Diritto Costituzionale. Indice. 1 Fonti del diritto nell ordinamento italiano

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1 INSEGNAMENTO DI DIRITTO COSTITUZIONALE LEZIONE V L APPLICAZIONE DEL DIRITTO PROF. MARCO GALDI

2 Indice 1 Fonti del diritto nell ordinamento italiano La Costituzione e le leggi costituzionali e di revisione costituzionale Le fonti comunitarie Regolamenti comunitari Direttive comunitarie Decisioni Raccomandazioni e pareri Le leggi ordinarie dello Stato Gli atti aventi forza di legge dello Stato referendum abrogativo I decreti legislativi I decreti-legge I decreti adottati dal Governo in caso di guerra I decreti di attuazione degli statuti delle regioni ad autonomia speciale (previsti dai rispettivi statuti) I regolamenti degli organi costituzionali I regolamenti dell Esecutivo Le fonti regionali Gli Statuti regionali Le leggi regionali I regolamenti regionali Le fonti locali Le fonti recepite nell ordinamento costituzionale italiano in virtù dell appartenenza alla Comunità internazionale Le consuetudini di 49

3 1 Fonti del diritto nell ordinamento italiano In seguito ad una serie di eventi che hanno caratterizzato la vita delle Istituzioni repubblicane dopo l entrata in vigore della Costituzione (fra tutti i più significativi la nascita delle regioni e l adesione dell Italia alle Comunità europee), il sistema delle fonti del diritto è divenuto ben più complesso di come lo ha consegnato l ordinamento precedente. In vero già l adozione di una costituzione rigida al posto dello Statuto albertino, flessibile e come tale modificabile con legge, aveva contribuito a rendere più articolato il sistema delle fonti. In ogni caso, si procederà ora prima ad elencare, quindi ad esaminare partitamene le fonti dell ordinamento italiano e quelle, che pur non ritenendosi ancora parte integrante dello stesso (come si vedrà per le fonti comunitarie) incidono in modo assai significativo sullo stesso. 1. la Costituzione e le leggi costituzionali e di revisione costituzionale; 2. le fonti comunitarie; 3. le leggi ordinarie dello Stato; 4. gli atti aventi forza di legge dello Stato: il referendum abrogativo, decreti legge, decreti legislativi, e i decreti di attuazione degli statuti delle regioni ad autonomia speciale. 5. i regolamenti interni degli organi costituzionali; 6. i regolamenti dell Esecutivo; 7. le fonti regionali: a) Statuti regionali; b) leggi regionali e c) regolamenti regionali; 8. le fonti locali (Statuti comunali, provinciali e delle città metropolitane e i regolamenti approvati dagli stessi enti); 9. le fonti recepite nell ordinamento costituzionale italiano in virtù dell appartenenza alla Comunità internazionale; 10. la consuetudine, che costituisce il tipico esempio di fonte fatto. 3 di 49

4 2 La Costituzione e le leggi costituzionali e di revisione costituzionale. Queste fonti si pongono al vertice della gerarchia delle fonti riconosciute dal nostro ordinamento. Il termine Costituzione può essere utilizzato in diverse accezioni: - in senso descrittivo, indicando i tratti strutturali e le modalità di funzionamento di un determinato sistema politico. In questo senso è possibile individuare una Costituzione in qualsiasi sistema, sia esso vicino o lontano nel tempo, dotato o meno di un documento scritto; - nel senso di manifesto politico, ovvero quale programma per il perseguimento futuro di determinati obiettivi; - nel senso di testo normativo, che attribuisce diritti e doveri e disciplina la distribuzione dei poteri e le modalità del loro esercizio. È quest ultima accezione quella più rilevante da un punto di vista giuridico e che più interessa in questa sede. Ciò premesso, possiamo affermare che la Costituzione è la legge fondamentale di un paese, l atto che ne delinea le caratteristiche essenziali, descrive i valori e i principi che ne sono alla base, stabilisce l organizzazione politica su cui si regge. Le prime Costituzioni in senso moderno furono quella degli Stati Uniti d America del 1787 e quella francese del Entrambe le dichiarazioni ribadivano la sovranità popolare e concedevano ai cittadini diritti di tipo civile, politico ed economico-sociale. La Costituzione che più di ogni altra ha costituito,, invece, il prototipo pdelle Carte fondamentali contemporanee, in quanto già recepisce i principi dello Stato sociale, è quella della Repubblica di Weimar in Germani (1919), compresa la Costituzione italiana, entrata in vigore dopo un lavoro di preparazione molto intenso e qualificato, il 1 gennaio del Le Costituzioni possono presentare i seguenti caratteri: - Essere scritta o non scritta. Nel primo caso essa si presenta come un documento redatto in forma solenne da un organismo appositamente convocato. Nel secondo caso non esiste un testo di riferimento, ma il funzionamento delle istituzioni si fonda su una 4 di 49

5 serie di consuetudini e su testi parziali che affrontano soltanto aspetti particolari. Quasi tutti gli Stati contemporanei hanno una Costituzione scritta; l esempio più ricorrente di Stato senza una Costituzione scritta è quello del Regno Unito, anche se vigono diversi documenti costituzionali e questo Paese è considerato la patria stessa del costituzionalismo moderno. - concessa (ottriata) o votata. Nel primo caso essa è unilateralmente concessa dal sovrano, come è accaduto per lo Statuto Albertino, ed il suo contenuto non è stabilito attraverso un confronto tra le varie parti politiche e sociali che formano lo Stato ma è concesso dall alto dal Re. Nel secondo caso, identificativo della stragrande maggioranza delle esperienze costituzionali moderne, le Costituzioni sono adottate da un organo democraticamente eletto (come è accaduto per la nostra attuale Costituzione, elaborata dall Assemblea Costituente); - flessibile o rigida. Una Costituzione è detta flessibile quando può essere modificata dagli ordinari strumenti legislativi, senza richiedere un procedimento particolare; è definita rigida quando è modificabile solo attraverso un procedimento aggravato rispetto a quello ordinario, se non altro in quanto richiede una maggioranza più ampia. - breve o lunga. Nel primo caso contiene soltanto le norme sull organizzazione fondamentale dello Stato e alcuni diritti di libertà, mentre nel secondo sono riconosciuti e tutelati, accanto alle libertà civili, i diritti politici ed economici e sono enunciati i valori e principi cui deve ispirarsi l azione dei pubblici poteri. In genere sono brevi le Costituzioni approvate nel settecento e nell ottocento, mentre quelle approvate dopo la seconda guerra mondiale sono particolarmente dettagliate. La Costituzione italiana è scritta, votata, rigida e lunga. Infine, è possibile operare un ulteriore distinzione tra Costituzione formale e materiale. La prima si identifica con il documento in quanto tale, ovvero con il documento normativo che si inserisce nel sistema delle fonti del diritto al livello più alto. Invece, l idea di fondo che anima la Costituzione materiale è che, per cogliere nella sua interezza il significato d un ordinamento, non è sufficiente limitarsi ai testi scritti, ma è necessario cogliere i rapporti e gli equilibri che si istaurano fra attori politici, forze sociali ed economiche in un dato momento storico, per cui per Costituzione materiale deve intendersi (la nozione risale a Costantino Mortati) l insieme delle classi dominanti e degli scopi che esse si prefiggono. 5 di 49

6 Pari forza della Costituzione hanno le leggi di revisione costituzionale e le altre leggi costituzionali, il cui procedimento di formazione è disciplinato dall articolo 138 della Costituzione. Per leggi di revisione devono intendersi quelle leggi che incidono sul testo costituzionale, modificando, sostituendo o abrogando le disposizioni in esso contenute. Per altre leggi costituzionali, invece, si intendono: a) tutte quelle leggi che sono espressamente definite come tali dalla Costituzione (ad esempio negli articoli 132 e 137); b) tutte quelle leggi che si limitano soltanto a derogare una norma costituzionale, senza modificarla in via definitiva (ad esempio le leggi costituzionali che hanno istituito la prima e la seconda Commissione bicamerale per la riforma costituzionale); c) ogni altra legge che il Parlamento, in ragione di una sua valutazione discrezionale, voglia approvare col procedimento aggravato previsto dall articolo 138. Un aspetto fondamentale del tema trattato è quello dei limiti che incontra il potere di revisione costituzionale. Infatti, nonostante la Costituzione si ponga al vertice delle fonti, e pertanto dovrebbe considerarsi la massima espressione della potestà normativa dello Stato, è soggetta a limiti espliciti, che essa stessa si dà, ed a limiti impliciti, ricavati dalla giurisprudenza della Corte costituzionale: L unico limite esplicito è posto dall art. 139, secondo cui la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale. La scelta a favore della Repubblica fu operata direttamente dal popolo mediante il referendum istituzionale del 2 giugno 1946, ovvero prima ancora che l Assemblea costituente si fosse insediata. In dottrina, però, l espressione forma repubblicana viene spesso intesa in senso più ampio, a richiamare l art. 1 Cost. che qualifica l Italia come una Repubblica democratica fondata sul lavoro, facendo così rientrare nel limite esplicito anche il divieto di modificare gli istituti che consentono un funzionamento democratico del sistema ed anche quei diritti fondamentali, senza i quali non potrebbe aversi democrazia. I limiti impliciti, invece, non sarebbero espressamente previsti ma ricavabili dai principi fondamentali stabiliti dalla Costituzione, la cui modifica porterebbe ad una nuova forma di Stato: così valga per la libertà personale, la libertà di manifestazione del pensiero, il diritto di riunione e di associazione, ed in generale per i diritti inviolabili dell uomo (art. 2 Cost.), i partiti politici, il diritto 6 di 49

7 di voto, ecc. Tali principi hanno una valenza superiore rispetto alle altre norme o leggi di rango costituzionale; essi costituiscono il c.d. nucleo duro non soggetto a revisione costituzionale; come ha sostenuto la Corte costituzionale, essi «appartengono all essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana» e pertanto non sono assoggettabili al procedimento di revisione (sent. 1146/1988). 7 di 49

8 3 Le fonti comunitarie Per fonti comunitarie si intendono i trattati istitutivi (fonti comunitarie dirette) e le fonti che da questi discendono, cioè i regolamenti, le direttive e le decisioni (fonti comunitarie indirette). Dei trattati istitutivi si è già, sia pur brevemente, riferito. Venendo ora alle c.d. fonti comunitarie indirette, vale ricordare l art. 249, comma 1, del Trattato CE, per il quale: Per l assolvimento dei loro compiti e alle condizioni contemplate dal presente trattato il Parlamento europeo congiuntamente con il Consiglio, il Consiglio e la Commissione adottano regolamenti e direttive, prendono decisioni e formulano raccomandazioni o pareri. 3.1 Regolamenti comunitari Il comma 2 dell art. 249 aggiunge: Il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Caratteristiche fondamentali del regolamento sono dunque: - ha portata generale : il regolamento è destinato a produrre i propri effetti nei confronti di un numero indeterminato e indeterminabile di destinatari (Stati membri, persone fisiche e giuridiche operanti all interno degli stessi) e le sue prescrizioni recano il carattere dell astrattezza; - è obbligatorio in tutti i suoi elementi : l obbligatorietà esprime la natura del vincolo derivante dai regolamenti, un vincolo stringente ed imperativo; - è direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri : tutti i regolamenti dispiegano automaticamente i loro effetti negli Stati membri senza bisogno di atti di recepimento e sono idonei a conferire diritti e ad imporre obblighi ai singoli Stati, ai loro organi ed ai privati. 8 di 49

9 3.2 Direttive comunitarie Il comma 3 dell art. 249 aggiunge: la direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi. Ne discende che le direttive risultano concepite come atti destinati a vincolare il singolo Stato (non anche direttamente i cittadini) in relazione al solo risultato da perseguire, lasciando ferma l autonomia dello Stato stesso per quanto riguarda la forma e, entro certi limiti, il contenuto dell atto di recepimento che può concretarsi in una legge, un atto avente forza di legge, un regolamento, o un atto amministrativo generale. In linea teorica la direttiva dovrebbe limitarsi ad enunciare principi e criteri generali; tuttavia, sempre più di frequente, la stessa ha presentato discipline dettagliate, che limitano fortemente la discrezionalità dello Stato. Le direttive dettagliate (o self-executing) sono state utilizzate dalla Corte di Giustizia per sanzionare il comportamento dello Stato membro che non le recepisce con la conseguenza di renderle immediatamente efficaci al pari dei regolamenti. La Corte di Giustizia ha però precisato come tale efficacia diretta si sviluppi solo in senso verticale (cioè nei rapporti fra singolo, sia esso persona fisica o giuridica, e Stato inadempiente), e non anche in senso orizzontale (e dunque nei rapporti intercorrenti con gli altri consociati); in ogni caso ha affermato la responsabilità dello Stato per il mancato recepimento della direttiva con conseguente obbligo di risarcimento del danno subito dal singolo per effetto dell inadempimento. 3.3 Decisioni Il comma 4 dell art. 249 prosegue: La decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi per i destinatari da essa designati. Le decisioni sono atti aventi portata concreta, che possono indirizzarsi ad uno Stato membro o ad altro soggetto (persona fisica o giuridica), vincolanti per il destinatario; acquistano efficacia con la semplice notifica ai destinatari (così detta l art. 254 TCE). Talvolta con decisione la Comunità adotta, però, anche atti a contenuto normativo. 9 di 49

10 3.4 Raccomandazioni e pareri Trattasi di atti sforniti di efficacia precettiva e vincolante che peraltro non possono nemmeno considerarsi vere fonti del diritto. Tuttavia, spesso, alle raccomandazioni ed ai pareri fa seguito l emanazione di atti dal contenuto più vincolante. Uno dei problemi principali riguardanti le fonti comunitarie è quello del rapporto fra ordinamento comunitario e ordinamento interno. Una volta chiarita la natura delle fonti comunitarie, resta infatti, da soffermarsi sul problema del controverso rapporto tra le norme comunitarie e gli ordinamenti giuridici nazionali, nei quali esse producono i loro effetti. I rapporti tra l ordinamento italiano e l ordinamento comunitario sono stati oggetto di un contrastante orientamento della dottrina ma soprattutto della giurisprudenza: da una parte la Corte di Giustizia, nell affermare una concezione monista dei rapporti fra ordinamenti, con la prevalenza gerarchica del diritto comunitario su quelli nazionali; dall altra le Corti costituzionali nazionali, compreso quella italiana, che invece hanno affermato una concezione dualista dei rapporti fra ordinamenti, visti come reciprocamente separati. Nell esaminare più in dettaglio la posizione della Corte costituzionale italiana, si deve rimarcare come, dopo le prime pronunce in cui essa addirittura sosteneva la possibilità del legislatore nazionale di modificare o abrogare le norme comunitarie preesistenti (sent. N. 14/1964) o ipotizzava la dichiarazione di incostituzionalità delle leggi contrastanti con le fonti comunitarie per violazione dell art. 11 Cost. (sent. 232/1975), si è approdati ad una posizione relativamente chiara e duratura, consacrata nella storica sentenza n. 170 del In essa la Corte, premesso che ordinamento comunitario e ordinamento interno sono separati, benché coordinati, per cui le fonti del primo non sono necessariamente tali anche nel secondo, ha sostenuto che tali atti sottostanno al regime previsto dall ordinamento di appartenenza, ma trovano applicazione anche nell ordinamento italiano. Nelle materie previste dal trattato, infatti, le norme comunitarie operano con efficacia immediata, indipendentemente dalle leggi nazionali ad esse precedenti o successive, che dovranno semplicemente non essere applicate dai giudici ordinari (c.d. disapplicazione della normativa nazionale contrastante). Sul tema dei rapporto fra i due ordinamenti si è aperto di recente una nuova stagione di riflessioni, in ragione di due eventi, uno attuale e l altro ancora per il momento potenziale: ci si riferisce alla modifica del titolo V, parte II della Costituzione, che per la prima volta ha introdotto in 10 di 49

11 Costituzione una serie di riferimenti espliciti alle istituzioni comunitarie; ed alla approvazione della nuova Costituzione europea. In vero, la recente riforma della Costituzione non ha introdotto, come da più parti si richiedeva, quell Europa artikel che finalmente fosse idoneo a fondare in linea geneale l appartenenza italiana alla Comunità. Il nuovo testo dell art. 117, comma 1 della Cost., presenta, però, una disposizione dal contenuto tutt altro che ininfluente: La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Si rinviene nella Sentenza n. 406 del 2005 il primo caso in cui la Corte costituzionale ha applicato direttamente questa disposizione, in un giudizio in via principale, arrivando sotto questo profilo a dichiarare incostituzionale una legge regionale (legge della regione Abruzzo n. 14 del 2004) direttamente contrastante con il diritto comunitario. Con questa pronuncia, si può ritenere conclusa la stagione aperta con le sentenze (n. 384 del 1994 e n. 94 e del 1995) con cui la Corte aveva aperto alle questioni relative alla violazione del diritto comunitario promosse in via principale in relazione all art. 11 Cost., per iniziare una nuova fase in cui, essendo sopravvenuto un più preciso parametro di costituzionalità, rappresentato dal novellato art. 117, l art. 11 può rimanere sullo sfondo, quale principio fondamentale di sistema. Tuttavia, l utilizzazione dell art. 117, comma 1, non ha prodotto finora grandi stravolgimenti nelle soluzioni sin qui seguite. Infatti, fuori dal giudizio in via principale, in cui il parametro di valutazione delle leggi regionali in contrasto con la normativa comunitaria non sarà più l art. 11 ma l art. 117, comma 1, Cost., nel giudizio in via incidentale la soluzione dell antinomia interna comunitaria tramite la disapplicazione della norma interna incompatibile con quella comunitaria non pare sia stata né debba essere abbandonata. Tale ricostruzione era il frutto di una giurisprudenza ormai risalente della Corte di giustizia, poi seguita dalla Corte costituzionale, ed appare ancora adatta a garantire l immediata ed uniforme applicazione del diritto comunitario direttamente applicabile, essendo sicuramente compatibile con una ricostruzione monista dei rapporti tra i due ordinamenti. Vi è poi un evento potenzialmente destinato ad incidere sul tema dei rapporti tra ordinamenti interno e comunitario: la sottoscrizione a Roma, il 29 ottobre 2004, del Trattato che adotta una Costituzione per l Europa, meglio conosciuto come Costituzione europea. L art. I 6 del Trattato, infatti, recita: 11 di 49

12 La Costituzione e il diritto adottato dalle Istituzioni dell Unione nell esercizio delle competenze a questa attribuite prevalgono sul diritto degli stati membri. Si è già detto, però, che le sorti di questo trattato - come di tutto il processo di costruzione comunitaria sono ancora incerte, per la mancata ratifica dello stesso da parte di alcuni importanti Stati della Comunità. In attesa di questi sviluppi, si può comunque concludere nel senso che il rapporto fra i due ordinamenti non possa più descriversi in termini di separatezza, quanto di coordinamento e comunicazione. Ma il tema del rapporto tra gli ordinamenti, implica anche il problema dell esecuzione degli obblighi comunitari. Ovviamente il problema non si pone per il diritto comunitario autoapplicativo (regolamenti). Le direttive comunitarie, invece, possono essere recepite da ciascuno Stato membro nel modo che ritiene più opportuno, purché tale adeguamento intervenga entro i termini stabiliti e realizzi il risultato prefissato. Per lungo tempo l ordinamento italiano ha proceduto ad adeguarsi alle direttive comunitarie utilizzando lo strumento dell attuazione diretta o della delega legislativa a favore del Governo, con conseguente lentezza del procedimento e gravi ritardi nel recepimento delle direttive, che spesso portava ad una sentenza di condanna per inadempimento da parte della Corte di giustizia. La razionalizzazione delle procedure di adeguamento si è realizzata con la L. 9 marzo 1989, n. 86, meglio nota come legge La Pergola, contenente norme generali sulla partecipazione dell Italia al processo normativo comunitario. Detta legge è stata abrogata dalla legge 4 febbraio 2005, n. II (c.d. legge Bottiglione ), che non si limita a garantire solo l adempimento degli obblighi derivanti dall appartenenza dell Italia all Unione europea (fase discendente), ma disciplina anche il processo di formazione della posizione italiana nella fase di predisposizione degli atti comunitari e dell Unione europea (fase ascendente). Per quanto concerne l esecuzione degli obblighi comunitari, la disposizione centrale di questa legge è rappresentata dall art. 8, che impone al Presidente del Consiglio o al Ministro per le politiche comunitarie di presentare, entro il 31 gennaio di ogni anno, un disegno di legge al Parlamento recante Disposizioni per l adempimento degli obblighi derivanti dall appartenenza dell Italia alle Comunità europee (c.d. legge comunitaria ). Tale legge consente di dare attuazione nel nostro ordinamento alle disposizioni comunitarie attraverso: 12 di 49

13 - la normazione diretta. In questo caso si abrogano o si modificano norme interne in contrasto con quelle comunitarie direttamente attraverso la legge comunitaria. Questo metodo è utilizzato soprattutto per il recepimento di disposizioni di non rilevante complessità; - la delega al Governo. In questa ipotesi, dopo aver ricevuto le necessarie autorizzazioni, l esecutivo emana disposizioni di attuazione delle direttive comunitarie tramite decreto, regolamento o altro atto amministrativo, a seconda della materia oggetto della norma comunitaria. 13 di 49

14 4 Le leggi ordinarie dello Stato II termine legge viene utilizzato, nella Costituzione e in altri testi normativi, con varietà di significa: a volte può indicare il diritto oggettivo nella sua globalità, indipendentemente dalla fonte chela ha prodotto; altre volte invece indica le leggi e gli atti ad essa equiparati (leggi statali, decretilegge e decreti delegati, eventualmente anche leggi regionali), come accade in diverse norme costituzionali contenenti riserve di legge; infine può indicare la legge ordinaria in senso stretto (ad esempio nell articolo 2 delle preleggi). Preliminarmente, quindi, appare necessario dare una nozione generale di legge, valevole cioè per tutti i casi in cui l ordinamento configuri una fonte specifica (non dunque come sinonimo di diritto), attribuendole questa denominazione: la legge è un atto giuridico semplice o complesso (se posto da un Assemblea legislativa o da un parlamento bicamerale), dal contenuto normalmente (ma non sempre) normativo (infatti possono aversi leggi provvedimento dal contenuto né generale né astratto, perché nel nostro ordinamento non esiste una riserva di amministrazione), che si caratterizza per la sua forza tipica (forza di legge) e per il suo valore (per queste ultime nozioni v. il capitolo precedente). Le leggi ordinarie, in particolare, sono quegli atti giuridici deliberati dal Parlamento secondo il procedimento disciplinato, nelle sue linee essenziali, dagli articoli 70 e ss. Cost. e, più ampiamente, dai regolamenti parlamentari. 14 di 49

15 PARTE II ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA TITOLO I IL PARLAMENTO Sezione II La formazione delle leggi. Art. 70. Camere. La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Art. 71. L iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale 1. Il popolo esercita l iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli. Art. 72. Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una commissione e poi dalla 1 Spetta anche al CNEL, al popolo ed ai Consigli regionali. 15 di 49

16 Camera stessa, che l approva articolo per articolo e con votazione finale 2. Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l urgenza. Può altresì stabilire in quali casi e forme l esame e l approvazione dei disegni di legge sono deferiti a commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari 3. Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della commissione richiedono che sia discusso o votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. Il regolamento determina le forme di pubblicità dei lavori delle commissioni 4. La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi 5. Art. 73. Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall approvazione 6. 2 c.d. procedimento ordinario. In questo caso si dice che la Commissione parlamentare opera in sede referente. 3 c.d. procedimento decentrato. Le leggi così approvate si definiscono comunemente leggine. In questo caso si dice che la Commissione parlamentare opera in sede deliberante. 4 Accanto al procedimento ordinario ed a quello decentrato, i regolamenti parlamentari hanno introdotto il c.d. procedimento misto, nel quale In questo caso si dice che la Commissione parlamentare opera in sede redigente. 5 C.d. riserva di assemblea. Nelle materie elencate si può anche dire che esiste una riserva di legge in senso formale, nel senso che non si ammette la disciplina da parte di atti aventi forza di legge. 6 La promulgazione è 16 di 49

17 Se le Camere, ciascuna a maggioranza as 7 soluta dei propri componenti, ne dichiarano l urgenza, la legge è promulgata nel termine da essa stabilito. Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso. Art. 74. Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione 8. Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata. La legge, sia essa statale che regionale, è sottoposta a 3 limiti dall art. 117 Cost., comma 1, già citato al 2, essendo subordinata gerarchicamente e tenuta al rispetto: a. della Costituzione, b. dei vincoli derivanti dall ordinamento comunitario c. degli obblighi internazionali a. Della posizione di sovraordinazione della Costituzione rigida, si è detto al 1. b. Del rapporto con i vincoli derivanti dall ordinamento comunitario si è detto al 2. c. Resta da occuparsi dei vincoli derivanti dall ordinamento internazionale L articolo 1 della legge di attuazione della riforma del Titolo V (L. 131/2003) ha precisato che per vincoli internazionali devono intendersi quelli derivanti: 7 C.d. vacatio legis. 8 Il messaggio deve illustrare i motivi del rinvio presidenziali che possono essere di legittimità o di merito costituzionale (contrasto con la Costituzione o motivi di opportunità). 17 di 49

18 - dalle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, di cui all articolo 10 della Costituzione (le c.d. consuetudini internazionali ); - da accordi di reciproca limitazione della sovranità, di cui all articolo 11 della Costituzione; - dai trattati internazionali, indipendentemente dal procedimento adottato per la loro stipulazione (inclusi quindi i trattati in forma semplificata). La conseguenza della mancata osservanza di questi limiti può essere l illegittimità costituzionale della legge. La Costituzione può riservare la disciplina di determinate materie alla legge. All origine la riserva di legge era posta essenzialmente a tutela del Parlamento, per limitare i poteri normativi dell Esecutivo. Con l avvento della forma di governo parlamentare, però, essa ha assunto essenzialmente la funzione di tutelare le minoranze parlamentari, contro l abuso della maggioranza che potrebbe regolare autonomamente intere materie, attraverso un largo esercizio della potestà normativa del governo. La dottrina è solita distinguere: - riserve assolute, che non consentono a fonti subordinate la disciplina di certe materie, ma solo alla legge o agli atti ad essa equiparati; - riserve relative, per le quali la legge può limitarsi a dettare i principi e criteri direttivi della disciplina, lasciando alle fonti secondarie il compito di normare nel dettaglio la stessa; - riserve di legge costituzionale, quando la materia è affidata a leggi costituzionali (ad es.: articoli 71, 116, 132, 137 comma 1). In tal caso la riserva è sempre assoluta; - riserve di legge formale, quando si riferiscono solo alla sola legge formale, approvata dal Parlamento, e non anche gli atti equiparati alla legge o alla legge regionale (es. le materie riservate all Assemblea parlamentare dall art. 72); - riserve rinforzate, quando la Costituzione, nel riservare la materia alla legge, determina anche ulteriori limiti di contenuto (ad es.: articolo 16); 18 di 49

19 5 Gli atti aventi forza di legge dello Stato L esercizio della funzione legislativa è stabilmente attribuita dalla Costituzione al Parlamento. Tuttavia vi sono delle eccezioni, per cui si possono riscontrare nell ordinamento altri atti aventi la stessa efficacia della legge (sia sul lato attivo che su quello passivo), posti in essere da parte di altri organi costituzionali: il Governo ed il Corpo elettorale. Essi sono: a) Il referendum abrogativo (Art. 75); b) I decreti legislativi (art. 76); c) I decreti legge (art. 77); d) I decreti adottati dal Governo in caso di guerra (art. 78) e) I decreti di attuazione degli statuti delle regioni ad autonomia speciale (previsti dai rispettivi statuti). Pertanto, si può dire che l espressione atti aventi forza di legge comprende una serie di atti giuridici che pur non avendo la stessa forma della legge sono ad essa equiparati quanto alla forza, cioè alla posizione gerarchica nella scala delle fonti. 5.1 referendum abrogativo Il referendum è il più importante istituto di democrazia diretta accolto nel nostro ordinamento. Tramite di esso, i cittadini possono esprimere il loro parere direttamente, senza la mediazione dei propri rappresentanti. L ordinamento italiano prevede i seguenti tipi di referendum: 1. abrogativo, volto ad abrogare in tutto o in parte una legge o un atto avente forza di legge (art. 75 Cost.); 2. costituzionale, previsto per confermare le leggi di revisione costituzionale adottate dalla maggioranza assoluta del Parlamento (art. 138 Cost.); 19 di 49

20 3. territoriale, per modificazioni territoriali di Regioni, Province e Comuni (art. 132 Cost.); 4. consultivo, ammesso soltanto a livello regionale o locale e previsto dall art. 8, commi 3 e 4, D.Lgs. 267/2000; 5. di indirizzo, identificabile con una sorta di plebiscito e in realtà effettuatosi solo nel 1989 quando agli elettori fu chiesto di esprimersi sul conferimento di un mandato costituente al Parlamento europeo che sarebbe stato eletto di lì a poco (si trattò di un caso di rottura della Costituzione, nel senso che la legge costituzionale istitutiva di questo tipo di referendum si poneva come deroga ai casi normalmente contemplati in Costituzione). Di queste forme di referendum, tuttavia, solo quello abrogativo costituisce un autonoma fonte di diritto, avendo la capacità di innovare l ordinamento giuridico in negativo, in quanto abroga disposizioni preesistenti di leggi o di atti aventi forza di legge. In realtà, però, l effetto abrogativo può colpire anche singole parole, producendo un effetto manipolativo idoneo a determinare una modifica positiva del contenuto normativo delle disposizioni. Pertanto, come ha affermato la Corte costituzionale, esso, quando si conclude con esito favorevole all abrogazione, è un atto-fonte dell ordinamento dello stesso rango della legge ordinaria (sentenza 29/1987). L art. 75 dispone: Art. 75. È indetto referendum popolare per deliberare l abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge 9, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. 9 Ciò implica che il referendum abrogativo non può avere ad oggetto norme di fonti secondarie o di leggi regionali, in quanto l'art. 75 fa riferimento solo alla legge dello Stato e agli atti equiparati, né tanto meno norme di rango costituzionale. 20 di 49

21 Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati. La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi. La legge determina le modalità di attuazione del referendum. La legge 352/1970 ha disciplinato puntualmente la procedura referendaria: a) dal 1 gennaio al 30 settembre (escluso l anno che precede la scadenza ordinaria della legislatura): 1. richiesta popolare: almeno 10 cittadini depositano il quesito c/o Cancelleria della Corte di cassazione + 3 mesi raccolta di firme autenticate; 2. richiesta regionale: 5 Consigli a maggioranza assoluta lo stesso quesito che va depositato c/o Cancelleria della Corte di cassazione. b) Si costituisce c/o la Corte di cassazione l Ufficio centrale per il referendum, che entro il 15 dicembre si pronuncia sulla legittimità dei quesiti. c) I quesiti legittimi sono trasmessi alla Corte costituzionale per il giudizio di ammissibilità, che decide entro il 10 febbraio. d) il Presidente della Repubblica fissa il giorno per la votazione tra il 15 aprile ed il 15 giugno. e) L Ufficio centrale per il referendum verifica che abbia votato la maggioranza degli aventi diritto e proclama il risultato del referendum. f) Il Presidente della Repubblica dichiara l avvenuta abrogazione della legge con decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale. L entrata in vigore dell abrogazione può essere ritardata per non più di 60 giorni, su richiesta del Governo. La legge 352/1970 ha poi previsto un controllo circa la legittimità della richiesta operato dall ufficio centrale per i Referendum presso la Corte di Cassazione. 21 di 49

22 Successivamente si svolge il controllo di ammissibilità delle richieste referendarie da parte della Corte costituzionale, previsto dall art. 2 della L. cost. 11 marzo 1953, n. 1. Fondamentale è stata al riguardo la sentenza n. n. 16 del 1978, in cui la Corte ha dato le linee di indirizzo della sua futura azione, andando ben al di là del testo dell art. 75 come parametro di ammissibilità dei referendum abrogativi. Così la Corte ha ritenuto inammissibili le richieste: - che abbiano ad oggetto disposizioni che, pur non essendo ricomprese nell elenco di cui all art. 75, sono tuttavia produttive di effetti collegati in modo così stretto all ambito di operatività delle leggi espressamente indicate dall articolo 75 che la preclusione debba ritenersi sottintesa (si pensi alla legge finanziaria rispetto alla legge di bilancio, oppure all ordine di esecuzione rispetto alla legge di autorizzazione alla ratifica del trattato); - che incidono su leggi dotate di forza passiva rafforzata (leggi atipiche o rinforzate), in quanto non abrogabili da leggi ordinarie successive (si pensi alla legge di esecuzione dei Patti Lateranensi); Anche in successive decisioni la Corte ha ulteriormente ampliato i canoni della sua azione, configurando come inammissibili le richieste: - che abroghino leggi a contenuto costituzionalmente necessario, vale a dire leggi il cui nucleo normativo non possa venir alterato o privato di efficacia, senza che ne risultino lesi i corrispondenti disposti della Costituzione stessa (o di altre leggi costituzionali) (sentenza 45/2005). - che incidano sulle norme che disciplinano l elezione di organi costituzionali o a rilevanza costituzionale, a meno che la normativa di risulta non sia tale da consentire all organo stesso di essere sempre operativo, senza alcuna soluzione di continuità (sentenze n. 29 del 1987 e n.47 del 1991); - che richiedono l abrogazione di leggi a contenuto comunitariamente vincolato, per evitare che lo Stato italiano si trovi inadempiente rispetto agli obblighi imposti a livello comunitario (n. 31, 41 e 45/2000). La Corte costituzionale ha ritenuto di poter valutare anche la corrispondenza della struttura dei quesiti referendari al modello di consultazione popolare delineato dall art. 75. In quest ottica, la Corte ha precisato che il quesito deve essere: 22 di 49

23 a) omogeneo, essendo inammissibili le domande che coinvolgono una pluralità di norme fra loro non collegate, per cui il corpo elettorale è costretto ad abrogarle tutte, pur volendone abrogare solo alcune (sentenza n. 16 del 1978). b) chiaro, semplice e completo, dovendo investire tutta la disciplina della materia oggetto del referendum (sentenza n. 27 del 1981); c) strutturato in modo tale che il risultato dell abrogazione sia chiaro e riconoscibile dai votanti, sia tale, cioè, da conservare una disciplina residuale chiara e univoca (sentenza n. 29 del 1987). Ulteriore problema è rappresentato dalla possibilità che il Parlamento intervenga sulla materia per la quale è in corso una richiesta di referendum abrogativo. In questa ipotesi: - se la legge è sostituita da una disciplina che corrisponde all obiettivo che i promotori del referendum si erano prefissi, non si procede alla consultazione referendaria; - se la legge è sostituita da una disciplina che nella sostanza riproduce quella oggetto di richiesta di referendum abrogativo, il referendum si sposta sulle nuove disposizioni legislative (sentenza della Corte costituzionale n. 68 del 1978) - se la legge si limita ad abrogare, totalmente o parzialmente, la disposizione oggetto di richiesta referendaria, il procedimento referendario si arresta (art. 39 L. 352/1970). Una volta che il referendum abrogativo si sia svolto, invece, il suo risultato, sia esso favorevole o contrario all abrogazione, rappresenta comunque un vincolo: - per un periodo di cinque anni non può essere riproposta la richiesta referendaria bocciata dal corpo elettorale (art. 38, legge 352/1970); - per lo stesso periodo si ritiene che il Parlamento non possa approvare leggi che si discostino dall indirizzo espresso dal corpo elettorale, pena la loro dichiarazione di illegittimità costituzionale. Merita di essere, conclusivamente, ricordato il fenomeno più volte ripetutosi in occasione delle ultime consultazioni referendarie, per il quale molti soggetti politici, anziché schierarsi apertamente per il Si o per il No, ovvero decidere di lasciare agli elettori libertà di voto, si sono battuti apertamente per favorire l astensione. In questo modo, essi hanno surrettiziamente sfruttato la norma costituzionale per la quale la proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto. A parte la considerazione che una simile prassi contrasta con la qualifica del voto come dovere civico (art. 48, comma 2 Cost.), è evidente che essa ha prodotto l aprirsi di una stagione di profonda crisi dell istituto referendario, 23 di 49

24 con la conseguenza che ben difficilmente si riesce a superare la soglia della partecipazione della maggioranza degli aventi diritto, susseguendosi proposte di revisione dell istituto I decreti legislativi I decreti legislativi sono atti giuridici complessi, costituiti dalla legge di delega e dal decreto legislativo in senso stretto o decreto delegato. Con la legge di delega il Parlamento conferisce al Governo l esercizio della funzione legislativa. Con il decreto delegato il Governo esercita la funzione normativa delegatagli dalle Camere. Art. 76. L esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti. L articolo 76 della Costituzione consente al Parlamento di delegare l esercizio della funzione legislativa al Governo. Secondo quanto dispone il citato articolo i criteri da rispettare nell attribuzione della delega legislativa sono i seguenti: - la delega può essere conferita soltanto con legge e soltanto al Governo nel suo complesso; - la legge di delega deve definire gli oggetti su cui il Governo potrà esercitare la delega; - la delega deve essere esercitata in un termine prefissato dalla legge di delegazione; - la legge deve fissare i principi e i criteri direttivi cui il Governo deve adeguarsi nell esercizio della delega. 10 IN particolare, si propone di rendere più difficile l avvio del referendum, elevando da ad il numero delle firme da raccogliere per la sua richiesta. 24 di 49

25 Accanto ai limiti fissati dalla Costituzione, la legge di delega può introdurne degli altri (c.d. limiti ulteriori), ad esempio imponendo al Governo di ascoltare il parere delle commissioni parlamentari. Secondo l art. 14, comma 4, della legge n. 400 del 1988 nel caso in cui la delega ecceda il biennio, il Governo ha è tenuto a chiedere il parere delle commissioni in ordine agli schemi dei decreti delegati. Il carattere di norme interposte delle disposizioni della legge di delega fa sì che in sede di giudizio di costituzionalità, la Corte possa configurare l illegittimità dei decreti delegati in caso di loro violazione. Di recente è invalsa la prassi dei c.d. decreti legislativi correttivi : la stessa legge di delegazione prevede la possibilità, decorso un primo lasso di tempo di attuazione del decreto delegato, di rimettere mano alla disciplina, modificandola sulla base dell esperienza maturata. Nella prassi il ricorso all istituto della delegazione legislativa è sempre più frequente: non solo perché su argomenti che richiedono una serie di valutazioni tecniche la delegazione consente al Governo di avvalersi della collaborazione di esperti e tecnici presenti presso i Ministeri (non a caso il decreto legislativo costituisce la tipica forma di adozione dei codici e dei testi unici); ma anche perché, dopo la riduzione del ruolo della decretazione d urgenza avvenuto ad opera della Corte costituzionale con una serie di pronunce (in particolare la sentenza n. 29/95 e la n. 360/96, su cui v., infra), il decreto legislativo rappresenta lo strumento privilegiato di esercizio governativo della funzione legislativa. ART. 14. (Decreti legislativi) 1. I decreti legislativi adottati dal Governo ai sensi dell articolo 76 della Costituzione sono emanati dal Presidente della Repubblica con la denominazione di "decreto legislativo" e con l indicazione, nel preambolo, della legge di delegazione, della deliberazione del Consiglio dei ministri e degli altri adempimenti del procedimento prescritti dalla legge di delegazione. 2. L emanazione del decreto legislativo deve avvenire entro il termine fissato dalla legge di delegazione; il testo del decreto legislativo adottato dal Governo e trasmesso al Presidente della Repubblica, per la emanazione, almeno venti giorni prima della scadenza. 25 di 49

26 3. Se alla delega legislativa si riferisce ad una pluralita di oggetti distinti suscettibili di separata disciplina, il Governo puo esercitarla mediante piu atti successivi per uno o piu degli oggetti predetti. In relazione al termine finale stabilito dalla legge di delegazione, il Governo informa periodicamente le Camere sui criteri che segue nell organizzazione dell esercizio della delega. 4. In ogni caso, qualora il termine previsto per l esercizio della delega ecceda i due anni, il Governo e tenuto a richiedere il parere delle Camere sugli schemi dei decreti delegati. Il parere e espreso dalle Commissioni permanenti delle due Camere competenti per materia entro sessanta giorni, indicando specificamente le eventuali disposizioni non ritenute corrispondenti alle direttive della legge di delegazione. Il Governo, nei trenta giorni successivi, esaminato il parere, ritrasmette, con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, i testi alle Commissioni per il parere definitivo che deve essere espresso entro trenta giorni. 5.3 I decreti-legge I decreti-legge sono atti aventi forza di legge che possono essere adottati dal Governo, sotto la sua responsabilità, per far fronte a situazioni imprevedibili ( casi straordinari di necessità e di urgenza ) che impongono di intervenire a livello di normazione primaria con una disciplina che trovi immediata applicazione. Art. 77. Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessità e d urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione 26 di 49

27 alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni. I decreti perdono efficacia sin dall inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti. Sono deliberati dal Consiglio dei Ministri ed emanati con decreto del Presidente della Repubblica. Devono contenere l indicazione delle circostanze straordinarie di necessità e di urgenza che hanno determinato l emanazione. I decreti-legge sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale immediatamente dopo la loro emanazione ed entrano in vigore il giorno stesso della pubblicazione, in via provvisoria salva ratifica del Parlamento. La conversione dei decreti in legge deve avvenire entro 60 giorni, ad opera delle Camere, pena la perdita di efficacia ex tunc. Il controllo sulla sussistenza dei casi straordinari di necessità e urgenza che giustificano l uso del decreto-legge può essere svolto da diversi organi: 1) dal Presidente della Repubblica in via preventiva, cioè in sede di emanazione del decreto: si tratta di un intervento alquanto eccezionale, dal momento che, di solito, il Capo dello Stato non interferisce nei rapporti fra Governo e Parlamento; 2) dal Parlamento. L art. 78 del regolamento del Senato prevede che il disegno di legge di conversione è deferito alla Commissione competente, affinché valuti la sussistenza dei presupposti richiesti dall art. 77 Cost.; qualora la Commissione esprima parere negativo per difetto di tali presupposti, spetta all Assemblea pronunciarsi sulla questione e, nel caso in cui non ritenga sussistente la necessità ed urgenza, il disegno di legge di conversione s intende respinto. Per quanto riguarda il regolamento della Camera, l art. 96bis attribuisce alle Commissioni di merito competenti per materia il controllo sull esistenza dei presupposti di necessità e urgenza. A seguito di tale verifica è possibile che l Assemblea si esprima negativamente sul decreto legge; 3) dalla Corte costituzionale, in via successiva, cioè al momento dell eventuale giudizio di legittimità. In tal senso la sentenza n. 29/95 della Corte costituzionale ha precisato: 27 di 49

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