I PORTI DEL NORD. 2 Workshop, Bologna 28 gennaio Conclusioni: Mario Ciaccia, Vice Ministro delle infrastrutture e trasporti

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1 I PORTI DEL NORD 2 Workshop, Bologna 28 gennaio 2013 Conclusioni: Mario Ciaccia, Vice Ministro delle infrastrutture e trasporti L obiettivo che si pone il Progetto Nord, presentato dalla Fondazione IRSO, è quello di ricercare modi e strumenti per connettere i porti del nostro Settentrione ai più vasti territori di origine e destinazione delle merci. Il Progetto, che mette insieme i porti liguri e quelli nord-adriatici con una metodologia che coinvolge gli attori del sistema della logistica, dei porti e delle imprese, prende le mosse da quattro trend, non necessariamente a lungo termine, che vengono individuati: - in un ruolo di riferimento per i traffici merci dal Far East, che siano diretti o indiretti tramite i porti di transhipment; - nella vocazione prevalente per il servizio di trasporto merci verso il Nord Italia (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna ecc.); - nella situazione di vantaggio strategico verso i porti della sponda sud del Mediterraneo, sia di origine/destinazione finale sia di transhipment; - nella leadership consolidata nelle crociere. Tutto ciò premesso e sulla scorta delle relazioni e degli interventi svolti in questo Workshop, mi pare di trovare conforto nella affermazione che oggi abbiamo finalmente diversi punti fermi per orientare le numerose e delicate scelte ancora da compiere per la definizione del ruolo dei porti e degli interporti e per la ricerca di processi organizzativi mirati al miglioramento della loro capacità produttiva. Un punto fortunatamente già acquisito per assumere le decisioni strategiche più convenienti per la nostra economia è costituito dalla nuova impostazione europea delle infrastrutture di trasporto. In tale prospettiva, abbiamo portato a coincidere le priorità di intervento nazionali con il sottoinsieme delle infrastrutture strategiche comprese nella rete essenziale transeuropea di trasporto TEN-T, con il duplice vantaggio di abbinare un valore aggiunto di crescita europea al valore aggiunto di crescita italiana e di utilizzare al meglio i cofinanziamenti europei per le stesse infrastrutture. L attuale Governo ha fatto tesoro di questa grande opportunità, programmando i progetti prioritari che garantiscono l'ancoraggio dell'italia all'europa continentale.

2 Visto sotto questo profilo, il progetto Nord può trovare rispondenza in un pezzo fondamentale della politica italiana di realizzazione della rete europea TEN-T. In particolare, secondo il programma illustrato nel 10 Allegato infrastrutture alla Decisione di Economia e Finanza , l Italia deve realizzare: - un sistema multi portuale logistico dell Alto Tirreno capace di fungere da porta sud del corridoio Genova Rotterdam; - un sistema multi portuale logistico dell Alto Adriatico capace di servire (per la parte italiana che integra la parte slovena e quella croata ) da porta sud del corridoio Adriatico Baltico. Pertanto, i due sistemi, Alto Tirreno ed Alto Adriatico, messi insieme, dovrebbero essere posti in grado di alimentare il corridoio Mediterraneo, in funzione di porta di ingresso e di uscita di un volume di merci sufficientemente competitivo. Per poter essere effettivamente competitivi, in specie con i porti del Mar del Nord, occorre però che all'interno dei sistemi dell'alto Adriatico e dell'alto Tirreno ognuno degli scali sia messo in condizione di ricevere e trattare le grandi navi di domani. Questo per consentire l'interoperabilità, come terminali mediterranei efficaci, rispettivamente del corridoio Genova Rotterdam e del corridoio Adriatico Baltico. E come lascia intendere il Progetto Nord, in una visione d assieme di un sistema unitario, le cui tessere non possono funzionare isolatamente, un analogo potenziamento va realizzato per i sistemi portuali campano, pugliese e siciliano, da attrezzare come sbocchi mediterranei del corridoio Helsinki-La Valletta. Occorre anche ricordare che per i porti, come per quasi tutte le grandi opere pubbliche, l attuale Governo, in presenza di risorse limitate, si è trovato a dover subito fronteggiare, oltre ai pesanti limiti cronici del sistema infrastrutturale, anche un gap logistico molto elevato. Sono state perciò selezionate le opere tra quelle maggiormente produttive di competitività, sviluppo e coesione e posto nel contempo mano ad urgenti interventi normativi per razionalizzare e velocizzare le relative procedure. E tra questo numero ristretto di infrastrutture abbiamo ritenuto di dover privilegiare proprio quelle riguardanti il potenziamento del sistema portuale, in quanto vi è ormai piena consapevolezza che sono proprio i porti i nodi cruciali della rete di trasporto nazionale ed europea in grado quindi di svolgere un ruolo fondamentale nella strategia di rilancio della crescita italiana. 2

3 Il fatto che la gran parte dei 10 corridoi che debbono concorrere a costruire la rete essenziale abbiano origine e destinazione in città porto (il corridoio Genova-Rotterdam, il corridoio Helsinki-La Valletta, il corridoio Adriatico- Baltico, eccetera) è la dimostrazione più evidente di questa necessità europea e, in particolare, italiana. I porti costituiscono la porta di ingresso e di uscita della nostra Penisola e dell Europa intera. Sono nodi privilegiati di interscambio modale, nei quali si gioca gran parte dell'efficienza di intere catene logistiche, fondamentali per il rilancio della crescita economica dell Italia: catene logistiche che riguardano i beni importati ed esportati via mare e per i quali i nostri produttori competono sui mercati mondiali. Nella congiuntura presente, le difficoltà di crescita della nostra domanda interna esaltano l importanza della domanda estera: il sistema produttivo che si dimostra capace di affermarsi sui mercati mondiali va sostenuto in ogni modo; le merci vendute all estero soprattutto nel Mediterraneo e nelle economie emergenti a partire dai paesi BRICS viaggiano per mare; porti efficienti significano minori costi per i nostri produttori. Abbiamo preso il via da una valutazione realistica della situazione di partenza del potenziale competitivo rappresentato oggi dalla portualità italiana: fin dalla metà degli anni 90 sono stati fatti molti passi avanti; passi però ancora insufficienti a far guadagnare terreno alla portualità italiana nei confronti del resto della portualità europea (se dal 1997 al 2008 il traffico trattato dai porti italiani è aumentato del 27% quello trattato dai porti europei è aumentato del 50%). Dal 2008, con la crisi, le performance dei porti italiani non sono certamente andate migliorando. Ciò per due ragioni. In primo luogo, i porti italiani di transhipment (Gioia Tauro, Taranto e Cagliari) sono andati perdendo posizione sia nei confronti dei concorrenti greci e spagnoli sia, soprattutto, nei confronti dei porti africani di ingresso nel Mediterraneo. In secondo luogo, abbiamo dovuto rilevare il paradosso che porti, come quelli dell'alto Tirreno e dell'alto Adriatico, pur collocati geograficamente in posizione ottimale per valorizzare catene logistiche organizzate lungo la rotta Europa-Estremo oriente, si vedono sempre più sottrarre dai porti del Mar del Nord non solo mercati centro europei, ma addirittura i ricchi mercati della pianura padana. Le affermazioni che ribadiscono l importanza della posizione geografica del nostro Paese rispetto all area del Mediterraneo, che definiscono l Italia la 3

4 piattaforma logistica di questo Bacino, debbono tradursi in concreto in una strutturale riforma dei nostri porti. Lo stesso interscambio commerciale con l area del Mediterraneo presenta un potenziale enorme che non va perduto. Senza una visione organica ed i necessari collegamenti funzionali alla mobilità ed alla logistica, appaiono prive di senso compiuto autostrade, ferrovie, alta velocità, archi e nodi. In una logica di sistema non dobbiamo trascurare poi gli aeroporti, che debbono concorrere all efficientamento del complesso delle reti volte alla mobilità delle persone e delle merci. A livello europeo sono possibili due alternative: puntare allo sfruttamento delle economie di scala di una ulteriore concentrazione dei traffici sui porti del Mar del Nord, adeguando così ad esse le reti infrastrutturali ferroviarie, stradali e di navigazione interna che ne estendano le aree servite pressoché all'intera Europa; o, al contrario, portare la portualità mediterranea a livelli di capacità ed efficienza comparabili con quelli del Mar del Nord, adeguando, così, con archi oggettivamente più corti, la rete stradale, ferroviaria e di navigazione interna in modo da raggiungere più efficientemente e sostenibilmente le regioni centro meridionali sia dell'europa occidentale sia dell'europa orientale. La politica europea in materia va nella seconda direzione, certamente più favorevole all'italia. L'Italia non può oggi mancare di sostenerla. I porti, come ogni altro settore nazionale, si confrontano oggi con le numerose norme che il Governo ha proposto ed il Parlamento ha approvato in un anno per stabilizzare la finanza pubblica ed avviare il ritorno alla crescita. Molte di queste norme valgono in linea generale anche per il sistema portuale italiano, come le norme di semplificazione delle procedure e quelle volte a favorire l allargamento della concorrenza, ad aumentare le certezze per l operatore privato e ad incentivare il partenariato (ad esempio: una disciplina specifica per la finanza di progetto; il contratto di disponibilità; i project bond, la defiscalizzazione delle opere superiori a 500 milioni per consentirne la sostenibilità finanziaria) ed altre specifiche, quali le disposizioni intese a migliorare il collegamento tra i porti e le aree retro portuali e la normativa sui dragaggi introdotta dall art. 48 del decreto sulle liberalizzazioni, le cui norme tecniche di attuazione sono in corso di perfezionamento. In particolare, i project bond costituiscono uno strumento particolarmente adatto per realizzare le opere portuali ed attrarre ingenti capitali, anche dall estero, proprio perché queste opere, in un circolo virtuoso che innesti la 4

5 competitività, possono assicurare ritorni consistenti in tempi non necessariamente troppo lunghi. Con il decreto sullo sviluppo - altro punto fermo - è stata finalmente disposta l autonomia finanziaria dei porti, attraverso una specifica norma con la quale si è stabilito di dare impulso all infrastrutturazione portuale, destinando ai porti parte dell Iva e delle accise in essi prodotte. Possiamo dire che tutte queste importanti norme sull autonomia finanziaria dei porti, sui sistemi logistici, sui dragaggi, etc., hanno anticipato alcune disposizioni di quella che sarà la riforma della riforma della legge 84/94, che ci auguriamo sia al più presto completata dal nuovo Parlamento, con un testo che riunisca in un corpus normativo organico i numerosi provvedimenti in materia portuale contenuti nei decreti Salvaitalia, Crescitalia e Sviluppo e risponda in modo incisivo alle legittime istanze di tutto il cluster marittimo. Non abbiamo dimenticato, infatti, che il settore marittimo italiano è uno dei comparti più dinamici dell economia italiana e contribuisce al PIL nazionale per 39,5 miliardi di euro (2,6% di quello totale), conferendo occupazione a circa il 2% della forza lavoro del Paese (477mila persone fra addetti diretti ed indotto). Il nuovo disegno di legge di riforma del sistema portuale, varato dal Senato il 12 settembre, risponde a queste nuove obbligate esigenze di cambiamento; infatti la nuova proposta accresce l autonomia finanziaria delle autorità portuali, introducendo una nuova categoria di entrate, i diritti di porto, rende più competitivi i porti, semplifica le procedure per l approvazione dei piani regolatori ed il dragaggio dei fondali, facilita l utilizzo dei project bond per lo sviluppo delle infrastrutture. Un altro punto fermo sarà inoltre costituito dalla una nuova direttiva cui sta lavorando la Commissione Europea che intende rendere omogenee in tutta l'unione le norme sui porti, come quelle sui dragaggi, sulla protezione ambientale, sulla trasparenza e sulla semplificazione amministrativa. Nell attesa di queste riforme, abbiamo ridisegnato alcuni importanti contenuti della legge obiettivo, scegliendo le prime opere sulla scorta delle indicazioni dell'europa, che dalla logica dei puri e semplici corridoi infrastrutturali è passata a tracciare reti e terminali. Dei 10 corridoi europei 4 passano oggi in Italia. Per i porti sono in corso di elaborazione le numerose e complesse articolazioni, fatte di reti e di nodi, che debbono formare il collegamento ottimale con i quattro corridoi assegnati al nostro Paese. Con l approvazione del 10 Allegato infrastrutture alla Decisione di 5

6 Economia e Finanza , la politica pubblica italiana in materia portuale viene rivolta allo sviluppo e all'organizzazione di porti efficienti e competitivi attraverso: - il raccordo dei terminali portuali con le reti transeuropee essenziali: ferroviarie, stradali e di navigazione interna; - l'organizzazione di sistemi logistici che coordinino l'attività dei porti con quella di interporti-retroporti, in modo che questi ultimi trovino la convenienza ad agire anche da punti di consolidamento del traffico per la portualità nazionale. Gli interventi organizzativi nei porti debbono puntare a una maggior unitarietà di azione tra tutti gli operatori pubblici e privati operanti in ogni scalo, sia sul lato mare, sia sul lato terra e più in generale favorendo il coordinamento anche di più scali contigui per raggiungere quelle economie di scala necessaria per sostenere la concorrenza con i porti del Mar del Nord. La liberalizzazione del 1994 ha investito il lato terra (il lavoro portuale in banchina). Un vero balzo in avanti per la competitività dei porti italiani può oggi venire dalla liberalizzazione del lato mare (i servizi tecnico-nautici). Più in generale, per il lavoro portuale in banchina e i servizi tecniconautici, anche qui un punto fermo sta per essere raggiunto con la direttiva comunitaria sulle concessioni di servizi, che contempla gli accordi di partenariato in cui il privato assume il rischio di manutenzione e sviluppo delle infrastrutture (e quindi dei porti), in un quadro giuridico chiaro e certo che assicuri l accesso a tutte le imprese europee, comprese le piccole e medie imprese. Il Governo, inoltre, ha assunto una priorità logica e cronologica che comporta interventi di tecnologia di informazione e comunicazione, che consentono di ottenere migliori servizi dagli archi e dai nodi infrastrutturali esistenti. Ad esempio, una volta stabilito che i porti rientrano nella piattaforma digitale del trasporto, è possibile tagliare oltre il 70% i tempi di attesa dei camion e quindi le code ai varchi dei principali porti e terminal del paese, andando a incidere su una situazione che da sola provoca al sistema paese oneri aggiuntivi quantificati in oltre 12 miliardi di euro. Un altra priorità irrinunciabile riguarda gli interventi di ultimo miglio di collegamento dei nodi strategici, porti e aeroporti, alla rete esistente, a partire dai nodi portuali e aeroportuali dove maggiori sono i guadagni di efficienza prevedibili a minor costo possibile. Sul piano infrastrutturale molto resta da fare per collegare i porti dei gateway multiscalo ai corridoi Ten-T: il collegamento da ultimo miglio di ogni scalo di ogni multiporto in modo da renderli tutti equiaccessibili è la chiave per 6

7 quell assetto di competizione-cooperazione che solo po decretare il successo della politica portuale italiana. Ma in una realtà moderna non esistono porti senza retroporti. I gateway multiportuali devono diventare anche porti lunghi che ottimizzano l uso degli spazi in banchina a favore di spazi retroportuali nei quali si possano svolgere tutte le attività, quelle doganali in primis, che rendono efficiente il nodo portuale-retroportuale della catena logistica. Si sta dando corpo, in altri termini, a quella pianificazione strategica nazionale capace di trasformare una mera lista di infrastrutture strategiche come quelle cumulatesi sulla base delle intese Stato-Regioni secondo le procedure della legge obiettivo - in un sistema di infrastrutture in grado di sostenere la competitività del Paese, perché capace di mettere soprattutto i blocchi territoriali settoriali dedicati all esportazione in contatto con il resto del mondo. Si tratta, in altri termini, d liberare la produzione manifatturiera italiana dalla tassa logistica implicita nel fatto che almeno il 30% delle merci italiane raggiungono i mercati dell Estremo Oriente attraverso i porti europei del mar del Nord. In questo senso si ritiene opportuno e necessario lavorare in una logica di polarizzazione delle funzioni degli scali marittimi nazionali, creando dei cluster portuali sufficientemente ampi ed articolati, che prevedano una forte integrazione operativa tra le Autorità portuali situate nella medesima area geografica, senza nulla togliere all autonomia amministrativa interna di dette realtà ed alla loro identità ed individualità: non c è dubbio, infatti, come la portualità italiana abbia i suoi punti di maggiore rilevanza strategica nei poli/sistemi multi scalo dell Alto Tirreno e dell Alto Adriatico, dell Area campana e di quella Pugliese e della Sicilia. Oltre a questo, vi è la realtà più specifica del transhipment, che ha connotazioni sue proprie, e le cui fortune italiane si giocano oggi soprattutto su Gioia Tauro. Tenuto conto, inoltre, delle ultime disposizioni si sono potuti attuare i lavori per la realizzazione della piattaforma Maersk di Vado Ligure. Sono questi i cluster che meglio e più efficacemente sono connessi, o idonei ad essere connessi, con i quattro corridoi transeuropei ed ai quali occorre fare riferimento se si vuole creare una portualità di respiro europeo. Obiettivo che, tuttavia, può essere pienamente raggiunto solo se si riducono i costi di servizi portuali, quali l ormeggio, il pilotaggio ed il rimorchio. 7

8 Va dunque sfatata la preoccupazione che nella creazione dei multiporti si stiano inutilmente duplicando gli investimenti. Va sfatata perché nessun porto italiano da solo può svilupparsi nella misura necessaria per competere in capacità ed efficienza con la portualità del Mar del Nord. Sia per quanto riguarda l'alto Adriatico, sia per quanto riguarda l'alto Tirreno, nessuno scalo individuale è da solo capace di garantire la scala di attività e l efficienza operativa che possono rendere conveniente a una portacontainer di TEU di lasciare l'intero suo carico in alto Tirreno o in alto Adriatico. I porti da soli perdono. Non vi è più spazio per localismi se si vuol far crescita. Va sfatata la preoccupazione per la creazione dei multi porti, perché l obiettivo è raggiungibile, pur nelle ristrettezze attuali della finanza pubblica italiana, in quanto: - in quasi tutti i porti italiani gli interventi richiesti sono di completamento e messa in valore di impianti portuali in gran parte già esistenti; - i terminali portuali esercitano attività ricche e che innestano nei porti e nei retro porti attività logistiche ancora più ricche, capaci di sostenere parte degli investimenti; - la strategia di finanziamento di queste infrastrutture deve e può vedere l intervento statale solo come un complemento necessario a rendere conveniente l intervento privato. Il piano settoriale per i porti italiani, implicito nella strategia che ho sommariamente descritta, non va in alcun modo inteso come un piano da finanziare interamente con fondi a carico dello Stato. E non solo per non contraddire la strada dell autonomia finanziaria appena intrapresa. Ma anche perché il Governo sta lavorando per far prevalere un nuovo costume: quello del massimo ricorso al finanziamento privato, anche per passare quanto più possibile ad un costo sopportato dall utente anziché dal contribuente generale. I fondi pubblici, in questa logica, debbono essere usati in maniera sussidiaria per completare interventi sempre impostati con la collaborazione finanziaria del costruttore e/o del gestore. In un ottica, cioè, di partenariato pubblico-privato, per la quale si sono approntati strumenti fortemente innovativi, come i project bond italiani e i contratti di disponibilità. E a partire da queste priorità strategiche che abbiamo iniziato a lavorare per irrobustire l intero sistema portuale nazionale. La mancata attribuzione di funzioni europee essenziali non cancella gli altri porti italiani, avendo oggi ognuno la possibilità di costruire il proprio 8

9 futuro sulla base delle risorse che sapranno conquistarsi nel regime nuovo di autonomia finanziaria che si andrà progressivamente imponendo. Dobbiamo anche ascoltare attentamente la vocazione di porti che abbiano già delle specificità riconosciute (ad esempio, il porto di Civitavecchia è il primo porto per la crocieristica). Per l anno 2012 il numero di croceristi sbarcati ed imbarcati in Italia si attesta intorno agli 11 milioni, in aumento rispetto al Le previsioni per il 2013 rimangono sempre positive. Molti sono i porti italiani interessati dal traffico crocieristico che risultano essere distribuiti in oltre la metà delle regioni italiane. Di questi Civitavecchia e Venezia risultano nella top 10 mondiale dei porti crocieristici, mentre tra i 10 maggiori porti del Mediterraneo ben 5 sono italiani (Civitavecchia, Venezia, Napoli, Livorno e Savona). Un altro argomento molto serio da approfondire è quello dei dragaggi. Si tratta di una sfida di grande rilievo, dalla quale dipende il futuro assetto della logistica nazionale dei porti italiani, che non hanno profondità di fondali tali da poter vincere la concorrenza. Mi rendo conto che la movimentazione dei fondali marini può presentare criticità ambientali e che quindi è indispensabile che i porti vengono sottoposti a indagini ambientali, al fine di indicare opzioni di gestione dei materiali che siano ambientalmente compatibili. Tuttavia il problema del dragaggio dei porti è di vitale importanza per lo sviluppo del settore e per concorrere alla ripresa dell economia paese. Basti pensare che per ospitare le enormi navi che vengono dall Oriente ora abbiamo il solo porto di Gioia Tauro.. 9

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