Università degli Studi di Torino Facoltà di Scienze Politiche Corso di Laurea in Servizio Sociale

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1 Università degli Studi di Torino Facoltà di Scienze Politiche Corso di Laurea in Servizio Sociale La genitorialità temporanea nell esperienza degli affidatari del Comune di Torino: il ruolo dell assistente sociale tra risorse e fragilità del processo di affido Relatore: Professoressa Paola Maria Torrioni Candidato: Angela Trisorio Anno accademico

2 A mio cugino Carmine, perché sarà in quest aula attraverso i miei pensieri e il mio cuore. A mia nonna Angela, il mio angelo custode, perché chi ti ama c è per sempre. Alla mia famiglia, per la forza e il sostegno trasmessi; se non ci fosse, questo giorno non avrebbe senso. 2

3 Sommario INTRODUZIONE... 5 CAPITOLO Lo scenario delle trasformazioni della famiglia e la genitorialità sociale I mutamenti della famiglia nelle strutture e nelle relazioni La genitorialità e la filiazione sociale... 9 CAPITOLO L affidamento familiare e l esperienza della città di Torino Cos è l affidamento? La diffusione dell affidamento nel contesto nazionale e locale La cultura e la promozione dell affidamento nella Città di Torino I gruppi di sostegno alle famiglie affidatarie e le associazioni presenti sul territorio CAPITOLO La ricerca empirica nella città di Torino Obiettivi generali della ricerca Metodologia e strumenti La raccolta dei dati e il campione Esiti della ricerca Chi sono le famiglie affidatarie? Conoscenza dell affido e motivazione all esperienza Le esperienze di affidamento Atteggiamenti e aspetti relazionali Affidatari e servizi CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA

4 Opere citate Opere consultate Riferimenti normativi Sitografia APPENDICI Allegato n. 1: Locandine illustrative campagna di sensibilizzazione Mi presti la tua famiglia? La mia è po in difficoltà del Comune di Torino (anno ) Allegato n. 2: Questionario semi-strutturato per affidatari

5 INTRODUZIONE Lo spunto per la realizzazione di questo lavoro scaturisce dall esperienza di tirocinio universitario svolto presso l area minori del Servizio Sociale della Circoscrizione II, facente parte del Comune di Torino. Svolgere il tirocinio nell area minori, mi ha portata inevitabilmente a confrontarmi con la realtà complessa dell affidamento familiare e con l importanza che tale intervento riveste sia per un equilibrato sviluppo del minore, che si ritrova a vivere in un contesto familiare temporaneamente in difficoltà, sia per le famiglie naturali con situazioni problematiche che impediscono loro di occuparsi in modo idoneo del proprio figlio. L affidamento familiare ha attratto la mia attenzione da una parte perché, a differenza dell adozione, non prevede la rottura dei legami tra il bambino e la sua famiglia d origine e, dall altra, perché non agisce in una logica di sostituzione della famiglia in difficoltà, anzi agisce nel sostegno di quest ultima affinché superi le problematiche che hanno contraddistinto l intervento. Alla luce di queste caratteristiche, la famiglia affidataria ricopre un ruolo estremamente importante. In virtù di tale constatazione, ho deciso di focalizzare la mia attenzione sullo studio della famiglia affidataria. Essa deve accogliere un bambino come se fosse un figlio, ma con la consapevolezza che non lo sarà mai; deve accettare il suo vissuto, spesso caratterizzato da sofferenze e violenze, e non giudicare la sua famiglia naturale. Prendendo avvio dall analisi dello scenario che contraddistingue i modelli culturali e sociali del «fare ed essere famiglia oggi» (Marcone, 2004, p.7), trattati nel capitolo primo, e utili per interpretare la realtà nella quale l assistente sociale opera, indagherò i cambiamenti delle strutture e delle relazioni familiari. Successivamente, sarà individuato il diverso approccio alla filiazione e sarà analizzata la diffusione nella società odierna della genitorialità sociale, che contraddistingue l affidamento familiare. Nel capitolo secondo, oltre ad evidenziare come la tutela e il diritto del minore a crescere ed essere educato in un ambiente sano acquistano la loro importanza, in Italia, con la legge 4 maggio 1983, n. 184 e la legge 28 marzo 2001, n. 149, riservo spazio all analisi dei dati più recenti reperiti dall Istituto Nazionale di Statistica e dal 5

6 sito del Comune di Torino, al fine di rilevare la diffusione dell istituto giuridico dell affidamento in ambito nazionale e locale. Inoltre, darò spazio al lavoro e all impegno che la città di Torino ha riposto, nel tempo, alla sensibilizzazione dei cittadini al tema dell affido e al reperimento di famiglie disposte ad accogliere un minore, determinando l affermazione, sempre più massiccia, di una cultura dell affidamento in ambito locale. Di particolare interesse anche il capitolo conclusivo, il cui focus d interesse è la ricerca empirica compiuta personalmente nel territorio del Comune di Torino, grazie alla collaborazione della Responsabile della Casa dell Affidamento, la Dott.ssa Piera Dabbene, e alla disponibilità delle famiglie affidatarie. Lo strumento prescelto, utilizzato per la ricerca, è un questionario semi-strutturato composto da venticinque domande. Il questionario è stato somministrato ai genitori affidatari in due trances: in primo luogo, in occasione della Festa del Sostegno, tenutasi il 28 gennaio 2012 presso l Educatorio della Provvidenza di Torino; e in secondo luogo nel mese di marzo 2012, durante la partecipazione ai gruppi di sostegno per i genitori affidatari. Nella formulazione delle domande, la mia attenzione si è focalizzata sulle motivazioni alla base della scelta compiuta, sulle difficoltà incontrate, sull analisi delle relazioni instaurate e sulle caratteristiche anagrafiche degli affidatari. Attraverso la presente dissertazione, darò voce a un esperienza, quella di accoglienza di un bambino, valorizzandone il filo rosso, la logica alla base di una scelta e di una prospettiva d intervento. Scopo di questo lavoro è offrire agli operatori sociali, impegnati in un campo così delicato come la scelta del futuro di un bambino, alcuni spunti di riflessione. In particolare, saranno rilevate le problematiche che gli affidatari del Comune di Torino hanno evidenziato nel rispondere al questionario, per cercare di giungere a una maggiore comprensione della complessità che caratterizza questo istituto giuridico. 6

7 CAPITOLO 1 Lo scenario delle trasformazioni della famiglia e la genitorialità sociale Dina Galli, nel libro Il servizio sociale per minori. Manuale pratico per assistenti sociali (2005), sostiene che per la professione dell assistente sociale sono di fondamentale importanza lo studio e l analisi dei fenomeni sociali. In particolare, l assistente sociale che agisce nell ambito della tutela del minore e del sostegno alla genitorialità, non può prescindere da una precisa conoscenza delle problematiche e delle peculiarità che caratterizzano la famiglia nella società odierna. Gli studi delle scienze sociali, e più nello specifico, gli studi sociologici, possono rappresentare un valido aiuto all approfondimento di tali temi. Per giungere ad analizzare l istituto giuridico dell affidamento familiare, «testimonianza più luminosa del compito universale della famiglia» (Sanicola, 2002, p.16), mi pare opportuno iniziare proprio con l analisi dei mutamenti sociali e culturali che hanno interessato i modelli familiari e la genitorialità. 1.1 I mutamenti della famiglia nelle strutture e nelle relazioni La scelta di accogliere il figlio di qualcun altro assume un grande significato sociale e umano. Donare a un bambino il proprio spazio e il proprio sé è indice di una «cittadinanza attiva» (Garelli, 2000, p. 22) e di un impegno civile, ma anche dell affermazione di un approccio differente alla filiazione. L aprirsi alla comunità, e accogliere un minore in difficoltà, significa sperimentare una forma di genitorialità temporanea. Quest ultima, sempre più diffusa in ambito nazionale e locale, è la testimonianza di come, nell epoca contemporanea, sia maturata la logica della community care e di una cultura attenta ai bisogni dei bambini, alla relazione, all affettività e a nuove forme di genitorialità e filiazione. Tali aspetti inducono inevitabilmente a riflessioni riguardo al più vasto processo di trasformazione che ha investito la famiglia italiana nelle strutture e nelle relazioni tra i suoi membri. 7

8 «Le tendenze socio-demografiche delle famiglie dei nostri tempi rilevano che sono in atto grandi cambiamenti di natura strutturale» (Ronfani, 2008, p. 13). Fra i più importanti, vanno ricordati: la ridotta propensione al matrimonio, il calo della natalità, la crescente instabilità coniugale e la maggiore diffusione delle convivenze more uxorio. Aumenta come conseguenza di tali mutamenti la varietà delle forme familiari in tutte le zone del Paese, anche se di più nel Centro-nord, dove le trasformazioni complessive sono maggiori. Le convivenze more uxorio e le famiglie ricostituite formatesi dopo lo scioglimento di una precedente unione coniugale di almeno uno dei due partner costituiscono un fenomeno emergente anche se non ai livelli di altri Paesi occidentali. Le coppie non coniugate ( ) e le famiglie ricostituite ( ) rappresentano, rispettivamente, il 3,9% e il 4,8% del totale delle coppie (Istituto degli Innocenti, 2006, p.8). Riguardo al fenomeno dell instabilità matrimoniale, le stime ISTAT evidenziano che, in Italia, nel 1990 vi erano, ogni 100 coppie sposate, 9 separazioni e 3,7 divorzi, mentre nel 2000 vi erano 25,7 separazioni e 13,4 divorzi, che sono saliti a circa 15 nel Parimenti, il tasso dei matrimoni pari a 5,6 (ogni mille abitanti) nel 1981, è sceso a 4,2 nel «In un periodo storico in cui il legame matrimoniale tende a essere fragile, il vincolo di filiazione resta l unico su cui investire in modo certo e continuativo» (Ivi, p.4). Sembra, dunque, che sia il figlio a dare senso e stabilità alla coppia a fronte della forte instabilità della stessa (Théry, 1998). Il tasso di natalità, difatti, sembra mostrare segni di ripresa passando da 1,2 nati per ogni donna in età feconda della fine del decennio scorso agli 1,3 nati per ogni donna in età feconda del 2003 con una crescita minima, costante negli ultimi anni (Istituto degli Innocenti, 2006, p. IX). «Guardando oltre i dati di natura strutturale, anche la natura delle relazioni familiari sembra essere cambiata, e molto profondamente» (Ronfani, 2008, p. 14). Quando parliamo di cambiamenti nelle relazioni familiari, ci riferiamo a un evoluzione che ha preso il via dagli anni Settanta, il cui contesto è quello della famiglia urbana del nord Italia (Botta, 2006, p.1). La Dott.ssa Livia Botta, riferendosi al profondo cambiamento che riguarda gli scopi stessi della famiglia e le funzioni a essa attribuite, parla di passaggio dalla famiglia delle regole alla famiglia degli affetti. Nello specifico, la famiglia delle regole era governata da precise distinzioni di ruolo, con relazioni genitori-figli formali, orientata a una 8

9 responsabilizzazione precoce della prole. La gerarchia, governata da un autorità paterna, motivava gli adolescenti a spostare precocemente il loro interesse all esterno, alla ricerca di un indipendenza e di una libertà sessuale che la famiglia del passato non consentiva. Agli antipodi, sembra essere la famiglia degli affetti che assegna un ruolo centrale all esperienza genitoriale, perno della vita affettiva. Per effetto del controllo delle nascite, il figlio, precisa scelta della coppia, diventa l oggetto di un investimento da parte dei genitori. La famiglia persegue quindi lo scopo fondamentale di dare amore e sicurezza ai figli, soddisfacendone ogni bisogno affettivo, economico e sociale. Ne consegue una maggiore libertà nei rapporti fra i membri della famiglia, una maggiore reciprocità, un accresciuta disponibilità e apertura al dialogo. Alla luce di quanto detto finora, possiamo sostenere che «il quadro complessivo entro cui ci muoviamo ( ) è quello di una cultura della famiglia contemporanea affettiva e tendenzialmente democratica» (Ivi, p.2). 1.2 La genitorialità e la filiazione sociale Lo scenario complesso che contraddistingue le strutture e le relazioni familiari attuali annovera anche cambiamenti nell approccio alla genitorialità. La genitorialità nella società contemporanea è connotata dalla caratteristica della scelta: «si vuole avere un figlio, spesso con finalità più o meno consapevoli di realizzazione personale e familiare, si decide quando averlo e come partorire» (Molgora, Saita, Fenaroli, 2010, p.197). Oltre ad essere programmato, il desiderio di avere un figlio è subordinato ad altre priorità, quali una casa, un lavoro e un successo economico e personale. «Se il figlio non arriva quando lo si vuole, si ricorre alle scoperte scientifiche accreditate dalle biotecnologie che hanno rafforzato ulteriormente l onnipotenza del desiderio individuale di genitorialità» (Farri, 2002, p. 49). La complessità di tali cambiamenti ha influito nel determinare le modalità di relazione e i ruoli tra genitori e figli. Fino a qualche tempo fa, nel nostro mondo occidentale, fare il genitore significava trasmettere «eredità morali e lavorative che si tramandavano da padre in figlio» (Ibidem). 9

10 Oggi, invece, prevalgono la discontinuità e la rottura dal passato, in virtù delle proprie inclinazioni e attitudini. Quest atteggiamento mentale e culturale influisce sul senso che si dà alla filiazione. A ciò si aggiungono le, sempre più diffuse, forme di genitorialità sociale che riguardano in primis le famiglie ricostituite dopo il divorzio. Sempre più spesso ci si ritrova a essere genitori non solo dei propri figli, ma anche dei figli nati nelle precedenti unioni coniugali del proprio partner. Il significato formale di famiglia, fondato su legami di sangue e di matrimonio, cede in tal modo il passo ad altri significati, soggettivi e negoziabili. Gli individui non sono più passivamente incardinati in strutture e ruoli predefiniti ma attivi nel condividere risorse, solidarietà, cure, obbligazioni e nel sentirsi di appartenere a una famiglia. Tali meccanismi mettono in campo nuove modalità di affrontare la genitorialità e le relazioni. La genitorialità sociale si fonda su obblighi morali di solidarietà e di cura, riconosciuti giuridicamente in occidente soltanto da alcuni Paesi. Silva e Smart (1999), per esplorare queste nuove modalità di relazione familiare, ritengono sia utile riferirsi al concetto di pratiche familiari (Morgan, 1996; 1999), ossia quelle pratiche di routine che sono percepite come relative alla famiglia, pur non essendo definite tali dalle istituzioni. Collocandosi in questa prospettiva, è possibile esplorare meglio il grande significato di trasformazione che assumono, oggi, le pratiche familiari connesse alle varie forme di genitorialità sociale, «veri e propri laboratori dove si sperimentano nuovi modi di fare e essere famiglia» (Favretto, Bernardini, 2010, p. 21). Quanto detto per la genitorialità sociale vale anche per la filiazione sociale, di cui l affidamento etero familiare ne è un esempio. Si tratta di relazioni genitoriali e di filiazione dotate di statuto sociale incerto, ancora in via di definizione socialmente condivisa per quanto riguarda diritti e doveri, obblighi e prerogative, fortemente connotate da negoziazione e soggettività (Ivi, p.22). A testimoniare la scarsa istituzionalizzazione e l incertezza riguardante le caratteristiche peculiari attribuibili a queste relazioni familiari, vi è il vuoto linguistico che contraddistingue queste realtà familiari. Come riferirsi alla mamma e al papà affidatari? E al figlio loro affidato? Non vi sono etichette, e di conseguenza, non vi sono precisi ruoli, diritti e doveri ascrivibili ai protagonisti di queste realtà familiari. A ciò si aggiunge, nel caso 10

11 specifico della genitorialità sociale affidataria, un affiancamento alla famiglia d origine del minore. Tale logica, supera l idea di genitorialità esclusiva, e richiede una genitorialità compensativa delle carenze della famiglia d origine del minore, ripartiva delle fratture, individuali e relazionali, causate delle precedenti esperienze di vita familiare e accrescitiva delle opportunità per il futuro del minore e della sua famiglia. L affidamento familiare pone sfide ineludibili al modo consueto di intendere i legami fondati sul rapporto di filiazione. 11

12 CAPITOLO 2 L affidamento familiare e l esperienza della città di Torino Accogliere in affido un bambino non è un esperienza comoda, non è un semplice regalare il superfluo a chi ha meno di noi. È scegliere un preciso modo di spendere la propria vita. G. Cattabeni 2.1 Cos è l affidamento? L istituto dell affidamento dei minori in Italia è disciplinato giuridicamente dalla Legge 4 maggio 1983, n.184, Disciplina dell adozione e dell affidamento dei minori, recentemente modificata dalla Legge 28 marzo 2001, n.149, Diritto del minore ad una famiglia. Il principio alla base di tali normative è il diritto di ogni minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia e, in caso di grave impossibilità temporanea di questa all assolvimento delle proprie funzioni, il diritto a essere accolto da un altra famiglia al fine di ricevere il sostegno, la guida e l affetto necessari per il suo adeguato sviluppo psichico e fisico, attraverso l istituto giuridico dell affidamento familiare. Per quanto concerne la durata, la legge n.149/2001 ha introdotto un termine massimo di ventiquattro mesi, prorogabile «qualora la sospensione dell affidamento rechi pregiudizio al minore» 1, ma «l analisi delle statistiche dimostra tuttavia che nella maggioranza dei casi nel nostro Paese l affidamento ( ) dura ben più del termine di ventiquattro mesi stabilito dalla legge: gli ultimi dati pubblicati ( ) indicano in quattro anni la durata media dell affidamento familiare non di tipo intrafamiliare» (Long, 2008, pp ). 1 Art. 4, comma 5, Legge 4 maggio 1983, n. 184, Disciplina dell adozione e dell affidamento dei minori. 12

13 La legislazione vigente prevede inoltre due forme di affidamento familiare: Affidamento consensuale, che si pone come intervento di sostegno al minore e alla sua famiglia d origine, attuato dal servizio sociale territoriale, in accordo con chi esercita la potestà genitoriale e in accordo con il minore che abbia un età superiore ai dodici anni, e qualora lo si ritenga opportuno, anche di età inferiore. «Il provvedimento viene reso esecutivo da un decreto del giudice tutelare del luogo» (Garelli, 2000, p. 11). Affidamento giudiziale, «decretato dal Tribunale per i Minorenni che, accertata l esistenza di un pregiudizio nei confronti del minore, ne stabilisce l affidamento al servizio sociale per il suo collocamento presso un altra famiglia» (Rebellato, Pianca, 2011, pp ). È predisposto coattivamente anche contro il volere di chi esercita la potestà genitoriale, per porre rimedio alle situazioni di carenza di cure materiali e affettive e/o all incapacità del genitore di provvedere al figlio o in caso di condotta pregiudizievole dei genitori nei confronti del minore e in tutte le situazioni nelle quali vi è l impossibilità per il minore di permanere temporaneamente nella sua famiglia perché tale permanenza potrebbe gravemente bloccare lo sviluppo della sua personalità, a causa di relazioni interpersonali distorte, carenti o gravemente conflittuali. Nel Gruppo informativo 2, aperto a tutti i cittadini interessati, cui ho preso parte il 9 gennaio 2012 presso la Casa dell Affidamento 3, le assistenti sociali hanno presentato l'affidamento familiare come una forma di solidarietà che vede l accoglienza di un bambino la cui famiglia naturale sta vivendo un momento di difficoltà. 2 Il gruppo informativo nella città di Torino avviene a cadenza mensile. È organizzato e gestito a livello territoriale, con l obiettivo di fornire accoglienza, informazione ed orientamento ai cittadini interessati all esperienza di affidamento familiare. I gruppi informativi prevedono un ciclo di incontri alla presenza di operatori dei Servizi Sociali e Sanitari, generalmente Assistente Sociale e Psicologo, di un rappresentate dell Autorità Giudiziaria e di alcune famiglie affidatarie esperte (Città di Torino (a cura di), Sostegno alle famiglie affidatarie, volume II, Venaria, Litograf, 2000, p. 14). 3 La Casa dell affidamento, inaugurata nel 2000, è sita in Via San Domenico n.28 a Torino. Essa è il luogo di coordinamento tra gli operatori che si occupano dell affidamento nella città di Torino, allo scopo di uniformare le modalità di agire dei Servizi Sociali e di raccordare le risorse con i bisogni, favorendo lo scambio fra le diverse zone (Città di Torino, Guida all affidamento familiare, p. 5, pubblicazione reperibile sul sito web: 13

14 Attraverso l'affidamento, il bambino incontra una persona/coppia/famiglia che, accogliendolo nella propria casa e nella propria vita, s impegna ad assicurare un adeguata risposta ai suoi bisogni affettivi, educativi, di mantenimento e istruzione, nel totale rispetto della sua storia individuale e familiare. La famiglia affidataria non si sostituisce a quella d origine ma la affianca, supplendo alle sue funzioni per il tempo necessario a superare le problematiche che hanno determinato l intervento. Pertanto, la famiglia affidataria, oltre ad essere spinta dal desiderio di donare e dall amore a occuparsi di un minore in difficoltà, ha bisogno di una preparazione ad affrontare questa esperienza. Gli affidatari devono accettare non solo il bambino ma anche il suo mondo, le sue origini, la sua storia, i suoi legami affettivi, la sua situazione sociale, poiché tutto deve ruotare intorno alle sue esigenze e ai suoi bisogni affinché possa trovare, in un ambiente che non è suo, tutto ciò di cui necessita. Essendo il fine ultimo dell affidamento il rientro del minore nella propria famiglia, qualora siano superate le difficoltà che hanno portato al suo allontanamento, si fa avanti l importanza di un rapporto di collaborazione tra le due famiglie. «Il bambino in affidamento non deve percepire che i suoi genitori e/o parenti sono svalutati dalle persone con cui vive: si sentirebbe scarsamente considerato anche lui, costretto a scegliere tra due famiglie egualmente importanti per la sua crescita» (Istituto degli Innocenti, 2002, pp ). 2.2 La diffusione dell affidamento nel contesto nazionale e locale Al fine di individuare la rilevanza del fenomeno preso in esame e analizzare la sua diffusione in ambito nazionale e locale, in questa sede mi pare opportuno approfondire i dati statistici inerenti all affidamento familiare. L istituto giuridico dell affidamento familiare appare molto diffuso nel contesto nazionale, seppur i dati in merito siano poco aggiornati. A oggi il quadro di conoscenza più aggiornato sulla dimensione e sulle caratteristiche dei bambini fuori famiglia in Italia è riferito alla data del 31 dicembre A tale data gli affidamenti familiari in corso in Italia, considerati nell accezione più ampia di 4 V. Belotti (a cura), Quaderno 48, Accogliere bambini, biografie, storie e famiglie. Le politiche di cura, protezione e tutela in Italia, Firenze, Istituto degli innocenti, 2007, p. 6, disponibile sul sito (ultima consultazione febbraio 2012). 14

15 affidamenti a singoli, parenti e famiglie, sono pari a Detto questo, è rilevabile un evidente incremento nel corso dell ultimo decennio: confrontando il dato del 2007 con la sola precedente esperienza d indagine censuaria sul tema, realizzata nel , si registra un aumento percentuale pari al 64,7%, si passa, infatti, dai affidamenti in corso del 1999 ai affidamenti del In particolare, prendendo in considerazione il dato del 2007 riguardante il Piemonte, si registravano minori in affidamento; è da notare che il numero maggiore di minori in affido era in Lombardia (2.454), seguita al secondo posto dal Lazio (2.338); il Piemonte si situava al terzo posto. Com è possibile notare dalla tabella 1, vi è una disomogenea diffusione sul territorio nazionale del ricorso all affidamento familiare, con regioni che lo utilizzano in modo massiccio e regioni che privilegiano evidentemente altre risposte istituzionali e sociali. Seguendo le riflessioni, vi è un andamento di fondo che vede le regioni del Nord e del Centro utilizzare in misura maggiore l affidamento familiare (Lombardia, Piemonte, Toscana, Lazio, ecc.), nonostante siano molte le regioni del Sud che presentano un importante numero di minori in affido (Puglia, Sicilia, Campania). 5 Centro nazionale di documentazione e analisi per l infanzia e l adolescenza, I bambini e gli adolescenti in affidamento familiare, Firenze, Istituto degli Innocenti, 2002 (Questioni e documenti, n. 24). 15

16 Tabella 1: Bambini e adolescenti in affidamento familiare al 31/12/2007. Regioni e province autonome d Italia Bambini e adolescenti in affidamento familiare Abruzzo 250 Basilicata 76 Calabria 450 Campania Emilia Romagna Friuli Venezia Giulia 166 Lazio Liguria 854 Lombardia Marche 309 Molise 6 Piemonte Provincia Bolzano 179 Provincia Trento 99 Puglia Sardegna 350 Sicilia Toscana Umbria 183 Valle d'aosta 41 Veneto 793 Italia Fonte: Belotti V. (a cura di), Quaderno 48, Accogliere bambini, biografie, storie e famiglie. Le politiche di cura, protezione e tutela in Italia, Firenze, Istituto degli Innocenti, 2007, p. 6, disponibile sul sito (ultima consultazione febbraio 2012). Prendendo in considerazione il Comune di Torino, sono disponibili dati più recenti, riferiti all anno Gli affidamenti familiari realizzati complessivamente al 31 dicembre 2010 nel Comune di Torino sono pari a 1.420, di cui i minori beneficiari di affidamento avviati nell anno 2010 sono 566. Anche nel contesto locale, è evidenziabile un sostanziale incremento: nell anno 2006 gli affidamenti familiari residenziali avviati a Torino erano 371, a fronte dei 566 dell anno 2010; si è registrato quindi un incremento pari al 52,6%. È possibile dunque ritenere che tale 6 Comune di Torino - Sanità e Servizi Sociali - L affidamento familiare - Dati e statistiche, consultabile dal sito, ultima consultazione febbraio

17 istituto sia attualmente considerato intervento privilegiato nella tutela dei minori e nel sostegno alla genitorialità. Focalizzando l attenzione sulle tipologie di affidamento familiare attivate, è possibile constatare che, nella città di Torino, sono maggiormente diffusi gli affidamenti familiari residenziali, nell anno 2010 pari al 53% del numero di affidamenti attivati (566), rispetto a quelli diurni. Per quanto concerne le analisi condotte secondo l età dei minori in affidamento, dal Comune di Torino nell anno 2010, risulta evidente la tendenza a collocare in affidamento familiare gli adolescenti e pre-adolescenti, pur con importanti dati per la classe d età 6-10 anni. Come è possibile osservare nella figura 1, elaborata personalmente in base ai dati reperiti dal sito della città di Torino, gli adolescenti (classe d età anni) in affidamento familiare residenziale erano pari a 263 nell anno 2010, i pre-adolescenti (classe d età anni) pari a 385 e la classe d età 6-10 anni pari a 348. Figura 1 : Affidamenti residenziali minori Torino (anno 2010) Fonte: Comune di Torino - Sanità e Servizi Sociali - L affidamento familiare - Dati e statistiche, consultabile dal sito, ultima consultazione febbraio Infine, la mia attenzione si è concentrata sugli affidamenti consensuali e non consensuali a terzi o a parenti. Sempre seguendo i dati raccolti nell anno 2010, la 17

18 figura 2 evidenzia la sostanziale diffusione dell affidamento non consensuale a terzi, pari al 53% del totale degli affidamenti in corso (1.420) a Torino nell anno preso in considerazione. Figura 2 : Affidamenti consensuali/non consensuali (anno 2010) Torino. Fonte: Comune di Torino - Sanità e Servizi Sociali - L affidamento familiare - Dati e statistiche, consultabile dal sito, ultima consultazione febbraio L analisi statistica, seppur sintetica, fin qui realizzata traccia le caratteristiche generali del fenomeno preso in esame; mi ha condotta alla constatazione che, con riferimento ai dati più recenti rinvenuti, l affidamento residenziale giuridico appare il più diffuso nella città di Torino. Inoltre, l incremento di tale istituto a livello nazionale ne dichiara la sua centralità tra gli interventi considerati idonei per il sostegno alle relazioni familiari e per il mantenimento dei legami tra genitori e figli. 2.3 La cultura e la promozione dell affidamento nella Città di Torino Sebbene l affidamento familiare sia un diritto riconosciuto, da molti anni, ai minori che vivono in famiglie con difficoltà, molta gente non è ancora ben informata dell esistenza di questo diritto. La legge 149/2001 prevede che, garanti di questo diritto, siano lo Stato, le Regioni e gli Enti Pubblici, i quali, oltre alla tutela del diritto, sono chiamati a essere promotori dell informazione pubblica in merito 18

19 all affidamento (articolo 1, comma 3), anche organizzando corsi di promozione, preparazione e aggiornamento degli operatori sociali e delle famiglie. 7 La città di Torino ha maturato nel corso degli anni una lunga esperienza in materia di affidamento familiare ( 2012) poiché la delibera istitutiva del servizio risale al 1976, si tratta quindi di un provvedimento antecedente alla legge 184/1983 che ha normato l affidamento familiare a livello nazionale. L attenzione della città di Torino si è da sempre focalizzata sulla promozione della cultura dell affidamento sul territorio e sul reperimento delle famiglie affidatarie. Ciò è stato attuato attraverso convegni, meeting e campagne di sensibilizzazione. In particolare, compiere delle campagne di sensibilizzazione è importante per promuovere una nuova cultura dell affidamento e per favorire l emergere, nel contesto della nostra società, di una nuova sensibilità rispetto alle difficoltà di alcune famiglie e ottenere da parte del maggior numero di esse, un adesione importante e spontanea al progetto. L ultima campagna di sensibilizzazione realizzata dal Comune di Torino ha preso avvio il 30 novembre 2007, «attraverso una conferenza stampa di presentazione» (Favretto, Bernardini, 2010, p. 29). L Amministrazione comunale ha rivolto un appello ai cittadini affinché accogliessero nella loro casa, in affidamento, bambini e neonati che temporaneamente avrebbero dovuto lasciare la propria famiglia, assicurando un contributo alle spese di 413,00 euro mensili con possibilità di aumento fino al doppio, in relazione a gravi problematiche (esempio disabilità). Grazie al contributo dell agenzia Armando Testa, per sensibilizzare i propri cittadini al tema dell affido familiare, il Comune ha inoltre diffuso volantini, manifesti e depliants, tutti 7 Legge 28 marzo 2001, n.149, Diritto del minore ad una famiglia, Articolo 1, comma 3: Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell ambito delle proprie competenze, sostengono, con idonei interventi, nel rispetto della loro autonomia e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l abbandono e di consentire al minore di essere educato nell ambito della propria famiglia. Essi promuovono altresì iniziative di formazione dell opinione pubblica sull affidamento e l adozione e di sostegno all attività delle comunità di tipo familiare, organizzano corsi di preparazione ed aggiornamento professionale degli operatori sociali nonché incontri di formazione e preparazione per le famiglie e le persone che intendono avere in affidamento o in adozione minori. I medesimi enti possono stipulare convenzioni con enti o associazioni senza fini di lucro che operano nel campo della tutela dei minori e delle famiglie per la realizzazione delle attività di cui al presente comma. 19

20 contenenti lo slogan: Mi presti la tua famiglia? La mia è un po in difficoltà (vedesi allegato n.1). Per lo stesso slogan, sono state adottate diverse immagini, che rappresentano un bambino con la propria famiglia affidataria. Lo scopo delle diverse immagini è far comprendere al cittadino che esistono diverse tipologie di famiglia affidataria: la famiglia composta da una coppia che ha già figli propri, oppure la famiglia composta da una giovane coppia, la famiglia uni personale o la famiglia composta da persone anziane. Il messaggio che le immagini vogliono lanciare è che qualsiasi tipologia di famiglia può essere idonea ad accogliere un minore in affido. 2.4 I gruppi di sostegno alle famiglie affidatarie e le associazioni presenti sul territorio Come mostrato nel paragrafo 2.2, il numero degli affidamenti familiari ha subìto nel corso degli anni una costante crescita. Oltre alla quantità, è migliorata anche la qualità dell azione educativa, grazie alle crescenti abilità e competenze dei genitori affidatari. Portare a termine il loro mandato non è semplice, proprio per questo a livello pubblico e privato si sono diffusi aiuti puntuali sui quali la famiglia affidataria può contare. Tali aiuti hanno una duplice provenienza: - Il supporto offerto sia dalla rete primaria della famiglia sia dall associazione cui la famiglia appartiene. - Gli interventi di aiuto professionale dei Servizi. - Gli interventi di rete (Sanicola, 2002, p. 115). Per quanto concerne il supporto della rete, questo si esplicita in qualità e modalità diverse (Ibidem). La famiglia affidataria può ricevere, infatti, il supporto attraverso aiuti di natura materiale, per gestire la quotidianità, o aiuti emotivi e affettivi, che sostengono la motivazione all esperienza e gratificano la persona. Al supporto della rete, si affiancano gli interventi di aiuto professionale, offerti dal Servizio Sociale locale. In particolare, durante il percorso di affidamento, la famiglia riceve un aiuto materiale, attraverso l erogazione del contributo economico previsto dalla legge, e un aiuto sociale. L assistente sociale sostiene la famiglia affidataria durante il percorso, monitora il rapporto con la famiglia d origine, attiva la rete dei Servizi, affinché rendano disponibili tutte le risorse professionali e tecniche necessarie perché l affido 20

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