Nella guerra contro lo Stato islamico

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1 SABATO 27 SETTEMBRE In Italia (con IO Donna ) EURO 1,90 ANNO N. 229 Milano, Via Solferino 28 - Tel Roma, Via Campania 59/C - Tel DAL 28 SETTEMBRE AL 2 OTTOBRE Tempi liberi FONDATO NEL 1876 Internet Domani Costruirsi in Rete una finta vita I nuovi bugiardi il servizio a pagina 31 Beni culturali L arte in prestito? Non tutta e non sempre di Vincenzo Trione nel supplemento Servizio Clienti - Tel mail: servizioclienti@corriere.it DAL 28 SETTEMBRE AL 2 OTTOBRE 2015 Una battaglia, anche culturale I TERRORISTI CHE SONO TRA NOI di Sergio Romano Mafia e inchieste Dal processo all ex generale Mori spunta il «Protocollo Farfalla». I Servizi: tutto legittimo Svelate le indagini occulte degli 007 I pm di Palermo: un patto per avere informazioni a pagamento dai boss in carcere 40927> Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano Nella guerra contro lo Stato islamico vi sono almeno due battaglie da combattere con metodi diversi. La prima è militare. Sarà necessario liberare i territori iracheni occupati dalle milizie islamiste e riconquistare Raqqa (la loro capitale siriana) senza troppo disquisire sulla possibilità che l operazione possa giovare al regime di Bashar al Assad. Questa guerra verrà fatta prevalentemente dall aria per consentire ai peshmerga curdi di cacciare l Isis dalle loro terre e all esercito iracheno di riconquistare le regioni perdute. Ma non è escluso che qualche contingente occidentale debba partecipare alle operazioni. La posta è troppo alta perché l Europa e gli Stati Uniti possano limitarsi a combattere per procura. Questa non è una vicenda in cui basti raccogliere qualche successo militare. Occorre dimostrare che il progetto del Califfato non è soltanto una intollerabile manifestazione di barbarie; è anche un disegno assurdo, irrealizzabile, dannoso per tutti i Paesi della regione. La guerra a oltranza, in questo caso, serve anche a convincere i giovani combattenti dell Isis che il fanatismo non rende invulnerabili, che la vita non merita di essere bruciata in questo modo. La seconda battaglia deve essere combattuta in Occidente contro cellule composte da fanatici alla ricerca di una nuova fede e da veterani di altre battaglie islamiste (più di 3 mila secondo il coordinatore europeo della lotta contro il terrorismo). Conosciamo i loro obiettivi: creare quinte colonne che ci minaccino nelle nostre case, coinvolgere nella lotta le comunità musulmane, costringerci ad adottare misure che rendano lo scontro sempre più aspro, promuovere se stessi al rango di nemici ufficiali dei nostri Paesi. Sono gli obiettivi di tutti i terrorismi, dalle Brigate Rosse agli irlandesi dell Ira e ai baschi dell Eta. Vincono quando il loro nemico comincia a subire ricatti e a trattarli come combattenti. Spetta a noi evitare reazioni che possano favorire la loro strategia. Per vincere abbiamo un arma che potrebbe rivelarsi efficace: i musulmani europei. Se sapremo coinvolgerli, saranno i nostri migliori alleati. Ne esistono le condizioni. Come quella creata durante la prima guerra del Golfo, la coalizione contro l Isis non potrà mai essere definita una «crociata» composta da Paesi cristiani. È una ragionevole alleanza fra Paesi di tradizione cristiana e Paesi di tradizione musulmana. Mi piacerebbe che gli storici, un giorno, parlassero della guerra contro l Isis come dell evento che maggiormente avvicinò il mondo della cristianità e quello dell Islam. Napoli Dopo la condanna Se questo è un sindaco De Magistris non molla e attacca anche i giudici di Pierluigi Battista SETTEGIORNI di Francesco Verderami Berlusconi, il governo e l idea di sostituire Ncd erlusconi vuole allearsi B con Ncd per i governi regionali o vuole sostituirsi a Ncd al governo nazionale? Ultimamente pensieri parole opere (e omissioni) del Cavaliere assai contraddittori hanno alimentato il dubbio sul suo reale intento: cerca Alfano o aspira a Renzi? continua a pagina 11 Maturità senza prof esterni, fine di un era Piano per risparmiare un miliardo. Tagli anche agli atenei, la protesta dei rettori di Leonard Berberi iente più membri esterni a N partire dalla prossima Maturità: solo il presidente della commissione arriverà da un altro istituto. È una delle 42 voci del piano di spending review da un miliardo su Istruzione e ricerca. Prevista la riduzione di oltre 8 mila unità tra il personale tecnico-amministrativo: l obiettivo è assumere 148 mila docenti precari. «Infuriati» i rettori per i 570 milioni di tagli che rischiano le università. a pagina 23 IDEE& INCHIESTE TERZO SETTORE RIFORMA VUOTA E TASSA INIQUA di Giangiacomo Schiavi l decreto che ridisegna il I welfare rischia di essere una scatola vuota. Le associazioni continuano la campagna no profit no Iva per ridurre le tasse sulla beneficenza. a pagina 29 i inchioda alla poltrona di sindaco di Napoli malgrado le S disposizioni della legge Severino, inveisce, ex magistrato d assalto, contro una sentenza della magistratura. Luigi de Magistris resiste come un politico qualunque, come un politico che avrebbe messo volentieri ai ceppi. È il simbolo della fine di una stagione: quella del giustizialismo forcaiolo. a pagina 29 - alle pagine 2 e 3 Bufi, Garibaldi, Serra Giannelli OLTRE LA CRISI LA RIVINCITA DEI MESTIERI di Maurizio Ferrera estiere, una parola antica M tornata di moda. E il rafforzamento della formazione «di mestiere» è indispensabile per risolvere il dramma della disoccupazione giovanile. a pagina 29 di Alessandro Trocino asta slogan, va ridisegnata l agenda politica «B dando priorità a famiglia e lavoro». Mentre il segretario della Conferenza episcopale italiana Galantino sferza il governo, dagli Usa il premier Renzi torna sull articolo 18: «Il reintegro crea lavoratori di serie B». da pagina 6 a pagina 9 Galluzzo, Meli, L. Salvia ANSA / CIRO FUSCO di Giovanni Bianconi l processo d appello contro A l ex generale Mori affiora il «Protocollo Farfalla» siglato da Sisde e Direzione delle carceri nel Mori guidava il servizio segreto civile per pagare informazioni a mafiosi reclusi: per i Servizi è legittimo, per i pm una prova dell attività «opaca e occulta» di Mori. a pagina 5 IL CASO PEDOFILIA «Feste all estero con minorenni» Controlli sui viaggi dell ex nunzio di Fiorenza Sarzanini i concentrano su alcuni S viaggi all estero, durante i quali avrebbe partecipato a incontri a «luci rosse» con minori, gli accertamenti della gendarmeria vaticana sugli abusi sessuali di cui è accusato monsignor Jozef Wesolowski, arrestato quattro giorni fa. a pagina 21 Lavoro Renzi: l articolo 18 crea cittadini di serie A e B I vescovi al premier: «Ora basta slogan» LE MISURE Sanità e Fisco: detrazioni Irpef solo per i redditi più bassi di Mario Sensini a pagina 46

2 # 2 Sabato 27 Settembre 2014 Corriere della Sera Primo piano Il caso Napoli Divorzio tra de Magistris e le toghe I giudici: le sue parole inaccettabili Il sindaco dopo la condanna: io resto, si dimettano i magistrati. Grasso: va sospeso dall incarico La scheda La cosiddetta legge Severino (il decreto legislativo 31 dicembre 2012 n. 235) disciplina «l incandidabili tà e divieto di ricoprire cariche elettive e di governo» in conseguenza di sentenze definitive di condanna per delitti non colposi NAPOLI Che non ha alcuna intenzione di dimettersi da sindaco, Luigi de Magistris lo aveva già detto l altro giorno e pure il giorno prima, appena saputo della sentenza che lo condanna a un anno e tre mesi (pena sospesa) per abusi commessi quando, da pm di Catanzaro, acquisì senza autorizzazione del Parlamento, i dati relativi alle utenze telefoniche di alcuni deputati. Ma ieri è stato il giorno in cui dalla dichiarazione è passato ai proclami. E non solo. Ha pure lanciato messaggi, promesso (o minacciato) divulgazioni clamorose, espresso a voce alta disprezzo verso alcuni «non tutti, ma alcuni sì» rappresentanti della categoria alla quale apparteneva prima di darsi alla politica: i magistrati. Del resto c era da aspettarselo. Ieri mattina de Magistris aveva appuntamento con la sua platea di riferimento, che non è più quella delle piazze dove in campagna elettorale gridava «amma scassà», né è mai stata quella delle «assemblee di popolo» promesse, sempre in campagna elettorale, ma mai fatte. La sua assemblea ora è solo quella istituzionale del consiglio comunale, che In aula Il primo cittadino ieri si è presentato in consiglio comunale per la discussione del bilancio I nemici L ex pm: i miei nemici sono i poteri criminali che vogliono conquistare la città da ieri è riunito per l approvazione del bilancio. E qui il sindaco non solo ha ribadito che alle dimissioni non ci pensa proprio, ma ha detto che «dovrebbe piuttosto dimettersi chi mi ha condannato. E dovrebbe anche vergognarsi». Una bordata che gli è valsa immediatamente la replica dell Associazione nazionale magistrati: «Pur non entrando nel merito della vicenda giudiziaria, le espressioni usate vanno ben oltre i limiti di una legittima critica a una sentenza, perché esprimono disprezzo verso la giurisdizione. Si tratta di parole tanto più inaccettabili poiché provenienti da un uomo delle istituzioni che ha per anni anche svolto la funzione giudiziaria». E Raffaele Cantone, ora a capo dell Anticorruzione, amico dell ex pm, sottolinea di «non condividere nessuna parola» pronunciata da de Magistris perché un «magistrato rispetta le sentenze». «Ma il mio non era un attacco alla sentenza ma alla magistratura corrotta», è la risposta di de Magistris che certo non attenua i toni. E meno male che invece si è tenuto basso nel commentare quanto dichiarato dal presidente del Senato Grasso, ieri a Napoli, che ha detto: «La legge Severino va applicata, e quindi ci sarà un provvedimento del Prefetto non appena si renderà esecutiva la sentenza o si depositerà la motivazione». «Parole legittime», le ha definite il sindaco, che i suoi nemici li vede altrove. «Nei poteri criminali che vogliono mettere le mani sulla città», e perciò opererebbero contro di lui. Poteri criminali che, nel linguaggio di de Magistris, sono l evoluzione dei poteri forti. Perché «la mafia ha deciso di infiltrarsi, di non colludere più con la politica e di prendere la forma delle istituzioni». De Magistris promette che se «malauguratamente» dovesse essere sospeso, «vorrà dire che starò meno a Palazzo San Giacomo e di più in mezzo alla strada». E attacca la Severino, autrice, quando era Guardasigilli, della legge che gli costerà la poltrona: «Guarda caso era anche l avvocato di una mia controparte, e guarda caso ha fatto quella legge mentre il processo era in corso. Mi chiedo se sono solo coincidenze». F.B. L articolo 11 stabilisce la sospensione dalla carica per vari tipi di amministratori pubblici, tra i quali include i sindaci, che abbiano riportato una condanna anche non definitiva Le reazioni Renato Brunetta I fatti sono chiari e la legge è altrettanto chiara Pietro Grasso La legge Severino va applicata, ci sarà un provvedimento del prefetto Raffaele Cantone Non condivido le sue parole Un magistrato rispetta le sentenze Stefano Caldoro Confermo pieno spirito garantista che per me vale a 360 gradi Tra i reati per i quali è prevista la sospensione c è l abuso di ufficio (articolo 323 del codice penale), vale a dire quello per il quale de Magistris ha subito la condanna a un anno e tre mesi «Rispetti la legge Severino come tutti gli altri» Casson: la norma si applica anche se il reato è commesso prima dell elezione ROMA «Mi limiterei a rispettare le norme». Questo farebbe, al posto del sindaco di Napoli, Felice Casson, collega di de Magistris in quanto ex magistrato, e oggi senatore del Partito democratico, area Civati. Nel suo passato, le inchieste sulla strage di Peteano, su Gladio, sull incendio alla Fenice, sulle morti da inquinamento. Cosa farebbe dunque? «Dal punto di vista giuridico la vicenda è semplicissima: la legge Severino si applica, ed è stata ripetutamente applicata, a tutti i condannati anche solo in primo grado per violazione dell articolo 323, abuso d ufficio». Nel dispositivo della sentenza di Roma non sarebbe indicato alla cancelleria di trasmettere l atto alla Prefettura di Napoli. Senatore pd Felice Casson «Non ha importanza, l iniziativa può essere presa dalla cancelleria o dalla segreteria della Procura». La sospensione può non essere dovuta perché la condanna si riferisce a fatti precedenti all elezione a sindaco? «La legge Severino non commina una sanzione penale e quindi non è sottoposta alla questione della retroattività, come hanno stabilito ripetuti interventi di Corte Costituzionale, Consiglio di Stato e Cassazione. La norma intende tutelare l onorabilità delle persone elette». De Magistris annuncia che continuerà a fare il sindaco, magari per la strada. «Qui entriamo in una valutazione politica. De Magistris può agire politicamente nel modo secondo lui più opportuno. Allo stesso modo anche anticipare le dimissioni, senza aspettare che sia il prefetto di Napoli a sospenderlo, rientrerebbe nelle valutazioni di carattere politico». Anche invitare i giudici a dimettersi al posto suo è una scelta politica? «Politicamente ognuno si prende le sue responsabilità, che possono essere liberamente criticate». Lei, come ex magistrato e da tre legislature politico, le critica? «Dal punto di vista giuridico tutti devono rispettare le norme. Mi limiterei a rispettare le norme». Andrea Garibaldi

3 # Corriere della Sera Sabato 27 Settembre Lo scenario di Fulvio Bufi L attesa del prefetto La sospensione partirà dopo il sì al bilancio Nessun atto prima della notifica della prossima settimana Ex pm Luigi de Magistris è sindaco di Napoli dal 1 giugno 2011 Mi chiedono di dimettermi per questa condanna, ma guardandosi allo specchio e provando vergogna devono dimettersi quei giudici NAPOLI L opportunità politica e l opportunismo politico sono concetti che non possono entrare negli uffici di una prefettura, e certo non entrano nell ufficio di Francesco Antonio Musolino, che della prefettura di Napoli è il numero uno dal novembre del Toccherà a lui, calabrese dell Aspromonte, disporre, in base a quanto prevede la legge Severino, la sospensione di Luigi de Magistris da sindaco di Napoli. Non è contemplato che faccia valutazioni politiche: solo procedurali. Tecnicamente dovrà avviare la pratica quando dal Tribunale di Roma gli sarà trasmesso il dispositivo della sentenza, o, qualora i tempi dovessero slittare, le motivazioni. Fino ad allora al prefetto Musolino tocca fare come se non vedesse, non sentisse e non leggesse nulla di quello che sta accadendo. Come se non gli arrivasse nemmeno l eco delle polemiche e dei toni sempre più alti che de Magistris sta usando per commentare la condanna subita dal Tribunale di Roma e le conseguenze che ne deriveranno. Ci sarà abituato: l equilibrio per un prefetto, più che una dote è un «ferro del mestiere» e quindi ce l avrà sicuramente anche lui. Certo sa che dovrà prendere una decisione forse non difficile ma sicuramente delicata. E infatti «delicata» è l unica parola che utilizza in pubblico, sollecitato dai giornalisti, per definire questa vicenda. Delicata ma non urgente. Nel senso che non sarà in ogni caso la fretta ad orientare le mosse del prefetto. Non esiste da nessuna parte un countdown che scandisca le ultime ore di de Magistris a Palazzo San Giacomo, e non c è ragione affinché lo avviino negli uffici di piazza del Plebiscito, dove sarà recapitata la sentenza di Roma. E dove certo nessuno si rammarica che non sia arrivata ancora. Napoli sta vivendo giorni difficili e allo stesso Il rischio Il consiglio rimarrebbe in carica ma lo stop al sindaco avrebbe forti conseguenze politiche La prescrizione De Magistris potrebbe puntare alla dilatazione dei tempi per arrivare alla prescrizione tempo cruciali. La prospettiva di un sindaco obbligato a non essere più sindaco significa il fallimento di un progetto politico che, per quanto sia oggi criticato da tantissime parti, rappresenta comunque quello che i napoletani hanno scelto al momento del voto e che se vorranno bocceranno quando andranno a votare di nuovo. E, come se non bastasse, tutto questo accade nei giorni in cui il consiglio comunale si riunisce per approvare il bilancio. Formalmente se de Magistris venisse sospeso non cambierebbe nulla: il consiglio rimarrebbe in carica e il voto sull azione economico-finanziaria del Comune ci sarebbe Sodano, numero due in giunta Il vice condannato pronto a sostituirlo «Il mio caso completamente diverso» Assessore Tommaso Sodano, classe 1957, è assessore all Ambiente del Comune di Napoli oltre che vice di de Magistris MILANO Tommaso Sodano è il vice del sindaco di Napoli Luigi de Magistris. A rigor di logica, se l ex magistrato venisse sospeso dall incarico o si dimettesse, subentrerebbe al suo posto. Tuttavia anche Sodano, l anno scorso, ha subito una condanna a un anno di reclusione con sospensione della pena. «Sì, ma nel mio caso non si applica la legge Severino, perché non è un reato previsto dal testo», replica Sodano, che chiarisce subito di non voler concedere interviste. «Stiamo approvando il bilancio, ne avremo per tutta la notte, preferisco lasciar passare qualche giorno in modo che il quadro si chiarisca». Ma perché dice che la sua condanna non è equiparabile a quella di de Magistris? «Era una vicenda del tutto diversa, riguardava una manifestazione che era in atto... E no, guardi, ho detto che questa non è un intervista». Clic. L accusa nei confronti di Sodano era di aggressione ai danni di una vigilessa. L episodio risale al 2007, quando durante un consiglio comunale alcuni commercianti cercarono di entrare in aula; Sodano, allora senatore e consigliere comunale di Rifondazione comunista a Pomigliano, per lasciarli passare spinse una vigilessa, che lo denunciò. Il Tribunale di Nola un anno fa ha condannato il vicesindaco di Napoli per violenza. Lui commentò dicendo che la sua era stata «disobbedienza civile». Elvira Serra comunque. Ma politicamente sarebbe devastante e con conseguenze imprevedibili. E tutto questo al prefetto non può sfuggire. Quindi la mancata trasmissione della sentenza, che a questo punto slitterà sicuramente almeno alla prossima settimana, gli dà l opportunità non sgradita di avviare la procedura e disporre la (presumibile) sospensione del sindaco, quando il consiglio comunale avrà già votato il bilancio. E non solo: più tempo passa, più è probabile o almeno è auspicato che si abbassino i toni, in modo che la città possa accogliere la decisione del prefetto in un clima più disteso. Per ora siamo all opposto. E nell escalation di propositi bellicosi, de Magistris lancia, in maniera nemmeno tanto velata, un segnale anche a Musolino. «Innanzitutto la sospensione si può impugnare, si può fare ricorso. E comunque vedremo se sarò sospeso. E se sarò sospeso, vedremo quando sarò sospeso. Vedremo se qualcuno si prenderà la responsabilità di una sospensione lampo». Un «qualcuno» che può essere solo il prefetto. Ma è difficile credere che con quelle parole de Magistris abbia puntato a personalizzare uno scontro tra lui e il rappresentante del governo. Ben altri significati e strategie potrebbe nascondere il suo discorso. Potrebbe puntare alla dilatazione dei tempi sperando che si allunghino abbastanza da far maturare la prescrizione, in modo da uscire sicuramente pulito dall Appello. O davvero è convinto (come del resto dice) di poter essere assolto in secondo grado. O ancora, per quanto al momento sentendolo parlare appaia impossibile, ha in mente un percorso che gli consenta di gestire, anche mediaticamente, la sua ribellione alla sentenza con ancora la fascia tricolore addosso, per poi dimettersi in tempo per evitare la sospensione ed essere quindi ricandidabile.

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5 # Corriere della Sera Sabato 27 Settembre Primo piano Giustizia L inchiesta dal nostro inviato Giovanni Bianconi Generale Mario Mori, 75 anni, ufficiale dell Arma, entra nel Ros nel Ne diventa comandante nel 1998, promosso generale I servizi All inizio della carriera, dal 1972 al 1975 è al Sid (Servizio informazioni difesa). Lasciata l Arma, nel 2001, dirige il Sisde fino al 2006 (Di Vita) Il generale a processo e le accuse sul sistema «Farfalla» del Sisde «Soldi ai parenti di boss al 41 bis per ottenere informazioni» Il protocollo segreto di Mori Fini occulti I pm palermitani: ha perseguito finalità occulte e disatteso i doveri di lealtà La vicenda 17 luglio 2013, Mori è assolto per la mancata cattura di Provenzano nel Ieri il pg al processo di appello chiede la riapertura del dibattimento Nel 2006 Mori è assolto dall accusa di favoreggiamento a Cosa nostra, per la mancata perquisizione del covo di Riina nel 1993 PALERMO Dalle carte del processo d appello contro l ex generale Mario Mori affiora uno dei segreti inseguiti più a lungo dalle indagini antimafia dell ultimo decennio. Il cosiddetto Protocollo Farfalla, siglato dal Sisde e dalla Direzione delle carceri tra il 2003 e il 2004, quando Mori guidava il servizio segreto civile. Un patto per raccogliere informazioni a pagamento da detenuti di Cosa nostra, ndrangheta e camorra, all insaputa di investigatori e inquirenti. Che ora, per la Procura generale di Palermo, diventa una nuova prova a carico dell imputato. Dopo una vita spesa nei reparti antiterrorismo e anticrimine di servizi segreti e Arma dei carabinieri, a 75 anni Mori sembra un imputato più imputato degli altri. Chiamato a rispondere per la presunta trattativa tra Stato e mafia, dopo l assoluzione definitiva per la perquisizione mai fatta al covo di Riina nel 1993 e quella di primo grado per la mancata cattura di Bernardo Provenzano nel Ieri, al processo d appello per quell episodio, la Procura generale rappresentata in aula dal capo Roberto Scarpinato e dal sostituto Luigi Patronaggio ha chiesto l acquisizione di nuove prove a carico di Mori. Con l obiettivo di dimostrare che anche quando era ufficiale di polizia giudiziaria «ha sempre mantenuto il modus operandi tipico di un appartenente a strutture segrete, perseguendo finalità occulte, e per tale motivo ha sistematicamente disatteso i doveri istituzionali di lealtà istituzionale, traendo in inganno i magistrati». Passato dal servizio segreto militare tra il 1972 e il 1975, quando i vertici del Sid furono coinvolti in trame golpiste e despistaggi, nel 2001 Mori assunse la direzione del Sisde, il servizio segreto civile. E in questa veste attivò il Protocollo Farfalla, operazione «per la gestione di soggetti di interesse investigativo» che secondo il pg Scarpinato aveva un «punto critico»: «La mancanza di un controllo di legalità da parte della magistratura, unico organismo preposto alla gestione dei collaboratori di giustizia secondo severe e garantiste disposizioni di legge». Alla fine di luglio il governo ha annunciato di aver tolto il segreto di Stato dal protocollo. Ai magistrati di Palermo è giunto dalla Procura di Roma, alla quale l aveva consegnato il successore di Mori al Sisde, Franco Gabrielli. Un appunto del Servizio datato luglio 2004 dà conto di una «avviata attività di intelligence convenzionalmente denominata Farfalla, attraverso l ingaggio di preindividualizzati detenuti». Da mesi gli agenti segreti avevano verificato una «disponibilità di massima» a fornire informazioni da un gruppo di reclusi al «41 bis», il regime di carcere duro, «a fronte di idoneo compenso da definire». L elenco comprende una decina di nomi tra appartenenti alla mafia, alla ndrangheta e alla camorra da cui attingere notizie. Con alcune particolarità: «esclusività e riservatezza del La difesa I legali dell imputato: si tenta di rileggere la storia di 40 anni, avremo molto da dire rapporto», nel senso che gli informatori non potevano parlare con altri, né altri dovevano sapere della loro collaborazione; «canalizzazione istituzionale delle risultanze informative a cura del Servizio», per cui solo il Sisde avrebbe deciso se e quando avvertire inquirenti e investigatori, e di che cosa; «gestione finanziaria a cura del Servizio», con pagamenti «in direzione di soggetti esterni individuati dagli stessi fiduciari». Familiari dei detenuti, presumibilmente. Tra i detenuti contattati ci sono quattro appartenenti a Cosa nostra. Tre dell area palermitana: Cristoforo «Fifetto» Cannella, condannato all ergastolo per la strage di via D Amelio; Salvatore Rinella, della mafia di Caccamo, considerato vicino al boss Nino Giuffrè, braccio destro di Provenzano che in quel periodo stava collaborando con la magistratura; Vincenzo Buccafusca. E poi il catanese Giuseppe Di Giacomo, del clan Laudani. Tra i calabresi viene indicato Angelo Antonio Pelle, mentre per i campani ci sono Antonio Angelino e Massimo Clemente, più qualche altro. I risultati dei contatti non si conoscono, né quanto siano costati. Per gli uomini dei Servizi è tutto legittimo, mentre per i pm palermitani è un ulteriore prova dell attività «opaca e occulta» di Mori. Il quale, secondo il testimone Angelo Venturi (ex uomo del Sid oggi 84enne, coinvolto e prosciolto nell indagine sul golpe Borghese), «gli propose di aderire alla loggia P2 di Licio Gelli e fu allontanato dai Servizi perché intercettava abusiva- Documento L appunto del 1974 fornito da un informatore di Mori (questo è nominato come «Dr. Amici»). Si parla della fuga di Licio Gelli, indicato come «Gerli» mente il telefono d ufficio del suo superiore Maletti (iscritto alla P2, ndr)». Uno degli informatori di Mori era Gianfranco Ghiron, fratello dell avvocato Giorgio, difensore dell ex sindaco mafioso Vito Ciancimino. Lo stesso Ghiron ha fornito un appunto del 1974, «nel quale si fa riferimento a Mori, indicato col criptonimo dr. Amici, per comunicazioni urgenti concernenti la fuga di Licio Gelli, indicato come Gerli». Lì si diceva che se l allontanamento dall Italia del Gran Maestro «danneggiava Mr. Vito» probabilmente Miceli, l ex capo del Sid, piduista, arrestato poco prima «fate in modo di fermarlo, se è meglio che se ne va, lasciatelo partire». L elenco delle nuove prove indicate da Scarpinato e Patronaggio è talmente lungo da sembrare già una requisitoria; Mori in aula ascolta e prende appunti, affiancato dagli avvocati Basilio Milio e Enzo Musco. «Quando toccherà a noi parleremo e replicheremo», si limita a commentare l ex generale. Che ha rinunciato alla prescrizione del presunto reato, decorsa da tempo, con la volontà dichiarata di inseguire un assoluzione piena.

6 6 Sabato 27 Settembre 2014 Corriere della Sera Politica Dietro le quinte Un pre-consiglio per preparare la scelta del Csm E ora il Csm imita il governo. Se a Palazzo Chigi si svolge regolarmente il pre-consiglio dei ministri (per mettere a punto i provvedimenti), lunedì a Palazzo dei Marescialli si terrà per la prima volta un pre-plenum, in vista del plenum di martedì, su candidature e programmi per la poltrona della vicepresidenza. Informale e a porte chiuse, il pre-plenum è stato voluto dai 16 togati del Csm che hanno così costretto gli 8 eletti dal Parlamento a confrontarsi per evitare che i giochi si facciano un minuto prima del voto, in corridoio. L operazione trasparenza, tutto sommato, non dispiace al vicepresidente in pectore, il pd Giovanni Legnini. L unico, finora, ad avere avanzato la sua candidatura. (Dino Martirano) I contatti russi di Salvini per vedere Putin Matteo Salvini tra il 10 e il 15 ottobre sarà in Russia. La domanda percorre la Lega: riuscirà il segretario a incontrare Putin? Per lui sarebbe oro. Anche perché il 16 ottobre il leader russo sarà a Milano. L averlo appena incontrato darebbe gran luce mediatica al capo leghista, primo in Italia a riconoscere l esito del referendum del 16 marzo in Crimea. La diplomazia leghista è convinta del poker: «Sarà un inverno freddissimo» sorride Gianluca Savoini, gran tessitore dei rapporti con la Russia. Come dire: quando servirà il gas russo, vedrete che tante asprezze saranno superate. (Marco Cremonesi) Quelle nozze di rito renziano dell amico Carrai Non è solo un matrimonio fiorentino, nella basilica di San Miniato a Monte; è un matrimonio «renziano». Lo sposo è Marco Carrai presidente della società che gestisce l aeroporto di Firenze. La sposa è Francesca Campana Comparini, storica dell arte al centro di una polemica per avere avuto l incarico di co-curatrice di una mostra in città. I testimoni sono Renzi e la moglie Agnese. Tra i 330 gli invitati, il sottosegretario Lotti, il ministro Boschi, il tesoriere pd Bonifazi e il sindaco Nardella, oltre a Marco Tronchetti Provera, Paolo Mieli e Lilli Gruber. (Marco Gasperetti) Il modello La proposta di Tito Boeri e Pietro Garibaldi prevede un contratto a tempo indeterminato con la sospensione del reintegro in caso di licenziamento senza giusta causa per i primi tre anni. Dopo, le tutele dell articolo 18 sono complete La campagna Cantieri in selfie a Palazzo Chigi Palazzo Chigi raccoglie i selfie dai cantieri dell operazione Italiasicura, lanciata a luglio per ammodernare le strutture idriche (1.732 i lavori in corso). Ieri sono arrivati i primi scatti. La campagna è partita con una serie di mail spedite dai dirigenti di Palazzo Chigi ai responsabili degli enti locali: Renzi, pur negli Stati Uniti, sollecita l iniziativa. Le critiche dei vescovi all esecutivo: basta slogan, politica da ridisegnare Anche i sindacati nel mirino. Articolo 18, minoranza pd per la proposta Boeri-Garibaldi ROMA «Basta slogan, Renzi ridisegni l agenda politica». Il monito della Conferenza episcopale italiana arriva sul governo nell imminenza della Direzione del Pd, che deciderà la linea del partito sul Jobs act e, in particolare sull articolo 18. Uno scontro che si protrae da giorni e che vede su fronti opposti il segretario Matteo Renzi e la minoranza del partito. Si lavora a una possibile mediazione, ma in caso di mancato accordo i senatori del Pd pronti a non votare la legge delega sul lavoro sarebbero tra i 10 e i 12. Ieri il segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino, ha criticato il governo. Ha definito Renzi «simpatico», ma ha anche spiegato che non gli sembra che al centro dell azione di governo siano la famiglia e la scuola, come vorrebbe la Cei. Quanto all articolo 18, Galantino vede «troppe bandiere che sventolano»: «Bisogna guardare con più realismo alle persone, il dibattito su articolo 18 sì o no è meno centrale». E ancora: «Il problema non va affrontato solo in termini di 40 senatori del Pd su 109 hanno sottoscritto emendamenti in dissenso Le riforme Veltroni: i partiti devono contribuire a fare le riforme non fermarle scontro altrimenti ci saranno morti da una parte e dall altra». A Renzi chiede di passare ai fatti, ma attacca anche i sindacati, che devono «liberarsi dal loro conservatorismo». Sollecitazioni alle quali risponde il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini, che le definisce «utili»: «Il governo sta lavorando per rispondere con i fatti alle sofferenze di tanti lavoratori e famiglie». Intanto si discute su come risolvere la querelle articolo 18. Pier Luigi Bersani nega di volersi «riprendere un ruolo» e ribadisce il rischio di «apartheid» tra i lavoratori. La proposta di mediazione che l opposizione metterà sul tavolo alla Direzione potrebbe ispirarsi alla proposta di Boeri e Garibaldi, come spiega lo stesso Bersani: «In quel testo c è l idea di una vera unificazione del percorso contrattuale». Nella tesi dei due economisti, si prevede la sospensione del reintegro per licenziamento economico (non di quello discriminatorio) per i primi tre anni, con indennizzo di 6 mensilità. Ma si ipotizza di allungare il termine fino a sei anni, oltre i quali ci sarà la piena vigenza dell articolo 18. Un termine considerato «troppo lungo» da Bersani. Ma che alla fine, nella proposta della minoranza potrebbe attestarsi sui 4 o 5 anni. Walter Veltroni, presente a una giornata di studi dedicata a Carlo Azeglio Ciampi a Sulmona, spiega che i partiti dovrebbero «contribuire a fare le riforme e non a fermarle». Parole che in qualche modo sembrano supportare l azione di Renzi. Ma poi, riferendosi al Presidente emerito della Repubblica, spiega che la sua virtù era anche quella di «amare chi la pensava diversamente da lui»: «In democrazia la capacità di decisione è fondamentale, ma deve sempre accompagnarsi alla necessità di includere». Alessandro Trocino

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8 # 8 POLITICA Sabato 27 Settembre 2014 Corriere della Sera Renzi: no a lavoratori di serie B Il premier a Detroit: speriamo di farcela come Fiat-Chrysler. Marchionne: noi due senza paura 12,6 per cento è il tasso di disoccupazione in Italia secondo i dati Istat pubblicati ad agosto 6,1 per cento è la disoccupazione negli Stati Uniti: creati nel mese di agosto 142 mila nuovi posti di lavoro DAL NOSTRO INVIATO Il reintegro e la Carta «Se è un obbligo costituzionale, perché non c è per tutte le aziende?» DETROIT Il lungo corteo di scorta americana arriva ad Auburn Hills, infila il Chrysler Drive, il viale che introduce il quartiere generale di Fca, con un filo di ritardo. Dipendenti e manager, una rappresentanza dei 15 mila che qui lavorano ogni giorno, sono schierati per una stretta di mano. Renzi scende dalla macchina senza giacca, in camicia bianca e maniche arrotolate. Sergio Marchionne lo attende con l immancabile maglione blu. La visita del premier inizia dal Centro Stile, la linea di montaggio dei nuovi modelli, al primo piano dell edificio si comunica con orgoglio che per superficie è la seconda costruzione americana dopo il Pentagono. I giornalisti locali sono curiosi di vedere Renzi, ma ancora più interessati a chiedere al ceo di Fiat Chrysler Automobiles la data esatta della quotazione della nuova azienda: il nome Chrysler manca dal listino di Wall Street dal Tornerà il 13 ottobre, per il Columbus day. «Ho visto macchine su macchine, ingegneri, progetti, il nuovo Voyager», insomma meglio non fare domande su Italia, mercato del lavoro, scontro interno nel partito, dice il presidente del Consiglio, non è qui per questo. Almeno all inizio, poco dopo l insistenza dei cronisti ha la meglio. Domanda sul partito: «Non vedo un rischio di spaccatura». Sullo Statuto dei lavoratori «ci apprestiamo a presentare un progetto organico, che riguarda non lo Statuto, ma un programma molto più ampio, sui prossimi 30 anni del mercato italiano». Le resistenze iniziali a questo punto cadono del tutto, il premier viene invitato a fare paragoni con il mercato a stelle e strisce, ne approfitta per una considerazione a largo spettro e radicale: «Qui siamo al 6.1, da noi siamo al 12.6 di disoccupazione, io non sono interessato a discutere di correnti politiche, mi interessa capire come creare posti di lavoro e restituire speranza ai miei cittadini, la mia unica grande speranza è ridurre le persone che non hanno lavoro. Non ho capito una cosa: se il reintegro è un obbligo costituzionale per quale motivo c è solo sopra i 15 dipendenti e non sotto, allora vuol dire che si tratta di una scelta politica e allora discutiamo se veramente garantisce occupazione o se viceversa non ha creato un mercato di serie A e uno di serie B». Marchionne gli è accanto ed anche lui fa un paragone: «Ci accomuna la mancanza di paura, lui ha davanti un agenda enorme, un Paese da ricostruire e non ha paura, deve andare avanti senza farsi intimidire, Dio lo Spero mi accomuni a Marchionne il finale, lui ha preso due aziende bollite, sembravano arrivate alla fine e ce l ha fatta. Tanti opinionisti considerano il nostro Paese bollito benedica». È il secondo grande endorsement in pochi giorni. La sera prima, l ultima a New York, Renzi ha detto di esser pronto a sfidare «i poteri forti». Gli viene chiesto di indicarli; replica dicendo che «è un dibattito che si è aperto sui media, mi pare che ci siano soprattutto pensieri deboli, magari ci fossero poteri che ci aiutano a cambiare». Cosa invece accomuna i due, secondo Renzi: «Marchionne è a capo di un azienda che ha rappresentato nel bene e nel male il Paese, ma oggi è una grande azienda con una grande e straordinaria capacità di sviluppo. È l idea del made in Italy che vogliamo difendere, da italiano sono orgoglioso di Fca, non c è solo il cibo, il vino e gli abiti, nel mercato globale una realtà cresciuta in Italia è oggi insieme ad una realtà americana e può competere nel mondo». Insomma la sintonia fra i due è assoluta, alla fine il presidente del Consiglio, visti i risultati aziendali di Fca, fa un ultimo paragone: «Spero mi accomuni a Marchionne anche il finale, lui ha preso due aziende bollite, sembravano arrivate alla fine, ha beneficiato di una grande scelta di Obama e ce l ha fatta. Tanti opinionisti considerano il nostro Paese bollito, io invece scommetto che possiamo fare tutto, e se non rischia il premier è chiaro che non rischia nessuno, spero che fra qualche anno potremo dire ce l abbiamo fatta, per i 60 milioni di cittadini italiani». Marco Galluzzo L imprenditore Della Valle attacca il leader pd: ha fatto tilt Il ministro Martina: serve l intesa Senza articolo 18 ma solo i primi 6 anni ROMA «La proposta Boeri-Garibaldi sembra anche a me un ipotesi di lavoro molto interessante. Una prima fase senza articolo 18, che potrebbe arrivare fino a sei anni. E poi il periodo di stabilità, con scelte che però migliorino le regole di oggi». Sulla disfida dell articolo 18, il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina (Pd) si iscrive al partito della trattativa. «Non userei quel termine. La trattativa si fa tra soggetti diversi. Qui lavoriamo per gli stessi obiettivi e per trovare soluzioni utili a tutti». Ma la proposta Boeri-Garibaldi non sembra il cambiamento violento di cui parla Renzi. «Credo sia una proposta utile. Bisogna fare un passo in avanti, arrivando al contratto unico e disboscando la giungla dei contratti precari». Sbagliato usare quella parola, «violento»? «Dietro quel termine ho letto l ansia di dare una svolta su un tema centrale come quello del lavoro». Ma per lei, passati i primi sei anni tutto resterebbe come ora. Sarebbe una svolta? «L articolo 18 va comunque aggiornato. Serve definire meglio le fattispecie del possibile reintegro, limitando la discrezionalità del giudice, e accelerare i tempi del giudizio del lavoro». È stato già fatto con la legge Fornero. «Bisogna fare di più. Tenendo presente che in questi anni, sulle cause, c è stata un evidente espansione delle conciliazioni fra lavoratore e azienda. Nel 2013 sono state 9 mila, la metà finite con un accordo. Prima della riforma erano e solo una su tre andava a buon fine». Per Renzi non è l ora dei compromessi. Dire che la riforma Fornero non era così male non significa cercarli? «Nessuno vuole fare pasticci. Dobbiamo guardare i dati, le proposte e muoverci per migliorare le condizioni del mercato del lavoro». Se alla fine la soluzione dovesse essere diversa lei che fa? «Un partito vero vive di confronto e di sintesi. Dentro questo meccanismo ci sono vissuto, ci sono cresciuto. E ci credo ancora». Lorenzo Salvia Il faccia a faccia tra Renzi e Marchionne? «L incontro tra due grandissimi sola». E cioé, in romanesco, persone inaffidabili. È molto duro il patron di Tod s, Diego Della Valle, intervistato a Otto e mezzo su La7. Secondo l imprenditore marchigiano, «l incontro è stato vergognoso, non si può più tacere, siamo già all ultima spiaggia con un premier ragazzo che promette e non mantiene e ministri con poca esperienza. Non è vero che è l unico governo possibile». Aggiunge Della Valle che «Renzi ha preso il 40 per cento, ovvero la metà dei votanti. Ma la maggior parte sono voti che erano del Pd, e comunque non è il padrone del Paese e non è stato votato per fare il premier: si presenti alle elezioni». E ancora: «Marchionne e Renzi sono due persone che non attendono a quello che dicono. Non è un mancare di rispetto, cerco solo di essere diretto e preciso». Per finire, «Renzi non ha mai lavorato quindi non può parlare di lavoro come noi, secondo me ha fatto tilt». Chi è Maurizio Martina, classe 1978, sposato, due figli, è ministro delle Politiche agricole, forestali e ambientali nel governo Renzi È stato segretario regionale dei Ds e poi del Pd lombardi. Nel governo Letta era sottosegretario all Agricoltura

9 Corriere della Sera Sabato 27 Settembre 2014 POLITICA 9 Tra New York e Detroit Il consiglio: «Fregatene delle critiche» Il retroscena di Maria Teresa Meli ROMA «La musica è cambiata»: Matteo Renzi suona sempre lo stesso motivo. E il fatto che stia negli Usa non lo induce a cambiare lo spartito. Né gli fa mutare comportamento la compagnia. Ieri Marchionne, lunedì Bersani. Il segretario premier non ha intenzione alcuna di buttarsi «nei compromessi italiani»: «Non li ho mai fatti e non me ne frega niente». Morale della favola: «Nella riunione della Direzione di lunedì non dirò di sì I rischi scissione C è chi dentro il Pd farebbe i conti sui beni del partito in vista di un eventuale scissione nemmeno alla proposta di mediazione della parte dialogante della minoranza. Il mio sarà un no. Se esiste una minoranza veramente costruttiva seguirà la nostra linea». La quale linea per il premier è chiara. «È inutile che ci giriamo intorno e ci prendiamo in giro. Non è questione di anni, mesi e aggiustamenti. O c è il reintegro o non c è. E lunedì ognuno dirà la sua. Io su questo punto sono deciso e determinato. Se ne accorgeranno tutti quelli che pensano che stia facendo comunicazione e basta. Sono i soliti che di Il caso «Ho assorbito diverse critiche dall Italia e me ne sono fregato», ha detto Marchionne in conferenza stampa, invitando il premier «a fare lo stesso». Cosa li accomuna? A parte lo stile informale (vedi foto), per il ceo Fiat Chrysler il fatto che Renzi «non ha paura». (Epa) Il premier va allo scontro, «non c è spazio» per mediare me non hanno capito niente. E non hanno compreso che sono mesi che studio questi problemi. E che ho deciso come andare avanti». E andare avanti, nel lessico renziano, non significa certamente dare ragione a Bersani che un giorno apre e l altro chiude e che, soprattutto, come l ala più agguerrita della minoranza del Pd, vuole dimostrare che il segretario-premier non riesce a camminare da solo. È per questo stesso motivo che il presidente del Consiglio non presterà orecchio nemmeno alle altre proposte di trattativa più soft che provengono da quanti vorrebbero trovare un punto di ricaduta che vada bene alla «fu maggioranza» e ai renziani. Accettare quelle ipotesi significherebbe dare spazio a chi «resiste al cambiamento», per quanto «in maniera morbida», a chi non ha capito che «l Italia va trasformata» e che a «un certo punto si arriverà inevitabilmente allo scontro tra noi e loro». Dove i «noi» sono facilmente individuabili, perché si raccolgono attorno all inquilino di Palazzo Chigi. I «loro» invece sono una massa eterogenea che va dalle «minoranze del Pd» ai «cosiddetti poteri forti dotati di pensieri deboli». Il capo del governo è convinto che la situazione stia precipitando adesso non tanto e non solo perché si tocca il tabù della Lo «stravolgimento della Carta» mette d accordo Brunetta e i 5 Stelle di Renato Benedetto na lettera testimone dell intesa. È firmata da U Renato Brunetta, FI, e Federica Dieni, M5S. Chiedono alla Boldrini di essere coinvolti nelle modifiche delle regole della Camera. Anche in considerazione dello «stravolgimento dell assetto costituzionale» del nuovo Senato. Che altro non sarebbe che il frutto del patto del Nazareno, altre volte criticato da Brunetta («io non l ho letto»), con parole non dissimili dai 5 Stelle («vogliamo leggerlo»). Così come altre volte le critiche dell ex ministro a Renzi sono state energiche, non proprio al livello dei 5 Stelle, ma più risonanti rispetto alla sordina chiesta da Berlusconi. Spesso Brunetta litiga con i grillini, ma un affinità c è: un certo gusto per la polemica, soprattutto se il bersaglio è il premier. «Portiamo quegli operai a Melfi» «sinistra conservatrice», ossia l articolo 18, ma perché ci si avvicina a un «momento di svolta». Se Renzi riuscisse a vincere la sua «battaglia sulla Pubblica amministrazione», se rintuzzasse «i mandarini della burocrazia», se avesse voce in capitolo «sull elezione del capo dello Stato», per «la prima volta i Al quartier generale di Chrysler ad Auburn Hill, in Michigan, lavorano 15mila operai, 10 mila nell area di Detroit. «Portiamone qualcuno a Melfi», scherza Renzi. Secca la replica di Marchionne: «Ne ho già abbastanza per fare quello di cui ho bisogno». (Ansa) Scambio di idee con il laburista Miliband soliti noti non toccherebbero palla». Ed è per questo, secondo lui, che c è tutto questo agitarsi. La minoranza del suo partito, in qualche modo, si rende partecipe di questi tentativi di «scalzare un governo politico» per far «tornare i tecnocrati», anche se «gioca un ruolo da comprimaria e non da protagonista». Chissà se in questa atmosfera a dir poco convulsa è giunta voce al presidente del Consiglio di incontri di ex Ds che ora militano nel Partito democratico che fanno i conti di quante proprietà e quanti denari sono rimasti nelle casse dei Democratici di sinistra in vista di Prima di essere sconfitto nella corsa alla guida del Labour dal fratello Ed, sembrava l erede di Blair. Ma David Miliband, ora a capo dell International Rescue Committee, resta una voce forte del panorama riformista: Renzi l ha incontrato giovedì sera. (Ansa) un eventuale scissione. Ipotesi, naturalmente, che, ora come ora, sembra appartenere al campo della fantapolitica. Come anche la possibilità della nascita di una Todi 3, di politici cattolici scontenti di Renzi, come di Alfano e Berlusconi. «Velleità», le bolla il premier, anche dopo il monito della Cei. Renzi non molla e non dà mostra di temere gli avversari a sinistra e al centro: «Siamo nel 2014 e la gente vera, i giovani disoccupati, i cinquantenni che hanno perso il lavoro si sono stufati di certi giochetti».

10 10 POLITICA La vicenda Il presidente Napolitano testimonierà al Quirinale nel processo sulla presunta trattativa Stato-mafia Il presidente sarà sentito sulla lettera che gli fu inviata nel 18 giugno 2012 dal consigliere giuridico Loris D Ambrosio, poi morto: sfogo in cui, tra l altro, D Ambrosio disse di sentirsi «un ingenuo e utile scriba» e uno «scudo per indicibili accordi» La testimonianza di Napolitano e i «rischi» per il prestigio del Colle Dopo lo «stupore» per la convocazione, il fastidio per «certe letture interessate» ROMA Giovedì aveva avuto la sgradevole «sorpresa» di sentirsi chiamato a rendere una testimonianza che già un anno fa pensava di evitare, avendo spiegato per iscritto di non avere alcuna conoscenza «utile al processo». Ieri, dopo che i giudici avevano insistito per ascoltare comunque dalla sua viva voce quel «dato negativo», e pur avendo offerto subito la propria disponibilità a farsi ascoltare, Giorgio Napolitano ha visto materializzarsi le prime avvisaglie di una temuta strumentalizzazione mediatico-politica. Con il rischio di una lesione del prestigio e dell autorevolezza del presidente della Repubblica, che a norma di Costituzione è anche al vertice del Csm, trascinato (sia pur solo in veste di testimone, ma tanto può bastare a qualcuno per intorbidire le acque nel conflitto infinito tra politica e giustizia) in un procedimento assai controverso. Nel quale si adombra la pesantissima ipotesi di una trattativa tra pezzi dello Stato e la mafia. Sarà dunque con ogni probabilità carico di tensione e inquinato di polemiche l intervallo di tempo (di sicuro breve) che separa Napolitano dall udienza con la corte d Assise di Palermo. Sono infatti bastate poche ore a far scattare qualche intervento dal sapore provocatorio, giocato su pretesti che appaiono giuridicamente infondati. La campagna Verso il raduno del Movimento Grillo stile Ben Hur Al Circo Massimo sulla «biga» elettrica di Alessandro Trocino Per biga ha un segway, per mantello una bandiera a 5 Stelle. Beppe Grillo si fa riprendere in video mentre scorrazza per il Circo Massimo. Invoca Tarquino e urla: «Vogliamo incontrare le popolazioni del mondo». Programma ambizioso. Anche perché l allerta tra i 5 Stelle è alta. Il raduno di metà ottobre è un oggetto misterioso: rischia di essere un flop (dura tre giorni), non si capisce bene cos è («non-congresso») e costerà molto. Ci si aspettavano 500 mila euro di donazioni, ne sono arrivate 105 mila. La quadriga di Ben Hur rischia di rimanere a secco. Sabato 27 Settembre 2014 Corriere della Sera C è chi, ad esempio, vorrebbe far intervenire in videoconferenza dal Colle i boss Riina e Provenzano. E chi, come Salvatore Borsellino, fratello del magistrato assassinato 22 anni fa dall autobomba di via D Amelio, vorrebbe che l audizione si tenesse «a porte aperte, così che i cittadini possano ascoltarlo» (richiesta mutuata dal Movimento 5 Stelle). E, mentre il presidente del Senato, Pietro Grasso, ricorda un po sibillinamente di aver «scelto di andare a Palermo per rendere la propria testimonianza», non sono poi moltissime le voci di solidarietà al capo dello Stato. Da Fabrizio Cicchitto (Ncd), che definisce «una prova di arroganza la chiamata a deporre disposta dalla magistratura siciliana», alla nota politica di Forza Italia, il Mattinale, che evoca una coincidenza «non casuale» in ciò che è accaduto. A questi si aggiungono attestati di stima e fiducia del Pd che, per bocca di Lumia e Verini, ricorda che il presidente della Repubblica è, e resta, «un riferimento istituzionale e morale del Paese» e qualifica come «discutibile» l iniziativa della Procura. Ecco il punto: per uscire dalla logica della confusione interessata, dietro la quale magari si gioca l ennesima prova di forza nello scontro tra politica e giustizia,in questo caso conta fare chiarezza. E, stando a quel che preme al Quirinale, la si fa ricordando alcune cose. Anzitutto che Napolitano ha liberamente deciso di rendere una testimonianza che avrebbe anche potuto non accettare. E che le modalità della sua audizione non vengono stabilite in base a un capriccio, ma a quanto disposto dal Codice di procedura penale (articoli 205 e 502). Ancora: l oggetto dell interrogatorio sul La scelta di Grasso Il presidente del Senato: io scelsi di essere ascoltato a Palermo Colle (e là convocato perché così prevede la legge) è fissato dall ordinanza della corte limitatamente alla lettera-sfogo del consigliere giuridico Loris D Ambrosio, poi stroncato da un infarto, relativamente alle preoccupazioni da lui espresse riguardo le telefonate con l ex ministro Nicola Mancino, imputato di falsa testimonianza nel processo. Infine va segnalato che l udienza (davanti ai soli giudici dell Assise e ai magistrati della Procura) non sarà affatto segreta, ma sempre stando al Codice «non aperta al pubblico». Con la stesura di un verbale che sarà accessibile. Marzio Breda Il discorso del presidente Il gup del processo, ora al Csm «Ha centrato i problemi, giusto il richiamo alla Carta» Chi è Tra i togati del Csm, anche Piergiorgio Morosini (foto), da Cattolica, per oltre vent anni magistrato a Palermo Morosini è stato il gup del processo sulla presunta trattativa tra Stato e mafia in cui sono state intercettate le telefonate dell ex ministro Mancino a Giorgio Napolitano ROMA «Devo restare in silenzio. Troppo delicato il ruolo di giudice che rivestivo fino a due giorni fa, occupandomi della libertà delle persone, e troppo delicato, ora, il ruolo di consigliere togato del Csm». Piergiorgio Morosini il gup del processo sulla presunta trattativa tra Stato e mafia che giovedì pomeriggio ha stretto la mano al capo dello Stato in occasione del giuramento del nuovo Csm ascolta con paziente cortesia la domanda. Ma la sua replica è fermissima: «Non è il caso...». Dottore, ha provato un emozione per questa bizzarria del calendario? Nello stesso giorno, la convocazione del capo dello Stato come testimone nel processo di Palermo e il suo debutto nell organo di autogoverno al Quirinale. «Per le funzioni che ho svolto e per quella che svolgo ora, preferisco non dire una sola parola». Quale impressione ha ricavato però ascoltando il discorso del presidente? «Ho apprezzato il richiamo al lavoro che i padri costituenti hanno dedicato al Csm: ha colto nel segno quando ha ricordato perché il consiglio è a composizione mista, perché non è il Guardasigilli a guidare il plenum, perché i togati sono in maggioranza sui laici. Credo che il presidente abbia voluto valorizzare una scelta scaturita a suo tempo da una riflessione profonda». E le critiche mosse sul potere delle correnti e sui tempi lunghi delle nomine? «Ha rappresentato una serie di problematiche importanti, ancora aperte, che il nuovo Csm dovrà affrontare». La convince anche il richiamo a far presto sulla riforma della giustizia? «Il Csm, per legge, può esprimere pareri al ministro e sui disegni di legge in Parlamento e di frequente dà pareri pregiati da un punto di vista tecnico. Spesso, però, non vengono considerati con la dovuta attenzione nel dibattito pubblico e quindi non arrivano all attenzione dello stesso Parlamento». E le donne che contano ancora poco nei posti chiave della magistratura? «Il problema è oggettivo». Dino Martirano

11 Corriere della Sera Sabato 27 Settembre 2014 POLITICA 11 La Nota di Massimo Franco UN INCOGNITA NEI RAPPORTI TRA VATICANO E PALAZZO CHIGI SETTEGIORNI SEGUE DALLA PRIMA Vuole ricostruire una coalizione di centrodestra per battere poi Renzi nelle urne o pensa piuttosto di asfaltare il Nuovo centrodestra per poi allearsi con Renzi in Parlamento? È una domanda che ormai si pongono apertamente anche dentro Forza Italia, siccome gli indizi sono numerosi, tanti quante le impronte che Berlusconi ha lasciato sul telefonino nel corso dell estate, passata a corteggiare i senatori transitati con Alfano: per Schifani e Bonaiuti visti i rapporti di un tempo non ha avuto bisogno di intermediari. Mentre a Verdini, Tajani, Ghedini e Romani ha lasciato il compito di saggiare la disponibilità degli altri a tornare insieme. Il Cavaliere, si sa, è abile nel toccare le corde giuste, e per ogni interlocutore da Colucci a D Alì, da Viceconte a Gentile ha usato il tasto dei ricordi, il tono struggente dell amarcord. Peccato che la cordialità (ricambiata) non abbia fatto breccia, per ragioni politiche e interessi personali. D altronde quale senso avrebbe avuto vista l offerta che veniva avanzata lasciare Ncd, passare un paio di giorni all opposizione e poi tornare per una via diversa di nuovo in maggioranza? E in più, con Forza Italia in «overbooking» e la vecchia guardia azzurra minacciata dal ricambio generazionale, chi mai tornerebbe in Parlamento? Così l «operazione Lassie», voluta da Berlusconi per togliere ad Alfano la golden share della Èinaspettato e insolitamente duro l attacco al governo di Matteo Renzi arrivato ieri dalla Conferenza episcopale italiana. Il fatto che a pronunciare parole ruvide, quasi liquidatorie, sia stato il segretario, monsignor Nunzio Galantino, e non il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, può indurre a pensare a una presa di posizione meno impegnativa. In realtà, Galantino si è limitato a riportare le posizioni emerse la settimana scorsa durante una riunione di gran parte dei vescovi; e soprattutto, è considerato il tramite tra la Chiesa cattolica italiana e Casa Santa Marta, e cioè papa Francesco. Per questo, al di là delle polemiche inevitabili, e della lettura strumentale dei partiti su quanto è stato detto, si insinua un sospetto fastidioso: che la Cei abbia anche percepito una certa distanza, se non freddezza, nei rapporti tra il pontefice e l attuale presidente del Consiglio. La visita privata dell aprile scorso tra i due non sembra avere lasciato tracce. E allora si parlò sottovoce di un colloquio preparato troppo in fretta, e che per questo all ultimo rischiò di essere annullato. Ora è in preparazione un incontro ufficiale a fine anno, ma nella visita di Francesco a Redipuglia del 13 settembre scorso è stata notata l assenza di Renzi. Eppure, quando una decina di giorni fa il premier ha incontrato all ambasciata presso la Santa Sede i cardinali italiani di nuova nomina, compreso il Segretario di Stato, Piero Parolin, l atmosfera è stata cordiale. Renzi ha indicato il sottosegretario a Palazzo Chigi, Graziano Delrio, che pure era assente, come interlocutore di Parolin. E il dialogo è in atto. C è dunque da chiedersi se e che cosa sia cambiato negli ultimi giorni; e se l attacco della Cei sia rivolto al Pd in generale, o soprattutto al governo del suo leader. I toni perentori contro la «sordità» dell esecutivo nei confronti delle famiglie in materia fiscale,il «basta a una politica degli slogan» e l irritazione per la «disponibilità al riconoscimento delle Sostituire Ncd al governo, la tentazione di Berlusconi Dopo il progetto (non riuscito) di attirare senatori alfaniani maggioranza in Senato, non ha sortito effetti. E visto che non riusciva a superare l ostacolo, il Cavaliere come raccontava ieri Libero ha provato ad aggirarlo, puntando a costruire un altro gruppo, nel quale far confluire pezzi di Ncd e di centristi, da unire ad altri parlamentari che militano nel gruppo delle Autonomie. Ma anche questa iniziativa non è decollata, e Schifani Il «sì» a Luxuria Sabato sera al Gay Village per Pascale «Con la gioia nel cuore» Francesca Pascale (nella foto con la tessera Arcigay) accetta l invito di Luxuria e conferma la partecipazione alla chiusura del Gay Village, stasera, a Roma. «Anche Berlusconi, se potesse, verrebbe», ha aggiunto in un intervista a Radio Capital. «Perché è un vero liberale», ha scandito prima di ribadire che Forza Italia avrà un dipartimento Diritti civili. La Pascale, inoltre, ha spiegato che il cagnolino Dudù secondo lei è gay. E poi ha incassato il plauso del viceministro pd alle riforme Ivan Scalfarotto: «Benvenuta Francesca. Ora avanti con le leggi sui diritti civili». 59 i seggi di Forza Italia a Palazzo Madama. Sono 32 i senatori di Ncd stufo di vedersi tirato in ballo spiega che «c è piena sintonia con Alfano» e che «questi malevoli rumors sono finalizzati a ostacolare l unificazione di Ncd con l Udc e i Popolari di Mauro». Strana storia, quella del centrodestra: di giorno si riuniscono per stabilire come andare insieme alle Regionali, e la sera c è chi si adopera per soffiare l argenteria in casa altrui. Il «caso Bugaro» l ormai ex coordinatore ncd delle Marche è emblematico. Non è certo un «selfie» che ha indotto Alfano a porsi l interrogativo: «Berlusconi vuole ricostruire o vuole vendicarsi?». Domanda retorica, visti gli indizi, disseminati dal leader di Forza Italia. Dell offerta di alleanza fatta in agosto a Renzi, per esempio, c è traccia nei sondaggi che il Cavaliere aveva commissionato prima dell incontro, e che pare abbia lasciato in copia sulla scrivania del premier. È un lavorio frenetico, quello di Berlusconi, che continua a ripetere di aver fatto la «cosa giusta» rompendo le larghe intese con il governo Letta. Però, mentre le sue parole provano a giustificare quella scelta, le sue azioni rivelano che sta tentando di rimediare all errore. Non si spiega altrimenti il modo in cui ha argomentato le sue avances ad alcuni alfaniani, l idea cioè in prospettiva di «farmi promotore di un partito popolare. Capisci, così sarebbe più facile avere un rapporto con Renzi, piuttosto che chiamarci Forza Italia». È un ripensamento strategico che sta dietro il sostegno al Jobs act e che cova sotto la cenere della riforma elettorale. Sull Italicum infatti il Cavaliere tentenna, e coltiva intimamente il sogno di tenersi il proporzionale. Renzi ha fiutato puzza di bruciato. Così si torna alla domanda: Berlusconi vuole allearsi con Ncd alle Regionali o vuole sostituirsi a Ncd al governo? Tutto non può avere. Francesco Verderami cosiddette unioni di fatto» elencano una serie di contrasti non da poco. E la preoccupazione per l «accesso al matrimonio da parte di coppie dello stesso sesso», come recita il comunicato della Cei, segnala una novità. Rilancia temi tipici della Cei pre Bergoglio: un eco di ritorno, dunque, di quei «valori non negoziabili» che il pontefice argentino sembrava avere messo in sordina. Che riemergano in polemica col governo Renzi è un indizio di smarcamento e di tensioni latenti. FI dà ragione alla Cei, e il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerrini, assicura che il governo sta già rispondendo alle sollecitazioni. La Cgil plaude per il «no allo scontro» sull articolo 18, sebbene la Cei chieda al sindacato anche di uscire dai «conservatorismi». E le associazioni gay gridano all ingerenza ecclesiastica. Ma il vero punto interrogativo non nasce da queste diatribe. Riguarda i veri rapporti tra Casa Santa Marta e Palazzo Chigi. Il caso Bufera selfie Ad agitare le acque nel Ncd continua a essere il caso di Giacomo Bugaro, numero uno delle Marche «dimissionato» da Gaetano Quagliariello per un selfie con Silvio Berlusconi (foto sopra). Il coordinatore nazionale difende la sua decisione, ma nel partito cresce il malessere per la linea filo renziana I dissidenti azzurri Il pressing di Fitto: FI non si rinnova con selezioni da Grande fratello ROMA Giurano da Perugia, dove si sono riuniti a convegno, che nel partito «non c è nessuna guerra», che si discute soltanto, che non sono in vista «rottamazioni» ma solo aperture a giovani e società civile. Da Toti alla Gelmini, da Fiori alla Bernini, da Gasparri a Tajani, i big azzurri si sforzano di dare l immagine di una FI coesa e serena. Certo, c è il leader dei Club Fiori che non fa nulla per smentire un suo eventuale ruolo ai vertici: «Se io sono lo strumento per far tornare a vincere FI, ben venga questo strumento». Toti però replica soavemente: «Liti, gelosie? Macché, siamo i più felici se arriva gente nuova». Ma l annuncio di Berlusconi di voler far entrare «aria fresca» nel partito ha scosso la base parlamentare, e la linea sempre più filo-renziana voluta dal capo non aiuta. Così va crescendo il gruppone di deputati e senatori già oltre trenta che guidati da Raffaele Fitto si oppongono sia a quelle che lui stesso ieri, sempre da Perugia, ha definito «selezioni della classe dirigente da Grande fratello», sia a un «partito di renzologi». Nei prossimi giorni i dissidenti si incontreranno di nuovo: obiettivo, «consolidare» l area, ufficializzando di fatto la nascita di una componente interna strutturata che, è una certezza, si farà sentire pesantemente nel partito. P.D.C.

12 12 Sabato 27 Settembre 2014 Corriere della Sera Esteri Anche i britannici bombardano l Isis Cameron incassa il sì del Parlamento: via ai raid in Iraq. Allarme Ue: miliziani dall Europa Tre volte David Cameron (foto) è il terzo leader a promuovere un intervento britannico in Iraq, dopo John Major nel 91 (Guerra del Golfo) e Tony Blair che nel 2003 fu acceso sostenitore della guerra DAL NOSTRO CORRISPONDENTE LONDRA I sei Tornado della Raf mercoledì notte hanno compiuto i primi voli di ricognizione e di preparazione nei cieli dell Iraq, in collegamento con le truppe speciali dislocate a terra a supporto dell esercito curdo. Nelle prossime ore si leveranno dalla base di Cipro e cominceranno a bombardare le postazioni dell Isis. Assieme a Londra anche la Danimarca ha deciso di schierare sette F-16. E la coalizione internazionale ha preso così forma. Sale però il livello di allerta: il responsabile antiterrorismo della Ue, il belga Gilles de Kerchove, intervistato dalla Bbc, ha rivelato che i jihadisti partiti dall Europa e arruolatisi nel Califfato, lo Stato islamico, sono tremila. Ha poi messo in guardia dalle possibili ritorsioni nel continente. Nessuna frenata del Regno Unito. «Gli errori del passato non ci devono bloccare». David Cameron ha ottenuto il via libera da Westminster: 524 sì, 43 no dei nazionalisti scozzesi e gallesi, di una ventina di dissidenti laburisti e una decina di conservatori. Oltre al leader Ukip, Nigel Farage, che ha tuonato: «In dieci anni siamo stati capaci di compiere solo carneficine e la situazione è sempre peggiorata». Il premier britannico ha insistito: «Ci sono i presupposti giuridici dell intervento in quanto ce lo ha chiesto il governo iracheno». Ma ha messo le mani avanti: la missione richiederà «non mesi ma anni». Non si è ripetuto lo psicodramma del 2013, quando Downing Street voleva spedire i suoi missili sulla testa del dittatore di Damasco, Assad, e i Comuni glielo impedirono con un voto a sorpresa. Il leader laburista Ed Miliband ha benedetto il testo concordato fra maggioranza e opposizione: «Lo appoggio perché l Isis è una organizzazione criminale e perché è necessario proteggere la nostra sicurezza e i valori che sosteniamo». La mozione limita le incursioni al territorio iracheno controllato dall Isis. Se Londra valuterà di allargare il raggio d azione militare in Siria lo potrà disporre dopo un nuovo pronunciamento parlamentare. A suggellare l unità è arrivato pure l intervento dell arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, che è intervenuto ai Comuni (lui è nella Camera dei Lord): «È giusto agire ora». La Chiesa d Inghilterra sta con Westminster. Fabio Cavalera Il dovere di manifestare? «Basta barbarie» I musulmani in piazza a Parigi di Stefano Montefiori PARIGI «Noi, musulmani di Francia, diciamo basta alla barbarie», ha detto ieri il presidente del Consiglio del culto musulmano, Dalil Boubakeur. Frase che ripete da anni. La novità, importante, è che davanti a lui in moschea ieri c erano centinaia di persone con i cartelli «non in mio nome» e che si sono inginocchiate verso la Mecca pregando «in memoria di Hervé», decapitato in Algeria. Se l Isis chiede ai musulmani di «sgozzare gli sporchi francesi», molti di loro rispondono «siamo tutti sporchi francesi», come hanno fatto i firmatari di un testo sul Figaro. Il collettivo contro l islamofobia Ccif protesta: «Tutti ci chiedono di dissociarci dai terroristi, come se l essere musulmani ci rendesse fiancheggiatori di quei pazzi. È un insulto». Eppure, per la prima volta, molti vogliono scendere in piazza, e lo faranno di nuovo domenica, per dire che il vero Islam non è quello dei jihadisti (foto Ansa).

13 Corriere della Sera Sabato 27 Settembre 2014 ESTERI 13 Distruzione Una serie di immagini che documentano la distruzione di una statua assira (nella foto grande, a Tell Ajajah), della Tomba della ragazza a Mosul (le due foto piccole in alto) e della Tomba del profeta Giona (sotto). Molti tesori archeologici dell Iraq sono stati invece rubati e venduti dai miliziani dell Isis. In basso, qui a fianco, un jihadista con un antica statua Il caso di Paolo Beltramin I predatori dell antica Ninive «I jihadisti rivendono i tesori» La denuncia dell archeologo italiano fuggito da Mosul. Il traffico in Occidente L area degli scavi Il sito SIRIA Zakho IRAQ Dohuk Akre km 40 Mosul Ninive Erbil Corriere della Sera 32 milioni di dollari il bilancio dello sfruttamento della città di Nebek: il ricavato delle «vendite» di centinaia di reperti archeologici 240 chilometri la lunghezza dei canali artificiali fatti costruire dal re Sennacherib nella valle di Ninive secoli prima degli acquedotti dei Romani 331 avanti Cristo l anno in cui Alessandro Magno sconfisse l imperatore persiano Dario a Tell Gomel, dove ha scavato la squadra italiana Affari per 32 milioni Su una chiavetta Usb, trovata dall intelligence irachena, registrate «vendite» per 32 milioni Nell Ottocento i tesori dell Impero Assiro viaggiavano in enormi casse di legno, stipati nelle stive dei vascelli, destinati ai saloni monumentali del Louvre e del British Museum, dove provocano ancora un effetto straniante. Oggi vengono avvolti in teloni di plastica e ammucchiati dai trafficanti nei portabagagli delle loro jeep. Per raggiungere il confine con la Turchia bastano poche ore di strada. Ad attenderli, gli intermediatori occidentali pronti a trasferirli spesso attraverso la Svizzera nelle maggiori piazze del mercato nero dell arte: Londra, New York, Tokyo. La prima civiltà sedentaria nella storia dell uomo, sorta tra il Tigri e l Eufrate 9 millenni prima di Cristo, ci ha lasciato in eredità una produzione artistica imponente, in parte trafugata all epoca del colonialismo e in parte rimasta in siti ancora da esplorare. Il traffico di questo patrimonio archeologico sta diventando una delle principali fonti di sostentamento dello Stato islamico, nel Kurdistan come in Siria, insieme all estrazione di gas e petrolio. Nella chiavetta Usb di un militante dell Isis recuperata dall intelligence irachena ad agosto, è annotato il bilancio dello sfruttamento dei resti della città di Nebek: 32 milioni di dollari da centinaia di lapidi, iscrizioni, suppellettili e mosaici «messi sul mercato». È la prova del doppio binario seguito dai fondamentalisti. Da un lato, radono al suolo chiese, moschee e monumenti funerari cercando la massima esposizione mediatica, proprio come fu per la demolizione dei Buddha di Bamiyan da parte dei Talebani in Afghanistan nel 2001 per affermare i precetti del wahabismo, la riforma puritana che impone di abbattere ogni oggetto di culto non rivolto ad Allah. Dall altro lato, ma in questo caso senza alcuna pubblicità, gli stessi capi dell Isis danno in concessione le aree archeologiche occupate a squadre di scavatori professionisti, per poi dividersi i ricavi dei trafugamenti in base alla legge islamica del Khums: la quinta parte del bottino va riservata a Dio, cioè allo Stato islamico. Daniele Morandi Bonacossi, direttore della missione archeologica dell Università di Udine in Assiria, è stato tra gli ultimi studiosi a poter ammirare il rilievo del palazzo reale di Nimrud, staccato probabilmente a colpi di piccone, e il ritratto in pietra del sovrano Tiglatpileser III, letteralmente sbriciolato da predoni a caccia di un (inesistente) scrigno d oro nascosto. La sua missione, a capo di una trentina di specialisti tra archeologi, geologi, paleobotanici, antropologi fisici e restauratori, era cominciata tre anni fa. «Avevamo appena lasciato la Siria, dove era diventato impossibile lavorare per ragioni di sicurezza, entusiasti di poter trasferirci nel Kurdistan iracheno, che aveva appena riaperto le porte dopo oltre vent anni di conflitti ed embarghi». La squadra italiana ha scavato nel villaggio di Tell Gomel, probabilmente il sito dell antica Gaugamela, dove nel 331 a.c. Alessandro Magno sconfisse l imperatore persiano Dario III, aprendosi la strada per Babilonia. Ma soprattutto, Morandi Bonacossi ha indagato «la rivoluzione agricola della valle di Ninive, capitale del primo impero globale dell umanità», dove re Sennacherib costruì un sistema di dighe e canali artificiali lungo 240 chilometri, quattro secoli prima che fossero progettati i grandi acquedotti dell Impero Romano. «Per trovare la forza lavoro necessaria a un sistema produttivo così complesso, che divenne il granaio di tutto l Impero Assiro, fu deportata una massa di persone senza precedenti, circa mezzo milione, lungo le stesse vie che 2700 anni dopo sono state attraversate da migliaia di cristiani in fuga». A metà agosto, quando i miliziani hanno preso il controllo della vicina diga di Mosul e sono cominciati i bombardamenti degli Stati Uniti, la decisione di rientrare in Italia. «Ma faremo di tutto per tornare, forse già a gennaio», promette l archeologo. Difficile prevedere cosa accadrà nel frattempo in quello come in decine di altri siti nella regione. «A Nimrud e a Horsabad, ad Assur e ad Hatra, in tutti i centri più importanti dell Assiria caduti nelle mani dell Isis, le guardie irachene sono dovute scappare, lasciando campo libero al saccheggio. E subito sono comparse le stesse gang di trafficanti che avevano devastato l area a sud di Bagdad nel 2003, per poi spostarsi in Siria. Non sappiamo davvero cosa resterà fra pochi mesi di questo tesoro dell umanità che è sopravvissuto per migliaia di anni». La destinazione più probabile, adesso come due secoli fa, è ancora l Occidente, «nei salotti e nei caveau di collezionisti privi di scrupoli e della minima cultura, ma disposti a spendere centinaia di migliaia di euro». Soldi destinati in parte a finire, di mercante in mercante, di mediatore in mediatore, nelle casse dei miliziani per la Guerra Santa. I lavori La «Missione Archeologica Italiana in Assiria» dell Università di Udine, sotto la direzione di Daniele Morandi Bonacossi (nella foto), opera in collaborazione con la Direzione delle Antichità della Regione del Kurdistan iracheno e con il sostegno del ministero degli Esteri (insieme ad altri sponsor pubblici e privati). Il costo di una campagna di ricognizione e scavo archeologico in Kurdistan della durata di due mesi e mezzo è di circa 120 mila euro

14 14 Sabato 27 Settembre 2014 Corriere della Sera Offerta valida per immatricolazioni fino al 30/09/2014 per Ford EcoSport CV a fronte di rottamazione o permuta di una vettura immatricolata entro il 31/12/2008 e posseduta da almeno 6 mesi. Solo per vetture in stock presso i FordPartner aderenti all iniziativa. Prezzo raccomandato dalla Ford Italia S.p.A. IPT e contributo per lo smaltimento pneumatici esclusi. Ford EcoSport: consumi da 4,6 a 6,3 litri/100 km (ciclo misto); emissioni CO 2 da 120 a 149 g/km. Esempio di finanziamento per Ford EcoSport a Anticipo zero (grazie al contributo dei FordPartner), 36 quote da 274,58, escluse spese incasso Rid 3, più quota finale denominata VFG pari a Importo totale del credito di ,52 comprensivo dei servizi facoltativi Guida Protetta, Assicurazione vita, Invalidità e disoccupazione. Totale da rimborsare ,88. Spese gestione pratica 300. Imposta di bollo in misura di legge all interno della prima quota mensile. TAN 2,95%, TAEG 4,24%. Solo per i concessionari aderenti all iniziativa. Salvo approvazione FCE Bank plc. Documentazione precontrattuale in concessionaria. Per condizioni e termini dell offerta finanziaria e delle coperture assicurative fare riferimento alla brochure informativa disponibile presso il FordPartner o sul sito Le immagini presentate sono a titolo puramente illustrativo e possono contenere accessori a pagamento. Messaggio pubblicitario con finalità promozionale. ÈarrivatoilSUVcompatto sempre connesso. SYNC with AppLink La tecnologia che ti permette di controllare le App del tuo smartphone con semplici comandi vocali. InpiùconSpotifypuoiriprodurrebranieselezionare le tue playlist senza togliere le mani dal volante. FORD ECOSPORT Climaautomatico,SYNCwithAppLink,PowerStart, KeyFree System, Cerchi in lega. Einpiùanticipo zero, TAN 2,95%,TAEG4,24% Anche sabato 27 e domenica 28 ford.it

15 Corriere della Sera Sabato 27 Settembre 2014 Diplomazie di Fabrizio Dragosei Le mani di Putin sulle compagnie degli oligarchi S e Mikhail Khodorkovskij quando finì in galera più di dieci anni fa aveva fatto lo sgarbo di mettere il naso in politica, il proprietario del conglomerato Sistema è un oligarca che ha sempre volato basso per non infastidire il potere. Ma questo non è bastato a Vladimir Yevtushenkov (foto) da 15 giorni agli arresti domiciliari. Ieri un tribunale ha posto sotto sequestro le sue azioni nella società petrolifera Bashneft, acquisita cinque anni fa. E la procura generale russa ha chiarito che lo scopo è far passare allo Stato il controllo di quella che è la sesta compagnia del Paese. Gli analisti predicono che la Bashneft finirà sotto l ala di Rosneft, il gruppo statale guidato da Igor Sechin, fedelissimo di Vladimir Putin. Quella stessa Rosneft che si è impadronita della società che fu di Khodorkovskij, la Yukos. Quanto sta avvenendo ora suscita molto allarme. Ora, non solo finisce davanti ai tribunali (e in galera) chi si oppone apertamente, ma l arma giudiziaria è utilizzata semplicemente anche per acquisire proprietà, in un momento in cui lo Stato e il Cremlino hanno deciso di concentrare tutti gli sforzi per far fronte a quello che viene visto come un attacco esterno a seguito delle vicende ucraine. Si parla del progetto di riportare tutti i maggiori gruppi che operano nel settore energetico sotto il controllo del Cremlino. Il gas è già quasi tutto di Gazprom. Per il petrolio, il prossimo boccone potrebbe essere la Lukoil, l ultimo gigante privato. Poi si potrebbe passare ad altri settori «strategici». L ipotesi terrorizza gli oligarchi e rischia di peggiorare il clima degli affari, come ha detto ieri il preoccupatissimo ministro dell Economia. Il rublo scende a nuovi minimi, anche perché tutti sanno che le aziende statali non riescono a essere efficienti e a pompare tutto il greggio che Mosca vuole esportare. Nemmeno l ipotesi di un primo accordo sulle forniture di gas all Ucraina è bastata a risollevare il morale. A Berlino si è fissato un prezzo provvisorio del gas (385 dollari) che a Kiev ancora non va bene. E poi va risolta la questione dei debiti accumulati dall Ucraina. L Unione europea sta cercando di mediare e forse qualche progresso potrebbe essere fatto la settimana prossima. ESTERI 15 «Me lo chiede papà». L ora di Bush III? Jeb vicino a candidarsi per la Casa Bianca. Discorsi da leader internazionale, la spinta della famiglia DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK Jeb Bush non ha ancora deciso, ma la pressione attorno a lui cresce. Quella dell «establishment» del partito repubblicano che, dopo gli sbandamenti verso l estrema destra negli anni dell esplosione del fenomeno dei Tea Party, sta cercando un ancoraggio su posizioni conservative sì, ma più moderate. E quella del padre, George H. W. Bush, che ha invitato il figlio a candidarsi anche durante una festa in famiglia di tre mesi fa: quella per il novantesimo compleanno dell ex presidente. Ieri l informatissimo Ben White ha scritto su Politico.com che di recente George H. W. Bush ha detto a un ospite nel suo ritiro nel Maine, di considerare «quasi certa» una campagna presidenziale e «un ritorno della nostra dinastia politica». Ostacoli? Essenzialmente due: le idee di Jeb su immigrazione e scuola, troppo avanzate per un partito che su questi temi ha accentuato il suo conservatorismo. E, soprattutto, la famiglia. Se papà Bush insiste, la moglie Columba fin qui ha frenato. Non ama vivere sotto i riflettori, non vuole vedere sconvolgimenti nella vita sua e dei suoi ragazzi. A cominciare da quella della figlia Noelle, che in passato ha avuto grossi problemi di droga: la sua storia verrebbe inevitabilmente passata allo scandaglio dalla stampa. Ma il mondo produttivo è con lui: tanto i finanzieri di Wall Street quanto gli imprenditori puntano su un moderato. E il partito, stretto tra l «autoaffondamento» di Chris Christie e la possibilità di una terza candidatura del «perdente seriale» Mitt Romney, senza Jeb Bush non saprebbe che pesci prendere. Lui non ha deciso, ma ha promesso che lo farà entro fine anno. L energia con la quale sta partecipando alla campagna elettorale di «mid-term» appoggiando parecchi repubblicani, induce gli osservatori a ritenere che l ex governatore della Florida stia per sciogliere la riserva. Jeb ha un atteggiamento molto diverso da quello di sei e due anni fa: allora si era tenuto più in disparte, anche se non aveva escluso la possibilità di scendere in campo all ultimo momento. Chi lo conosce bene dice che il più giovane dei figli di George HW è realmente indeciso: da un lato pensa di poter essere utile all America, sbloccare il Paese e la sua economia con poche ma incisive riforme. Dall altro sente la responsabilità di un passo che condizionerà la vita di moglie e figli per sempre. Togliere libertà ai suoi cari, smettere di costruire un patrimonio familiare da lasciare loro, sono cose che gli pesano immensamente. Stavolta, però, non può rimandare come ha fatto nel 2008 e nel 2012: 11 settembre Tre pompieri di Ground Zero morti di cancro Tre vigili del fuoco che prestarono soccorso a Ground Zero l 11 settembre del 2001 sono morti di cancro lunedì, nello stesso giorno: si tratta di Howard Bischoff, 58 anni, Robert Leaver, 56, e Daniel Heglund, 58. «L aria era tossica e rimase tossica per mesi», afferma l associazione dei Vigili del fuoco. Dinastia Due generazioni di Bush. Da sinistra: George jr, 68 anni, il padre George, 90, e il fratello più giovane, Jeb arrivato a 61 anni, questa è la sua ultima occasione: la prossima volta presumibilmente tra 8 anni sarà quasi settantenne. L ostilità della gente verso le dinastie politiche, i problemi di linea e il rischio di essere assaltato dal Tea Party alle primarie, lo preoccupano meno: Jeb ritiene che il ricordo negativo del fratello George stia svanendo nell opinione pubblica, ora che Obama è costretto ad attaccare in Medio Oriente usando una retorica da «guerra contro le forze del male». E poi la questione dinastica è neutralizzata, sull altro fronte, dalla (probabile) candidatura di Hillary Clinton. Quanto alla linea politica, l ex governatore della Florida sa che molti, nel suo partito, non condividono le sue idee su una sanatoria almeno parziale per gli immigrati clandestini e sull introduzione dei cosiddetti Common Core Standard nella pubblica istruzione. Ma Jeb crede che in politica contino soprattutto la capacità di leadership e il carisma: è convinto di poter spiegare in modo convincere le sue idee all elettorato conservatore portandolo dalla sua parte. Massimo Gaggi Il fratello Jeb Bush, 61 anni, è il secondo figlio di George Bush. Repubblicano, è stato governatore della Florida dal 1999 al 2007 Era al suo primo mandato quando la Florida, nel 2000, si trovò al centro del caso del riconteggio delle schede per le presidenziali

16 16 Sabato 27 Settembre 2014 Corriere della Sera

17 Corriere della Sera Sabato 27 Settembre 2014 Il progetto Il piano di portare più acqua dal Sud al Nord della Cina è costato 60 miliardi di dollari e ci sono voluti 15 anni per realizzarlo Ora manca solo la realizzazione di un terzo canale. Ma per completarlo serviranno almeno 30 anni Vinto il fiume Yangtze Un canale di km realizza il sogno di Mao Deviato un affluente per irrigare il Nord della Cina Verso Nord Il canale costruito per trasportare l acqua da un affluente dello Yangtze verso il Nord della Cina DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PECHINO La grande sfida alle leggi della natura che regolano il corso millenario dei grandi fiumi della Cina è quasi pronta. Ci sono voluti poco meno di quindici anni di lavori e 60 miliardi di dollari di spesa: ora il canale che devia di chilometri verso settentrione l acqua dello Yangtze dalle pianure centro-meridionali sta per essere aperto. Dal 31 ottobre porterà a Pechino 13 miliardi di metri cubi d acqua all anno. Perché questo progetto faraonico? Perché il I tre canali d acqua km CINA 700 Pechino Shanghai Weihai Nord della Cina ha solo un quinto dell acqua dolce del Paese, ma i due terzi delle terre agricole. Perché, secondo i criteri internazionali, si parla di carenza d acqua quando una persona ne ha a disposizione meno di mille metri cubi all anno e gli abitanti di Pechino possono contare solo su 145 metri cubi, buona parte inquinati. È la natura della Cina, aggravata dai danni dell industrializzazione massiccia. Mao negli anni Cinquanta disse, esprimendo uno dei suoi celebri pensieri: «Al Sud c è molta acqua, al Nord poca. Se possibile, prenderla a prestito sarebbe un bene». Gli ingegneri idraulici cinesi apparentemente hanno compiuto il miracolo. Anche a costo di spostare oltre 330 mila contadini le cui case e terre sono state invase da un enorme bacino. L opera si chiama «Trasferimento di acqua da Sud a Nord» e si compone di tre grandi canali: Via orientale, centrale e occidentale. I primi due sono completi. Il percorso orientale porta lungo chilometri 14 miliardi di metri cubi d acqua all anno dallo Yangtze verso la regione di Tianjin, dirottandola anche attraverso il Gran Canale fatto costruire dagli imperatori quattordici secoli fa e ora allargato e reso più profondo; quello mediano che si inaugura a fine ottobre farà scorrere 13 miliardi di metri cubi verso la capitale, su una direttrice di chilometri. Il terzo canale, quello occidentale, prevede lo scavo di tre tunnel giganteschi nella roccia dell altopiano del Tibet, coinvolgendo anche il Fiume Giallo ed è il più controverso: si immagina di completarlo tra trent anni e a quel momento saranno 44 i miliardi di metri cubi d acqua dirottati da Sud a Nord. Lo Yangtze, con i suoi chilometri, è il fiume più lungo dell Asia, il quarto del mondo. Noi lo conosciamo anche come Fiume Azzurro. Si getta nell Oceano vicino a Shanghai ed ha (aveva) un eccesso d acqua. Ma restano dubbi anche sulla strategia di fondo. Dirottando più acqua verso il Nord non si affronterebbe il vero problema: la grande domanda delle megalopoli settentrionali come Pechino e Tianjin e l inefficienza dell uso che ne fanno le industrie. Le fabbriche e gli impianti cinesi, secondo i dati della Banca mondiale, impiegano dieci volte più acqua per i loro cicli produttivi rispetto alla media dei Paesi industrializzati. Guido Il commento Come un film di Herzog Quella sfida titanica tra l Uomo e la Natura di Paolo Mereghetti U ESTERI 17 na sommessa proposta al governo cinese: se volete conservare una documentazione visiva di questa immane opera idrico-ingegneristica, c è solo un regista da chiamare, Werner Herzog. Solo lui ha dimostrato di essere capace di filmare l infilmabile, soprattutto quando si tratta di sfide dell Uomo con la Natura. La memoria corre a Fitzcarraldo (foto) e alla scommessa (vinta) di ripetere l «impossibile» impresa di trascinare un battello oltre una montagna, ma non era stato meno rischioso costringere Klaus Kinski a sfidare le rapide nel film Aguirre, furore di Dio (il regista arrivò a minacciare l attore con un fucile perché non abbandonasse le riprese). Niente però eguaglia, come sfida titanica e faustiana, certi film che Herzog ha girato dove nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di andare: Apocalisse nel deserto è una delle più sconvolgenti testimonianze sulla devastazione della Terra da parte dell uomo, girata in Kuwait dopo la prima guerra del Golfo. Anche se il vertice di questa sfida tra Natura e Cinema è il documentario La Soufrière, da un vulcano della Guadalupa che nel 76 rischiava di esplodere. Questo non ha impedito a Herzog e a due operatori di filmarlo così da vicino da rischiare la vita. Se Pechino gli commissionasse un lavoro sulla deviazione dell affluente dello Yangtze, sarebbe capace di farsi sommergere dalle acque pur di riprendere le scene migliori...

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20 20 Sabato 27 Settembre 2014 Corriere della Sera Cronache 144 Le donne uccise in Italia nel periodo agosto luglio ,7 Per cento I delitti avvenuti in ambito familiare e affettivo 51 Mila Il numero delle denunce per stalking nel periodo agosto luglio 2014 «So che sono amanti» Uccide la moglie e l altro nell ascensore dell Inps Tutti e tre impiegati nello stesso palazzo di Cinecittà ROMA «Venite a prendermi, ho ammazzato mia moglie e il suo amante». Poche parole, pronunciate senza emozione. Mauro Micucci ha confessato per telefono. Ai suoi piedi, stretti uno sull altro nella cabina dell ascensore, c erano i corpi martoriati della moglie Daniela Nenni, 49 anni, e dell uomo con il quale era convinto che lo tradisse, Alessandro Santoni (38), trafitti da decine di coltellate inferte con il Camillus, micidiale arma usata dai Marines. Per ucciderli, poco prima delle 18 di ieri, Micucci, 57 anni, perito informatico, ha scelto il luogo di lavoro di tutti e tre: il palazzo dell Inps di via Umberto Quintavalle, a Cinecittà. Ma per essere sicuro che non scappassero, ha atteso che salissero in ascensore: una trappola di metallo di un metro quadrato dal quale la moglie anche lei informatica e il presunto amante un elettricista non sono riusciti a fuggire, né a chiedere aiuto. Quando le porte automatiche si sono aperte, si sono trovati di fronte l assassino. Come in un L omicida e la vittima Mauro Micucci, 57 anni, ha ucciso la moglie e quello che riteneva il suo amante ieri nella sede Inps a Roma (Proto) La vittima Alessandro Santoni, elettricista di 38 anni, lavorava nello stesso palazzo di Cinecittà dell omicida e della moglie (Proto) film dell orrore. All arrivo dei carabinieri Micucci ha gettato sui corpi il coltello insanguinato, poi si è lasciato ammanettare. «Non entrerò mai più in quell ascensore», racconta in lacrime una delle colleghe della moglie di Micucci. Nessuna di loro ha voluto tornare a casa. Sulla facciata di vetro del palazzo, le uniche luci provengono dall ufficio di Daniela. Il marito invece è già nella caserma della compagnia Casilina per essere interrogato. In serata finisce in carcere, accusato di duplice omicidio. Da settimane sul suo profilo Facebook scriveva messaggi rabbiosi contro chi lo aveva tradito: non si esclude che si rivolgesse alla moglie e al presunto amante. Un post lo ha dedicato anche ai cinque figli avuti da Daniela: «Scusate, avevo dato il mio cuore alla persona sbagliata. Ora è tutto vostro». La conferma di un disagio profondo, esploso ieri pomeriggio prima di tornare a casa. Per gli investigatori dell Arma il cinquantenne avrebbe pedinato la moglie fuori dalla sua stanza, nei corridoi del palazzone che confina con il centro commerciale Cinecittà Due. Forse ha anche atteso che si incontrasse con l elettricista. I carabinieri non escludono che li abbia visti salire sull ascensore, per poi spostarsi dove sapeva di doverli aspettare: al piano -1, che conduce a un piccolo spiazzo a quell ora poco frequentato. E lì Femminicidio Daniela Nenni, 49 anni, in una foto pubblicata su Facebook La donna era informatica (foto Proto) ha agito, impedendo a Santoni, più alto di lui, qualsiasi reazione. L ipotesi è che Micucci abbia pianificato con cura l omicidio dei due, portandosi dietro il coltello. «E pensare che poche ore prima li avevamo visti parlare tranquillamente, prendere il caffè insieme ricorda un collega di Micucci, è sempre stata una coppia molto unita, tranquilla. Anche se negli ultimi tempi avevamo notato un po tutti che entrambi erano molto dimagriti». L aggressione Prima le coltellate a sangue freddo, poi la chiamata ai carabinieri: «Venite a prendermi» Per un altro impiegato però c era qualcosa che non andava: «Ho sentito di frizioni fra i due, qualche volta i rapporti erano tesi anche qui dentro», racconta. Elementi ora al vaglio dei carabinieri che fino a tarda notte hanno perquisito le scrivanie di marito e moglie, oltre che il posto di lavoro dell elettricista e l abitazione della coppia fuori Roma, sulla Prenestina. Santoni invece viveva a Pomezia e aveva un figlio di 10 anni. «Un tipo atletico rivelano le colleghe di Daniela, però non abbiamo mai sentito di una tresca con lui. Lei era una donna solare. Lavorava qui da 15 anni, la conoscevano tutti. Aveva il sorriso più bello del mondo». Rinaldo Frignani Garlasco, dalle scarpe al tappetino «Stasi doveva sporcarli di sangue» La nuova perizia: era sul luogo del delitto, impossibile che fossero puliti I reperti e i test Unico imputato Alberto Stasi, 31 anni, era stato assolto in secondo grado nel 2011 ma due anni dopo la Cassazione ha annullato con rinvio il processo Le scarpe da ginnastica Le scarpe indossate da Alberto Stasi in una delle foto allegate alla consulenza di parte civile nel processo per l omicidio di Chiara Poggi La simulazione Una delle simulazioni della camminata di Stasi all interno della villetta Poggi a Garlasco dove fu uccisa Chiara il 13 agosto 2007 Per la pubblicità legale e finanziaria rivolgersi a: RCS MediaGroup S.p.A. Via Rizzoli, Milano Via Rizzoli, Milano Tel Fax Via Campania, Roma Tel Fax Vico II San Nicola alla Dogana, Napoli Tel Fax Via Villari, Bari Tel Fax Non soltanto la suola delle sue scarpe. Anche il tappetino della sua Volkswagen Golf non aveva tracce di sangue. Un dettaglio che da ieri è diventato un problema, l ennesimo, per Alberto Stasi. Perché i periti dei giudici che stanno celebrando l appello bis, sostengono che quel dato stona con la ricostruzione dei fatti e che quel tappetino non avrebbe dovuto essere pulito. Un passo indietro al 13 agosto del Alberto camminò nella villetta di Garlasco dove fu uccisa la sua fidanzata, Chiara Poggi e mise i piedi su un percorso disseminato di gocce e con qualche chiazza di sangue. Dopodiché uscì da quella casa e salì in macchina per andare dai carabinieri. In questi sette anni è stato un gran discutere del fatto che lui potesse sporcarsi oppure no di sangue le suole delle scarpe che aveva addosso e che consegnò ai carabinieri il giorno dopo il delitto, pulite. Nei processi di primo e secondo grado si disse che c erano pochissime possibilità (quasi zero) che questo potesse accadere e l argomento a favore di Alberto (da sempre unico sott accusa per il delitto) è stato questo: se anche le avesse sporcate, era logico pensare che le suole avessero rilasciato le macchie fra l ora del ritrovamento del corpo e la consegna delle scarpe. La nuova perizia depositata ieri va oltre. E stabilisce che se parliamo dell ipotesi di «rilasciare» il sangue allora dobbiamo ipotizzare che sul tappetino dell auto doveva rimanerne. Perché, posto che è praticamente impossibile non intercettare macchie sulla scena del delitto (anche questo stabilito dalla stessa perizia), è anche impossibile che il sangue non sia finito sulla prima superficie di contatto, appunto, il tappetino. Scrivono i periti: «Si è evidenziato che dopo aver calpestato delle tracce di sangue, sia Le macchie rilevate I due esperimenti, con quattro diverse ipotesi di calpestio, hanno dato sempre lo stesso esito umide sia secche, le suole hanno captato particelle ematiche tanto da risultare costantemente positive al luminol nelle diverse ripetizioni, e inoltre sono state in grado di trasferire parte del materiale ematico ai tappetini d auto calpestati sperimentalmente». In due esperimenti, eseguiti con quattro diverse ipotesi di calpestio, l esito è stato sempre quello: il luminol ha rilevato tracce di sangue in quantità più o meno evidenti a seconda del numero di macchie calpestate, della loro grandezza e di quanto fossero secche. Quindi delle due l una: o i periti sbagliano qualche passaggio o Alberto ha mentito. G. Fas.

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