FANTASIA IMMAGINAZIONE CONOSCENZA

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1 STUDI E RICERCHE Andrea Colli Chiara Selogna FANTASIA IMMAGINAZIONE CONOSCENZA UNO STUDIO SUL DE IMAGINE DI GIOVANNI DUNS SCOTO

2 Il De imagine di GIOVANNI Duns Scoto Una nota introduttiva Il De imagine di Giovanni Duns Scoto si inserisce nelle discussioni di fine XIII e inizio XIV secolo che hanno come principale obiettivo quello di ridefinire la forma e i caratteri della conoscenza, individuando un ambito stabile di evidenza e di certezza, che permetta di garantire un contatto con la realtà. Il processo gnoseologico, che dal mondo reale conduce alla produzione di un immagine e da questa porta all intellezione dell universale, non deve presentare interruzioni e fratture che pregiudichino la possibilità di conoscenza da parte dell uomo. 1. Distinzione tra notitia intuitiva e notitia abstractiva La volontà di garantire un effettiva corrispondenza fra rappresentazioni mentali e realtà esterna e la possibilità reale di conoscere l universale 1 è evidente in Scoto nella distinzione tra notitia intuitiva e notitia abstractiva e nella difesa della species intelligibilis. In questo modo infatti egli si distacca dalle precedenti dottrine della conoscenza, ammettendo la possibilità di conoscere direttamente l individuale: l intelletto umano è dunque in grado di avere l immediata certezza della sua esistenza, pur non riuscendo ad apprendere il carattere distintivo dell individuale o del singolare. Di conseguenza vengono postulati due tipi di conoscenza, una cognitio abstractiva, che considera l oggetto esterno prescindendo dalla sua esistenza attuale e dalla sua presenza reale, e una cognitio intuitiva, che coglie l oggetto immediatamente nel suo essere presente ed esistente in atto. Le due forme 1 Cfr. Duns Scoto, par

3 Il De imagine di Giovanni Duns Scoto di conoscenza riguardano la semplice apprensione e non il giudizio, ossia si riferiscono agli oggetti semplici espressi dai singoli termini della proposizione, agli incomplexa, distinguendosi così da un sapere di tipo discorsivo. In questo modo Scoto si allontana anche dalla tradizione filosofica che, a partire dal principio aristotelico intellectus est universalium, sensus autem particularium, sosteneva l impossibilità per l intelletto di apprendere il singolare e l individuale, mostrando come la distinzione tra le due parti dell anima non riguardi due facoltà poste sullo stesso livello, ma si riferisca a due potenze con gradi di perfezione differente: è la conoscenza sensibile quindi a essere esclusa dalla possibilità di apprendere l universale, mentre l intelletto, essendo una facoltà più perfetta del senso, è in grado di conoscere in modo più perfetto tutto ciò che viene appreso dalla parte sensibile del l anima. La condizione necessaria per l intuizione è quindi la presenza e l esistenza dell oggetto esterno (cognitio intuitiva non est nisi quando res est praesens), che permette di cogliere la realtà nella sua forma esistenziale; gli oggetti vengono colti nel loro attuarsi nel tempo e nello spazio e la relazione tra oggetto e atto cognitivo diviene in questo modo una relazione reale e attuale, che esclude ogni genere di mediazione. Il legame essenziale che si costituisce tra la res e la notitia intuitiva non ha alcuna importanza per il secondo tipo di conoscenza, l astrattiva, che non si rivolge direttamente alla realtà, ma a un aliquid, che Scoto definisce sia come aliqua diminuta seu derivata similitudo sia come ciò in quo res habet esse cognoscibile. La ratio formalis motiva della conoscenza astrattiva non è la cosa esistente nella realtà, ma una rappresentazione, una species, un immagine, che rappresenta l oggetto e consente di conoscerlo a prescindere dalla sua esistenza. Sembra quindi che il carattere distintivo della cognitio abstractiva sia costituito dal fatto di richiedere necessariamente un ente che svolga la funzione di intermediario tra l oggetto e la facoltà conoscitiva dell uomo, sottolineando una causa o un referente diverso tra i due tipi di conoscenza. Scoto sottolinea inoltre che il duplice modo di conoscere intuitivo e astrattivo riguarda anche la conoscenza intellettiva, utilizzando un analogia con la conoscenza sensibile, che risulta più facilmente indagabile. L intuizione intellettiva infatti viene spiegata ricorrendo a un paragone con la visione sensibile che è capace di apprendere immediatamente un oggetto attualmente esistente, mentre la conoscenza astrattiva intellettuale viene descritta in modo analogo all immaginazione, che opera a partire da immagini o species. Infine, mentre la percezione visiva rimane legata ai caratteri della presenza, dell esistenza e della temporalità e li trasmette alla parte intellettiva dell anima, l immaginazione, e di conseguenza la conoscenza astrattiva, 10

4 Distinzione tra notitia intuitiva e notitia abstractiva prescindono proprio da tutti questi caratteri, lavorando sull immagine o sulla species che hanno la caratteristica di presentare un oggetto proprio a partire dalla sua assenza. La novità quindi introdotta dalla teoria gnoseologica di Scoto è sicuramente la possibilità di ammettere, sia in ambito sensibile sia in ambito intellettuale, la conoscenza diretta di un oggetto senza dover introdurre una specie che consenta il contatto con le cose esistenti. Scoto infatti, limitatamente al momento iniziale, che riguarda il primo contatto immediato tra oggetto e organo di senso, nega la necessità del ricorso alla species sia nel caso della intuizione sensibile sia in quello della intuizione intellettiva. Se si tiene presente che tali momenti non sono anteriori ai corrispondenti momenti astrattivi, in quanto la sensazione risulta simultanea all immaginazione e la conoscenza intuitiva alla conoscenza astrattiva dell intelletto, ne consegue che, nello stesso istante in cui l oggetto esterno si presenta alla facoltà sensitiva, si produce la specie sensibile su cui lavora l immaginazione e lo stesso avviene nell ambito intellettivo. Questi aspetti possono evidentemente portare a un fraintendimento della teoria di Scoto, che tuttavia si allontana indubbiamente dalle teorie dei perspectivi basate sulla trasmissione di specie dall oggetto al soggetto conoscente, caratterizzato da una ricezione passiva della realtà esterna. Rimane tuttavia un legame con il modello scientifico della visione basato sugli studi di ottica, in quanto si afferma la necessità della specie per l attività dell immaginazione e della conoscenza astrattiva, e si sottolinea in questo modo che i concetti universali possono prodursi solamente a partire dalla presenza di immagini o similitudini con la funzione di rappresentare l oggetto reale. Da questo punto di vista rimane però aperto un aspetto problematico che riguarda sia la natura delle species sia la loro funzione all interno del processo conoscitivo; anche Scoto ritiene infatti che le species degli oggetti esterni abbiano un essere intenzionale o diminuito (esse diminutum), differente dall essere reale (esse simpliciter et reale) che caratterizza gli oggetti esterni, e allora ci si può domandare in che modo, a partire dalla loro natura essenzialmente differente da quella della realtà materiale, le specie o immagini siano in grado di far conoscere veramente tale realtà. È importante sottolineare che l intuizione intellettiva non riguarda sola mente il livello dell interiorità, ma viene estesa alla realtà esteriore nel momento in cui Scoto vuole dare conto del fenomeno della memoria; ricordare non significa semplicemente conservare una specie intelligibile nell intelletto possibile o trattenere un immagine con l immaginazione, ma corrisponde anche alla possibilità di percepire l esistenza di qualcosa che nel presente non esiste più. Tale conoscenza, definita intuitio imperfecta o 11

5 Il De imagine di Giovanni Duns Scoto habitualis cognitio intuitiva, diviene concepibile solamente se si ha presente l atto intuitivo grazie al quale l oggetto è stato precedentemente conosciuto; la memoria diviene l elemento che conferma l esistenza di una intuizione intellettiva, in quanto consente al soggetto di ricordare attraverso la conoscenza di tali atti e dunque di avere certezza dell esistenza degli oggetti esterni e di poter costruire proposizioni contingenti. 2. La conoscenza astrattiva: il De imagine Risulta pertanto evidente che la particolarità e l interesse principale della dottrina gnoseologica di Scoto rispetto alle teorie della conoscenza precedenti è di stabilire quale tipo di conoscenza permetta di apprendere un oggetto reale nella sua effettiva esistenza; tale funzione è svolta dalla conoscenza intuitiva che permette un contatto diretto con la realtà, dal momento che consente di conoscere l oggetto esterno in quanto presente ed esistente, mentre l astrattiva apprende l oggetto attraverso la mediazione di una rappresentazione che ha la funzione di renderlo presente all intelletto quando viene a mancare. Il De imagine, che si occupa proprio della conoscenza astrattiva, risulta particolarmente interessante proprio perché consente di approfondire la concezione scotiana del processo della conoscenza, mettendo in evidenza la necessità di porre una specie intelligibile, anteriore all atto di intellezione 2, e di definire le cause che permettono la conoscenza. Il testo è strutturato in quattro questioni, che prendono in considerazione i seguenti temi: se nella parte propriamente detta intellettiva dell anima, ossia nella memoria, si trovi una specie intelligibile anteriore per natura all atto di intellezione (utrum in parte intellectiva proprie sumpta, sit memoria, habens speciem intelligibilem priorem naturaliter actu intelligenti; par ); se la parte propriamente detta intellettiva dell anima sia la causa totale che genera la conoscenza in atto e la ragione della sua produzione (utrum pars intellectiva proprie sumpta vel aliquid eius sit causa totalis gignens actualem notitiam vel ratio gignendi; par ); se la causa principale grazie alla quale si genera la conoscenza attuale sia l oggetto, presente in sé o in una specie, oppure piuttosto la parte intel- 2 Cfr. Duns Scoto, par. 349; cfr. anche par

6 La conoscenza astrattiva: il De imagine lettiva dell anima (utrum principalior causa notitiae genitae sit obiectum in se vel in specie praesens, vel ipsa pars intellectiva animae; par ); se vi sia nello spirito un immagine distinta della trinità divina (utrum in mente sit distincte imago Trinitatis; par ). Mentre le prime tre questioni risultano collegate, in quanto trattano un problema esclusivamente gnoseologico, ossia cercano di spiegare il processo che permette di raggiungere una conoscenza dell universale chiarendone i passaggi e le cause principali, la quarta questione invece si occupa di un tema propriamente teologico, che riprende il pensiero agostiniano e considera lo studio dell anima e delle sue facoltà, considerandole non per se stesse, cioè in quanto facoltà conoscitive dell uomo con specifiche funzioni, ma nella loro relazione, cioè in quanto immagine reale e distinta, anche se imperfetta, della trinità divina. È possibile tuttavia comprendere in modo più chiaro il legame tra le quattro questiones e quindi tra i due ordini differenti di ricerca gnoseologico e teologico mostrando come il De imagine si inserisce nella struttura del I libro dell Ordinatio. 1. Prima parte (1-280) De cognoscibilitate dei si compone di 4 questiones: 1.1. Utrum deus sit naturaliter cognoscibilis ab intellectu viatoris Utrum deus sit primum cognitum a nobis naturaliter pro statu isto Utrum deus sit primum obiectum naturale adaequatum respectu intellectus viatoris Utrum aliqua veritas certa et sincera possit naturaliter cognosci ab intellectu viatoris absque lucis increatae speciali illustratione. 2. Seconda parte ( ) De vestigio presenta una sola questione: 2.1. Utrum in qualibet creatura sit vestigium trinitatis. Il percorso generale è dunque di questo genere: ci si domanda se Dio possa essere conosciuto naturalmente dall intelletto dell uomo in quanto viator, ossia dopo il peccato originale; quindi se Dio possa essere un oggetto adeguato e proporzionato all intelletto. Una simile domanda implica indagare, da un lato, i limiti e le possibilità della conoscenza naturale e, dall altro lato, il valore di tale conoscenza, ossia significa comprendere se l uomo sia in grado, senza alcun intervento speciale, di ottenere conoscenze certe e sicure. La seconda parte invece cerca di chiarire in che senso Dio possa essere inteso come oggetto adeguato all intelletto, mostrando come tutta la natura creata, che in Dio ha la sua causa esemplare, lo rappresenti come una traccia, mentre una natura intellettuale è capace di offrire un immagine di Dio, perché in essa concorrono 13

7 Il De imagine di Giovanni Duns Scoto più elementi in grado di rendere conto della unità e trinità divina, in particolare la relazione che intercorre tra le facoltà dell anima. Il De imagine tenta pertanto di chiarire questo percorso e approfondire cosa sia questa immagine: dopo il peccato la natura intellettuale, che in quanto tale potrebbe conoscere l essere nella sua totalità, presenta dei limiti e questi limiti devono essere chiariti. Il percorso del De imagine è dunque di questo genere: si parte dalla possibilità reale di conoscere l universale; questo significa che è realmente possibile conoscere l universale solo se le cause che lo producono sono reali (per Scoto la possibilità reale si distingue da quella logica, per cui è logicamente possibile tutto ciò che non implica contraddizione, anche se non è necessariamente reale). Stabilita questa possibilità è necessario definire le cause (questio 2) e, se molteplici, bisogna capire quale sia la principale (questio 3). 3. Il processo conoscitivo secondo Duns Scoto Secondo quanto sostiene Enrico di Gand nella rielaborazione delle sue tesi offerta da Scoto, l atto gnoseologico andrebbe suddiviso in due momenti: in una prima fase la specie sensibile viene acquisita attraverso un impressione nell organo sensoriale, giungendo così all immaginazione; in una seconda fase l intelletto agente astrae l oggetto contenuto nell immagine e muove l intelletto possibile all apprensione semplice dell essenza 3. Scoto condivide la descrizione della prima fase, ma nella seconda ritiene indispensabile la presenza di una specie intelligibile a partire dalla quale è possibile giungere all atto di intellezione. Sarebbe infatti assurdo ritenere che l intelletto, sia esso agente o possibile, possa in qualche modo astrarre l universale direttamente dall immagine, poiché quest ultima, rappresentando sempre l oggetto sotto la ragione del singolare, non lo può contenere 4. Rigettando dunque l ipotesi astrattiva tipicamente aristotelica, che non riesce a spiegare esaustivamente come un oggetto possa passare dall ordine esteso e materiale del sensibile a quello inesteso e immateriale dell intelligibile, Scoto deve in ogni caso rendere conto del problematico passaggio dall immagine dell oggetto particolare, alla formazione di un concetto 3 Duns Scoto, par Cfr. Duns Scoto, par

8 Prima questione

9 tavole riassuntive Sostenitore 1 Enrico di Gand, Quodl. V, q. 14 (f. 174Y). 2 Enrico di Gand, Quodl. V, q. 14 (f. 174Z). 3 Enrico di Gand, Quodl. V, q. 14 (f. 174Z). 4 Enrico di Gand, Quodl. V, q. 14 (f. 175F). PRO E CONTRO Nella parte intellettiva dell anima, propriamente detta memoria vi sono specie intelligibili anteriori per natura all atto di intellezione? ARGOMENTI CONTRARI Argomentazione Premessa (a): ogni specie impressa rap pre senta l oggetto nei termini in cui es so la im prime. Premessa (b): la specie è impressa dal l og getto in quanto sin golare. Conclusione: la specie non può rap presentare l u niver sa le. Premessa (a): la presenza della specie è effetto e non cau sa della presenza del l oggetto. Premessa (b): l oggetto è presente. Conclusione: è inutile sup porre la presenza di una spe cie. Premessa (a): ogni specie nell intelletto pro duce per sua natura una intellezione. Premessa (b): se nell intelletto può essere presente una specie, ne segue che per lo stesso mo tivo ne possono essere presenti molte. Conclusione: nell intelletto sarebbe presente una molteplicità si multanea di intellezioni. Una specie intellettiva anteriore all atto di in tellezione sarebbe per l in tellet to come un acciden te per un soggetto e questo è manifestamente con tra rio alla natura e alle operazioni del l in telletto. Auctoritates chiamate in causa Algazali, Philosophia (Metaph.), 1, tr. 3, sent. 4. RISPOSTE DI SCOTO La specie impressa rappresenta il singo la re, cioè l oggetto, ma non se condo le modalità proprie del l og get to (mo do dell a gente), ma secondo la for ma dell intelletto che coo pe ra con l oggetto all at to di intellezione (mo - do dell agire). L oggetto è presente alla fa coltà del conoscere secondo due modalità: 1. in modo tale da poter generare la specie nell intelletto; 2. nella specie generata co me oggetto cono scibile. È falso allora sostenere che la specie nell intelletto non è causa della presenza dell oggetto, se ci si riferisce alla presenza in quanto conoscibile. Analogia tra sensazione e atto di intellezione. Più un oggetto agisce fortemente su un senso, più efficacemente agirà sull in telletto. La specie dunque può muovere l intellezione, ma questo vale per la specie che muo ve in modo più efficace. Non ne deriva quindi la necessità di dover ammettere una molteplicità di specie simultanee. Auctoritates chiamate in causa Agostino, De trin. XIV, 6.8. Agostino, De lib. arb. III, Algazali (diversa in terpretazione della stes sa tesi). Aristotele, Metaph. VII, 1032a b 3. Averroè, In Metaph. VII, comm. 23. Va distinta una relazione reale tra specie e intelletto da una relazione intenzionale. Nel nostro caso si sta considerando una relazione di tipo intenzionale, per cui non ha senso alludere a un legame come quello che si costituisce tra sostanza e accidente.

10 5 Enrico di Gand, Quodl. V, q. 14 (f. 176O-177O). 6 Enrico di Gand, Summa, a. 45, q. 2; Quodl. V, q. 14 (f. 176O). Se la specie intellettiva fosse precedente all atto di intellezione, potrebbe conservarsi senza l atto di conoscenza e quindi non sarebbe necessario che l in telletto si rivolga alle im magini. Dato che l oggetto è presente alla facoltà volitiva in quanto si trova nell intelletto, per analogia esso sarà presente all intelletto in quanto si trova nell immagine. Avicenna, De an., pars 5, c. 6 (26rb). OPINIONI SOSTENUTE DA ALTRI AUTORI ENRICO DI GAND Auctoritates Opinione chiamate in causa L intelletto agente opera un astrazione dall immagine e porta l intelletto possibile alla conoscenza del l essenza senza aver bisogno del le specie intelligibili. RISPOSTE DI SCOTO Ogni facoltà cognitiva ha una specie che rappresenta il proprio oggetto, antecedente all atto di conoscenza. Nel caso della facoltà organica, l oggetto è presente nell organo, che è parte costitutiva della facoltà stessa. Nel caso dell intelletto l oggetto che è impresso nella facoltà stessa, precede l atto di intellezione ed è la specie intelligibile. Auctoritates chiamate in causa GOFFREDO DI FONTAINES Premessa (a): ogni potenza è portata all atto cui è immediatamente ordinata da un agente presente e proporzionato. Premessa (b): la facoltà dell apprensione è direttamente ordinata all atto dell apprensione. Conclusione: la facoltà dell apprensione viene direttamente portata all atto da un agente proporzionato. RISPOSTE DI SCOTO Bisogna distinguere due atti: 1. l atto che rende l oggetto presente in quanto intelligibile; 2. l atto che opera sull oggetto intelligibile (species) in quanto presente (atto di intellezione). I due atti non vanno intesi come una successione cronologica o di causa-effetto, nel senso che l atto di intellezione (2) sia causato dalla produzione della species (1). L intelletto infatti è a fondamento di entrambi gli atti tra i quali esiste solo una relazione di ordine.

11 Prima questione testo 1. La memoria è in possesso di una specie intelligibile anteriore all atto di intellezione? (333) Nella parte terza di questa distinzione, che riguarda l immagine, ci si domanda se nella parte intellettiva dell anima, propriamente detta, la memoria possieda una specie intelligibile anteriore per natura all atto di intellezione Argomenti contrari Non si può passare dalla specie sensibile impressa a quella intelligibile Ogni specie impressa da un oggetto lo rappresenta esattamente nei termini in cui essa viene impressa dall oggetto; se la specie è impressa da qualcosa di diverso dall oggetto, essa lo rappresenta ancora esattamente nei termini in cui lo rappresenterebbe se fosse impressa dall oggetto, perché altrimenti non sarebbe una vera specie dell oggetto; ma la specie, quando è impressa dal l oggetto, è impressa dall oggetto in quanto singolare, perché ciò che agisce è un singolare; di conseguenza, qualunque sia la cosa che la imprime, la specie non può rappresentare l universale; questo può avvenire solo se si tratta di un universale come quello che viene rappresentato all intelletto: nessuna specie impressa rappresenta pertanto l intelligibile esattamente nei termini di un intelligibile L oggetto non è l effetto di una specie (334) Ancora, la presenza dell oggetto è causa della presenza della specie e non il contrario: non è il fatto di avere la specie del bianco nell occhio che implica la presenza di qualcosa di banco, ma vale il contrario; dunque la prima rappresentazione di un oggetto non è dovuta a una specie, e dunque, dal momento che l oggetto è presente, risulta superfluo porre una specie Molteplicità e simultaneità di intellezioni (335) Ancora 3, qualunque specie fosse presente nell intelletto, sarebbe una forma che per natura produce una intellezione; ma, se si pone che una spe- 22

12 Testo cie sia presente nell intelletto, ne segue che potrebbero essere presenti molte specie simultaneamente; di conseguenza tutte le specie produrrebbero per natura intellezioni loro corrispondenti e dunque nell intelletto sarebbero presenti simultaneamente più intellezioni, corrispondenti alla pluralità delle specie. Se poi una qualunque di queste specie agisce naturalmente senza che si dia l intellezione corrispondente, ne segue che mai si darà alcuna intellezione relativa a questa specie; infatti quando agisce naturalmente, una causa agisce secondo il grado massimo della propria potenza; se quindi non può causare il proprio effetto, mai sarà in grado di farlo. Ma la pluralità di specie, posta per ipotesi, è negata da Algazali nella sua Metafisica, in quanto sostiene che un unico e identico corpo non può essere informato simultaneamente da più forme differenti, né allo stesso modo un solo e identico intelletto può essere informato contemporaneamente da più oggetti differenti 4, cosa che invece accadrebbe nel caso si ammetta la presenza simultanea di più specie intelligibili Specie intellettiva come forma accidentale (336) Ancora, in quarto luogo, sembra derivare da questa ipotesi che l intelletto subirebbe non l azione dell intelligibile in quanto intelligibile, ma solamente una passione reale ricevendo una forma che per lui risulta una perfezione reale; secondo questa ipotesi, in effetti, l intelletto riceve questa specie come un soggetto riceve un accidente reale e di conseguenza non subisce l azione dell intelligibile in quanto intelligibile. Ne segue anche che conoscere non sarà il movimento di una cosa verso l anima; al contrario ogni intellezione sarà un azione assoluta della cosa, come una forma sussistente per sé, che non ha un termine esteriore a se stessa Inutilità dell immagine per l intellezione (337) [Ancora, la specie potrebbe conservarsi senza l atto di conoscenza, per cui non sarebbe necessario che l intelletto si rivolga all immagine L intelletto non ha bisogno di ricevere qualcosa di estrinseco (338) Ancora, la volontà ha un oggetto che le è sufficientemente presente perché essa possa esercitare il proprio atto verso quello, senza ricevere in se nulla da un oggetto. Può dunque andare nello stesso modo per il caso presente, nella misura in cui l oggetto è ciò su cui termina l atto di cono- 23

13 Prima questione scenza 7. Conferma: dato che l oggetto è presente alla volontà in quanto è nell intelletto, perché non avviene lo stesso per l intelletto e l immagine?] Argomento a favore 9 (339) Quando l intelletto passa dall essere totalmente in potenza, essendo ancora lontano dalla conoscenza, all essere in potenza in modo accidentale, essendo ormai prossimo alla conoscenza, bisogna necessariamente che in esso abbia luogo un certo cambiamento che evidentemente riguarda non l oggetto, ma l intelletto stesso. Il cambiamento che porta a una potenza prossima a una conoscenza appare mutamento verso una certa forma, grazie alla quale l oggetto intelligibile è presente all intelletto, ma questa forma è anteriore all atto d intellezione, dal momento che la potenza prossima, per mezzo della quale si è in grado di conoscere, è naturalmente anteriore all atto di intellezione; e la forma, attraverso cui l oggetto è presente in questo modo, è detta specie; dunque ecc Opinioni di altri autori Enrico di Gand (340) Esistono molti modi diversi di argomentare a proposito della presente questione. La prima opinione 10 nega ogni specie intelligibile precedente per natura all atto d intellezione, per le ragioni esposte nella prima parte della presente questione. Tale opinione viene sostenuta in questi termini: una volta che la specie sensibile è stata acquisita, attraverso un impressione nell organo sensoriale, e, completando il proprio processo, è giunta alla facoltà dell immaginazione, l intelletto agente astrae dall oggetto contenuto nell immagine e muove l intelletto possibile all apprensione semplice dell essenza, senza che l intelletto possibile riceva dall immagine una specie che in esso si imprime e senza che sia presente all intelletto un oggetto che non è presente all immaginazione 11. (341) Questo si prova attraverso la seguente deduzione: la specie sensibile ricevuta dal senso è cosa diversa dall atto con cui viene ricevuta, sia perché l organo sensoriale è della stessa natura del mezzo intermedio, sia perché la specie ricevuta produce la disposizione immediata all atto del sentire quanto deve essere ricevuto. Nell intelletto non si dà né l una né l altra condizio- 24

14 Testo ne: da un lato infatti l intelletto non è una facoltà organica; dall altro lato è in se stesso perfettamente disposto all atto di intellezione; dunque ecc. 12. (342) Si afferma che questa opinione 13 è conforme a quanto viene sostenuto dal Filosofo nel libro III del De anima, quando loda gli antichi filosofi per aver detto che non l anima nella sua totalità, ma solamente l anima intellettiva è luogo delle specie 14. Questa precisazione sembra erronea se la si intende come se indicasse che le altre parti dell anima non possiedono specie (vi sono infatti specie nella facoltà sensitiva); in realtà significa che le altre parti contengono specie non come fossero luoghi, ma come soggetti che hanno accidenti; l intelletto invece le contiene come un luogo, in quanto forme espresse e non impresse 15. (343) Questa opinione 16 si basa ancora sul libro III del De anima, quando Aristotele sostiene che noi vediamo il ciò che è nelle immagini, che le immagini si rapportano all intelletto come i sensibili ai sensi, che non conosciamo alcuna cosa nell intelletto senza l immagine e altre tesi simili 17. Da ciò concludono che il Filosofo non pone alcuna specie intelligibile, perché se una specie fosse posta, l intelletto non vedrebbe il ciò che è nelle immagini, ma nella specie intelligibile; per la stessa ragione l intelletto non avrebbe bisogno di rivolgersi alle immagini, in quanto sarebbe sufficiente la specie intelligibile, mediante la quale sarebbe presente l oggetto verso cui l intelletto si rivolgerebbe 18. (344) Se si argomenta in senso contrario, facendo riferimento al passo dello stesso trattato in cui il Filosofo afferma: necessariamente nell anima vi sono o le cose o le loro specie, ma non vi sono le cose, dunque vi sono le loro specie 19, si risponde che dalla parte dell intelletto, cioè nell intelletto, vi è una specie impressa, che è habitus 20 oppure atto, o una specie espressa, che è specie presente nell immagine o quidditas, e la quidditas che splende nell immagine è specie in rapporto al singolare (in effetti non è questa pietra qui a essere presente nell anima, ma la quidditas della pietra, che in rapporto a questa pietra qui è una specie) 21. (345) Si è affermato 22 allo stesso modo che questo sia il punto di vista di Agostino, secondo il quale il verbo nasce da un habitus e non da una specie intelligibile. Egli dice in effetti nei capitoli 10 o 24 del XV libro del De trinitate che dal sapere che conserviamo grazie alla memoria nasce il verbo 23 e nello stesso libro, nei capitoli 12 o 28: il verbo nasce dal sapere che dimora nell anima. 25

15 Note Note 1 Enrico di Gand, Quodl. V, q. 14 (f. 174Y): vd. Appendice I. 2 Enrico di Gand, Quodl. V, q. 14 (f. 174Z): vd. Appendice I. 3 Enrico di Gand, Quodl. V, q. 14 (f. 174Z, 179B): vd. Appendice I. 4 Algazali, Philosophia (Metaph.), 1, tr. 3, sent. 4, p. 68: Sicut enim non possumus imaginari duas celaturas vel duas figuras in eadem cera simul eodem modo circa idem; sic non possunt imaginari in anima esse duae scientiae discretae simul praesentes eodem modo, sed succedunt sibi adeo subito ut non possit comprehendi earum successio propter brevitatem temporis. 5 Enrico di Gand, Quodl. V, q. 14 (f. 175F): vd. Appendice I. 6 Enrico di Gand, Quodl. V, q. 14 (f. 176O-177O): vd. Appendice I. Avicenna, De anima, pars 5, c. 6 (26rb): Impossibile est enim dici hanc formam intelligibilem esse in anima in effectu perfecte et non intelligi ab ea in effectu perfecte. 7 Enrico di Gand, Summa, a. 45, q. 2, 107: Quare, cum bonum quod est in re ut in re exis tens, nullo modo habet movere voluntatem, sicut verum quod est in re, non habet movere intellectum secundum quod habet esse in re, sed solum secundum quod habet esse in intellectu, actus ergo voluntatis qui est velle, etsi terminatur ad bonum ut est in re existens, nullo tamen modo ad huiusmodi actum eliciendum habet voluntas moveri a bono, nisi metaphorice, aut pati ab ipso. Quare, cum non possit aliquid dici virtus passiva, nisi quia ab aliquo patiatur quod agat in ipsam eliciendo actum suum, quemadmodum intellectus dicitur virtus passiva, quia non agit eliciendo actum intelligendi, nisi moveatur a re obiecta quae sit in ipso ut forma eius secundum esse spirituale, ut habitum est supra de intellectu Dei, non est autem aliud quod natum est agere in virtutem quamcumque, nisi proprium obiectum, sicut non agit in visum nisi color vel lux, dicendum igitur quod voluntas et in Deo et in aliis simpliciter debet dici virtus activa et non passiva, e contrario intellectus qui, ut habitum est, debet dici simpliciter virtus passiva et non activa. Enrico di Gand, Summa, a. 58, q. 2 ad 3 (II f. 129D-130H): Consimiliter autem agens se habet ad phantasmata. Ipsa enim ut particularia et sub conditionibus materialibus non sunt species universalium nisi in potentia; nec possunt movere intellectum possibilem nisi in potentia. Sed lumen agentis splendens spiritualiter super illa sicut lumen materiale materialiter resplendet super colores, separat ea a conditionibus materialibus et particularibus et sub ratione speciei universalis proponit ea intellectui possibili qui et movetur mediantibus illis a revus universalibus et informatur intellectione universalium secundum actum; quemadmodum colores specie sua in luce actu movent visum ad videndum colores. 8 Enrico di Gand, Summa, a. 45, q. 2, 107: vd. nota 7. Enrico di Gand, Quodl. V, q. 14 (176O): vd. Appendice I. 9 Questa è l opinione di Scoto. 10 Enrico di Gand, Quodl. V, q. 14 (f. 178V, 177R, 174V): vd. Appendice I. 11 Enrico di Gand, Quodl. V, q. 14 (f. 176O): vd. Appendice I. Enrico di Gand, Summa, a. 58, q. 2 ad 3 (II f. 129D-130H): vd. nota 7. Enrico di Gand, Quodl. IV, q. 21 (f. 136G-137H): Intellectu vero materialis ab obiecto nullam recipit speciem impressivam, sed solum expressivam, qua de potentia intelligente fit actu intelligens; oportet enim, quod secundum aliquam similitudinem sicut sensus se habet ad sensibilia, sic intellectus se habeat ad intelligibilia. 12 Enrico di Gand, Quodl. V, q. 14 (f. 176M): vd. Appendice I. 13 Vd. par

16 Prima questione 14 Aristotele, De anima, III, 4, 429a 27-28: Quindi si esprimono bene coloro che affermano che l anima è il luogo delle forme, solo che tale non è l intera anima, ma quella intellettiva, ed essa non è in atto, ma in potenza le forme. 15 Enrico di Gand, Quodl. V, q. 14 (f. 176K): vd. Appendice I. 16 Enrico di Gand, Quodl. V, q. 14 (f. 177O-176O): vd. Appendice I. Enrico di Gand, Summa, a. 1, q. 8, : Tertio modo principali ponendi angelum docere hominem, operando scilicet circa nostrum phantasticum, triplex modus ponendi, quorum duo sunt impossibiles, tertius vero possibilis. Primus illorum est quod ipse angelus existens in organo phantasiae ostendit intellectui species ima ginabiles, non tamen imprimendo eas in phantasia, quales ipsa phantasia nata est eidem ostendere, ut ab eis abstrahantur species intelligibiles per quas intelligat, et sic per illas angelus hominem doceat. Quod est omnino impossibile, quia talis species imaginabilis non est nata fieri nisi ab obiecto sensibili et in organo corporali. Et cum hoc si ab alio nata esset fieri per se subsistens, non tamen ab ea intellectus abstraheret species intelligibiles, quia non est natus abstrahere eas nisi a speciebus existentibus in phantasmate, quae se habent ad intellectum sicut colores ad visum, ut vult Philosophus in III De anima. 17 Aristotele, De anima, III, 7, 431a 14-17: Nell anima razionale le immagini sono presenti al posto delle sensazioni, e quando essa afferma o nega il bene o il male, lo evita o lo persegue. Perciò l anima non pensa mai senza un immagine. Aristotele, De anima, III, 8, 432a 9: Infatti le immagini sono come le sensazioni, tranne che sono prive di materia. 18 Enrico di Gand, Quodl. V, q. 14 (f. 177O): vd. Appendice I. 19 Aristotele, De anima, III, 8, 431b a 1: Tali facoltà devono essere identiche o alle cose stesse o alle loro forme. Ora non sono identiche alle cose stesse, poiché non è la pietra che si trova nell anima, ma la sua forma. 20 Si è scelto volontariamente di lasciare il termine in latino. 21 Enrico di Gand, Quodl. V, q. 14 (f. 176K): vd. Appendice I. 22 Enrico di Gand, Summa, a. 58, q. 2 ad 3: vd. nota 7. Enrico di Gand, Quodl. IV, q. 8 (f. 97L): Cum haec fuerit formata, erit creatura quae formabilis fuit, ut nihil iam desit eius formae ad quam pervenire debet. Ecce expressa sententia Augustini quid appellet verbum, quoniam formatam notitiam in intelligentia de re cuius notitiam habemus in memoria. In qua notitia intelligentiae est duo considerare: scilicet ipsum noscendi, sive intelligendi, sive cogitandi in actum, et id quo informatus. 23 Agostino, De trinitate, XV, 10.19: Chiunque perciò può comprendere che cosa sia il verbo, non soltanto prima che risuoni al di fuori, ma anche prima che il pensiero si occupi delle immagini dei suoni (questo verbo infatti non appartiene ad alcuna lingua, a nessuna di quelle che chiamano lingue delle genti, tra le quali c è anche la nostra lingua latina); chiunque, dico, può comprendere che cosa sia il verbo, può già vedere, per mezzo di questo specchio ed in questo enigma una certa somiglianza di quel Verbo di cui è detto: In principio era il Verbo ed il Verbo era presso Dio. Infatti quando diciamo il vero, cioè ciò che sappiamo, è necessario che nasca dalla scienza che conserviamo nella nostra memoria un verbo che sia pienamente della stessa specie della scienza da cui è nato. Il pensiero che si è formato a partire da ciò che già sappiamo è il verbo che pronunciamo nel cuore: verbo che non è né greco, né latino, che non appartiene ad alcun altra lingua; ma quando c è bisogno di portarlo a conoscenza di coloro ai quali parliamo, si fa ricorso a qualche segno che lo esprima. Tale segno è nella maggior parte dei casi un suono, talvolta è un gesto; il primo si dirige agli orecchi, il secondo agli occhi, affinché per mezzo dei segni corporei venga fatto conoscere anche ai sensi corporei il verbo che portiamo nello spirito. Perché anche il fare un gesto, che altro è se non parlare, in qualche modo, visibilmente? Nelle Sacre Scritture si trova una 44

17 prova di questa affermazione; infatti nel Vangelo secondo Giovanni si legge: In verità, in verità vi dico, uno di voi mi tradirà. I discepoli allora si guardarono l un l altro, non sapendo a chi volesse alludere. Ma uno dei suoi discepoli, quello da Gesù prediletto, stava appoggiato presso il petto di lui. A questo fece cenno Simon Pietro e gli disse: Chi è quello di cui parla? Ecco, Pietro esprime con un gesto ciò che non osa dire con le parole. Ma questi segni corporei ed altri di questo genere sono diretti agli orecchi o agli occhi dei presenti con i quali parliamo. La Scrittura invece è stata inventata anche per permetterci di comunicare con gli assenti, ma le lettere scritte sono segni delle parole, mentre le parole nella nostra conversazione sono segni delle cose che pensiamo. 45

18 terza questione

19 tavole riassuntive Quale, tra intelletto e oggetto, è la causa principale dell atto conoscitivo? Motivazione TESI Auctoritates citate 1 Muove senza essere mosso. Aristotele, De anima, III, 433b Determina maggiormente l atto conoscitivo. 3 è causa dell abito conoscitivo e dell unità della scienza. OGGETTO Motivazione ANTITESI L oggetto muove senza essere mosso, ma si tratta di un motore secondario, mentre l intelletto in uno dei due movimenti (agente, possibile) muove senza essere mosso dall oggetto che con lui coopera all intellezione. Una causa più perfetta assimila l effetto di più di una causa inferiore, sebbene essa sia più prossima. L oggetto permette determina l uni tà della scienza cui si riferisce. Tut tavia l intelletto permette di ricondurre a ciò che è primo in modo semplice, visto che determina l unità degli effetti. Auctoritates citate INTELLETTO 1 Ha capacità illimitata nel causare. 2 È completamente libero.

20 Testo Testo 3. Quale tra intelletto e oggetto è la causa principale dell atto conoscitivo? (554) A proposito del confronto tra queste due cause parziali [intelletto e oggetto], che causano la conoscenza generata, mi domando se la causa principale sia l oggetto in sé, la specie presente, o la parte intellettiva stessa del l anima L oggetto è la causa principale Muove senza essere mosso E che sia l oggetto lo dimostro, per il fatto che ciò che muove senza essere mosso è superiore rispetto a ciò che è mosso e muove, come risulta chiaro per tutte le cause ordinate in modo essenziale. Ora l oggetto muove senza essere mosso, come scrive il Filosofo nel III libro del De anima, mentre l intelletto non muove se non è mosso, dunque, ecc Determina maggiormente l atto conoscitivo (555) In secondo luogo, l agente assimila a sé l effetto, dunque è l agente principale quello che lo assimila maggiormente; l atto si assimila prevalentemente all oggetto piuttosto che all intelletto; dunque, l oggetto è l agente principale È causa dell abito conoscitivo e dell unità della scienza (556) In terzo luogo l unità della scienza è stabilita a partire dall unità dell oggetto che virtualmente la racchiude, mentre tale capacità di contenimento rispetto all abito non è attribuita all intelletto. Dato che contenere virtualmente spetta a una causa attiva, la causa principale di quell abito sarà l oggetto e non l intelletto, e se l oggetto è la causa dell abito conoscitivo, lo è anche dell atto. Obiezione (557) In opposizione a questo terzo argomento va detto che, quanto più una cosa è attuale, formale e perfetta, tanto più è attiva. Perciò l anima, che 123

21 Terza questione è la forma più attuale tra le molte altre cause cooperanti, sarà più attiva, e così quando coopera con altre cause nell agire, essa sarà l agente principale. (558) Inoltre, a un ente relativo non spetta di essere un atto semplice, ma quando possiede tale essere relativo grazie a un altro ente semplice, allora il ruolo attivo principale spetta all ente semplice, se quest ultimo è in qualche modo attivo rispetto a quello. Ora, l oggetto, conosciuto da noi in modo naturale, possiede un essere in relazione soltanto nel nostro intelletto, a causa dell essere semplice della sua parte intellettiva, in quanto l oggetto in essa è come il conosciuto nel conoscente. Dunque la causa principale dell azione, rispetto alla quale due cose cooperano, non sarà l oggetto che ha un essere di questo genere, ma la parte intellettiva, grazie alla quale l oggetto ha tale essere L intelletto è la causa principale Ha capacità illimitata nel causare (559) Rispondo. Sembra che la parte intellettiva sia la causa principale rispetto agli atti di intellezione che ci sono propri naturalmente. In primo luogo perché quando una delle cause ordinate è indeterminata rispetto a molti effetti, ed è come illimitata, mentre un altra è determinata al massimo della sua capacità rispetto a un effetto particolare, è la causa più illimitata e universale a essere la più perfetta e principale (si veda l esempio del sole e della generazione da parte delle cose particolari). Anche l intelletto ha una capacità pressoché illimitata e indeterminata rispetto a tutte le intellezioni, mentre gli oggetti da noi conosciuti naturalmente hanno una capacità determinata rispetto a intellezioni determinate e relative a essi, e questo al massimo della sua capacità, come qualunque oggetto rispetto alla sua intellezione, dunque, ecc È completamente libero (560) In secondo luogo, perché è causa principale quella con cui si agisce, mentre un altra causa coopera, e non accade mai l inverso. Quando il nostro intelletto agisce per giungere a un atto di intellezione, l oggetto presente in sé o in una specie coopera: infatti conoscere è in nostro potere in quanto noi conosciamo quando vogliamo, come si dice nel II libro del De anima 2. La ragione principale non è dunque la specie che è forma 124

22 Testo naturale ma l intelletto, con cui possiamo utilizzarla quando vogliamo. All azione dell intelletto che è la principale, fa seguito l azione della specie che per natura agisce sempre in modo uniforme. (561) Tuttavia qualche oggetto, che eccede di molto il potere della parte intellettiva, per esempio l oggetto beatifico, quando sia visto in modo chiaro, si può ritenere abbia una causalità completa nei confronti della visione, o sia causa principale rispetto alla parte intellettiva. Questo avviene per l eccellenza di tale oggetto e per la debolezza della parte intellettiva, ma di ciò si parlerà nel quarto libro. (562) Tuttavia per quanto riguarda gli oggetti che conosciamo in modo naturale, sembra essere vera la prima parte della risposta. Pare infatti che per l intellezione delle cose che conosciamo in modo naturale, la specie presente nell intelletto costituisca in qualche modo uno strumento dell intelletto stesso, mosso ad agire dall intelletto non come se la specie ricevesse qualcosa dall intelletto, ma nel senso che l intelletto se ne serve in vista della sua azione: quando l intelletto agisce, la specie in qualità di agente meno principale coopera in vista di un medesimo effetto comune L oggetto è la causa principale? Analisi degli argomenti L oggetto muove senza essere mosso Risposta (563) Per quanto riguarda il primo argomento, dico che duplice è l atto dell intelletto rispetto agli oggetti che non ha presenti in sé, quali sono quelli che conosciamo in modo naturale: il primo atto è la specie, per mezzo della quale l oggetto è presente, in quanto oggetto, all atto intelligibile; il secondo atto è l intellezione in atto e, in relazione a entrambi gli atti, l intelletto opera senza essere mosso dalla causa parziale che coopera con lui a quell azione, nonostante un atto dell intelletto preceda il suo movimento verso l altro atto. Per quanto riguarda il primo atto, l intelletto agente opera con l immagine, e in questo caso l intelletto agente costituisce la causa principale nei confronti dell immagine, ed entrambi formano insieme una causa totale rispetto alla specie intellegibile. Per quanto riguarda il secondo atto, operano la parte intellettiva (l intelletto agente o l intelletto possibile, non mi interessa per il momento) e la specie intelligibile come fossero due cause parziali, e in questo caso la parte intellettiva non è mossa dalla specie, ma muove per prima, cioè agisce come se fosse la specie a cooperare con essa. 125

23 Terza questione Note 1 Aristotele, De anima, III, 433b 11-12: ( ) ciò che muove sarà specificamente unico, ossia la facoltà appetitiva in quanto tale (e anzitutto l oggetto della tendenza, poiché questo muove senza essere mosso, per il fatto di essere pensato o immaginato), mentre numericamente i motori saranno molteplici. 2 Aristotele, De anima, II, 417b 24: Pertanto il pensare dipende dal soggetto, quando lo voglia, mentre il percepire non dipende da lui, giacché è necessaria la presenza del sensibile. 128

24 quarta questione

25 Quarta questione Testo 4. Nella mente umana esiste in modo distinto un immagine della Trinità? (569) Infine, per quanto riguarda questa distinzione che ha per oggetto l im magine, mi domando se nella mente vi sia chiaramente un immagine del la Trinità Nella mente umana non esiste in modo distinto un immagine della Trinità La conoscenza naturale andrebbe oltre le proprie possibilità Ritengo non vi sia, perché l immagine rappresenta di cui è immagine, pertanto la mente dovrebbe rappresentare distintamente la Trinità e questo è falso. Lo si dimostra, da una parte, perché, se così fosse, con la conoscenza naturale si potrebbe cogliere la Trinità, dopo che sia stata conosciuta dalla mente in modo naturale; dall altra parte perché nessuna creatura, nel compiere un atto di rappresentazione, eccede la perfezione della sua idea. Ora l idea della mente non può rappresentare Dio in quanto trino, perché idea di Dio in quanto causa e Dio causa in quanto uno La mente umana non possiede alcune nozioni indispensabili alla rappresentazione (570) Inoltre, nella mente umana non c è nulla che rappresenti una persona piuttosto che una altra, pertanto la mente nella sua totalità non può rappresentare la Trinità nella sua interezza. Nel capitolo VII del XV libro del De trinitate, Agostino scrive che il Padre è memoria, intelligenza e volontà, ecc. 1 ; di conseguenza il Padre è formalmente intelligenza e volontà così come memoria, e lo stesso vale per il Figlio. Perciò la memoria non rappresenta il Padre più distintamente di quanto rappresenti il Figlio L immagine non ha in sé l idea di produzione (571) In terzo luogo, nella Trinità due persone sono prodotte, mentre nell immagine nulla è prodotto, come dimostrerò. Di conseguenza l immagine 130

26 Testo non è rappresentativa del processo di produzione. Nell anima non vi sono se non atti primi o atti secondi. Gli atti primi non si generano tra loro, in quanto sono creati simultaneamente all anima stessa. Ma neppure gli atti secondi sono generati. Non si dà l azione di un azione, né in quanto soggetto, né in quanto termine secondo quanto scrive il Filosofo nel V libro della Fisica, perché, se così fosse, si avrebbe un processo all infinito 2. Di conseguenza non si dà un azione di cui questi atti secondi costituiscano i termini generativi, dal momento che essi sono formalmente azioni. Essi sono infatti atti secondi e non primi, ma se non fossero azioni, sarebbero atti primi. (572) Inoltre, gli atti secondi generano gli abiti; l azione, per mezzo della quale si genera una forma, è un azione che appartiene al genere delle azioni; dunque ecc Nella mente umana ci può essere un immagine distinta della Trinità (573) In opposizione a quanto sostenuto in precedenza, Agostino scrive, nel XIV libro del De trinitate al capitolo VIII che bisogna cercare e trovare l immagine dove la nostra natura non ha nulla di superiore Nella mente umana ci può essere un immagine distinta della Trinità. Aspetti equivoci (574) In primo luogo bisogna capire quale sia il significato di immagine nelle cose corporee, per cui il vocabolo è stato adattato a quanto ci si propone di analizzare; in secondo luogo, bisogna capire rispetto a che cosa nella Trinità si dia immagine; in terzo luogo, bisogna sapere in che cosa consista l immagine che è in noi Immagine: ambiguità di significati (575) Per quanto riguarda il primo interrogativo - come è stato detto nella questione riguardante il vestigio ritengo che l immagine sia rappresentativa dell intero, e in questo si differenzia dal vestigio, che è rappresentativo di una parte. Se infatti un corpo nella sua interezza lasciasse un impronta nella polvere, così come la lascia un piede, si avrebbe l immagine dell intero, così come l orma di un piede è immagine di una parte e vestigio dell intero. 131

27 Quarta questione Note 1 Agostino, De trinitate, XV, 7.12: Ecco dunque che quelle tre perfezioni: la memoria, l intelligenza, la dilezione o volontà, in quella suprema ed immutabile essenza che è Dio, non sono il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, ma il Padre solo. E poiché anche il Figlio è sapienza generata dalla sapienza, come non è il Padre che comprende per lui, non è nemmeno lo Spirito Santo che comprende per lui, ma egli stesso per se stesso; così pure non è il Padre che ricorda per lui, né lo Spirito Santo che ama per lui, ma lui per se stesso; egli infatti è la sua propria memoria, la sua intelligenza, il suo amore, ma che egli sia tale gli proviene dal Padre, da cui è nato. Anche lo Spirito Santo, poiché è sapienza che procede dalla sapienza, non ha il Padre come memoria, il Figlio come intelligenza e se stesso come amore; infatti non sarebbe nemmeno sapienza, se qualche altro ricordasse per lui e un altro comprendesse per lui ed egli stesso soltanto amasse per se stesso, ma anch egli ha queste tre perfezioni e le possiede in tal modo, che è egli stesso tali perfezioni. 2 Aristotele, Physica, V, 2, 225b 15-16: ( ) Difatti, anzitutto, ci potrebbe essere movimento di un movimento ( ). 3 Agostino, De trinitate, XIV, 8.11: Sebbene infatti lo spirito umano non sia della stessa natura di Dio, tuttavia l immagine di quella natura che è superiore ad ogni altra deve essere cercata e trovata presso di noi, in ciò che la nostra natura ha di migliore. 142

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