curve tempo-temperatura, che sono costruite ponendo in ascisse il tempo trascorso dall inizio del processo di riscaldamento o raffreddamento e sull asse delle ordinate la temperatura rilevata. Se la sostanza è pura, la temperatura rimarrà costante, al punto di solidificazione, per circa la metà del tempo richiesto per il processo completo del raffreddamento. Le parti essenziali di uno strumento per la determinazione di una curva di raffreddamento sono: 1. Tubo da saggio che può essere riscaldato per fondere un campione; 2. Un termometro che misuri la temperatura del campione; 3. Un agitatore che mantenga l equilibrio in tutto il campione; 4. Un rivestimento che consenta un raffreddamento lento e costante. 19
20 Punto di fusione Tecniche ed apparecchi per la misurazione del punto di fusione Tale apparecchio consiste di due tubi concentrici, quello interno ha 15mm di diametro e 10 cm di lunghezza, quello esterno circa 30 mm di diametro e 12 cm di lunghezza. Il campione è posto nel tubo interno, il quale è chiuso con un tappo dal quale viene sospeso un termometro ed un sistema agitatore costituito da un filo metallico. Il campione viene fuso fornendo calore al tubo interno, quindi si fa raffreddare lentamente, collocando il tubo esterno a ricoprire il primo, onde evitare le perdite di calore: è essenziale che nella determinazione delle curve di raffreddamento il gradiente di T tra il campione e l ambiente esterno non sia troppo elevato. Punto di fusione Tecniche ed apparecchi per la misurazione del punto di fusione Gli apparecchi essenziali per la determinazione del punto di fusione sono: 1. Capillare di vetro 2. Termometri 3. Apparecchio di Thiele 4. Apparecchio di Kofler 20
21 Punto di fusione Tecniche ed apparecchi per la misurazione del punto di fusione Metodo capillare Tale metodo consiste nel raccogliere il campione, nella forma più suddivisa, in un capillare di vetro, immergendo in un bagno la cui temperatura viene incrementata gradualmente, ed osservando la temperatura del liquido adiacente al capillare quando la sostanza fonde. Questo metodo presenta due vantaggi: 1. Si richiede solo una piccola quantità di sostanza; 2. Fornisce risultati di sufficiente accuratezza. Punto di fusione Tecniche ed apparecchi per la misurazione del punto di fusione Metodo capillare Il bagno deve essere sottoposto ad agitazione ed il suo riscaldamento deve avvenire in modo costante; in ogni caso di prossimità del punto di fusione questo aumento di temperatura non deve superare 1 C/minuto. Il bagno deve permettere la completa visibilità del capillare e del termometro. La temperatura a cui l ultimo cristallo si scioglie è quella corrispondente al punto di fusione. Se la sostanza fonde entro un intervallo di temperatura, la fusione iniziale non è visibile in maniera netta. 21
22 Punto di fusione Tecniche ed apparecchi per la misurazione del punto di fusione Si usano i termometri ad immersione parziale (si immerge il bulbo) e termometri ad immersione totale (si immerge sia il bulbo che la colonna dove si legge la T). Liquidi per bagno di riscaldamento Il liquido del bagno deve essere non volatile e inerte. I liquidi da scegliere variano a seconda del grado di temperatura ce si deve raggiungere nel corso della analisi. Le paraffine liquide ed olii minerali sono liquidi per le temperature moderate. L H 2 SO 4 conc. e H 3 PO 4 o mix (H 2 SO 4 conc + K 2 SO 4 ) per T non superiori ai 200 C. Lo ftalato dibutilico usato per T >150 C. Gli organosilicici usati in bagni con T di C. Punto di fusione Tecniche ed apparecchi per la misurazione del punto di fusione Apparecchio di Thiele In tale apparecchio è disposto in maniera tale che il liquido è riscaldato da un lato mentre il capillare ed il termometro sono sospesi dal lato opposto( Fig.4.24, pag.71). La migliore è quella di Markley-Harshberg, dove il liquido è mantenuto in agitazione mentre il capillare con il campione ed il termometro sono posti in una zona adiabatica in cui non si ha differenza di T interna > a 0,025 C. Non si usa come liquido da bagno l H 2 SO 4 perché si decolora e produce fumi, quindi si usa un blocco di rame che funge da buon conduttore di calore. 22
23 Punto di fusione Apparecchio di Thiele Punto di fusione Tecniche ed apparecchi per la misurazione del punto di fusione Apparecchio di Kofler Si tratta di un apparecchio che sfrutta metodi ottici. La sostanza viene posta su un vetrino posto a sua volta su un piattino metallico F. Un fascio di luce, attraverso il filtro polarizzatore, colpisce la sostanza che si fonde e si legge la T attraverso il termometro. 23
24 Punto di fusione Apparecchio di Kofler 24
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