Azione di simulazione proposta dai legittimari

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1 IL CASO» Legittimari Azione di simulazione proposta dai legittimari Vincenzo Barba Professore associato di Istituzioni di Diritto privato e di Diritto civile SINTESI a) Il problema degli atti simulati I legittimari possono aver interesse a far pronunziare la simulazione di atti compiuti dal de cuius perché, all esito del vittorioso esperimento dell azione, potrebbero, alternativamente, far accertare che il bene non è mai fuoriuscito dal suo patrimonio, sicché esso concorre a formare il relictum, oppure che il bene ha costituito oggetto di donazione, sicché esso concorre nel donatum. b) Possibili ipotesi di simulazione Occorre distinguere a seconda che il contratto simulato sia un atto di liberalità o un contratto di scambio oneroso e, per ciascuno di questi casi, se la simulazione sia assoluta o relativa. Le conseguenze sono diverse. Nel caso di simulazione assoluta di contratto oneroso, il bene concorre a costituire il relictum. Nel caso di simulazione relativa di contratto oneroso, se il contratto dissimulato non è valido il bene concorre a costituire il relictum, mentre se il contratto dissimulato è valido il bene costituisce donatum. Nel caso di simulazione assoluta di un atto di liberalità, il bene concorre a costituire il relictum. Nel caso di simulazione relativa di atto di liberalità, seil contratto dissimulato non è valido il bene concorrere a costituire relictum, se, invece, è valido il bene non costituisce né donatum né relictum. c) Distinzione degli atti simulati in ragione della loro incidenza sulle diverse operazioni inerenti il calcolo della legittima Esclusa l ipotesi di simulazione relativa di un atto di liberalità che dissimuli un contratto oneroso valido, in tutti gli altri casi il vittorioso esperimento dell azione di simulazione comporta che il bene oggetto dell atto di disposizione deve essere considerato facente parte del relictum odeldonatum. I casi nei quali si constati che il bene concorre a formare la massa dei beni relitti possono, in via stipulativa, essere raccolti sotto l espressione alienazioni simulate. Da queste ipotesi va tenuta distinta quella relativa alla simulazione relativa di contratto di scambio oneroso che dissimuli un atto di liberalità valido, ossia l ipotesi che, in via stipulativa, possiamo denominare liberalità dissimulata. d) I principali problemi dell azione di simulazione proposta dai legittimari I principali problemi che agitano la materia sono due. Un primo, comune sia al caso di alienazioni simulate che al caso di liberalità dissimulata, riguarda la posizione giuridica del legittimario, discutendosi se quegli sia da considerare, rispetto al contratto, terzo o parte. Un secondo è, invece, proprio della liberalità dissimulata: se l azione di simulazione sia consentita al legittimario soltanto nella misura in cui quegli agisca anche domando la riduzione della donazione. Dal primo problema discendono conseguenze importanti non soltanto in tema di prova della simulazione, ma anche in termini di decorrenza del termine di prescrizione dell azione. Dal secondo, invece, conseguenze legate alla legittimazione all azione. Perché se si ipotizza che la simulazione di una liberalità dissimulata è consentita al legittimario soltanto nella misura in cui quegli agisca anche domando la riduzione della donazione, ciò significa che egli, salvo che le donazioni siano state fatte a persone chiamate come coeredi, non potrebbe agire se non avesse accettata l eredità con beneficio d inventario e se la donazione non ledesse la sua quota di legittima. e) I legittimari che agiscono per far accertare la simulazione di un atto compiuto dal de cuius debbono sempre considerarsi terzi Quando il legittimario chiede l accertamento della simulazione di atti compiuti dal de cuius, indipendentemente dal fatto che sia pretermesso o chiamato e, in quest ultimo caso, indipendentemente dal fatto che abbia accettata o no l eredità, fa valere non già un diritto derivato dal defunto, bensì un diritto proprio: quello riconosciuto dalla norma di cui all art. 556 c.c. Il legittimario intende far constatare, giuridicamente, che il bene non è mai fuoriuscito dal patrimonio del de cuius ocheèfuoriuscito per effetto di un atto di liberalità. Domanda, dunque, la formazione della massa o la riunione fittizia delle donazioni contro il de cuius eperl attuazionediun diritto proprio. f) Liberalità dissimulata e azione di riduzione L azione di simulazione non può dipendere da quella di riduzione. Altro è il diritto alla riunione fittizia, ai fini del calcolo della quota di legittima, altro il diritto di riduzione delle donazioni lesive della quota di legittima. Il primo costituisce una delle quattro operazioni necessarie al fine di determinare quali siano la porzione disponibile e indisponibile. Il secondo, invece, è il diritto riconosciuto al legittimario, leso nella propria quota di legittima, ad essere reintegrato nel mal tolto o nel non attribuito. I vantaggi, in termini economici, che dipendono dall uno e dall altro, seppure, spesso sono tra loro correlati, non si pongono in rapporto di esclusività. Famiglia, Persone e Successioni giugno 2010

2 » SOMMARIO 1. Il caso 2. Il problema giuridico 3. Impostazione del problema 4. La c.d. riunione fittizia e il procedimento per il calcolo della legittima 5. Il problema degli atti simulati 6.Gli atti simulati nelle operazioni di calcolo della quota legittima 7.I problemi sull azione di simulazione proposta dai legittimari 8.Se i legittimari, nel caso di alienazioni simulate, siano parti o terzi 9.Se i legittimari, nel caso di liberalità dissimulate, siano parti o terzi 10.Segue: azione di simulazione e azione di riduzione 1. Il caso Il caso trae spunto da una decisione del Tribunale civile di Roma( 1 ) la cui complessità suggerisce un tentativo di esemplificazione dei fatti. Il giorno manca ai vivi Eugenio. Il quale lascia dietro di sé, siccome eredi legittimi, la moglie, Tizia, e i figli Caio, Sempronio, Mevio e Filano. Il relictum che Eugenio lascia è costituito da denaro, che gli eredi dividono subito con scrittura del , e dai seguenti beni immobili: A, B, C, D, E, F, G, H, di cui i beni C, D e G sono in proprietà di Eugenio soltanto per ½, essendo per la restante metà in proprietà della di lui moglie, Tizia. Con atto di divisione del i coeredi liquidano la quota di Filano, attribuendogli la proprietà del bene H. Con ulteriore atto di divisione del i coeredi, dopo aver dato atto della vendita del bene G, attribuiscono a Tizia la proprietà del bene E, nonché l usufrutto sui beni A, B, C, D, mentre attribuiscono a Caio, Sempronio e Mevio la nuda proprietà dei beni A, B, C, D. Ciò con la precisazione che i beni C e D per la metà erano già in proprietà di Tizia, sicché la divisione non ha potuto che riguardare la metà di cui era proprietario Eugenio. Con atto del , Tizia, riservandosi l usufrutto, cede al nipote Calpurnio, figlio di Caio, la nuda proprietà dei beni C e D, ossia la metà della nuda proprietà dei beni C e D di cui ella era già proprietaria. Il giorno manca ai vivi Tizia. La quale lascia dietro di sé, siccome eredi legittimi, i figli Caio, Sempronio, Mevio e Filano. Promuove il giudizio che mette capo alla sentenza in commento Filano. Il quale assume che la divisione del e il successivo atto compiuto da Tizia a favore di Calpurnio il costituiscono donazioni lesive della quota di legittima. In particolare, Filano rileva che la divisione del ha avuto, quale unico fine, quello di escludere Tizia dalla comproprietà dei beni ereditari di Eugenio e, per l effetto, dalla successione della medesima Tizia. Ancora, osserva Filano, l atto di vendita compiuto da Tizia a vantaggio del nipote, Calpurnio, dissimula, in realtà, una donazione, non esistendo, per altro, alcun riscontro dell esercizio del diritto di usufrutto che la medesima si è riservata. Il Tribunale di Roma, prescindendo, per l innanzi dalle fondate ragioni teoriche che lo hanno indotto a questa importante decisione, ha accolto la domanda di Filano. In particolare, quanto alla divisione e quanto alla donazione osserva quanto appresso. «La divisone, atto diretto nel suo scopo tipico a far pervenire nel patrimonio personale di ciascuno dei compartecipi, beni di valore pari alla quota astratta di ciascuno, è stata utilizzata, nel caso di specie, per realizzare un fine di liberalità nei confronti degli altri condivendi. L oggetto di tale liberalità va identificato nella differenza fra il valore della quota astratta ed il valore della porzione concreta ricevuta dalla disponente». Con riguardo alla vendita osserva: «l atto è stato posto in essere subito dopo la divisione e, in assenza di elementi che possano giustificare diversamente l operazione, rappresenta il logico sviluppo del medesimo progetto, solo in parte realizzato con il primo negozio, nel quale non potevano essere coinvolti i diritti [...] [ di Tizia] non provenienti dalla successione del coniuge». Riconosciuto il carattere simulato della divisione del e della vendita del , ai fini del calcolo della quota di riserva dovuta ai legittimari di Tizia, occorre includere, nei beni relitti, anche quelli, simulatamente, fuoriusciti dal di lei patrimonio, dapprima con l atto di divisione, ossia i beni A, B, C nella misura di ½, D nella misura di ½ e, successivamente con l atto di vendita, le restanti metà dei beni C e D. 2. Il problema giuridico Con la sentenza in parola, il Tribunale di Roma, non condividendo il tralatizio orientamento della Suprema Corte di Cassazione, ha consentito al legittimario Filano di offrire la prova del carattere simulato della divisione e della vendita, anche mediante il ricorso a presunzioni. Sebbene fosse inammissibile l azione di riduzione proposta da Filano contro il donatario, Calpurnio, per non aver il primo accettato l eredità con beneficio d inventario. Il problema giuridico che agita la pagina della decisione del Tribunale romano è duplice: da un lato, quello della legittimazione attiva del legittimario a far accertare il carattere simulato di taluni atti di disposizione compiuti da de cuius; dall altro, quello relativo alla qualità, di terzo o di parte, da riconoscere al legittimario. La questione trova un importante referente normativo nella disciplina di cui al 1º co. dell art. 564 c.c., a mente del quale: «Il legittimario che non ha accettato l eredità col beneficio d inventario non può chiedere la riduzione delle donazioni e dei legati, salvo che le donazioni e i legati siano fatte a persone chiamate come coeredi, ancorché abbiano rinunziato all eredità». La materia è stata oggetto di importanti decisioni della Suprema Corte di Cassazione, le quali hanno, acriticamente, risolto il problema in questi termini: «L esperimento dell azione di simulazione da parte degli eredi, relativamente ad un negozio apparentemente oneroso compiuto dal de cuius, preordinato al successivo eventuale esercizio dell azione di riduzione e diretto contro persone estranee all eredità, non è condizionato all accettazione con beneficio d inventario nei soli casi in cui venga in questione la simulazione assoluta di un negozio giuridico o in cui, pur prospettandosi la simulazione come relativa, il negozio dissimulato sia nullo per vizio di forma o per incapacità di uno dei soggetti o per altra causa, non potendo in tali casi ( 1 ) Sentenza del Trib. Roma, sez. VIII, decisa il , Pres. C. Santamaria, componente Dott. Paolo D Avino, Rel. Dott. Giuseppe Tedesco. Massima non ufficiale a cura dell estensore: «L azione volta a far valere la simulazione di un contratto compiuto dal de cuius può essere proposta dai legittimari, ancorché non abbiano accettato l eredità con il beneficio d inventario, non soltanto nel caso di simulazione relativa che dissimuli una liberalità nulla, ma anche in tutti i casi in cui ciò serva per una finalità di calcolo». giugno Famiglia, Persone e Successioni 6

3 negarsi l interesse del legittimario a fare accertare, indipendentemente dall azione di riduzione, l intervenuta simulazione e cioè l inesistenza dell apparente negozio giuridico posto in essere dal de cuius; viceversa, allorquando sia stato impugnato un negozio oneroso, siccome dissimulante una donazione, essendo il negozio dissimulato rivestito della forma prescritta, l azione di simulazione è in funzione unicamente dell azione di riduzione e perciò in tanto può essere proponibile, in quanto sussista il presupposto cui è condizionata la proposizione della seconda, e cioè l accettazione con beneficio d inventario»( 2 ). 3. Impostazione del problema Il nodo principale attorno al quale ruota la decisione del caso che ci occupa attiene, più generalmente, la tutela dei legittimari e il calcolo della legittima. Il quale, come è noto, a sensi dell art. 556 c.c. e 564, 2º co., c.c., impone il compimento di quattro distinte operazioni: la formazione della massa dei beni relitti; la detrazione dei debiti; la riunione fittizia e la imputazione delle liberalità in conto o sostitutive della legittima( 3 ). La questione degli atti simulati che il de cuius abbia, eventualmente, compiuto durante la sua vita, contrariamente a ciò che si possa, a prima vista, pensare, tocca tanto la prima quanto la terza delle predette operazioni. Ma procediamo con ordine e tentiamo, anche al fine di conservare chiarezza di pensiero, di muovere, seppur per brevi e sommari cenni, da un inquadramento della materia. Il capo X del libro II del Codice civile è dedicato ai legittimari. Esso contiene un complesso di regole, con le quali il legislatore, indipendentemente dal fatto che la successione sia legittima o testamentaria, appresta una disciplina di tutela a favore dei legittimari: il coniuge, i figli e gli ascendenti dell ereditando. Ai quali riserva, in caso di successione testamentaria, anche contro le disposizioni contenute nel testamento, e in caso di successione legittima, indipendentemente da quale sia la consistenza del patrimonio relitto dell ereditando, il diritto a succedere in una certa determinata quota astratta del patrimonio del de cuius, rispetto alla quale quest ultimo non può imporre né pesi né condizioni di sorta( 4 ). L esercizio di tale diritto impone, però, al legittimario, il quale assuma di essere leso, di agire in c.d. riduzione. Ossia di promuovere un giudizio volto ad accertare di non aver ricevuto quanto gli sarebbe spettato a sensi della evocata disciplina. Sia o no chiamato alla successione, il legittimario ha azione per far accertare la sua pretermissione o la sua lesione e il diritto a essere reintegrato nel non attribuito o nel mal tolto. Tutto ciò con l ovvia precisazione che quella dei legittimari è un azione che il legislatore rimette alla loro piena disponibilità. Essendo costoro non soltanto liberi di avviare o no l azione, ma anche di rinunciarvi espressamente, sempreché la rinunzia sia successiva al tempo dell apertura della successione. Di là delle tecnicità giuridiche alle quali è consentito al legittimario di far valere il proprio diritto alla quota di riserva, è fin troppo ovvio che un momento determinante di tutta quanta la disciplina attiene alla fase quantitativa. Ossia a quel procedimento giuridico che il legislatore descrive e impone al fine di determinare quale sia, in concreto, la quota di riserva riconosciuta al legittimario e, per converso, la c.d. quota disponibile, ossia la quota di cui l ereditando può liberamente disporre senza il pesante lacciuolo costituito dalla riserva. Il procedimento volto a concretizzare la misura della quota astratta riservata ai legittimari, ossia il procedimento volto a determinare la consistenza economica che deve costituire la base cui applicare le quote ideali, è noto con il nome di riunione fittizia. ( 2 ) Così Cass., , n , in Gius, 2003, 2823 e in Arch. civ., 2004, 560. Nello stesso senso, Cass., , n. 6315, in Arch. civ., 2004, 283, «L esperimento dell azione di simulazione da parte dell erede nei confronti di soggetti estranei alla comunione ereditaria, per far valere la simulazione assoluta di un negozio posto in essere dal de cuius, ovvero per far valere la simulazione relativa allorché il negozio dissimulato sia affetto da nullità assoluta per mancanza della forma prescritta, non è condizionato all accettazione dell eredità con beneficio d inventario, richiesta dall art. 564 c.c. per le azioni di riduzione. In tali casi, infatti, sussiste l interesse del legittimario a far accertare, indipendentemente dall azione di riduzione, l inesistenza del negozio giuridico meramente apparente posto in essere dal dante causa, spettando ad esso le stesse azioni che sarebbero spettate al de cuius, che ben avrebbe potuto in vita far valere la simulazione assoluta, ovvero la nullità assoluta del negozio dissimulato per carenza della prescritta forma. Viceversa, allorquando l erede intenda far valere la simulazione relativa e l atto dissimulato lesivo della sua quota di legittima abbia tutti i requisiti di validità (come nell ipotesi di donazione dissimulata), l azione di simulazione è in funzione unicamente dell azione di riduzione ex art. 564 c.c. e non può che soggiacere alle condizioni in detta norma previste per questa azione; perciò in tanto può essere proponibile, in quanto sussista il presupposto cui è condizionata la proposizione della seconda e cioè l accettazione con beneficio d inventario»; Cass., , n. 2294, in Corriere giur., 1996, 1279 nota di Gasparini, «L esperimento dell azione di simulazione da parte degli eredi, relativamente ad un negozio apparentemente oneroso compiuto dal de cuius, preordinato al successivo eventuale esercizio dell azione di riduzione e diretto contro persone estranee all eredità non è condizionato all accettazione con beneficio d inventario nei soli casi in cui venga in questione la simulazione assoluta di un negozio giuridico o in cui, pur prospettandosi la simulazione come relativa, il negozio dissimulato sia nullo per vizio di forma o per incapacità di uno dei soggetti o per altra causa, non può in tali casi negarsi l interesse del legittimario a fare accertare, indipendentemente dall azione di riduzione, l intervenuta simulazione e cioè l inesistenza dell apparente negozio giuridico posto in essere dal de cuius. Viceversa, allorquando sia stato impugnato un negozio oneroso siccome dissimulante una donazione, essendo il negozio dissimulato rivestito della forma prescritta, l azione di simulazione è in funzione unicamente dell azione di riduzione e perciò in tanto può essere proponibile, in quanto sussista il presupposto cui è condizionata la proposizione della seconda e cioè l accettazione con beneficio d inventario». Nella giurisprudenza di merito: Trib. Catania, , in Dir. famiglia, 2001, 1509, «In tutti i casi in cui il legittimario agisca per la reintegrazione della quota a lui riservata, egli riveste la qualità di terzo ai fini della prova della simulazione degli atti dispositivi posti in essere dal de cuius, sia che l integrazione della quota riservata sia perseguita solo con l azione di riduzione, sia che l integrazione sia perseguita con gli altri rimedi apprestati dalla legge, quale la domanda di simulazione assoluta o relativa congiunta con la domanda di nullità della donazione dissimulata per difetto di forma. La proposizione congiunta della domanda di simulazione e della domanda di riduzione è, invece, necessaria, per avvalersi delle agevolazioni probatorie di cui all art c.c., nell ipotesi in cui non venga dedotta l invalidità del negozio dissimulato, poiché in tal caso non è sufficiente esperire l azione di simulazione: esistono, infatti profonde differenze tra l azione di riduzione e l azione di simulazione concernente la vendita effettuata dal de cuius proposta dall erede alfine di acquisire al patrimonio ereditario il bene venduto (e addivenire, quindi, alla collazione), per cui non può ritenersi che, promossa dall erede azione di simulazione, debba necessariamente considerarsi proposta l azione di riduzione». ( 3 ) In questo senso, MENGONI, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria, in Tratt. Cicu e Messineo, continuato da Mengoni, 4ª ed., XLIII, 2, Milano, 2000, 175 ss. Indicava la sussistenza di queste quattro operazioni già COVIELLO, Successione legittima e necessaria, Milano, 1937, 349. Ora anche CASULLI, Successioni (diritto civile): successione necessaria, innoviss. Dig. It., XVIII, Torino, 1971, 800, A. PALAZZO, Le successioni, I, Introduzione al diritto successorio. Istituti comuni alle categorie successorie. Successione legale, in Tratt. Iudica e Zatti, 2ª ed., Milano, 2000, 525 ss. e BONILINI, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, 4ª ed., Torino, 2006, 142 ss. Contrario sembrerebbe CICU, Successione legittima e dei legittimari, 2ª ed., Milano, 1943, 265, il quale si concentra soltanto sulle prime tre operazioni. ( 4 ) Vale la pena segnalare il dibattito in ordine alla sorte della disposizione con la quale il testatore imponga sulla quota di legittima pesi o condizioni. Ci si chiede se si tratti di una nullità che, in quanto tale, opera di diritto e la sentenza che definisce la questione è di mero accertamento o se si tratti di una mera inefficacia relativa che, in quanto tale, non può essere rilevata d ufficio e deve essere pronunciata a seguito di apposita eccezione sollevata da parte del legittimario. Per una sintesi CASULLI, Successioni (diritto civile): successione necessaria, cit., 800. Famiglia, Persone e Successioni giugno 2010

4 Espressione con la quale, in via di sintesi, si raccolgono le prime tre operazioni indicate nell apertura del paragrafo. Le quali, insieme alla quarta, costituiscono il più ampio procedimento per il calcolo della legittima. Al riguardo, un osservazione ci par d obbligo. Tali operazioni, prima che esprimere un mero calcolo quantitativo, costituiscono un vero e proprio procedimento giuridico. Il quale è retto da norme giuridiche. Ciò implica che se l interprete nell eseguire le predette operazioni non rispettasse esattamente tali regole, egli avrebbe commesso una violazione di legge. La quale risulterebbe censurabile anche in sede di legittimità, deducendo la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ossia delle norme sulla riunione fittizia e sulla imputazione delle liberalità in conto o sostitutive di legittima. 4. La c.d. riunione fittizia e il procedimento per il calcolo della legittima Il procedimento per il calcolo della legittima( 5 ) si articola in quattro distinte operazioni. Le prime tre delle quali, ellitticamente, prendono il nome di riunione fittizia. Dapprima occorre formare la massa dei beni relitti. Per compiere questa prima operazione, al criterio dell art. 556 c.c., il quale impone di considerare «tutti i beni che appartenevano al defunto al tempo della morte», deve aggiungersene uno ulteriore. Non basta, perché si possano considerare facenti parte del relictum, che i beni appartenevano al defunto al tempo della sua morte, ma è, altresì, necessario che essi siano suscettibili di formare la di lui eredità, ossia che essi siano trasferibili mortis causa( 6 ). Individuato, sulla base di due menzionati criteri, ciò che costituisce la massa dei beni relitti, occorre stimare il valore di ciascun bene, attualizzandolo al tempo della apertura della successione. Si ottiene, così, un primo valore numerico. Si procede, quindi, alla seconda operazione: la detrazione dei debiti. Al valore numerico ottenuto all esito della prima operazione, occorre sottrarre i debiti che costituiscono il passivo ereditario, ossia i debiti propri dell ereditando e i debiti sorti in conseguenza della sua morte( 7 ). Tutto ciò con l avvertenza che il risultato di questo calcolo non può mai dare un esito negativo, ma soltanto uno positivo( 8 ). Con la conseguenza pratica che se i debiti ereditari fossero ( 5 ) Osserva CICU, Successione legittima e dei legittimari, cit., 268 s. che le predette operazioni non sono volte a calcolare la quota disponibile, trattandosi di operazioni destinate a determinare la quota di riserva. Per avvedersene l A. usa un esempio in cui il passivo ereditario è maggiore dell attivo. Se il relictum fosse 50, i debiti 100 e il donatum 50, il montante su cui calcolare la quota di riserva sarebbe 50. Supponendo che la quota di riserva fosse pari ½, essa varrebbe 25. Ma se 25 è la quota di riserva, non si comprende, secondo l A.- perché non esista anche un 25 di quota disponibile. La riunione fittizia «è destinata unicamente a determinare la legittima: poiché è questo soltanto che interessa nella disciplina della successione necessaria. Orbene, nel primo esempio la postdeduzione dei debiti darebbe legittima zero, e non si comprende perché dovrebbe invece essere di 25. [...] Non è quindi esatto che la postdeduzione torni a danno del donatario, facendo gravare su di lui i debiti. È vero invece il contrario: il donatario se ne avvantaggerebbe. La ragione della postdeduzione è da ricercare nel principio per cui, gravando il passivo ereditario soltanto sul relictum, e non anche sul donatum (perché questo non rientra nella massa ereditaria), quando il passivo assorbe completamente l attivo, di attivo su cui determinare la legittima non resta che il donatum. Riprendendo il primo esempio: determinata la quota di legittima in 25, il legittimario avrà diritto di conseguirla agendo in riduzione contro il donatario. Ma non vi è una disponibile di 25 come disponibile mortis causa: l istituito erede non può agire in riduzione; a lui non è garantito un utile netto». Ci pare che l osservazione dell A. non colga nel segno. Non è, infatti, peregrino affermare che sul montante, ottenuto compiendo le descritte operazioni, sia possibile calcolare oltre alla quota di legittima anche quella disponibile. La circostanza che non vi sia il relictum, non esclude che, in presenza di donazioni, si possa parlare anche di quota disponibile. E, anzi, soltanto se consideriamo quale sia la quota disponibile è possibile far salva, almeno parzialmente, la donazione compiuta dal de cuius in vita a favore del non legittimario. Essa, infatti, sarà salva nella misura in cui sia compresa nel valore della quota disponibile, ossia quel valore di cui l ereditando poteva liberamente disporre. Per la parte eccedente, invece, ossia per la parte che non rientra più nella quota disponibile sarà soggetta a riduzione da parte del legittimario leso. Diverso, invece, e convincente il discorso dell A. nella parte in cui ha cura di precisare che il legislatore riserva al legittimario una certa quota, la quale non è, necessariamente, un utile netto. Perché potrebbe anche darsi il caso che il legittimario, il quale agisca vittoriosamente in riduzione sia poi costretto a usare il bene o il valore del bene conseguito per colmare i debiti ereditari. Né a ciò osta il rilievo che il de cuius non può imporre pesi o condizioni alla quota di riserva. Non essendo l esistenza di un debito configurabile come peso o condizione sulla quota di riserva. ( 6 ) Ciò spiega perché non concorrono a formare il relictum i diritti reali o personali di godimento a carattere strettamente personale, ossia quei diritti che si estinguono per effetto della morte del titolare. È il caso del diritto di uso o di abitazione o quello del diritto di usufrutto, se la durata dell usufrutto era commisurata alla vita dell ereditando. Ciò spiega, altresì, perché sono esclusi dal reclictum tutti i beni che formano l eredità del de cuius, ma che nondimeno non sono mai appartenuti al defunto e si sono costituiti al tempo della sua morte; così come i diritti acquistati dagli eredi a titolo originario in occasione della morte del de cuius, quali, a esempio, il risarcimento del danno dall autore del fatto illecito che abbia causata la morte dell ereditando, il diritto spettante all erede beneficiario di un assicurazione sulla vita stipulata dal de cuius o l indennità che spetta ai superstiti in caso di morte del prestatore di lavoro. Si considerano facenti parte della massa i beni alienati sotto condizione sospensiva e acquistati sotto condizione risolutiva, ove la condizione non sia ancora avverata, mentre sono esclusi beni alienati sotto condizione risolutiva e acquistati sotto condizione sospensiva, ove la condizione non siasi verificata. Tutto ciò con l intesa che il successivo avveramento della condizione determina l esigenza di una rettifica. Per tutti si legga MENGONI, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria, cit., Per una sintesi CATTANEO, La vocazione necessaria e la vocazione legittima, in AA. VV., Tratt. Rescigno, V, Successioni, 1, 2ª ed., Torino, 1997, 448 s. Chiaramente, BONILINI, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, cit., 143. ( 7 ) Ovvio che i legati obbligatori non costituiscono passivo ereditario, dal momento che si tratta di debiti che gravano non sull eredità, bensì sugli eredi. Non vanno considerati nel passivo ereditari neppure i debiti prescritti e le obbligazioni naturali, mentre i debiti condizionali si considerano se la condizione sia risolutiva mentre non si considerano se la condizione sia sospensiva. Salvo, all eventuale verificazione del fatto dedotto in condizione, operare i necessari adattamenti. Più controversa, invece, la questione inerente i debiti in solido. Ma la migliore dottrina sostiene la necessità di un accantonamento per l intero, salvo, all esito della fruttuosa azione di regresso, i necessari adattamenti. Per tutti si legga MENGONI, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria, cit., Per una sintesi CATTANEO, La vocazione necessaria e la vocazione legittima, cit., 449. ( 8 ) In questo senso chiaramente già COVIELLO, Successione legittima e necessaria, cit., 351, il quale evidenzia la differenza della scelta del legislatore italiano, rispetto a quella del legislatore francese. Quest ultimo, infatti stabilisce che prima bisogna valutare i beni lasciati, poi aggiungere il valore dei beni donati e, in ultimo, sottrarre i debiti. Nel nostro codice, invece, i debiti si sottraggono al relictum e non anche al donatum, il quale va aggiunto dopo, essendo non la seconda, ma la terza operazione del calcolo. «Nel caso in cui l attivo supera il passivo le conseguenze sono identiche, non così se l attivo è inferiore al passivo. Perché se i debiti si sottraggono non già dall attivo lasciato dal defunto, ma dalla massa risultante dei beni lasciati più quelli donati, deriva una conseguenza disastrosa per i donatari, in quanto essi verrebbero così a subire indirettamente il peso dei debiti, che invece non sopportano quando l ammontare dei debiti si sottrae dall attivo». Così anche MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, VI, 9ª ed.,milano, 1962, 323 e CICU, Successione legittima e dei legittimari, cit., 267 ss. Diversamente, PIRAS, La successione per causa di morte. Parte generale. La successione necessaria, intratt. Grosso e Santoro- Passarelli, II, 3, Milano, 1965, 247, non sembra porsi il problema. Si legge, infatti, «sommando le due voci [donatum e relictum] e depurato, sempre in sede di calcolo astratto, il compendio patrimoniale dei debiti ereditari ed imputando ad esso, mediante la relativa sottrazione, il valore dei beni donati o lasciati dal de cuius in vita o mediante disposizioni testamentarie al legittimario od ai legittimari che agiscano in «riduzione», si ha la possibilità di determinare la consistenza della quota indisponibile e della quota disponibile». giugno Famiglia, Persone e Successioni 6

5 maggiori del relictum, nondimeno il risultato della sottrazione non potrebbe che essere zero. Così, se il relictum fosse 50 e il debitum 100, la sottrazione del secondo al primo dovrebbe dare come risultato non già - 50, bensì 0. Ottenuto tale valore, si procede, quindi, alla terza operazione: la riunione fittizia delle donazioni. La quale, come emerge chiaramente dal nome con cui il legislatore la designa, è, soltanto, un operazione aritmetica, che non pregiudica né validità, né efficacia delle liberalità e concorre soltanto nel calcolo numerico della quota di legittima. Al valore ottenuto della sottrazione del debitum dal relictum, occorre sommare il valore del c.d. donatum. Valore che deve essere stimato secondo i criteri segnati nelle norme di cui agli artt. da 747 a 750 c.c., e che concerne tutti gli atti di liberalità( 9 ) che l ereditando abbia compiuto durante tutta la sua vita( 10 ), indipendentemente dal soggetto beneficiario, indipendentemente dalla eventuale dispensa da imputazione o da collazione, indipendentemente dal tempo in cui la liberalità è stata compiuta. Infine, compiuta la riunione fittizia, ai fini di determinare la quota di legittima spettante a ciascun legittimario, occorre compiere un ultima operazione: la imputazione delle liberalità in conto o sostitutive di legittima. Eventuali atti di liberalità che l ereditando abbia compiuto a favore di legittimari, senza dispensarli da imputazione o da collazione, ovverosia tutte le liberalità in conto di legittima o sostitutive della legittima, debbono essere computate alla quota di riserva di ciascuno, fino alla concorrenza delle quote individuali di ciascun legittimario. Sarebbe a dire che la quota di riserva di ciascun legittimario andrà sì commisurata al valore dei beni ottenuto secondo il procedimento della riunione fittizia, ma dovrà considerare tutte le liberalità che il legittimario abbia ricevute da parte dell ereditando. Così, se l ereditando abbia donato a un proprio figlio, senza dispensarlo da imputazione, un bene del valore di 50, di tale valore si dovrà tener conto al fine di determinare la di lui quota di legittima. Se, per ipotesi, il valore complessivo dell eredità, a norma dell art. 556 c.c., fosse pari a 300 e il figlio concorresse con altri due figli, la quota di riserva spettante a ciascuno sarebbe pari a 2/9 dell asse ereditario, ossia di 300. Nei 2/9 spettanti al figlio beneficiato dalla donazione, dovrà, però, tenersi conto di ciò che quegli abbia ricevuto per donazione. 5. Il problema degli atti simulati Può accadere che durante la propria vita l ereditando abbia posto in essere contratti simulati, ossia contratti con i quali abbia finto il verificarsi di una certa vicenda di rapporto giuridico, che era intesa delle parti che non si verificasse o che si verificasse in termini diversi. In materia successoria il problema acquista particolare rilevanza quando vi sia la dissimulazione di un contratto di donazione attraverso la simulazione di un contratto di scambio oneroso o, seppur l ipotesi è rara, non studiata e particolare, nel caso in cui vi sia la dissimulazione di un contratto oneroso attraverso la simulazione di una liberalità. I legittimari possono aver interesse a far pronunziare la simulazione del contratto, dal momento che, all esito del vittorioso esperimento dell azione, potrebbero, alternativamente, far accertare che il bene non sia mai fuoriuscito dal patrimonio del de cuius, sicché esso costituisce relictum, oppure che quel bene ha costituito oggetto di donazione, sicché esso costituisce donatum. Nell uno, come nell altro caso i vantaggi per i legittimari sono evidenti: si aumenta il valore aritmetico frutto della riunione fittizia( 11 ). Distinzioni si impongono, però, siccome necessarie. Intanto bisogna distinguere a seconda che il contratto simulato sia un atto di liberalità o un contratto di scambio oneroso. Ciò, soltanto, non basta. Perché bisogna, ulteriormente, distinguere a seconda che la simulazione sia assoluta o relativa, dacché nel primo caso la vicenda di rapporto giuridico che le parti fanno apparir essersi verificata, non si è, in verità, mai realizzata; mentre nel secondo si è verificata una vicenda di rapporto giuridico diversa da quella che le parti hanno fatto apparire. È indispensabile, allora, combinare le due classi di ipotesi e analizzare i quattro diversi casi che esse generano. Muoviamo dal caso, più classico, di simulazione di contratto di scambio oneroso. La simulazione può essere assoluta o relativa. Se la simulazione fosse assoluta, ciò starebbe a significare che l effetto proprio del contratto di scambio oneroso non si è mai realizzato e, quindi, il bene, non essendo mai fuoriuscito dal patrimonio del de cuius, concorre a costituire il relictum. Diversamente, se la simulazione fosse relativa, ciò starebbe a significare che le parti hanno inteso realizzare l effetto di un diverso contratto. Il quale, avrebbe rilevanza nel diritto successorio nella misura in cui le parti avessero dissimulato un atto di liberalità. A questo punto, però, il discorso è costretto a un alternativa. Se le parti hanno simulato un contratto di scambio oneroso, dissimulando un atto di liberalità, occorre indagare se il contratto apparente abbia i requisiti di sostanza e di forma del contratto dissimulato. Perché sol in tal caso l ultimo ha effetto tra le parti. ( 9 ) Quanto alle liberalità di cui deve tenersi conto ai fini della riunione fittizia, secondo MENGONI, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria, cit., 195 ss., trovano applicazione le norme di cui agli artt. da 741 a 745 c.c. L A. argomenta la coincidenza di disciplina dell oggetto della riunione fittizia e della collazione dal rinvio operato dall art. 564 c.c. in tema di imputazione ex se e dalla norma di cui all art. 809, 2º co., c.c. In conseguenza sarebbero soggette a riunione fittizia tutte le liberalità che sono anche oggetto di collazione. In ogni caso, sono soggetti a riunione fittizia tutti gli atti di liberalità, indipendentemente dal soggetto beneficiario e dalla sua qualità. Precisa TATA- RANO, La successione necessaria, inaa.vv., Diritto delle successioni acura di Calvo e Perlingieri, Napoli, 2008, 1, 493, che le donazioni debbono essere computate al valore che i beni hanno al momento della apertura della successione «secondo la consistenza oggettiva che i cespiti avevano al momento in cui sono usciti dal patrimonio del donante, dovendo eventuali accessioni o miglioramenti o incrementi andare a vantaggio del donatario, a meno che non se ne dimostri la riconducibilità al de cuius, dovendosi allora considerare gli stessi quali donazioni indirette, soggetteariunionefittizia».sirinviaallatrattazionedell A.perl esame di problemi più dettagliati, quali la riunione fittizia di donazione di partecipazioni sociali, di donazione indiretta, di donazione mista, di donazione modale, di donazione con riserva di usufrutto, dell atto di fondazione e dei cc.dd. negozi trans mortem. ( 10 ) Problematico stabilire se siano soggette a riunione fittizia anche le donazioni di danaro. Sul problema sia consento il rinvio a L. MENGONI, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria, cit., ( 11 ) Il caso non si trova esaminato nelle trattazioni, pur monografiche, di PIRAS, La successione per causa di morte. Parte generale. La successione necessaria, cit. e di PORCELLA, La tutela dei legittimari, Milano, 1969, né nella voce dedicata proprio alla disciplina della riunione fittizia di CASULLI, Riunione fittizia, in Noviss. Dig. It., XVI, Torino, 1969, 212 ss. Famiglia, Persone e Successioni giugno 2010

6 Se le parti hanno simulato un contratto di scambio oneroso, dissimulandounattodiliberalitàe quest ultima non sia valida, il bene non è mai fuoriuscito dal patrimonio del de cuius, sicché esso costituisce relictum. L ipotesi, quindi, va accomunata a quella della simulazione assoluta di contratto di scambio oneroso. Diversamente, se le parti hanno simulato un contratto di scambio oneroso, dissimulando un atto di liberalità e quest ultima sia valida, il bene è sì fuoriuscito dal patrimonio del de cuius, ma in forza di un atto di liberalità, sicché esso costituisce donatum. Veniamo alla seconda e meno consueta combinazione: la simulazione di un atto di liberalità( 12 ). Anche in tale ipotesi, la simulazione può essere assoluta o relativa. Se la simulazione fosse assoluta, ciò starebbe a significare che l effetto proprio dell atto di liberalità non si è mai realizzato e, quindi, il bene non essendo mai fuoriuscito dal patrimonio del de cuius, concorre a costituire il relictum. Il che non è irrilevante, anche se non sempre vantaggioso per il legittimario. Se non si accertasse la simulazione, trattandosi di atto di liberalità, esso concorrerebbe, nondimeno, a formare il donatum. Ma, ben diverse possono essere le conseguenze pratiche che si determinano a seconda che il bene sia considerato relictum o donatum. Perché significa che la sua considerazione incide sulla prima o sulla terza operazione del calcolo della quota di legittima. Supponiamo l esistenza di una simulazione assoluta di un atto di liberalità il cui bene ha un valore di 100. Supponiamo che Tizio, mancando a vivi, lasci un relictum pari a 50 e un debitum pari a 100. Se non si facesse accertare la simulazione dell atto di liberalità, la riunione fittizia condurrebbe a questo risultato: relictum 50 debitum donatum 100 = 100 (perché relictum 50 debitum 100 non può dare un risultato negativo e, in conseguenza, il risultato deve essere 0). Viceversa, se si facesse accertare la simulazione dell atto di liberalità, la riunione fittizia condurrebbe a questo risultato: relictum 150 debitum donatum 0 = 50. Come a dire, che in questo singolare e scolastico caso preso a mo d esempio, l esistenza di un passivo ereditario maggiore del valore della massa dei beni relitti, dovrebbe suggerire ai legittimari di non far accertare la simulazione, perché, per loro, potrebbe essere più vantaggioso lasciare il prevalere dell apparenza giuridica sul valere della realtà giuridica. Né, in tale caso, potrebbe avere interesse a far accertare la simulazione assoluta dell atto il beneficiario della liberalità. Il quale, dall accertamento risulterebbe, senz altro, pregiudicato, accertandosi il suo mancato acquisto del bene. Diversamente, se la simulazione fosse relativa, ciò starebbe a significare che le parti hanno inteso realizzare l effetto di un diverso contratto, ossia di un contratto oneroso. Anche in tale eventualità il discorso è costretto all alternativa legata alla sussistenza in capo al contratto simulato dei requisiti di sostanza e di forma del contratto dissimulato. Se le parti hanno simulato un atto di liberalità, dissimulando un contratto di scambio oneroso, e quest ultimo non fosse valido, il bene non sarebbe mai fuoriuscito dal patrimonio del de cuius, sicché esso concorrerebbe a costituire relictum. L ipotesi, quindi, va accomunata a quella della simulazione assoluta di contratto di scambio oneroso e a quella di simulazione relativa di contratto di scambio oneroso in cui il contratto dissimulato sia nullo. Ma, anche in questo caso, al pari del precedente (simulazione assoluta di atto di liberalità) l esistenza di un passivo ereditario maggiore del valore della massa dei beni relitti, potrebbe suggerire ai legittimari di non far accertare la simulazione, perché, per loro, potrebbe essere più vantaggioso lasciare il prevalere dell apparenza giuridica sul valere della realtà giuridica. Viceversa, se le parti hanno simulato un atto di liberalità, dissimulando un contratto di scambio oneroso, e quest ultimo fosse valido, il bene sarebbe fuoriuscito dal patrimonio del de cuius, ed esso non costituirebbe neppure donatum. In tale caso, quindi, non sarebbero i legittimari ad aver interesse a far accertare la simulazione relativa, dalla quale sarebbero, anzi, pregiudicati, perché in difetto il bene sarebbe, almeno considerato nel donatum, bensì proprio la parte che abbia acquistato. La quale, ove facesse accertare la simulazione, riuscirebbe a rendere, certamente, inattaccabile tale atto da parte dei legittimari, che non potrebbero vantare, rispetto a esso, alcuna pretesa. 6. Gli atti simulati nelle operazioni di calcolo della quota legittima L indagine svolta sui contratti simulati conclusi dal de cuius durante la sua esistenza in vita ci ha indotto a distinguere numerose ipotesi. La simulazione assoluta di contratto di scambio oneroso; la simulazione relativa di contratto di scambio oneroso che dissimuli un atto di liberalità nullo; la simulazione relativa di contratto di scambio oneroso che dissimuli un atto di liberalità valido; la simulazione assoluta di un atto di liberalità; la simulazione relativa di un atto di liberalità che dissimuli un contratto di scambio oneroso nullo; la simulazione relativa di un atto di liberalità che dissimuli un contratto di scambio oneroso valido. Volendo verificare quali siano i poteri e le facoltà dei legittimari nel far accertare la simulazione dei predetti contratti, ossia quale sia il regime di disciplina che debba essere loro applicato, occorre compiere un tentativo ordinante. Il quale unico possibile, anche in ragione delle finalità dell indagine, ci pare debba essere quello che trovi il proprio orizzonte nella incidenza del vittorioso esperimento dell azione di simulazione su taluna delle quattro operazioni in cui consta il procedimento di calcolo della quota legittima. L indagine si restringe, inevitabilmente, alla prima e alla terza: ossia la formazione della massa dei beni relitti e la riunione fittizia delle donazioni. Perché all esito dell esperimento della azione di simulazione potrebbe accertarsi o che il bene costituisca relictum o che il bene costituisca donatum( 13 ). Bisogna subito escludere, tra tutte quelle ipotizzate, l unica ipotesi in cui i legittimari non hanno alcun interesse all accertamento della simulazione, essendo ciò, non soltanto irrilevante, ( 12 ) L ipotesi non risulta esser stata presa in considerazione da parte della dottrina. La quale si è interrogata soltanto della sorte della simulazione di un atto oneroso che dissimuli una donazione. ( 13 )F.S. AZZARITI, MARTINEZ, GIU. AZZARITI, Successioni per causa di morte e donazione, 6ª ed., Padova, 1973, c 264, chiaramente propongono la distinzione tra alienazioni simulate e liberalità dissimulate in ragione dell incidenza del vittorioso esperimento dell azione di simulazione sulla prima o sulla terza operazione di calcolo della legittima. giugno Famiglia, Persone e Successioni 6

7 ma addirittura dannoso per costoro: la simulazione relativa di un atto di liberalità che dissimuli un contratto di scambio oneroso valido. In tale caso gli unici interessati all accertamento della simulazione non sono i legittimari, in quanto tali, bensì il soggetto che abbia acquistato il bene per effetto dell atto di liberalità simulato. Esclusa questa ipotesi è necessario ordinare insieme le ipotesi che influiscono sulla prima operazione e quelle che influiscono sulla terza operazione. Incidono sulla prima operazione, ossia sulla formazione della massa dei beni relitti, la simulazione assoluta di contratto di scambio oneroso, la simulazione relativa di un contratto di scambio oneroso che dissimuli un atto di liberalità nullo, la simulazione assoluta di un atto di liberalità e la simulazione relativa di un atto di liberalità che dissimuli un contratto di scambio oneroso nullo. In tutte queste ipotesi che, in via stipulativa e di sintesi, possiamo denominare alienazioni simulate, il risultato finale dell esito vittorioso dell azione di simulazione è l accertamento della simulazione della alienazione, cioè la constatazione giuridica che il bene non è mai fuoriuscito dal patrimonio del de cuius e che esso, pertanto, concorre a formare la massa dei beni relitti. Allorquando il legittimario tende a far accertare la simulazione di una di queste alienazioni, vuole dimostrare che il bene deve essere considerato nel relictum( 14 ). Tutto ciò nel presupposto che un tale risultato sia utile al legittimario. Dal momento che abbiamo cercato di chiarire e dimostrare che nel caso di simulazione assoluta di un atto di liberalità e di simulazione relativa di un atto di liberalità nullo, per il legittimario, almeno nel caso in cui la passività ereditaria sia maggiore del relictum, potrebbe convenire far prevalere l apparenza sulla realtà giuridica e non intentare l azione di simulazione. Da queste ipotesi va tenuta distinta quella relativa alla simulazione relativa di contratto di scambio oneroso che dissimuli un atto di liberalità valido, ossia l ipotesi che in via stipulativa e di sintesi, possiamo denominare di liberalità dissimulata. Il vittorioso esperimento dell azione di simulazione, in questo caso, tende all accertamento della dissimulazione di una donazione, ovvero alla constatazione giuridica che il bene è sì fuoriuscito dal patrimonio del de cuius, sebbene a causa di liberalità. Sicché esso concorre nell operazione di riunione fittizia delle donazioni. 7. I problemi sull azione di simulazione proposta dai legittimari I problemi che popolano la materia della simulazione agitata dal legittimario sono molteplici. In primo luogo, ve ne è uno comune sia al caso di alienazioni simulate che al caso di liberalità dissimulata: ci si interroga se il legittimario che voglia far accertare la simulazione del contratto concluso dal de cuius debba considerarsi una parte o un terzo rispetto al contratto simulato. Ve n è, poi, uno proprio del caso di dissimulazione di un atto di liberalità: se l azione di simulazione sia consentita al legittimario soltanto nella misura in cui quegli agisca anche domando la riduzione della donazione( 15 ). Le conseguenze pratiche che dipendono dalla soluzione di questi problemi teorici sono molteplici e di non breve momento. Muoviamo dalla prima. Stabilire se il legittimario che agisca per l accertamento della simulazione sia una parte o un terzo è tema fondamentale al fine di stabilire di quali mezzi di prova disponga l agente. Perché l art c.c., in tema di prova della simulazione, espressamente statuisce che: «la prova per testimoni della simulazione è ammissibile e senza limiti se la domanda è proposta da creditori o da terzi e, qualora sia diretta a far valere l illiceità del contratto dissimulato, anche se è proposta da parti». Ciò starebbe a significare che, a meno di non voler considerare sempre illecito il contratto dissimulato compiuto dal de cuius, siccome mezzo per l eludere l applicazione delle norme imperative( 16 ) in tema di tutela dei legittimari( 17 ), se il legittimario si considerasse parte o terzo rispetto al contratto diversi sarebbero i mezzi di prova di cui egli potrebbe disporre. ( 14 ) Così, CATTANEO, La vocazione necessaria e la vocazione legittima, cit., 449. ( 15 ) In senso contrario, F.S. AZZARITI, MARTINEZ, GIU. AZZARITI, Successioni per causa di morte e donazione, cit., 265 s., osservano che «Non è quindi vero che l azione di simulazione sia sempre ed in ogni caso preordinata al successivo esercizio dell azione di riduzione. Deve allora ammettersi, a nostro giudizio, che l azione di simulazione possa sempre avere ingresso, a prescindere dalla intervenuta accettazione o meno dell eredità col beneficio dell inventario da parte dell erede che creda di procedere all impugnativa per simulazione». ( 16 ) In questo senso sembrerebbe orientato COVIELLO, Successione legittima e necessaria, cit., 357, il quale, così, giustifica la giurisprudenza che ammette il legittimario a provare con ogni mezzo la simulazione: «Tale giurisprudenza si può giustificare col rilievo che, trattandosi di frode alla legge, vi è l impossibilità di procurarsi la prova scritta (art. 1348) e la prova per testimoni può sempre ammettersi in simile incontro anche tra i contraenti e i loro eredi». ( 17 ) Questa ipotesi, che pure potrebbe sembrare ammissibile, incontra, dal nostro punto di vista, un ulteriore problema dogmatico. Bisognerebbe, infatti, domandarsi se il legislatore quando all art c.c. discorre di «illiceità del contratto» intenda riferirsi all ipotesi di contratto illecito, ossia all ipotesi di nullità prevista al 1º co. dell art c.c. (contratto contrario a norme imperative) o anche ai casi di nullità di cui al 2º co. dell art c.c., ossia anche ai casi di illiceità della causa o illiceità dei motivi. È noto, infatti, che si è soliti raccogliere le cause di nullità del contratto in tre macro ipotesi: la nullità virtuale, cioè la nullità del contratto contrario a norme imperative, di cui al 1º co. dell art c.c., la nullità testuale, ossia i casi in cui la nullità sia stabilita dalla legge, di cui al 3º co. dell art c.c. e la nullità per difetti strutturali, ossia la nullità che dipende dalla mancanza di uno dei requisiti del contratto o dal vizio di uno dei requisiti del contratto, di cui al 2º co. dell art c.c. Contrarietà a norme imperative, specifica disposizione di legge e difetti strutturali sono, dunque, le tre cause di nullità del contratto. Sembrerebbe, allora, che l illiceità del contratto sia soltanto l ipotesi della nullità virtuale e non anche della nullità dipendente da un difetto strutturale. Come a dire che la illiceità della causa è essa stessa una causa di nullità del contratto. La quale potrebbe essere diversa dalla causa di nullità dipendente dalla contrarietà dell intero contratto a una norma imperativa. Se, allora, il legislatore all art c.c., quando discorre di illiceità del contratto, abbia inteso riferirsi soltanto ai casi di nullità virtuale, ciò implicherebbe che non potrebbe considerarsi illecito il contratto in cui sia illecita la causa o il motivo e, così, anche il contratto in frode alla legge, il quale, dal legislatore, è considerato un caso di contratto con causa illecita. Viceversa, ove non si volesse seguire questa rigorosa impostazione e si volesse considerare compreso nell espressione «illiceità del contratto» non soltanto il caso della nullità virtuale, ma anche i casi di nullità per difetto strutturale, quando il difetto attenga alla illiceità di uno dei requisiti del contratto (così, SACCO, Il contratto, in Tratt. Vassalli, Torino, 1975, 405 e GALGANO, Il negozio giuridico, in Tratt. Cicu e Messineo, Milano, 1988, 321), allora ci si potrebbe interrogare sulla possibilità di considerare il contratto dissimulato siccome illecito. Quale contratto che costituisce il mezzo per eludere l applicazione di una norma imperativa. Nel caso in parola, infatti, l alienazione simulata sarebbe lo strumento per eludere l applicazione della norma imperativa sulla c.d. riunione fittizia. Perché attraverso il compimento dell alienazione simulata l ereditando avrebbe eluso l applicazione di una norma imperativa. Quella che impone di considerare ai fini del calcolo della quota di legittima anche le donazioni compiute dal de cuius nel corso della sua vita. Bisognerebbe, piuttosto, in tale caso verificare se tale conclusione si possa attingere indipendentemente dalla circostanza che il compimento della alienazione simulata abbia costituito il motivo immediato e diretto della simulazione. Bisognerebbe cioè verificare se al fine di considerare l alienazione simulata in frode alla legge, sia necessaria anche l esistenza di un dolo specifico. Ove si desse una risposta negativa, infatti, non sempre e necessariamente si potrebbe concludere nel senso che l alienazione simulata sia in frode alla Famiglia, Persone e Successioni giugno 2010

8 Se fosse parte, potrebbe provare la simulazione soltanto con il mezzo del giuramento o della confessione, mentre se fosse terzo potrebbe dimostrare la simulazione anche con la prova testimoniale o con la prova presuntiva. Tale questione, poi, sarebbe destinata a, ulteriormente, complicarsi se solo si pensa che il legittimario non necessariamente è chiamato alla successione, ben potendo essere pretermesso( 18 ). Con la conseguenza che mentre in quest ultima ipotesi sembrerebbe più semplice affermare la sua posizione di terzo( 19 ), non lo sarebbe parimenti nella prima. Nella quale, essendo chiamato all eredità, ove avesse accettato, dovrebbe ipotizzarsi che il medesimo agisca, in qualità di successore universale del de cuius, e, quindi, quale parte del contratto. Ma, qui, sorgerebbe un ulteriore difficoltà. Potrebbe doversi distinguere il caso di legittimario chiamato che abbia accettato e legittimario che non abbia accettato. Nel primo caso, infatti, a meno di non voler ipotizzare nel comportamento del legittimario chiamato che agisca per far accertare la simulazione, un accettazione tacita dell eredità, il medesimo non dovrebbe, comunque, considerarsi parte. Sotto un diverso profilo, stabilire, poi, se il legittimario che agisca per far accertare la simulazione sia una parte o un terzo ha un ulteriore ricaduta applicativa, che va anche al di là del problema della prova: quello della prescrizione dell azione( 20 ). Se il legittimario fosse considerato parte, il tempo di prescrizione della domanda di simulazione sarebbe quello stesso del de cuius, mentre se fosse considerato terzo, il tempo della prescrizione inizierebbe a decorrere soltanto dal momento in cui il diritto può essere fatto valere: cioè dal tempo della morte dell ereditando( 21 ). Non minori sono le conseguenze pratiche che dipendono dalla soluzione del secondo problema teorico. Se si ipotizza che l azione volta a far accertare la dissimulazione di un atto di liberalità sia consentita al legittimario soltanto nella misura in cui quegli agisca anche domandando la riduzione della donazione, ciò significa che egli in tanto potrebbe chiederla in quanto possa ancora agire in riduzione. Il legittimario, salvo che le donazioni siano state fatte a persone chiamate come coeredi, ma l ipotesi non sarebbe rilevante, non potrebbe agire se non avesse accettato l eredità con beneficio d inventario e se la donazione non ledesse la sua quota di legittima. legge. Perché l ereditando potrebbe averla conclusa, non già al fine di eludere l applicazione della norma imperativa, ma ad altri e diversi fini. Anche in considerazione della tecnica di costruzione della fattispecie della regola contenuta all art c.c. ci pare che essa non richieda l esistenza di un dolo specifico. Si tratta di una norma di chiusura del sistema, con la quale il legislatore, indipendentemente da quale possa essere stato il motivo che abbia indotto le parti a concludere quel certo contratto, vuole evitare che esso possa costituire la ragione della elusione di una norma imperativa. Lo strumento del contratto in frode alla legge è, infatti, costruito sulla base dell argomento dell abuso del diritto. Esso presuppone l esistenza di una norma di stretto diritto e il compimento di un contratto, formalmente, conforme alla norma di stretto diritto, ma sostanzialmente a essa contraria. Il legislatore, allora, attinge il risultato, disapplicando la norma formale che dovrebbe trovare applicazione al contratto concluso dalle parti e applicando, ancorché non ne ricorrano i presupposti, ma creandoli all uopo, la norma di stretto diritto. ( 18 ) Noto il dibattito intorno alla possibilità di considerare erede anche il legittimario pretermesso. Questa posizione non può essere condivisa. Per una sintesi CARIOTA FERRARA, Le successioni per causa di morte. I.Parte generale. 2. Le specie. I soggetti, Napoli, 1958, 35 ss. ( 19 ) Così, a esempio, Cass., , n. 6031, in Corriere giur., 1996, 1139 nota di Morelli, «Ai fini della prova della simulazione, il legittimario pretermesso assume la figura del terzo rispetto al negozio simulato concluso dal de cuius». ( 20 ) Il problema riguarda, soprattutto, i casi di simulazione relativa. Deve, infatti segnalarsi che secondo un certo orientamento di giurisprudenza l azione tendente a far accertare la simulazione assoluta, poiché equiparata a un azione di nullità, si considera imprescrittibile. Parte della giurisprudenza non distingue neppure tra azione di simulazione assoluta e azione di simulazione relativa. In quest ultimo senso, recentemente, Cass., , n , in Contr., 2004, 689. Tra le recenti sentenze, si segnala Cass., , n , in Contr., 2005, 263, la cui massima, così, recita «Quando l azione di simulazione relativa è diretta a far emergere l effettivo reale mutamento della realtà voluto dalle parti con la stipulazione del negozio simulato, tale azione si prescrive nell ordinario termine decennale; quando invece essa è finalizzata ad accertare la nullità tanto del negozio simulato, quanto di quello dissimulato (per la mancanza dei requisiti di sostanza o, come nel caso di specie, di forma), rilevando l inesistenza di qualsiasi effetto tra le parti, tale azione non è soggetta a prescrizione». In quest ultimo senso, anche Cass., , n. 7682, in Giur. it., 1998, ( 21 ) Va segnalato che la giurisprudenza, non sempre con razionalità, tende ad ammettere che il termine di prescrizione cominci a decorrere dal momento dell apertura della successione. Sebbene una lettura attenta di queste sentenze dimostra che tale risultato, più che una scelta ragionata, è un semplice corollario tolto dalla circostanza che il legittimario agisce anche in riduzione. Che il legittimario, quindi, è terzo. Così, Cass., , n. 4021, in Mass. Giur. it., 2007, «L obbligo della collazione ereditaria riguarda le donazioni (dirette e indirette) ma non i beni oggetto di trasferimento a titolo oneroso (anche se a favore del coerede), poiché, in tal caso, esso sorge solo dopo che sia stata dichiarata la simulazione dell atto, in accoglimento di apposita azione formulata dal coerede che chiede la divisione, il quale, nel proporre l azione di simulazione, non è terzo ma subentra nella posizione del de cuius, anche ai fini della prescrizione dell azione medesima che già rientrava nel patrimonio del de cuius. Solo quando l azione di simulazione viene esercitata in funzione della riduzione della donazione (che si asserisce dissimulata) il termine prescrizionale decorre dalla data di apertura della successione, mentre quando la declaratoria di simulazione sia richiesta non per far valere il diritto alla quota di riserva ma al solo scopo dell acquisizione del bene oggetto di donazione alla massa ereditaria, in vista della determinazione delle quote dei condividenti e senza che avvenga addotta alcuna lesione di legittima, il termine di prescrizione della relativa azione decorre dal compimento dell atto che si assume simulato»; Cass., , n , in Contr., 2005, 262, «Nel caso del legittimario che è terzo rispetto al negozio di cessione dei beni ereditari compiuto dal de cuius (e rispetto all accordo simulatorio) il termine di prescrizione dell azione di simulazione del contratto, esercitata in funzione dell azione di riduzione, decorre dall apertura della successione dell alienante, in quanto è solo da tale momento che, da un lato, il legittimario può proporre la domanda di simulazione esercitando un azione personale per la tutela di un diritto proprio, e, dall altro, l atto compiuto dal de cuius assume l idoneità a ledere i diritti del legittimario e ne rende concreto ed attuale l interesse ad agire in giudizio per la ricostruzione dell asse ereditario al fine della determinazione per lui più favorevole dei diritti riservati»; Cass., sez. II, , n. 817, in Vita notarile, 1992, 567, «L azione di simulazione che sia esercitata dal legittimario in relazione di strumentalità con quella dallo stesso contestualmente proposta per la reintegrazione della quota di riserva, in quanto diretta ad ottenere, nella prospettiva di una declaratoria di inefficacia degli atti impugnati di simulazione, la ricostruzione dell asse che comporti una rideterminazione per lui più favorevole dei diritti riservati, è soggetta allo stesso termine prescrizionale decennale, che decorre per entrambe le dette azioni non dalla data di stipulazione dell atto che si assume simulato, bensì dalla data di apertura della successione, atteso che solo da tale momento, che coincide con quello di acquisto della qualità di erede, l atto compiuto dal de cuius assume l idoneità a ledere i diritti del legittimario e ne rende concreto ed attuale l interesse ad agire in giudizio»; Cass., sez. II, , n. 6493, in Vita notarile, 1986, 1103 con nota di Ceniccola, «Per il legittimario, il quale è terzo rispetto all accordo simulatorio, il termine di prescrizione dell azione di simulazione di un contratto di compravendita stipulato dal de cuius, esercitata in funzione dell azione di riduzione della donazione dissimulata, decorre dall apertura della successione perché è da tale momento che l avente diritto alla quota di riserva acquista la legittimazione a proporre la domanda di simulazione». Nella giurisprudenza di merito: App. Bologna, , massima redazionale inedita, «Per l erede che agisca in qualità di legittimario ed in specie: a fini di riduzione delle donazioni compiute in vita dal de cujus il termine di prescrizione dell azione di simulazione dei negozi di vendita posti in essere, pur sempre in vita, dal de cujus, non decorre dalla data di trasferimento del bene (ossia dalla conclusione del negozio che egli assume simulato) bensì dalla apertura della successione, dovendosi ritenere che solo da tale momento la avvenuta simulazione della vendita possa avergli arrecato nocumento e danno». Una certa giurisprudenza, invece, considera imprescrittibile l azione di simulazione nel caso in cui si tratti di alienazioni simulate, così Cass., , n. 7682, in Mass. Giur. it., 1997, «Anche l azione di simulazione relativa, come quella di simulazione assoluta, è imprescrittibile, se, anziché tendere ad accertare il negozio dissimulato per farne valere gli effetti, è volta ad accertarne la nullità, come nel caso in cui un legittimario agisca per accertare l appartenenza al patrimonio ereditario di beni solo apparentemente alienati dal de cujus, ma in realtà donati ad altro legittimario, per interposta persona, con atto nullo per difetto di forma». giugno Famiglia, Persone e Successioni 6

9 La restrizione diverrebbe, quindi, significativa, senza considerare che da un punto di vista teorico si finirebbe con il negare al legittimario un vero e proprio diritto autonomo a chiedere l accertamento della simulazione, perché diventerebbe meramente strumentale all esercizio dell azione di riduzione. Così come prevedeva il vecchio codice civile( 22 ). 8. Se i legittimari, nel caso di alienazioni simulate, siano parti o terzi Il primo problema sul quale è necessario interrogarsi, essendo comune sia al caso di alienazioni simulate che al caso di liberalità dissimulate è se il legittimario che agisca per far accertare la simulazione debba essere considerato parte o terzo. Ciò, abbiamo già visto, non soltanto per sciogliere il problema della prova della simulazione, ma anche per quello diverso e autonomo e, sotto certi profili, anche più rilevante, della decorrenza del termine di prescrizione dell azione. Non sarà inutile, seppure siamo convinti dell unità di soluzione del problema, tenere distinte l ipotesi di alienazioni simulate da quella di liberalità dissimulata( 23 ). Perché mentre nel caso di alienazioni simulate, l azione, mirando a far accertare che il bene non è mai fuoriuscito dal patrimonio dell ereditando, non è mai preordinata a una domanda di riduzione contro quell atto di disposizione( 24 ), nel caso di liberalità dissimulate, la simulazione, mirando a far accertare che il bene è sì fuoriuscito dal patrimonio dell ereditando, ma in forza di atto di liberalità, potrebbe essere preordinata a un azione di riduzione di quell atto di disposizione. Muoviamo dalle prime. La posizione della giurisprudenza è ondivaga e non sarà pleonastico ripercorrerne l itinerario. Dapprima ha riconosciuto al legittimario, ancorché chiamato alla successione, la veste di terzo. Ciò sulla base del rilievo che il legittimario che agisce per l accertamento della simulazione, tutela un proprio diritto di legittima( 25 ). Successivamente, e più di recente, è regredito questo orientamento e il legittimario non pretermesso che agisca per il solo accertamento della simulazione di atti compiuti dal de cuius è stato considerato parte. Perché egli sarebbe subentrato in tutti i rapporti giuridici facenti capo all ereditando e, tra essi, anche in quello nascente dal contratto simulato. La soluzione da ultimo prospettata non pare che possa essere condivisa. In primo luogo essa finisce con il creare una messe di differenziazioni difficilmente giustificabili, a seconda che il legittimario sia pretermesso o chiamato all eredità. E, in quest ultimo caso, a seconda che abbia, o no, accettata l eredità. A seguire il ragionamento da ultimo proposto si dovrebbero fare le seguenti distinzioni. Il legittimario pretermesso dovrebbe essere sempre considerato un terzo( 26 ). Non essendo neppure chiamato all eredità, di certo non potrebbe essere considerato successore del defunto e non ( 22 ) Osserva BARASSI, Le successioni per causa di morte, Milano, 1941, 196, che le operazioni di riunione fittizia valgono anche nel caso in cui si tratti di ricostruire la massa nell interesse di un erede non legittimario. «Già per il precedente codice era opinione prevalente che anche questo avesse diritto alla riunione fittizia di cui all art. 102: tanto più ciò dovrebbe ammettersi per l attuale art. 102, che nel preambolo allude alla necessità di determinare la porzione disponibile. Sennonché l azione di riduzione non spetta che ai legittimari, non all erede sulla disponibile. Ciò significa che la riunione fittizia non giova all erede sulla disponibile, che deve limitarsi a far valere le sue ragioni entro il limite della sua quota, sui beni esistenti nell asse ereditario». ( 23 ) Diversamente, TATARANO, La successione necessaria, inaa.vv., Diritto delle successioni a cura di Calvo e Perlingieri, cit., 489 s., non distingue, pur cogliendone le differenze, tra alienazioni simulate e liberalità dissimulate a seconda della loro incidenza sulla prima o sulla terza operazione di calcolo della legittima. La trattazione svolta dall A. è, infatti, tutta, raccolta nella parte dedicata alla prima operazione, quella relativa alla formazione della massa dei beni relitti. ( 24 ) Scrive MENGONI, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria, cit., 181 «Il legittimario chiamato all eredità può proporre la domanda di simulazione pur se ha accettato senza beneficio d inventario. Su questo punto non può sorgere questione, posto che la domanda, essendo diretta ad accertare che i beni non sono in realtà mai usciti dal patrimonio del de cuius, non è preordinata, nemmeno in via eventuale, all esercizio dell azione di riduzione. Se è stato preterito, il legittimario non ha bisogno di procurarsi la qualità di erede mediante preventiva impugnazione del testamento: può instaurare senz altro il giudizio di simulazione contro l erede istituito e l acquirente simulato, e attenderne l esito prima di decidere l esperimento, contro il primo, dell azione di riduzione». Ci pare opportuna una precisazione. Nel caso di alienazioni simulate, la simulazione proposta da parte del legittimario chiamato all eredità non è mai preordinata a una eventuale azione di riduzione che abbia a oggetto proprio l atto del quale si chiede la simulazione. Ciò, tuttavia, non ci sembra possa escludere che il legittimario possa, comunque, aver interesse a proporre un azione di riduzione. Naturalmente non già contro l acquirente simulato, ma, eventualmente, contro un coerede, nell ipotesi in cui, il legittimario pur essendo istituito erede, lo sia stato in quota inferiore rispetto a quella riservatagli. Si faccia la seguente ipotesi. Tizio, morendo istituisce eredi, per metà, in parti eguali, i figli, Caio e Sempronio, e, per, l altra metà, l estraneo Mevio. Supponendo che Tizio abbia lasciato un relictum pari a 120, ai figli spetterebbe 30 ciascuno, mentre a Mevio spetterebbe 60. Supponiamo che, in vita, Tizio abbia compiuta un alienazione simulata a favore di Calpurnio avente a oggetto un bene del valore di 30. I legittimari, Caio e Sempronio, hanno interesse a far accertare la simulazione, al fine di far rientrare nel relictum anche l ulteriore bene del valore di 30. Supponendo che Caio abbia avviata e vinta l azione volta a far accertare la simulazione della alienazione a favore di Calpurnio, il relictum da dividere non è più pari a 120, bensì a 150. Una volta esperita vittoriosamente l azione di simulazione, nondimeno, Caio potrebbe aver interesse a intentare un azione di riduzione contro Mevio. Perché, in quanto legittimario, avrebbe avuto diritto a 1/3 dell eredità. Avrebbe, cioè, avuto diritto a 50 (1/3 del relictum). Stante la disposizione testamentaria, però, il medesimo conseguirebbe soltanto 37,5 (1/4 del relictum, avendo il loro padre istituito i propri figli eredi soltanto nella metà dell asse ereditario). Caio e anche Sempronio, una volta esperita l azione di simulazione, potrebbero, quindi, agire in riduzione contro il coerede Mevio. Ciascuno di loro, infatti, potrebbe chiedere una reintegrazione della propria quota di legittima per 12,5. E, così, la disposizione a favore di Mevio potrebbe ridursi di 25, mentre sarebbe salva a suo favore soltanto la disposizione nella misura di 50, ossia la misura pari alla quota disponibile. Vale la pena osservare che, anche in questo caso, l interesse dei legittimari a chiedere l accertamento dell alienazione simulata prescinde dall eventuale esperimento dell azione di riduzione. Perché costoro, indipendentemente da quella, trarrebbero un evidente beneficio, in termini economici, dalla semplice azione di simulazione. Il vittorioso esperimento di essa consente loro di dividere, non già 120, bensì 150 e, quindi, di conseguire immediatamente e direttamente non già 30, bensì 37,5. Tutto ciò vale, quindi, a chiarire che nel caso di alienazioni simulate, la simulazione, non è mai preordinata a un azione di riduzione diretta contro l atto di disposizione del quale si chiede l accertamento della simulazione. Non si può escludere, però, che il legittimario possa esperire, comunque, ricorrendone, i presupposti, l azione di riduzione contro un eventuale coerede che sia stato beneficiato in misura maggiore di quanto la legge non consenta. ( 25 ) Per una sintesi di questa giurisprudenza sia consentito il rinvio a MENGONI, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria, cit., 182, nt. 20. Tra le più recenti, Cass., , n. 7909, in Mass. Giur. it., 1990, «L erede che agisca non quale legittimario ai fini del recupero o della reintegrazione della quota di riserva, assumendo veste di terzo rispetto al negozio di cessione di beni ereditari compiuto dal de cuius, del quale deduca la simulazione, bensì con azione di simulazione relativa al fine di acquisire alla massa ereditaria i beni ceduti (per la successiva divisione con gli altri eredi), resta vincolato alla posizione del de cuius, nei cui rapporti subentra, non solo sul terreno dell accertamento probatorio, ma anche ad ogni altro effetto, compreso quello della prescrizione che decorre non dall apertura della successione ma dal compimento dell atto simulato». ( 26 ) Ma, una larga giurisprudenza considera il legittimario pretermesso terzo solo se poi acquisti l eredità esclusivamente in funzione del positivo esercizio dell azione di riduzione. Così: Cass., , n , in Mass. Giur. it., 2007, «Il legittimario totalmente pretermesso dall eredità, che impugna per simulazione un atto compiuto dal de cuius a tutela del proprio diritto alla reintegrazione della quota di legittima, agisce in qualità di terzo e non in veste di erede, condizione che acquista solo in conseguenza del positivo esercizio dell azione di riduzione, ai cui fini non è tenuto alla preventiva accettazione dell eredità con beneficio di inventario»; App. Pe- Famiglia, Persone e Successioni giugno 2010

10 sarebbe, quindi, all ultimo succeduto in alcun rapporto giuridico, ivi compreso quello nascente dal contratto simulato. Il legittimario che fosse chiamato dovrebbe, alternativamente, considerarsi ora parte ora terzo, a seconda che abbia accettata, o no, l eredità. Se avesse accettata l eredità, infatti, sarebbe succeduto al defunto e, quindi, sarebbe subentrato in tutti i rapporti giuridici già facenti capo all ereditando e, tra essi, quello nascente dal contratto simulato. Se, invece, non avesse accettata l eredità, non sarebbe succeduto al defunto e, quindi, non sarebbe subentrato in alcuno dei rapporti giuridici già facenti capo all ereditando e, neppure, in quello nascente dal contratto simulato. D altro canto, quest ultima distinzione avrebbe ragione di essere conservata, perché non sembrerebbe ragionevole ipotizzare che il legittimario chiamato all eredità, per il solo fatto di aver esperito l azione volta a far accertare la simulazione della alienazione possa aver, tacitamente, accettata l eredità. Nel caso che ci occupa la mera impugnazione della simulazione difetta, infatti, dei requisiti idonei a qualificarla siccome atto o fatto di accettazione tacita. Perché, non soltanto non presuppone necessariamente la volontà del legittimario di accettare l eredità, ben potendo aver avviata l azione al solo fine di verificare la consistenza dell eredità prima di decidere se accettare o rinunziare all eredità; ma, soprattutto, perché non si tratta di un atto che il chiamato non avrebbe il diritto di fare se non nella sua qualità di erede, dal momento che anche un terzo o un creditore hanno diritto di azionarla. Dal ragionamento svolto, ne conseguirebbe che sarebbero terzi il legittimario pretermesso e il legittimario chiamato che non avesse accettata l eredità, mentre sarebbe parte il legittimario chiamato che avesse accettata l eredità. Con l ovvio paradosso che si verrebbe, ingiustificatamente, a pregiudicare la posizione del legittimario erede rispetto a quella del legittimario non erede, ossia la posizione di colui che ha già fermata, in modo stabile e definitiva, la vicenda di successione mortis causa( 27 ). Di là di questa ingiustificata disparità di trattamento che si verrebbe a creare a voler seguire l orientamento criticato, un altra e fondamentale ragione induce a reputare il legittimario che agisca per l accertamento delle alienazioni simulate siccome terzo( 28 ). Ed essa riposa proprio nel significato proprio della parola terzo. Il quale è tale, in quanto contrapposto alla parte. Sicché intendere chi sia il terzo presuppone il comprendere chi sia la parte. Nel linguaggio comune si designano con il nome di «parti» i protagonisti di un conflitto, indipendentemente dalla circostanza che esso sia stato già composto. Nel diritto, tuttavia, non basta per designare una parte che esita un conflitto, ossia che ciascuna parte sia portatrice di un interesse particolare, contrastante con quello di altra, ma occorre una considerazione più globale. Nella quale si esprima una relazione tra la parte e un tutto; tra la parte e un unità. La quale, nel diritto, altro non è che la norma. Unica capace di comporre il conflitto( 29 ). La norma, dunque, è l unica sovrana depositaria della distinzione. Per poco che si rifletta su ciò, si intuisce che i legittimari, i quali promuovano un giudizio volto a far accertare la simulazione delle alienazioni compiute dall ereditando, debbano essere considerati terzi( 30 ). Per avvedersene sarà sufficiente osservare che la norma capace di attribuire loro tale veste giuridica non è quella contenuta nell art c.c., la quale presuppone svolto e risolto il problema classificatorio, né il principio generale, sovente invocato, secondo cui l erede succede in tutti i rapporti giuridici facenti capo al de cuius che non si siano estinti per la sua morte, bensì la regola contenuta nell art. 556 c.c. Quella norma, cioè, che fissa il procedimento per il calcolo della quota di legittima, riconoscendo al legittimario un diritto proprio e autonomo: quello alla riunione fittizia. Quando il legittimario chiede l accertamento della simulazione della alienazione compiuta dal de cuius, indipendentemente dal fatto che sia pretermesso o chiamato e, in quest ultimo caso, indipendentemente dal fatto che abbia accettata o no l eredità, fa valere non già un diritto derivato dal defunto, bensì un diritto rugia, , massima redazionale inedita, «Il legittimario totalmente pretermesso dall eredità, che impugna per simulazione un atto compiuto dal de cuius a tutela del proprio diritto alla reintegrazione della quota di legittima, agisce in qualità di terzo e non in veste di erede, condizione che acquista solo in conseguenza del positivo esercizio dell azione di riduzione, ai cui fini non è tenuto alla preventiva accettazione dell eredità con beneficio di inventario»; Trib. Bari, , massima redazionale, inedita, «Il legittimario pretermesso non è chiamato alla successione per il solo fatto della morte del de cuius, potendo acquistare i suoi diritti solo dopo l esperimento delle azioni di riduzione o di annullamento del testamento, ovvero dopo il riconoscimento dei suoi diritti da parte dell istituto. Ne consegue che la condizione della preventiva accettazione dell eredità con beneficio d inventario, stabilita dal 1º co. dell art. 564 c.c. per l esercizio dell azione di riduzione, vale soltanto per il legittimario che abbia in pari tempo la qualità di erede (per disposizione testamentaria o per delazione ab intestato), e non anche per il legittimario totalmente pretermesso dal testatore, con l ulteriore conseguenza che, se la de cuius è morta ab intestato, l attrice (figlia della de cuius) non è un legittimario pretermesso, bensì un erede, sì che è necessaria l accettazione dell eredità col beneficio di inventario. Ciò anche nell ipotesi ove sia stata proposta azione di simulazione preordinata all azione di riduzione, poiché la ratio dell art. 564, 1º co., c.c. è quella di garantire, attraverso l inventario (che va effettuata anche se non vi siano beni ereditari), i donatari estranei alla successione contro i quali sia diretta l azione di riduzione e le esigenze di tutela dei donatari estranei è maggiore quando non vi siano beni ereditari, dovendosi ridurre solo le donazioni ex art. 555 c.c. per reintegrare nelle loro quote i legittimari, non essendovi relictum, ma solo donatum». ( 27 ) Sull idea di successione come procedimento, e sulle conseguenza che da esse, inevitabilmente debbono togliersi, sia consentito rinviare al nostro La rinunzia all eredità, Milano, ( 28 )TAMBURRINO, Successione necessaria (dir. priv.), inenc. dir., XLIII, Milano, 1990, 1371 s., si limita a considerare il legittimario terzo, per la sola circostanza che il vittorioso esperimento dell azione di simulazione, nei casi di alienazioni simulate, determina il riacquisto del bene alla massa ereditaria. ( 29 )SATTA epunzi, Diritto processuale civile, 12ª ed., Padova, 1996, 116, «Parte infatti indica una relazione, e non con un altra parte, ma con un tutto, con l unità. Quei soggetti che chiamiamo parti sono tali proprio in relazione all unità verso la quale tendono, e nella quale esse si risolvono. Questa unità è essenzialmente la norma (sia che venga concordata, col contratto, o imposta, con la vittoria della lotta). Il concetto di parte è dunque in funzione di un divenire, e di un divenire per opera delle parti stesse». ( 30 ) Convince poco la posizione di A. PALAZZO, Le successioni, 2, 1, Introduzione al diritto successorio. Istituti comuni alle categorie successorie. Successione legale, cit., 530, il quale, al fine di giustificare che i legittimari debbano essere considerati terzi, così scrive: «Infatti il legittimario che non ha ancora ottenuto la quota di riserva con la sentenza che accoglie la domanda di riduzione, è da considerarsi come non successore del de cuius e quindi terzo rispetto alle situazioni giuridiche che facevano capo al defunto. Egli pertanto rientra tra quei terzi che per l art. 1415, 2º co. possono far valere la simulazione in confronto delle parti, quando essa pregiudica i loro diritti». Anche sulla base di quanto abbiamo sostenuto nel testo, risulta chiaro che questa osservazione mentre potrebbe valere per i legittimari pretermessi e per i legittimari chiamati che non avessero accettata l eredità, non ci sembra che possa valere anche per i legittimari chiamati che avessero già accettata l eredità. Sicché essa non ci pare che possa costituire il fondamento o la ragione dell idea che consente di considerare, sempre, siccome terzi, i legittimari che impugnino le alienazioni simulate. Un eventuale problema di collegamento con l azione di riduzione non si pone mai nel caso di alienazioni simulate, dal momento che l esito vittorioso dell azione non mette mai capo a una circostanza che consenta l esperimento dell azione di riduzione. giugno Famiglia, Persone e Successioni 6

11 proprio( 31 ). Egli intende far constatare, giuridicamente, che il bene non è mai fuoriuscito dal patrimonio del de cuius e, quindi, contro quest ultimo, domanda la formazione della massa per l attuazione di un diritto proprio( 32 ). In questo senso e in rapporto a questa norma che riconosce al legittimario un diritto proprio e autonomo non può che riconoscersi al legittimario, con tutte le conseguenze che da essa si traggono, la posizione giuridica di terzo( 33 ). Un ultima precisazione pare necessaria. Non si pone, giustamente, nel caso di alienazioni simulate il problema della sua eventuale connessione con l azione di riduzione( 34 ). Poiché nelle alienazioni simulate (ossia i casi di simulazione assoluta di contratto di scambio oneroso, simulazione relativa di un contratto di scambio oneroso che dissimuli un atto di liberalità nullo, simulazione assoluta di un atto di liberalità e simulazione relativa di un atto di liberalità che dissimuli un contratto di scambio oneroso nullo) l azione tende a dimostrare che il bene non è mai fuoriuscito dal patrimonio del de cuius, non ha ragione di porsi un problema di riduzione. La quale, per definizione, presuppone ciò che nel caso di specie difetta, ossia o una disposizione testamentaria o una donazione eccedente la quota disponibile( 35 ). Per codesta ragione, in giurisprudenza, non sempre con argomenti pertinenti, diversamente dal caso di liberalità dissimulate, non si chiede al legittimario non pretermesso di aver accettato con beneficio di inventario, ossia non si pretende che il legittimario si trovi nella condizione giuridica di poter proporre un azione di riduzione( 36 ). Perché, almeno rispetto all atto del quale si domanda la simulazione, è giuridicamente impossibile pensare che il legittimario possa domandarne la riduzione( 37 ). 9. Se i legittimari, nel caso di liberalità dissimulate, siano parti o terzi Esaminato il caso del legittimario che agisca per l accertamento delle alienazioni simulate, rimane quello, oggetto della decisione in commento, del legittimario che agisca per far accertare la dissimulazione di una liberalità. Il tema e, di conseguenza, la soluzione offerta, risultano, rispetto al precedente, complicate dalla circostanza che il vittorioso esito dell azione incide, questa volta, non già sulla prima fase delle operazioni di calcolo della legittima, ossia la formazione della massa, bensì sulla terza, vale a dire la riunione fittizia delle donazioni. Perché, nel caso di liberalità dissimulate, il legittimario mira a far verificare che il bene è fuoriuscito dal patrimonio del de cuius non già, come giuridicamente appare, in forza di un contratto oneroso, bensì a cagione di una liberalità. Questa circostanza, per quanto ciò possa apparire visibilmente retorico, è stata l occasione di un autentico fraintendimento radicatosi nella giurisprudenza più antica e giunto, con qualche oscillazione, sino a giorni nostri. Movendo, infatti, dal rilievo che l azione di simulazione, nel caso di liberalità dissimulate, tende a dimostrare che il bene è stato oggetto di una liberalità, la giurisprudenza ha tratto, con ciò facendo anche una singolare confusione concettuale, il corollario che il legittimario in tanto ha interesse a promuovere il giudizio di simulazione, in quanto, all esito vittorioso dell azione, faccia anche seguire l azione di riduzione, cioè quell azione con la quale chiede di essere reintegrato nella quota a quegli riservata dalla legge( 38 ). Ciò, dunque, ha significato, secondo la giurisprudenza dominante, che il legittimario ha interesse a promuovere l azione di ( 31 ) Osserva TATARANO, La successione necessaria, inaa.vv., Diritto delle successioni a cura di Calvo e Perlingieri, cit., 489 s., «la terzietà del legittimario ricorre sia nel caso in cui egli sia pretermesso, sia nel caso in cui sia leso: infatti, anche se successore a titolo universale del de cuius, non è parte dell atto simulato (come erede di uno dei contraenti) perché agisce per far valere l inefficacia dell atto posto in essere dal de cuius a suo danno». Come sostenuto nel testo, ci pare che la ragione della terzietà debba, piuttosto, intravedersi nella circostanza che il medesimo agisce per tutelare un diritto proprio. ( 32 ) Chiaramente MENGONI, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria, cit., 184, osserva «L erede non legittimario che domanda la formazione della massa dei beni relitti ai fini della divisione ereditaria, agisce per l attuazione di un diritto derivato dal defunto, soggetto a tutti i limiti da lui costituiti, fra i quali il limite delle alienazioni simulate, la cui rilevanza formale potrà essere rimossa solo con i mezzi di prova di cui disponeva il dante causa; l erede legittimario domanda la formazione della massa per l attuazione di un diritto proprio, in ragione del quale si qualifica terzo pregiudicato dalla simulazione (art. 1415, 2º co.). D altro canto, l opinione criticata introduce una differenza di trattamento non giustificata in ordine alla disponibilità dei mezzi di prova della simulazione, a seconda che il legittimario sia stato o no pretermesso nel testamento». ( 33 ) Diverso, e particolarmente significativo, è il problema sollevato da MENGONI, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria, cit., 184 ss., in merito alla possibilità del legittimario di valersi della prova della simulazione per testi e per presunzioni non soltanto per acquisire i beni alla massa di calcolo della legittima, ma per recuperarli interamente all asse ereditario. Osserva l A. che nella più recente giurisprudenza è nuovamente regredito «l indirizzo favorevole alla soluzione estensiva, secondo la quale, una volta accertata la simulazione, i beni rientrano nell asse ereditario indipendentemente dalla quantità necessaria per integrare la legittima». In giurisprudenza si propone questo orientamento. ( 34 ) Diversamente, A. PALAZZO, Le successioni, 1,Introduzione al diritto successorio. Istituti comuni alle categorie successorie. Successione legale, cit., 530, osserva che nel caso di alienazioni simulate, non è richiesto al legittimario che voglia far valere la simulazione, di aver accettato l eredità con beneficio di inventario perché «tra l azione di simulazione e quella di riduzione non vi è quindi un preordinamento tecnico-giuridico ed è solo una questione di opportunità soggettiva del legittimario quella di instaurare il giudizio di simulazione contro l erede istituito e contro l acquirente simulato». In senso contrario, ci sembra che nel caso di alienazioni simulate, ossia in tutti quei casi in cui l azione di simulazione tenda a dimostrare che il bene non è mai fuoriuscito dal patrimonio del de cuius, non sia mai richiesto al legittimario di aver accettato con beneficio d inventario, non già perché, l azione di simulazione non è preordinata all azione di riduzione, quanto perché nel caso di alienazioni simulate, per definizione, l azione di simulazione non potrebbe, neppure astrattamente, mettere mai capo a un azione di riduzione. La quale presupporrebbe l esistenza di una donazione, ossia l esistenza di un atto che, proprio con l azione di simulazione, si tende a dimostrare non produttivo dell effetto. ( 35 ) Così anche MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, cit., 348. ( 36 ) Cass., , n. 2836, in Mass. Giur. it., 1997, «Il legittimario che per far valere il suo diritto alla quota di riserva chiede l accertamento della simulazione e la nullità, per difetto dei requisiti di forma, di un atto dissimulato, stipulato dal de cujus nella specie donazione dissimulata da una vendita per scrittura privata non ha bisogno di esperire contestualmente la domanda di riduzione necessaria invece nel caso in cui l atto dissimulato è valido per non soggiacere ai limiti di prova previsti dall art c.c., perché l accoglimento di detta domanda di nullità comporta la declaratoria di appartenenza del relativo bene all asse ereditario, con conseguente calcolo di esso nella determinazione della quota spettante al suddetto legittimario»; Cass., sez. II, , n. 4140, in Mass. Giur. it., 1992, «L erede legittimario può considerarsi terzo, al fine della prova della simulazione degli atti posti in essere dal de cuius, solo quando, contestualmente all azione di dichiarazione della simulazione, proponga una domanda diretta a far dichiarare che il bene fa parte dell asse ereditario o che la quota spettantegli va calcolata tenendo conto del bene stesso con eventuale riduzione della donazione dissimulata». ( 37 ) Sul punto sia consentito di rinviare all esempio da noi proposto nella nt. sub 24. Il quale ci sembra che, in modo davvero emblematico, dimostri, per un verso, la indipendenza del problema delle alienazioni simulate rispetto al problema posto dall azione di riduzione e, per altro verso, la possibilità che il legittimario si possa, comunque, trovare nella condizione di poter promuovere un azione di riduzione. Ciò nel caso in cui l ereditando, pur avendolo istituito erede, lo abbia onorato in una quota inferiore rispetto a quella a lui riservatagli dalla legge. Il beneficio economico derivante dall accertamento della simulazione, nel caso di alienazioni simulate, è del tutto indipendente dal maggior beneficio eventualmente ricavabile dall esperimento dell azione di riduzione. ( 38 ) In questo senso sembra orientato F. MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, cit., 345, il quale considera l azione di simulazione Famiglia, Persone e Successioni giugno 2010

12 simulazione nella misura in cui possa promuovere, ed effettivamente promuova, anche l azione di riduzione( 39 ). Il che, tradotto in termini applicativi, significa che è negata al legittimario, denunciando un presunto difetto di interesse, la legittimazione all azione di simulazione non soltanto nel caso in cui la liberalità sia contenuta nei limiti della porzione disponibile, non essendo riducibili, per antonomasia, che le liberalità eccedenti la quota disponibile, ma, soprattutto, nel caso in cui il legittimario non si trovi nella condizione giuridica di poter promuovere un azione di riduzione, vale a dire nel caso in cui, salvo che la liberalità non fosse indirizzata a un coerede, il legittimario non abbia accettato l eredità con il beneficio di inventario. Ma, v è, perfino, di più. Perché, una parte di questa giurisprudenza, da questa assiomatica premessa, ha tolto anche l illogica conclusione che il legittimario che chieda l accertamento della simulazione deve considerarsi terzo rispetto al contratto simulato, e, quindi, ammesso anche alla prova per testimoni e per presunzioni, soltanto se contestualmente domandi anche la riduzione della liberalità( 40 ). In difetto della quale, il legittimario, sempre che non sia pretermesso, altrimenti non ponendosi il problema, promuoverebbe l azione non già quale legittimario, bensì quale mero erede, quasi come se l erede fosse altro dal legittimario o l erede non fosse legittimario( 41 ), e, quindi, sarebbe da considerare parte. Emblematica, di tal, tanto singolare quanto diffuso e quasi unanime, modo di argomentare, questa massima della Suprema Corte di Cassazione: «L erede che agisca per la nullità del contratto di compravendita stipulato dal de cuius perché dissimulante una donazione e per la ricostruzione del patrimonio ereditario e la conseguente divisione dello stesso, senza anche far valere, rispetto alla donazione impugnata, la lesione del suo diritto di legittimario, non propone, nemmeno per implicito, una domanda di riduzione della donazione per lesione di legittima, azione che trova la sua causa petendi nella deduzione della qualità di legittimario e nella asserzione che la disposizione impugnata lede la quota di riserva; ne consegue che egli non può considerarsi terzo rispetto al negozio di cessione e che soggiace, pertanto, ai limiti di prova della simulazione stabiliti dalla legge nei confronti dei contraenti»( 42 ). Il dissenso deve essere fermo e serrato. preordinata all azione di riduzione. Sembra aderire a questa soluzione anche A. PALAZZO, Le successioni, I, Introduzione al diritto successorio. Istituti comuni alle categorie successorie. Successione legale, cit., 541 s., il quale riporta senza criticare, il predetto orientamento. ( 39 ) Per una sintesi della giurisprudenza valga il richiamo alla nt. 42. ( 40 ) In tale senso MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, cit., 345, il quale giustifica il riconoscimento al legittimario della posizione di terzo, proprio in ragione della esistenza di una azione di riduzione. «Ragione ne è che il diritto a far valere la lesione di legittima determinata dal contratto (relativamente) simulato, cui ha partecipato (in vita) il de cuius il legittimario deriva, non dal de cuius medesimo, bensì dalla legge. È vero che la veste di terzo, egli acquista, soltanto in via d eccezionale e come riflesso della lesione di legittima, che egli vuole evitarsi (onde, per il resto, non perse la sua qualità di avente causa dal de cuius); ma pur nei limiti suddetti, la veste di terzo rispetto al contratto simulato non può essergli contestata, pur se (come è necessario) egli abbia accettato la chiamata a succedere; né, all uopo, ha bisogno di provare la lesione di legittima». Ovvio, dalla lettura del testo, il nostro dissenso rispetto a questa posizione. La quale ci pare che non consideri il diritto del legittimario alla riunione fittizia. ( 41 ) Questa irrazionale premessa legittima una giurisprudenza alla conclusione che i giudizi avviati dal legittimario come terzo o come erede sono, tra loro, diversi, sicché il giudicato di uno non impedisce la proposizione dell altro. Così, Cass., sez. II, , n. 3944, in Mass. Giur. it., 1994, «Il giudicato formatosi sulla sentenza che abbia rigettato la domanda di simulazione relativa di un contratto nei confronti dell erede dell attore, subentrato nel processo a seguito della morte di quest ultimo sopravvenuta nel corso del giudizio di appello, non preclude al medesimo ove agisca come terzo legittimario ai fini dell esercizio dell azione di riduzione per la tutela della quota di riserva di chiedere nuovamente l accertamento della simulazione dello stesso contratto in altro autonomo e distinto processo, dovendosi escludere l identità soggettiva dei due processi, a causa della distinta posizione giuridica che quel soggetto assume quando agisce come erede, subentrando nella medesima situazione del contraente deceduto, e quando agisce come terzo legittimario, portatore di un diritto autonomo e diverso». In senso contrario, Cass., , n. 6744, in Dir. e giur., 1983, 898, «L accertamento positivo o negativo di un diritto in sentenza, anche se dipendente da una situazione di prova mancante o insufficiente, costituisce sempre una pronunzia di merito che, una volta passata in giudicato, preclude la proposizione della domanda fra le stesse parti a nulla rilevando, in relazione all impossibilità nel vigente ordinamento processuale di emanazione di sentenze allo stato degli atti, che nel secondo giudizio la prova dedotta e non ammessa nel primo sia al contrario ammissibile; ne consegue che il rigetto, sotto il profilo dell ammissibilità della prova, della domanda tendente alla declaratoria della simulazione di una compravendita, esercitata dal legittimario per ottenere il conferimento alla massa ereditaria dei beni trasferiti con donazione dissimulata, preclude la riproposizione della domanda stessa in successivo giudizio, anche se l attore dichiari di agire solo come legittimario per la reintegrazione della quota di riserva». ( 42 )Così, Cass., , n , in Mass. Giur. it., L orientamento è costante: Cass., , n , in Notariato, 2009, 1, 14, «L azione di simulazione attivata da un coerede per dimostrare che la compravendita dissimulava una donazione, valida quanto al requisito della forma, è ammessa senza limiti probatori. In particolare, nella fattispecie esaminata, il coerede agiva quale legittimario chiedendo la riduzione delle donazioni effettuate dal de cuius in favore di altro coerede. Dato che l azione mirava alla tutela di un proprio diritto, l attore è stato considerato terzo rispetto agli atti impugnati. In base a tale profilo è, perciò, ammessa, senza limiti, la prova per presunzioni così come previsto per la prova testimoniale dall art c.c.»; Cass., , n. 6632, in Contr., 2006, 1100, «La prova della simulazione di un contratto solenne, stipulato da un soggetto poi deceduto, da parte degli eredi al medesimo succeduti a titolo universale, ed allo scopo di far ricomprendere l immobile tra i beni facenti parte dell asse ereditario, soggiace a tutte le limitazioni previste dalla legge per la prova della simulazione tra le parti, atteso che gli eredi, versando nelle stesse condizioni del de cuius, non possono legittimamente dirsi terzi rispetto al negozio; deve pertanto escludersi a tal fine la prova per testimoni, per presunzioni ed a mezzo di interrogatorio formale diretto a provocare la confessione della controparte. Nessuna limitazione probatoria incontra, per converso, l erede che agisca in qualità di legittimario, per la tutela, cioè, di un diritto suo proprio, a condizione che egli abbia contestualmente a proporre domanda di integrazione della quota»; Cass., , n , in Contr., 2005, 564, «Il successore a titolo universale mortis causa subentra nella posizione giuridica del de cuius ed è soggetto,pertanto,intemadi simulazione del negozio posto in essere dal suo dante causa, alle limitazioni della prova per testi e per presunzioni alle quali era soggetto quest ultimo come parte contraente. L erede legittimario, invece, che chieda la dichiarazione di simulazione di una vendita fatta dal de cuius celante in realtà una donazione, agisce per la tutela di un proprio diritto e deve considerarsi terzo rispetto alle parti contraenti, con conseguente ammissibilità senza limiti della prova testimoniale e per presunzioni quando, contestualmente all azione di simulazione, proponga sulla premessa che l atto simulato comporti una diminuzione della sua quota di riserva una domanda di riduzione (o di nullità o di inefficacia) della donazione dissimulata, diretta a far dichiarare che il bene fa parte dell asse ereditario e che la quota spettantegli va calcolata tenendo conto del bene stesso, e non pure quando proponga in via principale ed autonoma solo la domanda di simulazione, la quale sia quindi semplicemente preordinata a consentire la proposizione della domanda di simulazione in un futuro giudizio»; Cass., , n. 3821, in Giust. civ., 2001, 3059 nota di Bernardoni, «In materia di prova della simulazione di atti compiuti dal defunto, il legittimario è terzo, per cui può avvalersi senza limitazioni della prova per testimoni e presunzioni, solo qualora agisca per la reintegrazione del proprio diritto alla quota di legittima. Se agisce per lo scioglimento della comunione ereditaria, previa collazione, il legittimario subentra nella stessa posizione del de cuius ed è soggetto ai limiti di prova di cui all art c.c.»; Cass., , n. 2093, in Mass. Giur. it., 2000, «In tema di divisione ereditaria, chi agisce per lo scioglimento della comunione, non essendo terzo, in quanto subentra nella posizione del de cuius, trae da questa sia il diritto di agire per la dichiarazione della simulazione delle donazioni fatte ai coeredi, sia a richiedere la collazione, prevista al fine di assicurare in concreto la parità di trattamento fra i condividenti, riportando alla massa i beni donati ai coeredi del de cuius, a differenza della azione di riduzione, che mira unicamente a far ottenere al legittimario, titolare di un diritto proprio, riconosciutogli dalla legge, l integrazione della quota di riserva spettantegli»; Cass., , n. 5519, in Contr., 1998, 464, «La prova della simulazione di un contratto solenne, stipulato da un soggetto poi decegiugno Famiglia, Persone e Successioni 6

13 Ed esso deve, per l innanzi, denunciare un evidente confusione concettuale e una inappropriata sovrapposizione di piani di studio. I quali attendono a criteri di soluzione, tra loro, distinti. Altro, infatti, il problema della considerazione del legittimario siccome parte o terzo, altro il problema dell interesse ad agire. Problemi che, invece, la evocata giurisprudenza finisce con il confondere tra loro, al punto da far dipendere la qualifica del legittimario siccome terzo o parte dalla sua legittimazione all azione e, quindi, dalla proposizione dell azione di riduzione, posto che la proposizione di questa è, per la giurisprudenza, presupposto necessario per riconoscere al legittimario l interesse ad agire per l accertamento della simulazione. Nel convincimento che si tratta di problemi differenti, converrà, anche per ragioni sistematiche, muovere dal primo. duto, da parte degli eredi succeduti a titolo universale (che, versando nella stessa condizione del de cuius, non possono legittimamente dirsi terzi rispetto al negozio), soggiace a tutte le limitazioni stabilite dalla legge per la prova della simulazione tra le parti, con conseguente esclusione di quella per testi, per presunzioni, ovvero a mezzo di interrogatorio formale diretto a provocare la confessione della controparte. Nessuna limitazione probatoria incontra, per converso, l erede che agisca, in qualità di legittimario, per la tutela della propria quota di riserva (per la tutela, cioè, di un diritto suo proprio), a condizione che egli abbia contestualmente a proporre domanda di integrazione della quota»; Cass., , n. 4024, in Corriere giur., 1998, 906 nota di Di Ciommo, «Posto che la proposizione dell azione di simulazione, in funzione della collazione, non equivale all azione di riduzione, in difetto di espressa e puntuale richiesta di voler conseguire la reintegrazione della quota di riserva, la semplice istanza di collazione non è sufficiente ad attribuire al legittimario la posizione di terzo idonea a beneficiare delle agevolazioni probatorie stabilite dall art c.c.»; Cass., , n , in Foro it., 1997, I, c. 3337, «Il legittimario è ammesso a provare con ogni mezzo, in quanto terzo, la simulazione del negozio dispositivo posto in essere dal de cuius solo quando contestualmente all azione di dichiarazione della simulazione proponga domanda di riduzione per la reintegrazione della quota ereditaria»; Cass., sez. II, , n. 8942, in Notariato, 1995, 2, 113 con nota di Tomasi, «Al fine della prova della simulazione di una vendita fatta dal de cuius il legittimario può essere considerato terzo e come tale beneficiante delle agevolazioni probatorie previste dall art c.c. solo quando contestualmente all azione di dichiarazione della simulazione proponga, sulla premessa che l atto simulato comporti una diminuzione della sua quota di riserva, una domanda di riduzione della donazione dissimulata diretta a far dichiarare che il bene fa parte dell asse ereditario e che la quota spettantegli va calcolata tenendo conto del bene stesso e non anche quando siasi limitato a chiedere l accertamento della simulazione senza alcuna connessa domanda di reintegrazione della legittima»; Cass., , n. 9507, in Mass. Giur. it., 1987, «L erede legittimario, che chieda la dichiarazione di simulazione di una vendita fatta dal de cuius celante in realtà una donazione dissimulata, non è terzo solo perché estraneo alla stipulazione dell atto asseritamente simulato, ma agisce per la tutela di un proprio diritto e deve considerarsi terzo rispetto alle parti contraenti, con conseguente ammissibilità senza limiti della prova presuntiva, quando, contestualmente all azione di simulazione, proponga in concreto, sulla premessa che l atto simulato comporti una diminuzione della sua quota di riserva, una domanda di riduzione (o di nullità o d inefficacia) della donazione dissimulata, diretta a far dichiarare che il bene fa parte dell asse ereditario e che la quota spettantegli va calcolata tenendo conto del bene stesso, e non pure quando proponga in via principale ed autonoma solo la domanda di simulazione, la quale sia quindi semplicemente preordinata a consentire la proposizione della domanda di riduzione in un futuro giudizio»; Cass., , n. 5947, in Mass. Giur. it., 1986, «Al fine della prova della simulazione del contratto, l erede di uno dei contraenti può considerarsi terzo, e come tale beneficiante dell ammissibilità della prova testimoniale senza limiti ove faccia valere non un diritto del de cuius, nel quale sia subentrato a seguito di successione, ma un diritto proprio, pregiudicato dal contratto simulato; pertanto, nel caso in cui l erede deduca la simulazione di una vendita stipulata dal de cuius, in quanto dissimulante una donazione, la suddetta libertà di prova può essere riconosciuta a condizione che l erede medesimo invochi la simulazione quale mezzo al fine di conseguire, nello stesso giudizio, la tutela delle proprie ragioni di legittimario, con la riduzione della donazione dissimulata o l inclusione del bene nel patrimonio ereditario»; Cass., , n. 1361, in Foro it., 1969, c. 1720, «Ai fini della domanda diretta a far valere la simulazione di atti del de cuius l erede legittimario non ha veste di terzo, e quindi non può valersi senza limiti della prova testimoniale e di presunzioni, qualora agisca non per la sola reintegrazione della quota di riserva, ma altresì per il conseguimento della disponibile». Nella giurisprudenza di merito: App. Bologna, , massima redazionale inedita, «L erede legittimario che chieda la dichiarazione di simulazione di una vendita fatta dal de cuius e che potrebbe nascondere una donazione, agisce per la tutela di un proprio diritto e deve pertanto considerarsi terzo rispetto alle parti contraenti; pertanto, proprio per tale sua posizione, può provare la simulazione mediante prova testimoniale e presunzioni senza limiti di sorta, sempreché contestualmente proponga anche una domanda di riduzione della donazione dissimulata al fine di far rientrare il bene donato nell ambito dell asse ereditario (nel caso di specie, peraltro, dalle prove espletate non è stata ritenuta in alcun modo raggiunta la dimostrazione dell accordo simulatorio e della mancata corresponsione del prezzo pattuito, mentre è stato dimostrato che il corrispettivo versato era congruo ed adeguato al valore dei beni trasferiti per atto di vendita dal de cuius ad uno dei propri figli)»; Trib. Napoli, , in Notariato, 2007, 379, «Ai fini della prova della simulazione d una vendita posta in essere dal de cuius onde dissimulare una donazione, l erede deve essere considerato terzo ed, in quanto tale, beneficiare delle agevolazioni probatorie previste dall art c.c. solo quando, contestualmente all azione intesa alla dichiarazione della simulazione, proponga, facendo valere anche la sua qualità di legittimario e sulla specifica premessa che l atto dissimulato comporti una lesione del suo diritto personale all integrità della quota di riserva spettantegli, un espressa e concreta domanda di riduzione (o nullità od inefficacia) della donazione dissimulata diretta a far dichiarare, in aggiunta all appartenenza del bene all asse ereditario, che la quota di riserva di sua pertinenza deve essere calcolata tenendo conto del bene stesso, non anche quando si sia limitato a chiedere l accertamento della simulazione nell ambito d una petitio hereditatis ma senza alcuna connessa ed esplicita domanda di reintegrazione della legittima. Ciò in quanto l erede legittimo, il quale miri semplicemente a far rientrare nella massa ereditaria un bene che assume solo apparentemente uscito dal patrimonio del de cuius, non lamenta lesione alcuna dei diritti successori a lui personalmente riconosciuti dall ordinamento nella sua qualità anche di legittimario ma fa valere, nella sua sola qualità di successore universale subentrato mortis causa in tutti i rapporti già facenti capo al de cuius, un diritto ricompreso nel patrimonio di quest ultimo, onde, venendosi a trovare nella medesima posizione del de cuius medesimo, rispetto al rapporto controverso incontra, non diversamente che per tutti gli altri rapporti già facenti capo allo stesso, tutte le limitazioni probatorie alle quali anche quegli sarebbe stato soggetto»; Trib. Genova, , massima redazionale inedita, «Il legittimario che impugni per simulazione (assoluta o relativa) un atto compiuto dal de cuius ha veste di terzo, e può quindi, avvalersi della prova testimoniale senza limiti, solo quando agisca per la reintegrazione della quota a lui riservata. Lo stesso soggiace invece alle limitazioni probatorie imposte alle parti quando l impugnazione sia proposta dallo stesso anche come erede e tenda pure al conseguimento della disponibile»; Trib. Catania, , in Giur. Aetnea, 2005, 1, 9, «Il legittimario, che agisca per l accertamento della simulazione, per essere svincolato dal divieto della prova testimoniale e per presunzioni, deve necessariamente proporre unitamente all azione di simulazione relativa, l azione di riduzione della donazione al fine di far aumentare la massa ereditaria, non potendosi giovare del meccanismo della collazione per conseguire la porzione spettantegli sull eredità: nel caso in cui l erede agisca per l acquisizione del bene donato al patrimonio ereditario ai soli fini della collazione, si troverebbe nella medesima posizione del suo dante causa, per cui egli non sarebbe terzo rispetto al negozio simulato, ma parte a tutti gli effetti»; Trib. Padova, , in Mass. Giur. civ. Patavina, 2006, «Nell ambito dell azione volta a tutelare le ragioni del legittimario pretermesso che chieda la riduzione del bene oggetto di compravendita, il complesso di presunzioni risultante dall istruttoria svolta risulta idoneo a rendere provata la simulazione relativa dell atto di compravendita che nasconde in realtà una donazione. Per giurisprudenza costante, all erede, il quale invochi la tutela delle proprie ragioni di legittimario, con la riduzione della donazione dissimulata, viene riconosciuta la libertà di prova della simulazione prevista per i terzi agendo nell ipotesi per un diritto proprio, mentre di tali agevolazioni probatorie, stabilite dall art c.c., non può avvantaggiarsi chi abbia proposto domanda di scioglimento della comunione, previa collazione, restando egli vincolato alla posizione del de cuius, nei cui rapporti subentra». Nello stesso senso, anche: Cass., , n , in Contr., 2006, 479; Cass., , n. 6315, in Impresa, 2003, 1059; Cass., , n , in Arch. civ., 2003, 531; Cass., sez. II, , n. 5700, in Notariato, 1995, 6, 539 con nota di De Bonis; Cass., , n. 893, in Mass. Giur. it., 1987; Cass., , n. 1049, in Mass. Giur. it., 1986; Cass., , n. 853, in Mass. Giur. it., 1986; Cass., , n. 4275, in Mass. Giur. It., 1984; Cass., , n. 3861, in Arch. civ., 1984, 1005; Cass., , n. 6744, in Dir. e giur., 1983, 898; Cass., , n. 4704, in Mass. Giur. it., 1981; Cass., , n. 4719, in Rass. dir. civ., 1981, 1136, con nota di Tatarano; Trib. Bari, , inedita; Trib. Trani, , in Familia, 2001, 1226; Trib. Roma, , in Giur. di Merito, 1993, 333, con nota di Granzotto; App. Torino, , in Giur. it., 1987, I, 2, c. 266, con nota di Ramella; App. Milano, , in Rass. dir. farm., 1985, 49; Trib. Roma, , in Temi romana, 1982, 218. Famiglia, Persone e Successioni giugno 2010

14 La soluzione del problema non ci pare che possa o debba essere diversa da quella già offerta per il caso delle alienazioni simulate. Crediamo che sussistano valide ragioni per affermare che, nel caso di liberalità dissimulata, il legittimario, che avvii l azione di simulazione, debba essere considerato un terzo( 43 ). E le ragioni sono, in tutto, simili a quelle già esposte per il caso di alienazioni simulate. Sicché, senza necessità di ripercorrerne tutta l argomentazione, sarà sufficiente qui un breve richiamo. A voler seguire l orientamento del Supremo Collegio, dovremmo considerare terzi il legittimario pretermesso e il legittimario chiamato che non avesse accettata l eredità, i quali, non essendo eredi, non sarebbero subentrati in alcun rapporto giuridico già facente capo al de cuius e, tra essi, neppure in quello nascente dal contratto di simulazione, mentre dovremmo considerare parte il legittimario chiamato che avesse accettata l eredità. Dovremmo, cioè, istituire una differenza che danneggia, ingiustificatamente, proprio colui che ha già fermato il procedimento successorio, favorendo, invece, coloro che ancora vi siano immersi, pur nella prospettiva di una eventuale chiusura a loro vantaggio. A maggior ragione se il legittimario pretermesso abbia proposto azione di riduzione, con ciò dimostrando, inequivocabilmente, la propria volontà di succedere( 44 ). Persuade, però, che il legittimario debba essere considerato, anche in questo caso, un terzo il tessuto normativo di riferimento( 45 ). Quando il legittimario impugna la liberalità dissimulata, indipendentemente dal fatto che sia pretermesso o chiamato e, in quest ultimo caso, indipendentemente dal fatto che abbia accettata o no l eredità, fa valere non già un diritto derivato dal defunto, bensì un diritto proprio: quello alla riunione fittizia. Egli intende far constatare giuridicamente che il bene è fuoriuscito dal patrimonio del de cuius in forza di un atto di liberalità e, quindi, contro l ereditando, domanda la riunione fittizia di quella liberalità. Non sarebbe possibile considerare terzo il legittimario se non si tenesse in conto che il legittimario che impugna una liberalità dissimulata non fa valere un diritto del defunto, bensì un diritto proprio e autonomo. Quello che gli è riconosciuto nella norma di cui all art. 556 c.c. La quale stabilisce, nell interesse esclusivo del legittimario, quali siano le operazioni di calcolo necessarie per misurare la di lui quota di legittima. Crediamo, allora, che soltanto ponendosi nella prospettiva normativa segnata dalla regola sulla determinazione della porzione disponibile è possibile comprendere che il legittimario tutela, con l azione di simulazione, un diritto proprio. Diritto dal quale, indipendentemente dall esperimento dell azione di riduzione, egli può trarre un evidente vantaggio in termini economici. ( 43 ) In questo senso, pur senza offrirne una specifica argomentazione, BARASSI, Le successioni per causa di morte, cit., 195, il quale si limita a osservare che è terzo, perché non è parte del contratto. ( 44 ) Questo modo di argomentare ha indotto, in talune sentenze, una soluzione concreta che nega la stessa premessa dalla quale l indagine muove. Cass., , n , in Contr., 2006, 5, 479, «Il legittimario che impugni per simulazione un atto compiuto dal de cuius ha veste di terzo, e può, quindi, avvalersi della prova testimoniale senza limiti solo quando agisca per la reintegrazione della quota a lui riservata, mentre soggiace alle limitazioni probatorie imposte alle parti quando l impugnazione sia proposta dallo stesso anche come erede e tenda anche al conseguimento della disponibile. Tuttavia, detto esonero dalle limitazioni probatorie a favore del legittimario che agisca per il recupero o la reintegrazione della legittima non può ritenersi contemporaneamente concesso e non concesso, nel caso in cui l impugnazione dell atto sia destinata a riflettersi comunque, oltre che sulla determinazione della quota di riserva, anche sulla riacquisizione del bene oggetto del negozio simulato al patrimonio ereditario, sicché il legittimario se ne avvantaggia sia in tale sua qualità, sia in quella di successore a titolo universale: in tal caso egli è esonerato in modo completo dalle limitazioni probatorie in tema di simulazione, non potendosi applicare, rispetto ad un unico atto simulato, per una parte una regola probatoria, e per un altra parte una regola diversa»; Cass., , n , in Guida dir., 2004, 40, 65, «II legittimario che impugni per simulazione (assoluta o relativa) un atto compiuto dal de cuius ha veste di terzo, e può, quindi, avvalersi della prova testimoniale senza limiti, solo quando agisca per la reintegrazione della quota a lui riservata. Lo stesso soggiace, invece, alle limitazioni probatorie imposte alle parti quando l impugnazione sia proposta dallo stesso anche come erede e tenda pure al conseguimento della disponibile. Detto esonero dalle limitazioni probatorie a favore del legittimario che agisca per il recupero o la reintegrazione della legittima, tuttavia, non può ritenersi contemporaneamente concesso e non concesso in parte, nel caso in cui l impugnazione dell atto sia destinata a riflettersi, comunque, oltre che sulla determinazione della quota di riserva, anche sulla riacquisizione del bene oggetto del negozio simulato al patrimonio ereditario. In tale caso, pertanto, il legittimario è esonerato in modo completo dalle limitazioni probatorie in tema di simulazione, non potendosi applicare, rispetto a un unico atto simulato per una parte una regola probatoria per altra regola»; Cass., , n. 6078, in Contr., 2002, 778, «In tema di accertamento della simulazione di atti compiuti dal de cuius, il legittimario, in quanto terzo rispetto all asse ereditario, è esonerato dalle limitazioni di prova relative alla simulazione, conseguentemente, allorquando l impugnazione dell atto sia destinata a riflettersi, oltre che sulla determinazione della quota di riserva, anche sulla riacquisizione del bene oggetto del negozio simulato al patrimonio ereditario, questi si avvantaggerà di tale esonero sia in qualità di legittimario che in quella di successore universale, non potendosi applicare, rispetto ad un unico atto che si assume simulato, per una parte una regola probatoria e per un altra parte una regola diversa»; Cass., , n. 848, in Mass. Giur. it., 1999, «Il legittimario che impugni per simulazione un atto compiuto dal de cuius ha veste di terzo, e può, quindi, avvalersi della prova testimoniale senza limiti solo quando agisca per la reintegrazione della quota a lui riservata, mentre soggiace alle limitazioni probatorie imposte alle parti quando l impugnazione sia proposta dallo stesso anche come erede e tenda anche al conseguimento della disponibile. Tuttavia, detto esonero dalle limitazioni probatorie a favore del legittimario che agisca per il recupero o la reintegrazione della legittima non può ritenersi contemporaneamente concesso e non concesso in parte, nel caso in cui l impugnazione dell atto sia destinata a riflettersi comunque, oltre che sulla determinazione della quota di riserva, anche sulla riacquisizione del bene oggetto del negozio simulato al patrimonio ereditario, sicché il legittimario venga ad avvantaggiarsene sia in tale sua qualità, sia in quella di successore a titolo universale: in tal caso il legittimario è esonerato in modo completo dalle limitazioni probatorie in tema di simulazione, non potendosi applicare rispetto ad un unico atto simulato per una parte una regola probatoria, e per un altra parte una regola diversa. Il principio esposto vale, ovviamente, sia in caso di simulazione assoluta, sia nella ipotesi di atto relativamente simulato, che dissimuli un negozio nullo, poiché il bene oggetto del negozio dissimulato viene comunque interamente recuperato all asse ereditario»; App. Roma, , massima redazionale inedita, «Il legittimario, che impugni per simulazione un atto compiuto dal de cuius, ha veste di terzo e può, quindi, avvalersi della prova testimoniale senza limiti, ma solo quando agisce per la reintegrazione della quota a lui riservata, mentre soggiace alle limitazioni probatorie, imposte alle parti, quando l impugnazione sia proposta dallo stesso anche come erede e tenda anche al conseguimento della disponibile. Tuttavia, detto esonero dalle limitazioni probatorie a favore del legittimario, che agisca per il recupero o la reintegrazione della legittima, non può ritenersi contemporaneamente concesso o non concesso, nel caso in cui l impugnazione dell atto sia destinata a riflettersi, comunque, oltre che sulla determinazione della quota di riserva, anche sulla riacquisizione del bene, oggetto del negozio simulato, al patrimonio ereditario, sicché il legittimario se ne avvantaggia sia in tale sua qualità, sia in quella di successore a titolo universale. In tal caso egli è esonerato in modo completo dalle limitazioni probatorie in tema di simulazione, non potendosi applicare, rispetto ad un unico atto simulato, per una parte una regola probatoria e per un altra parte una regola diversa». Nello stesso senso: Cass., , n. 1999, in Mass. Giur. it., ( 45 ) Non convince la posizione di F.S. AZZARITI, MARTINEZ, GIU. AZZARITI, Successioni per causa di morte e donazione, cit., 266, i quali considerano il legittimario terzo nella misura in cui abbia accettato con beneficio di inventario. Così scrivono: «lì ove l erede intenti l azione di simulazione senza anche aver fatto accettazione dell eredità con beneficio d inventario, debba ritenersi che da lui si agisca in veste di parte del negozio giuridico, e non come terzo, e che quale parte e non terzo debba sottostare ai limiti della prova che la legge dispone ogniqualvolta la domanda di simulazione non sia proposta da un terzo, a prescindere da ogni accertamento sul se da lui si agisca, nel caso pratico, a tutela della quota indisponibile o per conseguire la porzione di eredità che a lui spetti in base alla successione legittima» giugno Famiglia, Persone e Successioni 6

15 Perché, anche prescindendo dall azione di riduzione, il legittimario il quale faccia constatare che un certo bene è stato oggetto non già di un atto oneroso, bensì di un atto di liberalità, vede, incrementare la propria quota di legittima. Se all esito del vittorioso esperimento dell azione di simulazione si accertasse che il bene del valore, per ipotesi, di 50 fu oggetto di donazione, esso dovrà essere fittiziamente riunito alla massa dei beni. Sicché ipotizzando che il relictum abbia un valore pari a 100, ben diversa sarà la condizione giuridica del legittimario a seconda che il bene di 50 debba, o no, essere fittiziamente riunito alla massa. Nel primo caso il montante sul quale calcolare la propria quota di legittima sarà di 100, mentre nel secondo di 150. Ed è fin troppo ovvio che, data una quota ideale, quale che sia, il suo valore concreto sarà minore o maggiore a seconda del valore assoluto sul quale essa andrà calcolata, essendo la quota una variabile dipendente direttamente proporzionale del suo termine di riferimento. Questa considerazione, se, per un verso, ci pare che giustifichi il riconoscimento al legittimario che agisca in simulazione la posizione giuridica di terzo, per altro verso, apre l orizzonte sul secondo problema: se l azione di simulazione, in caso di liberalità dissimulate, possa essere proposta soltanto in uno con l azione di riduzione. 10. Segue: azione di simulazione e azione di riduzione Chiarito che il legittimario che impugni una liberalità dissimulata deve essere considerato terzo, si tratta di verificare la ragionevolezza della singolare relazione istituita dall unanime giurisprudenza di legittimità tra azione di simulazione e azione di riduzione( 46 ). Ossia il convincimento che il legittimario ha interesse a promuovere l azione di simulazione se e in quanto possa promuovere ed, effettivamente, promuova anche l azione di riduzione( 47 ). Anche in questo caso il dissenso deve essere fermo. La giurisprudenza che giunge a questo paradossale risultato, pur movendo dalla corretta premessa che il vittorioso esperimento dell azione di simulazione, quando essa riguardi una liberalità dissimulata, incide sulla terza fase delle operazioni di calcolo della legittima, ossia la riunione fittizia delle donazioni, vi toglie una conclusione del tutto irragionevole. La quale confonde, tra loro, quasi come fossero un identità, il diritto alla riunione fittizia, ai fini del calcolo della quota di legittima, con il diritto di riduzione delle donazioni lesive della quota di legittima. Ciò, con il paradossale e già denunciato risultato, che non viene ammesso a provare la simulazione il legittimario non soltanto nel caso in cui la liberalità non sia lesiva della quota di legittima, ma anche nel caso in cui egli non si trovi nella condizione giuridica di poter promuovere l azione di riduzione. Altro è il diritto del legittimario alla riunione fittizia, altro il diritto del legittimario alla azione di riduzione( 48 ). Essi non soltanto si collocano su piani distinti, ma ricevono da parte del nostro legislatore differenti discipline. Il primo, infatti, costituisce una delle quattro operazioni necessarie al fine di determinare quali siano la porzione disponibile e quella indisponibile. Si tratta di un operazione matematica, meramente fittizia, la quale è necessaria e indefettibile. Il de cuius e gli eredi non hanno possibilità alcuna di rinunciarvi, di derogarne il funzionamento o di evitarne l effettività. Al punto che sullo stesso ereditando incombe il divieto di imporre pesi o condizioni sulla quota dei legittimari. Il secondo, invece, è il diritto riconosciuto al legittimario, leso nella propria quota di legittima, ad essere reintegrato nel mal tolto o nel non attribuito. Esso non soltanto è diritto esclusivo di ciascun legittimario, ma è, altresì, rinunciabile, purché la rinunzia sia successiva all apertura della successione( 49 ). I vantaggi, in termini economici, che dipendono dall uno e dall altro, seppure, spesso sono tra loro correlati, non si pongono in rapporto di esclusività. Se ci si pone nell orizzonte normativo segnato dalla regola sulla determinazione della porzione disponibile è possibile comprendere come il legittimario tuteli, con l azione di simulazio- ( 46 ) Cass., sez. II, , n. 5947, in Giur. it., 1987, I,1, 1866, con nota di Azzariti, «L azione di simulazione è strumentale all azione di riduzione, ma resta priva di efficacia ove con la prima non sia proposta contestualmente anche l altra, che avrebbe dato al legittimario la possibilità di avvalersi, quale terzo, delle agevolazioni probatorie, delle quali diversamente non ha la possibilità di usufruire anche se già a lui concesse e fatte valere»; App. Roma, , massima redazionale, inedita: «In tema di azione di simulazione esercitata dall erede, va ribadito che, quando questi agisca per la nullità del contratto di compravendita stipulato dal de cuius, perché dissimulante una donazione e per la ricostruzione del patrimonio ereditario ai fini della divisione dello stesso, l azione è ammissibile solo se lo stesso erede faccia valere, rispetto all atto impugnato, la lesione del suo diritto di legittimario, proponendo espressamente una domanda di riduzione della donazione per lesione della legittima. Tale ultima azione trova la sua causa pretendi nella deduzione della qualità di legittimario e nella asserzione che la disposizione impugnata lede la quota di riserva»; Trib. Roma, , in Giur. di Merito, 2001, 888, «La collazione opera solo nei confronti dei donatari, rientranti nelle categorie di congiunti contemplate dall art. 737 c.c., e che siano chiamati come coeredi; nei confronti degli estranei, unico rimedio è dato dalla riduzione; se la riduzione non sia stata chiesta contro il donatario ovvero se l azione sia inammissibile, il legittimario in linea di principio non ha interesse a fare accertare la simulazione di eventuali atti di liberalità posti in essere dal de cuius, se non al limitato fine della riunione fittizia, per accertare l eventuale riducibilità di disposizioni testamentarie fatte in favore di soggetti chiamati come coeredi; tale interesse deve tuttavia a priori negarsi quando, sulla base degli stessi valori forniti dall interessato, il rapporto fra beni relitti e beni donati sia tale da escludere la possibilità di modificare la ripartizione dei beni prefigurata dal testamento, tenuto conto che in materia vige solo il principio della riduzione delle disposizioni lesive della riserva, mentre deve escludersi un diritto del legittimario di ripartire proporzionalmente fra tutti la ipotetica lesione derivante dalle pretese donazioni». ( 47 ) Così, MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, cit., 345, il quale, deliberatamente, dichiara di esaminare il caso della liberalità dissimulata nel capitolo dedicato all azione di riduzione e non anche in quello dedicato al calcolo della legittima, «in quanto l azione di simulazione si pone di regola in nesso di preordinazione, rispetto all azione di riduzione della donazione per lesa legittima, acquistando, così, valore meramente strumentale». ( 48 ) Chiaramente, MENGONI, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria, cit., 211. Il quale osserva che identificare il diritto alla riunione fittizia con il diritto di riduzione delle donazioni è gravemente errato. Si tratterebbe, scrive l A., di una «conclusione platealmente arbitraria, sia in linea logica, sia in linea esegetica: l art. 556 non accenna a un simile limite del diritto alla riunione fittizia. Probabilmente la giurisprudenza subisce tuttora la suggestione dell art. 882 c.c. 1865, che prospettava le operazioni di calcolo della legittima come mezzi preordinati alla riduzione. Ma l art. 822 non intendeva dire che la riunione fittizia potesse essere domandata soltanto dal legittimario in grado di avvalersene per l eventuale riduzione delle donazioni. La riunione fittizia serve anzitutto a determinare quanta parte del relictum è destinata a formare la legittima, e così a determinare la riduzione delle disposizioni testamentarie, per ottenere la quale, nella misura in cui vi risultino soggetti i coeredi, non è necessario accettare l eredità con beneficio d inventario». ( 49 ) Recentemente, NATALE Autonomia privata e diritto ereditario, Padova, 2009, 395 ss. il quale precisa come quello dei legittimari all azione di riduzione sia un diritto «patrimoniale, disponibile e potestativo», il quale produce come effetto la stabilizzazione delle situazioni giuridiche «che si annodano alle disposizioni lesive dei diritti del legittimario rinunziante». L A., precisa che la rinunzia all azione di riduzione non può assumere il valore di cui all art. 590 c.c. Il rilievo è evidente, se solo si considera che il testamento che leda il diritto di un legittimario non soltanto per questo è nullo e che il presupposto dell operatività della regola di cui all art. 590 c.c. è che ci si trovi dinanzi a un testamento nullo. conferma ed esecuzione. Famiglia, Persone e Successioni giugno 2010

16 ne, un diritto proprio. Dal quale, indipendentemente dall esperimento dell azione di riduzione, può trarre un evidente vantaggio in termini economici. Per avvedersene si faccia il seguente caso. Tizio, mancando ai vivi, lascia dietro di sé, quale legittimario, il solo figlio Caio; un relictum pari a 90 e nessun debitum. Supponiamo che in vita abbia dissimulato una liberalità del valore di 50 a vantaggio dell estranea Calpurnia. Ipotizziamo, ancora, che, con proprio testamento abbia istituito eredi, in parti eguali, il figlio Caio e il cugino Sempronio. A Caio e Sempronio dovrebbero spettare, rispettivamente, 45. Supponiamo, però, che Caio, per qualsivoglia ragione personale, non abbia alcuna intenzione, ove ne ricorressero i presupposti, di agire in riduzione contro la donataria Calpurnia. Per codesta ragione, egli ha accettata l eredità puramente e semplicemente. A seguire il ragionamento della Suprema Corte di Cassazione, in capo a Caio difetterebbe l interesse a promuovere l azione di simulazione. Perché, per usare le parole della Corte, «allorquando sia stato impugnato un negozio oneroso siccome dissimulante una donazione, essendo il negozio dissimulato rivestito della forma prescritta, l azione di simulazione è in funzione unicamente dell azione di riduzione e perciò in tanto può essere proponibile, in quanto sussista il presupposto cui è condizionata la proposizione della seconda e cioè l accettazione con beneficio d inventario»( 50 ). L esempio proposto svela, però, il tralatizio errore giurisprudenziale. Caio, infatti, nel caso di specie, ha tutto l interesse a far accertare la simulazione. E ciò, non perché l azione di simulazione debba essere unicamente ed esclusivamente preordinata all azione di riduzione, ma perché, per effetto di essa, il legittimario Caio intende far valere il proprio diritto alla riunione fittizia. Una volta che Caio abbia vittoriosamente esperita l azione di simulazione, la situazione patrimoniale dell eredità di Tizio risulterebbe significativamente modificata. Accertata la simulazione, le operazioni di calcolo per determinare la quota legittima attenderanno a questo risultato: relictum pari a 90 e debitum pari a 0 e donatum pari a 50, per un valore complessivo 140. Caio, essendo stato onorato nel testamento di Tizio, per la metà, avrebbe conseguito 45. Ma, in qualità di legittimario a quegli spetterebbe ½ del patrimonio ereditario. Cioè 70. Avendo ricevuto soltanto 45, sarebbe leso per 25. Caio, quindi, potrebbe agire in riduzione, non già contro Calpurnia, la cui donazione, per altro, non sarebbe, in tale caso, neppure riducibile, essendo compresa nella quota disponibile, ma contro il coerede, Sempronio. Potrebbe chiedere, cioè, la riduzione della disposizione testamentaria( 51 ). Sicché, all esito, dei 90 che costituiscono il relictum, pur essendo Caio e Sempronio istituiti eredi in parti eguali, conseguirebbero, il primo 70, mentre il secondo soltanto 20( 52 ). Come si capisce agevolmente dall esempio svolto, se si negasse a Caio la legittimazione a promuovere l azione di simulazione, per il semplice rilievo che quegli non si trova nella condizione giuridica di chiedere la riduzione della donazione, della quale chiede l accertamento della simulazione, si finirebbe con il negargli il diritto alla riunione fittizia, ossia un diritto che, indipendentemente, dall azione di riduzione, consente al legittimario di attendere a un risultato economicamente utile. Ev è, perfino, di più. Perché l interesse del legittimario a domandare la simulazione potrebbe sussistere non soltanto nel caso, appena profilato, in cui la donazione è integralmente compresa nella quota disponibile, ma anche nel caso in cui la donazione non fosse, integralmente, compresa nella quota disponibile. Utilizzando l esempio precedente, si supponga che il relictum ammonti a 50 e che la liberalità dissimulata a vantaggio di Calpurnia ammonti a 60. Secondo le disposizioni testamentarie a Caio e Sempronio dovrebbero spettare, rispettivamente, 25. Se si accertasse la simulazione, le operazioni di calcolo della quota legittima, attenderebbero al risultato complessivo di 110 (relictum pari a 50 e debitum pari a 0 e donatum pari a 60). Caio, essendo stato onorato nel testamento di Tizio, per la metà, avrebbe conseguito soltanto 25. In qualità di legittimario, gli spetterebbe ½ del patrimonio ereditario, ossia 55. Risulterebbe, dunque, leso per 30. Caio, pur potendo, in questo caso, agire in riduzione anche contro Calpurnia, la cui donazione eccederebbe la quota disponibile, potrebbe decidere di agire soltanto contro il coerede e conseguire, comunque, un evidente vantaggio economico. Potrebbe, cioè, chiedere la riduzione della disposizione testamentaria. Sicché, dei 50 che costituiscono il relictum, pur essendo Caio e Sempronio istituiti eredi in parti eguali, il primo conseguirebbe l intero 50, mentre il secondo non riceverebbe nulla. Pur se non volesse o non potesse agire in riduzione contro la donataria, la cui donazione, almeno per 5 potrebbe essere riducibile, nondimeno Caio avrebbe interesse all azione di simulazione. La quale, proprio perché diretta a tutelare il diritto proprio e autonomo del legittimario, prescinde dall azione di riduzione. Sicché il condizionare l azione di simulazione ai presupposti per l esercizio dell azione di riduzione della donazione di cui si chiede l accertamento della simulazione, varrebbe a pregiudicare, ingiustificatamente, il diritto del legittimario( 53 ). A maggior ragione, nel caso in cui il testatore insieme ai legitti- ( 50 ) Così, Cass., , n , in Mass. Giur. it., ( 51 ) Vale la pena di osservare che la riduzione delle disposizioni testamentarie, diversamente dalla riduzione delle donazioni, e nel solo caso di concorso tra successori legittimi e successori legittimari, opera automaticamente. Chiara, in tal senso, la pagina di BONILINI, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, cit., 152, «L art. 553 c.c. prevede la riduzione automatica delle porzioni degli eredi legittimi in concorso con i legittimari. La norma, che riguarda l ipotesi in cui si abbia successione intestata con concorso tra legittimari e altri successibili, mira ad impedire che i primi conseguano meno di quanto loro spetterebbe in virtù delle norme sulla successione necessaria, attuando la riduzione di quanto spettante ai non legittimari, nei limiti in cui sia necessaria per integrare la quota riservata ai legittimari, i quali, però, debbono imputare a questa, ai sensi dell art. 564 c.c., quanto abbiano ricevuto dal defunto a titolo di donazioni o di legati». ( 52 ) Scrive MENGONI, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria, cit., 211, «Il legittimario accettante puramente e semplicemente, pur non avendo diritto di integrare la legittima sui beni donati a estranei ha interesse a chiederne la riunione fittizia quando venga all eredità insieme con coeredi non legittimari o con legittimari avvantaggiati da de cuius sulla disponibile». Al riguardo l A., in nt. n. 111, propone un chiaro esempio costruito sul caso di de cuius che abbia avvantaggiato uno dei legittimari sulla disponibile. Tizio morendo istituisce eredi i propri figli Caio e Sempronio, il primo nella misura di 1/3 e il secondo nella misura di 2/3. Dato un relictum pari a 150 e una liberalità dissimulata a favore di un estraneo pari a 60, Caio ha interesse a far accertare la simulazione. Pur se la donazione è inattaccabile, non ledendo la legittima, l accertamento della simulazione evidenzia una lesione a danno di Caio. Il quale potrà chiedere la riduzione della disposizione testamentaria a favore del fratello Sempronio. ( 53 ) Tutto ciò non esclude la possibilità che il beneficiario di disposizioni lesive possa, convenzionalmente, riconoscere il diritto del legittimario. Sul punto recentemente NATALE Autonomia privata e diritto ereditario, cit., 428, il quale ammette l ammissibilità di un negozio di reintegrazione della legittima. giugno Famiglia, Persone e Successioni 6

17 mari abbia istituito eredi, genericamente nella quota disponibile, successibili non legittimari o estranei. Ma v è, perfino, di più. Ché il legittimario potrebbe aver interesse a far accertare la simulazione della liberalità dissimulata anche nel caso in cui nessuno dei coeredi fosse stato beneficiato con liberalità a carico della disponibile o nel caso, ancora più singolare, in cui egli fosse l unico erede dell ereditando. Se successivamente all accettazione da parte dell unico erede legittimario si scoprisse, per ipotesi, un testamento del quale non si aveva notizia al tempo dell accettazione, l erede non sarebbe tenuto, a norma del 2º co. dell art. 483 c.c., a soddisfare i legati scritti in esso con pregiudizio della porzione legittima che gli è dovuta( 54 ). Supponendo che Tizio, mancando ai vivi, abbia istituito con proprio testamento erede universale l unico figlio Caio; che il relictum ammonta a 100 e che durante la vita Tizio abbia dissimulato una liberalità del valore di 50 a vantaggio dell estranea Calpurnia; Caio potrebbe avere tutto l interesse a far accertare la dissimulazione della donazione. Perché all esito di tale accertamento si stabilirebbe che la sua quota disponibile non è pari a 50 (ossia ½ di 100, relictum), bensì 75 (ossia ½ di 150, pari a 100 di relictum e50didonatum)( 55 ). Se venisse, dunque, scoperto un testamento del quale non si aveva notizia al tempo dell accettazione, Caio non sarebbe tenuto a soddisfare i legati scritti in esso oltre il valore di 75 e non già oltre il minor valore di 50 di cui si dovrebbe tener conto se non si desse ingresso all azione di simulazione. Merita, dunque, piena condivisone e sicuro apprezzamento, la decisione del Tribunale romano, da cui il caso è tratto. Il giudice, con rigore metodologico, contrasta il tralatizio orientamento della Suprema Corte di Cassazione, di cui si premura di dar conto, osservando che esso «finisce per identificare il diritto alla riunione fittizia, concernente il calcolo della legittima, con il diritto di riduzione della donazione qualora il calcolo ne rilevi il carattere lesivo, in contrasto con il principio, altre volte sostenuto dalla stessa cassazione, per il quale la determinazione concreta della legittima è un operazione non solo preliminare per stabilire se la legittima sia salva o se invece, per la sua integrazione, si renda necessaria la riduzione delle disposizioni testamentarie e delle donazioni, ma da eseguire sempre quando sia rilevante stabilire quale sia nel caso l entità della legittima, come nell ipotesi in cui legittimari concorrano con successori legittimi o con istituiti non in quote determinate, ma genericamente nella disponibile»( 56 ). Sulla scorta di questa considerazione, avendo tratto alle liberalità dissimulate, conclude: «se ne deve dedurre che l azione di simulazione è proponibile, svincolata dal requisito della preventiva accettazione beneficiata, [...], anche per una finalità di calcolo, per assoggettare a riduzione le disposizioni testamentarie o donazioni fatte a coeredi, come è nel caso in esame, in cui l attrice deducendo la lesione, ha attaccato la donazione fatta alle sorelle coeredi; mentre il requisito dell accettazione beneficiata condizionerebbe l interesse del legittimario solo se l azione sia proposta esclusivamente in funzione della riduzione contro la liberalità dissimulata»( 57 ). & ( 54 ) L ipotesi si deve a MENGONI, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria, cit., 212. ( 55 ) In questa ipotesi dovrebbe, piuttosto, discutersi se il legittimario abbia un interesse attuale e concreto. Potrebbe, infatti, ipotizzarsi che il suo interesse sia, soltanto, eventuale e astratto, destinato a tramutarsi in attuale e concreto, soltanto all esito della scoperta di un testamento del quale non si aveva notizia al tempo della accettazione. ( 56 ) Così, nel testo della decisione del Tribunale di Roma da cui è tolto il caso. ( 57 ) Così, nel testo della decisione del Tribunale di Roma da cui è tolto il caso. Famiglia, Persone e Successioni giugno 2010

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