INTRODUZIONE. Universa Press, Milano

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1 INTRODUZIONE La prima parola che viene in mente citando la nozione welfare è benessere. Difatti il welfare consiste nella fornitura di benessere da parte di più interpreti, quali Stato, mercato, famiglia e terzo settore. Questo concetto ha riscontrato maggiore interesse dalla metà dell Ottocento, quando, grazie a Bismarck (1898), s iniziò a parlare di welfare state (piano di protezione sociale attuato dallo Stato). Fu proprio lo statista tedesco a promulgare la prima legge volta a tutelare i lavoratori, stabilendo l età necessaria per esercitare questo diritto. Con essa lo Stato, mettendo in atto istituti, cercò da un lato di promuovere la qualità della vita dei cittadini, dall altro di combattere le condizioni di povertà o d indigenza originate da motivazioni diverse, come ad esempio, la vecchiaia e la disoccupazione. A partire da questo periodo molti paesi del mondo adottarono politiche volte a tutelare il dipendente. È soprattutto dal piano Beveridge (nato come conseguenza della crisi finanziaria del 1929, nella quale si dimostrò che la mano invisibile non era sufficiente a regolare il mercato) nel secondo dopoguerra, che si cominciò a registrare una forte espansione nell impiego di protezione sociale 1. Per quanto concerne la spesa pubblica si evince immediatamente, leggendo i Rapporti sullo stato sociale e , che i sistemi pensionistici e sanitari hanno assunto, e assumono tuttora, in Italia e in Europa, un ruolo predominante, poiché sono le voci preminenti della spesa sociale 4. Più di ogni altro argomento l oggetto di numerose discussioni negli ultimi anni sono le pensioni ed è questa l area nella quale si sono visti i cambiamenti più importanti nel secolo di recente conclusosi. 1 Cellini R. (2004), Politica economica Introduzione ai modelli fondamentali, McGrawn Hill, Milano 2 La Repubblica (2008), Rapporto sullo stato sociale 2008,< 3 Pizzuti R. (2009), Rapporto sullo Stato Sociale 2010 La Grande Crisi del 2008 e il Welfare State, Accademia Universa Press, Milano 4 Spesa sociale all italiana (2008), Un bilancio a base di pensioni!, < 1

2 Numerosi sono stati gli allarmi lanciati da parte dei principali enti europei sulla necessità di intervenire, anche tutt oggi, con radicali riforme. Le pensioni, infatti, assorbono molto di più degli altri ammortizzatori sociali: i conti collettivi hanno raggiunto livelli insopportabili e c è squilibrio nell equità generale. Più di prima è aumentata l incertezza pensionistica, che è accompagnata dall incremento dell età pensionabile (portata recentemente in Italia a 65 anni per le donne a partire dal 2018). La crisi finanziaria, il fatto di dover tenere conto dell indebitamento nazionale e allo stesso tempo della necessità di garantire dei redditi alle persone che hanno cessato l attività lavorativa, richiedono necessariamente interventi che siano, se non risolutivi, almeno efficaci. L obiettivo di questa tesi di laurea è svolgere un analisi comparata delle riforme pensionistiche in Italia e di confrontarla con tre paesi appartenenti alla Comunità Europea (Germania, Regno Unito, Svezia), con lo scopo di capire gli elementi di diversità delle singole riforme, la relazione che le stesse hanno con i diversi modelli di welfare e la performance delle medesime. La scelta è caduta su questi quattro paesi, poiché si sono volute analizzare e confrontare le politiche riguardanti il welfare di paesi appartenenti a diverse zone del nostro continente. Il lavoro sarà concluso con una riflessione su possibili proposte d intervento, necessarie per evitare di incombere in situazioni spiacevoli quali quelle emerse con la recente crisi finanziaria. La scelta è caduta su tre paesi, espressione dei modelli di welfare identificati da Esping-Andersen («I fondamenti sociali delle economie postindustriali»). In quest ottica l Italia è stata scelta quale paese che ci riguarda più da vicino e che può essere attribuito a un sistema più volte richiamato nella storia. Tale sistema, definito meridionale, è molto simile a quello conservativo tedesco e nel corso di questa tesi si mostreranno anche quelli che sono, a mio avviso, i motivi di quest ulteriore differenziazione. La Germania, come già scritto, è stata scelta in quanto rappresentante del modello di welfare conservativo, la Svezia come paese da prendere a modello e il Regno Unito quale paese liberale volto a fornire una protezione ai poveri. 2

3 In particolare: nel Capitolo Primo saranno esaminati alcuni concetti chiave e dati generali, necessari per poter comprendere appieno il significato di alcune riforme che sono state concretizzate. Inoltre, si andranno ad analizzare gli effetti che la crisi finanziaria ha portato con sé in tutto il mondo, identificando le anomalie emerse e illustrando, in maniera articolata, gli elementi (demografici su tutti) e i fatti che hanno contribuito a mettere a repentaglio la sostenibilità economica; nel Capitolo Secondo invece, sarà illustrata la situazione italiana in ambito pensionistico con una necessaria disamina delle riforme figlie del sistema di welfare vigente, oggi sempre più dibattute, con l obiettivo di chiarire a che punto è il dibattito e indicare quale possa essere la via da percorrere in termini di riforme; nei Capitoli Terzo, Quarto e Quinto si passeranno in rassegna i vari paesi (Germania, Svezia, Regno Unito) oggetto di questa tesi, identificando le riforme e gli elementi di differenza rispetto all Italia in termini macroeconomici, riformistici e di modelli di welfare che hanno portato a tali discrepanze. 3

4 CAPITOLO PRIMO Cenni preliminari: Cosa sono le pensioni e perché sono un problema? Prima di procedere con la comparazione tra i diversi paesi oggetto di questa tesi, è necessaria qualche definizione per comprendere meglio il significato dell argomento in questione. La pensione può essere caratterizzata prevalentemente da due forme, quella pubblica, cioè quella erogata da parte di enti previdenziali statali (quali l INPS, l ENPALS o l INPDAP in Italia) o da enti previdenziali privati (si pensi ai Fondi pensione comuni aperti o chiusi) che prevedono una contribuzione di tipo volontario e complementare. Il concetto di pensione è noto a tutti quale prestazione idonea a supportare l individuo al termine della sua vita lavorativa fino al suo decesso. Tale prestazione (economica, continuativa e periodica) è riconosciuta dalla legge che fissa le regole per accedervi. 1.1 Sistemi previdenziali 5 : La loro esistenza permette, mediante un insieme di regole, di assicurare e prevenire, con mezzi sufficienti a soddisfare le esigenze di vita, coloro che hanno smesso di lavorare: per il raggiungimento dell età pensionabile (imposto dalla legge pensione di vecchiaia); per propria scelta (prevedeva fino al 1996 solo requisiti in termini di 5 Jessoula M. (2009), La politica pensionistica, Il Mulino, Bologna 4

5 anni di contribuzione, successivamente anche anagrafici pensione di anzianità); per il fatto di aver subito delle menomazioni durante la guerra, perché invalidi civili o anche ultrasessantacinquenni privi di reddito (pensioni assistenziali). Tali pensioni non prevedono alcuna forma di contribuzione e garantiscono pertanto un reddito minimo sufficiente a persone che non sono più in grado di risparmiare per generarne una autonomamente; perché trattasi di aventi diritto del pensionato defunto (figli che ricevono le pensioni per il padre deceduto - pensioni per i superstiti) 6 ; avendo subito una menomazione o sono morti a seguito di un fatto accaduto durante l attività lavorativa. Anche questo profilo pensionistico è indipendente dagli anni di contribuzione ma legata all entità del danno subito e della retribuzione percepita in quell istante (pensioni indennitarie); essendo stati privati di membri della famiglia a causa di atti terroristici (trattamento per le vittime del terrorismo); poiché hanno ottenuto assegni vitalizi, medaglie o Croci al valor militare. Anche queste pensioni non sono collegate all entità della contribuzione, ma sono assegnate mediante un criterio di merito. Per quanto concerne le pensioni ai superstiti, è importante dare rilievo al fatto che i figli, non aventi mai fatto parte della forza lavoro, ricevano una pensione perché legati a una persona (un genitore) che apparteneva alla forza lavoro 7. Per completezza sono stati elencati tutti i tipi di pensione esistenti, ma successivamente si andrà a studiare soltanto quella voce che impatta 6 Antichi M. (1997), Quali sono le possibilità di ulteriore razionalizzazione del sistema pensionistico obbligatorio?, Allegato n.1 al Documento di base n.5, Commissione Onofri 7 Cazzola G. (2008), Le pensioni spiegate a mia nonna: Guida pratica per pensionati e aspiranti tali, Rubettino Editore, Soveria Mannelli 5

6 maggiormente sulla spesa per pensioni, cioè le pensioni di vecchiaia. Difatti, queste hanno subito il maggior numero di riforme e rappresentano la voce che pesa maggiormente sul debito pubblico. Per di più in Italia ci sono, come negli altri paesi europei, due tipi di pensioni: quelle di natura previdenziale (con pagamento preventivo, come nelle pensioni di vecchiaia, di anzianità) e quelle di natura assistenziale (senza pagamento preventivo, fra cui la pensione sociale, d invalidità e di reversibilità). Il nostro paese ha visto nel corso degli anni sviluppare tre tipi di sistemi pensionistici 8 : Sistema a ripartizione (Figura 1): i contribuiti versati dai lavoratori vengono impiegati immediatamente per fornire le prestazioni pensionistiche a chi è già in stato di quiescenza. Il rendimento è pari al tasso di crescita della produzione aggregata. Si tratta semplicemente di un patto fra generazioni, dato che i contributi pagati dai lavoratori vengono immediatamente trasferiti a chi attualmente è già in pensione. Però questo sistema prevede che mediamente tre lavoratori debbano versare i contributi per coprire i fabbisogni di un pensionato. È comprensibile quindi intuire che quando questi tre lavoratori andranno in pensione, saranno necessari a sua volta nove lavoratori per coprirli. Questo sistema può perciò essere sostenibile soltanto nel momento in cui la popolazione lavorativa cresce in maniera proporzionale (pertanto sostenibile finché c è una crescita della popolazione) 9. 8 Cellini R. (2004), Politica economica Introduzione ai modelli fondamentali, McGrawn Hill, Milano 9 Cellini R. (2004), Politica economica Introduzione ai modelli fondamentali, McGrawn Hill, Milano 6

7 Fig. 1 Funzionamento del sistema a ripartizione Fonte: Sistema a capitalizzazione (Figura 2): in questo sistema ciascun lavoratore versa i contributi all ente pensionistico, i quali sono investiti in strumenti finanziari che generano interessi attivi. Nel momento in cui subentra la pensione, questa viene erogata sotto forma di rendita vitalizia e tale è rappresentata dai contributi versati e dagli interessi maturati fino a quel momento. La prestazione è garantita dal titolo di proprietà sul montante il che sarà il premio per l ottenimento della pensione fino alla fine della propria vita terrena. In questo caso il rendimento è rappresentato dal tasso d interesse 10. Fig. 2 Funzionamento del sistema a capitalizzazione Fonte: 10 Antichi M. (1997), Quali sono le possibilità di ulteriore razionalizzazione del sistema pensionistico obbligatorio?, Allegato n.1 al Documento di base n.5, Commissione Onofri 7

8 Sistema misto (pro-quota - ripartizione e capitalizzazione): il calcolo del sistema misto prevede che sia applicata una combinazione (denominata anche pro-quota) dei due sistemi visti in precedenza per tutte le persone in attività dal 1979 in poi (quindi con meno di 18 anni di contributi versati al 31 dicembre 95): una parte dell assegno resta legato al valore degli stipendi dell ultimo periodo di attività (regime retributivo), mentre la parte restante viene rapportata ai versamenti effettuati dal 1996 in poi (regime contributivo). In conseguenza di ciò, le persone che rientrano nel sistema misto verranno penalizzate da un assegno pensionistico minore, rispetto a un calcolo interamente basato sul regime retributivo Regimi previdenziali All interno dei sistemi previdenziali basati sulla ripartizione, come già accennato sopra, bisogna distinguere tra regime contributivo e retributivo. Regime contributivo: tale regime considera i contributi effettivamente versati dai lavoratori, i quali vengono rivalutati annualmente in base al PIL. L ammontare versato viene poi moltiplicato per un coefficiente di trasformazione (meccanismo che si vedrà successivamente), il quale aumenterà all aumentare dell età del lavoratore. Questo regime permette di andare in pensione con soli cinque anni di contribuzione, rispetto ai 20 anni richiesti nel regime retributivo unitamente ai diversi limiti di età per le varie pensioni 12. Regime retributivo: questo regime si riferisce soltanto all ultima retribuzione percepita (rilevante per chi ha avuto una crescita professionale) o a retribuzioni riscosse lungo un orizzonte temporale più esteso. È proprio quest ultimo sistema a essere stato impiegato maggiormente dai paesi dopo la Seconda Guerra Mondiale: in quegli anni il tasso di crescita della produzione era più alto rispetto ai tassi d interesse, che entrarono definitivamente in crisi dalla metà degli anni 70 in coincidenza del calo demografico e 11 D Onofrio S. (13 dicembre 2009), I nuovi coefficienti alleggeriscono le pensioni: Penalizzati di più gli autonomi Ma il calcolo misto avvantaggia i dipendenti con stipendi più alti, Il Sole 24 Ore, Milano 12 INPS (maggio 2009), Il calcolo della pensione, < INPS, Roma 8

9 produttivo 13. Nella scelta di uno dei citati sistemi previdenziali vanno considerati alcuni rischi che possono rendere un regime preferibile all altro 14 : rischio demografico: si tratta del rischio più ricorrente, poiché è molto difficile definire con certezza quella che sarà l evoluzione in termini di natalità, di miglioramento dell aspettativa di vita, di mortalità, eccetera. Si è dimostrato nel passato come questo rischio impatti drasticamente nel sistema a ripartizione, il quale risente maggiormente dello squilibrio tra la popolazione in età lavorativa e non. rischio finanziario: questo tipo di rischio è in continuo aumento, dacché sono ormai in tanti a optare per regimi pensionistici privati correndo il rischio di ritrovarsi con un reddito inferiore una volta entrati nella seconda fase della loro vita (entrata in pensione). Fatto, quest ultimo, aggravato ulteriormente dalla recente crisi finanziaria, pur essendoci già segni di ripresa. Questo rischio impatterà maggiormente nei sistemi a capitalizzazione, essendo questi ultimi legati all andamento dei mercati finanziari ed essendo la quota di rendita corrispettiva alla crescita dei tassi sui mercati finanziari stessi 15. rischio inflazione: anche questo rischio è legato ai sistemi a capitalizzazione, poiché l accumulo di risorse (vale a dire i contributi versati) sono soggetti alle svalutazioni/rivalutazioni del prezzo. rischio governo: Esso si riferisce al fatto che si possa manifestare, durante la vita di un determinato sistema pensionistico, una modifica mediante l attuazione di riforme, che possono modificare alcuni parametri (quali l età per il pensionamento). Questo rischio colpisce entrambi i sistemi previdenziali, con un impatto 13 Cazzola G. (2008), Le pensioni spiegate a mia nonna: Guida pratica per pensionati e aspiranti tali, Rubettino Editore, Soveria Mannelli 14 Cellini R. (2004), Politica economica Introduzione ai modelli fondamentali, McGrawn Hill, Milano 15 Osservatorio INCA CGIL per le politiche sociali in Europa (2008), La commissione europea segnala i rischi finanziari delle pensioni a capitalizzazione, < INCA Europa, Bruxelles 9

10 leggermente maggiore nei modelli a ripartizione, essendo questi ultimi di stampo pubblico e quindi statale. Nel modello a capitalizzazione il rischio si manifesta nel momento in cui si dovesse manifestare un cambiamento nel trattamento fiscale dei redditi. 1.3 Situazione demografica La demografia gioca un ruolo fondamentale nella composizione della forza lavoro (nel lungo periodo), però essa da sola non è in grado di stabilire le modalità di accesso al mercato del lavoro stesso. Questo perché in genere esso può subire delle modifiche dettate dall aumento delle iscrizioni in ambito sia scolastico sia formativo, che poi vanno a influenzare i tassi di attività in età lavorativa più avanzata. Oltre a ciò, in tutti i paesi europei, mediante le molteplici riforme realizzate, si sono modificate le modalità di accesso al pensionamento. È qui che si manifesta maggiormente l impatto dei cambiamenti demografici, caratterizzati tuttora da un mutamento della struttura per età e anzianità contributiva degli assicurati. Altro motivo è dettato dal fatto che si è verificato un netto calo della popolazione in età lavorativa, dovuto come conseguenza all incremento delle numerose persone andate in pensione. Sostanzialmente il principale problema dei paesi europei è spiegato dal progressivo incremento di anziani nella popolazione (Figura 3) che deriva dal calo dei tassi di natalità e del pensionamento delle persone nate nel periodo così definito baby-boom. È soprattutto questa generazione a incutere maggiore timore e incertezza. Il passaggio delle generazioni di quel periodo dalla fase attiva a quella di quiescenza sta producendo e produrrà ancora un rapido e forte calo della popolazione in età di lavoro cui non corrisponderà un analoga e contestuale riduzione della popolazione complessiva. Ciò porterà a un gap crescente fra domanda aggregata di beni e servizi e le potenzialità produttive del sistema. Secondo recenti calcoli fatti da EUROSTAT, l allungamento della vita di quattro/cinque anni rispetto ai dati attuali coinciderebbe con un incremento 10

11 della spesa pensionistica pari al 25/30%. Le persone vivono più a lungo rispetto alle generazioni passate e sta all origine della crisi pensionistica di tutti i paesi nel mondo. Infatti, i sistemi pensionistici in vigore fino a non molti anni fa, si basavano su una base di calcolo che considerava soltanto gli ultimi anni di attività lavorativa del lavoratore in procinto di pensionamento (regime retributivo). Anche se l allungamento della vita rappresenta per la scienza una grande vittoria, comporta delle variazioni che, a loro volta, richiedono interventi sociali ed economici specifici per evitare situazioni spiacevoli, quali quelle in cui i paesi di tutto il mondo si trovano oggi Il continuo invecchiamento della popolazione Il motivo per cui oggi ci si trova in una situazione disastrata è da attribuire alla sottovalutazione derivante dall allungamento della vita, che è stato sicuramente sottostimato, altrimenti molti sistemi previdenziali non affosserebbero nei debiti pubblici dei propri paesi 17. Da quanto si desume dalla Tabella 1, c è una propensione d invecchiamento della popolazione non soltanto limitato alla nostra nazione ma che riguarda tutti gli altri paesi europei, che vedono fra l altro l Italia al vertice. La Figura 3 mostra una proiezione di quella che probabilmente sarà la composizione della popolazione nel 2060, anno in cui un elevato numero di persone si troverà in procinto di ritirarsi dal mercato del lavoro, con generazioni sempre più deficitarie e afflitte dal calo delle nascite 18. Gli esiti derivanti dall analisi riproposta nel 2008 non differiscono di molto da quella fatta in precedenza (analisi intervallo ). 16 Whitehouse E. (2007), Life-Expectancy Risk and Pensions: Who Bears the Burden?, OECD, Parigi 17 Quaderni europei sul nuovo welfare (2008), Allungamento della vita: scenari per uno svecchiamento della popolazione < 18 Scherbov S., Mamolo M., Lutz W. (2008), Probabilistic Population Projections for the 27 EU Member States Based on EUROSTAT Assumptions, OECD, Parigi 11

12 Fig. 3 Piramidi demografiche mondiali a confronto Infatti, le analisi del 2008 altro non fanno che confermare ciò che era stato detto in precedenza: la popolazione sta invecchiando rapidamente. Nel 2060 la popolazione dell EU dovrebbe essere superiore del 2,1%, rispetto a quella vigente nel La differenza tra il 2008 e il 2060 è data dalle coorti del baby-boom degli anni 60, note per il loro importante impatto in termini volumetrici 19. L invecchiamento della generazione dei baby-boomers tenderà nel futuro ad aumentare e questo fatto si può riscontrare nella piramide dal rigonfiamento verso l alto della popolazione nel La popolazione in età lavorativa e i giovanissimi con un età compresa tra 0-14 anni si ridurranno notevolmente entro il Nei prossimi decenni vedremo quindi aumentare la parte superiore della piramide, cioè la popolazione più anziana, dettata dal pensionamento della generazione dei baby-boomers. Di pari passo si ridurranno notevolmente entro il 2060, le popolazioni dei giovanissimi e di coloro che sono in età lavorativa (0-64 anni) Giannakouris K. (2008), Ageing characterises the demographic perspectives of the European societies, OECD, Parigi 20 Scherbov S., Mamolo M., Lutz W. (2008), Probabilistic Population Projections for the 27 EU Member States Based on EUROSTAT Assumptions, OECD, Parigi 12

13 Tab. 1 Evoluzione della popolazione mondiale 21 Il continuo allungamento della vita richiede una graduale riduzione delle prestazioni pensionistiche, e a sua volta è indispensabile la ricerca e l introduzione di alternative come i Fondi pensione, atti a compensare tali riduzioni. Ciò è sicuramente una motivazione più convincente per la popolazione, rispetto a riforme pensionistiche che richiedono diminuzioni degli assegni pensionistici. Quindi, nel corso del tempo le forme pensionistiche adottate, hanno considerato sempre più il rischio finanziario legato all aspettativa di vita dei lavoratori. Quale conseguenza dei sistemi Pay-as-you-go, i lavoratori si trovano a versare contributi molto più elevati rispetto al passato, che sono inoltre legati all incertezza sulla bontà dei 21 EUROSTAT (2008), Key figures on Europe 2007/2008 edition, EUROSTAT 13

14 benefici che ne deriveranno. Proprio per questo motivo molti paesi appartenenti all area OCSE hanno cominciato, dagli anni 90, a riformare i sistemi previdenziali nazionali con l obiettivo di uniformare e stabilizzare i contributi. Fig. 4 Variazione della popolazione Con riferimento al periodo di osservazione ( ) le popolazioni dovrebbero avere un andamento discostante tra loro (Figura 4). Per quanto concerne i quattro paesi cui si fa riferimento in questo lavoro si può osservare un evoluzione divergente. In Germania la popolazione dovrebbe diminuire di circa il 14%; in Svezia e nel Regno Unito si prospettano invece, delle crescite lungo l orizzonte temporale considerato. In Italia si prevede che la popolazione resti invariata. L incremento della popolazione è spiegato dall aumento dell età in tutti i paesi e dalla riduzione dei tassi di natalità EUROSTAT (2007), Work session on demographic projections, EUROSTAT 14

15 Fig. 5 Età media della popolazione - EU 27 La Figura 5 rafforza l affermazione fatta sopra. Difatti, anche questa Figura presenta un continuo invecchiamento della popolazione nella stragrande parte dei paesi. Rispetto a Italia e Germania i dati di Regno Unito e Svezia evidenziano una crescita dell età minore. Tale tendenza può essere osservata a sua volta anche dalle seguenti tabelle (Tabella 2-5), in cui si può vedere come sia prospettato un aumento costante della popolazione in tutti i paesi, con solo sei nazioni in cui l aumento previsto sarà inferiore a dieci punti percentuali. In particolare, la popolazione degli over 80-enni prevede di crescere sia in termini relativi sia assoluti per tutti i paesi. Anche le proiezioni fino al 2060 evidenziano il persistere di questa situazione. Si prevede, infatti, una diminuzione della popolazione in età lavorativa di quasi 50 milioni rispetto al 2008 (Tabella 4) Giannakouris K. (2008), Ageing characterises the demographic perspectives of the European societies, OECD, Parigi 15

16 Tab. 2 Totali popolazione in migliaia 24 Tab. 3 Popolazione tra gli 0-14 anni Giannakouris K. (2008), Ageing characterises the demographic perspectives of the European societies, OECD, Parigi 25 Giannakouris K. (2008), Ageing characterises the demographic perspectives of the European societies, OECD, Parigi 16

17 Tab. 4 Popolazione in età lavorativa tra i anni 26 Tab. 5 Popolazione dai 65 anni in poi 26 Giannakouris K. (2008), Ageing characterises the demographic perspectives of the European societies, OECD, Parigi 17

18 A tale proposito è interessante vedere pure l evoluzione delle piramidi demografiche nei quattro paesi ai quali si fa riferimento in questo lavoro 27. Fig. 6 Piramidi demografiche: l Italia 28 Fonte: Population Division, DESA, United Nations Fig. 7 Piramidi demografiche: Germania 29 Fonte: Population Division, DESA, United Nations 27 Giannakouris K. (2008), Ageing characterises the demographic perspectives of the European societies, OECD, Parigi 28 Department of Economic and Social Affairs Population Division (2002), World Population Ageing , United Nations Pubblication, New York 29 Department of Economic and Social Affairs Population Division (2002), World Population Ageing , United Nations Pubblication, New York 18

19 Fig. 8 Piramidi demografiche: Svezia 30 Fonte: Population Division, DESA, United Nations Fig. 9 Piramidi demografiche: Regno Unito 31 Fonte: Population Division, DESA, United Nation Fig. 10 Piramidi demografiche: Europa 32 Fonte: Population Division, DESA, United Nation 30 Department of Economic and Social Affairs Population Division (2002), World Population Ageing , United Nations Pubblication, New York 31 Department of Economic and Social Affairs Population Division (2002), World Population Ageing , United Nations Pubblication, New York 32 Department of Economic and Social Affairs Population Division (2002), World Population Ageing , United Nations Pubblication, New York 19

20 Fig. 11 Piramidi demografiche: Mondo 33 Fonte: Population Division, DESA, United Nation Considerando i dati delle piramidi demografiche raffigurate sopra (Figura 6-10) emerge che anche a livello europeo la tendenza è di un continuo invecchiamento della popolazione, mentre a livello mondiale emergono ancora importanti difformità. Osservando l andamento del macro-aggregato mondo (Figura 11), si deduce che la sua evoluzione non è buona. La piramide per il 2050 è molto diversa rispetto a quanto era nel Ciò conferma i dati per cui i ridotti tassi di fertilità e le maggiori aspettative di vita abbiano un influenza e sostengano la tendenza dell invecchiamento della popolazione. Pur invecchiando la popolazione, è in atto una lenta ma progressiva crescita della stessa con dei picchi che dovrebbero essere raggiunti soprattutto nei paesi in via di sviluppo, quali India e Cina. Per la parte di popolazione che ha 65 o più anni si prevede un aumento di circa 67 milioni. Con l invecchiamento si avrà di conseguenza un aumento della dipendenza per gli anziani nel 2060 rispetto al 2008 (pari a una crescita del 28,1% entro il 2060) Il calo dei tassi di natalità Il dibattito passa necessariamente per la medicina, mediante la quale si è stati in grado di trovare l elisir che allunga o migliora la qualità della vita. Va rilevato come questi elementi possano mettere a rischio la crescita economica e sociale dei vari paesi. È ormai dal 1960 che i tassi di natalità di tutto il 33 Department of Economic and Social Affairs Population Division (2002), World Population Ageing , United Nations Pubblication, New York 20

21 mondo sono in calo mentre tende a crescere il numero di figli nati al di fuori dei matrimoni (Figura 12). Prima di procedere con lo studio della natalità sono necessarie alcune definizioni usate in demografia e che se percepite in maniera superficiale, possono sembrare banali e ridondanti. I nati vivi sono, secondo la definizione in demografia, «ogni prodotto del concepimento che dia qualunque segno di vita, indipendente dalla durata della gravidanza»; il tasso di natalità invece, è dato dal rapporto dei nati per la popolazione media in un determinato anno di riferimento (espresso per abitanti). Vanno menzionati in questa sede anche coloro che sono nati vivi al di fuori del matrimonio (cioè madri ancora nubili). Infine, il tasso di fecondità totale è dato dal numero di bambini nati da una donna durante l arco della sua vita 34. Studi hanno mostrato che per mantenere nel tempo una stabilità nella popolazione, il tasso di fecondità necessario è di circa 2,1 figli per ciascuna madre (ipotizzando un saldo migratorio pari a zero). Tuttavia questo tasso non viene raggiunto nella maggior parte dei paesi appartenenti all EU (la media europea nel 2006 era pari a 1,65 figli), anzi l orientamento è al ribasso, poiché i tassi di fertilità hanno subito un forte calo negli ultimi decenni. Fig. 12 Confronto tra tassi di natalità 34 Bacci M.L. (1999), Introduzione alla demografia, Loescher Editore, Torino 21

22 Nei paesi in cui il sistema di welfare è fondato sul legame familiare (come in Italia e Germania) e ai valori a esso collegato, si è visto una maggiore riduzione dei tassi di natalità; ciò è emerso con il numero crescente di coppie non sposate. Il tasso di natalità in Italia è a 1,29 nascite per donna e quest ultimo rappresenta il secondo tasso più basso in Europa (a stime del 2007) 35. In Svezia invece, più della metà dei bambini nati non vengono nascono da matrimoni. Come si può riconoscere dalla Figura 13, il continuo incremento dei nati al di fuori del matrimonio rappresenta nell area OCSE un terzo di tutte le nascite. Mentre nella maggior parte dei paesi OCSE si può osservare un continuo calo del tasso di natalità, in Svezia e nel Regno Unito si va manifestando una tendenza opposta in cui il tasso di natalità ha ricominciato a crescere. Motivi di questa inversione di tendenza possono essere attribuiti a riforme (legate a loro volta al sistema di welfare vigente), ai sostegni alle famiglie e al rinvio del momento della maternità. Le conseguenze delle riduzioni dei tassi di natalità (Tabella 6) possono essere molteplici: il calo porterà, con il passare del tempo, a una riduzione della popolazione mondiale, giacché al rinvio (dai 24 ai 28 anni tra il 1970 e il 2005) della maternità è legata una minore fecondità delle potenziali madri e di conseguenza diminuirà il numero di persone in grado di potersi occupare dei membri più anziani della famiglia 36. Fig. 13 Confronto tra tasso di natalità lordo e nascite al di fuori dei matrimoni Fonte: EUROSTAT (2007), Europa in Zahlen EUROSTAT Jahrbuch , EUROSTAT 35 AON (novembre 2007), Le uscite anticipate indeboliscono il sistema pensionistico europeo, AON, Milano 36 OECD (2009), Pensions at a glance 2009: retirement-income systems in OECD countries, OECD, Parigi 22

23 Tab. 6 Tassi di natalità 23

24 Tab. 7 Età media delle madri alla nascita del primo figlio Dai dati di Tabella 7 si può esaminare come l età media delle madri alla prima nascita sia aumentata dal 1970 a oggi. Un altro motivo di tale fatto va attribuito all allungamento del periodo destinato agli studi da parte di molte donne 37. Fig. 14 Numero di figli nati per nazione 37 OECD (2009), Pensions at a glance 2009: retirement-income systems in OECD countries, OECD, Parigi 24

25 Altri motivi per il calo dei tassi di natalità possono essere attribuiti alle crescenti incertezze legate al posto di lavoro e agli elevati costi inerenti alla crescita dei propri figli. Tab. 8 Tassi di mortalità dei neonati (per nati vivi) Fonte: EUROSTAT (2007), Europa in Zahlen EUROSTAT Jahrbuch , EUROSTAT Dall analisi comparata delle Tabelle 9 e 10 si può percepire come il numero dei matrimoni sia diminuito e quello dei divorzi sia aumentato negli ultimi 15 anni. 25

26 Tab. 9 Matrimoni (su persone) 38 Tab. 10 Divorzi (su persone) Fonte: EUROSTAT (2007), Europa in Zahlen EUROSTAT Jahrbuch , EUROSTAT 39 Fonte: EUROSTAT (2007), Europa in Zahlen EUROSTAT Jahrbuch , EUROSTAT 26

27 Tab. 11 Durata media matrimonio (espresso in anni) Fonte: EUROSTAT (2007), Europa in Zahlen EUROSTAT Jahrbuch , EUROSTAT L aspettativa di vita Considerando l aspettativa di vita, è necessario tenere distinti i due sessi. Infatti, i potenziali comportamenti rischiosi dei due sessi sono diversi (si pensi ai problemi cardiovascolari che affliggono maggiormente gli uomini rispetto alle donne). Il divario d età tra i due sessi ha raggiunto l apice nel 1980 con un picco di 6,7 anni di differenza, per poi tornare a diminuire negli ultimi 25 anni. L allungamento della vita è stato reso possibile dalla ricerca medica e dal miglioramento delle tecnologie e metodologie in campo sanitario, nonché generalmente da un migliore standard di vita (infatti, gli incrementi per le popolazioni meno abbienti sono rimasti contenuti). Al 2006, l aspettativa di vita restante per una donna di 65 anni era di circa 20,1 anni rispetto ai 14,8 anni stimati nel 1960 e per gli uomini, l aspettativa di vita era aumentata di quattro anni (arrivando a toccare i 16,7 anni) rispetto allo stesso anno di riferimento. Negli ultimi anni c è da registrare una diminuzione delle divergenze tra i due sessi in termini di aspettativa 40. Però per quanto riguarda l evoluzione dell aspettativa di vita non esiste un 40 OECD (2009), Pensions at a glance 2009: retirement-income systems in OECD countries, OECD, Parigi 27

28 pensiero univoco. Alcuni ritengono che la biotecnologia sia in grado di risolvere in futuro molti problemi allungando ulteriormente la vita delle persone, mentre altri ritengono che con la medicina non si sarà mai in grado di curare malattie croniche, come per esempio l Alzheimer. Tab. 12 Aspettative di vita a 65 anni La Tabella 12 si basa sull evoluzione dei tassi di mortalità a partire dal Nel periodo finale, cioè dal 2002, l aspettativa di vita dovrebbe allungarsi di circa 3,5 anni per i prossimi 50 anni (con un incremento della spesa previdenziale pari al 20%). Per comprendere meglio a cosa si riferiscono i Governi per adeguare le pensioni, è opportuno spiegare un ulteriore concetto: Aspettativa di vita alla nascita e a 65 anni : «numero medio di anni ancora da vivere per ciascuna persona, calcolata con riferimento al tasso di mortalità di un determinato paese e in un determinato anno 41». 41 OECD (2009), Pensions at a glance 2009: retirement-income systems in OECD countries, OECD, Parigi 28

29 Tab. 13 Aspettative di vita alla nascita e a 65 anni nel 1960 e Tab. 14 Aspettative di vita a 65 anni a confronto nel 1960 e OECD (2009), Pensions at a glance 2009: retirement-income systems in OECD countries, OECD, Parigi 43 OECD (2009), Pensions at a glance 2009: retirement-income systems in OECD countries, OECD, Parigi 29

30 Secondo stime recenti, i tassi di fertilità sono in calo; infatti, secondo la Popoulation Division dell ONU, si è manifestato un rallentamento demografico in termini mondiali (sceso a 2,1 nel quinquennio ). Ciò starebbe a indicare che ci troviamo vicino al tasso di crescita ritenuto ottimale dal punto di vista di molti demografi per garantire un ricambio generazionale equo. Tale numero, sempre secondo l analisi ONU tenderebbe ad aumentare nel tempo (48% circa nel 2010). Il sovraffollamento inoltre, presente in molti paesi sottosviluppati, comporta una più rapida erosione del terreno agricolo e continue inondazioni ed epidemie. In alcuni di questi paesi il tasso di natalità è sceso in misura importante, sfiorando anche un tasso inferiore al 2% (indicatore di denatalità in Vietnam dal 5,3 all 1,83). In paesi, come la Cina, che pratica la politica del un figlio per famiglia, il tasso di natalità dovrebbe scendere drasticamente dopo il Emerge comunque la necessità di dover controllare questo fenomeno, evitando di rovinare, mediante il sovraffollamento, le condizioni necessarie per vivere dignitosamente. Considerando che nel mondo esistono diverse modalità di limitazione alla procreazione (che in alcuni casi esulano dall etica), è necessario trovare la combinazione di strumenti idonei a eliminare i problemi del sovraffollamento, cercando di non crearne dei nuovi (etici o sociali) Il mercato del lavoro La Figura 15 mostra una stima del possibile andamento del tasso di disoccupazione, fornendo una visione a livello globale. Va sottolineato comunque che sussistono importanti discrepanze tra i vari paesi. In tre dei quattro paesi (Italia, Svezia e Regno Unito) studiati, il tasso di dipendenza per gli over-65 si aggira intorno al 50%; solo in Germania gli anziani (il 59% circa) 44 Migliavacca P. (16 novembre 2009), Il trend demografico si invertirà dopo il 2050, Il Sole 24 Ore, Milano 30

31 lavorano oltre l età di pensionamento 45. Da quanto si evince dalle tabelle nel paragrafo precedente, viene evidenziato come l indice di dipendenza per i giovani sia in calo; In Italia l indice di dipendenza degli anziani era tra i più bassi d Europa nel 1950, mentre oggi è in crescita. Fig. 15 Tasso di dipendenza per la popolazione over 65 Come già esposto sopra, il crollo dei tassi di natalità deriva dal rinvio del periodo di maternità, dalla riduzione del numero di figli da parte delle potenziali madri e dal fatto che è cambiato il ruolo della donna (Tabella 16). Infatti, queste ultime non si limitano solo più a fare la casalinga; esse si sono emancipate e hanno cominciato ad andare a lavorare. Tale fatto ha a sua volta, contribuito a ridurre il disequilibrio tra uomini e donne nel mercato del lavoro. Va aggiunto che tale calo era già in atto dal 900 e oggi si è giunti ormai a un tasso di natalità inidoneo a garantire il ricambio generazionale, sia in termini di rimpiazzo sia di contribuzione nei sistemi previdenziali. Rispetto al passato, molte imprese ricorrono maggiormente a offerte di lavoro alternative, con l assunzione di persone che sono disposte a svolgere un lavoro part-time o che sono disposti a lavorare da casa. 45 Giannakouris K. (2008), Ageing characterises the demographic perspectives of the European societies, OECD, Parigi 31

32 Il fine oggi è quello di inserire e trattenere un numero sempre maggiore d individui (ben preparati e qualificati) appartenenti alla forza lavoro, con lo scopo di aumentare la qualità dei sistemi previdenziali. La Commissione Europea vuole pertanto: sensibilizzare ciascun lavoratore in maniera tale da potersi adattare in modo flessibile alle esigenze del mercato; investire maggiormente nel capitale umano, migliorando la formazione e le competenze delle persone; modernizzare e aumentare l offerta di manodopera 46. Ciò comporta dei benefici in termini sociali ma allo stesso tempo un incremento a livello di contributi fiscali e previdenziali. A tale proposito è interessante guardare attentamente la Tabella 15, in cui viene mostrato il tasso di occupazione di coloro che rientrano nell intervallo tra i 15 e 64 anni. Tab. 15 Tassi di occupazione, Fonte: EUROSTAT (2007), Europa in Zahlen EUROSTAT Jahrbuch , EUROSTAT In Svezia, Regno Unito e Germania i tassi di occupazione sono superiori alla media europea, mentre in Italia il tasso è inferiore. Inoltre, fino 46 EUROSTAT (2008), Key figures on Europe 2007/2008 edition, EUROSTAT 47 EUROSTAT (2007), Europa in Zahlen EUROSTAT Jahrbuch , EUROSTAT Il tasso di occupazione é dato dal rapporto tra le persone in età tra i 15 e 64 anni e il numero totale della popolazione appartenenti allo stesso intervallo d età. 32

33 al 2006 la tendenza vedeva un aumento generale dell occupazione (Tabella 17), tendenza che ha subito una brusca inversione con il manifestarsi della crisi nel Tab. 16 Tassi di occupazione per sesso, Fonte: EUROSTAT (2007), Europa in Zahlen EUROSTAT Jahrbuch , EUROSTAT 48 EUROSTAT (2007), Europa in Zahlen EUROSTAT Jahrbuch , EUROSTAT 33

34 Tab. 17 Tassi di crescita dell occupazione, EUROSTAT (2008), Key figures on Europe 2007/2008 edition, EUROSTAT 34

35 1.4.1 Disoccupazione Nel 2005 il tasso di disoccupazione 50 nell Unione Europea era dell 8,8% (Tabella 18). A oggi è solo la Germania che mostra una certa difficoltà nelle politiche di occupazione. Tutti gli altri paesi (Italia 7,7%, Svezia 7,8% e Regno Unito addirittura solo il 4,7%) sono sotto a tale media, mostrando una capacità di saper tenere la disoccupazione nei limiti ritenuti tollerabili, elemento che comporta anche delle diminuzioni in termini di contribuzione previdenziale e fiscale. Il problema principale che affligge i paesi, soprattutto a seguito della crisi finanziaria, è la presenza di disoccupati di lunga durata. Essa comporta ripercussioni sia dal punto di vista sociale che psicologico del lavoratore, nonché limita la possibilità di crescita dei paesi stessi. Difatti, le risorse non sono impiegate per lo sviluppo del paese, ma vengono utilizzate per la cassa integrazione o impiegate quale reddito da dare a persone disoccupate onde evitare di generare un nuovo problema sociale per il paese 51. La Tabella 18 mostra la flessibilità presente sul mercato del lavoro. Nel caso in cui il tasso di disoccupazione sia superiore al tasso di disoccupazione di lungo periodo, allora siamo in presenza di persone che tendono a rimanere meno tempo senza lavoro (Tabella 19). Svezia e Regno Unito mostrano che è possibile ridurre al minimo il periodo di disoccupazione, mediante una cultura e politiche diverse. In Italia e Germania invece le persone rimangono più tempo senza lavorare. Queste divergenze sono nuovamente dimostrazione del fatto che tutto viene influenzato dalle origini di ciascun paese. L aumento degli anziani nella popolazione può però essere visto anche come un fatto positivo: infatti, si tratta di persone che sono molto più sensibili rispetto ai giovani, perché hanno bisogno di lavorare per accumulare i contributi necessari al pensionamento, sono più saggi e nell arco del loro 50 Disoccupati: persone con un età compresa tra i 15 e 74 anni che non hanno lavoro, ne svolgono qualsiasi tipo di attività lavorativa (per un ora o più durante la settimana di riferimento, quale lavoro subordinato o di lavoro autonomo). I disoccupati inoltre sono tali sono se sono alla ricerca di un lavoro e sono disponibili a lavorare. Periodo di disoccupazione: durata in cui si cerca un lavoro o il periodo trascorso dall ultimo lavoro (nel momento in cui questo periodo é inferior al tempo trascorso per cercare un lavoro. 51 EUROSTAT (2008), Key figures on Europe 2007/2008 edition, EUROSTAT 35

36 percorso lavorativo hanno avuto modo di rafforzare la fiducia nei propri mezzi. Quindi l impiego di tale risorsa andrebbe ponderato in maniera attenta 52. Tab. 18 Tassi di disoccupazione, Quaderni europei sul nuovo welfare (2008), Far fronte alla transizione demografica, < 53 Fonte: EUROSTAT (2007), Europa in Zahlen EUROSTAT Jahrbuch , EUROSTAT 36

37 Tab. 19 Tassi di disoccupazione a confronto con il tasso di disoccupazione di lunga durata, Fonte: EUROSTAT (2007), Europa in Zahlen EUROSTAT Jahrbuch , EUROSTAT Tab. 20 Tassi di disoccupazione per persone tra i 25 e i 59 anni dopo la formazione, Fonte: EUROSTAT (2007), Europa in Zahlen EUROSTAT Jahrbuch , EUROSTAT 54 Tasso di disoccupazione: é dato dalla percentuale di disoccupati della popolazione in età lavorativa (che comprende coloro che sono occupati e disoccupati in un età compresa tra i 15 e i 64 anni. Tasso di disoccupazione di lungo periodo: si tratta di persone di almeno 15 anni che non hanno lavorato da almeno 12 mesi pur avendolo cercato attivamente. 55 Tasso di disoccupazione: é dato dalla percentuale di disoccupati della popolazione in età lavorativa (che comprende coloro che sono occupati e disoccupati in un età compresa tra i 15 e i 64 anni. Tasso di disoccupazione di lungo periodo: si tratta di persone di almeno 15 anni che non hanno lavorato da almeno 12 mesi pur avendolo cercato attivamente. 37

38 In ultima analisi, la Tabella 20 mostra un altro fattore determinante nel protrarsi della disoccupazione nel tempo. Coloro che hanno una formazione di grado inferiore sono coloro che tendono a rimanere più a lungo sul mercato del lavoro in fase di ricerca. In alcuni paesi, addirittura il 30% circa di chi ha frequentato la scuola elementare o anche la scuola media sono disoccupati. Questo sicuramente perché oggigiorno sempre più persone continuano a studiare, con una svalutazione dei livelli di graduazione scolastica di livello inferiore. Molte imprese cercano oggi direttamente persone già laureate, soprattutto perché il numero di queste ultime è aumentato a dismisura, con una riduzione degli stipendi e un innalzamento delle richieste da parte delle imprese La spesa per le pensioni La Commissione Europea ha fornito con riferimento alla spesa per pensioni dei principi guida per far fronte a questa situazione disastrata. Stabilito l allungamento dell aspettativa di vita, sono necessari nuovi adeguamenti a fronte di una riduzione degli anni in cui si versano i contributi e per questo è necessario ancora oggi intervenire con delle riforme a livello europeo in maniera tale da uniformare la disciplina pensionistica. Quest ultima si presenta come molto diversa tra i paesi, e la finalità di queste riforme è di contenere gli oneri sulla finanza pubblica e rendere sostenibile il sistema previdenziale. Di fatto, sono state elaborate misure di contrasto quali l aumento dei tassi di occupazione, la riduzione del debito pubblico e l adeguamento dei sistemi di protezione sociale (fra cui le pensioni). Questa combinazione potrebbe rendere più facile sopperire ai problemi che ancora oggi appesantiscono il debito pubblico dei vari paesi europei. Partendo dall Italia va notato che il Belpaese parte già svantaggiato rispetto agli altri, perché sulle pensioni si pagano le tasse, mentre di contro in Germania le pensioni non sono tassate. L Italia è stato uno dei paesi dell UE in cui il fenomeno dell indebitamento è stato più evidente (il debito pubblico 56 EUROSTAT (2007), Europa in Zahlen EUROSTAT Jahrbuch , EUROSTAT 38

39 italiano salì dal 60% del 1980 a oltre il 120% del 1994). Risultato tangibile è l impossibilità del sistema pensionistico italiano di fornire mediante il primo pilastro, un sostegno adeguato per il periodo post-lavorativo. Secondo delle recenti proiezioni dell EUROSTAT, in Italia l indice di dipendenza strutturale passerà dal 51,74% all 81,58-86,9% nel 2050 a seconda degli scenari; il peggioramento più consistente nell UE-15 dopo quello di Grecia e Spagna. In un paese che invecchia così rapidamente e in cui sussistono gravi sproporzioni tra capitoli di spesa del welfare system, tra vita attiva e vita in quiescenza dei cittadini e tra ripartizione e capitalizzazione come modalità di trasferimento nel tempo delle risorse e di finanziamento delle pensioni, sono destinate a generare distorsioni crescenti sulla domanda e sull offerta di lavoro, sull accumulo del capitale e sulla produttività. Queste sproporzioni si riconoscono tutte nell organizzazione del welfare e delle pensioni in Italia. Fig. 16 Spesa per pensioni del PIL In Italia, lo Stato spende tanto per la previdenza pubblica con importanti effetti redistributivi finanziati mediante un mix tra fiscalità e contributi. Questa differenza si è assottigliata leggermente nel 2006, portando a un graduale allineamento sul territorio europeo, ma pur sempre ancora con Italia e Francia in testa alla classifica dei paesi maggiormente indebitati. Difatti questi due paesi hanno visto l adozione di politiche abbastanza simili nel corso degli anni. L Italia rispetto agli altri paesi appartenenti all UE investe circa il 3,6% in più nelle pensioni rispetto alla media UE-15 (Figura 16), mentre se si osservano i dati della Tabella 21 si può vedere come l Italia rispetto agli altri paesi europei, tralasci le politiche sul lavoro e dell assistenza sociale. È importante 39

40 rilevare che l età di pensionamento in Italia sia una tra le più basse in Europa. Questo scenario evidenza poi che il sistema previdenziale italiano non sia ancora sostenibile e che siano necessarie nuove riforme. I fondi, infatti, sono pochi e mal distribuiti 57. Esempio di attualità è quello che ha visto il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, in occasione del World Economic Forum, lamentarsi dell Italia come uno dei paesi con i maggiori squilibri generazionali dal punto di vista demografico, economico e sociale. Il Presidente ha posto l accento sul fatto che in questo momento in Italia, ci sono 12 milioni di persone oltre i 65 anni e soltanto 8,4 milioni di giovani. A conferma di quanto sopra menzionato, in questo periodo tutto o quasi è impiegato per le pensioni. Con il manifestarsi della recente crisi diventa importante sostenere le famiglie da cadute di reddito dettate anche dall aumento della disoccupazione, prospettato al 2% entro quest anno. Vecchiaia e superstiti Salute, invalidità Sostegno famiglia, abitazione Disoccupazione Altro Italia 58,3 31,6 4,4 1,9 3,8 Germania 42,6 33,9 13,0 6,1 4,4 Svezia 39,3 40,0 11,3 5,4 4,0 Regno Unito 43,8 39,7 11,5 2,4 2,6 Tab Composizione della spesa sociale in percentuale sul PIL Fonte: Elaborazioni CSC su dati EUROSTAT Per quanto riguarda il secondo pilastro (schemi privati collettivi), in Italia il 25% dei lavoratori ha aderito a delle forme previdenziali integrative, con rendimenti al netto delle spese tutt oggi negative. 57 EUROSTAT (2009), Dati sul PIL dei principali paesi europei, < ORTAL>, EUROSTAT 58 Picchio N. (17 dicembre 2008), Unità per ritrovare la fiducia Marcegaglia: il Governo convochi forze sociali e opposizione Rivedere il Welfare, Il Sole 24 Ore, Milano 40

41 Tab Composizione attività finanziarie delle famiglie nel 2005 Osservando la Tabella 22, sono palesi le differenze riguardo alla composizione delle attività finanziarie delle famiglie con nette differenze tra i vari paesi. La forma pensionistica complementare, pur essendo presente per esempio in Italia e Spagna, è comunque ancora poco sviluppata. Ci si chiede a questo punto se tale fatto sia da attribuire realmente a ragioni culturali o meno, essendo entrambi i paesi di stampo bismarckiano (che ha come obiettivo quello di proteggere il potere d acquisto della terza età) in contrapposizione ai modelli beveridgani (dove il primo pilastro pubblico ha il ruolo di rete di sicurezza ). Tra di essi però, non si riscontrano sostanziose differenze e in futuro i loro tassi di sostituzione tenderanno a convergere. Tutto questo ha radici storiche, siccome il secondo pilastro ha visto il suo avvento soprattutto nei paesi anglosassoni, in primis nel Regno Unito e negli Stati Uniti, sviluppando contemporaneamente anche il concetto di pensione privata. In Italia invece le pensioni erano quasi totalmente coperte con il primo pilastro e soltanto grazie alle recenti riforme degli anni 90 si è cominciato a intervenire dopo il raggiungimento di un debito pubblico ormai insostenibile. L incertezza futura deve indurre le famiglie a prendere provvedimenti per tempo, cioè da subito, per compensare le riduzioni future dovute all allungamento della vita. La Germania sta puntando fortemente a supplire all insufficienza del primo pilastro con l espansione del comparto assicurativo, con il prevalere di polizze unit-linked (trattasi di forme di polizze vita, in cui le prestazioni sono legate al valore di quote di Fondi d investimento o di SICAV, nei quali vengono investiti i premi versati). Non si è in grado di desumere da questi dati, quale sia l ammontare effettivo del risparmio previdenziale a lungo termine e quanto invece corrisponda a un risparmio 41

42 cautelativo a medio termine (buffer stock) o ad arbitraggio fiscale 59. Sono soltanto ipotesi le valutazioni per capire se le famiglie abbiano accelerato l accumulo di capitale per far fronte al futuro crollo delle prestazioni mediante il ricorso ad altre forme di ricchezza (finanziarie e reali) indipendentemente dal fatto che si tratti di elementi assicurativi o previdenziali. È comunque risaputo che le persone giovani tendono a ignorare il fatto di dover cominciare fin da subito a prevenire possibili situazioni che nel loro futuro potrebbero divenire insostenibili (per esempio percependo assegni da pensione ridotti al 50-60% del salario attuale). In Svezia come in tutti i paesi nordici ma anche in Germania, il 70% circa dei giovani ha cominciato a investire per far fronte al fabbisogno finanziario futuro, mentre nella parte continentale dell Europa meno del 50% vi fa fronte, con Italia e Portogallo fanalini di coda. Svezia e Germania puntano sulla riduzione dell asimmetria informativa tra Stato e lavoratori; difatti nei paesi nordici almeno la metà della popolazione si dichiara informata in contrapposizione di quelli meridionali in cui sussiste un evidente senso d insofferenza e di disinformazione dichiarata (in Italia il 57% totale, di cui il 17% riconosce di non essere per nulla e il 40% poco informato). Gli italiani (67%) e i francesi (71%) preferiscono investire in immobili, quali case o appartamenti per garantirsi la pensione, piuttosto che investire in strumenti finanziari più specifici e rischiosi. Questo a sua volta dipende dal modello di welfare affermato. È stato dimostrato a più riprese nel corso della storia (Natali D., Esping-Andersen, Boeri e Brugiavini), che la prevenzione complementare è consigliata sia da meccanismi fiscali e non. Nella scelta tra i diversi prodotti previdenziali entrambi i paesi preferiscono quelli con un rendimento più basso (come i titoli di Stato). A dimostrazione che l informazione ricopre un ruolo importante: oltre il 55% della popolazione dei paesi nordici è consapevole dell importanza di cominciare a garantirsi la pensione (investendo in un Fondo pensionistico) non appena si entra nel 59 Mediante l arbitraggio si può ricavare un profitto acquitando o vendendo allo stesso tempo beni o attività con differenze di prezzo. Ci si riferisce all arbitraggio fiscale quando queste differenze possono essere imputate solo alla differente disciplina fiscale Giordano A., Arbitraggio e tassazione delle rendite finanziarie, < Nuovofiscooggi.it, 16 ottobre

43 mondo del lavoro o quando si crea una famiglia. In paesi come Italia e Francia invece, rispettivamente il 43% e 45%, ma soprattutto in Spagna (57%) si preferisce rimandare tale decisione (tutti e tre i paesi hanno un sistema di welfare meridionale ). In generale, secondo stime dell Economic Policy Committee, la quota di spesa per le pensioni rispetto al PIL dovrebbe continuare a crescere nel tempo. L AWG, vale a dire l Ageing Working Group, ha elaborato un documento contenente previsioni sulla sostenibilità dei sistemi previdenziali in Europa, secondo disposizioni che sono state concordate tra i paesi membri con l obiettivo di fornire coerenza, comparabilità, semplicità e trasparenza. I dati analizzati a più riprese (nel 2001/2003, 2005/2006 e 2009) hanno portato sempre agli stessi esiti con delle divergenze rispetto alle analisi fatte autonomamente dai paesi, dovute all impiego di condizioni di partenza differenti. I dati qui illustrati differiscono da quelli di EUROSTAT. AWG, infatti, ha preso in considerazione i soli programmi previdenziali pubblici e non anche la spesa previdenziale collettiva. Nel 2005 l AWG ha rivisto il lavoro svolto in precedenza (2001/2003), realizzando una nuova stima della sostenibilità del sistema previdenziale europeo, la quale non si distacca di molto dalle previsioni fatte in precedenza. Le proiezioni non sono previsioni. Esse dovrebbero fornire delle indicazioni di tempi ed entità per le sfide di bilancio che potrebbero derivare ad esempio dall invecchiamento della popolazione, prendendo come scenario di riferimento una strategia invariata. Di seguito saranno esposti gli esiti ai quali è giunto l AWG e nel paragrafo 1.7 si andranno a vedere le divergenze che emergono a fronte della recente crisi finanziaria. 1.6 L analisi AWG 2001/2003 Le proiezioni dell AWG si basano sulle seguenti ipotesi: Ipotesi demografiche (vedi Tabella 23): 43

44 i tassi di fecondità convergono gradualmente dai valori attuali al valore medio prospettato UE di 1,7 per il ; aumento dell aspettativa di vita: cinque anni per gli uomini, quattro per le donne entro il 2050; flussi migratori pari allo 0,2% della popolazione residente (spesso oggetto di discussione, perché ritenuto troppo conservativo). Tab Ipotesi flussi migratori e tassi di fertilità - CERM 61 Ipotesi mercato del lavoro: tassi di partecipazione maschile costanti e convergenza della partecipazione femminile, soprattutto in paesi con schemi di sostegno 62. Ipotesi macroeconomiche: la produttività converge dal valore attuale all 1,75% entro il 2030, stabilizzandosi nel 2050 (non tiene conto delle variazioni 60 CERM (luglio 2004), Gruppo di Lavoro sull invecchiamento della Popolazione di ECOFIN, Le proiezioni di lungo periodo della spesa pensionistica, CERM, Roma 61 CERM (luglio 2004), Gruppo di Lavoro sull invecchiamento della Popolazione di ECOFIN, Le proiezioni di lungo periodo della spesa pensionistica, CERM, Roma 62 Amato G., Marè M. (2007), Il gioco delle pensioni: rien ne va plus?, Il Mulino, Bologna 44

45 demografiche); il tasso di crescita reale del PIL è coerente con l evoluzione demografica, con la produttività del lavoro, con i tassi di occupazione e di partecipazione; tasso d inflazione tenuto costante dalla Banca Centrale Europea al 2%; il differenziale tra tasso di interesse nominale e tasso di crescita nominale del PIL convergerà al 2% entro il 2030, stabilizzandosi entro il Tanti paesi in Europa hanno cominciato a realizzare autonomamente queste proiezioni. In Italia il sistema di rilevazione è uguale a quello stabilito dall AWG. In Germania sono state a loro volta impiegate le ipotesi concordate dall AWG con l unica differenza che consiste nella scomposizione delle proiezioni per la popolazione tedesca (Germania orientale e occidentale), la cui somma è molto vicina a quella ottenuta dall AWG. I valori differiscono al massimo di un 0,2% con un rapporto di dipendenza uguale a quello stabilito dall AWG; sono stati a loro volta considerati l aumento dell età di pensionamento a 65 anni e le riforme pensionistiche entrate in vigore. In Svezia si fa uso di un modello denominato SESIM (un modello di micro simulazione) che è stato sviluppato presso il Ministero delle Finanze svedese in stretta collaborazione con ricercatori universitari. Quando nacque nel 1997, fu impiegato soprattutto come strumento per valutare il sistema di finanziamento dell istruzione. Però dal 2000 l attenzione si è spostata dalla scuola alle pensioni di vecchiaia, studiando gli effetti dell invecchiamento della popolazione sulle finanze pubbliche. Nel Regno Unito invece, è la GAD a fare le proiezioni. Essa adatta i dati nazionali per tener conto delle differenze esistenti tra EUROSTAT e le proiezioni della popolazione nazionale. Inoltre le proiezioni nazionali esistenti sono state modificate per includere le diverse ipotesi di crescita della produttività. Tutte le altre ipotesi sono state lasciate invariate. È stato ipotizzato che il totale 45

46 paybill 63 di ciascuno dei tre sistemi creati dalla GAD, seguirà l andamento prospettato da AWG, tenendo conto dell espansione o contrazione delle dimensioni della forza lavoro. A causa delle diverse modalità di adesione, i tassi di crescita degli utili sono variabili per ciascun regime. Si espongono di seguito gli esiti previsti dalle proiezioni. Tab Pensioni sul PIL Secondo i dati evidenziati dalla Tabella 24 (analisi 2001/2003), in Italia la spesa pensionistica dovrebbe oscillare tra il 13,8% e il 15,7% del PIL (fino al 2050) 65. Questa percentuale è più alta rispetto a quella di Germania, Svezia e Regno Unito. Sempre da Tabella 24 si può osservare come in Svezia e Regno Unito si spenda meno per le pensioni e anche in Germania la spesa sul PIL dovrebbe crescere in misura maggiore rispetto all Italia. I dati riportati in Tabella 25 invece fanno riferimento all analisi svolta nel 2003 e appare evidente il fatto per cui la tendenza dovrebbe essere un aumento nel lungo termine della spesa pensionistica nei principali paesi della UE. Partendo dalla Germania si arguisce che la spesa previdenziale dovrebbe, aumentando gradualmente, raggiungere il suo apice a metà secolo quando 63 Si tratta del pagamento verso il sistema previdenziale 64 CERM (luglio 2004), Gruppo di Lavoro sull invecchiamento della Popolazione di ECOFIN, Le proiezioni di lungo periodo della spesa pensionistica, CERM, Roma 65 Amato G., Marè M. (2007), Il gioco delle pensioni: rien ne va plus?, Il Mulino, Bologna 46

47 l Italia dovrebbe già cominciare ad avere dei conti pubblici in ripresa (la spesa sul PIL dovrebbe secondo le previsioni, subire un aumento superiore alla media europea) e per la Svezia l incremento dal 2004 al 2030 sarà di 11 punti del PIL. Il dato di maggiore interesse è quello riferito al Regno Unito, in cui la spesa per pensioni viene data in calo nell analisi 2001 (-1,1%), mentre risulta essere in aumento nella versione Principalmente, il motivo per cui c è stato un aumento della spesa pensionistica, potrebbe derivare secondo le analisi 2001/2003, dall indice di dipendenza, il quale dovrebbe continuare ad aumentare nel tempo. Un altro fattore che ha pesato sulla spesa per pensioni è dato dalla generosità del sistema che ha visto l allargamento del numero di beneficiari con l impiego di sistemi a ripartizione (come già visto in precedenza) necessari per garantire la sostenibilità nel tempo per passare al sistema contributivo. Le analisi fatte da AWG sono state fatte senza considerare l effetto della recente crisi finanziaria. Tab Proiezioni AWG / Analisi 2005 I sistemi previdenziali di tutto il mondo che, come già affermato in precedenza, rappresentano una delle principali preoccupazioni dei Governi di molti paesi, stanno subendo dei gravi danni a seguito degli sbalzi generati dalla crisi finanziaria e al continuo invecchiamento della popolazione. Nel momento in cui si stabilizzeranno le condizioni economiche del mercato, saranno necessari numerosi interventi da parte dei Governi considerati. I Fondi d investimento privati, che nel frattempo rappresentano una voce rilevante, dovrebbero subire cali di rendimento e svalutazioni. Con il crollo degli indici di borsa si è visto il tanto temuto calo dei vari Fondi d investimento e il risultato è stata una diminuzione nell apporto di fondi da parte dei lavoratori (calo del quasi 23%, pari a circa 5,4 trilioni di dollari, tra 47

48 la fine del 2007 e dicembre 2008) 66. L impatto si manifesterà in maniera più evidente nei Fondi d investimento legati alle rendite o ai salari dei singoli lavoratori. Ciò comporterà un incremento della pressione sul gestore del Fondo stesso e la solvibilità del Fondo sarà limitata nel momento in cui il gestore dovesse dimostrare di avere difficoltà o di essere in bancarotta. Qualora i pensionati o i lavoratori più anziani abbiano deciso di investire in piani di pensionamento basati sui valori delle attività, le perdite di reddito saranno importanti e permanenti. Per i lavoratori più giovani, invece che hanno sottoscritto dei piani a contribuzione definita, la perdita dovrebbe essere meno rilevante. Difatti, essi hanno ancora tanti anni davanti a loro, nei quali gli andamenti dei tassi riferiti ai Fondi dovrebbero subire dei rialzi permettendogli di recuperare i soldi persi. Inoltre, una grande parte dei contributi sarà versata più in là nel tempo e quindi gli permetterà di non risentire delle perdite attuali. Oltre a ciò, il fatto di essere esposti in maniera importante alle variazioni di mercato ha ridotto di molto la fiducia nei Fondi da parte dei lavoratori. Da quanto si è già detto all inizio del capitolo, le persone che sono iscritte a un modello Pay-as-you-go non vengono colpite dalle oscillazioni poiché gli impegni politici riferiti a essi rimangono intatti (sono insensibili ai fattori esogeni). Continuano comunque a persistere le sfide fiscali legate all invecchiamento della popolazione. A causa della crescita della disoccupazione, all incremento del debito pubblico e al costo per la copertura futura dello stesso, la disciplina fiscale diverrà più macchinosa e difficoltosa. Per far fronte a questa temporanea ma importante alterazione dei modelli pensionistici privati è necessario un maggiore impegno nello sviluppo dei modelli pubblici, diversificandoli. Sono essi che dovranno profondere il maggior sforzo, generando redditi pensionistici e ciò porterà dei cambiamenti 66 AWG (2006/2007), Sostenibilità dei sistemi pensionistici, < Bruxelles AWG, Sostenibilità dei sistemi pensionistici, < 2006/

49 nel contesto politico in cui si affrontano le sfide su argomenti fiscali. A sua volta è interessante notare, come paesi sostanzialmente dipendenti dai regimi pensionistici privati, abbiano sistemi previdenziali pubblici idonei a coprire una quantità minima del reddito di prepensionamento. 1.7 Le proiezioni sulla spesa pensionistica a fronte della recente crisi finanziaria Il punto di partenza di qualsiasi strategia indirizzata al lungo periodo per assicurare redditi pensionistici da vecchiaia è la persecuzione della massimizzazione del risparmio nei sistemi vigenti (vale a dire in quello pubblico e privato). Questa regola comunque non è risolutiva e altre misure sono necessarie, soprattutto a seguito del danno che i Fondi pensione hanno subito durante questo burrascoso periodo. Gli scenari delle previsioni fatte da EUROSTAT hanno ampliato l orizzonte temporale di ulteriori dieci anni, portando il limite superiore delle previsioni dal 2050 al Le proiezioni per l Italia svolte dalla Ragioneria generale dello Stato (che considerano gli effetti derivanti dalla recente crisi finanziaria del 2008), si basano sulle ipotesi elencate nel successivo paragrafo Previsioni pensionische per l Italia Ipotesi demografiche (vedi Tabella 28): Sono state apportate le seguenti modifiche rispetto all analisi AWG realizzata nel biennio 2001/ : le dinamiche strutturali di medio - lungo periodo sono state revisionate in riferimento alle variazioni demografiche in essere. Con riferimento a ciò i tassi di crescita della produttività sono stati ridotti, portandoli a - 1,4% rispetto all 1,4% originario 68 ; 67 AWG (2009), Pension schemes and pension projections in the EU-27 Member States Volume 1-2, AWG, Bruxelles 68 Ministero dell Economia e delle Finanze Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato (2008), Rapporto n.10 - Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario, RGS, Roma 49

50 il tasso di crescita del PIL reale è calato a -2%, rispetto alle previsioni originarie che prevedevano invece una crescita pari allo 0,5% 69 ; tassi di fecondità pari a 1,52 figli nel 2050 e a 1,55 figli nel 2060; aumento dell aspettativa di vita a 84,3 anni per i maschi e a 89,5 anni per le donne nel 2050, raggiungendo l apice nel 2060 con rispettivamente 85,5 e 90 anni; i flussi migratori nel periodo prevedono lo spostamento di persone, raggiungendo un valore massimo di individui nel 2012, ammontare che dovrebbe andare a ridursi toccando il valore minimo nel Ipotesi mercato del lavoro (Tabella 26): i tassi di attività per le persone in età compresa nell intervallo tra i anni prevedono un incremento di circa cinque punti percentuali (5,4% nel 2050) con una riduzione rispetto alle previsioni precedenti, spiegata dall allargamento del periodo di riferimento impiegato per il calcolo del profilo generazionale medio (al 2007), basato originariamente sui dati fino al 2003; tassi di partecipazione maschile costanti e convergenza della partecipazione femminile, soprattutto in paesi con schemi di sostegno 71. Ipotesi macroeconomiche: produttività: dal 2030 il tasso di variazione della produttività totale sarà dell 1,1% a partire dal 2030, salvo per alcuni paesi (tra cui l Italia) in cui il periodo di convergenza è anticipato al 2015; 69 ISTAT (2009), Dati su PIL, < Roma 70 Ministero dell Economia e delle Finanze Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato (2008), Rapporto n.10 - Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario, RGS, Roma 71 Amato G., Marè M. (2007), Il gioco delle pensioni: rien ne va plus?, Il Mulino, Bologna 50

51 tassi di disoccupazione (Tabella 27): costante per le persone nella fascia tra i 15 e i 64 anni dal 2009 a un tasso del 5,8% (tasso di disoccupazione complessivo leggermente inferiore 5,7%). 72 Tab. 27 Ipotesi previsione ISTAT AWG Tab. 26 Ipotesi previsione ISTAT - mercato del lavoro Ministero dell Economia e delle Finanze Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato (2008), Rapporto n.10 - Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario, RGS, Roma 73 ISTAT (2009), Dati su PIL, < Roma 51

52 Tab. 28 Previsioni demografiche: Italia Secondo le previsioni di Tabella 30, si può sintetizzare che si dovrebbe verificare un aumento del tasso di attività per entrambi i sessi, e tale 52

53 tendenza di crescita persisterà fino al Se la strategia prefissata dalla Comunità Europea dovesse essere applicata efficientemente, si riuscirebbe a ottenere una diminuzione del tasso di disoccupazione. Nella Tabella 30 si può verificare come siano cambiate le previsioni ed emerge soprattutto un cambiamento sostanziale per il 2010, anno in cui i tassi di disoccupazione subirebbero un incremento importante, per poi decrescere nuovamente. Tab. 29 Confronto della spesa per pensioni nelle tre analisi 74 Tab Pensioni sul PIL AWG (2009), Pension schemes and pension projections in the EU-27 Member States Volume 1-2, AWG, Bruxelles 75 AWG (2009), Pension schemes and pension projections in the EU-27 Member States Volume 1-2, AWG, Bruxelles 53

54 1.7.2 Proiezioni per la Germania Secondo le previsioni, in Germania la spesa per pensioni sul PIL potrebbe aumentare circa del 2,3% passando dal 10,4% del 2007 al 12,8% stimato per il Ciò rappresenta comunque una diminuzione dello 0,4% rispetto ai dati del 2000 (in cui la spesa per pensioni al 2007 era stimata al 10,8% del PIL). La riduzione di tale voce rispetto alle vecchie analisi è da attribuire alla recente crisi, i cui effetti si protrarranno circa fino al 2012, anno in cui la spesa sul PIL dovrebbe scendere sotto il 10%. La Tabella 31 evidenzia l andamento e soprattutto la composizione della spesa (lorda) per pensioni che tende a seguire lo stesso andamento già osservato per l Italia. Successivamente, la spesa, secondo stime, tornerà a crescere fino al Tab. 31 Pensioni e tasse sul PIL I tassi di fertilità sono stimati crescenti passando dagli 1,3 figli attuali, raggiungendo 1,5 figli nel Il calo della fertilità insieme al calo del tasso di migrazione (del 30%), sono il motivo della crescita del tasso di dipendenza 78 (Tabella 32). Tale valore a sua volta è controbilanciato dal tasso di copertura 79 (in calo a seguito dell allungamento del periodo di attività, all allungamento dell aspettativa di vita e al probabile calo dei matrimoni), dal tasso di 76 AWG (2009), Pension schemes and pension projections in the EU-27 Member States Volume 1-2, AWG, Bruxelles 77 AWG (2009), Pension schemes and pension projections in the EU-27 Member States Volume 1-2, AWG, Bruxelles 78 Tasso di dipendenza: é dato dal rapporto tra la popolazione con età maggiore o uguale a 65 anni e la popolazione in età lavorativa (15-64 anni). 79 Tasso di copertura: numero di pensionati sulla popolazione con età

55 occupazione inverso 80 e dal tasso dei benefici percepiti. Quest ultimo viene influenzato dal fattore di sostenibilità pensionistica, espresso come rapporto tra pensionati e contribuenti, dalla continua riduzione dell assegno pensionistico e del maggiore tasso di partecipazione femminile nel mercato del lavoro. Tab. 32 Fattori caratteristici della spesa pensionistica nell intervallo tra il 2007 e il 2060 (in percentuale sul PIL) 81 Come nel resto dell Unione Europea, anche in Germania il fattore demografico contribuirà a far crescere la spesa sulle pensioni in futuro. Così anche il numero complessivo di pensionati tenderebbe ad aumentare di circa venti punti percentuali, pur considerando che la popolazione mondiale, invece, dovrebbe seguire una tendenza opposta, subendo una diminuzione di circa tre punti percentuali e l occupazione a sua volta un calo attestabile attorno al sei per cento. Nella Tabella 33 è reso evidente come il rinvio del pensionamento e la crescita della popolazione anziana contribuiscano a far crescere il numero dei pensionati, stabilizzandosi solo dal 2030 quando l età di pensionamento sarà uguale per tutti. A sua volta l allungamento del periodo di attività lavorativa comporta un maggiore numero di contribuenti rispetto al passato (con molti più anziani che persistono nel mercato del lavoro) ed entro il 2020 si manifesteranno gli effetti della sostituzione da parte dei giovani, che rappresenteranno un numero minore rispetto all ammontare di persone anziane presenti nel sistema. 80 Rapporto tra la popolazione in età lavorativa (15-64 anni) e la popolazione attiva. 81 AWG (2009), Pension schemes and pension projections in the EU-27 Member States Volume 1-2, AWG, Bruxelles 55

56 Tab. 33 Ammontare di contribuenti e pensionati nel modello tedesco espresso in migliaia e relativi tassi 82 Pure in Germania, l insostenibilità finanziaria del sistema previdenziale si potrebbe manifestare a partire dal 2030 con il pensionamento della coorte dei baby-boomers. Tab. 34 Spesa per pensioni (sotto diverse ipotesi) 83 Tab. 35 Comparazione della spesa pensionistica nei tre periodi d analisi (2001, 2006, 2009) 84 In Tabella 35 si trova conferma che l analisi fatta nel 2006 differisce in maniera sostanziale da quella svolta nel Questo perché s ipotizza una crescita dell aspettativa di vita molto più rapida ed essendo state ridotte le previsioni riguardo alla migrazione (più del 20%). 82 AWG (2009), Pension schemes and pension projections in the EU-27 Member States Volume 1-2, AWG, Bruxelles 83 AWG (2009), Pension schemes and pension projections in the EU-27 Member States Volume 1-2, AWG, Bruxelles 84 AWG (2009), Pension schemes and pension projections in the EU-27 Member States Volume 1-2, AWG, Bruxelles 56

57 La spesa pensionistica è comunque in miglioramento nell analisi 2009, rispetto alle previsioni fatte nel Previsioni sulla spesa pensionistica inglese La spesa per pensioni tende ad aumentare anche nel Regno Unito. Si stima, infatti, che la spesa sul PIL passi dal 6,6% al 9,3% del 2060 (Tabella 36). Dalla Tabella 37 invece, si può osservare che i cambiamenti si riferiranno soprattutto all incremento relativo del numero di pensionati (tasso di dipendenza) e una loro maggiore partecipazione nel mercato del lavoro. Tab. 36 Spesa pensionistica in percentuale sul PIL nel Regno Unito 85 Tab. 37 Fattori determinanti della spesa pensionistica in percentuale sul PIL nel Regno Unito 86 Tale fatto trova conferma anche nella Tabella 38, in cui si può verificare la crescita del numero di pensionati. Con l incremento previsto dell età di pensionamento per le donne (a 65 anni) entro il 2020 e a 68 anni per entrambi 85 AWG (2009), Pension schemes and pension projections in the EU-27 Member States Volume 1-2, AWG, Bruxelles 86 AWG (2009), Pension schemes and pension projections in the EU-27 Member States Volume 1-2, AWG, Bruxelles 57

58 i sessi entro il 2046, la proporzione di persone che percepisce la pensione statale (con età inferiore), subirà un calo notevole. Tab. 38 Ammontare pensionati, contribuenti e relativi tassi: Regno Unito 87 Ipotesi di scenario (Tabella 39): maggiore tasso d interesse; assenza di migrazione: ciò comporta una diminuzione nel rapporto tra popolazione attiva e pensionati; crescita tasso di occupazione generale (1%) e degli anziani (5%) e minore disoccupazione; ciò comporta un incremento nei diritti sulle pensioni; incremento dell aspettativa di vita (1 anno nel 2060); maggiore crescita della produttività (0,25 all anno). Tab. 39 Spesa pensionistica sotto diverse ipotesi 88 Infine, come si può vedere in Tabella 40, l incremento dell età di pensionamento ha ridotto la spesa per pensioni, fatto compensato dalla differenza nel tasso di dipendenza nelle proiezioni svolte da EUROSTAT nel 2006 e AWG (2009), Pension schemes and pension projections in the EU-27 Member States Volume 1-2, AWG, Bruxelles 88 AWG (2009), Pension schemes and pension projections in the EU-27 Member States Volume 1-2, AWG, Bruxelles 58

59 1.7.4 Proiezioni svedesi Tab. 40 Confronto tra le diverse previsioni 89 La spesa per pensioni in Svezia (per quanto concerne le pensioni di base) dovrebbe passare dal 9,3% al 9,4% con una crescita marginare della spesa del 0,1%. Ciò è spiegato dalla maggiore importanza attribuita alle forme previdenziali (occupazionali) offerte sul posto di lavoro. Difatti il maggiore tasso di partecipazione delle donne nel mercato del lavoro (cominciato soprattutto dal 1995), si protrarrà sotto forma di maggiore spesa sul PIL fino al 2030, momento in cui comincerà a prevalere l effetto d invecchiamento della popolazione. Il tasso di adesione a forme obbligatorie rimarrebbe così inalterato fino al 2060, a causa della riduzione del risparmio da parte della popolazione, da svantaggi fiscali e da forme di concorrenza agguerrita. Dalla Tabella 41 si può costatare un inversione di tendenza rispetto al passato, con una maggiore adesione ad alcune forme pensionistiche (quali il pensionamento anticipato o posticipato) e una corrispondente riduzione del consenso ad altre forme pensionistiche. Tab. 41 Ripartizione spesa per pensioni: Svezia sul PIL AWG (2009), Pension schemes and pension projections in the EU-27 Member States Volume 1-2, AWG, Bruxelles 90 AWG (2009), Pension schemes and pension projections in the EU-27 Member States Volume 1-2, AWG, Bruxelles 59

60 Come per gli altri paesi vanno considerati i quattro indici sopra elencati (tasso di dipendenza, tasso di convergenza, tasso dei benefici e tasso di occupazione inverso Tabella 42) per capire come varierà la spesa pensionistica. L unico fattore che influenza la crescita in maniera rilevante è, come per il Regno Unito, il tasso di dipendenza che è più alto fino al Lo studio di settore afferma che il tasso di dipendenza fino al 2050 decrescerà gradualmente e subirà un nuovo rialzo nell ultimo decennio analizzato ( ). Tale fatto è spiegabile dall allungamento dell aspettativa di vita della popolazione svedese. A loro volta anche i tassi di migrazione, la fertilità e la popolazione sono in crescita, mentre il tasso di copertura diminuirà a seguito di un maggiore numero di persone, che decide di rinviare il momento del pensionamento. Tab. 42 Le determinanti della spesa pensionistica svedese 91 Come già affermato in precedenza, l incremento del numero di pensionati aumenterà del 76% e sarà accompagnato da una crescita sia dell occupazione per un tasso pari all otto per cento che da un aumento dei contribuenti pari al 5%. Il tasso di supporto invece calerà dell 1,03% (da 2,57% all 1,54%) 92. Al contrario, in Tabella 43 si può verificare un dato apparentemente strano: il numero di contribuenti è superiore al numero dei dipendenti. Ciò si deduce dal fatto che un certo ammontare va a carico dello Stato per pagare le pensioni derivanti dall assistenza sociale che considera l invalidità, la cassa integrazione e il congedo parentale. Inoltre, si ricava come il numero di pensionati superi in maniera considerevole il numero di persone con più di 65 anni, questo perché il calcolo delle 91 AWG (2009), Pension schemes and pension projections in the EU-27 Member States Volume 1-2, AWG, Bruxelles 92 AWG (2009), Pension schemes and pension projections in the EU-27 Member States Volume 1-2, AWG, Bruxelles 60

61 pensioni in Svezia tiene conto delle persone destinatarie di pensioni per superstiti e per disabilità, nonché degli individui che pur percependo pensioni in Svezia, abitano all estero: ciò spiega anche l assenza di migrazione (pensionati pari a 2,9 milioni). Il sistema pensionistico svedese è caratterizzato da un elemento molto importante. Infatti, dagli anni 60 a oggi, il sistema è stato in grado di accumulare un montante rilevante. Questo giacché i contributi erano e continueranno a essere superiori alla spesa (comprese le spese amministrative). Da tale ammontare, il 30% è stato trasferito al Governo per la copertura degli obblighi di gestione e la parte restante è stata mantenuta quale buffer (ammortizzatore - mediante la costituzione di un Fondo inserito a sua volta nel sistema previdenziale) per far fronte a imprevedibili cambi demografici che probabilmente si manifesteranno in futuro. Tab. 43 Le determinanti della spesa pensionistica svedese 93 A seguito di una decisione governativa risalente al 2001, fu permesso al Fondo di investire una percentuale maggiore nel mercato azionario con una conseguente riduzione della componente consolidata del Fondo e a un corrispondente aumento di quella non consolidata. Lo scenario che prevede l assenza di migrazione, rappresenta la variazione più importante rispetto al caso base. Infatti, considerando ciò, il tasso è superiore di 1,60 punti percentuali in termini di spesa sul PIL. Uno dei motivi potrebbe essere l aumento relativo del numero di pensionati rispetto ai lavoratori. Un altro presupposto è che la pensione pubblica sta crescendo, (indicizzati ai 93 AWG (2009), Pension schemes and pension projections in the EU-27 Member States Volume 1-2, AWG, Bruxelles 61

62 salari medi), mentre i contributi sono legati all aumento della somma dei salari, che a loro volta dipendono dal livello di occupazione. Nel mondo reale i risultati dovrebbero essere diversi considerando il meccanismo automatico di bilanciamento. Nelle simulazioni del modello attuale però questo meccanismo non è considerato, ma se venisse implementato, l indicizzazione sarebbe minore e di conseguenza l ammontare delle pensioni erogate si ridurrebbe fino a recuperare la stabilità finanziaria. Anche gli altri elementi che costituiscono le pensioni richiedono attenzioni. La ragione dell incremento della quota sul PIL, è da attribuire all aumento delle pensioni a premio e di quelle pubbliche - professionali. I Fondi individuali otterranno un rendimento di mercato, ciò vuol dire che il tasso d interesse è maggiore e comporta a sua volta pensioni più generose. Tab. 44 Le proiezioni svedesi sotto diverse ipotesi 94 Finché il tasso d interesse è superiore alla crescita del reddito, la pensione a premio crescerà in misura maggiore rispetto al PIL. Gli effetti minori all interno dello scenario (che prevede una maggiore aspettativa di vita), richiedono che la pensione pubblica, nonché i redditi derivanti da piani occupazionali e complementari siano regolati su base attuariale in modo da compensare l aumento della longevità. 94 AWG (2009), Pension schemes and pension projections in the EU-27 Member States Volume 1-2, AWG, Bruxelles 62

63 Nel momento in cui le pensioni attuariali caleranno, allora le pensioni di base, e le forme di previdenza assistenziale aumenteranno e questo spiega l aumento della spesa per pensioni sul PIL. Nello scenario in cui s ipotizza una maggiore produttività del lavoro così come negli scenari di maggiore occupazione, la crescita del reddito si traduce in redditi da pensioni maggiori (con un tasso di crescita pari al ritmo di crescita del PIL). Tab. 45 Differenze tra le varie analisi fatte negli anni 95 Rispetto al 2006 le proiezioni della spesa sul PIL nel 2009 sono notevolmente inferiori. Il calo del PIL fino al 2050 è in larga misura dovuto alla riclassificazione dei sistemi pensionistici che prevedono la capitalizzazione dei premi passati dai conti nazionali governativi al settore privato e ciò spiega la riduzione del tasso dei benefici. Rispetto al 2006 le variazioni del tasso di dipendenza, il rapporto di copertura e gli effetti sull occupazione risultano essersi ridotte e sono non sono ancora state realizzate riforme che possano comportare nell immediato futuro radicali cambiamenti dello scenario su esposto Riduzione delle prestazioni pensionistiche. Perché? A seguito delle recenti riforme, fatte dai paesi appartenenti all OECD 97 negli ultimi anni, si è arrivati a ottenere una riduzione delle prestazioni pensionistiche (circa del 22% per gli uomini e 25% per le donne). Questa è una conseguenza al manifestarsi ed evolversi di diverse situazioni, che richiedono una modifica del pensiero originario. Si richiede quindi di investire 95 AWG (2009), Pension schemes and pension projections in the EU-27 Member States Volume 1-2, AWG, Bruxelles 96 AWG (2009), Pension schemes and pension projections in the EU-27 Member States Volume 1-2, AWG, Bruxelles 97 OECD = OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) 63

64 maggiormente in Fondi complementari e di rinviare il più possibile nel tempo il momento del pensionamento. Ciò andrà fatto in risposta alle minori prestazioni concesse in futuro, rispetto a quelle fornite impiegando le vecchie modalità di calcolo. Aiuta a tal punto cercare di creare le premesse per comprendere quali siano i motivi: se si osserva la Tabella 46, si può costatare il tasso di sostituzione 98 per chi comincia a lavorare nel 2004 e che va in pensione secondo le normali condizioni di pensionamento 99. Tab Tasso di sostituzione lordo previsto nei regimi pensionistici obbligatori per un lavoratore medio e la differenza rispetto al tasso di sostituzione medio dell OECD Nella Tabella 46 c è uno slittamento a coppie dei quattro paesi oggetto di analisi in questo lavoro. I tassi di sostituzione di Germania e Regno Unito (31%) sono nettamente inferiori rispetto a quelli di Svezia e Italia. Questi ultimi due paesi mostrano un tasso superiore alla media dei 30 paesi appartenenti all OECD (pari a circa 59%). È interessante notare come non 98 Misura la relazione tra il reddito percepito in pensione e quello percepito durante la vita lavorativa. Esso viene usato per comparare e analizzare le differenze tra diversi stati. 99 Antolìn P., Whitehouse E. (gennaio 2009), Filling the pension gap: coverage and value of voluntary retirement savings, OECD, Parigi 64

65 esista, in effetti, un livello del tasso di sostituzione ritenuto ottimale, pur essendo influenzato da moltissimi fattori. Ed è questo il motivo per cui il tasso di sostituzione preso come riferimento da parte dell OECD è il tasso medio di tutti i paesi appartenenti all area OCSE (denominato pension gap), parametrato alle regole e alle leggi attuate fino al 2004 e che stanno entrando in vigore gradualmente. La Tabella 46 conferma il fatto per cui i tassi di sostituzione dei lavoratori che percepiscono un reddito medio sono inferiori al valore medio EU sia nel Regno Unito sia in Germania 100. Tab Percentuali di contribuzione necessaria a colmare il pension gap La Tabella 47 mostra la percentuale di reddito che un lavoratore medio dovrebbe investire in un Fondo per colmare il pension gap. Il Regno Unito presenta il divario maggiore e quindi tassi di contribuzione necessari alla copertura, più alti. Anche in Germania la percentuale di contribuzione per ciascun lavoratore è fissata a un tasso del 4,8% dello stipendio. In questa tabella non appaiono però Italia e Svezia, paesi che (come già detto) mostrano un tasso di sostituzione superiore alla media presente nell area 100 Antolìn P., Whitehouse E. (gennaio 2009), Filling the pension gap: coverage and value of voluntary retirement savings, OECD, Parigi 65

66 OECD. Va aggiunto che i tassi di sostituzione variano al variare del reddito individuale. Infatti, chi percepisce un reddito minore dovrebbero tenere a mente, che investire in un Fondo previdenziale è di fondamentale importanza (con tassi di contribuzione alti) per potersi garantire un reddito sufficiente a soddisfare i propri bisogni. Raffrontando i due grafici presenti in Figura 17, si può osservare come il pension gap aumenti in alcuni paesi all aumentare del salario (nel grafico di sinistra) e come accada l opposto nel grafico a destra 101. Fig Redditi individuali e pension gap I lavoratori che percepiscono il 50% del salario medio hanno un tasso medio di sostituzione pari al 73%, rispetto al 59% per coloro che percepiscono un reddito medio. Raddoppiando il livello di retribuzione media, il tasso di sostituzione scende al 49%. I sistemi pensionistici in vigore nella stragrande maggioranza dei paesi evidenziano tale fatto, mentre in otto paesi sussiste un leggero scostamento 101 Antolìn P., Whitehouse E. (gennaio 2009), Filling the pension gap: coverage and value of voluntary retirement savings, OECD, Parigi 66

67 dei tassi di sostituzione a diversi livelli di salario. La Figura 17 mostra come nel Regno Unito ci sia una forte componente preferenziale da parte della popolazione. In un analisi dell OECD è stato chiesto ad alcune persone se preferissero percepire un reddito (a livello di famiglia) pensionistico minore, maggiore o mantenere il livello reddituale attuale. Dall inchiesta è emerso che il 93% delle persone più povere, sia favorevole ad avere (considerando le spese collegate) un tasso di sostituzione superiore al 100%. Mentre oltre l 80% delle persone benestanti preferirebbe ricevere un reddito da pensione più basso rispetto a quello percepito durante l età lavorativa (Figura 18) 102. Fig Preferenze di reddito da pensionamento: Regno Unito Infatti, la Tabella 48 mostra come la copertura raggiunga il picco di contribuzione in Germania e nel Regno Unito, nei rispettivi intervalli a e anni con leggeri scostamenti. La ragione di queste divergenze potrebbero essere le diverse mentalità. Sono soprattutto i giovani che accedono a tali forme di previdenza; questo perché i giovani sono più informati e interessati, mentre gli anziani sono scettici riguardo alla 102 Antolìn P., Whitehouse E. (gennaio 2009), Filling the pension gap: coverage and value of voluntary retirement savings, OECD, Parigi 67

68 possibilità di investire in strumenti ritenuti rischiosi, il proprio denaro per il quale hanno fatto tanti sacrifici lavorando duramente. Un ulteriore motivo dei bassi tassi di copertura potrebbe esser dato dalla possibilità di andare in pensione prima grazie al fatto che i lavoratori hanno accumulato capitale con forme previdenziali alternative 103. Tab Tassi di contribuzione per classi di età in percentuale sull intera forza lavoro nelle forme previdenziali complementari: Germania e Regno Unito L obiettivo di tutti i paesi deve essere quello di spostare il proprio sforzo sulla pubblicizzazione di forme pensionistiche complementari; questo perché i vari Governi premono a ridurre l esposizione verso il primo pilastro, riducendo così la spesa pensionistica che grava sui bilanci. Tale possibilità è interessante soprattutto per i lavoratori con un reddito più basso ed è d obbligo per coloro 103 Antolìn P., Whitehouse E. (gennaio 2009), Filling the pension gap: coverage and value of voluntary retirement savings, OECD, Parigi 68

69 che si affacciano per la prima volta al mercato del lavoro. Ciò diventa tanto più importante, quanto più un individuo desideri mantenere il proprio standard di vita al momento del pensionamento. Però secondo quanto esposto, la decisione è molto soggettiva; non si può affermare con assoluta certezza che ogni persona debba accedere a una forma pensionistica complementare. Sono molti, infatti, i fattori che influenzano tale decisione portando a risultati contrastanti e differenti 104. Questo è il motivo per cui i Governi di tutto il mondo devono continuare a lavorare per fornire maggiori informazioni e strumenti variegati, rinnovando le loro politiche e incoraggiando le persone ad aderire a forme previdenziali appartenenti al secondo pilastro. La coercizione è un modo molto usato da parte dei Governi per indurre le persone a investire in questi strumenti. Essa si manifesta, per esempio, mediante un offerta di rendimenti più alti o benefici fiscali o come già accennato concentrandosi sull aumento della consapevolezza e conoscenza in campo finanziario delle persone. Così facendo i tassi di contribuzione e la loro distribuzione dovrebbero essere più uniformi in termini di età e di reddito. Esistono paesi in cui si è sempre aderito in maniera maggiore rispetto ad altri; in questi paesi i Governi hanno esercitato pressioni, rendendo obbligatoria la contribuzione al pilastro integrativo (dovere dei datori di lavoro a versare contributi per i loro dipendenti), mentre in altri paesi come in Svezia la previdenza complementare è stata adottata come alternativa al primo pilastro. In Svezia i tassi di contribuzione coprono più dell 85% dei dipendenti. L evoluzione dei sistemi pensionistici nelle imprese ha portato a tassi di contribuzione più alti anche in paesi come la Germania. Mediante le forzature lo Stato può aiutare i lavoratori a pensare al loro futuro, soprattutto perché tanti lavoratori non pensano a quello che sarà domani e in futuro, potrebbero trovarsi in una situazione poco piacevole se non si dovessero trovare ad aver risparmiato lungo la loro vita lavorativa quando ancora sarebbe stato possibile. Cosi facendo si eviterebbe quindi di creare delle situazioni sociali poco efficienti sia per il lavoratore, che per lo Stato, il quale si potrebbe 104 Antolìn P., Whitehouse E. (gennaio 2009), Filling the pension gap: coverage and value of voluntary retirement savings, OECD, Parigi 69

70 trovare in una situazione in cui deve sostenere chi ha agito in maniera irresponsabile. Tab Redditi pensionati in percentuale sui redditi percepiti nei paesi OCSE L argomento principale che potrebbe indurre a costringere le persone, è dato dall eventuale rammarico di non aver risparmiato abbastanza per la pensione quando erano più giovani e avrebbero avuto tutte le possibilità per agire in tal senso. Mediante la coercizione lo Stato vuole raggiungere un tasso di sostituzione obiettivo (che può variare al variare del salario o meno) in maniera tale da permettere alle persone di raggiungere e ottenere un reddito da pensione (80-90% dell ultimo salario percepito) mediante la pensione pubblica e/o mediante piani pensionistici complementari. La Tabella 49 conferma come la popolazione pensi a godersi il reddito percepito oggi e non pensi al proprio futuro e a quello che sarà al momento 70

71 del pensionamento, perché ritenuto ancora lontano 105. Tuttavia, la paura emergente tra i giovani, sul fatto che ci potrebbe essere un minore impegno da parte dei datori di lavoro nel perseguire i propri doveri finanziari, li ha spinti a investire in piani complementari (soprattutto in piani a contribuzione definita) con maggiore convinzione. Vanno comunque considerate le inefficienze che derivano da tali politiche. Il fatto di costringere le persone a versare una parte del loro reddito può compromettere il benessere del lavoratore; infatti, il tasso di contribuzione imposto dallo Stato potrebbe ritirare reddito alle famiglie, utile in alternativa a sostenere nella crescita i propri figli o seguire i propri sogni (aprirsi un attività o comprarsi una casa), e questa costrizione potrebbe apparire come un ulteriore forma di tassazione, disincentivando, di fatto, le persone a lavorare. Dall altro lato si potrebbe manifestare un effetto opposto nel momento in cui il tasso scelto risulti troppo basso rispetto al tasso attuale di contribuzione 106. Le recenti riforme delle pensioni rilevano la crescente importanza del secondo pilastro in futuro. In Svezia, come si vedrà nel Capitolo Quarto, sono state introdotte delle forme pensionistiche complementari e obbligatorie in sostituzione alla pensione pubblica con regimi pensionistici privati quasi obbligatori, perché gli accordi industriali garantiscono la copertura di almeno l 80% o più della forza lavoro. Nel Capitolo Quinto si vedrà come nel Regno Unito, il ruolo del settore privato nella fornitura di parte della pensione obbligatoria risalga al 1980 o a riforme precedenti. In Germania, invece, i tagli alle pensioni pubbliche hanno come fine quello di compensare l impatto derivante da redditi pensionistici molto più bassi. Infine, va aggiunto che molti paesi hanno da qualche tempo avviato un ampia copertura delle forme previdenziali private volontarie a causa del basso livello 105 Antolìn P., Whitehouse E. (gennaio 2009), Filling the pension gap: coverage and value of voluntary retirement savings, OECD, Parigi 106 Antolìn P., Whitehouse E. (gennaio 2009), Filling the pension gap: coverage and value of voluntary retirement savings, OECD, Parigi 71

72 delle pensioni pubbliche, in particolare per le fasce medie e superiori. Gli esempi includono fra l altro il Regno Unito e gli Stati Uniti, dove le pensioni private coprono adesso il 40% o più dei dipendenti. Simili gradi di copertura sono stati raggiunti anche in Germania. Infine, in Italia si è cominciato a introdurre forme di risparmio gestito in misura controllata (lo Stato mette a disposizione solo il TFR), con il fine di ridurre il proprio impegno che porterebbe a un alleggerimento della voce debito pubblico. 1.9 Le forme pensionistiche complementari La Tabella 50 evidenzia i cinque paesi OCSE che hanno privatizzato in misura maggiore, parte dei loro regimi pensionistici. Da tale tabella emerge come le riforme abbiano influenzato la composizione del livello della pensione media e il benessere (cioè il flusso scontato dei pagamenti medi effettuati in futuro) derivante da fonti pubbliche e private. Il cambiamento più radicale è avvenuto in Messico, dove tutto il sistema previdenziale era su base pubblica prima della riforma e oggi la componente pubblica ricopre solo più una parte residuale (anche se ci vorranno ancora decenni prima che il sistema entri completamente a regime). Gli altri paesi (Polonia, Ungheria e Slovacchia) hanno a loro volta avuto prima della riforma, un sistema interamente pubblico passando di seguito a un sistema misto. Il capitale da pensione in Slovacchia e Polonia sarà erogato mediante il settore privato mentre i conti pubblici continueranno a ricoprire oltre il 60%. 72

73 Tab Bilanciamento della contribuzione tra sistemi pubblici e privati La Svezia si distingue da questo gruppo di paesi, poiché gli schemi privati basati sul datore di lavoro hanno da sempre ricoperto un ruolo importante nella previdenza sociale, però a differenza degli altri paesi raffigurati in Tabella 50, si è da sempre data maggiore attenzione a forme di risparmio alternativo. A seguito della riforma delle pensioni, la componente privata è aumentata di poco meno del 50% di quanto promesso La pensione complementare dopo la crisi finanziaria: un analisi comparata L OECD ha realizzato uno studio sullo stato attuale dei Fondi complementari per quanto riguarda l area EU-27. Recentemente il comparto complementare ha assunto un ruolo sempre più rilevante con la diminuzione del sostentamento da parte dello Stato nelle politiche di riforma dei paesi studiati. Nel Capitolo Secondo saranno descritti gli elementi che caratterizzano il sistema previdenziale italiano e le opportunità alle quali i 73

74 singoli lavoratori possono attingere. Come già scritto, i Fondi pensione, cioè l intero comparto che si concentra su forme pensionistiche integrative, esistono e sono utilizzati da persone appartenenti a tutti i paesi del mondo. Si vuole passare quindi, a un analisi comparata, volta a verificare le differenze o similitudini dei paesi oggetto di questo lavoro e di vedere come il mercato del comparto privato ha reagito alla recente crisi finanziaria. Nella prima metà del 2009 i Fondi pensione hanno recuperato circa il 30% delle perdite subite durante la crisi del 2008 e le crescite in termini di rendimento, per il 2009 si sono attestate a una media del 3,5% (in termini nominali) che ha continuato a crescere lungo l intero Osservando i prospetti annuali delle SGR si può verificare che coloro che hanno investito in Fondi pensione nel 2007 hanno subito al 30 giugno una perdita pari al 14% e ci vorrà molto più tempo per recuperare le perdite causate dal ciclone finanziario del Bisogna porre l accento su strumenti quali i PAC (visti in precedenza), che permettono di ridurre gli effetti derivanti dalle oscillazioni di mercato 107. La recente crisi ha mostrato i limiti che contraddistinguono tali sistemi; infatti, essendo legati ai mercati finanziari, risentono delle variazioni giornaliere. Osservando l intero scenario nel breve periodo si ottiene un immagine che è distorta in termini di rendimento dei Fondi stessi. A titolo di esempio, il rendimento medio nominale degli ultimi 15 anni in Svezia è stato pari al 7,2% (5,3% in termini reali). Le perdite maggiori si sono manifestate in quei paesi in cui il patrimonio copre almeno un terzo del capitale investito. Per esempio il Regno Unito (come si può vedere dalla Figura 19) aveva un esposizione notevole, fatto che ha avuto come conseguenza una perdita, pari a circa il 46%, mentre nel 2007 si era stati in grado di registrare un utile del 57% OECD (2009), Pension markets in focus, OECD, Parigi 108 OECD (2009), Pension markets in focus, OECD, Parigi 74

75 Fig Tasso di rendimento dei fondi pensione nei paesi OECD Tali rendimenti sono, però a loro volta legati alla composizione dei Fondi pensione stessi. Nei Fondi in cui s investe gran parte del capitale in titoli di Stato, le perdite sono state modeste. Al mese di dicembre del 2008, in 13 paesi appartenenti all OECD, più del 50% degli investimenti erano stati fatti in titoli di Stato (come si vede in Figura 20). Da quanto si evince sempre dalla Figura 20, si può verificare come tale affermazione corrisponda totalmente per Germania e Italia, paesi che tendono a investire esclusivamente in titoli di Stato. Anche in Svezia a sua volta si può notare una forte propensione a investire in titoli garantistici, mentre nel Regno Unito si tende a investire maggiormente in comparti rischiosi. A seguito del crollo dei Fondi (con maggiori ripercussioni sulla categoria soprattutto azionaria), si è vista una drastica riduzione dell esposizione al rischio, con alcune persone che sono passate a comparti e categorie di Fondi 75

76 meno rischiosi (pari a circa il 10% sul totale) 109. Fig Composizione degli asset: paesi OECD Emerge comunque un fatto interessante: a seguito della crisi finanziaria si è visto in alcuni paesi l intensificarsi d investimenti all interno di Fondi più rischiosi, questo perché si è manifestata una diversificazione a livello mondiale, sono emersi strumenti derivati volti a coprire i rischi del passivo e dell attivo e persevera l esposizione a prodotti quali gli hedge funds, il private equity e infrastrutture. Circa il 60% degli investimenti compiuti nell area OECD, si riferiscono a Fondi con prestazioni garantite o Fondi che offrono un certo rendimento. A seguito del rialzo dei tassi di mercato nel 2009, la percentuale investita in Fondi a prestazioni garantite è rimasto modesto. 109 OECD (2009), Pension markets in focus, OECD, Parigi 76

77 La maggior parte delle perdite subite dai Fondi pensione garantistici, sono state compensate in parte in alcuni paesi, dalla corrispondente diminuzione del livello delle obbligazioni a prestazioni garantite, dovuto a sua volta all aumento dei rendimenti delle obbligazioni societarie utilizzate ai fini della valutazione. Per quanto riguarda invece i Fondi previsti per le pensioni pubbliche (pur avendo subito una brusca frenata nel 2008), la tendenza da parte dei paesi appartenenti all OECD è stata quella di continuare a investire in tali strumenti. Infatti, alla fine del 2008 gli investimenti nei Fondi di previdenza occupazionali dei vari paesi sono aumentati a 4,3 trilioni di dollari rispetto ai 4,1 trilioni del Questo è sicuramente un segnale forte, volto a dimostrare che la pensione integrativa gioca e giocherà sempre più un ruolo fondamentale per i lavoratori che intendono assicurarsi degli assegni pensionistici adeguati. Tab Tasso di rendimento dei Fondi pensione in alcuni paesi OECD Osservando i dati della Tabella 51, si può vedere come in Svezia si punti fortemente alla prevenzione. Infatti, essa figura tra i paesi, insieme al Giappone e Corea, che investono maggiormente in forme d investimento alternative. L errore forse più grave che può essere commesso dai paesi appartenenti all OECD, è quello di considerare i Fondi pensionistici offerti dalle varie imprese solo come uno sperpero di denaro. I rendimenti ottenuti durante la 77

78 crisi finanziaria variarono in maniera importante se si studia l andamento nei vari paesi. Gli impatti maggiori si sono verificati in quei paesi con Fondi costituiti largamente da azioni 110. Comparando le Figure 21 e 22 si dimostra ciò che si è esposto sopra, cioè che si sono viste il maggior numero di perdite (si veda la Svezia) nei paesi in cui si punta molto sui comparti azionari, mentre in altri paesi come la Spagna si sono visti rendimenti positivi, dato che l intero ammontare è stato investito in titoli di Stato 111. Fig Tasso di rendimento percentuale dei Fondi in alcuni paesi OECD 110 OECD (2009), Pension markets in focus, OECD, Parigi 111 OECD (2009), Pension markets in focus, OECD, Parigi 78

79 Fig. 22 Composizione Fondi pensione in alcuni paesi OECD I Fondi sono entrati in crisi nel momento in cui i Governi si sono offerti a loro per aiutarli, alleviando l impatto della crisi finanziaria 112. In Irlanda, per esempio il Parlamento ha approvato l uso del 25% del Fondo di riserva per ricapitalizzare le banche nazionali. La quota azionaria dei Fondi pensione si è molto ridotta nel biennio 2007/2008. Ad esempio, il Canadian Pension Plan (CPP) ha visto ridurre la sua ripartizione dal 57,9% del 2007 al 27% nel 2008 e in Irlanda dal 72,1% al 59,8%, mentre sono aumentate nello stesso intervallo le assegnazioni ai titoli di Stato e alle obbligazioni 113. L OECD, comitato per l assicurazione e del sistema pensionistico privato ha tracciato delle linee giuda, sottolineando le priorità sulle quali intervenire: evitare finanziamenti mediante Fondi pensione statali, di iniziative a supporto di crisi: può succedere che ci sia la tentazione di compiere finanziamenti per sostenere iniziative di Crisis Management e per 112 OECD (2009), Pension markets in focus, OECD, Parigi 113 OECD (2009), Pension markets in focus, OECD, Parigi 79

80 questo è ricorrente l impiego di capitale volto a sostenere i piani fiscali, e nelle banche si tendono a usare Fondi non legati a strutture di gonvernance governative. Ciò comporta una probabile difficoltà nel finanziamento futuro del debito pubblico, minando di conseguenza la fiducia dei lavoratori negli schemi pensionistici. Dall altra parte tali politiche rafforzano l incentivo del singolo lavoratore a pensare a sistemi pensionistici privati e integrativi, riducendo i benefici per la gestione delle crisi; rafforzare la fiducia nei sistemi di pensione complementare: a causa del rischio di mercato, si potrebbe esercitare pressione sui lavoratori presenti sul mercato del lavoro per convincerli a ritirarsi dai sistemi privati con il fine di ottenere delle condizioni più favorevoli nei sistemi pubblici. Il migliore approccio nel lungo periodo è di ricorrere a un sistema diversificato, che comprenda entrambe le fonti (pubblica e privata) di reddito e una combinazione tra un modello Pay-as-you-go e un finanziamento in asset. È a sua volta necessario l intervento da parte dello Stato il quale deve tentare di ridurre le asimmetrie informative e contributive a evitare l emergere di panico fornendo una visione di lungo periodo 114 ; tolleranza temporanea per qualsiasi tipo di finanziamento: le perdite derivanti dagli investimenti nei piani pensionistici costringerà molte imprese ad aumentare i propri contributi. Le società risentono in misura maggiore delle condizioni di stress attuali, giacché i livelli di contribuzione sono spesso elevati a seguito delle perdite subite nel biennio Alcuni paesi (per esempio Canada, Irlanda e Olanda) hanno già fornito misure idonee a garantire il sollievo necessario, consentendo ad alcuni mezzi di tornare a percepire livelli di sovvenzione adeguati. È quindi necessario che qualsiasi forma di tolleranza sia soltanto temporanea, cosicché si possano garantire le prestazioni; 114 OECD (2009), The Financial Crisis-Reform and exit strategies, OECD, Parigi 80

81 riconsiderare i requisiti delle prestazioni statuarie: in alcuni paesi (ad esempio in Belgio e Svizzera) i Fondi pensione devono garantire un certo rendimento. Nel contesto attuale, tali requisiti potrebbero favorire una gestione imprudente del portafoglio (infatti, si potrebbe fissare il conseguimento di obiettivi irrealistici). I requisiti adottati dai paesi dovrebbero quindi essere più flessibili in questo periodo di difficoltà in cui non si è in grado di far fronte alle condizioni di mercato o sarebbe opportuno sostituirli con benchmark basati sul mercato; rafforzare la gestione dei Fondi pensione: la riforma è garantita prima che si manifestasse la crisi attuale, però la gestione dei Fondi diventa oggi ancora più importante. Proprio per questo è necessario un maggiore monitoraggio dei rischi d investimento, delle prestazioni e dei bilanci. I gestori dei sistemi pensionistici dovrebbero avere una maggiore conoscenza dei problemi di gestione finanziaria e dovrebbero includere nei loro team un numero maggiore di esperti indipendenti 115 ; consolidare i Fondi pensione di dimensioni ridotte: questi tipi di Fondi, spesso hanno meccanismi di governance deboli e sono molto costosi nel controllo e nella gestione. In alcuni casi, il consolidamento contribuirebbe a raggiungere un equilibrio più efficiente tra le dimensioni e la governante; rivedere i regolamenti che appesantiscono il ciclo economico: in alcuni paesi (Svezia, Danimarca, Finlandia, Olanda), i regolamenti sono disegnati in maniera tale da proteggere i partecipanti nella percezione dei benefici legati al piano. Tali regolamentazioni possono contribuire a forzare la vendita di attività sul mercato (in calo), possono bloccare le perdite e abbassare ulteriormente i prezzi. Questo effetto è stato accentuato dalla contabilità di mercato e dal perseguimento della politica legata al livello minimo di finanziamento all interno di progetti e investimenti rischiosi. Le misure correttive, come l aumento dei contributi e l abbassamento delle prestazioni, sono necessarie per ripristinare i livelli di finanziamento ritenuti ottimali con ripercussioni 115 OECD (2009), The Financial Crisis-Reform and exit strategies, OECD, Parigi 81

82 macroeconomiche. Sarà quindi fondamentale introdurre requisiti di adeguatezza patrimoniale da parte delle banche, e inoltre sarebbe opportuno creare varie regole legate alle modalità di introduzione di norme di finanziamento anti-cicliche 116 ; riforma obbligatoria e default nei sistemi a contribuzione definita: i piani a contribuzione definita dovrebbe essere progettati in maniera tale da integrare, in maniera coerente, le fasi di accumulo e di pagamento nell anzianità. Spesso vengono inserite delle covenants 117 legate alla possibilità di default 118 delle attività o il capitale accumulato viene convertito in una rendita vitalizia. Il loro disegno dovrebbe tener conto della possibilità di scegliere la generosità del sistema pensionistico pubblico e il livello dei contributi. Per quanto riguarda la conversione, una questione chiave è come ridurre al minimo il rischio di timing per l acquisto di una rendita annuale. Introdurre la conversione obbligatoria può avere senso nel momento in cui il livello delle pensioni pubbliche è basso. Ma le conversioni forzate sono incompatibili con i principi della libertà di scelta e può imporre una sanzione pesante in condizioni, ora prevalenti, di un mercato povero. È necessaria quindi una maggiore flessibilità nei tempi d acquisto della rendita; rafforzare i programmi di educazione finanziaria per meglio comprendere le pensioni: la rapida crescita dei piani a contribuzione definita in molti paesi è una spiegazione del fatto, che gli individui percepiscono il rischio in maniera inferiore e sono disposti ad assumersi maggiore responsabilità. Nel momento in cui la popolazione gode di buona conoscenza degli argomenti in questione (cioè sono informati su modalità di funzionamento, adesione eccetera), sono in grado di prendere le decisioni migliori, contribuendo allo stesso tempo a un migliore funzionamento complessivo dei mercati finanziari 119 ; 116 OECD (2009), The Financial Crisis-Reform and exit strategies, OECD, Parigi 117 clausole 118 fallimento 119 OECD (2009), The Financial Crisis-Reform and exit strategies, OECD, Parigi 82

83 CAPITOLO SECONDO Evoluzione del sistema previdenziale in Italia. Premessa Nel capitolo precedente è stato mostrato come il continuo abbassamento del tasso di natalità in Europa e il conseguente invecchiamento della popolazione hanno portato tutti i paesi appartenenti all Unione Europea a intervenire con processi riformistici nei propri sistemi previdenziali. L obiettivo della Gran Bretagna è di aumentare dal 2010, la progressività del secondo pilastro. Italia e Svezia sono state le prime che hanno introdotto anche sul pilastro pubblico il metodo di calcolo delle prestazioni a contribuzione nozionale (si riceve ciò che si ha versato e in base alla vita media). Anche e soprattutto dopo la crisi finanziaria che tuttora scuote l Europa e in generale il mondo intero, i sistemi pensionistici si ritrovano al centro di numerose discussioni. Basta guardare al Regno Unito (appartenente al gruppo di paesi che vantano un sistema pensionistico maggiormente sviluppato) per capire che la crisi finanziaria non ha risparmiato nessuno, generando nuove necessità d intervento. Il tutto è stato preceduto da numerose riflessioni per capire come funzionasse il sistema e quali fossero gli interventi necessari per ovviare alla situazione attuale, cercando di renderla sostenibile e credibile agli occhi di tutti. Per questo motivo si stanno cercando risposte in termini di condizioni di fiducia, necessarie per realizzare un investimento in un sistema pensionistico altrimenti non sostenibile e poco realistico. Questo, infatti, è l elemento mediante cui si capisce quale sia la capacità di ogni singolo Governo di 83

84 realizzare il tanto desiderato collegamento tra i sistemi pubblici e privati, favorendo a loro volta l autoregolamentazione degli stessi. Quindi considerando che si prospettano riforme in paesi avanzati sotto questo punto di vista, è ovvio pensare al fatto che anche in Italia il sistema previdenziale (sistema comunque ritenuto non sostenibile nel futuro secondo stime effettuate dall OECD e AWG) va rivisto. Il problema consiste soprattutto nel generare le condizioni che rendano possibile l intervento. Stimoli in questa direzione sono arrivati direttamente dall attuale presidente degli Stati Uniti Barack Obama, il quale ha proposto la necessità di iscrivere obbligatoriamente e automaticamente al sistema pensionistico integrativo/ complementare chiunque lavori, indipendentemente dal fatto che i lavoratori prestino il proprio servizio presso grandi o medie imprese aggiungendo eventualmente le ferie e i permessi non goduti. Le riforme sono pertanto l argomento maggiormente trattato nelle riunioni, con il fine di ridurre la spesa pubblica risalita alle stelle a seguito della recente crisi finanziaria: tra i paesi appartenenti all area OCSE circa il sette per cento del PIL costituiva nel 2005 questa voce con tendenza ad aumentare la propria incidenza nel tempo a causa dell invecchiamento della popolazione. Come già affermato più volte, non è facile trovare una risposta definitiva per questo argomento, poiché si tratta di decisioni che toccano non solo l immediato (pressioni politiche) ma si protraggono nel tempo con effetti per nulla o difficilmente reversibili. Un problema assai importante è legato alla durata dell entrata a regime delle riforme effettuate. Infatti, pensando alle riforme fatte in Italia, gli anni stabiliti per l entrata a regime erano tantissimi (20/30 anni) e il rischio di vedersi rinviare nuovamente attuazioni e riforme necessarie nel tempo o ad altri governi è altissimo 120. In quest ottica gli avvenimenti intercorsi nel tempo con l aumento del debito pubblico e il continuo invecchiamento della popolazione hanno stimolato molti paesi a intervenire con riforme. Soprattutto i paesi appartenenti 120 Martin J.P., Whitehouse E. (2008), Reforming Retirement-Income Systems: Lessons from the Recent Experiences of OECD Countries, OECD, Parigi 84

85 all area OCSE sono intervenuti (hanno riformato 16 su 30 paesi) con ripercussioni positive sui benefici futuri. Se si vuole trovare un motivo per cui i Governi di tutto il mondo sono intervenuti nel passato (e la tendenza continuerà nel futuro) con massicce riforme, allora sicuramente il motivo va ricercato nella continua crescita della spesa pensionistica 121. Fig. 23 Confronto della spesa pubblica per le pensioni La Figura 23 mostra i dati della spesa previdenziale nei paesi dell OCSE, prendendo come riferimento l intervallo tra il 1990 e il Si può vedere come già nel 1990 la spesa pensionistica di cinque paesi (tra cui l Italia e la Germania) superava il 10% del PIL. In tutti questi paesi la spesa per pensioni ha continuato a crescere fino al 2005 (per l Italia nel 2005 la spesa ammontava al 14% del PIL). In Svezia, la spesa è rimasta pressoché invariata e in Gran Bretagna c è stato un aumento comunque inferiore alla media OCSE. 121 Martin J.P., Whitehouse E. (2008), Reforming Retirement-Income Systems: Lessons from the Recent Experiences of OECD Countries, OECD, Parigi 85

86 In paesi come la Corea e il Messico, paesi nei quali i sistemi pensionistici non sono molto evoluti e che possono contare su una popolazione attiva molto giovane, la spesa pensionistica assume valori modesti (circa 1% del PIL). Con riferimento a tali dati, si può comprendere il motivo dello sforzo dei sei (tra cui Italia, Svezia e Germania - su 10) paesi, di intervenire con drastiche riforme sulle pensioni per ridurre le prestazioni e allo stesso tempo l esposizione. D altro canto anche altri paesi con una spesa molto bassa hanno realizzato importanti riforme per tutelarsi contro i possibili problemi che comporteranno le pensioni nel futuro. In uno studio sempre dell OCSE sono state studiate le principali riforme (cioè quelle con il maggior impatto sul futuro) realizzate nei paesi membri dal 1990 in poi 122. Tab. 52 Elementi principali delle riforme pensionistiche nell area OCSE L elemento sul quale s interviene in primis oggi è il graduale incremento dell età di pensionamento per entrambi i sessi. Il problema è legato soprattutto al fatto che dal 1960 in poi, con una rapida crescita della popolazione mondiale e un allungamento delle aspettative di vita, i paesi 122 Martin J.P., Whitehouse E. (2008), Reforming Retirement-Income Systems: Lessons from the Recent Experiences of OECD Countries, OECD, Parigi 86

87 hanno ridotto l età pensionabile. Pur essendosi allungata l aspettativa di vita, l età di pensionamento nei paesi OCSE si è ridotta dal 1960 al 1993 di 2,3 anni per gli uomini e di circa un anno per le donne. Quando entreranno a regime le varie riforme pensionistiche, in Germania e nel Regno Unito l età di pensionamento sarà fissata ad almeno 67 anni e negli altri paesi si aggirerà intorno ai 65 anni. Percorsi di pensionamento anticipato, molti dei quali introdotti nel 1970 come risposta agli alti tassi di disoccupazione, sono stati chiusi ai nuovi entranti o limitati drasticamente. Sono state inoltre introdotte sanzioni per il pensionamento anticipato dei vecchi regimi pensionistici in molti paesi, tra cui Germania e Italia. In Svezia, invece, è stato aumentato il numero degli anni di contribuzione necessari per il pensionamento e nel Regno Unito sono stati forniti incentivi e indennità per chi ha rinviato il momento del pensionamento. Non saranno descritte le altre modifiche dei sistemi pensionistici attuate perché più tecniche e meno visibili 123. Come in Italia, anche molti altri paesi hanno allargato la base retributiva. Difatti, piuttosto che legare l assegno pensionistico ai salari percepiti (e quindi più alti) negli ultimi anni di attività lavorativa. Per esempio in Svezia si vorrebbe impiegare una base che tenga conto del reddito percepito durante il periodo di attività lavorativa con conseguente riduzione delle prestazioni pensionistiche e questo si traduce in spese per pensioni minori. La politica di indicizzazione rappresenta la modifica più importante: infatti, si tratta di una riforma tecnica (che prevede lo spostamento dall adeguamento delle prestazioni dai redditi, all indicizzazione totale o parziale dei prezzi) volta a ridurre le prestazioni pensionistiche, mantenendo inalterato il potere d acquisto delle pensioni. Tutti questi cambiamenti possono avere un forte effetto sulle prestazioni pensionistiche. Ma la loro natura tecnica, li rende meno trasparenti agli elettori e questo può comportare una minore opposizione. 123 Martin J.P., Whitehouse E. (2008), Reforming Retirement-Income Systems: Lessons from the Recent Experiences of OECD Countries, OECD, Parigi 87

88 L OECD pubblica inoltre ogni anno una relazione sui sistemi previdenziali nei paesi appartenenti alla sua area. Nel procedere ad analizzare i vari paesi oggetto di questa tesi, si procederà a sua volta a descrivere gli esiti ai quali è pervenuta l OECD. Tale analisi sarà presa come spunto per fare delle riflessioni su quelle che possono essere delle possibili manovre dei vari paesi e su quelle realizzate e vigenti, comparando infine i risultati ottenuti. 2.1 Il sistema di welfare meridionale italiano L analisi storica ha un significato particolare. Infatti, essa permette di ricostruire ciò che è stato e rappresenta il punto di partenza per lo studio di ciò che verrà. In quest ottica, è importante cercare di capire il motivo dell evoluzione avvenuta in Italia. Ritengo che l Italia appartenga al gruppo di paesi che hanno un sistema di welfare di tipo meridionale, cioè caratterizzato da un familismo molto forte e soprattutto da pressioni che vengono esercitate dai vari gruppi (sindacati e politici) e che sono volte a influenzare la popolazione, fatto che spesso ha generato scarsi risultati. L Italia inoltre si differenzia dalla Germania per una minore produttività, un debito pubblico più alto e la presenza di innumerevoli attori che rallentano qualsiasi decisione. Nel corso del Capitolo si ripercorreranno le fasi salienti che hanno caratterizzato il sistema pensionistico italiano e così facendo sarà possibile comprendere le radici del sistema di welfare affermatosi nel Belpaese 124. Innanzitutto per quanto concerne il sistema previdenziale in sé, si distinguono tre caratteristiche fondanti: L Italia è un paese di stampo bismarckiano, cioè che si differenzia nella mentalità dagli altri paesi europei e si basa sull intenzione di garantire il mantenimento dello stesso tenore di vita dei cittadini durante la vita lavorativa e dopo il pensionamento (assicurativo). Il sistema previdenziale italiano è molto legato alla contribuzione, con il solo sistema sanitario legato 124 Esping-Andersen G. (2000), I fondamenti sociali delle economie postindustriali, Il Mulino, Bologna 88

89 al concetto di cittadinanza (con copertura dei costi mediante il ricorso al Fisco). Il motivo per cui il sistema previdenziale italiano è in cima alle classifiche per esborsi, è dato dall inclusione delle prestazioni integrative e assistenziali 125. Inoltre, è interessante notare che le decisioni economiche siano state sempre legate ai contesti e alle dinamiche sociali ed economiche, nei quali si sono trovati ad agire i Governi del nostro paese 126. INIZIO XX SECOLO DOPO LA SECONDA GUERRA MONDIALE DAL DAL 1995 Obiettivi Prevenzione Povertà Mantenimento del reddito Mantenimento del reddito Adeguatezza dei benefici Disegno istituzionale Mono-pilastro (+ TFR) Mono-pilastro (+ TFR) Mono-pilastro (+ TFR) Mix, primo pilastro (+ TFR + previdenza integrativa) Strumenti Finanziamento: capitalizzazione Prestazioni: contributive Accesso: lavoro Gestione: statale Finanziamento: capitalizzazione/ ripartizione Prestazioni: contributive Accesso: lavoro (e bisogno) Gestione: statale Finanziamento: ripartizione Prestazioni: retributive Accesso: lavoro (e bisogno) Gestione: tripartita Finanziamento: ripartizione Prestazioni: contributive Accesso: lavoro (e bisogno) Gestione: tripartita Tab Sistema pensionistico prima e dopo la riforma del 1969 In altri paesi si punta a prevenire la povertà tra le persone anziane (Regno Unito) e in quelli di stampo comunista invece, l obiettivo è la persecuzione dell eguaglianza nei benefici. Come già scritto nel Capitolo Primo, in Italia come negli altri paesi europei vengono impiegati due tipi di pensioni: quelle di natura previdenziale (con pagamento preventivo, come nelle pensioni di vecchiaia, di anzianità) e 125 Natali D. (2007), Vincitori e perdenti. Come cambiano le pensioni in Italia e in Europa, Il Mulino, Bologna 126 Argentino G., Boni V., Consiglio M., Foresti G., Gulia P., Budano G. (2006), La riforma del sistema pensionistico italiano, in Dir.Prat.Lav.n. 3 (inserto), XI 89

90 quelle di natura assistenziale (senza pagamento preventivo, fra cui la pensione sociale, d invalidità e di reversibilità). 2.2 Gli albori I primordi del sistema pensionistico in Italia risalgono al 1898, quando fu istituita con la legge del 17 luglio n. 350 la Cassa Nazionale di Previdenza per l invalidità e la vecchiaia degli operai. L obiettivo era di gestire forme di assicurazione volte a sostenere i lavoratori in condizioni di difficoltà date da invalidità di vario tipo e alcune volte a sostenere i lavoratori nella vecchiaia (collegato al fatto che vi è una diminuzione della produttività). Precisamente si trattò di una semplice assicurazione volontaria che era integrata da un contributo fornito dallo Stato e volto a incentivare i lavoratori. Ciò fu poi accompagnato dal contributo da parte dei datori di lavoro (anch esso volontario). Sono queste prime leggi che rappresentano una delle più importanti conquiste della classe operaia e allo stesso tempo un momento storico per quanto concerne la creazione del primo welfare state italiano. Nel 1912 nacque l INA (Istituto Nazionale delle Assicurazioni), tramite una legge che assegnò allo Stato il monopolio delle assicurazioni sulla vita 127. Nel 1919, alla fine della Prima Guerra Mondiale fu istituito un nuovo sistema che fu migliorato con successive riforme volte a creare un sistema in grado di proteggere i lavoratori da tutti gli eventi che potessero minacciare l integrità del singolo lavoratore e delle famiglie, giungendo infine a un sistema dalle seguenti caratteristiche 128 : il regime assicurativo adottato era quello basato sulla capitalizzazione; 127 Argentino G., Boni V., Consiglio M., Foresti G., Gulia P., Budano G. (2006), La riforma del sistema pensionistico italiano, in Dir.Prat.Lav.n. 3 (inserto), XI 128 CGIL-FISAC (2005), Storia del sistema pensionistico pubblico, < Roma 90

91 la formula impiegata per il calcolo era in funzione dell ammontare dei contributi versati dai singoli lavoratori (contributiva); già all epoca il finanziamento fu suddiviso tra il lavoratore e datore di lavoro e prevedeva una contribuzione paritaria tra i soggetti. L intervento dello Stato fu soltanto marginale, contribuendo 100 lire per ciascuna pensione che fu liquidata; l età di pensionamento fu fissata a 65 anni per entrambi i sessi, età molto elevata con riferimento all aspettativa di vita, che in quell epoca era molto inferiore rispetto a quella attuale 129. Con tale riforma l assicurazione per la vecchiaia e per l invalidità divenne obbligatoria interessando 12 milioni di lavoratori in opposto ai circa iscritti e pensionati su cui contava la Cassa in quell anno. Il sistema sopra descritto divenne insostenibile con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, poiché i capitali raccolti fino allora furono erosi rapidamente (a causa dell elevata crescita dell inflazione). Le prestazioni divennero insufficienti e il sistema entrò in crisi. Con il 1946 l Italia repubblicana ereditò l Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale (prima INFPS Istituto Nazionale Fascista di Previdenza sociale, poi mutato in INPS). Esso fu istituito per tutelare i lavoratori non statali e i fondi raccolti furono più che sufficienti a coprire tale fabbisogno. Con riferimento alla situazione di crisi che emerse dopo, furono presi dei provvedimenti temporanei riformando l intero sistema solo nell aprile del La legge n. 218 del 4 aprile 1952 portò all abbandono del sistema a capitalizzazione. Infatti, si trattò di una modifica necessaria visto come l elevato livello dell inflazione aveva ridotto le riserve dei fondi pensione accumulate fino a quel momento (le pensioni medie reali valevano nel 1945 un undicesimo di quanto valevano nel 35) 130. Mediante questa legge si passò 129 Natali D. (2007), Vincitori e perdenti. Come cambiano le pensioni in Italia e in Europa, Il Mulino, Bologna 130 INPS (1951), Capitalizzazione o ripartizione?, INPS, Roma 91

92 al sistema a ripartizione (con l uso del regime contributivo), che fu accompagnato dal regime di trattamento minimo. Ciò non significò l abbandono completo del sistema a capitalizzazione, il quale prevedeva una quota minima (5000 lire al mese), che veniva integrata nel momento in cui tale livello minimo non veniva raggiunto. Con le modifiche apportate durante quell annata, s introdusse il trattamento minimo di pensione che era legato esclusivamente all anzianità contributiva, necessaria per beneficiare del sistema previdenziale Le riforme degli anni 60 Nei primi anni 60 fu estesa anche ai lavoratori privati la pensione di anzianità e fu disposto un aumento pari al 30% per le pensioni di vecchiaia e invalidità. Inoltre, fu istituita la pensione sociale per gli ultrasettantacinquenni privi di reddito. Gli anni 60 videro la definitiva adozione (nel 1968) del metodo di calcolo retributivo e in seguito furono caratterizzati principalmente dalla legge istituita nel La legge n. 153 del 30 aprile 1969, infatti, stabilì: il completo abbandono di qualsiasi forma di capitalizzazione; la nascita della pensione di anzianità per i lavoratori che avessero accumulato 35 anni di contributi pur non essendo ancora in età pensionabile; l adozione della formula basata sulla retribuzione per il calcolo della pensione; la tutela, per la prima volta, di cittadini oltre l età pensionabile stabilita che non avessero aderito a una qualsiasi forma di previdenza sociale (pensioni sociali); la perequazione automatica delle pensioni prevede di indicizzare queste ultime ai prezzi al consumo; 131 Argentino G., Boni V., Consiglio M., Foresti G., Gulia P., Budano G. (2006), La riforma del sistema pensionistico italiano, in Dir.Prat.Lav.n. 3 (inserto), XI 92

93 L estensione, infine, a tutte le pensioni, dell automaticità delle prestazioni cui fa riferimento l articolo 2116 del codice civile 132. Inoltre, ci si affidò all INPS, istituto presso il quale contribuire e poi riscattare le pensioni. Esso fu anche incaricato di farsi onere del pagamento della Cassa Integrazione Gli anni 70 e 80 Già dagli anni 70 in poi si cominciarono a manifestare delle gravi disfunzioni del sistema legate all aspetto demografico e alla crisi finanziaria. Nel corso di quel decennio aumentò drasticamente il numero di persone che andarono in pensione prima del raggiungimento dell età pensionabile generando gravi iniquità. Queste a loro volta sono figlie di decisioni politiche poco accorte adottate all inizio degli anni 70. Infatti, furono introdotte le baby pensioni per i lavoratori pubblici, che prevedevano la possibilità di andare in pensione con 20 anni di contribuzione e un anzianità inferiore per le madri lavoratrici e per particolari categorie di lavoratori. Si può quindi comprendere come in questo periodo ci si sia trovati in una condizione in cui il sistema era in fase espansiva e che non furono considerati i possibili sviluppi di decisioni poco razionali, legate cioè all immediato futuro. Infatti, la sostenibilità di tali sistemi non era garantita dai contributi versati dai pensionati, ma dai contributi versati dai lavoratori allora in attività 134. Negli anni 80 il sistema pensionistico della penisola italiana fu caratterizzato da un forte debito pubblico dovuto a una politica infausta che apportò privilegi per alcuni e penalizzazioni per altri. Questo modello pensionistico ha portato certi lavoratori a sostenere un aliquota così elevata da diventare insostenibile; per contro il sistema contributivo trasferì il rischio sui pensionati, poiché vi fu forte incertezza sui tassi di rendimento dei loro 132 CGIL-FISAC (2005), Storia del sistema pensionistico pubblico, < Roma 133 Novelli M. (luglio 2003), Italiche pensioni: Storia di ordinari governanti 134 Argentino G., Boni V., Consiglio M., Foresti G., Gulia P., Budano G. (2006), La riforma del sistema pensionistico italiano, in Dir.Prat.Lav.n. 3 (inserto), XI 93

94 accumuli. Oltre ciò si evidenziò, con l incremento dell aspettativa di vita, una crescente spaccatura tra gli apporti dei contributi e le prestazioni erogate nel periodo post-lavorativo. Proprio per questo motivo si fece necessario rinnovare il sistema pensionistico italiano. Inoltre, l innalzamento del monte pensioni, la diminuzione del tasso di crescita del PIL oltre all invecchiamento della popolazione non furono interpretati tempestivamente, non ponendosi o ponendosi troppo tardi l obiettivo di varare delle nuove riforme. Ci si pose quindi il problema di revisionare repentinamente il sistema nel tentativo di garantire una sostenibilità economica del sistema previdenziale nazionale volto così, a seguire l esigenza di contenimento dei costi 135. Queste riforme divennero effettive, dopo molti tentativi andati a vuoto, solo dagli anni 90 in poi. Le riforme strutturali sarebbero state necessarie almeno 10 anni prima, quando l evoluzione economica e demografica era sotto gli occhi di tutti. Nel proseguimento della storia, l innalzamento dell età pensionabile e dei contributi non fece altro che posticipare l emergere dei problemi del nostro sistema con la tragica conseguenza che i lavoratori attuali sono tenuti a farsi carico degli impegni assunti dalle generazioni passate nel sistema pensionistico precedente. Fig. 24 Sistema previdenziale prima e dopo le riforme 135 Argentino G., Boni V., Consiglio M., Foresti G., Gulia P., Budano G. (2006), La riforma del sistema pensionistico italiano, in Dir.Prat.Lav.n. 3 (inserto), XI 94

95 2.5 Le riforme più recenti Gli interventi di Amato Probabilmente la riforma più rilevante fu attuata da Giuliano Amato nel 1992 (legge n. 421 e d.lgs. n. 503 del 30 dicembre 1992 Tabella 54), volta a mettere in pratica i numerosi disegni di legge e le sollecitazioni fatte dagli esperti in materia che richiedevano di ridimensionare il primo pilastro eliminando le discriminazioni tra le differenti categorie lavorative (con un allineamento di trattamento tra i lavoratori pubblici e quelli privati) e di spingere il sistema pensionistico italiano verso un sistema multi pilastro. Il 1992 viene ancora oggi ricordato come anno cruciale per le pensioni degli italiani, caratterizzato da un periodo di emergenza dei conti pubblici (dal 1991 il rapporto debito pubblico/pil superò il tetto del 100%) e di sfiducia nel Governo 136. Per attuare le disposizioni della legge 421, fu necessaria la modifica della formula impiegata per il calcolo delle prestazioni in vigore nel sistema retributivo. Si stabilì che la pensione di vecchiaia spettasse a chi avesse almeno 20 anni di contribuzione (con un innalzamento del periodo di cinque anni), che avesse raggiunto una certa età (65 anni per gli uomini e 60 anni per le donne - dipendenti privati) e con un allungamento del periodo di calcolo per la pensione (calcolato su una media di dieci anni anziché solo di cinque). Si ridusse così, il numero di pensioni e si ottenne un allineamento nelle regole di accesso alla pensione tra le categorie lavorative. Per coloro che (al 31/12/1992) avevano meno di 15 anni di contribuzione, erano previsti due calcoli: l anzianità contributiva al 21/12/1992 era calcolata facendo la media tra i compensi percepiti negli ultimi cinque anni; dall 01/01/1993 in poi invece, l anzianità contributiva fu calcolata in base alle ultime retribuzioni percepite, maggiorate di cinque anni. 136 Cazzola G. (2008), Le pensioni spiegate a mia nonna: Guida pratica per pensionati e aspiranti tali, Rubettino Editore, Soveria Mannelli 95

96 I lavoratori invece che avevano raggiunto 15 o più anni di contribuzione al 31/12/1992, si sono visti applicare il calcolo che teneva conto degli ultimi cinque anni, aumentandolo gradualmente fino a un massimo di 10 anni 137. fu inoltre apportata una modifica importante per quanto concerne il meccanismo d indicizzazione passando da un processo legato alla dinamica salariale, a uno che prevedeva l applicazione di aliquote decrescenti all aumentare delle fasce d importo pensionistico 138. Il limite inferiore per poter godere della pensione di anzianità era invece fissato a 35 anni di contribuzione. Per coloro invece che non avevano ancora versato contributi fino all 1 gennaio 1996, il calcolo per le pensioni prevedeva il calcolo sulla retribuzione dell intera vita lavorativa. Neo-pensionati di vecchiaia nel 1991 vecchia normativa a regime Età di Anzianità contributiva Anzianità contributive pensionamento ,47 2,34 2, ,35 2,23 2, ,26 2,15 2, ,18 2,07 2, ,08 1,98 1, ,7 4,6 4,6 1,98 1,89 1, ,82 1,74 1, ,71 1,63 1, ,59 1,53 1, ,40 1,35 1, ,27 1,23 1,24 N.B.: nell ipotesi di dinamica retributive del 2% reale. Fonte: RGS, Tab Analisi dei rendimenti impliciti previsti dalla riforma Amato Aumentando l orizzonte per il calcolo a 10 anni (considerando cioè quasi 137 Antichi M. (1997), Quali sono le possibilità di ulteriore razionalizzazione del sistema pensionistico obbligatorio?, Allegato n.1 al Documento di base n.5, Commissione Onofri 138 Argentino G., Boni V., Consiglio M., Foresti G., Gulia P., Budano G. (2006), La riforma del sistema pensionistico italiano, in Dir.Prat.Lav.n. 3 (inserto), XI 139 Antichi M. (1997), Quali sono le possibilità di ulteriore razionalizzazione del sistema pensionistico obbligatorio?, Allegato n.1 al Documento di base n.5, Commissione Onofri 96

97 l intera vita lavorativa), si sono avuti anche dei risvolti positivi dal punto di vista fiscale. Infatti, prima della riforma, i lavoratori tendevano a pagare i contributi soltanto in quegli anni in cui i contributi concorrevano al monte pensionistico. Tale riforma prevedeva anch essa l entrata in vigore graduale e progressiva, in maniera tale da includere coloro che avevano cominciato a pagare i contributi quando ancora erano in vigore le vecchie leggi e decreti, subendo le conseguenze date dal radicale passaggio al nuovo regime. Oggigiorno, poiché questo sistema presenta ancora importanti disparità dovute soprattutto alla frammentazione occupazionale, i lavoratori sono in sostanza costretti a ricorrere oltre che ai contributi versati all INPS (che costituiscono il cosiddetto primo pilastro), a forme di pensione integrativa. Infatti, come si evince dalla Tabella 55, sono stati quasi o completamente ignorati i pilastri privati (solo il 4% del PIL) 140. Tab. 55 Spese per pensioni sul PIL: alcuni paesi a confronto Dopo la sostanziosa riforma del 92, attuata prettamente a causa di uno stato di emergenza, Amato tentò di aprire le porte alla previdenza integrativa con il lancio di Fondi pensione chiusi (secondo pilastro), accessibili solo per determinate categorie di lavoratori, aperti per iscrizioni collettive e i Fondi 140 Natali D. (2007), Vincitori e perdenti. Come cambiano le pensioni in Italia e in Europa, Il Mulino, Bologna 97

98 individuali con la possibilità di impiegare a tale fine il TFR (tutto ad adesione volontaria). La decisione di ricorrere al TFR fu presa, poiché lo Stato riversava in cattive acque e il debito pubblico accumulato fino a quel momento non permetteva al nostro Governo di finanziare il lancio dei Fondi pensione. Con il d.lgs. 124/93, fu istituito dal Governo Amato un quadro di regole che disciplinavano gli stessi Fondi pensione. L obiettivo era di fornire un reddito aggiuntivo, utile per avere un capitale sufficiente che permettesse di vivere in serenità il proprio periodo di riposo post-lavorativo. Fu il primo tentativo in Italia di offrire il passaggio da un sistema totalmente pubblico a un sistema misto che comprenda sia la componente pubblica che quella privata. Si procedette ulteriormente a ridurre la spesa pensionistica concernente, il primo pilastro (quello pubblico), con un ulteriore sforzo volto a uniformare i trattamenti da pensione. Con l allargamento del periodo di calcolo in Italia (tra i più bassi dei paesi industrializzati), si eliminò, di fatto, un iniquità tipica del nostro sistema pensionistico. Infatti, il calcolo fino alla riforma del 92 avvantaggiava chi percepiva uno stipendio elevato 141. Le critiche rivolte a questa riforma poi si riferivano ai lunghi periodi di transizione fino all effettiva applicazione della norma. Infatti, i tempi d innalzamento dell età pensionabile e l attuazione del periodo di riferimento per l ottenimento della base pensionistica si sarebbero resi visibili soltanto nel lungo periodo. Inoltre, non s intervenne per quanto concerne le baby pensioni, sospendendo temporaneamente i diritti acquisiti dalle persone che avevano aderito a questa forma pensionistica. Fu poi il governo Ciampi con la legge n. 537 del a fornire forti disincentivi al pensionamento anticipato e uno slittamento dei periodi in cui andare in pensione. 141 Argentino G., Boni V., Consiglio M., Foresti G., Gulia P., Budano G. (2006), La riforma del sistema pensionistico italiano, in Dir.Prat.Lav.n. 3 (inserto), XI 98

99 età minima Innovazioni legge Amato vecchiaia anzianità Base di calcolo uomo donna uomo donna D.lgs. 503/ Media di tutte le retribuzioni Normativa precedente Dipendtenti pubblici: Stato Enti locali Ultima retribuzione Dipendenti settore privato Media ultimi 5 anni Lavoratori autonomi Media ultimi 10 anni Tab. 56 Le innovazioni introdotte con il d.lgs. 503/ L intermezzo del governo Berlusconi Nel 1994, nel bel mezzo di Tangentopoli 142, il Governo dell Italia fu affidato a Silvio Berlusconi, il quale insieme ai suoi ministri s impegnò a intervenire per ridurre, fra l altro, la spesa pensionistica (con una stima di 13 mila miliardi di lire). I punti cardine dell intervento proposto da parte del governo Berlusconi prevedevano: il blocco delle indicizzazioni; fissazione di un disincentivo al pensionamento, pari al tre per cento per ciascun anno mancante al raggiungimento dell età di pensionamento prevista, con processi di aumento dell età più veloci (18 mesi anziché i 24 mesi previsti dalla legge Ciampi) fino al raggiungimento dei 65 anni previsti per i maschi e i 60 anni previsti per le donne nel 2002; ridimensionamento delle pensioni di anzianità: sono rimasero 35 gli anni di contribuzione richiesti, ma erano presenti disincentivi volti a legare le persone alle pensioni di vecchiaia (si veda sopra). 142 Con esso si definì la sconvolgente diffusione di corruzione, concussione e del finanziamento illecito ai partiti ai livelli più alti del mondo politico e finanziario italiano che vide il coinvolgimento di ministri, deputati, senatori, imprenditore ed ex presidenti del consiglio. 99

100 Con la Legge n. 724/94, fu estesa l aliquota di rendimento a un tasso del due per cento per tutte le categorie, fu estesa l età per il pensionamento e fu modificata la base di calcolo per i dipendenti pubblici. Invece con il decreto legge del 26 novembre 1994 fu temporaneamente sospesa la possibilità di presentare domanda di pensionamento anticipato. Ciò portò a discussioni e a scioperi indetti dai sindacati. Data la mancata approvazione alla riduzione delle pensioni d anzianità da parte del partito denominato Lega Nord e dalle organizzazioni sindacali, contribuirono a far cadere il governo Berlusconi nel dicembre dello stesso anno. Persistette comunque l accelerazione dell entrata a regime della nuova età di vecchiaia e delle misure di armonizzazione dei rendimenti nei regimi pubblici La riforma del governo Dini I continui forti squilibri politici portarono alla riforma di Lamberto Dini del 1995 (Legge n. 335/1995), con la quale si cominciò a passare al sistema a ripartizione contributivo cercando di rendere il sistema più equo e moderno allo stesso tempo. La riforma ha fatto si che sia il rischio economico che quello demografico fossero trasferiti al consumatore, legando la prestazione all economia e alla durata della vita dei pensionati 144. Fu anche introdotta una soglia flessibile per l uscita dal mondo del lavoro con benefici crescenti (da un minimo di 57 anni a un massimo di 65 anni) a condizione che l importo della pensione fosse almeno 1,2 volte l importo dell assegno sociale o che il lavoratore avesse accumulato 40 anni di anzianità. Essa era liquidata secondo il sistema contributivo e rappresentava con la riforma Dini, l unica prestazione alle pensioni di anzianità e vecchiaia anticipata. Le finestre d uscita furono create (quattro periodi all anno in cui si poteva andare in pensione Tabella 57) per scaglionare e programmare le uscite dei lavoratori diventati prigionieri dei blocchi di anzianità disposti in precedenza dai Governi Berlusconi e Amato Argentino G., Boni V., Consiglio M., Foresti G., Gulia P., Budano G. (2006), La riforma del sistema pensionistico italiano, in Dir.Prat.Lav.n. 3 (inserto), XI 144 Antichi M. (1997), Quali sono le possibilità di ulteriore razionalizzazione del sistema pensionistico obbligatorio?, Allegato n.1 al Documento di base n.5, Commissione Onofri 145 Antichi M. (1997), Quali sono le possibilità di ulteriore razionalizzazione del sistema pensionistico obbligatorio?, Allegato n.1 al Documento di base n.5, Commissione Onofri 100

101 Le finestre Possesso dei requisiti entro Accesso alla pensione di anzianità Primo trimestre Secondo trimestre Terzo trimestre Al 1 luglio dello stesso anno se di età pari o superiore a 57 anni Al 1 ottobre dello stesso anno se di età pari o superiore a 57 anni Al 1 gennaio successivo Quarto trimestre Al 1 aprile successivo Le finestre di luglio e ottobre sono a esclusivo vantaggio dei più anziani. Gli altri vanno almeno dal gennaio successivo o dall aprile successivo Tab. 57 Le finestre d uscita anticipata introdotte dalla riforma Dini Fonte: Natali D., Vincitori e perdenti: Come cambiano le pensioni in Italia e in Europa, Il mulino Bologna 2007 L unico neo era dettato soltanto dalla tempistica di applicazione: l intero iter sarebbe stato completato soltanto dopo il Inoltre furono compiuti altri interventi volti a seguire la via intrapresa dalla riforma Amato tre anni prima, tra i quali: lo sviluppo del sistema previdenziale; la stabilizzazione del sistema pensionistico; lo sviluppo delle forme di previdenza complementare; il raggiungimento dell equità fra i diversi ordinamenti pensionistici; definire, in forma scritta, una serie di regole idonee a descrivere le condizioni e i criteri di calcolo per la pensione. Con la Legge n.335 del 1995 furono ridefiniti i coefficienti di trasformazione con riferimento ai cambiamenti demografici e all andamento del prodotto 101

102 interno lordo di lungo periodo 146. La Tabella 58 mostra le differenze tra i coefficienti impiegati con riferimento all età: età Coefficienti % 57 4,72% 58 4,86% 59 5,01% 60 5,16% 61 5,33% 62 5,51% 63 5,71% 64 5,91% 65 6,14% Tab. 58 I coefficienti di trasformazione previsti dalla riforma Dini Fonte: Alvaro G., I coefficienti di trasformazione nel sistema contributivo, UIL Roma 2008 Tali coefficienti vengono applicati al montante (M), in maniera tale da ottenere l ammontare annuo della pensione: Il montante a sua volta è costituito dalla somma dei contributi versati ciascun anno e rivalutati in base al PIL: Infine i contributi vengono calcolati in percentuale sull ammontare del reddito percepito dai lavoratori dipendenti o autonomi e si costituiscono come di seguito: 146 Natali D. (2007), Vincitori e perdenti. Come cambiano le pensioni in Italia e in Europa, Il Mulino, Bologna 102

103 con Criteri di calcolo della pensione: X = 33% per i lavoratori dipendenti; X = 20% per i lavoratori autonomi. Anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 Sistema di calcolo 18 anni e più Retributivo, legato alle retribuzioni dell ultimo periodo lavorativo Meno di 18 anni Retributivo, per l anzianità maturata a tutto il contributivo, per i periodi successivi al Nessuna Contributivo, sulla base di tutta la contribuzione versata nell arco della vita lavorativa Tab. 59 I criteri di calcolo per la pensione della riforma Dini 147 Con la riforma Dini era previsto un periodo di transizione per il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo: per quanto è inerente al periodo di contribuzione ante 1992, furono presi come riferimento gli ultimi 10 anni dei redditi per i lavoratori autonomi, cinque anni per i dipendenti privati e l ultimo stipendio per i dipendenti operanti nel settore pubblico. Dal 1992 in poi, furono invece presi come riferimento per il calcolo del reddito da pensione, gli ultimi 10 anni per i lavoratori pubblici e privati e 15 anni per quelli autonomi. Per coloro che avevano accumulato contributi lungo un arco temporale di 18 anni al 31/12/1995, veniva applicato il sistema retributivo in vigore precedentemente alla riforma Dini 148 ; 147 Natali D. (2007), Vincitori e perdenti. Come cambiano le pensioni in Italia e in Europa, Il Mulino, Bologna 148 Jessoula M. (2009), La politica pensionistica, Il Mulino, Bologna 103

104 per i lavoratori invece, che avevano raccolto al 31/12/1995 meno di 18 anni di contribuzione, venne applicato il criterio pro-rata 149. Sostenibilità Equità Adeguatezza Tempi di applicazione a) Introduzione dell età di pensionamento flessibile tra i 57 e i 65 anni, con trattamenti crescenti al crescere dell età b) Introduzione del metodo di calcolo contributivo c) Aumento della copertura verso i lavori atipici e aumento dei contributi per gli autonomi d) Riduzione dei fattori di privilegio di talune categorie occupazionali e) Nuove norme per le pensioni d anzianità f) Più netta separazione tra spese assistenziali (imputate al bilancio dello Stato) e spese assicurative (di competenza degli enti previdenziali) a) Eliminazione dei vantaggi a favore delle carriere più dinamiche e conseguentemente probabile riduzione dell evasione contributiva b) Eliminazione delle differenze di età pensionabile tra uomini e donne c) Omologazione dei benefici tra lavoratori autonomi, lavoratori dipendenti pubblici e privati grazie all applicazione del metodo contributivo d) Introduzione dell assegno sociale al posto della pensione sociale e dei trattamenti minimi a) Riduzione del periodo minimo di contribuzione necessario per l ottenimento di una pensione (5 anni) b) Copertura assicurativa estesa ai lavori atipici c) Crediti contributivi a favore dei lavoratori con periodi di inattività Lunghi (40 anni), a tutela dei diritti acquisiti Tab Principali elementi della riforma Dini 150 Tale riforma quindi, volle abolire definitivamente le pensioni di anzianità con l anno Infatti, secondo tale legge erano necessari almeno 35 anni di contribuzione, e almeno 57 anni di età Per I contributi acumulati entro il 31/12/1995, il calcolo prevedeva di riferirsi alla data di decorrenza della pensione, proprio come previsto dal sistema retributive in atto con la normative precedente, mentre le contribuzioni per gli ulteriori contribute di anzianità prendeva in considerazione il criterio previsto dal sistema contributivo.inoltre per il periodo le retribuzioni considerate per il calcolo del sistema retributivo era previsto una graduale estensione alle retribuzioni dell intera vita lavorativa con la facoltà del lavoratore di passare al sistema contributivo (se in possesso di almeno 15 anni di contributi, di cui almeno cinque anni nel sistema contributivo. 150 Natali D. (2007), Vincitori e perdenti. Come cambiano le pensioni in Italia e in Europa, Il Mulino, Bologna 151 Jessoula M. (2009), La politica pensionistica, Il Mulino, Bologna 104

105 2.5.4 La riforma Prodi quale risposta alle proposte della Commissione Onofri Con la vittoria dell Ulivo nel 1996 venne costituita la Commissione Onofri da parte del governo Prodi con l intento di accelerare gli effetti previsti da parte della legge 335/1995 ed emanata dal governo Dini. Ciò era a sua volta dovuto dal lento processo di transizione dal sistema retributivo a quello contributivo. Perciò nel 1997, la Commissione Onofri pubblicò una relazione nella quale vennero fissati i punti cardine sui quali intervenire dato il persistere del cambiamento sia in termini demografici sia di globalizzazione. Con essa la Commissione ebbe l intenzione di formulare una proposta di riforma della spesa sociale e gli stimoli furono: la concentrazione a ridurre lo sbilanciamento della spesa sociale in Italia nel breve e medio periodo (con il 60,5% delle risorse destinate alle pensioni per vecchiaia e superstiti e un misero 5,8% incentrato a sostenere le famiglie in termini di maternità, disoccupazione). Ciò fu fatto abbreviando il periodo di transizione previsto dalla riforma Dini; la riduzione dell incidenza della spesa pensionistica sul PIL (si prevedeva allora un incremento della spesa sul PIL pari all 1,5%, ritenuta sostenibile alla data di piena attuazione della riforma Dini); allungare il periodo di attività lavorativa da parte delle persone; far emergere con maggiore vigore la differenza tra assistenza e previdenza; accelerare l introduzione delle forme di previdenza complementare; eliminazione dell iniquità e l unificazione dei regimi pensionistici e 105

106 la revisione dei coefficienti di trasformazione. 152 Tale proposta fu oggetto di vive discussioni sia in Parlamento sia nelle negoziazioni con le parti sociali. La Finanziaria del 2008 comunque non tenne conto del principale desiderio esternato dalla Commissione Onofri: cioè l accelerazione del passaggio al sistema contributivo. Pur non perseguendolo, la riforma Prodi comunque dimostrò di avere efficacia, permettendo di ottenere una riduzione della spesa (pari allo 0,2% del PIL) nel Nel 1999 il governo Amato, che rimpiazzò il governo Prodi, si concentrò a revisionare la disciplina riguardante la previdenza complementare. Si giunse così al d.lgs. n. 47/2000 che portò a una modifica del regime fiscale portando la tassazione al 12% del reddito complessivo entro un limite assoluto di 5164 euro. Oltre a ciò, venne ampliata l offerta previdenziale con la nascita dei PIP e vennero estese le agevolazioni fiscali a tutte le forme di previdenza integrativa. Con tale decreto si diede finalmente la scossa innovativa necessaria per poter cambiare il sistema pensionistico italiano, oramai superato e ancorato al solo primo pilastro. Il trattamento fiscale inoltre portò maggiori fondi verso il secondo pilastro, il quale però faticava ancora, a essere efficiente e a emergere. Con il 2001 si passò di nuovo ad avere un Governo di centro-destra che vide nuovamente Silvio Berlusconi al potere nel ruolo di Presidente del Consiglio. Vennero istituite due commissioni volte a studiare lo stato attuale e futuro del sistema previdenziale e concentrato a promuovere nuove forme di previdenza complementare La riforma Maroni Tremonti e il governo Prodi bis La riforma del 2004, attuata dal governo Berlusconi (nello specifico dal ministro Maroni), portò a tagli di spesa con la necessità di aumentare l occupazione degli anziani e accrescere le entrare dello stesso sistema pensionistico. Fu questa la risposta alle osservazioni fatte dalle commissioni 152 Jessoula M. (2009), La politica pensionistica, Il Mulino, Bologna 153 Jessoula M. (2009), La politica pensionistica, Il Mulino, Bologna 106

107 elette in precedenza da Maroni, che nel corso degli anni avevano fatto emergere nuovamente i seguenti problemi: la continua crescita della spesa pensionistica prima della piena entrata in vigore del sistema contributivo; l incertezza delle prestazioni per i lavoratori appartenenti alle generazioni più giovani. Per chi andava in pensione entro il 31 dicembre 2007, c era la possibilità di continuare a lavorare con l opportunità di accrescere la pensione o di percepirla senza il pagamento dei tradizionali contributi, con un incremento lordo pari a un terzo dello stipendio e con conseguenti tagli alle pensioni di anzianità dall 1 gennaio 2008 (il cosiddetto scalone ) 154. La nuova riforma si concentrò nuovamente sull età pensionabile che diventò fissa (65 anni per gli uomini e 60 anni per le donne) e le pensioni di anzianità potevano essere richieste solo dopo 40 anni di contribuzione indipendentemente dall età; altrimenti con 35 anni di contribuzione e 60 anni di età nel biennio , 61 nell intervallo dal 2010 al 2013, 62 dal 2014, mentre per i lavoratori autonomi erano previsti rispettivamente 61, 62 e 63 anni 155. L obiettivo era di intervenire drasticamente in materia di previdenza complementare. Si volle quindi liberalizzare l ambito pensionistico integrativo perseguendo un equità in termini di deducibilità fiscale. Non passò, però, la prima proposta di versare integralmente, in forme d investimento prettamente previdenziali, la quota destinata al TFR, rimanendo l adesione così soltanto volontaria. Questa prima bozza di legge delega divenne effettiva soltanto nel 2004 a seguito di numerose perplessità che ne bloccarono a più riprese l entrata in vigore. Essa prevedeva un limite dell età di pensionamento superiormente illimitato e una riduzione (tra il tre e il cinque per cento) del contributo prelevato dal reddito dei lavoratori per la copertura del primo pilastro. 154 Argentino G., Boni V., Consiglio M., Foresti G., Gulia P., Budano G. (2006), La riforma del sistema pensionistico italiano, in Dir.Prat.Lav.n. 3 (inserto), XI 155 Jessoula M. (2009), La politica pensionistica, Il Mulino, Bologna 107

108 pilastro. Come noto la riforma delle pensioni Maroni (Legge n. 243/2004) prevedeva, al comma 6 dell articolo 1 che, a decorrere dall , l età per l accesso alla pensione d anzianità (fermo restando il requisito contributivo di 35 anni) venisse innalzata a sessanta anni per i lavoratori dipendenti e a sessantuno per i lavoratori autonomi (cosiddetto scalone). Inoltre, per quanto concerne la previdenza complementare, con il d.lgs. n. 252/2005, venne disciplinato anche il trattamento del TFR e furono attuate delle misure volte a sostenere le imprese per le perdite subite a seguito del trasferimento del TFR stesso. Si stabilirono così le forme d impiego dei contributi originariamente destinati al TFR con l applicazione del silenzio-assenso 156. Con il d.lgs. 252/2005 venne poi ammorbidita l originaria disposizione del 2001 che prevedeva il trasferimento obbligatorio del TFR a forme complementari. Infatti, il meccanismo del silenzio-assenso, venne poi rinviato a gennaio Esso prevedeva che, anche in caso di decisione favorevole al mantenimento dei fondi nel TFR, quest ultimo venisse gestito dal datore di lavoro (per imprese con meno di 50 dipendenti) o dallo Stato, qualora l impresa fosse più grande (mediante l INPS). Nel momento in cui, però, il dipendente decidesse di trasferire i contributi propri e quelli del datore di lavoro in un Fondo aperto o in un PIP 157 (lo stesso decreto legislativo ha messo in atto misure atte a disciplinare questi strumenti), allora sarà il datore colui che verserà l intero ammontare nel fondo scelto dal lavoratore 158. Va sottolineato che, se il lavoratore non avesse deciso la destinazione entro sei mesi dall 1 gennaio 2008, allora i suoi contributi sarebbero stati trasferiti nel Fondo previsto dal contratto o scelto dall impresa. Viene rappresentata in seguito una parte del testo originale riguardante la riforma sulle pensioni di Maroni, che introdusse anche lo scalone del Nei primi sei mesi dell anno il lavoratore doveva decidere (entro metà 2007) come impiegare i propri contributi, cioè se mantenere il TFR e farlo fruttare secondo l approccio tradizionale (comunicandolo) o nel caso di silenzio, far confluire tali fondi all interno di un fondo complementare di riferimento. 157 Jessoula M. (2009), La politica pensionistica, Il Mulino, Bologna 158 Jessoula M. (2009), La politica pensionistica, Il Mulino, Bologna 108

109 Disposizioni di cui alla legge 23 agosto 2004, n. 243 «6. Al fine di assicurare la sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico, stabilizzando l incidenza della relativa spesa sul prodotto interno lordo, mediante l elevazione dell età media di accesso al pensionamento, con effetto dal 1 gennaio 2008 e con esclusione delle forme pensionistiche gestite dagli enti di diritto privato di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509, e 10 febbraio 1996, n. 103: a) il diritto per l accesso al trattamento pensionistico di anzianità per i lavoratori dipendenti e autonomi iscritti all assicurazione generale obbligatoria e alle forme di essa sostitutive ed esclusive si consegue, fermo restando il requisito di anzianità contributiva non inferiore a trentacinque anni, al raggiungimento dei requisiti di età anagrafica indicati, per il periodo dal 1 gennaio 2008 al 31 dicembre 2013, nella Tabella A allegata alla presente legge e, per il periodo successivo, nel comma 7. Il diritto al pensionamento si consegue, indipendentemente dall età, in presenza di un requisito di anzianità contributiva non inferiore a quaranta anni; b) per i lavoratori la cui pensione è liquidata esclusivamente con il sistema contributivo, il requisito anagrafico di cui all articolo 1, comma 20, primo periodo, della legge 8 agosto 1995, n. 335, è elevato a 60 anni per le donne e a 65 per gli uomini. Gli stessi possono inoltre accedere al pensionamento 159 : 1) a prescindere dal requisito anagrafico, in presenza di un requisito di anzianità contributiva pari ad almeno quaranta anni; 2) con una anzianità contributiva pari ad almeno trentacinque anni, in presenza dei requisiti di età anagrafica indicati, per il periodo dal 1 gennaio 2008 al 31 dicembre 2013, nella Tabella A allegata alla presente legge e, per il periodo successivo, nel comma 7; [ ] fino al 31 dicembre 2015, è confermata la possibilità di conseguire il diritto all accesso al trattamento 159 Camera dei deputati (2004), Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza e assistenza obbligatoria, < Roma 109

110 pensionistico di anzianità, in presenza di un anzianità contributiva pari o superiore a trentacinque anni e di un età pari o superiore a 57 anni per le lavoratrici dipendenti e a 58 anni per le lavoratrici autonome, nei confronti delle lavoratrici che optano per una liquidazione del trattamento medesimo secondo le regole di calcolo del sistema contributivo previste dal decreto legislativo 30 aprile 1997, n Entro il 31 dicembre 2015 il Governo verifica i risultati della predetta sperimentazione, al fine di una sua eventuale prosecuzione» 160. Nel 2006 tornò al Governo, seppur con scarso margine, la coalizione di centrosinistra guidata nuovamente da Prodi. Nel corso della breve permanenza in carica si decise nuovamente di intervenire sulla politica pensionistica. Così nel 2007 si arrivò alla riforma del governo Prodi bis con la legge n.247 del 24 dicembre 2007 (riforma Damiano) 161 nella quale si prevedeva di andare in pensione (nel 2009) con una quota, costituita dalla somma fra età anagrafica e anni di contribuzione pari a 95, ma con almeno 59 anni di età. Dal gennaio del 2011 la quota passerà a 96 con almeno 60 anni di età e a partire dal gennaio 2013, invece, la quota giungerà a 97 con almeno 61 anni di età. L elemento di maggiore impatto è costituito dall eliminazione dello scalone, che venne sostituito con un criterio meno incalzante, e permettendo di andare in pensione anche con criteri di anzianità contributiva ed età inferiori. Infatti, lo scalone, che prevedeva un brusco innalzamento da 57 a 60 anni, fu sostituito da un passaggio graduale (dai 57 ai 58 anni) nel 2008, incrementato successivamente mediante il sistema delle quote. I requisiti in termini di accesso dal 2009, rimasero pressoché analoghi al periodo precedente (tranne che per i lavoratori autonomi che videro aumentare il requisito anagrafico di un anno). 160 Camera dei deputati (2004), Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza e assistenza obbligatoria, < Roma 161 Camera dei deputati (2007), Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza e assistenza obbligatoria, < Roma 110

111 La riforma delle pensioni mantenne inoltre la possibilità di accedere al pensionamento d anzianità con 40 anni di contributi a prescindere dal requisito anagrafico e avvalendosi di quattro finestre d uscita nei mesi di gennaio, aprile, luglio e ottobre anziché delle sole due previste dalla riforma Maroni. L età di pensionamento delle donne rimase a 60 anni, nonostante l ipotizzato graduale incremento a 62 anni. Tra le importanti novità della riforma pensionistica vi fu l adeguamento dei coefficienti di trasformazione 162 per le pensioni contributive, tenendo conto dell incremento della speranza di vita. Lavoratore Prima iscrizione a previdenza obbligatoria dopo 29/04/1993 Non iscritto a fondo pensione complementare Silenzio Voce TFR automaticament e versato a forma pensionistica complementare Fondo previsto da contratti collettivi Fondo previsto residuale INPS 1 TFR maturando a qualsiasi forma pensionistica complementare (fondo chiuso, fondo aperto, PIP) Mantenere TFR presso datore di lavoro azienda < 50 dipendenti TFR rimane in azienda azienda almeno 50 dipendenti TFR versato a fondo INPS 2 Fig. 24 Il meccanismo del silenzio assenso revisionato dal governo Prodi bis Il coefficiente di trasformazione ha la funzione di trasformare il montante dei contributi versati da ciascun pensionato e tiene conto di diversi fattori tra i quali l aspettativa di vita. 163 Jessoula M. (2009), La politica pensionistica, Il Mulino, Bologna 111

112 Inoltre, si anticipò l attuazione della riforma al 2007, prima che si manifestassero gli effetti previsti dalla legge Maroni del 2004 (cioè nel 2008), accompagnata da un trasferimento del TFR in un Fondo dell INPS per lavoratori di aziende con più di 50 dipendenti, sempre se questi ultimi non hanno aderito a un altro Fondo pensione. L effetto di questa manovra (TFR) è stata positiva: infatti, le analisi fatte a metà luglio del 2007, mostrarono un incremento di adesioni ai Fondi pensione (circa +25%) 164. Rientrano nelle modifiche, rispetto al 2004, l attuazione di provvedimenti volti a sostenere i giovani i quali hanno così la possibilità di riscattare gli anni necessari all ottenimento della laurea e l aumento delle pensioni basse. In più è stata introdotta una revisione volta a controllare i contributi figurativi 165, che riguardano l intero periodo di godimento delle indennità di disoccupazione e che non vengono più calcolati sugli importi degli assegni di disoccupazione, ma sulla retribuzione piena presa a riferimento per il calcolo degli assegni stessi nel caso di disoccupazione e di lavori discontinui 166. Tab Età di pensionamento previste dalla riforma Damiano 164 Brugiavini A. (febbraio 2008), Pensioni, < Lavoce.info 165 Si tratta di contributi fittizi, riconosciuti agli assicurati per periodi in cui non si ha svolto alcuna attività lavorativa (senza il versamento dei contributi obbligatori). Ne sono un esempio: servizio militare; gravidanza e puerperio; disoccupazione indennizzata; malattia e infortunio; cassa integrazione guadagni; mobilità; aspettativa sindacale; donazione di sangue; persecuzione politica e razziale; tubercolosi; calamità naturale; aspettativa per mandato elettorale ecc. 166 Ulisse Magazine (2008), Previdenza Riforma pensioni 112

113 Tra le altre novità, vennero adeguate le pensioni minime. Tali adeguamenti erano corrisposti una tantum, cioè in un unica soluzione. Secondo gli anni di contribuzione, l aumento unico era previsto tra i 262 euro e i 392 euro per il 2007, mentre era fissato tra i 336 e i 504 euro per l anno Tab Principali differenze tra le riforme Maroni e Prodi Però il primo elemento su cui andò a intervenire il governo Prodi fu la previdenza complementare con l obiettivo di riesaminare il d.lgs. 252/2005. Infatti, con il d.lgs. 279/2006 venne sancita l implementazione del criterio del silenzio-assenso dal 1 gennaio 2007 e con la successiva legge 296/2007, vennero definiti i criteri per l anticipo della riforma. Con il d.lgs. 81/2007 si disposero, inoltre, l aumento delle prestazioni assistenziali mediante l incremento delle maggiorazioni sociali e l erogazione della quattordicesima ai pensionati per il biennio (fino a un 113

114 massimo di 1,5 volte il minimo) 167. Si procedette inoltre a irrobustire il rapporto tra i contributi e le corrispondenti prestazioni nel sistema a contribuzione, intervenendo nuovamente sui coefficienti di trasformazione, adattandoli ai dati economici e demografici in essere in quel momento. Ciò venne rafforzato con l introduzione della revisione degli stessi ogni tre anni (richiesto già in precedenza dalla commissione Onofri nel 1997) con una semplificazione del processo di revisione dei coefficienti (venne abolito l obbligo di consultazione delle Parti sociali). Tab. 63 I coefficienti di trasformazione prima e dopo la riforma Damiano Fonte: La politica pensionistica, Jessoula M. Recentemente il Governo sta lavorando per cambiare la composizione della spesa sociale per evitare di rimanere un paese di vecchi come definito da Sacconi, attuale Ministro del Lavoro. Questo perché le pensioni assorbono il 60% di essa. Secondo Sacconi questa percentuale è eccessiva e va riequilibrata a favore dell educazione, della formazione e del lavoro attivo. «Oggi -afferma ancora Sacconi- bisogna tenere sotto controllo la spesa previdenziale, sostenere la natalità e dare alle donne la possibilità di conciliare lavoro e famiglia». 167 Jessoula M. (2009), La politica pensionistica, Il Mulino, Bologna 114

115 2.6 Strutturazione del sistema previdenziale italiano Per quanto riguarda le forme previdenziali scelte da parte dei lavoratori, è emerso recentemente che sempre meno persone ricorrono alla pensione di anzianità. Infatti, secondo informazioni fornite dal presidente dell INPS, Mastrapasqua, se si confrontano i dati delle iscrizioni nella prima metà del 2009 con quelle effettuate nello stesso periodo del 2008, emerge una diminuzione pari a circa 100 mila iscrizioni (pari a un calo del 57,5%). Lo stesso Mastrapasqua aveva ritenuto che questo calo era da attribuire al fatto che molti avevano preferito aspettare il raggiungimento dell età richiesta per l ottenimento della pensione di vecchiaia, questo nella speranza di ottenere un assegno più ricco 168. Tuttavia, questo minore ricorso alle pensioni di vecchiaia non dovrebbe essere stato una conseguenza delle regole introdotte con le recenti riforme sui sistemi previdenziali. Infatti, i dati presi in considerazione dall INPS si riferivano al periodo antecedente all introduzione della nuova riforma di luglio Per essere ancora più precisi, coloro che volevano andare in pensione nel luglio 2009, dovevano aver maturato i requisiti almeno sei mesi prima, cioè al raggiungimento dei 58 anni entro la fine del 2008 (35 anni di contributi versati e un età di 58 anni). Le modifiche del governo Berlusconi, che hanno portato all innalzamento dell età pensionabile (da 57 a 58 anni dal 1 gennaio 2008) avevano ridotto da quattro a due le finestre d uscita, con conseguente slittamento delle decorrenze (dai sei ai nove mesi per i dipendenti; da nove a 18 mesi per gli autonomi). Come già accennato con la riforma del 2007, si decise, che dall 1 luglio 2009 si sarebbe potuto accedere alle pensioni adottando il metodo delle quote, 168 Il Sole 24 Ore (settembre 2009), Crollano le pensioni di anzianità, < 115

116 che prevedevano la somma dell età anagrafica e degli anni di contribuzione (fino al dicembre 2010 per i dipendenti, pubblici e privati, con un minimo di 59 anni d età) 169. Con l avvento della previdenza complementare si è ottenuta un espansione del welfare state assecondando le necessità evidenziate dalla globalizzazione e dalla continua ricerca, volta ad aumentare gli standard di benessere nella popolazione. L Europa, sottoposta a continuo mutamento (si pensi all allargamento dell Unione Europea) ha evidenziato nuove necessità, sia in termini di competitività sia nell impiego della forza lavoro. Anche il peggioramento delle condizioni demografiche, ancorato al calo dei tassi di natalità, ha richiesto massicci interventi volti a rendere sostenibile nel tempo i sistemi previdenziali dei paesi europei. Ciò ha fatto emergere l importanza di fornire degli strumenti integrativi volti ad alleggerire il peso contributivo a carico dei lavoratori. Tale soluzione (Fondi pensione) non è risolutiva dei problemi che affliggono i paesi europei, ma rappresenta un potenziale strumento per far fronte ai problemi che si manifestano sempre più, con un conseguente beneficio anche per i mercati finanziari che contribuiscono a far fiorire le economie 170. Con l adesione a forme previdenziali integrative, la popolazione aderente va a spalmare il rischio, essendo legati a più fonti diverse e non rimanendo vittime del solo sistema pubblico. Infine, le Tabelle permettono di ripercorrere le principali riforme realizzate in Italia. 169 Jessoula M. (2009), La politica pensionistica, Il Mulino, Bologna 170 Jessoula M. (2009), La politica pensionistica, Il Mulino, Bologna 116

117 Tab. 64 Le riforme negli anni di alternanza tra il centro-destra e centro sinistra 171 Tab. 65 Le riforme negli anni di alternanza tra il centro-destra e centro sinistra Jessoula M. (2009), La politica pensionistica, Il Mulino, Bologna 172 Jessoula M. (2009), La politica pensionistica, Il Mulino, Bologna 117

118 Tab. 66 Le riforme negli anni di alternanza tra il centro-destra e centro sinistra Previdenza complementare Nel 2007 entrò in vigore la tanto attesa riforma che si riferiva alla previdenza complementare, destinata a entrare in vigore nel 2006 e ritardata in seguito. Questo era necessario come risposta a un sistema previdenziale ormai colmo di lacune. Questa categoria di strumenti previdenziali fu introdotta soprattutto con l intento di tutelare le generazioni di lavoratori più giovani, dato che i sistemi previdenziali in vigore precedentemente avevano eroso i contributi (forniti dalle generazioni precedenti), di coloro che si trovano tuttora ad avere delle aspettative poco rassicuranti (con riferimento all assegno da pensione). Ho ritenuto fosse importante menzionare anche questa forma di risparmio, dal momento che il pilastro pubblico in vigore oggigiorno, non è in grado di garantire una pensione sufficiente 174. Fu con la legge n. 421 del 1992 che il Governo ottenne la delega per disciplinare la previdenza complementare, estendendola a tutti i lavoratori. 173 Jessoula M. (2009), La politica pensionistica, Il Mulino, Bologna 174 Jessoula M. (2009), La politica pensionistica, Il Mulino, Bologna 118

119 Tali regole normative entrarono in vigore con il d.lgs. 124 del 1993, individuando nel TFR la fonte principale per il finanziamento di queste forme di previdenza, lasciando la facoltà di adesione o meno. L iscrizione, inoltre era legata alla scelta di un piano di previdenza obbligatoria o al primo impiego. La differenza tra le due modalità fu: se il lavoratore era già iscritto prima dell entrata in vigore della legge, allora c era la possibilità di destinare soltanto una parte al sistema previdenziale integrativo, mentre nel secondo caso, invece, il TFR confluiva per l intero ammontare, direttamente al sistema di previdenza integrativo. Da un analisi fatta dalla COVIP (Commissione di vigilanza sui Fondi pensione, vedi Tabella 67), si evince che i flussi di adesione alle forme di previdenza complementare sono rimasti pressoché invariati. Procedendo con l analisi della Tabella 67, si nota invece un aumento dei riscatti per perdita dei requisiti e un gonfiamento del numero d iscritti silenti o che interrompono i versamenti. E questo ovviamente rappresenta, quindi, una tendenza negativa. Le maggiori preoccupazioni sono a carico dei lavoratori prossimi al pensionamento. Questi ultimi, in caso di adesione a Fondi pensione azionari o bilanciati, rischiano di trovarsi in una situazione critica, poiché il minimo tempo a disposizione per recuperare le eventuali perdite subite. Da qui diventa sempre più importante, come già affermato, ridurre le asimmetrie informative dotando i Fondi pensione di strumenti a supporto dei lavoratori, cosicché possano prendere delle decisioni razionali, con una tempistica adeguata Argentino G., Boni V., Consiglio M., Foresti G., Gulia P., Budano G. (2006), La riforma del sistema pensionistico italiano, in Dir.Prat.Lav.n. 3 (inserto), XI 119

120 Tab. 67 L evoluzione della previdenza complementare in Italia Nel 2008 le adesioni alla previdenza complementare hanno registrato un incremento del sei per cento (al netto delle uscite dal sistema). Questi dati sono in linea con quelli registrati precedentemente al 2007, anno in cui la percentuale di nuove iscrizioni raggiunse un livello molto elevato (circa il 50 per cento) a seguito della campagna per il conferimento del TFR ai Fondi pensione. Era quindi sistematico aspettarsi un calo dopo l esplosione delle iscrizioni. Però c è da evidenziare una riduzione tale da poterla ignorare ( iscrizioni nel 2008), pur considerando il manifestarsi di una crisi finanziaria senza eguali 176. Allo stesso tempo però, si sono riscontrati circa riscatti (3% sul totale degli iscritti) per la perdita dei requisiti di partecipazione. Il numero, tuttavia, non è preoccupante se riferito al numero complessivo degli iscritti (vi è quindi una coerenza strutturale). Un altro motivo è attribuibile agli aumenti dei tassi di disoccupazione, ai periodi di cassa integrazione e alla difficoltà da parte dei lavoratori a restare in un sistema previdenziale che vive una situazione di difficoltà economica. 176 COVIP (luglio 2009), La previdenza complementare Principali dati statistici, COVIP, Roma 120

121 Tab. 68 I rendimenti dei Fondi pensione e dei PIP Fonte: COVIP 2009 Un altro dato importante si riferisce al numero di uscite dal sistema previdenziale complementare a seguito dell interruzione dei versamenti o la presenza di posizioni nulle o irrisorie. Sull intero ammontare delle iscrizioni nei sistemi previdenziali complementari, ben iscritti risultano non versare quote e iscritti hanno posizioni nulle o irrisorie (oltre il 50% degli aderenti è iscritto a Fondi aperti Tabella 68). Il 24 per cento di tale ammontare si riferisce ai PIP, il 44 per cento ai Fondi aperti e la percentuale residua è equamente distribuita tra Fondi negoziali e Fondi preesistenti. In sintesi, il 13% del totale degli iscritti alla previdenza complementare e circa il 30% degli iscritti complessivi a Fondi aperti e PIP appartiene a una di queste due categorie. Siamo di fronte a numeri che in una certa misura ridimensionano il livello di copertura raggiunto dal sistema 177. Un terzo dato, in controtendenza rispetto ai precedenti, riguarda i lavoratori silenti che hanno aderito a Fondi pensione soltanto per non aver preso una decisione esplicita riguardo alla destinazione del loro TFR Amato G., Marè M. (2007), Il gioco delle pensioni: rien ne va plus?, Il Mulino, Bologna 178 COVIP (luglio 2009), La previdenza complementare Principali dati statistici, COVIP, Roma 121

122 Nel 2008 il numero degli iscritti appartenenti alla categoria dei silenti era in crescita. Su un totale di circa nuove adesioni ai Fondi negoziali, un terzo era imputabile al conferimento tacito del TFR. Trattasi di una percentuale molto superiore a quella registratasi nel 2007, che era residuale e comunque inferiore al cinque per cento. È triplicato anche il numero dei lavoratori iscritti d ufficio a FONDINPS, passati da 7000 nel 2007 a circa nel L aumento dei silenti, esalta l importanza di un efficiente politica volta a informare i lavoratori sulla composizione, sui rischi e sulle modalità di funzionamento dei vari prodotti. Con riferimento a ciò basta ricordarsi lo sforzo pubblicitario profuso, nel momento in cui bisognava scegliere un prodotto cui destinare la propria quota di TFR Il TFR e i Fondi pensione I Fondi pensione sono uno strumento ambivalente, come già visto per il TFR e la pensione pubblica. Negli anni 80 il TFR era visto come uno scippo, non ritenendolo uno strumento utile a prevenire la situazione di disagio che possa manifestarsi in seguito 180. Si pensava invece, che fosse la pensione pubblica (in seguito il primo pilastro ) lo strumento ideale a garantire una vecchiaia dignitosa. Oggi, però, è agli occhi di tutti che questo meccanismo si è rotto e che non è più in grado di soddisfare le esigenze di tutti. La causa principale di queste disfunzioni è in primis da attribuire al cambiamento demografico (visto nel Capitolo Primo), il quale ha insistito nel passato e tuttora preme sui Governi di tutto il mondo, invitando a intervenire con sostanziose riforme, anche radicali, necessarie per far fronte ai cambiamenti intercorsi negli ultimi 30 anni. In questo senso i Fondi pensione rappresentano uno strumento innovativo, cioè uno strumento il quale permette di diversificare i rischi che colpiscono il 179 Mangiatordi B. (giugno 2009), Previdenti nella crisi, < pensioni/pagina html>, Lavoce.info 180 Argentino G., Boni V., Consiglio M., Foresti G., Gulia P., Budano G. (2006), La riforma del sistema pensionistico italiano, in Dir.Prat.Lav.n. 3 (inserto), XI 122

123 risparmio dei lavoratori. Essi si differenziano in riferimento alle caratteristiche di coloro che vi aderiscono (in termini di reddito e di età), rappresentando comunque uno strumento ad adesione volontaria che può, se gestito in maniera adeguata, portare a dei risultati positivi se non addirittura eccellenti 181. Come già visto nei paragrafi precedenti, con la riforma Amato del 1992 vennero disciplinati e costituiti i Fondi pensione. Si tratta di Fondi comuni istituiti dal legislatore e destinati a costituire forme previdenziali complementari con il fine di integrare i redditi erogati da parte degli enti pensionistici obbligatori (INPDAP, ENPALS e INPS). Tali Fondi si distinguono perché sono titolari di un autorità di vigilanza (COVIP - Commissione di vigilanza sui Fondi pensione) e sono soggetti a una tassazione meno stringente. Infatti, dal Fisco viene prelevato l 11% dei rendimenti, anziché il 12,5% previsto nei Fondi comuni; ci sono limiti al disinvestimento, il quale può essere fatto soltanto al momento del pensionamento e sotto forma di rendita integrativa e vitalizia alla pensione. Al di la di questo si può disinvestire soltanto in condizioni di particolare necessità. Oltre ad avere un fine diverso, i Fondi pensione permettono di entrare e uscire dagli stessi in piena libertà e senza vincoli 182. La regolamentazione per i Fondi pensione prevede la seguente suddivisione: Fondi pensione chiusi: questo tipo di Fondo è destinato a particolari categorie di lavoratori. Nel caso di lavoro dipendente distinto per i vari contratti di lavoro: in base all attività svolta per i lavoratori autonomi, in base all azienda (Fondo quadri) o basati sul territorio (per i lavoratori del Trentino Alto Adige sono stati istituiti i Laborfonds). A titolo di esempio il Fondo Cometa è un Fondo istituito e accessibile solo ai dipendenti metalmeccanici, mentre e il Fondo Fonchim prevede l accesso solo ai dipendenti dell industria chimica. 181 Argentino G., Boni V., Consiglio M., Foresti G., Gulia P., Budano G. (2006), La riforma del sistema pensionistico italiano, in Dir.Prat.Lav.n. 3 (inserto), XI 182 Altroconsumo (ottobre 2008), L abc dei Fondi pensione, < 123

124 La nascita di questi Fondi è da attribuire nella maggior parte dei casi ai sindacati e per il settore industriale a Confindustria come parti sociali. La conduzione è appaltata a società di gestione esterne, quali SGR e assicurazioni. I lavoratori dipendenti che oggi si trovano obbligatoriamente ad aderire a un Fondo pensione, hanno il diritto di ricevere un contributo da parte del datore di lavoro fissato in genere all uno per cento della retribuzione lorda prevista dai contratti nazionali. Tale percentuale è disciplinata in maniera diversa da ciascuna società. Questo a sua volta non è un processo automatico, ma prevede una negoziazione tra le parti, poiché sussiste la possibilità per il dipendente di aderire a un Fondo diverso da quello previsto dal suo contratto di lavoro. Fondi pensione aperti: si tratta di Fondi istituiti dalle banche e da assicurazioni. Vennero in risposta ai Fondi pensione chiusi, essendo questi ultimi destinati soltanto ai lavoratori dipendenti e permettono, quindi, di accedere a un Fondo anche agli altri lavoratori; Fondi pensione preesistenti: sono nati prima delle grandi riforme pensionistiche degli anni 90. Si tratta di vecchi Fondi pensione solitamente gratuiti per il lavoratore, cioè grazie a un beneficio dell azienda che si fa carico di versare contributi in modo volontario. Con essi il Governo ha favorito l equiparazione dei Fondi pensione ai contratti di assicurazione sulla vita (i cosiddetti PIP) 183. I PIP (piani individuali pensionistici) tecnicamente non sono dei Fondi pensione, però la loro struttura presenta finalità analoghe ai Fondi pensione visti sopra. Si tratta di prodotti assicurativi che hanno come finalità quello di accumulare reddito per la pensione e prevedendo rispetto agli altri Fondi, delle commissioni più alte. 183 Altroconsumo (ottobre 2008), L abc dei Fondi pensione, < 124

125 Sviluppo normativo dei Fondi pensione e del TFR Le modifiche apportante negli anni sono risultate però insufficienti a catturare l attenzione dei lavoratori. Infatti, a distanza di 15 anni dall entrata in vigore delle norme legate ai Fondi pensione, soltanto il 13-14% dei lavoratori ha mostrato interesse aderendo. In questo senso le modifiche del d.lgs. 124/93 resero possibile degli interventi governativi (potere conferito con la Legge 243/94 che prevedeva modifiche entro un anno dalla data della sua entrata in vigore), che hanno rappresentato una svolta importante. In effetti, il d.lgs. 124/93 dispose in particolar modo, che il TFR dovesse essere devoluto a forme di previdenza integrativa, fatta salva la facoltà del lavoratore di aderire o meno (scelta da operare entro sei mesi dalla data d inizio dell attività lavorativa). Ciò portò a un inversione di tendenza, ponendo il lavoratore dinanzi a una decisione tutt altro che marginale. Infatti, il lavoratore che voglia continuare ad accantonare il TFR deve esplicitamente dichiararlo, altrimenti il TFR confluisce nella previdenza complementare, secondo le determinate modalità previste dalla normativa. A seguito della legge 243 del 1994, il Governo messo nelle condizioni di dover emanare il Decreto legislativo entro il 6 ottobre 2005 (data di scadenza della delega parlamentare), ha dato mandato al Ministro del Lavoro di avanzare proposte in tal senso 184. Tale procedura non fu di facile attuazione, giacché si trattava di inserire tutte le disposizioni del d.lgs. 124/93, il quale era già stato modificato da sei precedenti provvedimenti di legge. Perciò il Ministero decise di varare un nuovo Decreto legislativo che comprendesse, in un unico e nuovo quadro normativo tutte le norme, sia quelle da non modificare, che le innovazioni apportate dalla Legge del L obiettivo fu quindi quello di trovare una 184 Argentino G., Boni V., Consiglio M., Foresti G., Gulia P., Budano G. (2006), La riforma del sistema pensionistico italiano, in Dir.Prat.Lav.n. 3 (inserto), XI 125

126 soluzione per quanto concerne le misure compensative e di risolvere le questioni legate alla cosiddetta portabilità del contributo aziendale. Fu pertanto necessario ottenere i pareri prescritti dalla legge delega, attività svolta durante tale periodo. Si ottenne in questo senso una positiva collaborazione con le parti sociali maggiormente rappresentative (fra cui CGIL, CISL, UIL, UGL, Confindustria, Confcommercio, Confartigianato, per un totale di 23 organizzazioni sindacali e imprenditoriali), le quali mediante un Avviso comune hanno esposto al Ministero gli elementi ritenuti essenziali per il varo di un provvedimento che potesse efficacemente favorire la diffusione delle forme di previdenza integrativa. Il fatto di riuscire a prendere una decisione in comune accordo tra parti sociali spesso e tradizionalmente contrapposte è da ritenersi un fatto storico. Per rendere possibile il tutto, l operazione di negoziazione si è basata sulla trasparenza e le proposte presentate furono in grado di orientare i contenuti delle decisioni governative. Con la sottoscrizione dell Avviso comune venne richiesto e ottenuto, che il contributo aziendale fosse dovuto «nei limiti e secondo le modalità stabilite dai contratti o accordi collettivi (anche aziendali)», formulazione in contrasto con il principio affermato dalla legge delega. Assunsero così maggiore fascino i Fondi pensione di origine contrattuale, fatto che andò a discapito dei Fondi aperti ad adesione individuale e dei PIP promossi dalle imprese di assicurazione 185. Da tale negoziazione scaturirono ciò nonostante degli attriti e l esito non era da ritenersi scontato, visto il contrasto sorto da una parte di alcuni settori governativi e anche, soprattutto, dalle imprese di assicurazione. Per l appunto la formulazione accolta dal Ministro del Lavoro generò pareri discordi all interno del Governo tra il Ministro del Lavoro stesso, il quale riteneva che il consenso delle Parti sociali fosse necessario per il rilancio della previdenza complementare e altri Ministri che ritenevano fosse più opportuno non discostarsi dal principio affermato dalla Legge delega Casotti A., Gheido M. R. (maggio 2007), La riforma della previdenza complementare: Disciplina, modalità di scelta della destinayione del TFR e regime dei Fondi Pensione, Ipsoa Editore Gruppo Wolters Kluwer Italia S.r.l. 186 Argentino G., Boni V., Consiglio M., Foresti G., Gulia P., Budano G. (2006), La riforma del sistema pensionistico italiano, in Dir.Prat.Lav.n. 3 (inserto), XI 126

127 Per evitare di creare altri disagi, si decise di lasciare immutata la norma proposta dal Ministro del Lavoro, e di rinviare l entrata in vigore della riforma della previdenza complementare all anno Con l approvazione della Legge finanziaria 2007 venne abolita dal Parlamento la norma che anticipava la riforma al Il TFR dei lavoratori in passato era visto come una forma di autofinanziamento per le imprese. Ovviamente con l avvento dei Fondi pensione complementari, tale opportunità è venuta meno, generando a sua volta dei problemi in termini di liquidità e con la necessità di ricorrere a misure alternative. Venne perciò chiesto al Governo, da parte delle imprese un impegno a intervenire nei confronti delle banche per agevolare il credito finalizzato al trasferimento del TFR nella previdenza complementare 187. In tale ottica venne sottoscritto un protocollo d intesa con l ABI (Associazione bancaria italiana), che è rimasto tuttavia inoperante a causa della ritardata entrata in vigore del Decreto delegato, protocollo disdetto a seguito del cambio di Governo. Oltre a essere finanziata dal TFR, la previdenza integrativa secondo la normativa già in vigore, può essere finanziata anche da contributi aggiuntivi che prevedono la suddivisione del carico tra azienda e il lavoratore. Come già accennato in precedenza, il contributo aziendale deve essere stabilito contrattualmente con riferimento ad una percentuale dello stipendio lordo, a condizione che il lavoratore si iscriva a un determinato Fondo pensione ad adesione collettiva. La regola per cui il datore di lavoro è obbligato a versare il contributo aggiuntivo prevede che anche il lavoratore debba compiere un versamento aggiuntivo al medesimo Fondo, e in misura almeno pari a quella versata dal datore di lavoro Si tratta di provvedimenti di agevolazione all accesso al credito, in grado di compensare le aziende per le uscite di cassa connesse alla destinazione periodica ai Fondi pensione delle somme corrispondenti all entità del TFR. 188 Argentino G., Boni V., Consiglio M., Foresti G., Gulia P., Budano G. (2006), La riforma del sistema pensionistico italiano, in Dir.Prat.Lav.n. 3 (inserto), XI 127

128 Con il decreto del 1993 si stabilì poi, che ai lavoratori soggetti a un contratto di lavoro istitutivo di un Fondo negoziale, sia d obbligo versare il proprio TFR soltanto al Fondo sottoscritto con la possibilità di trasferire il proprio risparmio accumulato a un altro Fondo aperto o a un PIP dopo soltanto tre anni con la conseguente perdita del contributo aziendale, essendo il datore di lavoro contrattualmente vincolato al Fondo negoziale 189. Con disposizione innovativa la legge delega, in attuazione del principio di libertà di adesione a qualsiasi forma pensionistica complementare, aveva stabilito, secondo quanto segue, che il TFR potesse essere destinato anche a forme complementari diverse dai Fondi negoziali: «Qualora il lavoratore abbia diritto a un contributo del datore di lavoro da destinare alla previdenza complementare, detto contributo affluisca alla forma pensionistica prescelta dal lavoratore stesso». Con il d.lgs. n. 252 del 5 dicembre 2005 venne rafforzato il ruolo del TFR come fonte principale di finanziamento della previdenza complementare. Il TFR si costituiva dal 6,91% dello stipendio lordo, che se incrementato della contribuzione aggiuntiva, equamente ripartita tra azienda e lavoratore, poteva raggiungere un ammontare del 10%, percentuale importante considerando che il lavoro dipendente contribuisce a finanziare già la pensione di primo pilastro con il 33% dello stipendio lordo, facendo dunque lievitare al 40% la parte del reddito da lavoro dipendente destinato al sistema previdenziale. Coloro che invece operano nel settore domestico (casalinghe/i su tutti), hanno scarsi incentivi ad aderire a forme previdenziali alternative. In effetti, questi ultimi lavorano soltanto alcune ore presso vari datori di lavoro, maturando un TFR di importi sostanzialmente irrisori. Nella stessa condizione si trovano coloro che svolgono un lavoro salutario nel settore agricolo, in cui l andamento ciclico non permette di contribuire in maniera continuativa alla costruzione di un capitale integrativo. 189 Cazzola G. (2008), Le pensioni spiegate a mia nonna: Guida pratica per pensionati e aspiranti tali, Rubettino Editore, Soveria Mannelli 128

129 I lavoratori autonomi e i liberi professionisti, che non hanno il TFR, possono procedere a integrare il proprio monte pensioni rinunciando nell immediato a quote di reddito da destinare alla previdenza complementare 190. Vivendo in una condizione finanziaria precaria, essi non hanno fondi sufficienti da investire in forme integrative. Questo fatto espone tali soggetti a un serio rischio di copertura finanziaria futura. Rimane infine un ultima categoria di persone da analizzare: ossia coloro che non hanno lavoro e che non prestano alcuna attività lavorativa. Anch essi hanno la possibilità di accedere a un Fondo pensione. Tale novità fu introdotta con il d.lgs. 252/05, che ha altresì eliminato le disparità tra i lavoratori e gli individui fuori dal mercato. Con ciò si permette a ciascun cittadino di costruirsi un piano di risparmio previdenziale e di essere trattati nella stessa maniera, con regole comuni a tutti i lavoratori. Un esempio per questa categoria sono gli studenti iscritti a un PIP o a un Fondo aperto da parte dei genitori che così si garantiscono la possibilità di dedurre fiscalmente i contributi fino a quando il figlio non sarà economicamente autonomo. Allo stesso modo il reddito dei coniugi può essere impiegato in parte per incrementare il risparmio previdenziale del partner, eventualmente disoccupato Differenze tra TFR e Fondi pensione Andando con ordine il TFR risulta sicuramente essere la forma di previdenza complementare più sicura, essendo rivalutato e garantito. Infatti, nel momento in cui la società (presso cui una persona lavora) dovesse fallire, allora il Fondo di garanzia dell INPS garantirebbe per esso il pagamento del reddito accumulato fino a tale data. Per quanto concerne i Fondi complementari, il rendimento non è garantito, anche se la storia (dati statistici sull andamento del mercato finanziario) e il 190 Argentino G., Boni V., Consiglio M., Foresti G., Gulia P., Budano G. (2006), La riforma del sistema pensionistico italiano, in Dir.Prat.Lav.n. 3 (inserto), XI 129

130 rigore delle norme che li disciplinano, non vengono date indicazioni per cui bisogni avere particolari timori. Rientrano tra queste regole, quelle volte a prevenire eventuali conflitti d interesse tra i vari soggetti iscritti a PIP o a Fondi pensione, fissandone le condizioni: separatezza patrimoniale, separatezza amministrativa e separatezza contabile: separatezza tra le risorse monetarie raccolte, con finalità di previdenza complementare, da tutte le altre risorse che costituiscono il patrimonio del soggetto che ha costituito un Fondo. Inoltre, con il decreto legislativo venne a sua volta affidata alla COVIP (Commissione di vigilanza sui Fondi pensione), la concentrazione delle attività di controllo e vigilanza. Fu la prima volta che questo insieme di funzioni venne affidato a un unica Authority di vigilanza. Rientrano così nella sfera di competenza della COVIP non soltanto tutti i Fondi pensione, ma anche i PIP promossi dalle società di assicurazione, a loro volta sottoposti a vigilanza da parte dell ISVAP (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e d interesse collettivo). Mediante questi istituti di vigilanza, il Legislatore ha voluto fornire un altro elemento di garanzia per tutelare i redditi accumulati per la previdenza integrativa dai lavoratori. In termini di rendimento, come già affermato prima, il TFR permette di ottenere un rendimento certo mentre i Fondi pensione non garantiscono sempre rendimenti elevati nel breve periodo (come invece alcuni tendono a pensare). Difatti, i Fondi pensione spesso si riferiscono a investimenti costanti con capitali anche di modesto ammontare. In questa sede è opportuno citare i PAC, che permettono di aderire a Fondi pensione con cifre modeste, (per esempio 50 euro). Tuttavia l orizzonte temporale necessario all ottenimento di un guadagno accettabile è abbastanza lungo (anche fino a 30 anni). 130

131 L investimento in titoli bilanciati, consentirà di ottenere dei rendimenti marginali che matureranno solo dopo tanti anni. Oggigiorno anche gli stessi Fondi pensione si sono evoluti, mutando a forme di adesione più flessibili. Alcuni fondi prevedono la restituzione ai lavoratori all interno di un certo montante e altri garantiscono una rendita vitalizia che andrà a integrare la pensione percepita dal primo pilastro 191. Tali forme stanno cominciando a invogliare maggiormente i lavoratori, fino a ora poco attivi sotto questo punto di vista. Pian piano si stanno vedendo delle inversioni di tendenza, siccome molte persone cominciano a vedere il risparmio previdenziale come una sorta di assicurazione vita da riscuotere dopo il pensionamento 192. Tornando al concetto di risparmio-dovere il vecchio sistema prevedeva una quota di contribuzione fissata dalla legge, con l obbligo di versamento affidato all azienda. Il lavoratore non doveva far altro che controllare la correttezza dei versamenti da parte del datore di lavoro, supportato dal Patronato ACLI. Tutto l opposto si deve fare quando si parla di previdenza integrativa. Il lavoratore, in effetti, si trova come attore principale a decidere sul proprio avvenire. Innanzitutto deve decidere se continuare a versare denaro a favore del TFR, seguendo la modalità tradizionale o se passare a una forma di previdenza integrativa. Però, quanto detto, non rappresenta la completezza. Nel caso il lavoratore, infatti, decidesse di investire in un Fondo pensione, si troverà davanti ad altre decisioni che riguardano il mantenimento o meno della percentuale di contribuzione, la scelta del comparto d investimento (che può essere meno aggressivo con la possibilità di cambiare in qualsiasi momento il comparto o perfino di cambiare il Fondo stesso (o anche il gestore). L ultima decisione del lavoratore sarà presa al momento del pensionamento. In questa scelta rientra la decisione se ricevere immediatamente l intero ammontare o se posticiparlo in rate da riscuotere 191 Argentino G., Boni V., Consiglio M., Foresti G., Gulia P., Budano G. (2006), La riforma del sistema pensionistico italiano, in Dir.Prat.Lav.n. 3 (inserto), XI 192 Casotti A., Gheido M. R. (maggio 2007), La riforma della previdenza complementare: Disciplina, modalità di scelta della destinayione del TFR e regime dei Fondi Pensione, Ipsoa Editore Gruppo Wolters Kluwer Italia S.r.l. 131

132 fino alla fine della propria vita. Nel momento in cui il lavoratore abbia deciso di ottenere il capitale sotto forma di assegni postergati, allora otterrà, nei limiti consentiti dalla legge, un ulteriore rendimento. I Fondi pensioni rappresentano per coloro che sono prossimi al pensionamento, un opportunità, dati i benefici fiscali, da cogliere per accrescere il reddito atteso al termine della vita lavorativa 193. Come già affermato, ritengo sia necessario scegliere il Fondo in riferimento alla propria età e con riferimento alle proprie attese di rendimento. Nel momento in cui questi fondi (incentivati anche dai datori di lavoro) sono investiti mediante metodi efficienti, trasparenti e garantiti, si sarà in grado di ottenere dei rendimenti superiori rispetto al semplice investimento nel TFR. Ulteriore garanzia per i lavoratori è il fatto che i fondi concessi alla società incaricata di gestirli (SGR), devono per forza esser consegnati a una banca depositaria, la quale ha il compito di custodirli fino al loro rimborso Riformare il sistema previdenziale complementare in Italia Come già ribadito più volte, con la crisi finanziaria i Fondi pensione hanno subito delle gravi perdite che sono aumentate fino a metà del 2009 e cominciando solo ora a riprendersi. L analisi non va comunque fatta soltanto basandosi su quelli che sono stati i rendimenti durante il periodo di crisi, ritenuti quasi innaturali, ma altrettanto irrazionale sarebbe considerare gli elevati rendimenti conseguiti negli anni precedenti alla crisi stessa. A preoccupare maggiormente sono le decisioni prese da parte dei lavoratori prossimi al pensionamento. Per quanto concerne gli iscritti per tipologia di comparto e classe di età, si evince che nei Fondi negoziali il 40 per cento degli aderenti e appartenenti alla fascia tra i 60 e i 65 anni, risultavano 193 La voce (giugno 2009), La risposta ai commenti, < pensioni/pagina html>, Lavoce.info 132

133 iscritti (nel 2008) a comparti bilanciati 194 (con una la componente azionaria che si aggira intorno al 30 per cento) e per una parte minore a comparti azionari 195. Pur spettando la responsabilità della scelta all iscritto e perciò dovendo esso stesso perseguire il proprio interesse, c è da attribuire una forte responsabilità all intero sistema dei Fondi pensione che non è stato in grado di aiutare gli iscritti in questione a operare scelte razionali 196. In riferimento a ciò sono state fatte numerose indagini a livello mondiale per analizzare la capacità di percezione del rischio finanziario da parte degli individui, sottolineando la grave carenza di conoscenze che caratterizza la stragrande maggioranza della popolazione. È dunque assolutamente inderogabile l esigenza che i Fondi pensione si dotino di strumenti adeguatamente configurati (linee di default life cycle, questionari di auto-valutazione della propensione al rischio, servizi di consulenza) in grado di prevenire esiti che in futuro, quando il sistema sarà maturo e il risparmio accumulato (maggiore di quello medio attuale) durante l intero arco di una vita ben, potrebbero creare drammi individuali e sociali inaccettabili. Il sistema pensionistico italiano, risulta instabile considerando anche la perdita annua pari al 14% prevista a protrarsi fino al 2060 (fatto sicuramente non positivo). Infatti, la spesa previdenziale continuerà ad assorbire fondi che sarebbero necessari per intervenire e innovare altri ambiti, quali le politiche per il lavoro e l assistenza sociale. Le stesse pensioni Pay-as-you-go dovranno essere ridotte se si vorrà uscire, in tempi brevi, da questo circolo vizioso. A tal fine la diversificazione dei pilastri permette di allineare il sistema 194 I Fondi bilanciati offrono un portafoglio di titoli obbligazionari e azionari ad un risparmiatore che mira a realizzare una crescita del capitale con un livello di rischio medio-alto, in un arco temporale di medio/lungo termine. L investimento é ripartito tra titoli azionari e titoli del mercato obbligazionario, secondo differenti profili di rischio. I Fondi bilanciati sono la soluzione ideale per il risparmiatore che desidera delegare al gestore non soltanto la selezione dei singoli titoli in cui investire, ma anche la definizione dell asset allocation, ovvero la strategia di diversificazione degli investimenti tra mercato obbligazionario e azionario e per aree geografiche. Fonte: Fondicomuni.net, Fondi bilanciati < I Fondi azionari sono consigliati ad investitori con una propensione al rischio elevata in un ottica temporale di lungo periodo. L investimento in fondi azionari permette al risparmiatore di accedere ad un portafoglio diversificato, e quindi meno rischioso, tra titoli scelti dai gestori sulla base di un accurata analisi finanziaria. Fonte: Fondi-comuni.net, Fondi azionari < Indagine sulla previdenza in Europa (2007), < 133

134 pensionistico al finanziamento a capitalizzazione. È necessario concentrarsi sul pilastro integrativo, che permette di ridurre il contributo al primo pilastro, il quale a sua volta concede di ridurre il gap tra l ultima retribuzione e la pensione che si percepirà dalla data di pensionamento in poi. Nel Capitolo Primo, si è reso evidente come l invecchiamento della popolazione sia in continua progressione con una conseguente diminuzione della produttività della forza lavoro. In questo senso è necessario trovare un equilibrio tale, da permettere alle persone di mantenere la loro produttività in qualsiasi fase della loro vita 197. Bisogna quindi intervenire in maniera tale da non vincolare i lavoratori, in termini di età di pensionamento. La soluzione più immediata benché temporanea, consiste nell introdurre un intervallo anagrafico identico per uomini e donne senza la presenza di vincoli (l Italia è stata punita per essere venuta meno agli obblighi stabiliti dall UE 198 ) in termini di anzianità contributiva e con assegni proporzionali alla speranza di vita (assegni flessibili). Ciò richiede la variazione regolare dei coefficienti di trasformazione visti in precedenza. Il pensionamento ad assegni flessibili permette di allungare il periodo lavorativo con la possibilità di scelta autonoma e indipendente da parte di ciascun lavoratore (pensioni più alte per coloro che decideranno di rinviare il pensionamento e viceversa). Sarebbe opportuno avere la possibilità di sfruttare i benefici derivanti dal secondo pilastro con qualche anno di anticipo, in maniera tale da poter avere tempo per prendere una decisione molto importante e che va ponderata con la dovuta pazienza. Difatti, tale decisione è atta a modificare drasticamente la forma di previdenza del lavoratore, il quale diverrebbe per la prima volta protagonista delle scelte legate alla previdenza 199. Ciò permetterebbe a chi voglia cessare la propria attività lavorativa in anticipo, di farlo, riscattando la rendita durante gli anni necessari al 197 CERM (giugno 2009), Pammolli F., Salerno N.C., Requisiti anagrafici di accesso ai benefici differenziati tra pilastro pubblico e pilastro privato: per riformare le pensioni rispettando le scelte individuali, CERM, Roma 198 Ministero per la pubblica amministrazione e l innovazione (2009), Commissione di studio sulla parificazione dell età pensionabile, RGS, Roma 199 CERM (giugno 2009), Pammolli F., Salerno N.C., Requisiti anagrafici di accesso ai benefici differenziati tra pilastro pubblico e pilastro privato: per riformare le pensioni rispettando le scelte individuali, CERM, Roma 134

135 raggiungimento dell età di pensionamento richiesta per ottenere l assegno derivante dai contributi del primo pilastro. Ma esiste anche la possibilità di decidere di uscire gradualmente dal mondo del lavoro, passando a un impiego che preveda un impegno part-time e integrando le differenze di reddito con la rendita derivante dal secondo pilastro. Così facendo, la pensione assumerebbe la forma flessibile più volte ribadita: si otterrebbe quindi un rinnovamento in termini di forza lavoro, aumentando la vita lavorativa. Inoltre, l erogazione delle rendite derivanti dal secondo pilastro permetterebbe ai lavoratori, che invecchiando e avendo bisogno di maggiore denaro da destinare a farmacie e altre forme di assistenza previste dal 2 pilastro, di avere un ammontare di reddito tale da garantire lo standard di vita desiderato. Ovviamente le caratteristiche di tali rendite giocano un ruolo fondamentale. Infatti, secondo la natura della rendita si è in grado di impiegarla in risposta alle proprie esigenze. I benefici fiscali legati all incentivazione all investimento saranno ridotti in misura della flessibilità delle rendite. Quindi in questo periodo di transizione c è la necessita di combinare le forme dei sistemi pubblici e privati per considerare sia le condizioni attuali che quelle future. Tutto ciò ha come fine non ultimo, quello di contribuire a ridurre il profondo debito pubblico che affligge il nostro paese. L Italia per poter occuparsi di altri segmenti del welfare, sta cercando di allungare la vita lavorativa delle persone e di ridurre l impatto contributivo della pensione. Non si può quindi pensare a una riforma delle pensioni considerando soltanto un pilastro. Questo perché il legame è molto stretto e riguarda il passato, il presente e soprattutto il futuro 200. Con riferimento alle pressioni e incitazioni fatte da Draghi, il Governo ha ribadito il fatto che le riforme sono già state fatte e che le opportune modifiche e gli adeguamenti necessari in merito siano già stati compiuti (modifiche della legge Dini). Nel cambiamento necessario del sistema pensionistico va comunque considerato che il nostro paese dovrebbe perseguire un equiparazione previdenziale, in accordo con gli altri paesi 200 CERM (giugno 2009), Pammolli F., Salerno N.C., Requisiti anagrafici di accesso ai benefici differenziati tra pilastro pubblico e pilastro privato: per riformare le pensioni rispettando le scelte individuali, CERM, Roma 135

136 appartenenti all UE. Con riferimento a ciò è intervenuto più volte il Ministro dell Economia, Giulio Tremonti, sottolineando a più riprese come non sia necessario intervenire con manovre sul sistema previdenziale 201. Però queste pressioni derivano, in primis, dalla Commissione Europea, poiché l indice d indebitamento italiano è aumentato di nuovo recentemente. Comunque la decisione di non intervenire da parte del Ministero, è spiegata da stime per cui il deficit pubblico dovrebbe diminuire dello 0,5% annuo nel triennio Tale tasso corrisponde alle richieste fatte dall UE ed è in linea con l obiettivo di riportare il deficit pubblico al di sotto del tre per cento del PIL. È necessario soprattutto per l Italia intervenire gradualmente come proposto dall UE, pur vivendo anche gli altri paesi in condizioni analoghe 202. A tal proposito il ministro Tremonti lascia aperta una porta sulla possibilità di intervenire sul rapporto sociale delle famiglie italiane. Questo perché si ritiene che non si possa intervenire sulle pensioni come se si trattasse di una manovra finanziaria. Mi sembrerebbe che i politici italiani nutrano un forte timore a intervenire, soprattutto quando l intervento riguarda le pensioni. Non riesco a comprendere come mai tendano a rinviare e spostare decisioni sul lungo periodo. Non sarebbe più opportuno pensarci fin da subito in maniera tale da evitare di prendere delle decisioni, che nel breve periodo possono sembrare accettabili, ma che nel lungo periodo si rivelino problematiche, a causa della fretta? Dall altro canto si potrebbe affermare che la crisi finanziaria ha, per certi versi, giovato all Italia, perché tanti paesi si trovano oggi a essere molto più indebitati rispetto a un anno e mezzo fa. Difatti i limiti fissati per gli altri paesi europei sono molto più stringenti rispetto allo 0,5% del caso italiano (dallo 0,75 al 2%). La storia insegna comunque che non ci si può concedere alcun momento di riposo, ma bisogna continuare a essere solerti a monitorare e intervenire. Anzi sarebbe necessario prevenire per dare quella scossa di cui 201 Pesole D. (11 novembre 2009), Tremonti: no a una nuova manovra, Il Sole 24 Ore, Milano 202 Pesole D. (11 novembre 2009), Tremonti: no a una nuova manovra, Il Sole 24 Ore, Milano 136

137 l Italia avrebbe bisogno. Secondo una simulazione effettuata da Brugiavini 203 è stata evidenziata la possibilità di realizzare sostanziosi risparmi in termini di denaro, che potrebbe essere impiegato per fini alternativi e riducendo allo stesso tempo il rapporto tra spesa delle pensioni e PIL. La Figura 25 mostra la simulazione di Brugiavini rapportata al caso base (denominato Q). La linea Q evidenzia un aumento (futuro) sia dei contributi sia della rispettiva età di pensionamento. Infatti, le quote minime (cioè la somma tra l anzianità anagrafica e contributiva), aumenteranno negli anni (95 anni dall 1 luglio 2009, 96 anni nel biennio e 97 anni dal 2013 in poi), riducendo le possibilità di scelta da parte delle famiglie (pensionati esclusi). Nella proposta di Brugiavini (BB2) sono state ipotizzate delle uscite distribuite in maniera uniforme nell ambito delle griglie di età disponibili e il criterio impiegato è l equità attuariale delle prestazioni, che comporta i seguenti vantaggi: le finestre d uscita subiscono un rinvio graduale, mantenendo libertà di scelta sul momento del pensionamento dal 2011 in poi (intervallo fissato dai 59 ai 67 anni); per chi decide di anticipare il pensionamento (prima dei 67 anni) sono previste delle riduzioni attuariali per le pensioni maturate dal 2011 in poi, con l applicazione dei coefficienti di trasformazione aggiornati previsti dalla riforma Dini solo sulla quota pensionistica retributiva. Ciò porterà a una graduale eliminazione degli effetti derivanti dalla riforma con l avvicinarsi alla data in cui le generazioni andranno in pensione con il regime contributivo. Gli assegni pensionistici potrebbero subire una riduzione dell importo fino a un massimo del 23 per cento per coloro che decideranno di andare in pensione a 59 anni, riducendosi fino ad annullarsi nel caso di uscita dal mondo del 203 Brugiavini A. (ottobre 2009), Ritorno alla flessibilità, < pensioni/pagina html>, Lavoce.info 137

138 lavoro a 67 anni. Così facendo il quiescente si garantirebbe l ultimo salario percepito. Da quanto si può evincere dalla Figura 25 il risparmio che si potrebbe avere, è buono con l attuazione di questa proposta. Infatti, nei primi dieci anni si presume che si possano risparmiare fino a milioni di euro 204. Il risparmio derivante dall attuazione di una riforma di questo tipo sarebbe molto importante. Fig. 25 Esiti delle simulazioni con le finestre di uscita flessibili Fonte: Lavoce.info - ottobre 2009 Il recente innalzamento dell età pensionabile delle donne, è condizione insufficiente per far fronte a esigenze ben più marcate. Continuando così si arriverà a lavorare fino a 100 anni e questo fatto non mi sembra ragionevole 205. Sacconi, comunque, non intende affrontare tale argomento o lo 204 Brugiavini A. (ottobre 2009), Ritorno alla flessibilità, < pensioni/pagina html>, Lavoce.info 205 Il Mondo, Romagna-Manoja E. (20 novembre 2009), Pensioni, basta tabù. É tempo di riforme (possibile un intesa bipartisan), RCS, Milano 138

139 accenna solo in misura marginale 206. Ma pian piano un piccolo focolare sta cominciando a divampare: è cresciuto l impatto della spesa previdenziale, che proprio a causa della crisi finanziaria dovrebbe aumentare ulteriormente (si veda a quello che ha detto Draghi precedentemente). L applicazione della riforma Dini e la sua entrata in vigore sarebbero stati degli obiettivi perseguibili fino al Infatti, come già affermato, sono troppi i 35 anni previsti per l entrata a regime di tale riforma, soprattutto pensando al rapido cambiamento al quale siamo esposti oggigiorno. L incremento dell età pensionistica per le donne è sì un primo passo, ma non permette di risparmiare i soldi necessari a sanare i conti pubblici. Anche se molti ritengono che sia necessaria una certa cautela per quanto concerne gli interventi, bisogna invitare tutti a pensare nel lungo periodo, cioè a ciò che sarà se non s interverrà immediatamente e cosa comporterebbe un nuovo rinvio d intervento. Stiamo entrando in un periodo in cui andranno in pensione i baby-boomers, cioè chi percepisce redditi elevati. Per loro non esisteranno redditi sufficienti a integrare il primo pilastro. Sarà quindi opportuno anche per i nostri politici, concentrarsi su argomenti sempre di attualità, proprio perché richiedono continua attenzione e adattamenti (si veda, ad esempio, l aspetto fiscale e quello riferito agli ammortizzatori sociali) Proposte recenti Già l anno scorso l Italia era stata spronata dalla Commissione Europea a valutare un nuovo aumento, successivamente realizzato, dell età lavorativa e a prendere in considerazione a tale proposito anche le donne. Tale miniriforma, proposta dal ministro Brunetta è un primo passo verso la tanto sospirata innovazione del welfare, invocata a più riprese anche dal presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. L obiettivo è di supportare e fornire ammortizzatori sociali per chi vive in condizioni approssimative o in parte 206 Colombo D. (14 ottobre 2009), Da Sacconi un no a nuovi interventi: così il sistema tiene, Il Sole 24 Ore, Milano 139

140 temporanee, come per esempio la disoccupazione. Ciò dovrebbe portare a un sostanzioso risparmio per lo Stato italiano con una notevole riduzione del debito pubblico 207. Nel giugno del 2009 il Ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna, aveva richiesto di innalzare immediatamente l età pensionabile delle donne, evitando tra l altro di pagare multe salate. Già allora la stessa Carfagna spinse verso questa modifica, che dovrebbe permettere oggi di investire in altri comparti sociali, quali il reinserimento delle donne nel mercato del lavoro e il potenziamento degli asili nido 208. Con riferimento alla spesa pensionistica la Comunità Europea ha rilevato che in Italia «la spesa per i trattamenti di quiescenza rispetto al PIL resta tra le più elevate dell Unione Europea e le previsioni si basano sul fatto che le riforme varate siano attuate, in primis quella sulla revisione dei coefficienti». Però anche dopo aver promesso (nell estate 2009 di intervenire in merito, si è giunti a un nuovo capitolo e non si sa ancora di quanto saranno rinviati gli interventi sull età pensionabile. Difatti, è troppo presto per parlare di riforma vera e propria. L aumento dell età di pensionamento, e l eliminazione delle asimmetrie in termini di età tra i sessi dovrebbe portare denaro fresco nelle casse dello Stato, utile a risparmiare intorno ai 100 milioni di euro fino al termine della legislazione attuale. Il problema più evidente a livello mondiale, è quello di postergare decisioni che richiederebbero interventi mirati e immediati. Gli interventi preposti dall attuale Ministro dell Economia Giulio Tremonti sono fissati per il 2015, anno in cui non si sa ancora con certezza quale partito sarà al governo. L articolo 22 bis dell emendamento prescrive inoltre che: «A decorrere dal 1 gennaio 2015 i requisiti di età anagrafica per l accesso al sistema pensionistico italiano sono adeguati all incremento della speranza di vita 207 Gazzini L., Peruzzi C. (14 ottobre 2009), Marcegaglia: si può fare di più, Il Sole 24 Ore, Milano 208 L occidentale (giugno 2009), Pensioni. Carfagna: Equipariamo età pensioni donne e uomini, < +donne+e+uomini% > 140

141 accertato dall Istituto nazionale di statistica e validato dall EUROSTAT, con riferimento al quinquennio precedente. Con regolamento da emanare entro il 31 dicembre 2014, ai sensi dell articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro del Lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell Economia e delle finanze, è emanata la normativa tecnica di attuazione. In sede di prima attuazione, l incremento dell età pensionabile riferito al primo quinquennio antecedente non può comunque superare i tre mesi». Va rilevato che l incremento dell età pensionabile comporta non solo un aumento del periodo di contribuzione del lavoratore, ma spesso anche un assegno da pensioni maggiore. Con riferimento a queste situazioni sono state fatte delle simulazioni da Boeri e Brugiavini nelle quali si evidenzia un erosione dei risparmi realizzabili tra il 2010 e il 2016, con un risparmio nel 2020 pari a 900 milioni e seguito da un calo di 180 milioni nel Dalla simulazione si evince poi, che una riforma sostanziosa basata sull applicazione immediata del sistema contributivo anche alla quota retributiva, porterebbe risparmi dell ordine di 1,5 miliardi nel 2015 e con risparmi cumulati tra il 2010 e il 2020 di circa 11 miliardi, con tendenza a crescere 209. Oltre all incremento dell età pensionabile si è abolito con il 1 gennaio 2009 ai sensi dell articolo 19 del Decreto legge n.112 del 25 giugno 2008, il divieto di cumulo, permettendo quindi di accumulare le pensioni e il reddito derivante dall attività lavorativa con riferimento sia delle pensioni di anzianità (calcolate con il sistema di calcolo retributivo con almeno 18 anni di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995) che per le pensioni di vecchiaia basate sul modello di calcolo contributivo (cioè per coloro che hanno maturato l anzianità contributiva a partire dal 1 gennaio 1996). 209 Brugiavini A., Boeri T. (16 luglio 2009), Una riforma che vale quanto Kakà, < pensioni/pagina html>, Lavoce.info 141

142 La rimozione del divieto di cumulo non può fornire risposte certe, poiché tantissimo dipende dalle risposte da parte dei diretti interessati. L unica cosa certa è che tale rimozione è costata allo Stato italiano 500 milioni di euro. Finalità del legislatore è di incoraggiare il lavoratore a stare nel mercato del lavoro pur avendo maturato i requisiti necessari per andare in pensione. Il nucleo intorno al quale ruota l intero dilemma è dato dalla decisione di ciascun lavoratore sul fatto di voler stare ancora o no nel mondo del lavoro. Il recente innalzamento dell età pensionabile delle donne ha bloccato alcune generazioni di lavoratrici che, non raggiungendo i requisiti di anzianità basati sugli anni di contributi, sarebbero ancora uscite con i requisiti di vecchiaia (a 62 anni). Inoltre, la sospensione del metodo contributivo per i dipendenti della Camera comporta nuovamente una discriminazione, minando il metodo contributivo, a oggi unico sistema sostenibile dal punto di vista finanziario. Il rischio è di allontanare i lavoratori dai Fondi pensione e, di conseguenza, da una decorosa integrazione della pensione pubblica 210. Se fosse stato accelerato il processo d introduzione del metodo contributivo per tutti i lavoratori, si sarebbero potuti ottenere dei risparmi importanti, utili per far fronte alle perdite di breve periodo generate dalla recente crisi finanziaria 211. Oltre alla presenza dei tre pilastri (previdenza sociale, Fondi pensione collettivi, prodotti assicurativi e programmi di risparmio individuale) si dovrà introdurre un eventuale 4 pilastro. 210 Brugiavini A. (maggio 2009), Un anno di governo: pensioni, < pensioni/pagina html>, Lavoce.info 211 Brugiavini A. (maggio 2009), Un anno di governo: pensioni, < pensioni/pagina html>, Lavoce.info 142

143 Tab I 4 pilastri del sistema pensionistico americano 212 I pionieri nell introduzione di un 4 pilastro sono stati gli Stati Uniti. Esso è costituito da ulteriori attività, volte ad accrescere il montante pensioni. Nella 4 colonna della Tabella 69 vengono elencate alcune possibilità esemplificative ma non esaustive. Invece, per quanto riguarda la modifica dei coefficienti di trasformazione per il calcolo delle pensioni, in questo periodo si è proceduto a ridefinirli nel corso di vari confronti con i principali sindacati. Il problema nella negoziazione è dato dai sindacati, composti per una larga fetta da pensionati e perciò le fasi di riforma prevedono ogni volta ampi dibattiti tra sindacati e Governo. Da ciò deriva un altro rallentamento del processo di riforma e il protrarsi di conseguenze per chi è sottoposto al modello contributivo. Il continuo rinvio portato la prima ridefinizione dei coefficienti di trasformazione nel gennaio 2010 con conseguente applicazione sull intero montante. Questo porterà a riduzioni dal 6,38% (per coloro che andranno in pensione a 57 anni) all 8,41% (per chi andrà in pensione a 65 anni) che si possono evitare solo lavorando più a lungo. In altre parole, chi lavorerà meno, 212 Quaderni europei sul nuovo welfare (2008), I quattro pilastri della pensione degli Stati Uniti, < 143

144 percepirà un assegno da pensione minore; perciò conviene rimanere nel mondo del lavoro. Infatti, con la legge 247/07 è stata stabilita la definizione dei nuovi coefficienti dal , che dovranno essere aggiornati ogni tre anni. Va considerato che sono esclusi coloro che hanno maturato 18 anni di contribuzione (a dicembre del 95) i quali come già scritto in precedenza, restano legati al sistema retributivo 214. Età di pensione (anni) Coefficienti di trasformazione Fino al 31/12/2009 Dall 01/01/ ,720 4,419 (-6,38) 58 4,860 4,538 (-6,63) 59 5,006 4,664 (-6,83) 60 5,163 4,798 (-7,07) 61 5,334 4,940 (-7,39) 62 5,514 5,093 (-7,64) 63 5,706 5,257 (-7,87) 64 5,911 5,432 (-8,10) 65 6,136 5,620 (-8,41) Tab. 70 La trasformazione del capitale a seguito del coefficiente 215 Fonte: Il Sole 24 Ore Coloro che andranno in pensione con il sistema misto subiranno le maggiori 213 Prodotti e servizi finanziari online (2009), Pensioni e terza età - Previdenza, pensioni più basse dal 2010, < 214 Testi G. (2008), La riforma del Welfare e le nuove pensioni, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna 215 D Onofrio S. (13 dicembre 2009), I nuovi coefficienti alleggeriscono le pensioni: Penalizzati di più gli autonomi Ma il calcolo misto avvantaggia i dipendenti con stipendi più alti, Il Sole 24 Ore, Milano 144

145 ripercussioni sull assegno pensionistico. Infatti, per un individuo con un reddito medio di euro annui, la perdita sarebbe pari al due per cento. Una persona di 65 anni con un reddito medio di euro e 31 anni di contributi versati (14 anni calcolati con il sistema retributivo), percepirà un assegno più corposo. Questo perché la capitalizzazione non risente della riduzione dei rendimenti oltre un certo livello, mentre è soggetta a variazioni il sistema retributivo. Il sistema misto invece è deficitario per tutti i lavoratori autonomi, questo perché contribuendo meno, accumulano meno per il calcolo della quota contributiva 216. Fig. 26 Scenari ipotizzati per comprendere il peso della pensione sull ultima retribuzione di un lavoratore con 65 anni di età 217 I dati evidenziati in Tabella 70 mostrano i coefficienti impiegati sui trattamenti dal 2010 e sono incentrati interamente sul sistema contributivo. Va rilevato che le pensioni non sono una materia completamente indipendente, ma toccano altri interessi, quali l assistenza sociale, il mercato del lavoro e più strettamente la disoccupazione. In Italia vengono tralasciate, poiché la previdenza sociale assorbe quasi due terzi della spesa sociale nazionale (14-15% del PIL). Nel tentativo di attuare la sentenza della Corte di Giustizia europea, il Governo sta incontrando numerose difficoltà di negoziazione con i sindacati CGIL, CISL e UIL. A ogni modo la sentenza è 216 Montante più basso tasso di contribuzione lavoratore autonomo = 20% rispetto ai 33% del lavoratore dipendente. 217 D Onofrio S. (13 dicembre 2009), I nuovi coefficienti alleggeriscono le pensioni: Penalizzati di più gli autonomi Ma il calcolo misto avvantaggia i dipendenti con stipendi più alti, Il Sole 24 Ore, Milano 145

146 arrivata e il suo mancato rispetto porterebbe sanzioni pensanti. Infatti, l Italia si vedrebbe addebitare una somma forfettaria a partire da di euro, con un eventuale penalità di mora tra e euro. Questa cifra aumenterà per ciascun giorno di ritardo nell attuazione della sentenza, a seconda della gravità dell infrazione. La strategia del Governo è stata già tracciata nel Libro Verde dal Ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ma, quando è stata scritta, ipotizzava uno scenario non recessivo e lungo almeno quanto l intera legislatura: cambiare il welfare state ispirandosi alla cosiddetta flex security, tutelando il lavoratore e non il posto di lavoro e spostando le risorse dalle pensioni alle altre voci dello stato sociale. «Operazione complessa e strutturale» - come, appunto ha detto Tremonti - «ma che difficilmente potrà realizzarsi in piena recessione globale. Non perché la crisi non possa rappresentare uno stimolo a realizzare le riforme, ma piuttosto perché un intervento sulle pensioni (a parte quello sui coefficienti) potrebbe trasformarsi in un boomerang.» Il Governo potrebbe ritrovarsi con un arma in meno per fronteggiare la crisi che sta travolgendo il sistema industriale e che presto potrebbe far esplodere il numero dei lavoratori in esubero. Quelli da licenziare o, appunto, da pensionare il prima possibile. Eppure al Ministero del Lavoro e a quello dell Economia, i tecnici, durante la preparazione dei primi e parziali provvedimenti anti-crisi, hanno aperto anche il dossier previdenza. Secondo Tremonti solo con la chiusura delle cosiddette finestre rappresenta una soluzione valida. Il risparmio stimato dal dimezzamento delle finestre (da quattro a due) dovrebbe ammontare a circa due miliardi all anno. Circa lavoratori all anno saranno ancora trattenuti per altri sei mesi. Si tratta di un meccanismo per innalzare, di fatto, l età di uscita, ma non la riforma strutturale che invece aveva a suo tempo proposto il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, con uno scambio sempre all interno del sistema di welfare: alzare l età per aumentare le risorse a favore degli altri ammortizzatori sociali. L intervento sulle pensioni di anzianità è rimasto per ora solo un esercizio 146

147 tecnico e prossimamente non ci sarà nemmeno la riforma degli ammortizzatori sociali. Gli otto miliardi messi a disposizione per il biennio (se si troverà l accordo con le Regioni), finanzieranno l estensione della cassa integrazione in deroga, cioè a favore di chi (a cominciare dai lavoratori precari) non ha diritto ad alcun sostegno al reddito una volta perso il lavoro. Per quanto concerne le possibilità di riforma, Cazzola ha presentato una proposta di modifica dei sistemi previdenziali. Il continuo invecchiamento della popolazione porterà, a sua volta, a nuovi ritocchi verso l alto dell età pensionabile. Osservando i dati che emergono dal Libro verde, si evidenziano molti interrogativi legati all eccessivo peso dato alle pensioni sulla spesa sociale. Secondo alcune stime l Italia presenta già oggi una popolazione di ultrasessantenni, che per esempio gli USA avranno solo nel Dato il dinamismo di questo tempo (soprattutto in termini demografici), l Italia dovrà adattarsi a tale situazione. Quindi sarà necessario eliminare l età di pensionamento prefissata. Nella proposta di Cazzola (AC 1299) si era ipotizzato di estendere pro-rata il calcolo contributivo dal 2009 in poi per tutti i lavoratori (compresi anche quelli che hanno deciso di mantenere il sistema retributivo) 218. Ciò voleva mantenere i versamenti effettuati fino al 31/12/2008, calcolati secondo il metodo retributivo, mentre si prevede di applicare il metodo contributivo da quella data in poi. Con ciò la pensione sarebbe una somma pari ai due valori ottenuti dai due importi calcolati in precedenza 219. Ciò porterebbe, ad esempio un dipendente di 60 anni con il requisito per l anzianità di 40 anni lavorativi già maturato, a una base di calcolo per il metodo contributivo, massimo di 40 anni senza ricadute nell eventualità di proseguimento dell attività lavorativa. Considerando il calcolo contributivo dal 2009, tale lavoratore si vedrebbe sottoposto al calcolo per altri cinque anni fino ai Cazzola G. (24 agosto 2009), Sulle pensioni il Governo deve avere il coraggio di fare altri due passi, < >, L occidentale 219 Cazzola G. (ottobre 2009), Pensioni: sul sistema contributivo pesano troppi luoghi comuni, < L occidentale. 147

148 anni di età, andando in pensione con 45 anziché con 40 anni di contributi versati 220. Oltre a questo emergono dei prudenti tentativi di riforma, incentrati sul secondo pilastro (previdenza complementare). Ciò emerge dalla relazione per il 2008 della COVIP sulla previdenza complementare pubblicata a giugno del Sempre Sacconi ha avvallato le proposte di riforma evidenziate da Finocchiaro (presidente della COVIP), rilevando che «il Governo considera la previdenza complementare come un importante pilastro per creare il nuovo welfare basato sulle opportunità e sulle responsabilità rendendo il sistema più flessibile con l introduzione di forme di reversibilità o portabilità dei vari fondi, che dovranno essere gestiti con sobrietà da consigli di amministrazione e collegi dei revisori composti da persone molto competenti». La relazione della COVIP evidenzia nuovamente che il primo pilastro è inadeguato e che il secondo pilastro mostra ancora delle grosse lacune. L Italia ha diverse sfide da affrontare, a causa dei problemi di vecchia data. «Ripristinare la fiducia di imprese e consumatori, promuovere e favorire l accesso al credito, principalmente per le PMI, facilitare l aggiustamento del mercato del lavoro per poter gestire la ripresa della disoccupazione e migliorare le condizioni di crescita della produttività e della competitività sono le sfide chiave da affrontare a breve termine» rimarcano da Bruxelles. In più «alla luce dell alto debito e del peso degli interessi, la risposta del Governo italiano a queste sfide deve essere bilanciata ed equilibrata in modo attento con il bisogno di evitare un sostanziale deterioramento delle finanze pubbliche». Come tutti i paesi anche l Italia deve far fronte ai problemi legati all allungamento della speranza di vita e alla continua diminuzione del tasso di natalità evidenziato per molti paesi appartenenti all area OECD. Per Bruxelles «importanti debolezze strutturali ancora ostacolano l espansione 220 Cazzola G. (maggio 2009), Sulle pensioni é ora che il Governo si faccia sentire, < L occidentale 148

149 della produttività in Italia e pesano sulla sua posizione competitiva, mentre l attuale composizione della spesa sociale non sostiene l aggiustamento del mercato del lavoro». Per L Italia comunque la Commissione non intende aprire procedure per deficit eccessivo in questa fase, riservate, al momento, solo ai paesi che hanno superato il tetto del tre per cento del PIL già nel 2008, (come Francia e Spagna) e a cui si è aggiunta recentemente anche la Grecia. Anche la crisi finanziaria ha fatto emergere le carenze del nostro sistema previdenziale e assistenziale (per esempio la tutela dei disoccupati). A tale proposito hanno espresso il loro parere anche altri nomi illustri, quali Mario Draghi, governatore di Banca d Italia, più volte soffermatosi su questo argomento. Esso difatti ha a più riprese evidenziato che lo stato in cui si trova una persona ha subito perdite di benessere, dovuta all uscita dal mondo del lavoro o per la perdita temporanea dello stesso. Inoltre, ha sostenuto le teorie e appoggiato le vie intraprese dal ministro Sacconi, volte ad affrontare le recenti difficoltà. È da sottolineare la volontà di spingere l Italia ad adeguare gli ammortizzatori sociali a quelle che sono le ormai flessibili condizioni del mercato del lavoro, fatto che porterebbe a un incremento della produttività e all equità sociale. Il Governo continua a incrementare lo sforzo volto a distogliere fondi dal primo pilastro (quello pubblico, che dovrebbe diminuire), e a spostarli in forme previdenziali alternative. Si potrebbe per esempio trasferire una quota del salario (33%) destinato al primo pilastro in forme previdenziali complementari, sempre su base volontaria 221. L innalzamento dell età pensionabile è anche necessario per garantire una pensione al numero sempre più crescente di pensionati con la necessità di adeguarsi alla flessibilità in termini di orari di lavoro e di salari. È altresì necessario stimolare il capitale umano e la flessibilità del mercato del lavoro, in maniera tale da predisporre i lavoratori all assorbimento del rischio e di diversificare in maniera più efficiente gli stessi lavoratori, cercando di renderli meno dipendenti dalle aziende 222. Come già scritto in precedenza, anche Draghi preme sull attuazione di una politica comunicativa volta a 221 Bocciarelli R. (14 ottobre 2009), Draghi: alzare l età pensionabile, Il Sole 24 Ore, Milano 222 Quaderni europei sul nuovo welfare (2008), La ripartizione del rischio e i regimi pensionistici autonomi < 149

150 informare le persone sul fatto che uscendo prima dal mondo del lavoro, essi vedranno (con il passare del tempo) ridursi l assegno pensionistico con riferimento al reddito percepito, giacché l indicizzazione viene fatta ai prezzi, e non ai salari come in passato. Tab. 71 l effetto della revisione dei coefficienti di trasformazione sui tassi di sostituzione In questa direzione, è stato anche fornito uno spunto sull eventuale possibilità di reintroduzione della pensione legata ai salari con una revisione dei criteri d indicizzazione 223. Le proposte più importanti sotto quest aspetto vengono fornite con riferimento ai Fondi integrativi. Come già affermato, è necessario intervenire sul TFR 224. È atteso il lancio di una 2 a fase del silenzio-assenso dal È importante supportare il pilastro a contribuzione, dato che questo ultimo va a integrare il primo pilastro, ormai logoro e poco attento a quelle che sono i 223 Bocciarelli R. (14 ottobre 2009), Draghi: alzare l età pensionabile, Il Sole 24 Ore, Milano 224 Liera M. (24 ottobre 2009), Previdenza complementare: Il kit delle nuove pensioni, Il Sole 24 Ore, Milano 150

151 mutamenti politici e demografici. Infatti, non ha senso soffermarsi sul fatto che il primo pilastro sarà solo in grado di fornire una pensione per i giovani minima. Bisogna continuare a spingere i contribuenti a pensare al loro futuro, cioè a contenere i costi e a sfruttare al meglio le economie di scala derivanti dal pilastro complementare. Sarebbe opportuno, in questo senso, introdurre rendiconti messi a disposizione dai gestori previdenziali utili a garantire trasparenza dello strumento e di creare delle previsioni atte a tracciare scenari differenti. L esempio fornito dalla Svezia ( busta gialla, cioè il conto corrente previdenziale) dovrebbe fungere da incentivazione. Così facendo si riuscirebbe a invogliare e indirizzare i lavoratori ancora scettici o che hanno aderito a profili di rischio non coerenti con le loro possibilità e aspettative. A oggi, in Italia, è solo possibile avere informazioni sulla propria situazione contributiva, sia online sia prendendo contatto con il call center dell INPS, richiedendo l estratto contributivo; trattasi di un certificato che riporta suddivisi per anno, i dati contributivi registrati negli archivi INPS. L estratto comprende i contributi da lavoro figurativi e da riscatto. Questo estratto serve a tutti gli assicurati INPS per avere un quadro della situazione contributiva ma di valore puramente informativo e non certificato. Dal 2010 è in atto un primo test per l introduzione della busta arancione per alcune categorie di lavoratori. Esso prevede la possibilità di accedere via Internet al sito INPS, mediante password all Anagrafe dei lavoratori attivi e controllare sul proprio conto online, l ammontare accumulato dei contributi, con indicazione del possibile valore futuro della prestazione pensionistica. Sarà poi indicato l ammontare restante da investire in Fondi pensionistici per garantirsi un tasso di sostituzione tra pensione e stipendio medio accettabile. All interno di tale conto, si potrà interagire a piacimento con la possibilità di generare grafici con riferimento al grado di copertura prescelto. La recente crisi insegna anche che i sistemi complementari vanno coperti con forme di protezione dei redditi, soprattutto per coloro che sono prossimi al pensionamento. Ne sono un esempio, i prodotti life-cycle, volti a ridurre il rischio con l avvicinarsi all età di pensionamento e sottraendo quindi al 151

152 gestore e al potenziale pensionato la facoltà di decidere sui passaggi tra i vari comparti 225. I PAC (Piani di accumulo poliennale) si presentano come alternativa valida; il montante dei lavoratori giovani è modesto e per questa ragione è consigliabile rischiare in misura maggiore, anche perché hanno una lunga vita lavorativa davanti a loro. Tale rischio tenderà con il passare del tempo a ridursi 226. Fig. 27 Confronto di tre portafogli La teoria del life-cycle vuole che con l avvicinamento all età pensionabile si passi a comparti meno rischiosi. Se si prospetta che un lavoratore versi in media contributi per 35 anni, allora secondo l obiettivo di massimizzazione delle rendite, si dovrebbe per i primi dieci anni investire nel comparto azionario, poi in quello bilanciato e infine (dopo 20 anni), sarebbe consigliabile terminare l investimento con la linea garantistica. Tale processo deve comunque garantire flessibilità al lavoratore nel passaggio da un comparto a un altro in qualsiasi momento. Anche qui comunque il rischio di mercato non è eliminato, non essendo possibile evitare il manifestarsi di eventuali crisi finanziarie. In teoria, le azioni garantiscono nel lungo periodo dei rendimenti superiori alle obbligazioni, quindi converrebbe ricorrervi quando si è giovani. Inoltre, ci sarebbe la possibilità di chiedere anticipi per 225 Icorvati L. (24 ottobre 2009), Scelta semplice con il lifecycle, Il Sole 24 Ore, Milano 226 Lo Conte M. (13 dicembre 2009), Previdenza col pilota automatico: il lifecycle fa cambiare all aderente la quota di azioni e bond in portafoglio, Il Sole 24 Ore, Milano 152

153 spese mediche e altro che possono portare a penalizzazioni 227. Osservando i dati riportati in Figura 27, è vincente la scelta di attribuire le decisioni a degli specialisti. Difatti, permette di ottimizzare la volatilità dei mercati e la gestione del rischio (il quale viene lasciato a dei professionisti) anche se tale sistema è sicuramente migliorabile. Tale soluzione non rappresenta una novità (si pensi al Pension protection Act inglese del 2006) e in alcuni paesi tale modalità è stata adottata come struttura standard, volta a sostituire il primo pilastro. La riforma del TFR nel 2006 ha aiutato sotto questo punto di vista. In effetti, la paletta d offerta si è allargata notevolmente e sarebbe importante, soprattutto dopo la crisi, puntare su di esso. Forme previdenziali ibride, quali quelle che permettono ai lavoratori prossimi al pensionamento di avere dei rendimenti garantiti dai contributi versati dai lavoratori, appena affacciatesi al mondo del lavoro sono un alternativa confortante. In alternativa si potrebbe ricorrere a un portafoglio che contenga titoli con una volatilità contenuta (si pensi al BtpI) che offre oggi un rendimento pari al 2% netto 228. Un eventualità considerata dagli studenti è il riscatto degli anni universitari. Il dubbio tra versare i contributi o non versarli aggrava soprattutto i neolaureati. Validi per il calcolo dell anzianità contributiva, i contributi possono essere spalmati su 120 rate mensili senza pagare interessi e sono interamente deducibili dal reddito del lavoratore, o se i giovani sono a carico, detraibili per il 19% da parte dei genitori. Secondo stime i vantaggi per chi riscatta dovrebbero essere evidenti come la possibilità di anticipare il pensionamento. La scelta per gli studenti diventa difficile, nell eventualità in cui un neo laureato si dovesse privare d ipotetici 743 euro al mese per i successivi 10 anni. Questo soprattutto nel momento in cui il neo laureato vorrebbe crearsi un avvenire (casa, famiglia) e magari togliersi qualche sfizio (macchina e viaggi in primis). Pur portando con sé dei rischi, quali il rischio mercato e l incertezza 227 Lo Conte M. (13 dicembre 2009), Previdenza col pilota automatico: il lifecycle fa cambiare all aderente la quota di azioni e bond in portafoglio, Il Sole 24 Ore, Milano 228 Liera M. (24 ottobre 2009), Previdenza complementare: Il kit delle nuove pensioni, Il Sole 24 Ore, Milano 153

154 sull ammontare della pensione base, l investimento nel comparto complementare è di primaria importanza. In quest ottica va tenuto conto del taglio avvenuto del 3,7% (in gennaio 2010) che richiede un attenta riflessione. Con l adozione dei nuovi coefficienti di trasformazione (vedi Tabella 70), si vuole proteggere il nostro sistema pensionistico dall evoluzione globale in atto e già analizzata nel capitolo precedente. La posizione finanziaria italiana ha continuato a peggiorare, mentre l evoluzione mondiale è andata avanti, ma i coefficienti non sono stati adattati. Indice di difficoltà è il ritardo nel lungo iter necessario per l innalzamento dell età di pensionamento. 2.8 Sistema pensionistico attuale Nel 2009 l OECD ha realizzato un documento, denominato Pensions at Glance 2009, in cui si è analizzata l Italia in conformità a dati del 2005, giungendo alla seguente configurazione. Come si ha avuto modo di ripercorrere, in Italia è presente un sistema Pay-asyou-go rivolto a tutte le categorie di lavoratori e che a differenza della Svezia presenta l assegno sociale al posto della pensione garantita utilizzata in Svezia (PG). Il sistema previdenziale italiano è volto alla copertura di tutti gli occupati e tutela i lavoratori contro alcuni rischi ai quali sono esposti. Il sistema oggi è a contribuzione definita e viene finanziato per circa il 33% dai dipendenti e dal restante 67% dai datori di lavoro. Il secondo pilastro si riferisce completamente a forme pensionistiche complementari e volontarie con il fine di investire all interno di Fondi chiusi e aperti. Dal 2004 il TFR viene interamente e automaticamente (silenzioassenso) conferito a questi strumenti, salvo opposizione del lavoratore. 154

155 Fig. 28 Coefficienti di trasformazione 229 Anche il terzo pilastro è di tipo volontario, ma i fondi dei lavoratori vengono trasferiti in strumenti assicurativi a loro volta incentivati dal Fisco. In dettaglio, come già affermato più volte in precedenza, anche l analisi dell OECD ha evidenziato un inefficienza del nostro sistema previdenziale: i contributi versati, infatti, sono tra i più alti dei paesi OCSE (9,4% del PIL pari a quasi il 33% dei redditi percepiti) a causa delle infauste politiche sulla previdenza del Belpaese, riducendo allo stesso modo e tempo le prestazioni per i futuri pensionati (con l unico vantaggio di tutelare i lavoratori che percepiscono un reddito basso). 229 Natali D. (25 ottobre 2005), Newsletter Le pensioni in Europa, Segretariato Europa CGIL, Roma 155

156 Tab Spesa pubblica articolata per superstiti e vecchiaia Il problema durante il 2005 era ancora legato all aumento dell età di pensionamento e all eccessivo livello delle prestazioni. Fig. 29 Coefficienti di trasformazione 156

157 Tab Indicatori chiave Sistema contributivo italiano: Il regime di contribuzione prevedeva nel 2006 e prevede tuttora un aliquota di contribuzione pari al 33% per i dipendenti pubblici e privati. Tale contributo viene versato in parte dal lavoratore (1/3) e il resto viene corrisposto dal datore di lavoro. Per ottenere la base pensionistica si calcola il prodotto dei seguenti due fattori 230 : l intero ammontare dei contributi versati nel corso della vita vengono capitalizzati al tasso di crescita nominale del PIL (in linea con i cinque anni di media mobile) e il cui calcolo del coefficiente di trasformazione (Figura 29) è basato sulla probabilità di morte, che descrive per singole generazioni l'andamento dei sopravvissuti dalla nascita fino alla morte dell'ultimo 231. L ammontare della pensione è legato all età di pensionamento, quindi minore è l età, minore sarà di conseguenza il reddito percepito. I coefficienti di trasformazione dovrebbero essere rivisiti ogni tre anni e sono disponibili per le persone appartenenti alla fascia di età tra i 57 e i 65 anni. Per quanto concerne i lavoratori dipendenti, il reddito minimo considerato per la definizione dei contributi da versare nel 2006, era di circa 685 euro al mese (pari al 36% della retribuzione media). Invece il reddito massimo considerato per le prestazioni era (nel 2006) pari a euro all anno per il nuovo 230 OECD (2009), Pensions at a glance 2009: retirement-income systems in OECD countries, OECD, Parigi 231 Bacci M.L. (1999), Introduzione alla demografia, Loescher Editore, Torino 157

158 regime, o appena sotto il 347% di uno stipendio medio. L indicizzazione delle pensioni pagate è complessa giacché le pensioni di minore ammontare godono di un trattamento più generoso rispetto a pensioni d importo maggiore. Per le prestazioni fino a tre volte la pensione minima non è prevista la piena indicizzazione delle pensioni. Tale soglia è stata pari a 1260 euro al mese per il 2005 (base impiegata per l indicizzazione delle pensioni nel 2006) e 1283 euro per il 2006 (dato impiegato per l indicizzazione del 2007) o approssimativamente di due circa terzi del reddito medio percepito. L assistenza sociale: La pensione minima è stata abolita per le persone coperte solo dal nuovo sistema, vale a dire, gli iscritti dopo il Per i pensionati con un reddito inferiore al reddito assistenziale, c è la possibilità di rivendicare dei redditi a partire dai 65 anni. Il valore delle prestazioni assistenziali comprensive di supplementi era fissato a 5130 e a 7167 euro per gli ultrasettantenni nel Ciò corrisponde rispettivamente al 21 e 29% della retribuzione media. Rinvio del pensionamento: Per quanto concerne la possibilità di prolungare il periodo di attività lavorativa, le donne hanno il diritto di continuare a lavorare fino all età di pensionamento prevista per gli uomini. Anche gli uomini, a loro volta possono posticipare il momento del ritiro dal mercato del lavoro. Non c è quindi l obbligo di andare in pensione una volta raggiunti i 65 anni, però bisogna considerare l eventualità che il datore di lavoro eserciti il proprio diritto di licenziare i lavoratori che hanno raggiunto tale soglia. Come già detto sopra, sussiste la possibilità di rinviare il momento del pensionamento e con ciò la presentazione della domanda di pensionamento successivamente al 65 compleanno, pur mantenendo inalterato il coefficiente di trasformazione e con un aumento dei benefici garantiti dal maggiore accumulo di contributi a loro volta capitalizzati. L infanzia: per le madri italiane è previsto un coefficiente di trasformazione più generoso: per una madre di massimo due figli è previsto un coefficiente di 158

159 trasformazione applicato all età contributiva raccolta fino a dato, incrementato di un anno. Invece, per le madri con tre o più figli, il coefficiente di trasformazione sarà a sua volta l età effettiva di pensionamento accumulata maggiorata di due anni. Così si sarà in grado di aumentare le pensioni per le madri del tre per cento in caso di uno o due figli, e del sei per cento per tre o più figli 232. La disoccupazione: Esistono varie forme volte a tutelare le persone contro la disoccupazione, tra cui la cassa integrazione guadagni (CIG), l indennità di mobilità e l indennità di disoccupazione. I redditi percepiti precedentemente vengono impiegati quale base di calcolo per le pensioni. 232 OECD (2009), Pensions at a glance 2009: retirement-income systems in OECD countries, OECD, Parigi 159

160 Tab. 74 I risultati sul sistema pensionistico italiano OECD (2009), Pensions at a glance 2009: retirement-income systems in OECD countries, OECD, Parigi 160

161 CAPITOLO TERZO Il sistema pensionistico conservativo tedesco Nel corso di questo Capitolo si andrà a studiare il sistema pensionistico tedesco, influenzato dal regime di welfare conservativo e professionale, cioè volto a erogare le prestazioni con riferimento alla professione svolta. I sistemi assicurativi offerti e la maggiore produttività rendono la Germania più forte rispetto all Italia e i processi riformativi sono agevolati grazie al bipartismo 234. La Germania, come la quasi totalità dei paesi OCSE, risente dell invecchiamento della popolazione ed è caratterizzata allo stesso tempo da un calo della natalità. Ogni generazione di lavoratori paga le pensioni alla generazione precedente e quindi il sistema avrebbe bisogno di un riequilibrio tra i pagamenti dei lavoratori attuali e quelli dei pensionati, però a causa dei sopraccitati problemi anche in Germania si è di fronte all enigma riguardante la riduzione dei fondi a disposizione per le pensioni. Anche il sistema previdenziale tedesco è composto da tre pilastri (previdenza pubblica, privato ad adesione collettiva per determinate categorie lavorative e il pilastro privato ad adesione individuale tra i quali assicurazioni e piani previdenziali offerti dalle banche). Tutti i lavoratori sono obbligati ad avere un assicurazione pensionistica pubblica e la previdenza complementare è strutturata con schemi di tipo occupazionale e ad adesione volontaria. 3.1 Evoluzione storica del sistema previdenziale tedesco Il sistema pensionistico tedesco (ideato da Bismarck), nacque quale primo sistema previdenziale volto a garantire un reddito da pensione tale da 234 Esping-Andersen G. (2000), I fondamenti sociali delle economie postindustriali, Il Mulino, Bologna 161

162 assicurare ed estendere lo standard di vita a fronte di tassi di contribuzione ragionevoli. La spesa generata dal sistema previdenziale tedesco non rientra, come in Italia, tra il budget del Governo statale ma appare quale entità separata e gestita da parte dei singoli Bundesländer. Il sistema a punti lega i benefici agli anni di contribuzione e alla posizione redditizia annuale. Ciò fa sì che coloro che lavorano di più, contribuiscono in misura maggiore e come conseguenza otterranno un assegno da pensione più generoso Gli albori delle pensioni in Germania Il primo modello pensionistico tedesco prevedeva la completa copertura al raggiungimento del 70 anno di vita (va sottolineato il fatto che l aspettativa di vita per un uomo in Germania era fissata a 45 anni). Oggi, con un aspettativa di vita superiore ai 75 anni, l età di pensionamento è calata in maniera rilevante fino a toccare i 61 anni. Il sistema di conversione è diventato de facto un sistema Pay-as-you-go usato per gli investimenti in titoli di Stato, durante le guerre mondiali. In seguito (nel 1957), il Bundestag decise, a seguito di un lungo dibattito, di trasformare gradualmente il sistema strutturandolo come Pay-as-you-go. La parte restante del capitale accumulato venne eroso in 10 anni. Oggi, il sistema pensionistico tedesco è ancora di tipo Pay-as-you-go e le riserve accumulate entro il 2004 non hanno permesso di coprire la spesa per pensioni per più di due settimane. Nel 1972 si riformò nuovamente il sistema pensionistico tedesco e il processo di pensionamento odierno viene influenzato in maniera importante da tale riforma, che fece apparire il sistema pensionistico generoso sotto due aspetti: il tasso di sostituzione del sistema pensionistico tedesco è molto alto e tale da garantire a un pensionato con una media di 45 anni di lavoro di 235 Börsch-Supan A., Reil-Held A., Wilke C. B. (2007), How an unfunded pension system looks like defined contributions: The german pension reform, MEA - Mannheimer Forschungsinstitut Ökonomie und Demografischer Wandel, Mannheim 162

163 percepire circa il 70% dello stipendio guadagnato durante la vita lavorativa; con la riforma del 1972 venne abolita l età di pensionamento obbligatoria a 65 anni per quelli con almeno 35 anni di servizio a favore di una finestra di pensionamento tra i 63 e i 65 anni (che concedeva flessibilità), senza aggiustamenti attuariali. A posteriori tale finestra venne ampliata portando l intervallo dai 60 ai 65 anni 236. Come per l Italia, anche in Germania la spesa per pensioni rappresenta la voce più esosa del bilancio sociale. Solo nel 2001 la spesa per la previdenza sfiorava i 200 bilioni di euro, pari al 21% della spesa pubblica e al 11,8% del PIL. Da ciò consegue che è la Germania, dopo l Italia, il paese con la spesa pensionistica più grande all interno dell area OCSE. Il sistema pensionistico tedesco consente alle persone di andare in pensione volontariamente in qualsiasi momento, anticipando il pensionamento fino a un massimo di 36 mesi prima del raggiungimento dell età minima di pensionamento prevista. Dal 1990 le persone che anticipano il pensionamento devono accettare una riduzione degli assegni da pensione dello 0,3% per ciascun mese di uscita anticipata 237. La successiva riforma di rilievo venne fatta nel Con tale riforma si legarono le prestazioni ai salari netti, piuttosto che ai salari lordi. Ciò ha portato a dei costi maggiori in termini d imposizione e contribuzione. Il secondo elemento importante della riforma del 1992 è stato l introduzione di aggiustamenti attuariali per l età pensionabile con lo scopo di ridurre gli incentivi derivanti dal pensionamento anticipato. Questa riforma ha rappresentato il primo tentativo di orientare le pensioni a un sistema a prestazioni definite, questo soprattutto perché l ammontare degli assegni staccati è stabilito con riferimento alla data del pensionamento. L introduzione delle modifiche apportate all età di pensionamento tende a 236 Berkel B., Börsch-Supan A. (2003), Pension Reform in Germany: The Impact on Retirement Decisions, MEA Mannheimer Forschungsinstitut Ökonomie und Demografischer Wandel, Mannheim 237 Bonin H. (luglio 2009), 15 Years of Pension Reform in Germany: Old Successes and New Threats, IZA, Bonn 163

164 seguire gli adeguamenti automatici introdotti per le prestazioni previdenziali all interno dei sistemi a prestazione definita 238. Peraltro a differenza di un sistema a prestazioni definite, gli adeguamenti nel sistema tedesco sono stati fissati discrezionalmente e non sono direttamente connessi ai cambiamenti dell aspettativa di vita. La riforma del 1992 non fu perciò sufficiente per rendere il sistema previdenziale tedesco stabile al punto da garantire la sostenibilità futura dello stesso. Quindi si giunse alla riforma del 1999, riforma che avrebbe dovuto abbassare il tasso di sostituzione in conformità a un fattore demografico predeterminato. Tuttavia, la riforma è stata revocata dopo la sconfitta nelle elezioni del 1998 da parte del Governo conservatore a scapito di quello socialdemocratico, e fortemente sostenuto dai sindacati, che s impegnò a non toccare le prestazioni pensionistiche e i benefici a essi collegati. Un effetto collaterale che non venne revocato è stato il cambiamento graduale dell età per l ammissibilità delle donne e disoccupati di età compresa tra i 60 ai 65 anni. Questo cambiamento dovrebbe entrare pienamente in vigore entro il 2017 e lascia prevedere il mantenimento di una finestra di pensionamento per i lavoratori in buona salute solo se hanno almeno 35 anni di servizio. Inoltre, dopo il 2015, non vi sarà alcuna distinzione tra uomini e donne; la pensione per la disoccupazione è stata abolita e anche il pensionamento part-time è diventato impossibile dal Queste modifiche sono rimaste in gran parte inosservate dalla popolazione, però cambieranno l età effettiva di pensionamento passando dai 60 anni attuali ai 62 anni La riforma sotto Riester La situazione finanziaria del sistema pensionistico peggiorò piuttosto 238 Börsch-Supan A., Reil-Held A., Wilke C. B. (2007), How an unfunded pension system looks like defined contributions: The german pension reform, MEA - Mannheimer Forschungsinstitut Ökonomie und Demografischer Wandel, Mannheim 239 Börsch-Supan A., Reil-Held A., Wilke C. B. (2007), How an unfunded pension system looks like defined contributions: The german pension reform, MEA - Mannheimer Forschungsinstitut Ökonomie und Demografischer Wandel, Mannheim 164

165 rapidamente dopo le elezioni del 1998, elezioni che hanno portato al potere i socialdemocratici. Nel 2001 l allora Ministro del Lavoro Walter Riester riuscì nell intento di introdurre la tripartizione con una riforma con l obiettivo di rafforzare le forme di previdenza complementare, ormai unica ancora di salvezza. Con essa è stata ampliata la gamma dei prodotti pensionistici offerti e vennero introdotti degli incentivi fiscali per le adesioni alla previdenza complementare, una garanzia del capitale versato e a una limitazione alla prestazione in capitale; il tutto comunicato in maniera trasparente (la pubblicazione annuale di un prospetto informativo a riguardo ha riscontrato ampio successo fra la popolazione). I principali obbiettivi della riforma Riester, entrata in vigore dal 1 gennaio 2002 si sintetizzano come di seguito: sostenibilità dei tassi di contribuzione: l obiettivo principale consiste nel limitare altri aumenti del costo del lavoro e di raggiungere un equilibrio più equo degli oneri tra le varie generazioni; garantire la stabilità di lungo periodo dei livelli di pensione: le pensioni dovrebbero subire una riduzione graduale che passando dall 70% del salario medio a circa il 67-68% entro il Con tale riforma si è proceduto poi a modificare la procedura di calcolo della retribuzione di riferimento, alla quale viene sottratto un fittizio 4% dal reddito lordo da attribuire a nuove forme di prevenzione complementare; diffusione delle forme previdenziali complementari: Il minore ricorso al primo pilastro dovrebbe essere compensato dalle forme pensionistiche complementari (professionali e private). Per raggiungere tale obiettivo, le forme pensionistiche complementari vengono sovvenzionate mediante deduzioni, differimenti fiscali o con sovvenzioni dirette ai vari piani pensionistici individuali e professionali Börsch-Supan A., Reil-Held A., Wilke C. B. (2007), How an unfunded pension system looks like defined contributions: The german pension reform, MEA - Mannheimer Forschungsinstitut Ökonomie und Demografischer Wandel, Mannheim 165

166 Nuova formula di aggiustamento Riduzione del livello delle pensioni di circa 10% Riforma delle pensioni per donne e superstiti Modifica delle regole riguardanti il reddito dei superstiti; introduzione di una pensione scissa per coppie sposate Abolizione delle pensioni per invalidi Discontinuità delle pensioni da invalidità; sostituzione con due livelli di pensione d invalidità generale Introduzione di un reddito volto a coprire le esigenze di base Sicurezza sociale minima richiesta garantita per la vecchiaia; la riduzione della capacità redditizia è coperta da un reddito sufficiente a coprire le esigenze del reddito di base Quadro riformato per la previdenza professionale Introduzione di un diritto legale volto a convertire lo stipendio in contributi pensionistici, l alleggerimento delle regole d investimento; l introduzione dei fondi pensione; piani a contribuzione definita permettendo. Istituzione di forme previdenziali (volontarie) integrative Istituzione di conti pensione individuali; introduzione di tassazione differita. Tab. 75 Elementi chiave della riforma Riester 241 Con la riforma del 2001 venne poi introdotto per la prima volta un tetto superiore all aliquota di contribuzione (pari al 20 per cento fino al 2020, e al 22 per cento fino al 2030). Per ottenere ciò sono stati introdotti dei cambiamenti volti a modificare la formula d indicizzazione delle pensioni stesse, risultando comunque troppo tenue perché risulti adeguato rispetto ai limiti dei tassi di contribuzione fissati. Ciò fu quindi il primo passo verso un regime a prestazioni definite 242. Nel 2003 furono introdotte le misure di protezione per evitare l incremento del tasso di contribuzione (venne differita la rendita annua di adeguamento) e 241 Bundesministerium für Arbeit und Soziales (2008), Statistisches Taschenbuch 2008, Bundesministerium für Arbeit und Soziales, Bonn 242 Bonin H. (luglio 2009), 15 Years of Pension Reform in Germany: Old Successes and New Threats, IZA, Bonn 166

167 nel 2004 venne modificato il meccanismo di indicizzazione delle pensioni mediante l introduzione del fattore di sostenibilità e delle nuove pensioni di anzianità varate con la legge denominata Rentenversicherungs- Nachhaltigkeitsgesetz. Mediante il su citato fattore, si è posto il valore corrente delle pensioni come funzione del rapporto tra i pensionati e i contribuenti presenti nel sistema. La formula è tale da far risultare costanti i salari e include una proporzione inversa tra il tasso dei pensionati e il livello delle pensioni. Punti di forza 243 : il nuovo sistema crea un buon compromesso per quanto concerne la redistribuzione intergenerazionale. Mediante una nuova modifica, che ha previsto l introduzione di un nuovo fattore di ponderazione nel tasso dei pensionati, non si è comunque riusciti a ottenere una riduzione del tasso di sostituzione, previsto invece in un sistema a prestazioni definite. Secondo questo schema il tasso di contribuzione dovrebbe aumentare di due punti percentuali, pari a un tasso di sostituzione del 46 per cento. Per un sistema a prestazioni definite puro e costante il tasso di sostituzione è pari al 37,5 per cento, valore evidentemente inferiore al valore minimo legale fissato al 43 per cento; la formula viene espressa in termini di un rapporto tra contribuenti e pensionati di tipo standard, anziché legare il tutto all indice di dipendenza degli anziani. Anche se questi rapporti sono strettamente correlati, può succedere che le pensioni crescano al migliorare delle condizioni del mercato del lavoro o in alternativa crescano al deteriorarsi del tasso di dipendenza degli anziani (fatto manifestatosi poi nel 2007). Con la legge riguardante la pensione per gli anziani (Alterseinkünftegesetz), del 2005) venne modificato il regime fiscale dei contributi. Difatti, il sistema 243 Bonin H. (luglio 2009), 15 Years of Pension Reform in Germany: Old Successes and New Threats, IZA, Bonn 167

168 vigente prima della riforma prevedeva una tassazione sia dei contributi sia dei ratei attivi del lavoratore, lasciando esentasse le prestazioni erogate nel periodo post lavorativo, mentre i contributi dei datori di lavoro erano esentasse. La nuova pensione di anzianità prevede di invertire ciò che fu, annunciando che i contributi e i ratei dal 2025 non saranno più tassati, mentre le prestazioni saranno tassate a partire dal Ciò prevede che, secondo stime, il gettito fiscale sulla spesa previdenziale dovrebbe aumentare fino al 9,5 per cento, valore che dovrebbe essere raggiunto nel Si è proceduto quindi a una riforma per ovviare a tali problemi nel 2007 mediante l innalzamento dell età di pensionamento con una riduzione dei tassi di contribuzione in maniera tale da ottenere un miglioramento in termini di tasso di sostituzione effettivo 244. Ora l aspettativa di vita dopo il pensionamento è di almeno 15 anni ed è in continua crescita; questo fatto è indicatore di un possibile aumento della spesa per pensioni. Considerando che il taglio subito a seguito del pensionamento anticipato è corretto, allora esso non dovrebbe impattare in maniera importante sui ritorni fiscali della riforma, prevedendo in esso un suo equilibrio. Problemi invece si potrebbero manifestare nel momento in cui alcune persone decidano di anticipare l uscita dal mercato del lavoro perché ritengono di avere un aspettativa di vita residua ridotta (si pensi a vari problemi legati alla salute) o che preferiscono avere maggiore tempo libero. Inoltre, la sanzione che prevede una riduzione della prestazione pensionistica anticipando il pensionamento, è poco efficace per le persone scarsamente qualificate o con una pensione sotto il livello minimo necessario. Anche la disoccupazione ricopre un ruolo fondamentale. Infatti, la continua crescita e la ridotta possibilità di reimpiego per la popolazione anziana spingono le persone ad anticipare il momento del pensionamento, perché così facendo possono ricevere una prestazione di assistenza sociale e non devono più ragionare in termini di salario. 244 Bonin H. (luglio 2009), 15 Years of Pension Reform in Germany: Old Successes and New Threats, IZA, Bonn 168

169 1889 e 1991 Introduzione pensione di vecchiaia (per lavoratori con almeno 60 anni Datori di lavoro e lavoratori contribuiscono equamente al sistema Introduzione pensione di inabilità (a capitalizzazione) 1913 Introduzione pensionamento a 65 anni (per lavoratori con stipendio) 1916 Riduzione età di pensionamento per inabilità (da 70 a 65 anni) Introduzione compensazioni alle pensioni contro l iperinflazione 1929 Introduzione dell età di pensionamento per i disoccupati anziani (60 anni) 1957 Passaggi al sistema a ripartizione (prestazioni legati ai contributi, sistema funge da garanzia assicurativa, prestazioni indicizzate ai salari e stipendi lordi Riduzione dell età di pensionamento anche per gli operai e le donne(60 anni) 1968 Completo funzionamento del sistema a ripartizione 1972 Assistenza pubblica previdenziale per tutti i cittadini e introduzione del pensionamento flessibile per inabilitati con 60 anni e per lavoratori con 63 anni e 35 anni di contribuzione 1977 Pensioni per coppie divorziate 1986 Trattamento equo tra i sessi per quanto concerne le pensioni ai superstiti Integrazione della Germania dell Est Indicizzazione delle pensioni ai salari e stipendi netti Innalzamento dell età di pensionamento per le donne, disoccupati e inabilitati Introduzione del meccanismo di aggiustamento attuariale per i prepensionamenti Innalzamento della tassa sul valore aggiunto per stabilizzare il livello di contribuzione Introduzione del fattore demografico Revoca del fattore demografico Restrizione delle regole di accessso ai prepensionamenti per le donne e i disoccupati Innalzamento della pressione fiscale per stabilizzare il livello dei contributi 2001 Riforma Riester Atto di sostenibilità delle pensioni di vecchiaia Modifica del meccanismo di indicizzazione Fissazione di un tetto al tasso di contribuzione Fissazione del livello minimo del tasso di sostituzione netto Atto di aggiustamento dell età pensionabile con conseguente innalzamento a 67 anni e fissazione del processo di transizione al 2029 Tab. 76 Principali riforme del sistema previdenziale tedesco da Bismarck a oggi 169

170 Per ovviare a tali problematiche, si è proceduto con misure volte a ridurre la disoccupazione. Infatti, il pagamento dell indennità di disoccupazione che era stato prorogato fino ad addirittura 27 mesi rispetto agli originari 12 mesi è stato abolito eliminando la possibilità di anticipare il pensionamento a 60 anni a seguito di uno stato di disoccupazione protratto per un lungo periodo. Allo stesso tempo, i tassi di occupazione nella fascia di età compresa tra i 57 e 60 anni sono recentemente cresciuti in misura notevole, fatto quest ultimo che indica quanto quest opportunità sia stata presa in considerazione dalla popolazione. Ciò comunque non elimina le possibilità di anticipare il momento del pensionamento (pensioni d invalidità) 245. È importante a questo punto verificare anche ciò che è successo in termini di struttura: anche in Germania si è ricorso a ulteriori due pilastri, introducendo forme previdenziali complementari e volontarie volte a ridurre la disoccupazione. Il calo sostanziale delle prestazioni da pensione pubblica dovuto dal passaggio a un regime a prestazioni definite, dovrebbe essere in futuro compensato da pensioni integrative aziendali e private. Al fine di raggiungere quest obiettivo, le pensioni integrative sono sovvenzionate mediante il rinvio della tassazione, deduzioni fiscali o con sovvenzioni volte ai piani pensionistici individuali e professionali. Recentemente c è stato un rallentamento dei processi di riforme, specialmente per quanto concerne la decisione in quale forma di pensione complementare investire e quindi se: puntare sui piani occupazionali previsti anche in Italia o basarsi su conti individuali. Per promuovere le forme complementari è stato introdotto il diritto di convertire una parte del salario in contributi che andranno a finire nei piani occupazionali dell impresa. Ammissibilità e regolamenti di sovvenzione sono complessi dato che esistono diversi trattamenti fiscali e regolamentari degli investimenti a seconda del fatto che tali disposizioni si basino sulla 245 Bonin H. (luglio 2009), 15 Years of Pension Reform in Germany: Old Successes and New Threats, IZA, Bonn 170

171 retribuzione lorda o su quella netta. Alcune prove suggeriscono che il regime di sovvenzioni per promuovere la previdenza professionale è sfocato e implica probabilmente delle distribuzioni indesiderate. Va inoltre considerato che tale diritto è anche subordinato agli accordi collettivi. Così facendo sia i datori di lavoro sia i sindacati possono imporre le loro regole in materia di piani occupazionali, fatto che ovviamente può sfocare in un conflitto con le preferenze dei singoli lavoratori. È difficile affermare quanto o meno la conseguente riduzione dei costi di transazione compensa tale, pur sempre importante, svantaggio. Le regole restrittive concernenti la disciplina della previdenza complementare e introdotte inizialmente sono troppo rigide per ottenere gli sperati maggiori tassi di adesione a forme complementari. È necessario quindi allentare alcune delle restrizioni per raggiungere gli obiettivi che il Governo si è posto. A tal fine è stata introdotta la possibilità di impiegare i fondi risparmiati per l acquisto di una propria casa. Il motivo di questa scelta è che i proprietari di una casa hanno meno bisogno di reddito quando sono anziani, perché tale alloggio gli permette di non dover pagare affitto ed eventualmente potrebbero anche decidere di vendere tutto. Però: è tutt altro che chiaro se l investimento in un appartamento o in una casa sia in grado di generare un rendimento paragonabile a quello che potrebbe derivare da un investimento in un attività finanziaria. I prezzi per l affitto e gli alloggi tendono a entrare sotto pressione nel momento in cui l invecchiamento demografico è associato alla diminuzione della popolazione, salvo che la tendenza all aumento della domanda di abitazioni pro capite controbilanci la tendenza demografica. Inoltre ci sono pochissime possibilità di coprire il rischio d investimento associato a una singola proprietà, fatto che è in contrasto con le diverse possibili strategie di diversificazione sui mercati finanziari; 171

172 in secondo luogo, l acquisto di un abitazione a uso privato può essere una scelta alternativa a qualsiasi altro piano pensionistico. Ciò implica la possibilità di subire perdite di valore. Almeno questa sembra essere un esperienza con altri programmi di sovvenzioni fiscali per la proprietà di casa. In effetti, si potrebbe sostenere che la recente modifica della pensione Riester serva principalmente a reintrodurre un programma volto a incentivare l acquisto della casa di proprietà, abbandonato nel Fino al 2008 i ricavi derivanti dalle forme previdenziali hanno beneficiato soprattutto dalla riduzione dei tassi di disoccupazione, sia strutturali sia congiunturali, da attribuire alle riforme del sistema di protezione sociale incentrate sulla disoccupazione di lungo periodo. Ciò ha generato un numero crescente di posti di lavoro con un certo livello di sicurezza sociale. Inoltre, grazie all innalzamento del tasso di contribuzione al 19,9 per cento della retribuzione lorda si sono visti crescere i ricavi. Ciò è stato accompagnato a sua volta da una crescita della spesa per pensioni minore negli ultimi anni. Ciò è spiegato dai seguenti elementi: bassa crescita dei salari; con esso si è ottenuto un incremento delle occupazioni e conseguentemente una riduzione della spesa per pensioni e ha cominciato a mostrare effetti tenendo bassi i fattori che sono stati modificati per la formula di adeguamento delle pensioni, al fine di ottenere un basso tasso di sostituzione (il rapporto tra pensione e i livelli salariali) 246 ; Il contenimento della spesa per pensioni legato all incremento dei ricavi ha permesso al paese di ricostruire le proprie riserve, necessarie per far fronte alle fluttuazioni di breve periodo conseguenti alla crisi finanziaria. L impatto demografico degli ultimi anni insieme alla recente crisi hanno eroso i fondi accumulati due anni prima della sua manifestazione. 246 Bonin H. (luglio 2009), 15 Years of Pension Reform in Germany: Old Successes and New Threats, IZA, Bonn 172

173 Oggi in Germania è ricercata la stabilizzazione delle finanze pubbliche e ciò si vorrebbe ottenere mediante un inversione di tendenza nel modo di considerare il paradigma pensione, definito quale spostamento verso un sistema a prestazioni definite. Infatti, in un modello di questo tipo i contributi sono legati ai redditi almeno finché non si scende al livello minimo stabilito dalla sicurezza sociale. Il sistema pensionistico tedesco prevede il pensionamento a 65 anni (dal 2012 aumento progressivo fino ai 67 anni nel 2035, stabilito nella riforma 1992 e attuato poi nel 2007 con un acceleramento dell entrata in vigore dei 67 anni anticipati al 2029) con un aliquota contributiva del 19,5%, equamente ripartita tra lavoratore e datore di lavoro. Oltre al resto, per ciascun anno di lavoro viene calcolato un punto retributivo sulla base del salario medio e dei contributi versati per stabilire il valore dell assegno che il lavoratore percepirà. La pensione quindi si baserà sulla somma dei punti retributivi accumulati e adeguati su altri fattori. Tab. 77 Indicatori chiave per la Germania 3.2 Stato attuale della disciplina sulle pensioni in Germania Il sistema previdenziale tedesco è costituito da tre pilastri. Il primo pilastro, legato al reddito, eroga prestazioni a dipendenti privati, pubblici e ad alcune categorie di lavoratori autonomi. Anche in Germania il primo pilastro è finanziato in parte dall imposizione fiscale (37%) e dai contributi versati dai membri del mercato del lavoro (datori di lavoro e dipendenti). La categoria 173

174 dei dipendenti vedrà crescere la propria quota di contribuzione in misura maggiore rispetto ai datori di lavoro, fatto che però dovrebbe essere compensato da maggiori sovvenzioni fiscali. Il secondo pilastro (Figura 30) è rappresentato da pensioni a capitalizzazione e ad adesione volontaria. Si tratta anche qui di un sistema (risultante da accordi collettivi) PAYG a prestazioni definite e permette di coprire quasi tutti i dipendenti pubblici. Con la riforma Riester del 2001 vennero forniti maggiori incentivi (fiscali) mostrando maggiore interesse a espandere questo comparto (che prevedeva l adesione di solo il 50% dei dipendenti) e a ridurre l impatto del primo pilastro nella spesa per pensioni. Fig. 30 Struttura sistema pensionistico tedesco Natali D. (25 ottobre 2005), Newsletter Le pensioni in Europa, Segretariato Europa CGIL, Roma 174

175 Il terzo pilastro (volontario e privato) consiste nel versamento di fondi in compagnie assicurative, banche o Fondi gestiti da SGR e vengono incentivati dal Fisco. Il calcolo delle pensioni è basato sui cosiddetti punti pensione. Come già accennato, la possibilità di andare in pensione con 67 anni è comunque legata al fatto che bastano cinque anni in cui devono essere versati i contributi, mentre per coloro che hanno 63 anni sono richiesti 35 anni di versamenti (per quelli nati dal 1964 in poi). Per i lavoratori che hanno accumulato meno di cinque anni di contribuzione, non sono previsti assegni pensionistici 248. L analisi fatta dall OECD dal nome «Pensions at Glance 2009» evidenzia al 2006 le seguenti caratteristiche: I contributi versati, riferiti a un salario annuale medio, permettono di ottenere un punto pensione (Entgeltpunkt). I contributi sono basati sul reddito, e quindi il maggiore o minore guadagno (in termini di punti) viene attribuito in proporzione al reddito. Inoltre, i contributi vengono prelevati dai redditi annuali fino a euro. Il massimale è pari al 214% del salario medio considerato. I guadagni rilevanti sono stati euro, pari al 70% della reddito medio dei paesi OECD. Al termine della propria vita lavorativa, saranno sommati i punti pensione accumulati durante il periodo lavorativo e dopo tale somma, viene moltiplicata per il controvalore di un punto pensione (pari a 313,56 euro), valore per l anno Tale valore è valido per tutti i pensionati, perciò sia per quelli sia, sono già in pensione che per i lavoratori appena ritiratesi dal mercato del lavoro. Tale valore/punto è rivalutato annualmente con riferimento alle retribuzioni lorde, ma ciò dipende a sua volta da altri due fattori complementari. Il primo fattore comprende le modifiche dei tassi di partecipazione allo schema pensionistico primario e ai pilastri di pensione integrativa. Un 248 OECD (2009), Pensions at a glance 2009: retirement-income systems in OECD countries, OECD, Parigi 175

176 incremento dei tassi di contribuzione ridurrà l adeguamento del valore/punto. Il secondo fattore, che determina il controvalore di ciascun punto, è la sostenibilità, che lega l adeguamento del prezzo al valore delle variazioni del rapporto di dipendenza del sistema (quindi a variazioni del rapporto tra pensionati e contribuenti). Questi fattori sono stati integrati nei criteri d indicizzazione con l obiettivo di contenere l aumento del tasso di contribuzione in maniera da non eccedere il 22%. Il continuo aumento del rapporto di dipendenza comporterà quindi una minore indicizzazione dei salari medi. Nel lungo periodo l adeguamento del valore/punto è stimato a essere inferiore al 18% rispetto all aumento del reddito medio. I redditi medi considerati per il calcolo dei punti-pensione, così come il loro valore, variano leggermente all interno dei nuovi Länder. Però svolgendo l analisi nel lungo periodo, questa differenza tende ad assottigliarsi fino a scomparire grazie all allineamento dei salari. Assistenza sociale: per le persone con un reddito basso sono previste delle forme di assistenza sociale, che deve essere richiesta dai pensionati stessi. Il valore complessivo destinato alle persone aventi necessità ammontava nel 2006 a 8172 euro per i Länder occidentali, compresivi dei contributi per le spese d affitto e di riscaldamento (19,3% del reddito medio) 249. Forme previdenziali ad adesione volontaria (pensioni complementari): La percentuale assegnata a queste forme di pensione viene incrementata gradualmente e nel 2008 ha raggiunto il quattro per cento. Il grado di copertura di queste forme previdenziali complementari corrisponde al 64% per i piani dei dipendenti e al 44% per quanto attiene i schemi previdenziali ad adesione volontaria. In Germania esiste un vastissimo numero di prodotti sia per quanto concerne i piani offerti dal datore di lavoro, che per quelli volontari e non è raro che i dipendenti abbiano aderito a entrambe le forme previdenziali disponibili. Il sistema previdenziale adottato è basato su un 249 OECD (2009), Pensions at a glance 2009: retirement-income systems in OECD countries, OECD, Parigi 176

177 tasso di contribuzione definito pari al quattro per cento (si tratta della percentuale più comune, perché si tratta della forma che attira il maggior numero di sovvenzioni pubbliche) 250. Pensionamento anticipato: Per i nati nel 1964 o in seguito, vi è la possibilità di anticipare lo stato di quiescenza dai 63 anni di età, 35 anni di contributi e otto anni di contribuzione consecutivi immediatamente prima del pensionamento, inclusa la possibilità di detrazioni. Nel caso di pensionamento anticipato avvenga prima del compimento del 67 anno di età, vi sarà una riduzione della prestazione pensionistica pari al 3,6% per ciascun anno di anticipo. Inoltre, per chi va in pensione prima del compimento dei 67 anni, i diritti alla pensione sono inferiori dato che per due anni i pensionati non hanno accumulato i punti/pensione. Il pensionamento anticipato senza subire qualsiasi forma di riduzione a 65 anni è possibile se si hanno versato contributi per 45 anni. Rinvio del pensionamento: Il rinvio del momento del pensionamento dopo il compimento del 67 anno di età consente di ottenere un incremento della prestazione pari al 6% per ciascun anno di lavoro aggiuntivo. Previdenza in caso di maternità: è prevista la contribuzione da parte dello Stato per ciascun bambino nato dal 1992 in poi. Questi contributi possono essere percepiti da genitori che lavorano o meno, o in alternativa possono essere suddivisi su entrambi i genitori. In tali anni si ha perciò il diritto di percepire un punto-pensione (pari ai contributi basati sul reddito medio) per ciascun figlio. Inoltre, si possono ottenere altri punti per il periodo trascorso a crescere i bambini (che non abbiano più di 10 anni). Questi anni, contribuiscono al conteggio per il numero di anni necessari (Berücksichtigungszeit) al pensionamento. Se le persone, che pagano i contributi lavorando, hanno dei figli al di sotto 10 anni o sono presenti in famiglia almeno due bambini imparentati (con meno di 10 anni), hanno il diritto di percepire un bonus fino a 0,33 punti-pensione per ciascun anno. Tuttavia, questo non può tradursi in un accantonamento totale superiore a un 250 OECD (2009), Pensions at a glance 2009: retirement-income systems in OECD countries, OECD, Parigi 177

178 punto-pensione previsto per ogni anno. Disoccupazione: l assistenza sociale volta a proteggere i lavoratori dai danni finanziari susseguenti alla disoccupazione contribuisce a nome dei disoccupati al regime pensionistico. Durante il primo periodo in cui si percepisce l indennità di disoccupazione (Arbeitslosengeld I), i contributi vengono versati sulla base del 80% della precedente retribuzione lorda. La durata del periodo di percezione dell indennità di disoccupazione Arbeitslosengeld 1 varia tra i sei e i 24 mesi con riferimento all età e agli anni di contribuzione. Dopo tale periodo il disoccupato percepisce il secondo tipo di sussidio di disoccupazione (Arbeitslosengeld II), erogato a un tasso inferiore e in funzione delle esigenze delle persone e lo Stato provvederà a versare 205 euro al mese quale quota di contribuzione alla pensione, in modo da ottenere 0,0834 punti-pensione per ogni anno durante il secondo periodo di disoccupazione 251. La Germania sta cercando di far fronte al problema demografico attirando maggiori tassi d immigrazione. La sfida economica della Germania consiste nel rafforzamento della base contributiva: si sta puntando sull aumento della produttività e dell occupazione, con particolare attenzione alle donne e agli anziani e alle pensioni percepite da persone scarsamente qualificate e/o caratterizzate da irregolarità nello svolgimento dell attività lavorativa. Per le persone che rientrano in questa categoria, il reddito garantito è troppo basso perché risulti interessante. Anche qui è importante mantenere la stabilizzazione delle finanze pubbliche per affrontare le spese future e di non intaccarle con gestioni anti- crisi che possono metterne a repentaglio la sostenibilità. Inoltre, nel momento in cui la situazione si sarà calmata, definitivamente, si dovrà rimettere mano ad argomenti purtroppo tutt oggi ancora non risolti quale l integrazione dei sistemi previdenziali ancora sussistenti nell est o ovest. 251 OECD (2009), Pensions at a glance 2009: retirement-income systems in OECD countries, OECD, Parigi 178

179 Tab. 78 Risultati del modello pensionistico tedesco OECD (2009), Pensions at a glance 2009: retirement-income systems in OECD countries, OECD, Parigi 179

180 CAPITOLO QUARTO L innovazione del modello socialdemocratico : la Svezia Il modello di welfare che ha caratterizzato la storia svedese è da definirsi socialdemocratico. In questo Capitolo si andranno a studiare le caratteristiche di questo sistema, e come abbiano influenzato le decisioni politiche. Infatti, pur essendo leggermente in contrazione, la politica svedese ha come fine quello di fornire il maggior numero di servizi alla propria popolazione e richiede come condizione necessaria per l ottenimento dei sussidi, la residenza in Svezia (cioè universalista) 253. Da ciò deriva che in Svezia i sistemi di previdenza complementare ad adesione obbligatoria coprono la quasi totalità dei lavoratori attivi. La componente a ripartizione eroga prestazioni calcolate tenendo conto dei contributi effettivamente versati dal singolo lavoratore, mentre la componente a capitalizzazione del sistema svedese è strutturata secondo un sistema di conti individuali, che prevede la possibilità per gli iscritti di scegliere fra un ampia gamma di Fondi comuni d investimento certificati. Il sistema previdenziale svedese, che viene sorvegliato dal Ministero della sicurezza sociale e del lavoro (la denominata MSSL), verifica il buon funzionamento dell impiego delle risorse, provenienti dal bilancio statale. Anche questo sistema, introdotto nel 1998, prevede la presenza di tre pilastri (Figura 31). Il primo pilastro comprende tre comparti che prevedono una copertura universale mediante l impiego di schemi personalizzati o comuni. Il comparto 0 o pensione gratuita (PG) rappresenta la quota erogata al pensionato e che è garantita. Questa prestazione (forfettaria per persone con 253 Esping-Andersen G. (2000), I fondamenti sociali delle economie postindustriali, Il Mulino, Bologna 180

181 più di 65 anni e 40 anni di residenza) viene finanziata mediante l imposizione fiscale. L intero ammontare potrà essere percepito soltanto nel momento in cui non si ha diritto a qualsiasi forma di pensione. In caso di presenza di una forma previdenziale, la pensione garantita rappresenterà un integrazione per le pensioni di ammontare inferiore alla quota garantita. Fig. 31 Struttura sistema pensionistico svedese 254 Il comparto 1 (Figura 31) prevede una prestazione che è legata al reddito della persona, (denominata ATP) ed è finanziata dal 18,5% dei contributi versati sul reddito da pensione da parte dei datori di lavoro e dai lavoratori, di cui il 16% viene impiegato per i piani PAYG (Pay-as-you-go) che prevedono la contribuzione definita, cioè cumulazione virtuale dei contributi ai quali 254 Natali D. (25 ottobre 2005), Newsletter Le pensioni in Europa, Segretariato Europa CGIL, Roma 181

182 viene attribuito un rendimento, e dall altra parte vi è la possibilità di portare a capitalizzazione la parte riguardante la previdenza sociale. Il restante 2,5% (Comparto 2 regime di pensione per premi unici) va obbligatoriamente versato all Agenzia delle entrate e successivamente viene trasferito a gestori privati. In alternativa i lavoratori possono versare la parte corrispondente in un Fondo apposito (di garanzia), volto a coprire il lavoratore dal rischio d insolvenza e sottoposto a gestione pubblica. Nel 1998 fu istituito in Svezia per la prima volta il secondo comparto obbligatorio, finanziato mediante contributi sociali e funzionante a capitalizzazione con l investimento (a libera scelta) del lavoratore all interno di un Fondo privato o pubblico (esiste un mercato concorrenziale con la presenza di più di 600 Fondi). Si tratta quindi di un sistema misto dalle caratteristiche ibride che spesso, in letteratura, viene attribuito al primo pilastro (Natali D.). È l agenzia pubblica (Premium Pension Authority - PPA), che gestisce e amministra il sistema, provvedendo alla raccolta dei contributi e al loro trasferimento presso i Fondi selezionati dagli iscritti, garantendo l anonimato degli stessi. Per quanto concerne il secondo pilastro, esso è rappresentato esclusivamente da pensioni integrative a capitalizzazione semi obbligatorie e a prestazioni a contribuzione definita. Queste forme sono basate su contrattazioni collettive, che vanno a coprire circa il 90% dei dipendenti e pesano sullo stipendio di questi ultimi per un tasso compreso tra il due e il cinque per cento. Al 2000 il secondo pilastro svedese rappresentava il 17% della spesa pensionistica complessiva. Anche in Svezia come nella maggior parte dei paesi europei, il terzo pilastro è costituito da accantonamenti di capitale in Fondi pensione o compagnie assicurative. Questi strumenti hanno incontrato un elevato favore data, l agevolata trattazione fiscale. Riassumendo, questo sistema a differenza degli altri, risulta essere sostenibile nel tempo, grazie anche alla stabilità del tasso d invecchiamento, 182

183 conseguenza dell incremento del tasso di natalità 255. Difatti, esso è programmato per mantenere costante il livello di contribuzione nel primo pilastro (al 18,5% dei redditi), mentre il livello delle indennità è adeguato all eventuale deterioramento dei fattori demografici ed economici (essendo le pensioni non più collegate al costo della vita, ma allo stato di salute dell economia nazionale, quindi al PIL). Con ciò sparisce l età di pensionamento uguale per tutti (pensionamento flessibile con il minimo fissato a 61 anni, con incentivi a continuare a lavorare fino ai 67 anni, limite invalicabile) e sparisce a sua volta la possibilità di andare in pensione anticipatamente. In più il cuscinetto del Fondo permette di ridurre ulteriormente gli squilibri finanziari. Il problema dell adeguamento invece sembra colpire in particolar modo i dipendenti con un reddito basso e le persone indigenti a causa dell indicizzazione sui prezzi (e non sui salari) della pensione garantita di base. Per quanto riguarda la spesa pensionistica in generale bisogna sottolineare come la spesa in percentuale sul PIL, aumenti secondo previsioni fino al 2030 di circa l 11,50% e si attesti nel 2050 a un valore vicino ai 10,50 punti percentuali. Fig. 32 Struttura istituzionale del sistema pensionistico svedese Natali D. (2004), Svezia Il sistema pensionistico, Osservatorio sociale europeo 256 Natali D. (25 ottobre 2005), Newsletter Le pensioni in Europa, Segretariato Europa CGIL, Roma 183

184 4.1 Ripercussioni dei processi di riforma svedesi Il pensiero originario del sistema sociale era quello di tutelare i poveri e di contribuire ad attenuare l elevato numero di morti. A seguito dell industrializzazione del 19 secolo, era necessario intervenire con vigore per tutelare coloro che erano passati a lavorare nelle fabbriche. Infatti, chi lavorava in precarie condizioni erano esposti a determinati rischi quali infortuni sul lavoro, malattia e il procedere dell età. Da qui emerse la necessità di intervenire con riforme massicce. È però soltanto dalla fine del 19 secolo che le persone hanno cominciato a unirsi e a creare associazioni volte a tutelare il lavoratore 257. Tali associazioni (raggruppate nell azienda sanitaria) furono riconosciute e sostenute soltanto dal Il fine dell azienda sanitaria svedese, costituita nel 1955, era ed è tuttoggi di fornire una certa sicurezza ai cittadini svedesi. Il processo riformativo si è svolto lungo il 20 secolo apportando numerose migliorie (Tabella 79) Introduzione legge per forme di tutela post- lavorativa [folkpension] 1948 Introduzione di un reddito per il periodo di gravidanza Nasce l assistenza sanitaria sovvenzionata Introduzione pensione di invalidità [Yrkesskadeförsäkring] Introduzione della forma pensionistica ATP e della di forme di previdenziale complementare [ATP, allmän tilläggspension] 1974 Assicurazione per i genitori [Föräldraförsäkring] 1977 Forme assicurative contro malattia e incidenti sul posto di lavoro [Arbetsskadeförsäkring] 1992 Reddito da riabilitazione [Rehabiliteringspenning] 1999 Nuovo sistema previdenziale 2001 Riforma dell assistenza sociale (che comprende oggi tutte le persone che abitino o lavorino in Svezia) Tab. 79 Momenti caratterizzanti la tutela della popolazione svedese (dal 1900 in poi) 257 Försäkringskassan (2010), Om socialförsäkrinen, Försäkringskassan, Stoccolma 184

185 La prima riforma in termini di previdenza sociale risale al biennio , anni in cui s introdusse un piano obbligatorio, uguale per tutti, esclusi i dipendenti statali, per i quali erano previsti programmi separati. Esso prevedeva un piano contributivo, progettato per garantire dei redditi a chi ha contribuito. Inoltre, tale riforma ebbe come obiettivo di fornire un reddito aggiuntivo rivolto a chi percepiva bassi redditi 258. Da questo primo tentativo emerse l importanza di fornire un reddito complementare a scapito del fine primo, fissato nel far fronte al rischio inflattivo, ma che generò dei premi troppo modesti per risultare appetibili. Pertanto, nei primi anni 1930, la grande maggioranza delle persone con un età superiore all età di pensionamento obbligatoria, percepiva un reddito che fungeva da pensione pubblica (primo pilastro). Fu soltanto al termine della Seconda Guerra Mondiale, che venne introdotto il primo e vero sistema pensionistico per chi aveva raggiunto un età congrua al pensionamento e che prevedeva un equa distribuzione tra i pensionati e coincidente con l abolizione della forma precedentemente creata (nel 1946 venne costituita la prima pensione per la popolazione). La crescente importanza dei piani occupazionali tra i colletti bianchi 259 nel settore privato (oltre alla presenza dei programmi già esistenti per i dipendenti pubblici) entrò a far parte della piattaforma per l elaborazione delle politiche nel dopoguerra, sollevando anche la questione sulle prestazioni legate al reddito per operai del settore privato. La situazione che si venne a creare è paragonabile a quella vigente nello stesso periodo nel Regno Unito. Entrambi i paesi furono etichettati quali paesi del welfare da parte di Titmuss nel 1955, il quale riteneva che la costituzione di forme pensionistiche legate ai redditi percepiti possa essere una possibile soluzione. Successivamente all approvazione del sistema pensionistico, fu necessario intervenire drasticamente per alleggerire le tensioni affermatesi da conflitti 258 Palme J. (giugno 2005), Features of the Swedish pension reform, The Japanese Journal of Social Security Policy, Vol.4 n Persone che ricoprono mansioni con impegni funzionari e amministrativi e più remunerati rispetto a persone che svolgono attività manuali. Si fa riferimento ad essi perché il loro lavoro non richiede che si sporchino le mani. 185

186 politici nel periodo post-bellico 260. Si diede vita quindi al piano ATP (approvato in Parlamento con appena un voto di maggioranza e in seguito a un referendum tenutosi nel 1957), promulgato nel Fig. 33 Principali riforme del sistema previdenziale svedese 261 Dal 1960 (Figura 33) in poi la popolazione in età lavorativa cominciò ad accumulare diritti per percepire redditi da pensione complementari (FP), necessari per soddisfare le esigenze derivanti dal sistema ATP. L FP venne finanziato mediante le entrate fiscali mentre l ATP è stato interamente finanziato con i contributi derivanti del datore di lavoro con l uso dello stesso limite applicabile sia ai contributi sia ai fini previdenziali (con una percentuale superiore al 90 per cento della forza lavoro con un reddito inferiore a tale limite). Il sistema ATP è stato disegnato seguendo i principi delle prestazioni definite e del modello Pay-as-you-go (a ripartizione). Questo modello attribuisce perciò il diritto di percepire il massimo reddito da pensione. Tale beneficio veniva calcolato sui 15 anni in cui il lavoratore ha percepito il massimo in termini di salario e ha versato 30 anni di contributi con il fine di riuscire a raggiungere un tasso di sostituzione del 60 per cento. 260 Palme J. (giugno 2005), Features of the Swedish pension reform, The Japanese Journal of Social Security Policy, Vol.4 n Första AP-fonden (2009), The Swedish pension system, < 186

187 I contributi impiegati per i piani ATP e FP, vennero indicizzati a un indice dei prezzi al consumo definito ammontare base. Nel 1974 poi si introdusse il quarto Fondo AP che incluse la possibilità di investire in società. Al di la di questo venne ridotta l età di pensionamento (dai 67 ai 65 anni per entrambi i sessi). Gli anni più prolifici in termini di riforme previdenziali svedesi, fu il ventennio dal 1980 in poi. A seguito della riforma che introdusse l ATP, il tasso di sostituzione risultò triplicato nel 1980 rispetto al 1960 e a sua volta le prestazioni di base risultavano quasi raddoppiate rispetto al salario medio. Successivamente, pur avendo un sistema efficiente, emerse la necessità di intervenire nuovamente, nonostante il buon rendimento mostrato fino a quel momento. Nel 1984 venne costituita una commissione per le pensioni parlamentari, incaricata a valutare l efficienza del sistema previdenziale svedese, giungendo ai seguenti due risultati: le finestre d uscita dovevano essere eliminate e sostituite con benefici limitati e legati a un certo orizzonte temporale valido sia per gli uomini che per le donne, in riflesso del fatto che il modello in vigore fino a quel momento permetteva al lavoratore di essere un punto d appoggio quasi universale nella società svedese, con un impegno pubblico ridotto; in seconda è stata redatta una relazione volta ad aiutare a comprendere la situazione del sistema pensionistico di allora 262. Posteriormente furono introdotti altri cinque Fondi (costituenti il 4 pilastro - rivolto ai lavoratori), volti a incrementare l influenza dei lavoratori presso l azionariato. Il sistema previgente era sotto finanziato e influenzato dalla crescente pressione demografica che ha portato a un peggioramento della situazione. 262 Palme J. (giugno 2005), Features of the Swedish pension reform, The Japanese Journal of Social Security Policy, Vol.4 n.1 187

188 Per tenere in vita il sistema vennero impiegate le risorse di riserva nonché e fu aumento il tasso di contribuzione. L indicizzazione dei prezzi aveva reso instabile il sistema sia termini finanziari sia sociali. Il sistema previdenziale svedese venne e viene tuttoggi ammirato per la sua semplicità e trasparenza. È stata trasformata gradualmente la componente legata al reddito (fine degli anni 80) in un piano di base con una componente forfettaria, con adeguamenti delle prestazioni FP e PT in percentuale della PT (tale decisione era presa dal Parlamento). Con l aumento graduale della PT si è visto diminuire il valore dei contributi versati dal datore di lavoro e quindi quelli che percepivano un ATP si ritrovavano a percepire un FP irrisorio. Nel 1988 venne istituito un quinto pilastro con l intento di fornire nuovi Fondi che, come quelli emessi nel 1974, permettano di superare i vincoli imposti precedentemente in termini di allocazione. Fino a quel momento il Governo svedese fallì nell intento di fornire un reddito di base ai pensionati. Le riforme attuate, erano state necessarie dato che le pensioni erano legate alla crescita dei prezzi anziché all economia reale, costituendo, di fatto, un sistema previdenziale instabile sotto tutti i punti di vista (sia finanziario sia sociale in aggiunta ai conflitti sulle pensioni tra l opposizione e il Governo) 263. La principale riforma del sistema pensionistico svedese è stata quindi redatta nel dal gruppo di lavoro delle pensioni, che era costituito da rappresentanti di tutti i partiti presenti in Parlamento. Venne abolito il Fondo dei lavoratori e a seguito di un accordo tra i quattro partiti socialisti governanti e il partito socialdemocratico, il Governo ha presentato un disegno di legge al Parlamento che è stato approvato nel giugno 1994 e prevedeva principi e linee guida lasciando spazio per ulteriori discussioni. La maggior parte della normativa attualmente in essere fu adottata dal Parlamento a partire dal giugno Palme J. (giugno 2005), Features of the Swedish pension reform, The Japanese Journal of Social Security Policy, Vol.4 n Boeri T. Brugiavini A. (7 novembre 2005), TFR: Impariamo dalla Svezia, Lavoce.info 188

189 Per i quattro pilastri vennero adottate delle norme identiche, permettendo ai Fondi di investire in diverse classi di attività. I Fondi possono così operare in maniera indipendente, a condizioni reciprocamente competitive e formulare le loro politiche d investimenti, di corporate governance e dei piani di gestione rischi nei limiti stabiliti. La riforma porta a una serie di modifiche volte a inquadrare meglio il ruolo dei Fondi, rendendo il sistema più stabile e cercando di massimizzare il ritorno a lungo termine con un basso livello di rischio complessivo. 4.2 Il sistema previdenziale svedese secondo l OCSE L analisi fatta dall OECD ha incluso anche il sistema previdenziale svedese, identificandone lo stato al 2006 come di seguito 265 : Criteri di pensionamento: il sistema previdenziale svedese permette il pensionamento flessibile dai 61 anni sia per le pensioni legate al reddito che per quelle a premio. Requisito necessario per poter richiedere la pensione di base sono tre anni di residenza ed è necessario aver compiuto 65 anni. L ammontare massimo per la pensione garantita si percepirà quando si sarà residenti da 40 anni e subirà delle riduzioni proporzionali al minor periodo di residenza. Calcolo delle pensioni: Come già detto poch anzi, i contributi sono pari al 18,5% del salario percepito e vengono versati e rivalutati in linea con la media dei redditi percepiti negli ultimi tre anni. Il reddito considerato per il calcolo della pensione è dato dal reddito percepito al netto dei contributi versati nel piano pensionistico (comprende a sua volta i conti fittizi che i sistemi pensionistici a premi) con ritenute del sette per cento della retribuzione lorda, e con un tasso effettivo di contribuzione sul reddito lordo pari al 17,21%, da suddividersi per il 14,88% sul sistema dei conti fittizi e per il restante 2,33% sulla contribuzione definita destinata ai sistemi pensionistici a capitalizzazione. I contributi vengono prelevati solo nel momento in cui il reddito annuo supera 265 OECD (2009), Pensions at a glance 2009: retirement-income systems in OECD countries, OECD, Parigi 189

190 un certo ammontare di SEK ( nel 2006), pari a poco più del 5,2% del reddito medio. Per coloro che superano anche di poco tale soglia, è previsto il prelievo sull intero ammontare percepito. Il limite fissato per il calcolo delle prestazioni pensionistiche era fissato a SEK per il I contributi da parte del datore di lavoro vengono anch essi erogati fino al raggiungimento di tale soglia. Da quel punto in poi deve essere pagata un imposta addizionale sui redditi e quest ultima corrisponde alla stessa percentuale alla quale è esposto il contributo pensionistico ma va a incidere direttamente sul bilancio del Governo centrale e ciò non permette di maturare alcun diritto alla pensione. Il nuovo pilastro (legato al reddito percepito) ricorre a conti fittizi (notional accounts). Tali conti vengono incrementati ogni anno di proporzioni appartenenti a persone decedute in quell anno e titolari di un conto fittizio (ricavi da successione). I guadagni da successione, derivanti dalla morte di persone prima dell età necessaria al pensionamento (61 anni) sono rilevanti. Successivamente i redditi da successione che si percepiscono dopo il compimento del 61 anno di età vengono stimati sulla base del tasso di mortalità osservato negli ultimi cinque anni (calcolato mediante una tavola di mortalità neutrale sia ai sessi). Al momento del pensionamento, il montante fittizio verrà convertito in una rendita vitalizia. Il calcolo impiega a tal fine un coefficiente a seconda dell età di pensionamento di ciascun lavoratore e contemporaneamente è basato sull aspettativa di vita restante (basati a loro volta su tavole di mortalità degli ultimi cinque anni). Per tale calcolo s ipotizza un tasso di sconto reale annuo del 1,6%. Calcoli ipotizzati danno coefficienti di rendita per chi ha 65 anni pari a 15,4 per il 2000 e che dovrebbero passare al 16,8 nel 2020 e a 17,4 nel Attualmente, il coefficiente di trasformazione è pari a 18 nel caso di pensionamento a 61 anni e 12,8 per il pensionamento a 70 anni e nati nel Dopo il ritiro, le pensioni saranno adattate al corrispondente incremento del valore nominale del reddito medio decurtato del tasso d interesse del divisore annuale pari al 1,6%. Inoltre il calcolo subisce una diminuzione in proporzione 190

191 alla diminuzione dell attivo rispetto al passivo sui conti fittizi 266. Pensione minima: La pensione minima garantita rappresenta una prestazione integrativa per coloro che percepiscono pensioni di entità minori (erogate dal sistema fittizio descritto in precedenza. Le persone rimaste sole, nate successivamente al 1938 e che rientrano in tale contesto, percepiscono una pensione minima fino a un massimo di SEK, valore che corrisponde al 26% del salario medio lordo. Tale pensione viene erogata, in proporzioni minori fino al raggiungimento di un reddito lordo annuale di SEK. Il livello di garanzia è il prezzo indicizzato ai sensi della legislazione attuale. Tuttavia, l assunto di base nella modellazione per tutti i paesi prevede che il valore delle prestazioni pensionistiche garantite nette tenderanno, con il passare del tempo, a seguire la retribuzione media piuttosto che diminuire al variare degli standard di vita. Vi è inoltre anche un sussidio per l alloggio che copre il 93% dei costi per gli affitti fino a un massimo di 5000 SEK al mese per ciascun pensionato che vive da solo. Tale contributo rappresenta una parte importante per garantire il livello minimo esistenziale dei pensionati svedesi. Tale beneficio non viene considerato nel modello di calcolo per la pensione minima garantita. Contribuzione definita: un altro 2,5% viene versato in Fondi pensionistici complementari e individuali: le pensioni a premio, pari a un tasso di contribuzione effettivo della retribuzione lorda pari al 2,325%). Al momento del pensionamento, le persone possono scegliere la modalità di erogazione delle pensioni. In primo luogo, le persone possono convertire la pensione in una rendita vitalizia, eliminando all origine il rischio d investimento. In alternativa, le persone possono scegliere di percepire assegni variabili; facendo così il capitale sarà investito da un gestore di Fondi (a scelta) con la conseguente incertezza legata al rendimento del capitale stesso. Il principio del calcolo della pensione in questo caso prevede che il credito accumulato sia diviso per un fattore annuale (basato sull aspettativa di vita media) e che la prestazione pensionistica sia accreditata al tasso 266 OECD (2009), Pensions at a glance 2009: retirement-income systems in OECD countries, OECD, Parigi 191

192 d interesse futuro (3%) e che sia decurtato dei costi amministrativi. Se il tasso dovesse superare il tre per cento, allora dovrà essere versata una quota aggiuntiva o in alternativa verrà aumentato il saldo del conto per giungere alla base di calcolo della prestazione pensionistica annuale. Previdenza (quasi) obbligatoria occupazionale: i regimi pensionistici rientranti nel primo pilastro coprono complessivamente quasi il 90% dei lavoratori dipendenti. Nel calcolo ipotizzato si è partiti dal piano ITP per i dipendenti (recentemente rinegoziato), il quale mischia le prestazioni e i contributi definiti. Il vecchio piano rimane in essere per coloro che sono nati fino al 1978 con alcune modifiche minori, mentre quello nuovo si rivolge a chi è nato dal 1979 in poi. ITP1: il nuovo sistema pensionistico è in vigore dal 1 gennaio 2007 e valevole per tutti i lavoratori dipendenti nati dal 1979 in poi e dal compimento del 25 compleanno. Si tratta di un piano basato completamente sui contributi a prestazione definita. Tali contributi sono fissati a un livello pari al 4,5% dello stipendio, percentuale che corrisponde a un valore fino a 7,5 volte l importo base del reddito ( SEK nel 2006). Per le quote di salario superiore a tale soglia, è previsto un contributo del 30% sul salario mensile lordo, esclusi i rimborsi spese. Almeno la metà dei contributi è investita in forme pensionistiche tradizionali. Il lavoratore può anche scegliere di aderire a un assicurazione vita pari a un valore fino a quattro volte l ammontare contributivo di un anno per un periodo di cinque, dieci, 15 o 20 anni. I contributi di chi non prende una decisione vengono investiti in forme pensionistiche tradizionali, senza alcuna componente assicurativa 267. Per dipendenti, il cui salario annuo è superiore a dieci volte il reddito imponibile (pari a SEK nel 2006) è prevista l adesione al nuovo piano, salvo il consenso da parte del datore di lavoro, indipendentemente dal fatto che il dipendente abbia aderito a un piano tradizionale ITP2 o a qualsiasi altro 267 OECD (2009), Pensions at a glance 2009: retirement-income systems in OECD countries, OECD, Parigi 192

193 piano ITP. Pensionamento anticipato: Il pensionamento anticipato è possibile dal 61 anno di età per quanto concerne il primo pilastro (che prevede sia i redditi da pensione che quelli da premio). Non esiste comunque un età definita per il pensionamento. Il sistema dei conti fittizi e delle erogazioni pensionistiche prevede un adattamento attuariale a seconda dell età di pensionamento. Il reddito pensionistico di base non può essere richiesto prima del compimento del 65 anno e nel caso il ritiro di tale reddito avvenisse prima o dopo il compimento del 65 compleanno, allora le prestazioni garantite vengono calcolate in base ai 65 anni. Nel nuovo piano ITP1, il pagamento dei redditi da pensione avviene abitualmente dal 65 anno di età, ma può essere richiesto dai 55 anni. Tali pensioni vengono erogate lungo l arco della vita, con la possibilità, per un intervallo temporale non inferiore ai cinque anni, di erogare l intero ammontare o solo una sua parte. Il modello OECD considera l ipotesi di erogazione per tutta la vita. L ammontare della pensione è determinato dall ammontare dei contributi versati, dal guadagno, dalle tasse e imposte, e dal numero degli anni in cui viene erogata la pensione 268. Rinvio del pensionamento: i conti retributivi e contributivi possono essere differiti senza definizione di limiti d età superiori e con aggiustamenti attuariali automatici. Vi è inoltre la possibile di combinare le rendite da lavoro con quelle da pensione percepita. Infine, le pensioni possono essere percepite in parti, pari al 25, 50 o 75% dell intero ammontare pensionistico. La pensione minima garantita viene adattata rispetto alle altre pensioni del sistema pensionistico svedese (pensioni di vecchiaia) e in riferimento ad altre forme pensionistiche comparabili. Essa non viene ridotta dei redditi da attività, dalle rendite da capitale, Fondi previdenziali complementari o da altri piani occupazionali. 268 OECD (2009), Pensions at a glance 2009: retirement-income systems in OECD countries, OECD, Parigi 193

194 Vi è la possibilità di rinviare la percezione della pensione ITP1 anche dopo il compimento dei 65 anni, senza l opportunità di accumulare ulteriori diritti da pensione. Previdenza durante la maternità: Vengono accreditati allo schema pensionistico tutti gli anni spesi per accudire e crescere i propri figli con un età minore o pari a quattro anni. In una famiglia con due genitori, gli accrediti vengono attribuiti al genitore con il reddito minore, salvo che i genitori decidano diversamente. Esistono tre modalità di calcolo per l accredito. In primo luogo, se il reddito è pari a zero o se il reddito inferiore a quello percepito in precedenza, l accredito si riferisce al reddito percepito nell anno prima della nascita del figlio. Per la parte di popolazione che non ha mai svolto alcuna attività lavorativa o che è caratterizzata da uno stipendio basso sono previsti degli accrediti basati su un ammontare pari al 75% del reddito medio svedese. Infine, in caso di crescita del reddito o di reddito praticamente inalterato prima della nascita di un figlio, allora l accredito sarà fissato a un importo pari a un reddito base. In tutti i casi esplicati sopra, il Governo procede a effettuare un calcolo dell ammontare complessivo dei contributi versati nel sistema pensionistico. I redditi percepiti dai genitori che hanno cessato l attività lavorativa per seguire la crescita della propria prole, vengono considerati utili al calcolo della pensione e solo il sette per cento del reddito del lavoratore viene prelevato dal reddito. Lo Stato si assume il ruolo di pagatore in sostituzione del datore di lavoro (per un ammontare pari a 10,21%). I redditi vengono erogati per un massimo di 480 giorni, secondo le seguenti modalità: per 390 giorni viene erogato l 80% del reddito annuo dei genitori fino a un ammontare massimo di dieci importi base dei prezzi (pari a

195 SEK per il 2006); 90 giorni per una quota forfettaria di 180 SEK al giorno. L assegno familiare prevede il calcolo giornaliero e i genitori senza stipendio o con o con redditi molto bassi, hanno il diritto di ricevere un ammontare minimo garantito di 180 SEK al giorno. I 480 giorni nei quali si percepisce la prestazione assistenziale, vengono suddivisi tra i genitori (cioè 240 giorni per ciascun genitore) con la possibilità di trasferimento dei giorni da un genitore all altro per un numero complessivo di 180 giorni a testa 269. Nell ambito dei piani occupazionali IPT, sussiste la raccomandazione al datore di lavoro di contribuire alla pensione del dipendente per un massimo di 11 mesi per le assenze derivanti da maternità. Disoccupazione: i sussidi da disoccupazione e gli assegni di formazione pagati ai disoccupati sono redditi che vengono considerati per il calcolo della pensione e il Governo contribuisce in sostituzione del datore di lavoro. I redditi derivanti dalla disoccupazione quali indennità di disoccupazione, sono pari all 80% dei guadagni precedenti per i primi 200 giorni. Dal 201 fino al 300 giorno il beneficio è pari al 70% dei guadagni precedenti. Successivamente, il beneficio si riduce al 65% della retribuzione percepita anteriormente, a meno che un componente della coppia sia genitore di figli con meno di 18 anni per i quali il beneficio resta a un livello del 70% dei guadagni precedenti. I sussidi di disoccupazione vengono erogati fino a un massimo di 680 SEK con un pagamento minimo di 320 SEK al giorno. L indennità di disoccupazione può essere erogata fino a un massimo di 600 giorni OECD (2009), Pensions at a glance 2009: retirement-income systems in OECD countries, OECD, Parigi 270 OECD (2009), Pensions at a glance 2009: retirement-income systems in OECD countries, OECD, Parigi 195

196 Tab Indicatori chiave riferiti alla Svezia Dopo aver ricevuto la prestazione per un periodo prolungato di 600 giorni, il beneficiario ha diritto a ottenere una garanzia di occupazione sotto forma di un assegno per la formazione, il cui ammontare è pari al livello del sussidio di disoccupazione e quindi giustifica l esigenza di assicurazione. Tale garanzia e il beneficio conseguente sono ottenibili a tempo indeterminato fino ai 65 anni. Questo perché una persona disoccupata, di fatto non sceglierebbe mai di percepire una pensione, ma preferirebbe ricevere un assegno di formazione, perché il ricorso alla pensione di anzianità gli permetterebbe di ricevere una pensione di livello inferiore. Infine, sorge un dubbio: questo modello è veramente da prendere come modello da imitare? L elevata imposizione (25%) e la rigida regolamentazione portano a limitare la produttività del paese. Va rilevato che comunque è inimmaginabile fornire tali servizi senza ricevere nulla in cambio. Però il sistema, efficiente in se, va monitorato per evitare che le persone ricorrano ad alternative per eludere il costoso sistema (per esempio lavoro in nero o decidere di mandare i propri figli in scuole private). 196

197 Tab. 81 Risultati del modello pensionistico svedese OECD (2009), Pensions at a glance 2009: retirement-income systems in OECD countries, OECD, Parigi 197

198 CAPITOLO QUINTO Evoluzione del sistema previdenziale secondo il modello liberale : il Regno Unito Il Regno Unito diversamente ha un sistema previdenziale di base volto a garantire il sostentamento e la prevenzione della povertà. Ciò deriva dal modello di welfare liberale, volto a fornire le prestazioni di base a coloro che sono poveri e allo stesso tempo caratterizzato da un autonomia di scelta dell individuo, che viene accompagnato (eventualmente anche spingendolo) nell adozione di un piano previdenziale 272. Il primo pilastro (Figura 34) prevede il versamento obbligatorio di contributi assicurativi nazionali (NICs National Insurance Contributions) e le prestazioni vengono erogate a persone con un salario superiore a una soglia minima (Figura 31). Nel caso le persone non siano in grado di provvedere ai contributi autonomamente, allora è previsto il subentro da parte dello Stato. Anche qui si tratta di un sistema Pay-as-you-go e prevede quindi che i contributi vengono impiegati immediatamente per pagare le prestazioni ai pensionati attuali. L età di pensionamento dovrebbe essere equiparata entro il 2020 a 65 anni e le prestazioni sono di tipo forfettario con la definizione di un livello minimo di contribuzione. Il secondo pilastro offre libertà di scelta (quattro regimi) Tra questi emerge lo S2P (sistema Pay-as-you-go di tipo forfettario). Esiste inoltre un sistema previdenziale settoriale che fornisce prestazioni favorevoli ai lavoratori con un reddito basso. Il modello è a capitalizzazione e richiede contributi definiti e versati dai dipendenti. Infine, si possono scegliere tra Fondi occupazionali, che vengono finanziati con una base a capitalizzazione con prestazioni definite. Esiste la possibilità di aderire a un regime previdenziale personale 272 Esping-Andersen G. (2000), I fondamenti sociali delle economie postindustriali, Il Mulino, Bologna 198

199 basato su conti individuali. Il Regno Unito presenta un sistema di previdenza complementare ad adesione individuale (Figura 35), che è tra i più evoluti del mondo e vanta un tasso di adesione pari al 70% dei lavoratori. Nel Regno Unito oggi gli uomini vanno in pensione a 65 anni e le donne a 60 anni (graduale equiparazione tra il 2010 e il 2020). Interessante è notare il fatto che non esista una pensione di anzianità contributiva, ma sistemi di assistenza basati sul reddito per gli ultrasessantenni. Fig. 34 Sistema previdenziale: Regno Unito 273 Nel Regno Unito il terzo pilastro prevede l accantonamento del capitale in Fondi pensione o assicurazioni vita, ma che oggi rappresenta una quota assai Fig. 35 Sistema previdenziale prima e dopo la riforma: Regno Unito Natali D. (25 ottobre 2005), Newsletter Le pensioni in Europa, Segretariato Europa CGIL, Roma 274 OECD (2009), Pensions at a glance 2009: retirement-income systems in OECD countries, OECD, Parigi 199

200 ridotta. Con la riforma del 2004 denominata Pension Act, sono state introdotte alcune previsioni volte a incentivare l adesione alla previdenza complementare e il consolidamento del risparmio personale a scopo previdenziale. È stato oltre a ciò accentuato il controllo sulle componenti di rischiosità delle forme previdenziali integrative, analizzando i seguenti due elementi: la probabilità che si verifichi una circostanza che possa pregiudicare le prestazioni e il danno che tale evento potrebbe arrecare al patrimonio del Fondo. Il Regno Unito si pone come sfida di adeguare le pensioni per i dipendenti a reddito basso. Con riferimento a ciò, il Governo ha recentemente introdotto diversi tipi di accantonamento pensionistico per cercare di risolvere questo problema: si è quindi proceduto a introdurre una seconda forma di pensione statale e un credito pensionistico con l obiettivo di migliorare la previdenza sociale per le classi della popolazione più povere e per quelle a basso reddito. Il sistema attuale prevede costi amministrativi troppo elevati, con le difficoltà legate al processo di divulgazione delle informazioni verso i cittadini, necessarie per fornirgli le basi per comprendere cosa sono piani pensionistici e assimilare il funzionamento degli stessi. Tab. 82 Indicatori chiave: Regno Unito 275 In Europa c è una generale tendenza a modificare i sistemi previdenziali. Però 275 OECD (2009), Pensions at a glance 2009: retirement-income systems in OECD countries, OECD, Parigi 200

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