Rassegna Stampa. Giovedì 20 settembre 2012

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1 Rassegna Stampa Giovedì 20 settembre 2012 Rassegna Stampa realizzata da SIFA Srl Servizi Integrati Finalizzati alle Aziende Milano Via Mameli, 11 Tel Fax

2 Rassegna del 20 settembre 2012 ASL BRESCIA Il Giornale Di Brescia 14 DEMENZA, 15MILA I CASI PER METÀ È ALZHEIMER A.d.m. 3 Il Giornale Di Brescia 14 LA FAMIGLIA E LA DIFFICILE ACCETTAZIONE DELLA MALATTIA 5

3 w Tanterisultanoattualmente le diagnosi nel Bresciano Asl: un percorso certo per tutta la storia del malato LA SFIDA Da un anno un progetto fa comunicare medici di famiglia, specialisti ospedalieri, Usa e cure domicilimi UH Quindicimila persone affette da demenza, di cui oltre la metà con l'alzheimer, 1 dati bresciani riflettono l'andamento della malattia nel mondo occidentale, strettamente legata al fatto che si vive di più. E, dunque, si invecchia di più. In Europa, ad esempio, il nostro Paese è al secondo posto per numero di persone con più di trent'anni affette da demenza. E con l'alzheimer che fa la parte del leone, rappresentando il 54% di tutte le demenze, con una prevalenza del 4,4% in coloro che hanno più di 85 anni. Dati con i quali ci si deve confrontare se - per citare Obama -«fino al 2025 non ci saranno terapìe in grado di guarire l'alzheimer». «Il tempo che ci separa da quell'auspicato traguardo dobbiamo spenderlo a migliorare la qualità della vita delle persone malate, e questo è possibile sia grazie ai farmaci che rallentano il progredire della malattia sia grazie alla diagnosi precoce sulla quale punta la ricerca scientifi ca - spiega il professor Marco Trabucchi, direttore scientifico del Gruppo di Ricerca Geriatrica -, Non solo. Dobbiamo migliorare quella dei famigliari e far sì che gli operatori siano molto preparati». Il «punto» sulla situazione, all'antivigilia della Giornata mondiale dell'alzheimer, è stato fatto in un partecipato convegno dal titolo «Brescia e le demenze: un modello clinico e organizzativo» promosso dall'asl di Brescia, dal Grg, dall'università degli Studi e dall' Ireos Centro San Gio - vanni di Dio Fatebenefratelli. Il «modello» dì cui si è parlato ieri è quello proposto dall'asl dì cui è direttore generale Carmelo Scarsella. E consiste in un «percorso diagnostico terapeutico assistenziale» dedicato a persone con decadimento cognitivo e affette da demenza. «Percorso nato all'interno dell'asl proprio partendo dal presupposto che è possibile curare sempre meglio il paziente benché ad oggi non si disponga do farmaci nuovi - ha spiegato Fausta Podavìtte, direttore del Dipartimento Attività socio-sanitarie integrate deìl'asl -. Si tratta di uno strumento che permette di definire i più significativi passaggi che il malato e la famiglia affrontano, così da migliorare il sistema, ottimizzare e semplificare l'uso delle risorse e ridurre i disagi. Agiscono, pertanto, in modo integrato strutture per le demenze, medici di medicina generale, Unità di continuità assistenziale multidimensionale dell'asl e rete territoriale. Il tutto in un unico piano di intervento nel quale è ben definito "chi da che cosa, come e quando"». Lo scopo è quello ASL BRESCIA Pag. 3

4 di avvicinare gli specialisti ai medici di medicina generale e agli altri operatori della rete, quali ospedali, Rsa e cure domiciliari per condividere non solo obiettivi dì lavoro, ma anche strumenti, dati, modalità operative e progetti, Dunque, l'obiettivo è quello di «non lasciare soli i malati e i famigliari». Quello di «riempire di contenuti» il tempo - non breve - che ci potrebbe separare da una cura che guarisca una malattia che rimette in discussione equilìbri, affetti e relazioni. «Dal momento che la persona con demenza perde progressivamente la sua capacità comunicativa ed "esce" dalla relazione, siamo portati aritenere che, da un certo momento in poi, la comunicazione con lui diventi impossibile» ha detto lo psichiatra Fabrizio Asioli durante il suo contributo al convegno. Dunque, come riuscire ad intendersi con chi non ha più parola, efficacia comunicativa ed un sufficiente funzionamento della mente? «Siamo chiamati a saper accettare la progressiva inutilità delle parole, l'inefficacia del proposito dì "voler educare", dell'intenzionalità di "pretendere" e anche del nostro arrabbiarci. Invece, siamo chiamati ad imparare l'utilità di un rapporto basato suoi suoni, sull'uso delie mani, dei gesti, dell'affettività e della tolleranza. Abilità che, per molti aspetti, ricordano le competenze e le attitudini comunicative di una madre con il suo bimbo pìccolo», a.d.m. ASL BRESCIA Pag. 4

5 La famiglia e la difficile accettazione della malattia «Il primo passaggio che ì famigliari sono chiamati a fare riguarda l'accettazione della malattia con ciò che essa comportai la progressione ineluttabile - anche se non sempre facilmente prevedibile -, la perdita progressiva, la necessità di doversi adattare alle mutate esigenze» ha spiegato Angelo Bianchetti dell'istituto clinico Sant'Anna, intervenendo al convegno sull'alzheimer, «Talvolta la prima reazione è quella della negazione, cioè il rifiuto di credere che sìa vero ciò che sta accadendo al malato e che la diagnosi sia sbagliata. Questa reazione porta il famigliare ad assumere atteggiamenti talvolta duri nei confronti della persona ammalata che viene accusata di fare apposta o di essere diventato cattivo. In questi casi i rapporti diventano difficili e i livelli di sofferenza molto alti. Il ruolo del medico nel far capire con esattezza e con le parole giuste le ragioni dei comportamenti e dei difetti che manifasta l'ammalato, è fondamentale. Con l'accettazione della malattia, nascono nuovi atteggiamenti: la tendenza a considerare il malato incapace di qualsiasi autonomìa o pensiero, cercando di sostituirsi a lui; un atteggiamento che può giungere fino alla negazione dell'ammalato come persona ed alla sua espulsione dal nucleo affettivo della famiglia». ASL BRESCIA Pag. 5

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