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1 Da vedere le mostre in Italia Keith Haring Cristiano Pintaldi Photo Simona Ghizzoni A BIMESTRALE D ARTE 4 luglio agosto duemilaundici RT A ntis i n f o distribuzione gratuita In copertina Fabrizio Passarella Profili Umberto Raponi Antonio Manfredi Alfredo Granata

2 I premi 1 Premio 2 Premio 3 Premio 4 Premio 5 Premio 6 al 15 Premio $ $ $ $ $ $ ART IN THE CITY_NEW YORK ART IN THE CITY_NEW YORK 1 PREMIO INTERNAZIONALE PITTURA_SCULTURA_FOTOGRAFIA RENATO LIPARI Fondamenta S. Biagio 795 Giudecca Venezia Tel Fax Emersioni, 2011 euro triturati su tela cm 50x50 I luoghi Quindici artisti finalisti saranno esposti e premiati in due prestigiosissime sedi: Broadway Gallery, Soho, New York - USA Aprile 2012 Ca dei Carraresi, Treviso - Italy Maggio 2012 Premio Speciale ITALY 150 ART FAIR 150 artisti selezionati parteciperanno in 2 Fiere d Arte Nazionali in Italia Tutti gli artisti premiati saranno inseriti nel catalogo edito da New Space Edition e New Arts Magazine NY Chiusura iscrizioni: 15 ottobre 2011 Giuria Martina Cavallarin Presidente Giancarlo Bonomo Ezio Pagano Antonio Riello Roberto Semeraro Comitato Scientifico Francesca Baboni Adele Cappelli Simona Gavioli Carolina Lio Maria Chiara Vallacchi Per partecipare alla selezione completare l iscrizione sul sito oppure inviare due foto professionali (cm 20x30) di due differenti opere (le cui dimensioni non dovranno essere superiori ai cm 120x100 per la prima e di cm 80x80 per la seconda) unitamente ad un curriculum aggiornato a: ART IN THE CITY Via Roma, Villorba (TV) Tel info@art-inthecity.it

3 A BIMESTRALE D ARTE 4 luglio agosto duemilaundici RT A ntis i n f o EDITORIALE Mostre a cura di Alessio Bondioli 4 Keith Haring Il murale di Milwaukee di Giovanna Grossato 6 Cristiano Pintaldi Lucid Dreams di Juliano de Apostata 8 SOMMARIO Artantis.info Bimestrale d arte info@artantis.info Direttore responsabile Beniamino Daniele Direttore artistico Vincenzo Silvano vincenzo@artantis.info Hanno collaborato a questo numero Alessio Bondioli Francesco Bozzi Nathalie Celen Julio Garcia Cortazar Juliano de Apostata Martha Mary Friel Graziella Melania Geraci Giovanna Grossato Gianfranco Labrosciano Alessandra Menegotto Vincenzo Silvano Paolo Tricase Francesco Verolino Giuseppe Viviano Un numero ricco di segnalazioni e recensioni di mostre, viste e da vedere; perchè l estate, si sa, è il periodo più adatto per viaggiare e per scoprire. Artantis.info, fedele alla sua vocazione, punta sulla diversificazione dei contenuti offrendo, anche questa volta, articoli dedicati ai grandi nomi e agli artisti emergenti (meritevoli di essere conosciuti e certamente importanti per il dibattito sulle arti visive e non solo), ai grandi eventi e alle rassegne di provincia (dove spesso si annidano le novità più sincere). Molti si chiederanno come mai non vi siano servizi sulla contestatissima biennale veneziana: poiché ne hanno parlato tutti, in lungo e in largo, abbiamo preferito dare spazio ad altro; vi proporremo una lettura generale dell avvenimento, arricchita da numerosi commenti, sul prossimo numero. Spazio dunque ai Profili, che permettono di approfondire il lavoro di alcuni artisti; alla Biblioteca del mercato che approfondisce, con parole chiare ed efficaci, il rapporto tra arte ed economia, consigliando i libri sull argomento più significativi; alla Vetrina degli artisti che, infine, presenta le opere dei soci di Artantis.info. Che dire: dopo tanto lavoro, godiamoci queste vacanze all insegna della spensieratezza e della scoperta: al mare o ai monti, in città o in paese... ma sempre con l arte! Buone vacanze da Artantis.info. Artantis.Associazione Culturale Vincenzo Silvano WPA 2011 Crisi e Cambiamento di Alessandra Menegotto 10 Simona Ghizzoni Lo sguardo dentro di Giuseppe Viviano 16 Made in Sicily Arte e Identità siciliana di Gianfranco Labrosciano 12 Fabrizio Passarella Impronte di pittura mediale di Nathalie Celen 18 I Pianeti di Maurizio D Agostini di Giovanna Grossato 13 Umberto Raponi Poietica e Ironia di Francesco Bozzi 22 Marcello Palminteri Polifonie del segno di Nathalie Celen 15 Profili Antonio Manfredi di Graziella Melania Geraci 24 3 Progetto grafico e impaginazione Napoli artantis@zeroottounografica.it Editore Artantis.Associazione Culturale, Napoli L urlo di Alfredo Granata di Gianfranco Labrosciano Futuro artigiano L innovazione nelle mani degli italiani di Marta Mary Friel Marci Tito Logica discorsiva e procedure dell arte... di Julio Garcia Cortazar Bacheca. Gli amici di ARTANTIS.info Napoli e i quattro castelli di Francesco Verolino Stampa Officine Grafiche Francesco Giannini & Figli S.p.a, Napoli La collaborazione ad Artantis.info è da considerasi del tutto gratuita e non retribuita. In nessun caso si garantiscono la restituzione dei materiali giunti in redazione. Gli scritti pubblicati impegnano solo la responsabilità dell autore. Senza preventiva autorizzazione è vietata ogni riproduzione integrale e parziale di testi ed immagini. Anno 2, Numero 4. Registrazione: Tribunale di Napoli 2011 Artantis.Associazione Culturale, Napoli In copertina Fabrizio Passarella Bollymood! (Aaj Mera Jee Karda), 2010 acquarello su cartoncino, cm 45,5x35,5 courtesy The Gallery Apart, Roma Artisti in vetrina Artantis.Associazione Culturale Primo Piano Jaap van Der Dussen di Alessio Bondioli 36

4 a cura di Alessio Bondioli SASSARI Mario Sirono Opere Convento del Carmelo Archivolto del Carmine fino al 18 settembre 2011 MOSTRE 4 AGRIGENTO Giovanni Spazzini Opere Fabbriche Chiaramontane Via San Francesco d Assisi, 1 Fino al 4 settembre 2011 AOSTA Paul Klee Eiapopeia. L infanzia nell opera di Paul Klee MAR Museo Archeologico Regionale Piazza Pietro Leonardo Roncas 12 fino al 11 settembre 2011 BARD Joan Miró Poème Forte di Bart Forte Fino al 2 novembre 2011 BELLUNO Arte del Novecento Collezioni Fondazione Cariverona e Domus Palazzo Crepadona Via Ripa, 3 Fino al 2 ottobre 2011 CASERTA Cinquant anni di arte in Italia Reggia di Caserta Via Douhet, 22 Fino al 13 novembre 2011 CATANIA Paolo Parisi Commonplace Fondazione Brodbeck Arte Contemporanea Via Gramignani, 93 Fino al 5 giugno 2011 Mauro Staccioli COSENZA Fritz Baumgartner L astrazione MACA Museo d Arte Contemporanea Piazza Giovanni Falcone, 1 Fino al 2 ottobre 2011 FELTRE (BL) Tancredi Parmeggiani Tancredifeltre Galleria d Arte Moderna Carlo Rizzarda Via Paradiso, 8 Fino al 28 agosto 2011 GENOVA Guillermo Mordillo Mordillo Museo Luzzati Via Porta Siberia Fino al 8 gennaio 2012 PALERMO Domenico Pellegrino Catwoman Palazzo Steri Piazza Marina, 61 Fino al 31 agosto 2011 ROMA Carlo Mattioli Un luce d ombra Braccio di Carlo Magno Piazza Di San Pietro Fino al 13 novembre 2011 SAVONA Kazimir Malevich Suprematizm 34 Risunka GAMA Galleria d Arte Moderna Piazza San Michele, 4 Fino al 29 settembre 2011 UDINE Piero Pizzi Cannella Bon à tirer GAMUD Galleria d Arte Moderna Via Ampezzo, 2 Fino al 30 settembre 2011 VENEZIA Fausto Pirandello I nudi Palazzo Grimani Castello, 4858 Fino al 27 novembre 2011 VERONA Henri Cartier-Bresson Photographe Scavi Scaligeri Piazza Francesco Viviani Fino al 9 ottobre 2011 Henri Cartier-Bresson VIBO VALENTIA Studio Azzurro Valentia Sensibile Complesso Monumentale di Santa Chiara Via Ruggero Il Normanno Paolo Parisi Fino al 28 agosto 2011 CATANZATO Mauro Staccioli Cerchio imperfetto Parco Archeologico Scolacium Via Scylletion, 1 VICENZA Carlo Scarpa Uno sguardo contemporaneo Museo Palladio Contrà Porti, 11 Fino al 28 agosto 2011 Carlo Mattioli Fino al 18 settembre 2011

5 DA VEDERE Keith Haring Il murale di Milwaukee di Giovanna Grossato Keith Haring a Milwaukee 1983 Fotografia di Curtis L. Carter Haring Artwork Haring Estate Maestro indiscusso del graffitismo Keith Haring è oggi protagonista di una assai suggestiva mostra inaugurata il 30 luglio a Chieti, al Museo Archeologico Nazionale d Abruzzo La Civitella ; una location in cui gioca un ruolo importante anche il contrasto tra la sobria architettura interna dello spazio espositivo e la vigorosa, provocatrice cromia della lunga striscia che costituisce il Murale di Milwaukee. L opera, lunga 30 metri e alta 2,50, una delle più significative opere pubbliche di Haring, venne realizzata dall artista statunitense nell aprile del 1983, su commissione dell Università Marquette di Milwaukee a marcare il luogo dell erigendo museo Haggerty. Essa venne montata in occasione dell inaugurazione del Museo Haggerty, nel capoluogo dell omonima contea nello stato di Wisconsin, sul lago Michigan, un tempo abitata da tribù indiane dalla cui lingua Milwaukee deve il proprio nome. Il murale è costituito da 24 pannelli in legno dipinti su entrambi i lati: in un verso è dipinta rispettivamente nel registro superiore una sequenza di bambini a gattoni e in quello inferiore una Murale della Marquette University, Milwaukee, Wisconsin 1983 fronte, uno dei pannelli Haring Artwork Haring Estate Murale della Marquette University, Milwaukee, Wisconsin 1983 retro, particolare della serie di dodici pannelli raffiguranti Baby and Dog Haring Artwork Haring Estate 6 nella pagina a fianco Senza titolo 1983 inchiostro su polistirolo, Haggerty Museum of Art, dono dell artista Haring Artwork Haring Estate 7 serie di cani barking dogs; l altro verso presenta invece una maggior varietà di figure con tema dominante di ballerini impegnati in breakdance. All inizio la mia firma fu un animale - racconta Haring - che diventò sempre più simile a un cane. Poi cominciai a disegnare un bambino che andava a quattro zampe e più lo disegnavo e più è diventato The Baby. Altre iconografie tipiche di Haring - come il televisore con le ali, l uomo con la testa di serpente o la faccia con tre occhi che fa uno sberleffo - accompagnano lo strip che tanto richiama alla memoria, nel metodo, altri famosi stendardi narrativi antichi: da quello sumero di Ur, all arazzo di Bayeux che narra in 70 mt di stoffa la battaglia di Hastings; a dimostrazione che l epopea antica e quella contemporanea si giovano a volte di modalità espressive simili. Per uno strano caso di serendipity poi, non lontano da Chieti, a Lanciano, un gioiello misconosciuto della pittura medievale, dipinto nel campanile della chiesa di S. Nicola, sviluppa con simile narratività un ciclo d affreschi con Storie della Vera Croce. La ricerca dell artista americano, morto di AIDS nel 1990 a soli 32 anni, era partita dallo studio del linguaggio e del valore iconico della scrittura, tradotto da Haring con una grafia scorrevole e gestuale composta con le lettere maiuscole dell alfabeto che ha in comune con le scritture primitive e i pittogrammi la semplificazione grafica degli user-friendly. Ciò darà inizio ad una carriera che identificherà in queste figure la propria firma (tag), come quella del famoso radiant boy, silhouette priva di connotazioni e circondata da raggi che Haring definisce la de-evoluzione dell uomo nell era post-atomica. La mostra, accompagnata da un catalogo edito da Skira e arricchita da fotografie, da un video che documenta le fasi della realizzazione e dai disegni realizzati da Haring per l occasione, rimarrà allestita a Chieti fino al 19 febbraio luglio febbraio 2012 Museo Archeologico La Civitella Via Generale Salvatore Pianell Chieti

6 DA VEDERE 8 Cristiano Pintaldi di Juliano de Apostata Dal 4 giugno al 31 ottobre 2011, Cristiano Pintaldi si presenta con Lucid Dreams, mostra personale a cura di ABO, allestita al crocevia tra l Arsenale e i Giardini della Biennale, in un allettante spazio di archeologia industriale. Attraverso una selezione di lavori pittorici di grande formato, Pintaldi presenta una sedicente riflessione sulla nostra capacità di delimitare e avvertire la tangibilità del reale. Il titolo stesso della mostra, Lucid Dreams, chiarisce il pensiero dell artista, secondo cui la realtà di cui facciamo parte è un sogno in cui ciascun individuo è simultaneamente regista e attore, creatore responsabile della propria visione. In questo senso, l aspetto tangibile dell universo in cui viviamo è il risultato di circa sei miliardi di realtà, tanti quanti sono i punti di vista delle persone nel mondo. Ma esiste una mediazione, la realtà condivisa: tutti, infatti, riconosciamo come reale il punto di vista univoco creato dai media, che restituiscono Senza titolo 2011 acrilico su tela, cm 195x320 Lucid Dreams a cura di Achille Bonito Oliva 54. Esposizione Internazionale d Arte La Biennale di Venezia - Eventi collaterali Senza titolo 2007 acrilico su tela, cm 140x320 la visione di una realtà filtrata da un inquadratura e riproposta attraverso un monitor. Ognuno di noi diventa consapevole dell esistenza di un doppio livello di percezione, quello di una realtà individuale, generata dal proprio punto di vista e quello della realtà condivisa, uguale per tutti, di cui l immagine mediatica è la prova. Questo doppio livello di lettura è il punto focale della ricerca di Pintaldi: da un lato la scelta dei soggetti dei suoi quadri, immagini significative nella formazione dell immaginario collettivo forgiato dai nuovi media globali e dall altro una pittura fatta di pixel, che traduce le immagini nel codice percettivo proprio delle trasmissioni video. La scomposizione pittorica dei soggetti in punti uniformi, rossi-verdi-blu, permette di percepire contemporaneamente sia la forma dell immagine-realtà con i suoi colori corretti, sia la struttura di cui è composta, ossia i pixel RGB in equilibrio tra loro. La doppia natura della Senza titolo 2011 acrilico su tela, cm 195x320 visione è così rappresentata dall opera attraverso il colore come un esperienza anomala del reale, suscitando nello spettatore una percezione che oscilla continuamente fra i diversi piani di realtà che essa stessa ha creato. Oggigiorno la percezione pubblica costituisce un elemento fondamentale per la stabilità o l instabilità del sistema. E in una società mediatica la percezione pubblica si forma giorno dopo giorno mediante il continuo bombardamento dei mezzi di comunicazione. La verità è ciò che loro ci propongono come verità. Ciò che non è riportato dai media non esiste, e quello che esiste è solo nella forma in cui appare in essa, è così che, già alla fine degli anni 80, affermava la teoria medialista di Perretta, da cui Pintaldi prende le mosse, sviluppando il progetto di Tozzi di Opposizioni 80 e di pittura mediale alla Galleria Forum di Roma. Secondo Perretta l importanza dei media dà luogo, da un lato ad un forte controllo su questi da parte di chi ha potere ma, contemporaneamente, alla necessità che questo controllo passi inosservato per mantenere l apparenza di libertà di informazione, imprescindibile perché si possa considerare una società come aperta a tutti identificabile da tutti. La soggettività è inevitabile in ogni prodotto culturale per cui, anche pretendendo dare una visione neutra ed imparziale della realtà, questa non potrà mai essere totalmente oggettiva. La maniera migliore di avvicinarsi all oggettività è mostrando la realtà dal punto di vista dell RGB, raccogliendo informazione su uno stesso tema attraverso fonti cromatiche uniformi. Dunque, la pretesa di oggettività da parte dei media è il fondamentale elemento di manipolazione: l inganno di offrirci la loro visione della realtà come se si trattasse della realtà stessa, nascondendo sempre le strategie. Per fare una lettura critica dell informazione, presumibilmente oggettiva, è fondamentale conoscere gli interessi ai quali rispondono coloro che ti offrono informazione. La realtà virtuale costruita dai media è quindi parziale e obliqua. Ma in effetti la stessa filosofia dei media, senza nessun emendamento critico, è usata anche dalla carriera e dalla strategia pubblicitaria di Cristiano Pintaldi, che in questa mostra antologica veneziana mira a distorcere la storia del medialismo, affidando ad ABO la cura espositiva di Lucid Dreams. Cristiano Pintaldi, pur essendo tra i giovani artisti italiani più quotati, dopo gli studi al Liceo Artistico di Roma, sembra che cominci presto la sua attività espositiva con la galleria 2RC, per poi passare con il gallerista Paolo Sprovieri; ma la verità è che tutta la sua attività si compie dopo che il gruppo storico mediale si è già ampiamente presentato e che quindi i temi da lui prescelti sono già stati dibattuti e messi in campo da altri artisti come Fabrizio Passarella, Sergio Cascavilla, Antonella Mazzoni, Santolo De Luca e persino un primo Pier Luigi Pusole o un primissimo Bruno Zanichelli. Attraverso un indagine tecnica, che Pintaldi ripercorre quando il medialismo di Perretta proprio a Roma era stato largamente presentato, attraverso l utilizzo dei colori basici del blu, del rosso e del verde, immagini tratte dalla memoria collettiva o soggetti frutto dell immaginazione, l artista romano non fa altro che inserirsi lateralmente nell area mediale già geograficamente delineata da sintomi precedenti. Detto ciò questo non è un difetto, ciò che risulta strano è la registrazione e la conferma del suo lavoro tramite le parole di ABO, che per tradizione critica, non ha niente a che fare con l interesse per i media e l elogio della comunicazione, se non per eccesso di strategia e potere curatoriale, presenzialismo e quant altro. Quello che conta è dabei zu sein (essere presenti), proprio perché il presenzialismo è divenuto sempre più indispensabile; non solo per divi, sportivi, uomini politici, ma per artisti, musicisti e filosofi. Oggi la situazione si è modificata: l aiuto dei mezzi di comunicazione di massa permette a molti mediocri di diventare noti e celebrati e di avere le proprie opere divulgate, anche soltanto a seguito d una loro apparizione fugace sul video. Alla fine, tutto va bene, purché se ne parli. Ovvero, purché i media/mainstream ne parlino e non descrivano il mondo del medialismo come una palude, così come sono soliti fare: visto che non di palude si tratta ma di un opportunità. Ebbene, Pintaldi, che dire? Non ti curar di loro ma guarda e passa. Attaccarsi al fatto che il tuo RGB non sia tecnico, mi pare puerile: almeno sai dipingere e, al contrario di tanti altri guru illuminati, fai da epigono ai poveri newbies della rete, in fondo riesci a dare delle dritte e dei consigli sensati e praticabili a quanti si muovono ancora nell universo mediale? Francamente paragonarti a Lele Mora e Fabrizio Corona mi sembra una sciocchezza, ma vederti accompagnato dal reuccio del genius loci, della citazione deviata e del vetero-vetero-manierismo tardo neue wilden, mi sembra troppo per i tuoi Lucid dreams. Senza contare che la videocracy non è proprio una gran cosa e quindi usare ABO come testo sacro per definire il preteso peggio del peggio della critica mediale è solo un omaggio alla facile indignazione modaiola che in fondo non è affatto migliore di ciò che vuole deprecare. 2 giugno - 31 ottobre 2011 Ex Cantiere Navale Arsenale, San Pietro di Castello Venezia 9

7 DA VEDERE 10 WPA 2011 Crisi e Cambiamento Ex Lanificio Conte / Schio di Alessandra Menegotto La mostra WPA2011, ovvero: Che ve ne sembra dell America? - tema proposto dall Assessore alla Cultura del Comune di Schio (Vicenza) Pit Formento e titolo di una raccolta di racconti sui migranti di William Saroyan - è stata un occasione importante per riflettere sia su aspetti della realtà artistica americana nel periodo della grande depressione, sia sul lavoro degli artisti presenti, nel quadro di una crisi economica che ogni giorno si presenta più complessa e sta mettendo a dura prova proprio quel mondo della cultura e dell arte che il WPA americano invece valorizzò come una delle vie d uscita dalla crisi. Il WPA (Work Progress Administration) fu un piano anti-crisi voluto, a partire dal 1933, dall allora presidente F.D.Roosevelt. Si trattò di una serie di sponsorizzazioni di progetti culturali, anche con finalità documentaristiche e didattiche, che Karel Kocourek Silicon Valley fotografia digitale, cm 53x80 si protrassero fino al Non possiamo qui affrontare le straordinarie vicende di questo progetto (rinvio alla completa e sintetica panoramica redatta da Carmen Rossi nel catalogo della mostra), ma va detto che alcune tra le maggiori figure di artisti del 900 ebbero dal WPA l occasione per avviare una ricerca capace di rivelare e narrare straordinari volti dell America. Pensiamo a fotografi come Dorotea Lange, a Walker Evans o Ben Shan, ad artisti come Edward Hopper, Pollok, Rotko, Arshile Gorky, Ad Reinhardt... per ricordare solo alcuni dei nomi più noti, ma in realtà, come dice Pit Formento in catalogo, si trattò di un esercito con un arsenale di pennelli, macchine fotografiche e da scrivere e altri strumenti culturali... che venne impiegato e stipendiato per ridare coraggio e dignità all identità americana. Si può dire che l arte americana sia nata con il WPA! Siamo come allora in una fase di crisi e questo stato di cose impone di riconsiderare il modo in cui utilizziamo le risorse disponibili per soddisfare i nostri bisogni e il complesso dei beni di cui dispongono gli Stati o i privati per l esercizio delle proprie attività, richiede soprattutto una diffusa rapidità di cambiamento, altrimenti dovremo ammettere l inettitudine profeticamente evocata da Svevo: la vita attuale è inquinata alle radici [...] Qualunque sforzo di darci la salute è vano. Eco-Oikòs: casa e nomianòmos: legge, quali regole dovremmo cambiare nella nostra casa per avviare il cambiamento? Per esempio quelle che regolano le nostre risorse culturali, compresa l arte contemporanea? Guarire dalla nostra ossessione utilitarista e quantitativa? La sfida non è forse, ormai anche troppo chiaramente, sul piano di valori davvero fondamentali e qualitativi, al di là di ogni ideologia? Possiamo davvero immaginare un WPA2011? L arte è divenuta un paradigma dell attività umana che si fonda su basi antropologiche. I materiali, le forme e i contenuti riflettono i comportamenti all interno della nostra società chiedendoci di riconsiderarli senza condizionamenti o pregiudizi. Se guardassimo alle opere esposte in WPA2011, scelte dalla curatrice Belinda Guerriero, come ad una sineddoche, una parte per il tutto, cosa potremmo scorgere della nostra epoca? Quali riflessi vanno a comporre questo frammento del nostro presente? Evocazioni di catastrofi nella fotografia di Pierluigi Buttò o residui rituali nell installazione di Angelo Urbani o nella finissima cenere delle teche di Maria Elisabetta Novello, resti di un intimo focolare, ma anche memoria di 11 settembre? Corpi invecchiati di nuove identità globali nella fotografia digitale di Leonardo Onetti Muda; saggezza orientale nel video di Armando Bertollo, o dei nativi americani nei plexiglass di Hubert Huber. Suggestioni della provincia ameri- Joseph Rossi Pantone JFK 1963, dalla serie Shoot em up lamiera verniciata, cm 90x65x10 11 Arnaldo Dal Bosco Senza titolo/95, dalla serie Borderline stampa Giclée Print su carta Hahnemuhle, cm 105x150 Enrico Minato Aquarium tecnica mista su legno, cm 62x62 cana diversamente interpretate nell artificio fotografico di Arnaldo Dal Bosco, nel totem di Pino Guzzonato, nella fotografia di Karel Kocourek, Anna Kocourkovà e Giuliano Marian, o nel video di Herbert Christian Stöger. L essenza del classico nella pittura-scultura di Giuliano Dal Molin e nella pittura-pittura di Franco Ruaro o nel Palladio rielaborato dalla fotografia di G.Paolo Lucato. Necessità di schedare e archiviare nel delicato assemblaggio di piume nella teca di Fabio Guerra, mentre Enrico Minato evoca Burri in chiave EcoPop con un acquario di plastica e lattine e Sergio Zanone anagramma il binomio Europa-America in un batik su tela. Joseph Rossi evoca concettualmente gli Eroi americani nelle sue lamiere verniciate, nei fori dei proiettili che li hanno uccisi. Passato e divenire, imprimono l impronta del Tempo nella fotografia analogica di Fabio Sandri e l impronta del Viaggio nel cemento armato di Corrado Meneguzzo. Gli artisti italiani hanno aperto i loro atelier, gli artisti stranieri sono stati ospitati a Schio, è prevista una mappatura di tutti gli studi d arte della zona: azioni virtuose che dovrebbero divenire prassi. Pit Formento consiglia di rileggere Furore di John Steinbeck, e di cercare il Tom Joad che è dentro di noi, ma vale anche riascoltare la bellissima canzone di Bruce Springsteen The gost of Tom Joad! Leonardo Onetti Muda Senza titolo lambda, cm 150x100 Pino Guzzonato Telephone Directory pilastro in plexiglass con messaggi cm 200x32x32 15 luglio - 7 agosto 2011 Ex Lanificio Conte Largo Fusinelle Schio (VI)

8 DA VEDERE 12 Made in Sicily Arte e identità in Sicilia alle Ciminiere di Catania Esiste una questione meridionale del sistema delle arti? E se esiste, quale ruolo occupa la Sicilia, o meglio, il territorio e la società artistica siciliana nell epoca della dispersione dell identità locale? Qual è il ruolo e la responsabilità etica dell artista, sia in ordine al territorio in cui vive e sia in rapporto alla globalizzazione? E più in generale, qual è il ruolo dell arte in questa società che pare ammalata di creatività? A queste e ad altre domande risponde l eccentrico Nicolò D Alessandro, indubbiamente uno degli intellettuali più accorti al fenomeno artistico siciliano, qui nella sua veste di vera e propria memoria storica, con la rassegna curata alle Ciminiere di Catania il cui titolo... è già il programma della manifestazione. Un titolo tracciante gli scopi e le prospettive, che sono quelle di un auspicato ricominciamento e di una ripresa sia del dibattito attorno all arte siciliana, negli ultimi tempi mancato o messo in ombra, e sia del recupero del fondamentale ruolo della pittura e della scultura nel panorama, spesso ambiguo e inflazionato per lo strapotere dei mezzi di invenzione e diffusione tecnologica, dell arte contemporanea. Intanto, ciò che è malato è il territorio, scrive il curatore, che è privo di una visione d insieme, quanto all arte, capace di esprimere un progetto unitario e fare sistema in grado di portar fuori la Sicilia dalle secche della subalternità, dal localismo e dalla subordinazione. Che fare, dunque? Ecco l interrogativo di fondo a cui l intellettuale risponde con l esigenza, sebbene sofferta rispetto alla tecnologia imperante, di esprimere la contemporaneità con la pratica artistica più tradizionale, la pittura e la scultura. E le altre pratiche? Come rinunciare alla fotografia, al cinema e alle video istallazioni? Con l ancoraggio forte alle pratiche del fare, del dipingere e modellare quali veicoli per una riattualizzazione della modalità creativa nell epoca della dispersione dovuta all arrembaggio della tecnologia che frantuma in mille rivoli la contemporaneità storica. Questo l assunto, fuori da ogni metafora o moralismo. Ciò perché la pittura è per la Sicilia, al pari della scrittura, sinonimo di identità. Un segno di connotazione e appropriazione della sua memoria anche antropologica e del suo mito. La realtà contemporanea dell isola, allora, minacciata in ciò che ha di più sacro, l identità, riscopre attraverso questa rassegna i suoi caratteri precipui e le sue valenze innescando un somdi Gianfranco Labrosciano Made in Sicily Alcune sale espositive ph Calogero Barba movimento, una sorta di reazione tellurica e un corto circuito che allarma ma anche scuote e stimola al ricominciamento. Si scopre così lafunzione di questa importante rassegna. Una ricognizione estetica per una levata di scudi contro lo sconforto, l isolamento e l allontanamento dell entità artista da una partecipazione alla vita sociale che si produce a causa dell azione smontante di meccanismi obsoleti o devianti, quali la politica, che incrementano, anziché ridurre, la marginalità della socievolezza. Ricco di spunti per una riflessione che va oltre la rassegna anche il testo che l accompagna. Si va dalle citazioni colte ai riferimenti a uomini e intellettuali siciliani del passato e della contemporaneità e si transita dalla letteratura alle arti in una brave ma efficacissima sintesi di memoria e continuità della tradizione che, grazie alla rassegna di cui trattasi, pare magicamente ricomporsi e stagliarsi nelle quinte delle opere esposte, le quali tutte, attentamente studiate e selezionate dal curatore, presentano alla fine un unico palcoscenico che ancora, per fortuna, incanta e ammalia: la Sicilia. 16 luglio - 18 settembre 2011 Galleria d Arte Moderna - Le Ciminiere Viale Africa/Piazzale Asia Catania Veduta della mostra Teatro Comunale Piazzi, Ponte in Valtellina (SO), giugno 2011 Fondando la sua carriera d artista sull abilità acquisita da un mestiere antico quanto raffinato, quello di maestro orafo, Maurizio D Agostini (Vicenza 1946) diviene, per una via quasi naturale e diretta, un disegnatore, un incisore-che sa praticare oltre al bulino, tecniche assai complesse- e soprattutto uno scultore di fama nazionale. La sua ultima uscita pubblica risale a quest estate 2011 quando, presso il Teatro Comunale di Ponte in Valtellina, ha esposto una originalissima serie di sculture dedicate ai Pianeti. E sono stati i pianeti e non le stelle ad unire, questa volta, i destini artistici e scientifici di alcune personalità che, attraverso il tempo si sono simbolicamente dati convegno in questo piccolo centro in provincia di Sondrio, Ponte in Valtellina, un paese di poco più di 2200 abitanti e tuttavia ricco di tradizioni culturali, capace di cogliere le occasioni per promuovere sinergie creative. Le sette sculture di Maurizio D Agostini, in terracotta dipinta che rappresentano i Pianeti, sono state ispirate all artista all omonima suite musicale, I Pianeti appunto, una serie di sette bozzetti ispirati agli umori di questi corpi celesti, composta all inizio del Novecento dal musicista inglese Gustav Holst, a sua volta suggestionato dagli studi alchemici e dall evidenza di un legame tra microcosmo e macrocosmo. La musica dunque come tramite alla scultura e la fortunata circostanza che Maurizio D Agostini vive e lavora in una dimora storica ai piedi dei colli berici, a Costozza di Longare, dove pure ha preso casa da diversi anni il musicista genovese Stefano Grondona (classe 1958) uno tra i più preparati chitarristi internazionali e tra i migliori allievi di Andrés Segovia, che da più di un ventennio tiene la cattedra di chitarra al Conservatorio di Vicenza. Un maestro che, tra l altro, il 26 aprile scorso è stato insignito, unico italiano, della più alta onorificenza assegnata dalla Generalitat de Catalunya a personaggi che si sono particolarmente impegnati nella diffusione della cultura catalana, la Creu de Sant Jordi, e che con Ponte in Valtellina ha particolari rapporti di studio e di lavoro. Ed è proprio Grondona ad aver capito che la storica sala del Teatro Comunale di Ponte intitolata all astronomo Giuseppe Piazzi sarebbe potuta essere la sede ideale per l allestimento dei Pianeti di D Agostini. Piazzi infatti, nato nel comune valtellinese nel 1746 e ordinato nei Teatini, fu un grande studioso di matematica e di astronomia tanto che a lui si ascrive la scoperta, nel 1801, di Cerere l unico asteroide del sistema solare ad essere considerato, assieme a Plutone, un pianeta nano. Musica, astronomia e scultura si sono incontrati dunque nell antico borgo lombardo producendo I Pianeti di Maurizio D Agostini di Giovanna Grossato una efficace massa critica nella bella mostra di D Agostini, accompagnata da un catalogo con un prezioso testo critico di Fabio Girardello, utile anche a mettere a fuoco le tappe della carriera dello scultore. In particolare questo ciclo realizzato da D Agostini tra il 2002 e il 2009, nel catalogo viene proposto anche assieme ad una serie di bozzetti preparatori, di appunti e di disegni che costituiscono un prezioso repertorio non solo dell intuizione germinale delle opere ma anche delle strategie applicative per la loro traduzione in scultura, oltre che a evidenziare la forza del segno grafico come componente essenziale della formazione dell Artista. Altra forza palese de I Pianeti è il colore che solo apparentemente è organico alla superficie scultorea come patina; esso costituisce invece un valore pittorico in sé, comprimario e mutualistico rispetto alla forma: ne modula con delicatezza i chiaroscuri e accende d intensità cromatica il contrasto dei volumi, mettendo in evidenza le qualità plastiche e la compattezza serica del semire. Giove, Saturno, Marte, Venere, Nettuno, Mercurio e Urano (pianeta che domina il segno zodiacale di D Agostini, l Acquario) liberano le loro forme originali e favolose, per nulla legate agli stereotipi tradizionali, e tuttavia imprescindibilmente classiche, nelle misure e nelle scansioni - musicali, appunto - e traducono l astrazione geometrica dei poliedri e dei corpi sferici in un sogno umano che naviga nell iperspazio. Mercurio 2008 terracotta dipinta, cm 64x47x35 Urano 2009 terracotta dipinta, cm 68x36x36 VISTE 13

9 Polifonie del Segno MarcelloPalminteri Gilberto Zorio Stella, 1978 terracotta, cm 50x50 FERNANDEZ ARMAN ALBERTO BIASI MARIO BIONDA RENATO BIROLLI DAVIDE BRAMANTE PIETRO CONSAGRA AGOSTINO FERRARI WILFREDO LAM TRENTO LONGARETTI GEORGES MATHIEU ZORAN MUSIC MARCELLO PALMINTERI MARIO RADICE MAURO REGGIANI MAURO REGGIANI OMAR RONDA EMILIO SCANAVINO TURI SIMETI MARIO TOZZI HELIDON XHIXHA GILBERTO ZORIO Galleria Ferrari Via Matteotti, Treviglio (Bg) Tel dall alto Senza titolo 2005 china su carta applicata su tavola, cm 50x50 Groviglio 1996 china su carta, cm 40x60 di Nathalie Celen Ogni mostra di Palminteri, con l esternazione cromatica del suo segno, intreccia vicenda biografica e riflessione concettuale, rivisitando i vari momenti dell avventura esistenziale e della produzione grafico-artigianale. Alla luce di un inarrestabile tensione verso la nozione di infrazione e liceità del segno, continuità messa in scacco dalla sconfitta e dall oscurità di un figurativismo eccessivo e troppo calato tra le vittime del rappresentazionismo, il 14 giugno si è inaugurata allo Studio D ARS di Milano, Polifonie del segno, una personale di Marcello Palminteri, giovane artista di origini siciliane. Per comprendere i mutamenti in atto nella superficie dell astrattismo contemporaneo occorre liberarsi da quella visione dello spazio e del tempo che ha avuto origine, nell ortodossia del Rinascimento, con l affermarsi del sistema di raffigurazione prospettica e che ha potentemente condizionato il nostro modo di guardare e progettare lo spazio bidimensionale. Tale visione rischia infatti di impedirci di capire che, al di là degli orizzonti conosciuti, qualcosa di nuovo sta nascendo: uno spazio polifonico - dice Palminteri - che alla nettezza dei confini certi, delle gerarchie e delle regolarità, dell unitarietà e della coerenza contrappone una trama contorta e in continuo movimento. È proprio su questa condizione texture-ale dispersa, sulla ricchezza delle diverse situazioni semiologiche, che questa mostra invita a riflettere, a partire dalla presa d atto delle profonde modificazioni del nostro tempo e dal senso di spaesamento e di disorientamento che esse provocano in noi. L autore siciliano inquadra il discorso sul segno, sull astrattizzazione e sul suo progetto di messa in opera all interno non solo di un background graphic design, ma piuttosto di un ampia cornice s/definitoria, pertinente e pittografica (come dice Gabriele Perretta nelle sue definizioni di semiotica strutturale del segno grafico). Che il segno visivo del nuovo millennio risuoni, a volte, vacuo e narcisisticamente roteante su di sé, spesso incapace di attraversare anche il più superficiale degli strati epidermici, diventa una sensazione vicina al dato di fatto; quale può essere, allora, la strategia per uscire incolumi dal pericolo-inutilità? Potrebbero esserci diverse strade: dall ambiziosa vanità di Marcello Palminteri/auto da fè che si guarda allo specchio recitando la formula magica dell auto-poiesis segnica, a una consapevole riscossa in partenza che lascia irretiti nel circuito dell auto-produzione e dell assenza di velleità; nel mezzo (forse) la scelta più intelligente: una sincerità di fondo, che a casa Palminteri parla così... influenze? tutte, a noi i vaccini fanno orrore, accompagnata da un (auto) coscienza che, rispetto al reale in cui, proprio malgrado, ci si trova a vivere, a volte può divenire soluzione salvifica, senza intaccare lo sguardo acuto e lucido sulle cose. Ovvero sul segno stesso che si segna, Palminteri prova a viaggiare da solo, scoprendosi sul versante dell addestramento grafico che prova a ritrovare il se medesimo in se stesso. In Un Segno di Vita, questo approccio perviene a una segnicità ageografica, ma mai triste, magari amareggiata e tendente alla sdrammatizzazione dell eseguibilità stessa del suo Sé, piuttosto che all auto-pietismo di un astrattismo ridefinito ma mai vicino alla propria autarchia. Le osservazioni apparentemente non figurative dell agire minimalistico di Palminteri divengono piccole orchestrazioni raccontate - aspramente e affettuosamente - in maniera chiazzata, picchiettata, procedendo per macchie di colori e segni irreali che si incontrano in regioni e territori della visione geometrizzanti o segnicizzanti. VISTE 15

10 S i m o n a G H I Z Z O N I PHOTO di Giuseppe Viviano Lo sguardo dentro 16 Con l invenzione della fotografia sono stati in molti a pensare che era stato creato uno strumento in grado di riprodurre la realtà in maniera oggettiva, svincolata dall interpretazione connessa all atto creativo di pittori, disegnatori, incisori, ritrattisti, poeti e letterati, ai quali da sempre era affidato il compito di descrivere verbalmente o iconograficamente luoghi e paesaggi, delineare la fisionomia di cose e volti. Col tempo, la convinzione che la fotografia potesse rappresentare fedelmente aspetti del mondo reale si è rivelata un illusione, superata dalla constatazione che anche il fotografo presenta una interpretazione soggettiva di ciò che ritrae, selezionando con cura le informazioni e operando le sue scelte espressive. E dopo la raffigurazione del reale, la fotografia diviene un mezzo per rappresentare il mondo interiore, esprimere concetti e idee, manifestare sentimenti ed emozioni, astrarre. Si sperimentano nuovi linguaggi e si aprono nuove frontiere di indagine dove è protagonista l animo umano con le sue debolezze e le sue pulsioni. Simona Ghizzoni conduce le sue ricerche in questo ambito. Classe 1977, una formazione specifica nel campo della fotografia, Ghizzoni è una giovane artista che è riuscita a trovare un linguaggio e una poetica propri, e ad affermarsi nel panorama fotografico contemporaneo. Il suo è un percorso fotografico che nasce dall esigenza di raccontarsi e raccontare, entrare in relazione con l altro, avvicinarsi a realtà lontane avvertite tuttavia come vicine. La sua sensibilità di donna, indignata nei confronti delle disparità e delle ingiustizie che affliggono le donne in Italia e nel mondo, la porta sin dall inizio ad indagare in modo particolare la condizione femminile, soprattutto in relazione agli abusi, al disagio, alla discriminazione che la donna subisce in certi ambienti. L approccio della fotografa con il soggetto da ritrarre avviene sempre in modo discreto e nel pieno rispetto della sua volontà e della sua dignità di persona. Non persegue finalità sensazionalistiche, Simona Ghizzoni, non mira a colpire l attenzione a tutti i costi, a suscitare polemiche, facendo leva sulla fragilità della donna in alcune condizioni e contesti particolari, ma si sforza di interpretarne il vissuto interiore, il travaglio e il logorio, la sofferenza e l inquietudine, la malinconia, la solitudine, la frustrazione; come lei stessa afferma, delle donne intende raccontare l essere, loro malgrado, territorio delle più diverse battaglie. Ispirandosi a modelli come Francesca Woodman, Diane Arbus, Sarah Moon, che hanno lasciato, ciascuna alla propria maniera, un impronta indelebile nel mondo della fotografia, ora stigmatizzando la società con sottile ironia, ora evidenziando la fragilità dell esistenza umana, ora manifestando l inquietudine del vivere, l autrice definisce la propria identità stilistica dall alto Aftermath # Black and White Pigment Fine Art Print on Rag Cotton courtesy Forma Galleria, Milano Aftermath # Black and White Pigment Fine Art Print on Rag Cotton courtesy Forma Galleria, Milano che sta alla base del successo espressivo della sua produzione. Con i suoi scatti discreti, a volte disarmanti, l autrice si fa portavoce di un grido silenzioso che emana dal cuore, a lungo soffocato, inutilmente represso. Sarebbe semplicistico ricondurre la sua opera a un racconto fotografico o a un reportage documentario. Fedele ai canoni formali del fotogiornalismo, il suo lavoro ha la peculiarità di aggiungere al valore documentario di ciò che è raffigurato un significato altro, riconducibile alla sfera personale, intima, emozionale, del soggetto raffigurato e che, per trasposizione fotografica attraverso la mediazione dell autrice, viene trasmesso all osservatore. Simona Ghizzoni si muove nella sfera emozionale dell essere umano con abilità introspettiva, intuito, percezione, mettendo a nudo l anima dei soggetti, ritratti in pose spontanee nel proprio ambiente di vita. Ai primi lavori, Cicatrici e Frazioni, ricerche sulle tracce della guerra nei volti delle donne e nel tessuto urbano di Sarajevo e sul compimento dei trent anni delle sue amiche, l autrice realizza Odd Days, reportage sui disturbi dell alimentazione con cui ha vinto il premio OjodePez for Human Values e da cui è tratta l immagine terza classificata nella categoria Portraits single al World Press Photo Il lavoro è legato all esperienza personale della fotografa emiliana che, in seguito alla perdita di una giovane amica per anoressia, intraprende un viaggio nelle stanze e nei corridoi delle cliniche dove si cura il disagio alimentare. Ragazze giovani e giovanissime vengono ritratte dall obiettivo di Simona Ghizzoni, grandi occhi che sporgono dalle orbite infossate, corpi consumati, sopra In between, Selfportrait # Color Pigment Fine Art Print on Rag Cotton courtesy Forma Galleria, Milano a sinistra, dall alto Aftermath # Black and White Pigment Fine Art Print on Rag Cotton courtesy Forma Galleria, Milano In between, Selfportrait # Color Pigment Fine Art Print on Rag Cotton courtesy Forma Galleria, Milano volti inquieti, sensibilità ferite. Sguardi che urlano messaggi, richieste d aiuto criptate, mentre la bocca tace. L autrice sente il bisogno di farsi interprete di un malessere sociale che affonda le radici in piccole e grandi lacerazioni interiori, nella storia personale e familiare, e nei modelli imperanti nella società delle apparenze. Il successo di questo lavoro si deve anzitutto alle sue capacità relazionali e al rispetto dei tempi e degli spazi delle giovani pazienti; in altre parole, ai canoni di un etica che ha riguardo per il corpo di pazienti il cui disagio non ha origini organiche ma psicologiche. Simona Ghizzoni fotografa le emozioni piuttosto che le apparenze. Nella breve ma intensa attività fotografica, l autrice ha vinto numerosi premi e ottenuto prestigiosi riconoscimenti a livello internazionale. Tra i principali lavori realizzati, oltre a quelli già citati, figurano In between, una serie di autoritratti frutto di una ricerca introspettiva personale esposta in Paris Photo 2008, e Aftermath, una raccolta di immagini suggestive sull infanzia lontana e irrimediabilmente perduta, realizzata nei luoghi che l hanno vista protagonista da bambina, percorrendo un viaggio a ritroso nel tempo, nella memoria personale e nei luoghi dell infanzia, anche attraverso le suggestioni che arrivano dalle pagine dei suoi autori preferiti. Simona Ghizzoni è rappresentata dall Agenzia Contrasto e da Forma Galleria di Milano. Simona Ghizzoni vive ed opera a Roma 17

11 IN COPERTINA Impronte di pittura mediale ovvero nel segno di Passarella di Nathalie Celen Jeratica 2010 videoinstallazione (Retablo in legno, cm 250x150 + retroproiezione), Artfirst Bologna; still dal video courtesy The Gallery Apart, Roma 18 La quarta di copertina del quaderno di appunti di Gabriele Perretta sugli artisti dell area mediale, riporta un affermazione di Fabrizio Passarella, scritta per il suo stesso sito: «Mi piace il paradosso, l ossimoro, l unione degli opposti, ma anche la loro lotta, l armonia e lo stridore, il classico e l ellenismo, lo zen e il barocco, la rinuncia e l eccesso, la mano e la macchina. Mi commuovono le immagini povere, triviali, popolari, ma anche le più fini miniature ottomane. Mi piace contemplare il mondo come uno schermo su cui proiettare i fantasmi delle mie mitologie, e, al contrario, annullarmi fino a diventare lo schermo su cui il mondo riflette se stesso». E questo è forse il modo migliore per descrivere l attività dell artista per opere come Angeli & Eroi, Europe after the Rain, Polaroichkeit, Giardini, Vertigini divine, Fragili mondi, Made in Heaven, Kindergarten e The cosmological Pictshop, BollyMood, Ex-Statica, The Kiss, Corazón fileteado!, Jeratica, Grande Canto Orientale, L âge de la colle e Impermanent collection. Passarella, grazie all altissimo livello di concettualità raccolto, offre uno sguardo tanto ampio quanto puntuale su un panorama figurale unico; in cui alle preoccupazioni dell arte mediale delle origini si affiancano le possibilità di percezione negli ambiti dell arte attuale. Pian pianino le opere di Fabrizio Passarella, profeta dell arte mediale, individuata e teorizzata da Perretta dalla fine degli anni 80, cominciano a essere disponibili. Sorprendente, la sua intuizione sulla società delle immagini mediali! L attraversamento della sua poetica, a dimostrazione di tanta lungimiranza - che non è, credo, di nessun altro, se non di Perretta (col suo rizoma reticolare) - ricorda qualcosa di molto importante per la teoria del primo medialismo. Ma leggiamo Perretta: «Attraverso i loro polpastrelli gli uomini saranno collegati gli uni agli altri e così costruiranno una rete dialogica, un supercervello cosmico, la cui funzione sarà di rendere in immagini, attraverso calcoli e computazioni, le sembianze e le superfici inverosimili; di provocare informazioni e ieraticità. Tra gli uomini ci saranno intelligenze iconiche che dialogheranno con gli uomini mediante funicoli nervosi similari. Diventerà perciò senza senso, da un punto di vista pratico, voler differenziare tra intelligenze naturali e artificiali, (tra cervelli dei primati e cervelli dei secondi )». Per illustrare questo scenario, Passarella si serve di segni già esistenti, che però vengono modificati rispetto al significato originario: il più sintomatico è sicuramente, in questo contesto, Einbildungskraft, ovvero quello che dall antico esotico giunge al Ex-Statica 2005 installazione (5 arazzi digitali + 1 acrilico su tela), D Ac, Ciampino courtesy The Gallery Apart, Roma Siva e Dioniso (a Alain Daniélou) 2005 installazione (2 lightboxes + 1 stampa su forex. cm 100x200) Bollymood! (Mumbai Matinée) 2003 tecnica mista su cartoncino, cm 100x70 courtesy The Gallery Apart, Roma confronto con i luoghi comuni dell iconosfera mediologica. Il termine tedesco corrisponde all italiano «forza dell immaginazione» e rispecchia molto bene ciò che egli stesso, con un effrazione tipicamente concettuale, assorbe come corrispondenza tra zen e barocco, tra rinuncia e eccesso, mano e macchina. Ma a Passarella serve un termine diverso per indicare le nuove immagini (Bilder), quelle che egli chiama tecniche e che noi chiameremmo digitali o televisive, per distinguerle dalle immagini tradizionali delle pitture degli uomini della pietra o del rinascimento e, quindi, sin dall inizio degli anni 90 inizia a dar corpo ad una buona parte della pratica mediale. L immagine tecnica è prodotta dalla capacità (Kraft) di ein-bilden, formare in uno. Con «uni-formazione», il bravo medialista bolognese, traduce dunque la translazione schermatica, la Ein-bildung rispecchia la capacità di ricomporre un unità dalla dispersione dell universo quantistico del mondo comune. La traduzione/interpretazione di Passarella pare appropriata, anche se ogni volta ci costringe a riflettere sul fatto che uni-formazione non è standardizzazione e uniformità, ma meditazione critica a cui è dedicata l intera ricerca: Credo nell esperienza come sola forma ragionevole di conoscenza, ma so di essere come una rana in fondo a un pozzo, ignara delle profondità infinite di oceani e universi. Opera dopo opera, in un alternanza di intuizioni sublimi, ma anche - bisogna dirlo - di slittamenti nella matericità più estrema dei luoghi comuni, Passarella illustra il passaggio dall icona lineare, continua e unidimensionale, all immagine tecnica costruita di punti discreti e interrotti (il testo frantumato in elementi puntuali e privi di dimensione calcolante e computante). Per quanto questo possa significare simultaneamente, Passarella - riferendosi alla semiotica mediale perrettiana - sostiene che «la differenza tra immagini tradizionali e immagini tecniche sarebbe [che] le prime Senza Titolo (Mother of pearl) 1997/99 olio, alchidico su tela, cm 200x200 sono visioni di oggetti, le seconde computazioni di concetti. Le prime nascono grazie all immaginazione, le seconde grazie a una specifica capacità di unificare (Einbildungskraft) e contro-formare, a seguito del fatto che la fiducia nelle regole si è virtualizzata» e che quindi la pratica mediale è qualcosa che si riconosce a monte del processo di traduzione dei flussi iconosferici usuali. Questa capacità di schermatizzazione, non si stanca di ripetere Passarella, è qualcosa di profondamente diverso rispetto all immaginazione occidentale, qualcosa di nuovo e di cui si deve parlare per comprendere il mondo della «post-storia». Nachgeschichte, altro neologismo che Passarella ridefinisce nell era della globalizzazione, ci catapulta in condizioni atemporali. A proposito di post-storia parlavo di passaggi riconoscibili e dotati di un grande imprinting pop, quando non volontariamente ex-voto, oltre che ex-statici: essi hanno luogo quando Passarella, non volendo disporre solo di matite, pennelli e colori passa alla grafica, al fumetto e all illustrazione disponendo di nozioni fisiche sufficienti per fare il salto nel cartellonismo della tradizione indiana. Qui egli cerca di spiegare macroscopicamete elementi come fotoni, elettroni o bits di segni visivi, avvicinandosi allo schermo della televisione con la lente d ingrandimento, come un bambino degli anni 60 poteva cercare di spiegarsi il mistero del suono che usciva dal disco di vinile, osservando attentamente i solchi sui quali scorreva la puntina del giradischi. O riflettendo sul gesto del premere i tasti come se ciò potesse aprirci un varco verso l immaginazione mediale del funzionamento del quadro e della pittura figurale stessa. È un gioco sottile che Passarella affronta con enorme letterarietà e concettualità, giudizio che peraltro nulla nega e sottrae alla potenza del suo esame dell era digitale. In essa Passarella, insieme a Perretta, ha visto e vede, prima di qualsiasi altra indicazione che ci possa venire 19

12 20 Corazón trágico (me gustas cuando Callas) 2006 acquarello su cartoncino, cm100x70 courtesy The Gallery Apart, Roma da epigoni come Cristiano Pintaldi o altri artisti animati da fervore post-medialista (volgarmente esposti nel Padiglione Italia della 54esima Biennale Veneziana) bagliori di pittura schematica. Passarella ha il coraggio di disegnarci una rivoluzione culturale di tipo epocale, senza precedenti, ove tutte le immagini, immaginazioni e finzioni del passato sbiadiranno rispetto alle nostre immagini, alla traduzione della nostra medieutica (come dice G. Perretta). Non c è più realtà, ci sono soltanto sciami di punti, polvere di atomi, nulla c è più da leggere e da decifrare, tutto è da seguire con lo sguardo e con una dromo-percezione infinitesimale. Perso il carattere di specchio delle immagini tradizionali, le nuove immagini tecniche sono proiezioni nel senso che si proiettano fuori dal soggetto nel progetto, per divenire schermo di schermi. Importante è il problema della copia, legato al nostro presente, che oggi mette in discussione l analogo diritto (il copyright) dell autore sull opera. La riproducibilità dell opera - tema su cui aveva già riflettuto Perretta attraverso Benjamin - rende superflua l autorità dell autore e vanifica il problema del rapporto con l originale, sul quale non ha più senso applicare una maternità unica. Importanti per noi sono dunque le conseguenze della rivoluzione iconica - pre-pictorial turn e pre-visual studies - confrontata con gli oggetti dei quali oggi tanto si parla. È vero che da una parte si vorrà possedere il minor numero possibile di oggetti e che ci si rivolgerà unicamente alle immagini di oggetti, ma allo stesso tempo gli oggetti esistono ancora, e in sempre maggior quantità, mentre lo stringere in mano sciami di particelle e il guardare punti saltellanti sembra non soddisfarci, anzi procurarci sempre maggior inquietudine; quindi, la riproduzione manuale di questa risorsa è qualcosa che indica un orizzonte prospettico di nuove differenze e nuovi profili. Dichiara in ultimo Passarella: So che l unico, imper- Lucy in the Sky with Diamonds 1991 acquarello su tela, cm 167x114 Bollymood (Tilak) 2003 carboncino su carta, cm 100x70 courtesy The Gallery Apart, Roma Bollymood (Aaja Savariya) 2003 acquarello e penna su carta, cm 45,5x35,5 courtesy The Gallery Apart, Roma fetto, fallace e limitato telescopio è quello del cuore che, dove l occhio limitato della mente non riesce ad arrivare, può solo immaginare e sentire. L attività pittorica di Passarella è un indagine divinatrice dell immagine mediale, che va al cuore dell esperienza contemporanea: è al tempo stesso un esercizio sociale e semantico del modernismo e delle sue espressioni. Al centro della percezione di Passarella, si concentra la mutata esperienza dell universo mediale e la trasformazione del modello astratto in quello ad accumulazione flessibile. La protesi delle superfici schermatiche mostra le sue radici in quest opera che è già un classico della pratica medialista internazionale. Fabrizio Passarella vive ed opera a Castenaso (BO)

13 PROFILI R Umberto A P O N I di Franco Bozzi Poietica e Ironia Angelo rosa nell atelier dell artista 2007 tecnica mista Coincidenza solare 1990 installazione, cavedio di aerazione, parcheggio, Perugia 22 So bene che l idea può apparire frustra, per le tante volte che è stata espressa ed illustrata, e che vertiginoso è dunque il rischio di incorrere in ripetizioni e copiature, ma è giocoforza che da tale usurato eppur ineludibile approccio inizi anch io: la poietica di Umberto Raponi non può essere compresa se non partendo dalla sua dote più sincera ed umana, l ironia. Perché è questo concetto (o figura retorica? o sentimento dell animo?) che costituisce il nocciolo duro della fantasmagorica creatività del nostro autore, e l ancoraggio per ogni ulteriore discorso di approfondimento critico. E allora, prima di scendere ai contenuti, definiamo i termini della questione. Poietica (in greco antico poiëtiké) è dal versante dell autore l insieme dei criteri e degli stilemi prescelti per esternare il proprio bisogno espressivo; dal versante dell interprete l analisi delle leggi, forme o strutture entro le quali l opera si manifesta. Ironia (eirönéia) è la tecnica di simulazione/dissimulazione, il lessico che maschera e disvela un contenuto che solo parzialmente o allusivamente si intende proporre alla fruizione. Ebbene, i canoni poietici di Raponi sono modulati su una gamma estremamente varia e poliedrica di possibilità (anche questo carattere è stato più volte rimarcato: vedi per tutti il bel volumetto di Testimonianze critiche assemblato da Sandro Allegrini). Il registro comunicativo - o meglio visionario - dell autore va dalla grafica al disegno, dalla pittura alla poesia, dall incisione al giornale on-line, dalla rapida e beffarda performance alle imponenti stranianti installazioni. Così l esposizione dell opera può trovar posto indifferentemente nelle cuspidi della civitas medioevale o nei non luoghi della periferia post-moderna. E il fruitore di questo teatro della vita che Raponi si diverte a drizzare e a smontare, quello che a buon diritto chiameremo lo spectator, può sfogliare le pagine di un libro o cliccare su un computer, aggirarsi fra curiosità minimaliste o confondersi fra stupefacenti spazialità. Ma in tutte le occasioni troverà ad orientarlo nella incessante rappresentazione del mondo lo sguardo indagatore e disincantato dello scriptor/pictor, la penna intinta nell inchiostro dell ironia. Che questa sia connaturata alla finzione scenica (e artistica in senso lato) lo sapevano, ancora una volta, i greci, i quali non a caso parlarono di una ironia tragica per indicare l annuncio rivelatore della catastrofe imminente, ad opera di un inconsapevole ed incolpevole agonista. E lo ribadirono i massimi drammaturghi d Europa, creazione ed erede dell Ellade. Shakespeare se ne servì per demistificare bizze e pene d amore, Pirandello ne rivestì i suoi personaggi; e, attenzione! la contrappose all umorismo, giacché l ironia nasce da una consapevole riflessione su inclinazioni e debolezze umane, e l umorismo è invece - come suggerisce il nome - il prodotto dell umore, che può essere allegro o bilioso, ma è sempre qualcosa di istintivo e non meditato. Dalla scena l ironia si riversò in ogni forma di narrazione. Essa si insinua là dove meno ti aspetteresti di trovarla, per esempio nel roman romantique, soprattutto in due sue connotazioni, la storica e la sociale. Della prima è rappresentante il nostro Manzoni, che avvolge di una patina sottile i personaggi agiti da forze per loro incomprensibili se non rapportate al disegno provvidenziale: e qui la spiegazione può essere fornita da una qualche matrice giansenistico-pascaliana. Della seconda si fa interprete Victor Hugo, e anch egli ci pone di fronte ad un universo di bassifondi e abbrutimento, per poi affermare laicamente che la libertà comincia dall ironia. Questo è il retroterra culturale di Umberto Raponi: il cui tratto, volutamente incompiuto, lascia campo libero alle nostre interpretazioni di lettori/spettatori. Quelle nuvole di fumo sbuffanti fra i grattacieli sono certo il simbolo del tragico con cui si è aperto il nuovo millennio. Ma possiamo anche immaginare bersaglio dei suoi strali la sfacciata arroganza del potere, la pretesa onnipotenza della tecnica, la violenza insensata della guerra, la devastazione del territorio, la menzogna linguistica; e giù per li rami - secondo l espressione dantesca divenuta ormai luogo comune - idoli e totem della civiltà contemporanea. Sono i piccoli gesti quotidiani, i quali per l abitudine che ce ne ha reso partecipi ci sembrano innocui infantili trastulli: le manie di grandezza, i protagonismi esasperati, le mode stravaganti, le consuetudini inveterate; e su cui pure si esercita lo strumento dell ironia, che li scompone e ricompone facendoci appena balenare (e non mostrandocelo in piena luce) un universo fatto talora di slanci eroici, più spesso di ambizioni frustrate e miserie morali. Epperò lo stilo di Raponi non è mai intriso di veleno; e l acutezza dello sguardo è venata da tollerante comprensione. La sua ironia, intendo dire, non si tramuta in sarcasmo, come per citare un esempio antinomico potrebbe dirsi per i monologhi di Dario Fo. Né egli intende salire su qualche cattedra etica, da cui condannare o assolvere i suoi simili. Lui si ritiene, questo almeno io credo, un narratore. E come tale merita di essere ascoltato. Se poi dalle frottole che racconta se ne vuol trarre una morale, questo è lasciato al giudizio dell uditorio e all arbitrio dell esegeta. Ma la morale non è esplicitata, come nelle favole di Esopo o di Fedro. Ho detto frottole, ma la definizione è sua. E insieme le altre che ci suggerisce per le sue composizioni: indovinelli, ninne-nanne, filastrocche, cronache minute, osservazioni vagabonde. Per fare il Porta parete 1995 installazione, Palm-tree Center, Perugia Extra-large 1995 installazione, Palm-tree Center, Perugia verso a Prévert, storie e altre storie. Ma poi perché tirare in ballo (se non fosse per la levità dei temi e le cadenze ritmate) il cantore della Parigi libertina, esistenzialista, contestatrice? In Raponi c è il meglio della tradizione contadina umbra, l essenzialità dei gesti, l attaccamento alla buona terra. C è la tradizione popolare eppur nobile dei canta banchi, che andavano di piazza in piazza a sciorinare leggende e poemi del maggio, cioè dell eterna ritornante primavera. I Maestri sono richiamati, ma di sfuggita e senza ostentazione: Diego Donati, il frate incisore; e Gerardo Dottori, coi suoi influssi futuristi, presenti altrimenti nella grafica stravolta delle parole e dei versi. E ci può essere, insospettata, una tenerezza che commuove, come in quel diario poetico scompaginato in cui Raponi si è divertito a celare/ svelare nel titolo (Le scapigliate verze) una qualche discendenza dalla Scapigliatura. Ovviamente si tratta non di un riferimento puntuale all umorismo nero e maudit delle correnti tardo-romantiche, quanto piuttosto del guanto di sfida che lo spirito dell artista, un po goliardico e un po bohemien, lancia nei confronti del conformismo borghese, e oggi diremmo del politicamente corretto. Nelle poesie ispirate dalle località rivierasche del Trasimeno compare la Vitalità del degrado 2011 installazione, Palazzo della Corgna, Cittá della Pieve (PG) moglie Luciana, che proprio a quel lago ha dedicato acquarelli di tale delicatezza e tenuità cromatica da sembrare immateriali. Ambedue parlano, come fosse la loro storia, della salvia e del rosmarino; poi si accenna al viticcio, all asparago, alle geometrie sconvolte dal prorompente irrompere della vitalità primordiale. Se si alzano gli occhi al cielo si scorgono le scie degli uccelli migratori. In antitesi i condomini di città, la noia televisiva, i McDonald celebrati da Andy Warhol. Aspetti apparentemente estranei, ma emblematici di due sfere che in Raponi, come in tutti noi, si compenetrano: la campagna e la città. La spontaneità e l artifizio. La natura e la cultura. E l ambiente rurale segue il ciclo immutabile delle stagioni e dei mesi, il caotico rigore urbano trova immaginaria e immaginifica sistemazione (a riprova che perfino il profetismo biblico e apocalittico può avere un suo esito salutarmente ironico) nei disegni di Oga Magoga. In questa feconda ambivalenza poietica, sempre ricondotta ad unità dal filo rosso dell ironia, risiedono a mio giudizio l originalità e la forza espressiva di Umberto Raponi. Umberto Raponi vive ed opera a Perugia

14 PROFILI M A N F R E D I di Graziella Melania Geraci A n t o n i o 24 Pittore, fotografo, performer, ideatore e realizzatore di installazioni e video, Antonio Manfredi è quello che si può definire un artista eclettico, sperimentatore e sorprendentemente prolifico. Originario della provincia di Napoli, Manfredi ha iniziato giovanissimo il suo lungo percorso artistico che ancora si sviluppa verso esperienze di sempre maggior successo. La serie Working in blu, esordio della fine degli anni Ottanta, è caratterizzata da installazioni, da forme essenziali e primordiali, da oggetti plasmati e piani lineari da cui nascono le figure solinghe nello spazio, narranti silenziose e nascondigli di introspezioni ancestrali. Appare il blu, ma nasce anche la piramide che volge al cielo, un prolungamento e un icona che aspira ad elevarsi ad altri mondi e che ritornerà spesso nella produzione dell artista. Gli elementi tridimensionali della serie... in blu sembrano avere una seconda e nuova vita nei quadri di Line of vision, degli anni Novanta. Rigore formale e minimalismo estetico caratterizzano tale produzione pittorica. Grandi geometrie invadono il nero del fondo creando trompe l oeil di accesso verso spazi infiniti. Perfetto il chiaroscuro che accompagna nel viaggio l osservatore che spaesato si fa trasportare attraverso le strutture di matrice quasi metafisica. Il sorgere nel nuovo secolo spinge l artista ad un nuovo cambiamento di verso, Manfredi plasma le sue geometrie e ne minimalizza, estremizzandone, i significati visivi. In Metallic world le superfici sono lucide, fredde e luminose ed acquisiscono uno spazio complesso, un espansione su più superfici che permette una tridimensionalità installativa ampliata. Nel 2002 il pittore diventa fotografo ma i suoi quadri entrano nei suoi scatti. Painting in a photograph presenta trittici fotografici accompagnati da una forma primaria, da un idea platonica, un modello unico e perfetto, mimesi dell arte. Il quadro entra nelle foto, sembra essere posto in luoghi improbabili, decontestualizzato, presenza inquietante dal forte impatto estraniante. Maggiormente intimista la successiva serie Me, myself and I, probabile pausa di un auto analisi artistica e umana, guidata sempre dall uso del mezzo fotografico che sarà fondamentale nella produzione artistica di Manfredi. Ma la voglia di sperimentare non abbandona il partenopeo, ormai notissimo artista internazionale, vanta partecipazioni a simposi e viene invitato dalle università di tutto il mondo Working in blue 1989 tecnica mista collezioni privata, Napoli Metallic word 2000 installazione Doll s house 2007 foto su alluminio, cm 70x100 India revealed 2007 light box, cm 70x100 May be. They could live here 2011 installazione, work in regress, misure variabili Infinite message foto su alluminio, cm 100x100 per offrire la propria esperienza nel campo dell arte. Dal 2004 hanno inizio le sue performance, all insegna del concettuale, mentre continuano le evoluzioni fotografiche. Dal 2007 ad oggi Antonio Manfredi ha trasformato i suoi viaggi in una mappa esistenziale, in un percorso di anime differenti che il suo obiettivo coglie con poetica enfasi. Dall India ad Israele, fino al continente africano, girato in lungo e in largo per circa un anno, le foto dell artista parlano una lingua universale, sono gli angoli e gli sguardi nascosti dei mille popoli incontrati, dei luoghi, degli oggetti e delle usanze che l artista porta con se da ogni viaggio grazie anche al supporto degli amici artisti sparsi in tutto il mondo. Negli ultimi anni Manfredi sembra volgersi verso un arte sociale, un arte cronaca del vissuto e del disagio quotidiano, filosofia che sostiene anche nelle sue scelte di curatore del museo CAM Casoria Contemporary Art Museum che dirige dal Il percorso intrapreso lo ha portato a denunciare un insofferenza per le situazioni sia pubbliche che occulte di un umanità troppo assuefatta all indifferenza. Così nasce l installazione del 2011 MAY BE, scelta da Vittorio Sgarbi per essere collocata al Padiglione Italia all interno del Museo della Mafia per la Biennale di Venezia. L installazione presenta una serie di banner verticali con le fotografie dei 13 latitanti tra mafiosi, camorristi e affiliati alla ndrangheta, con mandato di cattura internazionale, che, grazie ad un montaggio fotografico, vivono sui corpi di anonimi passanti e in mezzo ai quali è costretto a camminare il visitatore dello spazio espositivo. Sono il monito lanciato dal Manfredi sulla possibilità di incrociare ovunque un malavitoso, è l ennesima sfida di un artista che pensa all arte come possibile arma di azione quotidiana. Attendiamo altre sorprese. Antonio Manfredi vive ed opera a Casoria (NA) 25

15 L Urlo di PROFILI Alfredo Granata di Gianfranco Labrosciano 26 L urlo terrificante dell artista gettato, sbaragliato, direi, in questo duro mondo d inamovibili relitti d inquietudine, è quello di chi sbava sudore e furore, lo schifo di un dolore grave e troppo a lungo trattenuto nelle viscere, nelle budella e dentro l anima. E l atto, il fatto terminale di un lungo processo di lotta e resistenza di chi sputa, vomita, espelle la fame di vita con la brama di morte, di distruzione e di disperazione. E il fatto di una creatura celestiale divenuta bestiale, consumata e caduta, che esibisce le sue ferite mostrandosi nella sua intimità violenta, violentata e squarciata. E, in altri termini, la rivolta, una critica radicale che fa emergere un estremismo necessario e che superando la tradizione, l abbraccio ossessivo e seducente della storia e della memoria s immerge nel presente con tutta la forza dell abbandono. I freni inibitori sono crollati, la volontà tende a fare dell artista un espulso della vita e tutto, in Alfredo Granata, la coscienza di sé, il tempo contingente, la religione e la ragione, persino le abitudini, si macera e si stritola in un istante, un solo istante di pienezza in cui quell urlo chiede riposo, una tregua, una qualche forma di pacificazione, sebbene rabbiosa, che giustifichi l eternità. Ecco, questo penso che sia, tanto per cominciare, quest urlo presentato con la pratica condotta dell arte, col suo agire, col suo manifestarsi e col suo comportamento. Si sente, osservando l opera, una volontà di scatenamento, l ansia di liberare la stratificazione di una situazione convulsa e lacerata a dispetto di una logica sempre più repressiva e di destabilizzare un ordine, un sistema costituito attraverso la rappresentazione di un malessere tanto trattenuto quanto dichiarato, tanto represso quanto urlato e manifestato fino all indecenza, tanto lacerante e aggrovigliato quanto espressamente espunto. Per questo più che di politica, allora, parlerei di nausea, di aperta ribellione per sfinimento, di un conato incontenibile e uno scoppio strepitoso, di una brutale rottura e di un principio di suicidio, di sacrificio, penitenza, espiazione e purificazione. E una sorta di solitudine inalienabile, una specie di condanna definitiva, lo specchio di un mondo senza uscita. Ma è davvero così? Tutto sembrerebbe confermarlo. La Madonna rovesciata, sinistramente avvolta dal sigillante siliconico sembra resistere, col suo irreversibile invecchiamento, al suo stesso motto di sempre, che induce a credere. Gli aghi acuminati di reperti antropologici palesano l estrema pietas di chi è da sempre costretto a obbedire senza rimedio. I calchi dei denti sono la sintesi, la smorfia e la resa di chi altro non ha fatto che combattere. Alla fine solo l urlo rimane contro la grassez- Credere (part.) tecnica mista su tavola, cm 100x70 Voci di ritorno (part.) tecnica mista e oggetti su tavola, cm 45x45 Obbedire (part.) tecnica mista su tavola, cm 100x70 Obbedire (part.) oggetti su tavola, cm 100x70 za enfatica della vita. Un urlo che nel prosieguo della rappresentazione diventa scopertamente quello dell artista, di Alfredo intendo, come a specificare che era lui stesso a urlare nelle precedenti immagini, per chi ancora non lo avesse capito. Insomma, la narrazione fortemente personale e autobiografica di una crisi irreversibile e senza rimedio. Senonché irrompe, nelle quinte di questo teatro inconsolabile, una sorta di devianza, di erranza intenzionale grazie alla quale s intravvede una via, un sentiero praticabile di riscatto. E il verbo comprendere, l azione possibile suggerita come pratica di reazione a quell urlare di denti e di budella di chi è dovuto morire come genere per rinascere come Uomo, per ritrovare un moto di sintesi e un impennata di speranza che gli consenta, alla fine, di continuare a esserci nonostante tutto, a duplicare la coscienza infelice nelle sue contraddizioni e continuare a vivere. Certo, è una lunga riflessione che presenta diverse sfaccettature e angolazioni, a cominciare dalle provocazioni e dalle risposte politiche che è capace di suscitare. Da questo punto di vista, anzi, è chiara la posizione dell artista impegnato sul versante della coscienza collettiva e della sua azione come prolungata accettazione e comprensione dell altro, del diverso ideologico, ed è come se nella stessa opera al tempo dell arte si sostituisse, quasi per germinazione spontanea, un tempo della politica che recupera in vista del futuro le ragioni della storia, della collettività e della memoria. Ed è sotto Credere (part.) tecnica mista e oggetti su tavola, cm 100x70 questa angolazione, forse, che va trovata la chiave di volta dell intera opera, poiché Comprendere, allora, diventa una specie di manifesto, una prospettiva e un programma per la lettura della storia passata che ingloba prepotentemente quella presente e degli anni a venire. E L apologia della storia di March Bloch, direi per concludere, che si afferma prepotentemente come corollario dell opera dell artista che non si chiude per nulla, ma rifiuta e supera il suo stesso urlo egocentrico nell azione intellettuale dell amore o dell amicizia e trova la strada maestra per immettersi, con tutte le correnti del suo fiume personale, comprese quelle della rivolta, nel grande mare della storia e dell umanità. Sul piano formale si tratta di un opera intrigante che ha radici solide nell avanguardia storica e nella vasta area della migliore sperimentazione e ricerca del secolo appena trascorso, e i riferimenti possono essere i più svariati. E un opera che reca come intrisa la realtà indissolubile del passato anche riguardo alla storia dell arte. Ci sono i catrami di Burri,l arroventata materia di un Kounellis e i terrificanti stravolgimenti di un Bacon, per intenderci,su queste raggelate pareti di amarezza che, come una grande e immensa texture, ripetono sine die quell unico, Munchiano urlo intrattenibile. Ma soprattutto c è lui, l artista, che si fa carne e sangue del tempo, dell attimo bloccato nel lampo di una macchina fotografica che gli consente sia di scendere nei gorghi paludosi e nei meandri melmosi della sua passività, che di emergere in superficie con tutta la forza catartica della sua umana, generosa fertilità. Alfredo Granata vive ed opera a Celico (CS)

16 TINA LUPO SCULTURE Il cappello dello sciamano, 1997 metallo bianco brunito

17 LIBRI LA BIBLIOTECA DEL MERCATO 30 Futuro artigiano L innovazione nelle mani degli italiani L euro, l ingresso della Cina nel WTO e la rivoluzione tecnologica sarebbero già bastate a mettere in discussione il sistema di produzione italiano senza l aggiunta della crisi economica del Una crisi evidente e diffusa anche in alcuni settori storici del Made in Italy. Mentre Edoardo Nesi vinceva il Premio Strega proprio raccontando un pezzo doloroso di questo mutamento economico (e culturale) nel distretto tessile di Prato, un altro libro usciva proponendosi come il manifesto di un nuovo immaginario per l industria italiana. Si tratta di Futuro artigiano di Stefano Micelli, Professore di Economia e Gestione delle Imprese all Università Ca Foscari di Venezia, che esplora un modo nuovo di concepire il Made in Italy attraverso il saper fare artigianale, un sapere prezioso e ancora molto presente nel nostro Paese. Raccontando il cuore artigiano di molte importanti aziende italiane - da Gucci a Zamperla, da Fazioli a René Caovilla - Micelli afferma l importanza di permettere al nuovo artigiano di essere protagonista delle nuove logiche di divisione del lavoro a scala internazionale imparando a valorizzare il profilo e le caratteristiche tipiche del artigiano: dalla passione per la qualità del lavoro, al suo desiderio di migliorare nell esercizio e nell approfondimento delle tecniche, al suo radicamento in comunità di pratica socialmente riconosciute. Le argomentazioni di Micelli sono convincenti perché non indulgono in nessun culto dell artigianato nostalgico quanto piuttosto sulla consapevolezza che il valore di un prodotto di qualità ha bisogno di fondarsi su competenze uniche, aggiungendo così un interessante tassello al recente processo di riabilitazione e valorizzazione del sapere artigiano. Il punto di partenza di questa riscoperta è la capacità di pensare all artigianato e, più in piccolo, anche ai mestieri d arte, come a una forma di produzione culturale: un processo cumulativo e innovativo che non si limita all imitazione e alla riproduzione di modelli immutabili ma si fonda sulla creatività. Così, dal volume recentemente dedicato dal grande sociologo Richard Sennett a L uomo artigiano, all inclusione a pieno titolo dell artigianato nella Crative Economy da parte di molti Paesi e delle stesse Nazioni Unite, oggi questo settore dai contorni incerti e quindi più difficile di altri da capire e studiare, sta finalmente vivendo una nuova primavera. Stefano Micelli Futuro artigiano L innovazione delle mani degli italiani Marsilio Ediziori, I Grilli isbn Euro 18,00 di Martha Mary Friel Marci Tito Logica discorsiva e procedure dell arte nella società contemporanea Sociologia Rivista Quadrimestrale di Scienze Storiche e Sociali, Anno XLIII Direttore Andrea Bixio Estratto dal n , rist , pp È possibile connotare il divenire della contemporaneità sulla base di categorie tali da delinearne le cesure rispetto all epoca precedente? È possibile determinare cornici concettuali, che permettano di tratteggiare la fenomenologia di tale divenire suggerendone una, seppur ipotetica, direzione? A tali interrogativi tenta di dar risposta Tito Marci, attraverso un lavoro che si mostra utile strumento per decifrare le complesse Logiche discorsive e procedure dell arte nella società contemporanea! Le categorie di mutamento, fenomenologia, modernità, postmodernità, scienza, ragione, medialità dell arte, presenti fin dal titolo, risultano essere fondamentali per quello che sarà l impianto teorico del saggio. Per elaborare una lettura razionale e mediale dell arte nella società contemporanea, occorre anzitutto descriverne i fenomeni, così come si danno e come si evolvono hic et nunc, in un tempo in cui la distinzione tra modernità e post-modernità diviene il risultato di un evoluzione più o meno graduale. All inizio del suo lavoro, Marci definisce i concetti di modernità e post-modernità. L intento, dichiarato dell Autore, è quello d estrapolare, dalle riflessioni effettuate dai principali autori che se ne sono già occupati, una sorta di tipo ideale che possa essere rappresentativo dei molteplici significati assunti dal concetto di arte come oggetto di una ricerca che decifri in essa una inconsapevole storiografia della società. L Autore prende le mosse dall analisi di Max Weber, di Baudelaire o di Hans Magnus Enzensberger, per suggerire ed indagare un percorso analitico in ordine al legame profondo che, specialmente a partire dal XIX sec., caratterizza il complesso rapporto tra fenomeno artistico (soprattutto nel suo versante pittorico) e razionalità tecno-scientifica. Attraverso tali esemplificazioni, si riscontra un altra nota proprietà della riflessione di Marci, che ricorda che ogni lavoro scientifico compiuto comporta nuovi problemi e vuole invecchiare ed essere superato. A ciò deve rassegnarsi chiunque voglia servire la scienza. Trattando tali categorie, Marci pensa ad una sociologia della condizione contemporanea dell arte, in relazione alle sue procedure nell ordine discorsivo della tarda modernità: fa riferimento alle analisi condotte da Jean Baudrillard, il quale afferma una sorta di cambiamento ontologico dovuto al predominio della simulazione modellistica sulla realtà, fino all assorbimento del reale nel virtuale e la dispersione del concetto stesso di significato all interno di un simbolismo autoreferenziale. Riflettendo su Max Weber, Marci scopre che il progresso delle tecniche artistiche di Julio Garcia Cortazar non è il progresso dell arte e che qualsiasi agire tecnicamente orientato è il progresso stesso. Legato alla medesima dinamica di predominio del segno sul significato, Marci sostiene che così come l arte non può spiegare dove giunge la scienza, la scienza non è in grado di sostituire l arte. Senza riprendere gli studi di Jameson, che correlano fortemente post-modernità e capitalismo, nella misura in cui il capitale diviene l informazione e la macchina non fa ma riproduce processi creando copie di un originale mai esistito, Marci ci ricorda che la razionalità scientifica nel frattempo ha sostituito i modelli di differenziazione e di scartabilità del mondo e che ormai l arte è stata clonata dalla totalizzazione dell universo tecnologico. Allo studio di Lime.Art (Ezio Cuoghi) The Flexible Helix; The Wing of the Senses foto da installazione multimediale, Italy, 2007 DISCUSSANT 31

18 32 H.M. Enzensberger, Marci mette in relazione la visione della nozione di esperimento a confronto con il gesto estemporaneo e dice che l avanguardia si muove sul terreno della storia acquistando nell ordine di un processo unidirezionale un significato puramente temporale. Un processo che avanza, perché il futuro stesso non sorregge più le arti, ma le minaccia. Qui, secondo Marci, il mutamento diviene semplice evoluzione e quindi va ricordato P. Bourdieu con la questione della matematizzazione dello spazio, così come va passato in perlustrazione il concetto di atipico di Kandinskij, mediato da A. Kojève. Come ultimo passaggio nello studio dell arte attuale, una volta delineate le caratteristiche che ne distinguono i tratti, l Autore, richiamando l analisi condotta da Lyotard e da Baudrillard, ne rileva gli elementi di cesura rispetto alla modernità, dimostrando, all interno di una sostanziale continuità, la presenza di un flusso di cambiamento, che si delinea in una nuova grande proposta del settore: il medialismo, teorizzato da Gabriele Perretta. L analisi preliminare condotta da Marci, sin dall inizio della dialogicità del tipo ideale, prevede un punto d arrivo nella medialità come carattere oggettivo della comunicazione vs l arte o viceversa dell arte vs la comunicazione. Dunque, essa chiude, o forse, apre il saggio a partire da una proposta coraggiosa e intraprendente, ovvero quella che riconosce al lavoro storico di Perretta il paradigma della svolta dell ultima metà del 900 (social media turn). In una visione che si rifà agli studi sui temi adottati da Perretta, che già dalla seconda metà degli anni 80 affermò la tendenza, tipica dell età contemporanea, al punctum dell arte non più come operatività ma discorsività, Marci mette in elenco le sostanziali priorità del medialismo, segnalandolo come il paradigma più produttivo del dibattito stesso sulla modernità. Il concetto di medialismo ha radici che provengono da discipline maggiormente attente agli aspetti simbolici ed estetici, in una parola culturali e semiologici, della vita sociale dell arte, ma secondo Perretta ha anche il pregio di riuscire a cogliere con sufficiente chiarezza e precisione le soluzioni di continuità tra le varie formazioni economico-sociali della comunicazione e della relazionalità artistica. Sotto questo aspetto risulta più netta la transizione, da molti prefigurata, da una società di tipo industriale ad una società di tipo post-industriale, che il medialismo ha individuato come discorso stesso del suo operare, arte come argomentazione di se stesso e in combutta con l ortodossia mcluhaniana, non come medium in quanto messaggio ma medium in quanto presentazione e presentificazione di se stesso. Marci coglie, dunque, nel contributo di Perretta la medialità in quanto medianità (est modus in rebus), ovvero il carattere specifico ed oggettivo della condizione immediata dell arte contemporanea e offre un esempio semiologico del mediale, che si potrebbe restringere in questo slogan: mostrarsi per dimostrare se stesso, ovvero pratica artistica come farsi linguaggio, struttura stessa dell attinenza mediale. Con tale riflessione si apre il secondo capitolo del lavoro di Marci, accompagnato dalla precisazione secondo la quale il termine mediale sfida un interrogazione: quale sarà il futuro effettivo dell arte? Quello che finirà per coincidere con la pubblicità e la mediazione della sua esposizione o con l immediatezza della presentazione?. Giunto al presente stadio, l autore passa a trattare ciò che può essere etichettata come la fenomenologia del discorso o della discorsività, analizzando nel dettaglio alcuni fenomeni macroscopici, che possono illustrare attraverso esempi le letture teoriche proposte. Il quarto capitolo tratta del fenomeno denominato razionalità procedurale e della dialettica tra globale e locale nell ambito della medialità. Indagata nella sua genesi, la nozione di medialità introdotta da Perretta risulta essere la modalità più compiuta del destino dell opera nel farsi immancabilmente concetto. L analisi mediale passa poi a trattare l aspetto semiologico di tale processo, nella misura in cui i fattori decisionali degli attuali assetti sono costituiti dalle unità discorsive, rappresentabili come sorta di stati nello stato dell argomentazione. Da tale aspetto si passa poi alla descrizione dell importanza della comunicazione a livello telematico ed alla soppressione dei limiti imposti dalla distanza spaziale, e della conseguente creazione di un villaggio globale, secondo categorie che superano ampiamente McLuhan. Riprendendo il concetto di fine delle narrazioni, viene mostrato l aumento dell incertezza individuale come cifra caratteristica del processo di globalizzazione, fenomeno che a livello soggettivo si determina in una frammentazione e pluricollocazione del singolo nelle varie appartenenze che lo scenario globalizzato o globalizzante rende necessario e la flessibilità rende ineluttabile. Si passa a descrivere la flessibilità mediale come elemento caratterizzante l epoca attuale. Perretta sostiene che, la semiotica sostituisce l opera, o il fare stesso dell opera e, con le proprie problematiche interne, risulta essere il nucleo portante della pratica medialista. Il lavoro semiotico come competenza comunicativa, insistendo sul predominare del know-how produttivo, tipico del mondo industriale, produce un ternario artistico che si presenta come una nuova forma di pratica dialogica. Perretta ribadisce che la cifra significativa dell arte contemporanea viene ad essere l attività di elaborazione e comunicazione di simboli, in un sostanziale diffusivismo della mediazione gestuale tra l uomo e le cose, gli artisti e gli oggetti, che reca con sé una ricchezza emozionale diversa dell operatore e dall operatore, superata attualmente attraverso lo sviluppo di dinamiche mediali di gruppo e di rete. Il sesto capitolo va ad analizzare il mutamento dei valori cui assiste la società post-moderna e post-industriale, citando lo studio monografico condotto da Perretta. Il fenomeno più rilevante è certamente l affidarsi tipico del mondo contemporaneo a credenze magico-spiritual-ambientalistiche, delle quali valgano come esemplificazioni l astrologia, la new age e la medicina alternativa, in una destrutturazione dei valori precedenti recante in sé i germi della nuova Weltanschauung. Uno degli aspetti centrali della teoria medialista di Perretta esamina il concetto di cultura materiale, appellandosi ad autori quali Ricoeur, Geertz, Barthes. In seconda battuta, essa applica quanto scoperto in sede teorica al caso pratico dei mezzi e delle unità discorsive, visto sotto la prospettiva di elemento tipico della cultura materiale. Il discorso viene considerato alla luce delle diverse culture come strumento di comunicazione e mediazione di rapporti prossimali o formali, caldi o freddi, in una declinazione di svariati dialetti. L analisi di Marci si conclude con la descrizione del medialismo come ciclo logico-discorsivo essenziale del suo presentarsi ; quel percorso che secondo Perretta è il tratto specifico del suo farsi: prodursi come significato, esperienza e valore che in qualche modo vanifica l orizzontalità strumentale dell arte stessa.

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20 PRIMO PIANO 36 Appunti sparsi sulla pittura di D Jaap van Der u s s e n di Alessio Bondioli Jaap Van der Dussen, classe 1948, è senz altro uno dei pittori olandesi della sua generazione più interessanti. L arte di questo singolare artista compendia serenità e travaglio creativo; nella sua opera troviamo la potenza evocativa del colore e la capacità di trasformarlo ora in pennellate armoniche ora in macchie dal forte contrasto: un incontro apparentemente contraddittorio tra armonia e dissonanza, che è alla base di una poetica chiara e decisa che gli permette di creare opere in bilico tra astrazione e figurazione secondo passaggi del tutto naturali. ( ) Nella sua concezione di esistenza troviamo la ricerca della felicità, la rappresentazione di come l essere umano sfiori la felicità senza riuscire a stabilizzarla, magari intravedendola e vivendola intimamente, ma sempre con la consapevolezza anticipata che la felicità non potrà mai essere fatta propria del tutto e a lungo. ( ) Ecco: a sostanziare quanto appena detto è, nella sua pittura, l accenno dei contorni dei corpi, di coppie di amanti profondi, dolci ma appassionati; contorni resi con linee sottili, vaganti ma inesorabili, linee che talvolta sono volutamente sfasate rispetto ai soggetti, proprio per suggerire quell evanescenza, quello sdoppiamento che rafforza, anziché diluire, la rappresentazione dell emozione; un altra spiegazione, sinergica alla precedente, è quella di dare dinamicità plastica, di innestare il fattore temporale nel quadro; e anche, perché no? un tributo, un omaggio alla tradizione classica del disegno, che qui trova corpo e si trasfigura nelle dense campiture e nei grumi di colore. ( ) Nella rappresentazione della natura astrazione e simbolismo si compenetrano: dettagli astratti ed essenzialità figurativa, si sciolgono nella vibrante tensione della superficie, con la stessa semplicità con il quale cielo e mare, all orizzonte, si fondono. C è sempre, nell opera dell artista olandese, una forse tensione emotiva, anche quando la tensione informale è maggiore, come avviene, per esempio, in opere come In between, Uscita dal Cielo, Dopo l alta marea ed altre, dove le macchie di colore hanno una forza vitale pari a lava incandescente. ( ) Ma il colore in Van der Dussen è anche rappresentato per essere immortalato in quanto tale, per farci riflettere sulla sua capacità di aiuto alla riflessione interiore. Questa concezione del colore vuole essere una continuazione delle riflessioni sul colore puro avviate e teorizzate da Kandinsky, e in epoca successiva da Albers, che ne approfondì i suoi legami con la percezione del colore sia da parte dell artista, sia da parte del fruitore. ( ) I chiaroscuri, i differenziali di energia cromatica, danno il senso di energie anche termiche, strutturate in campi, curve isotermiche, quasi dall alto Omhoog 2009 acrilico su tela, cm 120x100 Vulkanisch 2008 acrilico su tela, cm 80x10 sopra Terugblik 2003 acrilico su tela, cm 90x90 a destra Wij 2008 acrilico su tela, cm 100x100 sopra Impressie 2009 acrilico su tela, cm 100x80 che la ricerca psicanalitica applicata da Van der Dussen ai suoi soggetti assuma la capacità analitica di una T.A.C., (non a caso, forse, il nostro artista è anche medico ospedaliero) coi relativi colori che ne devono evidenziare le varie aree, come in medicina nelle T.A.C. al cervello, appunto, o come nelle foto satellitari alla Terra che studiano l inquinamento, o le colture agricole, che hanno i colori finalizzati a evidenziarne i contrasti. ( ) La dimensione dell astratto, nell opera di questo artista, è sia linguaggio, sia approdo: non è, la sua, un arte astratta svincolata dal bello; anzi, è un astrazione che ritorna sempre al bello, ma senza che esso abbia una sola valenza decorativa. La dimensione del bello qui, è un effetto collaterale del turbine creativo del suo creatore. ( ) Certamente, anche la vita e i luoghi percorsi dell artista rispecchiano le sue scelte pittoriche ed espressive: Jaap Van der Dussen vive tra l Olanda e la Provenza, tra il Mare del Nord e il Mediterraneo più europeo. La fruizione della natura, della sua bellezza, è infatti occasione per ognuno di noi di riflettere e scavarsi dentro e al tempo stesso di godere intimamente della silenziosa forza serena che la natura regala a chi sa guardarla: ecco in Van der Dussen, allora, apparire scorci che sono la rappresentazione poetica del suo mondo, sia reale che immaginifico, filtrato dalle atmosfere che quotidianamente vive. (...) Jaap Van der Dussen Kapellaan PE Heiloo (Paesi Bassi) jaap@dussen.net 37

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