Studio della radiazione cosmica di altissima energia con l esperimento Auger

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI LECCE FACOLTÀ DI SCIENZE MM. FF. NN. Corso di Laurea in Fisica TESI DI LAUREA Studio della radiazione cosmica di altissima energia con l esperimento Auger Relatore: Dott. Ivan DE MITRI Correlatore: Dott. Lorenzo PERRONE Laureanda: Dott.ssa Mariangela SETTIMO Anno Accademico

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3 Esistono intenzioni e passioni perfette. Le azioni vivono di per sè, in un mondo scorrelato.

4 Introduzione I Introduzione La fisica dei raggi cosmici è nata agli inizi del secolo scorso, quando Victor Hess, nel 1912, registrò la presenza di radiazione proveniente da sorgenti extra terrestri. Da allora, la radiazione cosmica ha assunto un ruolo di primo piano nei settori dell astrofisica e della fisica delle particelle. Negli ultimi anni, lo studio della radiazione cosmica è stato rivolto alla regione delle altissime energie, superiori a ev, per la presenza di problematiche ancora irrisolte, tra cui un aspetto particolarmente affascinante è la ricerca delle sorgenti e dei meccanismi responsabili della produzione e accelerazione di particelle così energetiche. Diversi modelli sono stati proposti per descrivere l origine dei raggi cosmici di altissima energia ipotizzando meccanismi di accelerazione all interno di oggetti astrofisici quali supernove, nuclei galattici attivi e gamma ray burst. Negli ultimi anni sono stati formulati anche modelli top-down secondo cui le particelle cosmiche di energia estrema sono prodotte dal decadimento di particelle esotiche supermassive. Un possibile strumento di selezione fra tali modelli potrebbe essere lo studio combinato della presenza del cut-off GZK e dell evidenza di eventuali anisotropie nella nostra Galassia. Dopo la scoperta, negli anni 60, della radiazione cosmica di fondo (CMB), Greisen, Zatsepin e Kuzmin hanno previsto che, ad energie superiori a ev, si dovrebbe osservare una netta riduzione del flusso di particelle (cut-off GZK), in seguito all interazione con il CMB dei raggi cosmici prodotti a distanze maggiori di Mpc. L osservazione di eventi super GZK e di anisotropie nella Galassia sarebbe interpretata come una forte indicazione della presenza di sorgenti locali. I risultati ottenuti dai due esperimenti AGASA e HiRes, sembrano contrastanti in entrambi gli ambiti di ricerca: AGASA infatti, a differenza di HiRes, osserva alcuni eventi super-gzk ed evidenzia una anisotropia nella direzione del centro galattico. La misura dello spettro e delle anisotropie in questa regione di energie è purtroppo limitata dal flusso estremamente basso. Si richiede perciò la realizzazione di grandi apparati, che consentano di fare misure ad alta statistica. L osservatorio Pierre Auger, attualmente l esperimento di raggi cosmici più grande al mondo, ha un estensione tale da consentire una misura dello spettro ad energie maggiori di ev con una statistica sufficientemente

5 II Introduzione alta. Il progetto prevede la costruzione di un sito nell emisfero sud, in Argentina, in fase di costruzione e il cui completamento è previsto entro i primi mesi del 2007, e di un sito nell emisfero nord, che è in preparazione in Colorado. Ciascuno dei due siti avrà un estensione pari a circa 3000 km 2. L esperimento Pierre Auger inoltre si distingue dagli altri esperimenti, che hanno operato ed operano nella fisica dei raggi cosmici di altissima energia, per di una tecnica di misura ibrida che utilizza in modo combinato le informazioni provenienti da due tipologie di rivelatori: un array di superficie che osserva l arrivo dello sciame al suolo, e un telescopio che osserva la luce di fluorescenza emessa dalle molecole di azoto dell atmosfera in seguito all interazione con le particelle cariche dello sciame. Le caratteristiche di tali rivelatori sono state scelte in funzione del range di funzionamento previsto per l osservatorio. In particolare, il rivelatore è in grado di osservare raggi cosmici nell intervallo di energie tra e ev. Questo lavoro di tesi si propone di studiare l efficienza di trigger e di ricostruzione del rivelatore ibrido allo scopo di stimare il numero di eventi attesi nell ipotesi che il flusso dei raggi cosmici osservato sia descritto da una funzione analitica ottenuta estrapolando lo spettro dei due esperimenti Kascade [66] ed HiRes [67]. In particolare è stata investigata la risposta del rivelatore operante in modalità ibrida usando, per la prima volta con simulazioni ibride, sciami generati in dettaglio con il programma CORSIKA. Inoltre sono stati implementati nel software di simulazione e ricostruzione due nuovi moduli per il calcolo delle variabili da utilizzare nell analisi successiva. Nonostante gli strumenti informatici realizzati siano utilizzabili in qualunque range di energia, lo studio è stato condotto nella regione delle energie più basse, tra e ev. Si tratta infatti di un intervallo di energie il cui estremo inferiore è prossimo al limite di sensibilità del rivelatore, ma al tempo stesso interessante perchè favorito dall andamento tipo legge di potenza dello spettro dei raggi cosmici. Infatti, anche un leggero aumento dell efficienza di ricostruzione può tradursi in un significativo incremento del numero di eventi sopravvissuti, in una regione in cui il raffronto con i risultati di esperimenti tipo Kascade o HiRes può fornire informazioni sugli errori sistematici delle varie tecniche di rivelazione e analisi. In particolare, nel capitolo 1 saranno presentati gli aspetti più importanti e le problematiche ancora irrisolte relative alla fisica dei raggi cosmici di altissima energia. Saranno inoltre descritte le tecniche di misura indirette necessarie per osservare i raggi cosmici alle energie superiori a ev.

6 Introduzione III Gli argomenti introdotti in questo capitolo costituiranno le motivazioni e gli obiettivi scientifici dell esperimento Pierre Auger, la cui descrizione dettagliata sarà fornita nel capitolo 2. Negli ultimi due capitoli sarà presentato il lavoro di tesi svolto. Nel capitolo 3, dopo aver discusso brevemente la definizione dei trigger del rivelatore, sarà calcolata la frazione di eventi potenzialmente ricostruibili e sarà stimata l apertura del rivelatore ibrido per tali eventi. Sarà poi stimato il numero di eventi ibridi attesi dal sito sud di Auger in un anno di presa dati, assumendo un efficienza di ricostruzione pari al 100 %. Una stima analoga e più realistica è ottenuta tenendo conto dell efficienza di ricostruzione e ciò sarà oggetto del quarto capitolo. In primo luogo saranno definiti i criteri minimali di selezione che consentano di ottenere ricostruzioni affidabili. Sarà successivamente discussa la risoluzione dei parametri geometrici dello sciame (nel caso ibrido ed in quello con il solo telescopio di fluorescenza) e dell energia ricostruite, a confronto con la simulazione. Sulla base delle condizioni applicate, procedendo come nel capitolo 3, si determinaneranno il numero di eventi attesi con i tagli di ricostruzione. I criteri di selezione definiti e validati in questo lavoro di tesi dallo studio sulle risoluzioni in energia e in geometria, saranno a breve applicati ad eventi reali. Ad una migliore selezione degli eventi ricostruibili si affiancherà un lavoro di ottimizzazione della ricostruzione degli eventi con energia intorno a ev.

7 IV

8 Indice 1 RAGGI COSMICI Lo spettro energetico Composizione Propagazione e perdite di energia dei raggi cosmici di altissima energia Meccanismi di accelerazione Origine dei raggi cosmici Sorgenti di raggi cosmici Modelli Top-Down Osservazione dei raggi cosmici di altissima energia Extensive Air Showers Parametri caratteristici di un EAS Elongation rate Sorgenti puntiformi e anisotropie UHECR:la situazione sperimentale Array di superficie Rivelatori di fluorescenza Atmosfera e luce di fluorescenza Trasmissione della luce di fluorescenza L OSSERVATORIO PIERRE AUGER Rivelatori di superficie Calibrazione SD Rivelatore di fluorescenza Calibrazioni FD Monitoraggio dell atmosfera LIDAR Central Laser Facility (CLF)

9 1 2.6 Central Data Acquisition System (CDAS) Il framework Offline Apertura ed efficienza di rivelazione di eventi ibridi Il trigger SD Trigger e selezione degli eventi FD Il trigger di primo livello (FLT) Il trigger di secondo livello (SLT) Il trigger di terzo livello (TLT) Apertura del rivelatore ibrido Simulazione degli sciami atmosferici con il programma Corsika Simulazione ibrida degli eventi Calcolo della frazione di eventi ibridi ricostruibili Stima degli eventi attesi da Auger Performance della ricostruzione con il rivelatore ibrido Ricostruzione geometrica degli eventi con FD Ricostruzione della geometria con il metodo ibrido Ricostruzione del profilo longitudinale Ricostruzione dell energia La catena di ricostruzione ibrida nell Offline Selezione degli eventi e risoluzioni ibride Risoluzione ibrida ed FD monoculare a confronto Risoluzioni in energia Stima degli eventi attesi dopo la ricostruzione A La catena HSimulation per la simulazione di eventi ibridi nell Offline 111 B La catena HReconstruction per la ricostruzione di eventi ibridi nell Offline 115

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11 Capitolo 1 RAGGI COSMICI L atmosfera terrestre è continuamente investita da un flusso di particelle provenienti dall universo, chiamate raggi cosmici, caratterizzate da energie variabili in una scala che si estende fino a ev. In questo capitolo, saranno brevemente presentati alcuni aspetti relativi alla fisica dei raggi cosmici con particolare attenzione alla regione delle altissime energie. 1.1 Lo spettro energetico Lo spettro dei raggi cosmici è mostrato in figura 1.1 ed è descritto da una legge a potenza: dn de E γ (1.1) A basse energie l indice spettrale γ è pari a 2.7 e nella regione con E ev, (detta ginocchio), il suo valore sale a 3.0. Ad energie più alte, intorno a ev, nella regione della caviglia, lo spettro torna ad essere meno ripido, con γ 2.7 [1]. In quest ultima parte dello spettro, il flusso di raggi cosmici osservato è molto basso e la statistica degli eventi al di sopra della caviglia non consente una precisa valutazione dell indice spettrale [2]. In figura 1.2 è mostrato il flusso differenziale, moltiplicato per E 3, in un ampio intervallo di energie.

12 4 RAGGI COSMICI Figura 1.1: Spettro energetico dei raggi cosmici 1.2 Composizione Per i raggi cosmici con energie fino a ev, lo studio della composizione è eseguito con rivelatori posti su satellite o su palloni ad alta quota. In questo intervallo energetico, circa l 85% dei raggi cosmici è costituito da protoni, il 12% da nuclei di particelle α, il 2% da elettroni e l 1% da nuclei pesanti e piccole percentuali di neutrini e fotoni [4]. Dal confronto delle abbondanze dei vari nuclei nella radiazione cosmica (figura 1.3), emergono forti analogie con le abbondanze chimiche del sistema solare e ciò fa supporre che i raggi cosmici siano prodotti in ambienti stellari. È evidente comunque una sovrabbondanza (nella composizione dei raggi cosmici) di alcuni elementi che sono tipicamente consumati più facilmente nei processi nucleari all interno delle stelle. Un primo gruppo di tali elementi è costituito da litio, berillio e boro la cui presenza può essere spiegata

13 1.2 Composizione 5 Figura 1.2: Spettro differenziale dei raggi cosmici, moltiplicato per E 3. Per energie inferiori a ev, lo spettro è misurato con esperimenti su satellite (Proton Satellite), e palloni ad alta quota (Runjob e JACEE). Il flusso nella regione sopra il ginocchio è ottenuto da misure indirette, sia con array di rivelatori di superficie (Haverah Park, Yakutsk, AGASA), sia con rivelatori di luce di fluorescenza (Fly s Eye). come prodotto di processi di spallazione di protoni su nuclei di carbonio e ossigeno. Ad un processo analogo, ma su nuclei di ferro, è dovuta la maggiore abbondanza di nuclei di scandio, vanadio, titanio e manganese [5]. Infine H ed He sono presenti in quantità inferiori nei raggi cosmici. Lo sviluppo di rivelatori sensibili alla massa dei raggi cosmici ha reso possibile la determinazione delle componenti isotopiche per un certo numero di elementi, in particolare per H e He. Lo studio delle abbondanze isotopiche è stato usato per ottenere informazioni sul tempo impiegato dai raggi cosmici per raggiungere la Terra. Questo risultato si ottiene, ad esempio, dall analisi delle abbondanze relative del 10 Be e del suo prodotto di decadimento 10 B. Noto il tempo caratteristico di questo decadimento, si può risalire al tempo mediamente trascorso dalla produzione dei raggi cosmici alla loro rivelazione a terra. Alle altissime energie, al di sopra del ginocchio, l analisi della composizione può essere fatta solo sulla base di misure indirette, ovvero

14 6 RAGGI COSMICI Figura 1.3: Abbondanze relative dei raggi cosmici, confrontate con quelle tipiche del sistema solare per mezzo degli sciami prodotti in atmosfera dai raggi cosmici secondari. La composizione a queste energie è uno degli argomenti tuttora oggetto di dibattito e sarà discussa più in dettaglio nel paragrafo Propagazione e perdite di energia dei raggi cosmici di altissima energia Durante la propagazione nell universo, i raggi cosmici sono soggetti a varie interazioni e la loro traiettoria può essere influenzata dall attraversamento di regioni con campi magnetici. Ciò influisce necessariamente sullo spettro e sulle direzioni di arrivo osservate a terra. Inoltre i protoni possono interagire con la radiazione cosmica di fondo principalmente attraverso il processo di fotoproduzione di pioni [32]. Questo processo è particolarmente interessante perchè responsabile di una riduzione del flusso atteso di raggi cosmici con energia E > ev, prodotti

15 1.3 Propagazione e perdite di energia dei raggi cosmici di altissima energia 7 a distanze maggiori di 50 Mpc. Questo effetto è noto come cut-off GZK (Greisen, Zatsepin e Kuzmin) ed è uno degli argomenti attualmente oggetto di dibattito. Figura 1.4: Sezione d urto per il processo di fotoproduzione di pioni in funzione dell energia del fotone, nel sistema a riposo per il nucleone. La linea continua rappresenta la sezione d urto per protoni, mentre quella tratteggiata è per neutroni. Cut-off GZK Alle energie più alte, il processo dominante è quello di fotoproduzione di pioni: p + γ CMB + p + π 0 oppure p + γ CMB + n + π + L energia di soglia per tale processo è

16 8 RAGGI COSMICI E thr (m c 2 ) 2 (m p c 2 ) 2 2E γ (1 cosθ) (1.2) L energia minima necessaria per il processo, si ha nel caso di urto frontale tra il protone e il fotone (θ = π) E min = (m c 2 ) 2 (m p c 2 ) 2 4E γ ev (1.3) Una lunghezza di interazione per fotoproduzione di pioni, pari a circa 6 Mpc, è associata ad una inelasticità 20%, dove l inelasticità è definita come la frazione di energia persa in ogni interazione singola. In figura 1.5 è mostrata l energia dei protoni in funzione della distanza percorsa, per diverse energie iniziali del protone. Per distanze percorse superiori a 100M pc l energia dei nucleoni si riduce a valori intorno a ev. Figura 1.5: Energia del protone in funzione della distanza percorsa e per diversi valori della sua energia iniziale. La degradazione di energia è dovuta al solo processo di fotoproduzione di pioni È evidente dunque che se a terra vengono osservati raggi cosmici con energie superiori a questo limite, essi devono essere stati prodotti a distanze

17 1.3 Propagazione e perdite di energia dei raggi cosmici di altissima energia 9 inferiori ai 100 Mpc. Entro tali distanze non sono noti oggetti astrofisici in grado di accelerare i raggi cosmici ad energie così alte [10]. Ci si aspetterebbe perciò un taglio nello spettro osservato, che è noto come cut-off GZK (Greisen, Zatsepin, Kuzmin). Raggi cosmici di altissima energia (UHECR) sono stati osservati per la prima volta dall esperimento Volcano Ranch nel 1963 [34], con un energia stimata di ev. Altri esperimenti hanno in seguito osservato eventi con queste energie, in particolare Yatutsk, AGASA, Fly s Eye e HiRes. Ciò tuttavia non è un argomento sufficiente per escludere l esistenza del cut-off GZK, soprattutto data la bassa statistica fin ora a disposizione a queste energie. La figura 1.6 mostra lo spettro differenziale misurato da AGASA [35] e da HiRes[36, 37] tenendo conto solo dei relativi errori statistici. È evidente la presenza di uno shift sistematico di 30% tra i flussi misurati dai due esperimenti [31, 30]. Entro questo limite i due spettri misurati risultano in accordo tra loro, almeno fino ad energie di ev. Ad energie più elevate, tuttavia, è stato stimato un disaccordo di 2σ anche se le differenze tra i due flussi non sono statisticamente significative [26, 41]. Produzione di coppie Ad energie più basse, il processo dominante è quello di produzione di coppie: p + γ CMB p + e + + e La soglia energetica in questo caso è E thr pe + e = m e (m N + m e ) ɛ ɛ[ev ] ev ev (ɛ è l energia del fotone bersaglio) e la perdita di energia per questo processo è dell ordine di E [41]. Le lunghezze di attenuazione per i processi di interazione dei raggi cosmici sono mostrate in figura 1.7. Per i neutroni invece il processo di perdita di energia dominante ad energie E ev è il decadimento n p + e + ν e I nuclei subiscono inoltre anche processi di fotodisintegrazione sui fotoni del CMB e sulla radiazione IR [33] perdendo circa 3-4 nucleoni/mpc quando

18 10 RAGGI COSMICI Figura 1.6: Confronto tra gli spettri osservati da AGASA e HiRes l energia del nucleo supera ev [25]. Quindi nessun nucleo può essere osservato a terra con energie superiori a tale valore se la distanza della sorgente è maggiore di 20 Mpc. 1.4 Meccanismi di accelerazione Aspetti cruciali nello studio dei raggi cosmici sono l individuazione delle sorgenti e la descrizione dei meccanismi di accelerazione che forniscono alle particelle cosmiche energie estremamente elevate [10]. L accelerazione dei raggi cosmici è generalmente descritta con due modelli chiamati bottom-up e top-down, per i quali le energie dei raggi cosmici sono spiegabili rispettivamente con l accelerazione all interno di sorgenti astrofisiche [11] o come prodotto dei decadimenti di particelle esotiche [12]. Nel primo caso i meccanismi che possono essere suggeriti per

19 1.4 Meccanismi di accelerazione 11 Figura 1.7: Lunghezza di attenuazione di fotoni, protoni e ferro in funzione dell energia per diversi processi di interazione l accelerazione dei raggi cosmici sono dovuti all azione diretta di campi elettromagnetici. Nel caso di accelerazione diretta, il campo elettrico può essere dovuto a campi magnetici rotanti, come nel caso di una pulsar. L energia massima raggiungibile con questi processi dipende dalle caratteristiche dell ambiente astrofisico (intensità dei campi e dimensioni delle sorgenti) e tuttavia tali meccanismi sono poco efficienti dal punto di vista della produzione di raggi cosmici di energie estreme.

20 12 RAGGI COSMICI Meccanismo di Fermi Il modello di accelerazione più accreditato è quello proposto da Fermi [13], nel 1949 [14], in cui le particelle acquistano energia gradualmente attraverso una serie di step successivi, ognuno dei quali è responsabile di un piccolo incremento di energia [7]. Sia E = ξe 0 il guadagno energetico della particella ad ogni ciclo di accelerazione, con ξ << 1 e E 0 energia iniziale della particella. Dopo n cicli, l energia della particella sarà data dalla relazione: E n = E 0 (1 + ξ) n La particella avrà, ad ogni passaggio, una certa probabilità di fuga, P esc, per cui dopo n cicli la probabilità di fuga sarà P n = (1 P esc ) n P esc Il numero di particelle che escono dalla regione di accelerazione con energia E n è dato da n n = N 0 P n = N 0 P ( ) 1 γ En dove γ = 1 ln(1 Pesc). Lo spettro differenziale sarà allora ln(1+ξ) E 0 dn de n(e n) n n(e n) E γ (1.4) E n La relazione (1.4) mostra un andamento a legge di potenza e ciò conferma che il modello di accelerazione stocastica presentato è in grado di riprodurre l andamento osservato sperimentalmente per lo spettro dei raggi cosmici. Il valore dell indice spettrale, come vedremo nei paragrafi seguenti, dipende dallo scenario ipotizzato per l accelerazione. Meccanismo di Fermi I Nella prima versione, il meccanismo di accelerazione di Fermi [7], prevedeva che le particelle acquistassero energia nell attraversamento successivo di disuniformità del campo magnetico nel mezzo interstellare.

21 1.4 Meccanismi di accelerazione 13 All interno di queste disuniformità, la particella subisce una serie di scattering successivi per cui, in media, il suo moto diventerà solidale con quello della nuvola magnetizzata (cloud). L energia della particella nel sistema di riferimento a riposo della nuvola è E 1 = γe 1 (1 βcosθ) (1.5) dove E 1 e θ sono rispettivamente l energia e l angolo della particella all ingresso della regione magnetizzata, mentre v = βc e γ sono la velocità e il fattore di Lorentz della disuniformità. Poichè i processi di scattering in essa, sono elastici, l energia della particella quando questa esce dalla nuvola magnetizzatà deve essere E 1 = E 2 e nel sistema del laboratorio diventa E 2 = γe 2(1 + βcosθ 2) (1.6) Nell ipotesi β << 1 si può approssimare E, ottenendo un guadagno energetico E E 4 3 β2 (1.7) Il valore 4/3 nelle equazioni precedenti deriva da un processo di media sugli angoli. Nonostante questo modello riproduca bene l andamento a legge di potenza dello spettro, il valore dell indice γ non è compatibile con quello misurato. Meccanismo di Fermi II Un buon accordo si ottiene invece usando la seconda versione del modello di Fermi [15], chiamato anche meccanismo del primo ordine in cui, responsabili dell accelerazione sono i fronti d onda d urto, come quelli prodotti nelle esplosioni di supernova. In questo modello, le particelle sono accelerate in seguito all attraversamento successivo di un fronte d onda, supposto piano ed in moto con velocità supersonica 1. 1 Un accelerazione di questo tipo può avvenire ad esempio nelle onde d urto prodotte dall esplosione di una supernova. In tal caso la velocità dello shock piano è dell ordine di 0.3 c.

22 14 RAGGI COSMICI Figura 1.8: A sinistra: interazione dei raggi cosmici con una disuniformità del campo magnetico in moto con velocità non relativistica β = v/c, secondo il meccanismo di Fermi I. A destra: schema dell accelerazione delle particelle in seguito ad attraversamenti successivi ad uno shock piano che si propaga, con velocità supersonica, all interno del fluido upstream, non ancora investito dall onda d urto (Fermi II). La particella viene raggiunta più volte dall onda d urto e per processi di scattering all interno del fluido downstrem (vedi figura 1.8), avrà una probabilità non nulla di riattraversare il fronte, portandosi nuovamente nel fluido upstream, non ancora investito dall onda. L energia acquistata in un ciclo completo di attraversamento dello shock e nell ipotesi che questo sia non relativistico, è E E 4 3 β (1.8) dove V = βc è la velocità dello shock, nel sistema del laboratorio. Trascurando le perdite di energia, lo spettro energetico ricavato in questo caso è una legge a potenza con indice spettrale γ = 2, quindi compatibile con valore misurato sperimentalmente. 1.5 Origine dei raggi cosmici Sono stati discussi, nel paragrafo precedente, i meccanismi per l accelerazione dei raggi cosmici. Un problema collegato a questo aspetto è l individuazione

23 1.5 Origine dei raggi cosmici 15 delle possibili sorgenti. La densità di energia dei raggi cosmici è, a livello locale, di 1 ev/cm 3 [4]. La potenza totale necessaria per giustificare questa densità energetica all interno della Galassia è P = πr2 g d g ρ E erg/s τ c dove R g e d g sono rispettivamente il raggio galattico(r g 30kp) e lo spessore del disco (d g 1kp); τ c è il tempo medio di confinamento delle particelle cosmiche nella galassia e si stima essere di anni. Date potenze così elevate, possibili sorgenti dei raggi cosmici sono le supernove [7, 8]. Nell ipotesi che la rate delle esplosioni di SN sia quella tipica della nostra Galassia (1/30 year 1 ) e ipotizzando che in una esplosione sia emessa una quantità di materia pari a circa 10 masse solari, con una velocità di cm/s, la potenza totale prodotta è: P erg/s Questo valore, anche ammettendo un efficienza della supernova di qualche percento, risulta compatibile con la potenza richiesta per giustificare la densità di raggi cosmici. Nell ipotesi che l accelerazione avvenga nell onda d urto prodotta dall esplosione di una supernova, secondo il meccanismo di Fermi, le particelle cosmiche, con carica Ze, possono raggiungere un energia massima di ev Z. Al di sopra di questa energia, le sorgenti di raggi cosmici dovrebbero essere di origine extragalattica. Infatti, il raggio di Larmor di una particella con carica Ze, all interno di un campo magnetico B è r L E 18 ZB µg kpc (1.9) dove l energia della particella è espressa in EeV e il campo magnetico in µg. All aumentare dell energia la particella non sarà più confinata dal campo magnetico. Nel caso della nostra Galassia (B 3µG), una particella con E ev, avrà un raggio di Larmor dell ordine dello spessore del disco galattico (r 500 pc) e non sarà confinata dal campo magnetico. L energia massima raggiungibile da questa particella, nel campo B, sarà E max βczebl (1.10)

24 16 RAGGI COSMICI con βc velocità dello shock, L dimensioni dell oggetto astrofisico all interno del quale si ha l accelerazione. Figura 1.9: Il diagramma di Hillas, mostra le possibili sorgenti di protoni con energia di e ev e per nuclei di ferro con E ev, in funzione delle dimensioni e del campo magnetico dell acceleratore. L efficienza degli acceleratori in realtà non è mai del 100%, per cui il valore di energia ottenuto dall equazione (1.10), deve essere ulteriormente ridotto di un fattore 10. Sotto queste condizioni, le potenziali sorgenti astrofisiche per raggi cosmici di energia fissata, sono mostrate in un grafico chiamato Hillas Plot (figura 1.9). Solo una piccola frazione di queste, però, può essere considerata ancora una possibile sorgente e ciò per via delle perdite di energia all interno dell acceleratore dell ISM. Una delle cause principali di tali perdite di energia

25 1.6 Sorgenti di raggi cosmici 17 è la radiazione di sincrotrone, che può diventare molto alta in regioni con campi magnetici estremamente alti. L effetto della perdita di energia per radiazione di sincrotrone e di fotoproduzione di pioni è mostrato in figura 1.10, dove è mostrata l unica regione permessa per i protoni di energia data. Figura 1.10: Hillas plot, in cui sono mostrate le sorgenti che, tenendo conto delle perdite di energia, consentono l accelerazione dei raggi cosmici alle energie estremamente elevate 1.6 Sorgenti di raggi cosmici L onda prodotta dall esplosione di una supernova nel mezzo interstellare è in grado di spiegare l accelerazione dei raggi cosmici fino ad energie di ev, usando il meccanismo di Fermi II. Se l espansione dell onda avviene in ambienti come il vento progenitore della supernova, l accelerazione massima raggiungibile dalle particelle può essere anche 2 o 3 ordini di grandezza maggiore.

26 18 RAGGI COSMICI Altri possibili siti di produzione possono essere i lobi delle radiogalassie. Le loro dimensioni e l intensità del campo magnetico (B = 30µG, R=1.5 kpc), sebbene non siano noti con molta precisione, sono tali che, per una velocità dello shock pari a 0.3 c, protoni e nuclei più pesanti, possono raggiungere energie di circa ev. Ipotizzando campi più intensi, le particelle potrebbero anche avere energie di ev. Tra gli altri oggetti astrofisici candidati, secondo il plot mostrato in figura 1.9, alla produzione di particelle di altissima energia, ci sono le pulsar, che sono formate da una stella di neutroni rotante nell onda d urto prodotta dall esplosione della supernova. In questo caso la potenza necessaria per accelerare le particelle è fornita dall energia rotazionale della stella di neutroni che perde energia per radiazione di dipolo con una rate: L d = 2 3 sin2 θ µ2 Ω 4 dove θ è l angolo tra la direzione dell asse di rotazione della stella di neutroni e l asse del suo campo magnetico, Ω è la velocità angolare e µ il momento magnetico. Per una stella di neutroni con raggio di 10 km, campo magnetico superficiale di Gauss e momento µ cgs, la rate di perdita di energia per radiazione di dipolo, è c 3 L d P 4 ν erg/s dove P ν è il periodo di rotazione in ms. Nella realtà le stelle di neutroni ruotano in un plasma con frequenza maggiore di Ω e l onda elettromagnetica quindi non può propagarsi; vengono invece accelerate le particelle (figura 1.11). L energia massima raggiungibile in questi casi è (per P 0 =10 ms e B = Gauss) di ev. In prossimità del fronte dell onda d urto, il campo elettromagnetico, determina la perdita di energia per radiazione di sincrotrone, in particolar modo per gli elettroni, riducendo l energia di queste particelle anche di alcuni ordini di grandezza (fino a ev [8]) Infine, un altra possibile sorgente di raggi cosmici è il vento e il disco di accrescimento di una stella di neutroni in un sistema binario, in cui la stella si accresce a scapito della stella compagna. Su un processo analogo si basa l accelerazione nel disco di accrescimento di un buco nero (come quello al centro di un Nucleo Galattico Attivo), avente

27 1.6 Sorgenti di raggi cosmici 19 Figura 1.11: Resti di supernova: a) il vento di una pulsar, b) materiale emesso dall esplosione della supernova, in espansione con velocita u sn ; c) mezzo interstellare massa pari a circa 10 8 masse solari. Un sistema di questo tipo, potrebbe essere un buon sito per la produzione di protoni a ev, se non fosse per le perdite di energia nella sorgente stessa Modelli Top-Down Lo scenario bottom-up presenta problemi nella descrizione dell accelerazione dei raggi cosmici di energia estremamente alta, soprattutto quando si tiene conto anche delle perdite di energia. Sono oggetto di studio perciò altri modelli, detti Top-Down, che prevedono che le particelle ad energia più alta siano prodotte dai decadimenti di particelle supermassive, a distanze relativamente vicine e non richiedono perciò meccanismi di accelerazione e teorie sulla propagazione. Il principio generale di questi modelli, è che una particella pesante decada in quarks e leptoni. I primi adronizzano in jet, contenenti mesoni e piccole percentuali di barioni. I pioni a loro volta decadono in fotoni, neutrini e antineutrini, e ± e muoni e i raggi cosmici sarebbero il risultato di questi decadimenti secondari. In questo scenario la particella supermassiva iniziale deve avere una massa molto grande (stimata maggiore di GeV), deve decadere in tempi cosmologici e ad una distanza inferiore a 100 Mpc per via dei processi di perdita di energia già discussi. Infine la densità e la rate di decadimento di queste particelle deve essere

28 20 RAGGI COSMICI sufficientemente grande da giustificare il flusso di raggi cosmici di alta energia osservato. In analogia alla radiazione di fondo cosmica, nell universo dovrebbe essere presente un fondo di neutrini cosmici disaccoppiatisi dalla materia primordiale nei primi istanti di vita dell universo, dopo circa 1 secondo dal big bang, quando l energia era di circa 1 MeV [4]. Alcuni modelli top down, ipotizzano la creazione di particelle altamente energetiche dal decadimento di particelle supermassive, indicate in generale con X. Queste particelle supermassive sono prodotte da topological defects, che possono essere ad esempio oggetti come i monopoli magnetici o le stringhe. Nell ambito di teorie si supersimmetria, i difetti topologici sono il naturale risultato della rottura di simmetria nelle fasi iniziali di formazione dell universo. Una delle ipotesi sulle particelle supermassive è che queste costituiscano parte della materia oscura fredda. È stato dimostrato infatti che la frazione di massa critica che contribuisce alle particelle supermassive con masse m X GeV, prodotte gravitazionalmente è Ω X 1. Ci si aspetta che queste particelle siano clusterizzate su scala dell alone galattico per cui i raggi cosmici di altissima energia dovrebbero essere prodotti localmente nell alone galattico senza subire assorbimento. Le particelle supermassive che costituiscono la dark matter, sono particelle che possono decadere, ma non interagiscono, se non tra di loro e per annichilazione. Diversi modelli top down sono stati usati per fare un fit dello spettro misurato da AGASA e HiRes e il risultato di questo studio è mostrato in [57]. 1.7 Osservazione dei raggi cosmici di altissima energia In questo paragrafo e nei successivi saranno analizzati più in dettaglio i risultati sperimentali relativi ai raggi cosmici nella regione tra ginocchio e caviglia dello spettro. In questo intervallo energetico, la rivelazione dei raggi cosmici sfrutta la produzione di sciami di particelle secondarie in atmosfera. Gli extensive air shower (EAS) furono osservati sperimentalmente per la prima volta da Pierre Auger, nel 1938 [16] che osservò sciami innescati da raggi cosmici primari con energie di ev. Lo sviluppo dello sciame in atmosfera, ha l effetto complessivo di

29 1.7 Osservazione dei raggi cosmici di altissima energia 21 moltiplicare il numero di particelle che raggiungono il suolo. Uno sciame innescato da un protone con energia di ev, ad esempio, sarà formato, al suolo, da particelle, distribuite non uniformemente su una superficie di circa 10 km Extensive Air Showers Un extensive air shower è uno sciame di particelle generato dall interazione di una particella cosmica primaria di alta energia con l atmosfera. Le particelle secondarie possono a loro volta interagire o decadere, determinando una moltiplicazione del numero di particelle all interno dello sciame [19, 20]. Durante questi processi le particelle secondarie hanno solo una frazione dell energia del primario e parte di essa viene dissipata in processi di ionizzazione ed eccitazione delle molecole dell aria. Lo sviluppo dello sciame continua finchè l energia necessaria per produrre nuove particelle è superiore all energia persa per ionizzazione [21, 22]. In media uno sciame indotto da un protone di energia ev produrrà circa 10 5 particelle secondarie di cui circa l 80% sono fotoni, il 18% elettroni, l 1.7% muoni con piccole percentuali di adroni [23]. La componente elettromagnetica trasporta circa il 90% dell energia della particella iniziale ed è solitamente contenuta in un anello attorno al core. La direzione di arrivo del primario definisce l asse dello sciame e il punto di intersezione di quest asse con il suolo è detto core. La figura 1.12 mostra lo sviluppo e i profili longitudinale e trasversale per uno sciame innescato da un protone di energia E = ev, mettendo in evidenza le differenti componenti. In media la prima interazione del primario in atmosfera si ha dopo una lunghezza di interazione λ i 1/σ i. Nell ipotesi di validità del principio di sovrapposizione, ciò comporta che un nucleo di ferro interagirà in media prima di un protone con la stessa energia. Per via del forte assorbimento dello sciame adronico in atmosfera, il numero di adroni ed elettroni a terra è più basso nel caso di sciami innescati da nuclei pesanti, mentre è maggiore la componente muonica. Ciò può essere giustificato, in prima approssimazione, pensando che, ad esempio, per sciami indotti da un nucleo di ferro l energia associata a ciascun nucleone è circa pari a 1/56 dell energia del primario. La molteplicità di particelle prodotte in una interazione singola cresce come il logaritmo dell energia e quindi saranno prodotte mediamente più particelle nel caso del ferro. Ognuna delle particelle secondarie prodotte dai nucleoni

30 22 RAGGI COSMICI Figura 1.12: Simulazione dello sviluppo di uno sciame da protone con E ev, effettuata con Corsika [17]. Sono mostrate le componenti adronica (blu), elettromagnetica (rossa), muonica (grigio) e neutra (verde). A destra sono rappresentati lo sviluppo trasversale e longitudinale dello sciame e il numero di particelle delle diverse componeni in funzione della distanza dal core. del ferro (principalmente protoni) avrà un energia inferiore rispetto a quelle appartenenti ad uno sciame innescato da un protone iniziale e avranno, di consenguenza, una maggiore probabilità di decadere, generando muoni [24, 25] Parametri caratteristici di un EAS Parametri importanti per lo studio degli EAS sono la profondità del massimo dello sciame (X max ), lo sviluppo trasversale, misurato con array di rivelatori a terra, e il profilo longitudinale ottenuto misurando la luce di fluorescenza emessa dalle molecole di azoto eccitate dal passaggio di particelle cariche nell atmosfera. Profilo longitudinale Data una particella con energia E, lo sviluppo longitudinale dello sciame dipende dallo spessore X di atmosfera attraversato e descrive il numero di

31 1.7 Osservazione dei raggi cosmici di altissima energia 23 particelle prodotte in funzione della profondità atmosferica X. Il fit del profilo longitudinale è fatto con una funzione detta di Gaisser Hillas (GHF) [50]: S(X) = S max ( X X0 X max X 0 ) Xmax X 0 λ e Xmax X 0 λ (1.11) dove S(X) è il numero di particelle dello sciame alla profondità X, X 0 è un parametro X max è la profondità in corrispondenza della quale l EAS ha il massimo sviluppo, λ è la lunghezza di interazione per il primario ed è usualmente fissata a 70 g/cm 2 per i protoni e a 15 g/cm 2 per il ferro. La differenza X max X 0 dipende dall energia e dalla natura del primario: ad esempio, ad energia fissata, la differenza tra i valori di X max per il protone e per il ferro è di circa 100 g/cm 2 (1.13). Come già accennato, infatti, per il principio di sovrapposizione, un nucleo di ferro interagisce tipicamente prima in atmosfera e con fluttuazioni più piccole di quanto non avvenga invece per i protoni. Il valore di X max cresce logaritmicamente con l energia secondo la relazione X max X i + 55 log E prim dove X i è un parametro che dipende dal tipo di primario. In figura 1.13, sono mostrati i profili longitudinali per sciami simulati con energia di ev ed innescati da protoni e da nuclei di ferro. Sviluppo trasversale Nel caso di sciami elettromagnetici, lo sviluppo trasversale è dovuto quasi esclusivamente allo scattering multiplo degli elettroni sui nuclei dell atmosfera ed è parametrizzato in termini del raggio di Moliere R M = E s E c λ 0 dove E s 21MeV, λ 0 è la lunghezza di radiazione in aria e E c è il valore di energia critica in corrispondenza della quale la perdita di energia per ionizzazione eguaglia quella di Bremssthralung. Il raggio di Moliere è parametrizzato in funzione della densità atmosferica ρ atm come R m 9.0g/cm2 ρ atm

32 24 RAGGI COSMICI Figura 1.13: Profili longitudinali per sciami simulati da protone (rosso) e da nuclei di ferro (blu) con energia di ev La struttura laterale di uno sciame puramente elettromagnetico è ben descritta dalla funzione NKG (Nishimura, Kamata, Greisen [27, 28, 29]) ρ(r) = N ( ) S 2 ( ) S 4.5 e r r C RM 2 s + 1 (1.12) R M R M dove N e è il numero totale di elettroni, r è la distanza dall asse dello sciame, s è il parametro di age definito, in funzione dello spessore di atmosfera attraversato, come: S = 3X X + 2X max (1.13) ed è tale che S(X max ) = 1, S(4X max ) = 2 e S( ) = 3. C(S) è una costante espressa in termini della funzione gamma C(S) = Γ(4.5 S) 2πΓ(S)Γ(4.5 2S)

33 1.7 Osservazione dei raggi cosmici di altissima energia 25 La relazione 1.12 funziona correttamente solo per sciami elettromagnetici puri ma può essere generalizzata ad uno sciame adronico ridefinendo il parametro di age come ( S = β S dove β è un parametro che tiene conto delle fluttuazioni intrinseche [51]. Le distribuzioni laterali per protoni, nuclei di ferro e fotoni, sono mostrate in figura 1.14, per un campione di sciami con angolo di zenith di 30 ed energia ev. ) 1 Figura 1.14: Distribuzione laterale per protoni (rosso), ferro (blu) e fotoni (linea tratteggiata) ottenuti da un campione di eventi simulati con θ = 30 e E = ev. Struttura temporale L analisi degli EAS ha mostrato che i tempi di arrivo al suolo delle particelle di uno stesso sciame, possono variare anche di diversi µs, con ritardi che dipendono dalla distanza dal core e dal tipo di particelle [39].

34 26 RAGGI COSMICI Figura 1.15: Evoluzione della curvatura e del fronte dello sciame durante la sua propagazione In figura 1.15 è mostrato lo sviluppo dello sciame che è caratterizzato da un fronte che solo in prima approssimazione può essere considerato piano ma ha una curvatura che dipende dall età dello sciame. Il piano ortogonale all asse e tangente al fronte dello sciame è chiamato shower plane. La modalità in cui lo sciame si sviluppa è tale che i nucleoni raggiungano il suolo con grandi ritardi temporali (fino a decine di µs) rispetto al core. I muoni sono invece ultrarelativistici e arrivano a terra per primi e concentrati nella direzione in avanti, poichè subiscono meno processi di scattering. A distanza maggiore dall asse si trova la componente elettromagnetica che invece presenta una maggiore dispersione temporale, proporzionale alla distanza dall asse. La curvatura e lo spessore del fronte dello sciame diminuiscono man mano che lo sciame si sviluppa e per spessori di materia attraversata lungo l asse dello sciame, sufficientemente grandi, solo la componente muonica sopravvive e il fronte dello sciame apparirà come un disco piatto. Poichè il contenuto di muoni in un sciame dipende dal tipo di primario, la struttura temporale dei segnali nei rivelatori di superficie può essere usata per lo studio della composizione dei raggi cosmici. Gli sciami innescati da nuclei di ferro infatti, hanno un maggior contenuto di µ e si sviluppano più in alto in atmosfera. Dato che la componente muonica è la prima ad arrivare a terra, i segnali per eventi prodotti dal ferro, dovranno essere più brevi e con tempo di salita più

35 1.8 Elongation rate 27 piccolo, rispetto a quelli dovuti a protoni. 1.8 Elongation rate Il valore della posizione del massimo dello sciame (X max ) e la sua variazione con l energia possono essere usati per dedurre la composizione dei raggi cosmici. Per sciami indotti da protoni, infatti, X max risulta dipendente dal logaritmo dell energia. Questa dipendenza è più complicata nel caso di sciami indotti da nuclei pesanti ma è ancora legata all energia per nucleone del primario. L andamento di X max in funzione del log 10 E è detto elongation rate ed è usato per ricavare informazioni sulla composizione dei raggi cosmici. L elongation rate per una certa composizione è stimata usando diversi modelli per le interazioni adroniche (fig 1.16). Una misura dell elongation rate, fatta dall esperimento di luce di fluorescenza, Fly s Eye [40] e successivamente confermata da HiRes [67] ha mostrato un maggior contributo della componente leggera fino ad energie di ev. Lo studio della composizione chimica dei raggi cosmici può essere condotto analizzando la percentuale di muoni di uno sciame elettromagnetico. Uno studio di questo tipo è stato condotto da AGASA[35] e più di recente da KASCADE [66]. Con tale studio, AGASA ha osservato una elongation rate non compatibile con i risultati di Fly s Eye e HiRes, registrando invece una riduzione della componente pesante tra e ev [41]. I risultati di questi esperimenti sono riportati in figura 1.16, dove sono confrontati con le stime teoriche per sciami innescati da protoni o nuclei di ferro e ottenute con diversi modelli teorici. 1.9 Sorgenti puntiformi e anisotropie I raggi cosmici di alta energia sono usati per individuare la presenza di anisotropie nella distribuzione della direzione di arrivo degli stessi. Haverah Park e Yakutsk non hanno osservato nessuna anisotropia. Risultati più recenti ottenuti da AGASA e Fly s Eye hanno mostrato un eccesso significativo di primari con energia minore di ev, provenienti dal piano galattico ma ad energie più alte non sembra esserci nessuna anisotropia significativa.

36 28 RAGGI COSMICI Figura 1.16: Profondità del massimo dello sciame in funzione dell energia. Sono mostrate anche le attese teoriche da diversi modelli di interazioni adroniche: la curva in alto è quella relativa al protone, quella in basso descrive l elongation rate per nuclei di ferro. La correlazione con il piano galattico è descritta usando un parametro f E definito come: I obs I exp = (1 f E ) + 1.4f E e b2 (1.14) dove b è la latitudine del piano galattico in radianti, I obs e I exp sono rispettivamente l intensità osservata e quella attesa, assumendo una distribuzione di arrivo isotropica. Se f E > 0, si ha un maggior numero di raggi cosmici dal piano galattico. Haverah Park, Fly s Eye e AGASA hanno mostrato che il contributo del piano galattico alla distribuzione di raggi cosmici, si riduce alle energie più alte. Questa dipendenza è mostrata in figura 1.17, in cui sono rappresentate anche le direzioni di arrivo dei raggi cosmici, come osservate da 5 esperimenti in due range di energia: E < e ev < E < ev. D altra parte, un analisi condotta sui dati di Haverah Park con E > 10 19

37 1.10 UHECR:la situazione sperimentale 29 Figura 1.17: A sinistra, direzione di arrivo dei raggi cosmici oltre ev registrata da 5 esperimenti, per un totale di 114 eventi. I punti pieni sono gli eventi con energia tra ev e ev ; la linea tratteggiata rappresenta il piano supergalattico. A destra: dipendenza del parametro f E in funzione dell energia ev ha mostrato la presenza di un anisotropia positiva nella direzione del piano supergalattico. AGASA non ha osservato eccessi significativi dalla direzione del piano supergalattico ma ha evidenziato un eccesso di eventi con energie superiori a ev nella direzione del centro galattico (figura 1.18) 1.10 UHECR:la situazione sperimentale Poichè il flusso di raggi cosmici alle alte energie è molto basso, gli esperimenti richiedono apparati molto estesi e l osservazione dei raggi cosmici non è diretta. Quindi le proprietà del primario devono essere dedotte dalle caratteristiche degli EAS. Tale studio è condotto usando principalmente due tecniche di rivelazione. In un caso si campiona il fronte dello sciame con un array di rivelatori di superficie (scintillatori o rivelatori Cherenkov ad acqua). I tempi di trigger dei rivelatori che sono stati investiti dallo sciame, consentono la determinazione della direzione di arrivo dello sciame, secondo lo schema riportato in figura 1.19 [6], L uso degli array di superficie permette di avere un duty cycle dell apparato pari al 100%, e non è tipicamente a copertura totale ma

38 30 RAGGI COSMICI Figura 1.18: L esperimento di rivelatori di superficie AGASA ha osservato un anisotropia nella direzione del centro galattico, con una significatività di 4 σ. Figura 1.19: Sviluppo di uno sciame esteso: a sinistra sono rappresentate le tre componenti prodotte dalle interazioni delle particelle dello sciame con l atmosfera e/o dai decadimenti delle stesse; a destra sono mostrati lo sviluppo dello sciame in atmosfera, e la curvatura e lo spessore del fronte dello sciame. Al suolo è schematizzato un apparato sperimentale simile a quello di Auger, con stazioni al suolo, per la rivelazione delle particelle del fronte e un rivelatore (FD) per la misura della luce di fluorescenza prodotta in aria.

39 1.10 UHECR:la situazione sperimentale 31 la separazione tra i rivelatori nell array definisce il range energetico di operatività dell apparato. I rivelatori di superficie non osservano lo sviluppo dello sciame in atmosfera. Da ciò la necessità di un adeguata scelta del sito dell esperimento, poichè la condizione ideale sarebbe quella in cui il rivelatore fosse posto in prossimità dell X max dello sciame. Durante lo sviluppo dello sciame, le molecole di azoto eccitate al passaggio di particelle cariche nell atmosfera possono emettere, diseccitandosi, fotoni UV ( nm). Il numero di fotoni emessi è legato all energia rilasciata dalle particelle dello sciame nell atmosfera e di conseguenza all energia del primario. I rivelatori di fluorescenza (FD) consentono dunque l osservazione dello sviluppo longitudinale dello sciame, ma ciò è possibile solo nelle notti senza luna e con basso fondo luminoso: ciò limita il il duty cycle dell apparato a circa il %. Questi rivelatori hanno il vantaggio di fornire una stima dell energia del primario di tipo calorimetrico, basata cioè sulla stima dell energia rilasciata dallo sciame nell atmosfera [21, 22]. Tale metodo è meno dipendente dai modelli di interazione adronica rispetto ai metodi utilizzati dagli array di superficie Array di superficie I rivelatori di superficie di solito hanno un trigger quando diverse stazioni hanno un segnale entro un piccolo intervallo di tempo t. Il valore di t dipende dalle dimensioni dell array. La ricostruzione degli eventi che hanno prodotto un trigger nei rivelatori è fatta a partire dalla direzione di arrivo e ciò è ottenuto analizzando i ritardi temporali tra le tank accese, nell ipotesi che il fronte dello sciame sia piano e le particelle si muovano alla velocità della luce. In teoria la direzione dell asse è ottenibile dai tempi di arrivo del segnale su almeno 3 stazioni. Come mostrato schematicamente in figura 1.20, nel caso unidimensionale, l angolo di zenith dello sciame è legato al ritardo temporale t dell ultima stazione presa in esame rispetto alla prima che ha dato un segnale di trigger e alla distanza tra queste due stazioni secondo la relazione: t = l tanθ c (1.15) Questo risultato è valido nell ipotesi che sia trascurabile la curvatura e lo spessore del fronte. Quando queste approssimazioni non possono essere applicate si usano altre parametrizzazioni del fronte dello sciame.

40 32 RAGGI COSMICI Figura 1.20: Schematizzazione bidimensionale dell arrivo di uno sciame con fronte piano, su un array di superficie. Determinazione del raggio ottimale per S(r) La ricostruzione degli eventi con i rivelatori di superficie richiede la conoscenza della densita di particelle ad una certa distanza dal core dello sciame. Questa caratteristica degli EAS è descritta dalla funzione LDF di distribuzione laterale. L accuratezza nella ricostruzione dello sciame dipende dalle fluttuazioni nella LDF oltre che dalle fluttuazioni intrinseche nello sviluppo dello sciame. Per evitare fluttuazioni molto grandi della LDF, Hillas ha proposto di usare il parametro S(r opt ), che rappresenta la dimensione del segnale a distanza r opt dal core con r opt scelto in modo tale che le fluttuazioni siano minime. La distanza a cui le fluttuazioni sciame per sciame sono minimizzate, dipende dalla geometria del detector, dall angolo di zenith dello sciame e dalla pendenza della LDF [54]. In particolare, nella suddetta analisi, la densità di particelle dello sciame è stata rappresentata dalla funzione S(r) = kf(β, r) (1.16) dove k è un parametro costante e f(β, r) è la forma funzionale della LDF del tipo NKG ( ) β ( r S(r) = k 1 + r ) β (1.17) r s r s

41 1.10 UHECR:la situazione sperimentale 33 Il valore di r opt è ottenuto minimizzando ds. In particolare per una dβ funzione del tipo NKG, si ottiene che esiste un valore di r per cui il segnale è indipendente dalla scelta del parametro β, come evidente dalla figura 1.21, che è riferita all esperimento Auger, in cui la distanza tra le stazioni è di circa 1500 m. Figura 1.21: Ricostruzione dello stesso evento 50 volte, usando diversi valori per il parametro β (usando una funzione del tipo NKG) permette di determinare il valore ottimale di r a terra. Il plot in alto, mostra la relazione tra il valore di β e la dimensione dello sciame calcolando analiticamente r opt In figura 1.22, è mostrato l andamento di r opt in funzione della spaziatura dell array. Da tale grafico, risulta che, per un array di rivelatori di superficie, come quello dell osservatorio Pierre Auger, le incertezze sono minimizzate per r opt 1000m, senza una dipendenza significativa dall angolo di zenith. Il valore di S(r opt ) viene usato per stimare l energia del primario Rivelatori di fluorescenza Durante lo sviluppo dello sciame in atmosfera, le molecole di azoto sono eccitate dalle particelle cariche dello sciame ed emettono luce di fluorescenza isotropicamente. Uno studio più dettagliato sull atmosfera, sulla luce di fluorescenza è discusso nei paragrafi seguenti. Nella regione di lunghezza d onda della luce di fluorescenza, la lunghezza di attenuazione è di circa 15 km. Nonostante l emissione di luce di fluorescenza sia solo l 1% dell energia

42 34 RAGGI COSMICI Figura 1.22: La distanza r ops come funzione della spaziatura dell array di superficie. Le incertezze in r opt sono più piccole dei punti totale dissipata, il numero di fotoni è sufficiente alla rivelazione di sciami anche a distanze più grandi, maggiori di 20 km. Questo numero è proporzionale al numero di particelle cariche prodotto nello sciame, tramite un fattore N f pari a circa 5 fotoni /m. Nella ricostruzione dello sciame, si deve tener conto dell emissione di luce Cherenkov: un analisi condotta con simulazioni Monte Carlo, mostra che la luce Cherenkov, se non opportunamente rigettata, determina una sovrastima dell energia del 2 % e di X max pari a 50 g/cm 2 [18]. Infine, nella misura dell energia del primario, si deve tener presente che l energia rivelata è solo quella nel field of view del rivelatore e che parte dell energia del primario è trasportata da particelle neutre o da muoni molto penetranti che non sviluppano luce di fluorescenza. Ricostruzione della geometria e dell energia La luce di fluorescenza è emessa isotropicamente nell atmosfera in modo quasi indipendente dalla temperatura e dalla quota. Essa è raccolta dai fototubi del rivelatore, ognuno dei quali vede un ben definito angolo solido.

43 1.10 UHECR:la situazione sperimentale 35 Figura 1.23: Diagramma del rivelatore di fluorescenza Fly s Eye. I pixel colorati sono quelli interessati dall arrivo della luce per un dato evento e sono usati per determinare il piano dello sciame In questo modo, tutto il cielo è individuato da pixel, definiti dall angolo χ i della normale. Noto l angolo e i tempi di raccolta del segnale, vengono determinati il valore di R p e dell angolo di incidenza ψ dello sciame al suolo (vedi figura 1.24). La relazione tra l angolo χ i dell i-esimo pixel e il tempo t i di raccolta della luce nel PMT e ( ) c(ti t 0 ) χ i (t i ) = π ψ 2arctg R p (1.18) con t 0 tempo in corrispondenza della quale lo sciame è alla minima distanza dal centro del rivelatore. Il numero di particelle dello sciame lungo la traccia è ricavata con metodi iterativi, assumendo che la luce raccolta dai PMT sia di fluorescenza e tenendo conto degli effetti di attenuazione atmosferica. Dal fit con la funzione 1.11 si ha una prima stima del profilo longitudinale dello sciame e usando la geometria ricostruita si calcola il contributo Cherenkov associato allo sciame, da sottrarre al profilo longitudinale. Questa procedura è ripetuta iterativamente.

44 36 RAGGI COSMICI Figura 1.24: Ricostruzione della geometria di un evento per uno sciame esteso a partire dall individuazione del piano SDP (shower detector plane) che contiene l asse dello sciame e il centro dell occhio FD e su questo l asse dello sciame. L energia del primario è calcolata integrando il profilo longitudinale E = E c λ r X 0 N e (X)dX (1.19) dove E c 21MeV è l energia critica alla quale la perdita di energia domina sulla produzione di particelle e λ r 37g/cm 2 è la lunghezza di radiazione nell atmosfera. In Fly s Eye, la risoluzione in energia è di 25% ad energie di ev e migliora con l energia. La risoluzione migliora ulteriormente se lo sciame è ricostruito con una visione stereo in cui la geometria dello sciame è ottenuta dall intersezione dei piani contenenti l asse dello sciame e il centro dei due occhi FD.

45 1.11 Atmosfera e luce di fluorescenza Atmosfera e luce di fluorescenza Le particelle di un EAS perdono energia nell attraversamento dell atmosfera e parte di questa energia è impiegata nell eccitazione delle molecole di azoto dell aria. Queste ultime si diseccitano emettendo isotropicamente luce di fluorescenza. Lo spettro della radiazione di fluorescenza emessa dalle molecole è mostrato in figura 1.25 [56]. Figura 1.25: Spettro di fluorescenza misurato e normalizzato al valore di picco (λ = 337.1nm) La luce di fluorescenza indotta da un EAS è emessa dalle molecole di azoto, con lunghezza d onda tra 300 e 400 nm. La distribuzione angolare della luce di fluorescenza può essere approssimata da una distribuzione isotropa dn dldω = N γn e 4π (1.20) con dω = senθdθ angolo solido,n γ numero di fotoni di fluorescenza per unità di lunghezza (fluorescence yield), N e numero di e + e nell EAS che generano la luce. In genere si assume che il fluorescence yield sia proporzionale all energia depositata dallo sciame.

46 38 RAGGI COSMICI La luce di fluorescenza è prodotta dalla transizione tra livelli rotazionali diversi di molecole in un certo stato elettronico. L eccitazione delle molecole può avvenire con 3 processi: per eccitazione diretta: l energia depositata in aria eccita le molecole di azoto in modo proporzionale alla sezione d urto σ ν (E) (con ν livello energetico di eccitazione); per ionizzazione: le particelle di alta energia dell EAS ionizzano le molecole di N 2 producendo elettroni secondari con energia più bassa, chiamati elettroni delta; attraverso elettroni Auger: dato che le particelle di alta energia hanno circa la stessa probabilità di interagire con ogni elettrone atomico, alcune ionizzazioni possono interessare gli elettroni dei livelli più interni con successiva emissione di elettroni Auger. Questi sono in parte responsabili dell eccitazione della molecole di azoto. Figura 1.26: Profilo del fluorescence yield per protone e ferro, con energia di ev, in funzione dell altitudine Durante la diseccitazione, possono verificarsi alcuni processi non radiativi.

47 1.11 Atmosfera e luce di fluorescenza 39 L efficienza quantica di fluorescenza (in fotoni per eccitazione) è data dalla rate di diseccitazione radiativa rate di diseccitazione = τ 0/τ ν 1 + τ 0 /τ ν Il tempo di vita media per i fotoni nello stato eccitato τ ν è 1 τ 0 = 1 τ ν + 1 τ c (1.21) con τ ν vita media per il processo di decadimento su uno degli stati ad energia più bassa, τ c vita media sullo stato per collisioni. L efficienza di fluorescenza è data dal rapporto tra l energia irradiata per fluorescenza e l energia depositata nel mezzo: ɛ λ (p, T ) = ɛ λ(p 0) 1 + p/p ν(t ) = E γ E dep (1.22) dove E γ è l energia di un fotone, p e T, sono rispettivamente pressione e temperatura e p ν è una pressione di riferimento. Considerando le lunghezze d onda tra 300 e 400 nm e usando diversi modelli di atmosfera, si ottiene che per ogni MeV di energia rilasciata, sono prodotti da 14 a 18 fotoni/mev. Questo è in realtà un valore medio, in quanto l efficienza di fluorescenza diventa più grande all aumentare dell altitudine per via di una rate più bassa di perdita di energia per collisioni interne (figura 1.26). Per gli sciami estesi, l osservabile è il numero di fotoni emessi per metro di materia attraversata. Introducendo l energia depositata di un EAS, si definisce il Fluorescence Yield, in funzione della λ, come: F LY ield = ɛ f ( fotoni MeV ) de dx ρ air (1.23) cioè il fluorescence yield è proporzionale all energia depositata de dx (MeV cm 2 g 1 ), alla densità dell aria ρ air (in g/cm 3 ) e all efficienza di fluorescenza (fotoni/mev). Il fluorescence yield risultante corrisponde all efficienza di scintillazione di 0.5%. La scarsa efficienza è però compensata dall alto numero di elettroni generati in uno sciame innescato da un primario di ev, per cui complessivamente il numero di fotoni prodotti è sufficientemente alto da essere discriminato dal fondo. Il profilo del fluorescence yield in funzione dell altitudine è mostrato in figura 1.26.

48 40 RAGGI COSMICI Trasmissione della luce di fluorescenza La luce emessa alla traccia si propaga successivamente attraverso l atmosfera subendo fenomeni di assorbimento e scattering. Un aspetto fondamentale nelle misure con luce di fluorescenza è dato dal fondo di luce Cherenkov. Tale radiazione è fortemente piccata in avanti a differenza di quella di fluorescenza che invece è emessa isotropicamente. Entrambi i tipi di radiazione subiscono effetti di scattering dovuti alle molecole dell aria e agli aerosol. Rayleigh Scattering Lo scattering Rayleigh è dovuto alle molecole in aria nell ipotesi che i centri di scattering siano molto più piccoli della lunghezza d onda della luce entrante. La sezione d urto di scattering semplice da parte di una molecola è La profondità ottica δ R calcolata da σ R = α 2 128π5 3λ 4 (1.24) relativa allo scattering Rayleigh, può essere δ R = σ R Nds (1.25) con N numero di centri diffusori del mezzo per unità di volume e ds lunghezza del cammino. Il coefficiente di trasmissione è dunque Scattering Mie τ R = e δ R (1.26) Nello scattering Mie la luce è diffusa da particelle atmosferiche le cui dimensioni sono comparabili con la lunghezza d onda della luce stessa. Per un fascio N γ di fotoni, la quantità di luce diffusa è approssimativamente dn γ dl = N γ L M e h/h M (1.27) dove H M è un parametro di scala ed L M è la lunghezza di attenuazione orizzontale dovuta agli aerosol. Il fattore di trasmissione per lo scattering

49 1.11 Atmosfera e luce di fluorescenza 41 Mie è definito, in funzione della corrispondente lunghezza di attenuazione, come τ M = e δ R (1.28). La luce è emessa nella direzione in avanti e può essere approssimata dall equazione d 2 N γ dldω dn γ dl 0.80e θ/θ M (1.29) dove θ M Questa equazione funziona correttamente per angoli tra 5 e 60. La luce di fluorescenza deve perciò essere corretta per tener conto degli effetti dello scattering Rayleigh e Mie. Dati i fattori di trasmissione τ R e τ M definiti nelle equazioni 1.26 e 1.28 rispettivamente, l intensità della radiazione in un angolo solido dω è I = I 0 τ R τ M (1 + ɛ) Ω 4π (1.30) dove I 0 è l intensità della luce alla sorgente ed ɛ è un fattore di correzione che tiene conto di possibili scattering multipli. Assorbimento da ozono La concentrazione di ozono nell atmosfera è molto maggiore nella stratosfera e poi diminuisce. L ozono agisce come assorbitore di luce. Questo assorbimento è molto intenso nella regione (Huggins band) tra 230 e 300 nm, mentre è significativamente più bassa nella regione di λ della luce di fluorescenza (in particolare oltre 330 nm). Il coefficiente di trasmissione, dovuto all assorbimento da ozono, è τ 0 = 1 e δ 0 (1.31)

50 42 RAGGI COSMICI con δ 0 lunghezza di assorbimento della radiazione. e perciò trascurabile ai fini della misura fatta con i rivelatori di fluorescenza. Anche l assorbimento da NO 2 può essere trascurato per via della piccola sezione d urto e della bassa densità di molecole di NO 2 Cherenkov background Molte particelle cariche appartenenti agli sciami atmosferici, hanno una velocità v = βc maggiore di quella della luce in aria e quindi emettono luce Cherenkov in un cono di apertura angolare θ c tale che: cosθ c = 1 nβ (1.32) dove n è l indice di rifrazione. La luce Cherenkov è emessa in avanti rispetto alla direzione in cui si muovono le particelle, tuttavia, per effetto di fenomeni di scattering multiplo sulla componente di più bassa energia dello sciame, la contaminazione di luce Cherenkov si estende molto oltre la dimensione del cono di emissione in aria (circa 1.3 ). La figura 1.27, mostra la distribuzione angolare della luce emessa confrontata con quella di fluorescenza, in funzione dell angolo dall asse dello sciame. Figura 1.27: Confronto tra gli angoli di emissione della luce di fluorescenza e Cherenkov in funzione dell angolo dello sciame. La luce di fluorescenza diventa dominante per angoli più grandi di 20 dall asse dello sciame [18]

51 1.11 Atmosfera e luce di fluorescenza 43 La luce Cherenkov è dominante, fino ad angoli di circa 20, mentre per angoli fino a 35 tale contributo è dell ordine del 10%. È necessario perciò rimuoverlo efficientemente affinchè non influisca sulla ricostruzione dell energia degli eventi. Lo studio dei raggi cosmici presentato in questo capitolo evidenzia la presenza di alcuni problemi ancora aperti, in primo luogo la ricerca delle sorgenti di raggi cosmici e dei meccanismi di accelerazione alle energie estreme. Aspetti chiave a tal proposito sono la misura dello spettro ad energie oltre il cut-off GZK e l individuazione di anisotropie nelle direzioni di arrivo. L osservazione di eventi super GZK e di anisotropie potrebbe essere infatti indice della presenza di sorgenti galattiche per i raggi cosmici con energia superiore a ev. A tale scopo è necessario condurre uno studio con alta statistica di raggi cosmici di energie estreme. Come discusso l osservazione di tali eventi, richiede l uso di tecniche di misura indirette che osservino lo sviluppo di sciami estesi in atmosfera. La controversia dei risultati ottenuti da AGASA e da HiRes e la necessità di incrementare la statistica ad energie E> ev hanno motivano la costruzione del rivelatore Pierre Auger. La descrizione di questo apparato e la definizione degli obbiettivi scientifici saranno l oggetto del prossimo capitolo.

52 44 RAGGI COSMICI

53 Capitolo 2 L OSSERVATORIO PIERRE AUGER In order to make further progress, particularly in the field of cosmic rays, it will be necessary to apply all our resources and apparatus simultaneously and side-by-side. V.H.Hess, Nobel Lecture, December 1936 L esperimento Pierre Auger è un progetto internazionale nato con lo scopo di condurre uno studio di alta statistica sui raggi cosmici di altissima energia. Esso utilizza un apparato ibrido, caratterizzato dall uso congiunto di due tipologie di rivelatori: un array di superficie e un rivelatore di luce di fluorescenza. Per avere una copertura totale del cielo, l osservatorio è localizzato su 2 siti, uno nell emisfero nord (in preparazione), l altro nell emisfero sud (completato entro il 2007). Gli obiettivi di fisica preposti possono essere schematizzati come segue: Misura della spettro in un intervallo di energie compreso tra ev e ev. Misura della composizione chimica del primario

54 46 L OSSERVATORIO PIERRE AUGER Studio della direzione di provenienza degli eventi rivelati (ricerca di sorgenti e di eventuali anisotropie) Studio di sciami molto inclinati e possibili implicazioni con l astrofisica del neutrino (eventuale rivelazione di rivelazione di neutrini tau). Ad energie maggiori di ev, la rate di eventi attesi è di circa 1 km 2 sr 1 secolo 1, per cui è necessario usare un rivelatore con una grande superficie per avere una statistica adeguata. L osservatorio ha complessivamente un estensione di 3000 km 2 per sito, ognuno dei quali ha, da progetto,un array di 1600 rivelatori Cherenkov ad acqua, disposti su una griglia triangolare di lato 1.5 km. Questi rivelatori osservano la composizione in termini di particelle cariche, del fronte dello sciame, quando questo arriva al suolo e costituiscono il rivelatore di superficie (SD). Sul bordo dell area dedicata all SD, il progetto prevede la realizzazione di 4 rivelatori di luce di fluorescenza emessa per diseccitazione delle molecole di azoto dell atmosfera durante lo sviluppo dello sciame. Questi 4 rivelatori (comunemente chiamati occhi) costituiscono il rivelatore di fluorescenza (FD). Mentre l array di superficie è caratterizzato da un duty cycle del 100%, il rivelatore di fluorescenza, è in grado di lavorare solo nelle notti chiare (senza nuvole e nebbia) e senza luna. Ciò riduce il duty cycle del rivelatore a solo il 10%. Ogni evento con energia superiore a ev è registrato da almeno un rivelatore di fluorescenza e il 60% di questi eventi sono visti da due o più occhi FD. I rivelatori FD hanno il vantaggio di misurare direttamente lo sviluppo longitudinale dello sciame e di essere indipendenti dal modello usato per la descrizione dei modelli di interazione. Inoltre, lo studio degli eventi può essere condotto sfruttando anche le informazoni fornite dall array di rivelatori di superficie. La costruzione dell osservatorio è iniziata dal sito sud, localizzato in Argentina, nella provincia di Mendoza. La figura 2.1 mostra la planimetria della regione, con la collocazione dei rivelatori SD e FD. Il sito scelto è il bacino di un antico lago, a circa 1400 m di altitudine, in modo che la regione risulti sufficientemente piatta da consentire l installazione dei rivelatori e la sistemazione delle linee di comunicazione radio. Il campus dell Osservatorio si trova a Malargue, nella provincia di Mendoza (figura 2.2). I rivelatori FD sono collocati in zone leggermente sopraelevate in modo da ridurre l impatto dell umidità, e ognuno di essi è dotato di un antenna per

55 47 Figura 2.1: Sito sud dell Osservatorio Auger, nella provincia di Mendoza (Argentina). Sono mostrate le stazioni Cherenkov dell array di superficie e i 4 rivelatori di fluorescenza le comunicazioni radio. In prossimità di ogni stazione FD inoltre è presente l edificio per il sistema LIDAR, per lo studio delle condizioni atmosferiche durante i periodi di presa dati e dei fattori di attenuazione della luce di fluorescenza quando viene registrato un evento ibrido (metodo shoot the shower). La costruzione dell array di superficie per il sito sud è iniziata nel 2000 e prevedeva una prima fase di realizzazione di un Engineering Array (EA), costituito da 2 telescopi di fluorescenza e di 40 stazioni SD distribuite nel campo di vista dei telescopi suddetti. La costruzione dell EA era necessaria per valutare le performance dell apparato prima della costruzione completa

56 48 L OSSERVATORIO PIERRE AUGER Figura 2.2: Campus centrale dell osservatorio, nella città di Malargue dello stesso [42]. Dopo questa fase, è iniziata la costruzione completa dell apparato, e attualmente l osservatorio ha 3 telescopi FD e 953 tanks SD. La scelta della Pampa Amarilla, come sito per l installazione dell Osservatorio, è stata guidata dallo studio delle caratteristiche di illuminazione e soprattutto dalle condizioni atmosferiche, fondamentali per il rivelatore FD. Gli studi condotti erano rivolti principalmente all analisi delle nebbie, del contenuto di areosol e alla determinazione della lunghezza di attenuazione della luce. Il sito nord è invece stato scelto in Colorado (Lamar) e la sua costruzione è attualmente in fase di progetto. In figura 2.3 è mostrata una misura preliminare dello spettro dei raggi cosmici [43] effettuata da Auger, per energie E> ev. La statistica alle altissime energie è ancora molto bassa per poter trarre conclusioni, tuttavia le misure sono estremamente promettenti. 2.1 Rivelatori di superficie I rivelatori di superficie sono costruiti per misurare la densità laterale e la ditribuzione, in tempo, delle particelle a livello del suolo. Queste quantità

57 2.1 Rivelatori di superficie 49 Figura 2.3: Spettro stimato da Auger per E> ev. Le barre di errore indicano l incertezza statistica. Le incertezze sistematiche sono indicate dalle doppie frecce, a due diverse energie ( 30% fino a E ev e 50% per energie maggiori. sono infatti correlate con l energia, la direzione e la natura del primario. Ogni rivelatore consiste di un cilindro opaco, con diametro 3.6 m e altezza 1.55 m, riempito di acqua purissima nella quale le particelle dello sciame producono luce Cherenkov (figura 2.4). L acqua è contenuta in un box ermetico spesso 13 mm e rivestito esternamente con resine di colore beige per ridurre l impatto ambientale, internamente con uno strato altamente riflettente per la luce Cherenkov prodotta in acqua. Tale box ha inoltre la funzione di prevenire la contaminazione dell acqua e fornisce un ulteriore protezione dalla luce esterna.

58 50 L OSSERVATORIO PIERRE AUGER Figura 2.4: superficie Struttura schematica di una tank dell array di rivelatori di L acqua contenuta nelle tank subisce una serie di processi di purificazione (filtraggio, deionizzazione, distruzione del carbonio organico e dei batteri con raggi UV) in modo che le sue proprietà rimangano inalterate per il tempo di vita previsto per l esperimento (circa 20 anni). Tuttavia la forma e l altezza dei segnali registrati dai PMT sono sensibili alla qualità dell acqua che è perciò periodicamente monitorata. Uno studio della variabilità dei segnali in funzione delle caratteristiche dell acqua, è stato condotto allo scopo di fornire uno strumento diagnostico negli stadi successivi dell esperimento. Ogni tank ha 3 PMT di circa 20 cm di diametro alloggiati nel box, anch essi protetti dalla luce esterna e rivolti verso il basso, ad osservare l acqua contenuta nella tank. Infine un altra finestra ospita un led usato per la calibrazione. All esterno del box, sono montati due pannelli solari che alimentano una batteria, alloggiata a sua volta su un lato della tank. Tale batteria fornisce

59 2.2 Calibrazione SD 51 Figura 2.5: Tank (CHAPE), nelle vicinanze del rivelatore di fluorescenza a Los Leones l energia necessaria alle antenne GPS e al sistema di comunicazione radio per l invio dei segnali registrati dai PMT al computer centrale dell osservatorio. I segnali dai fotomoltiplicatori sono letti dall elettronica montata localmente su ogni tank. Ogni tank dunque funziona come unità autonoma, indipendente dalle altre e, in fase di analisi dei segnali ricevuti dai PMT di ogni stazione, si ricercano le coincidenze spaziali e temporali per l identificazione dell evento reale. 2.2 Calibrazione SD Le performance delle componenti di una stazione del rivelatore SD, devono essere continuamente monitorate, ma il numero di tanks e la distanza tra esse, sono tali da rendere necessario l uso di metodi di calibrazione indipendenti e poco costosi. L elettronica SD ha 2 canali: uno ad alto guadagno e l altro a guadagno più basso, che consente di recuperare il segnale in caso di saturazione.

60 52 L OSSERVATORIO PIERRE AUGER Questi due canali devono essere calibrati separatamente ed è prevista una calibrazione relativa tra i due [44, 45]. I canali ad alto guadagno, per ogni stazione, sono calibrati usando i segnali dei muoni cosmici mentre la calibrazione relativa tra i due canali del PMT è ottenuta sfruttando gli impulsi luminosi di un led. I segnali registrati dai PMT dei rivelatori SD, sono espressi in termini del segnale prodotto sui fotomoltiplicatori da un muone che attraversa verticalmente, dall alto verso il basso, una tank producendo luce Cherenkov in acqua. Il segnale rilasciato da un muone di questo tipo è chiamato VEM (Vertical equivalent muon). La rate di muoni verticali è di circa 250m 2 s 1 e ciò consente di effettuare la calibrazione velocemente e senza richiedere dispositivi hardware speciali. La calibrazione del rivelatore SD ha come obiettivi il bilanciamento, eseguito per ciascuno dei tre fotomoltiplicatori in modo che nei canali ad alto guadagno sia prodotto lo stesso segnale; la determinazione delle costanti di calibrazione necessarie per convertire la risposta del FADC in VEM; la misura dell attenuazione del canale a più basso guadagno rispetto a quello ad alto guadagno. Calibrazione dei PMT Il primo step di calibrazione, eseguito durante l attivazione della stazione e sui canali ad alto guadagno, è il bilanciamento di ognuno dei tre fotomoltiplicatori allo scopo di avere una risposta uniforme dai tre. Inizialmente l alta tensione di ogni fototubo è fissata ad un valore noto, precedentemente determinato. A questo punto la tensione sul primo PMT viene modificata in modo che si abbia per esso una carica media pari a Q 1 = Q 2 + Q 3 2 Questo processo converge dopo la raccolta di poche centinaia di eventi. Il passo successivo consiste nell aggiustare le tensioni sugli altri due PMT in modo che la carica media su ognuno di essi sia pari a quella sul primo fotomoltiplicatore: Q 3 = Q 1 e Q 2 = Q 1

61 2.2 Calibrazione SD 53 Calibrazione assoluta Questa calibrazione, che riguarda l intera stazione, è ottenuta sfruttando il segnale medio prodotto dai muoni verticali che attraversano la tank, con una procedura usata per definire il valore di 1 VEM. La maggior parte dei muoni atmosferici è relativistica e attraversa la tank producendo luce Cherenkov in acqua. Figura 2.6: Istogramma di carica (a sinistra) e dell altezza (a destra) del segnale prodotto da una stazione SD e triggerato dalla coincidenza dei 3 PMT ognuno sopra la soglia di 5 canali rispetto alla baseline. Il primo picco è dovuto a particelle di bassa energia, mentre il secondo picco è dovuto a muoni atmosferici. L istogramma tratteggiato rappresenta il segnale equivalente ad un muone verticale, selezionato usando un telescopio di muoni [44]. Calibrazione relativa:rapporto Dinodo/Anodo Il guadagno relativo tra il canale a basso guadagno e quello ad alto guadagno è circa 32. Gli impulsi generati da muoni singoli non sono visibili nel canale a basso guadagno che invece necessita di segnali almeno pari a VEM, tali da non saturare ancora il canale a guadagno più alto. Ciò può essere fatto usando un led che inietta la luce direttamente nella tank e dal confronto tra

62 54 L OSSERVATORIO PIERRE AUGER i segnali dei due canali si ottiene il guadagno relativo. Il modo più semplice per determinare il rapporto D/A è quello di fare il rapporto tra i picchi dei segnali letti all anodo e al dinodo, mediando poi su un numero molto alto di segnali. In realtà però il segnale proveniente dal dinodo viene amplificato in due stadi successivi, che introducono un ritardo rispetto al segnale letto sull anodo e ciò impedisce il confronto diretto tra i due segnali. Monitoring I dati di calibrazione possono essere usati come sistema per il monitoraggio delle stazioni, in particolare riguardo a problemi di contaminazione dell acqua che possono determinare, in corrispondenza di 1 VEM, segnali più corti e bassi poichè i fotoni subiscono un assorbimento maggiore su lunghi percorsi rispetto a quanto avviene in acqua pura. Inoltre l analisi dei dati di calibrazione può evidenziare il malfunzionamento dei PMT o una contaminazione delle finestre di ingresso della radiazione nel fotomoltiplicatore, mostrando in tal caso una riduzione dell intensità del segnale senza però modificarne la forma. 2.3 Rivelatore di fluorescenza Scopo principale dei rivelatori di fluorescenza è la misura del profilo longitudinale degli EAS, dalla quale si può ottenere una misura dell energia del primario, indipendentemente dal modello usato per la descrizione dello sviluppo dello sciame in atmosfera. Il rivelatore FD è composto da quattro unità, chiamate occhi, disposte ai bordi dell area su cui sono collocate le tank dell array di superficie (figura 2.1). Ogni occhio ha 6 telescopi posizionati in altrettante bays, con una finestra di (3 3.5) m 2. Ciascuno di essi copre un angolo di vista di 180 in azimut e di 28.6 in elevazione (da 2 a 30.6 ). In ogni telescopio sono presenti un dispositivo per la raccolta di luce, e una camera su cui sono montati 440 PMT per la rivelazione della luce. Uno schema del rivelatore è mostrato in figura 2.7 e in figura 2.8 è mostrata più in dettaglio la struttura di ogni telescopio.

63 2.3 Rivelatore di fluorescenza 55 Figura 2.7: Vista schematica di un occhio del rivelatore di fluorescenza. Sono evidenti le 6 bays, con la finestra verso l esterno, la camera di PMT e lo specchio alle sue spalle Sistema di raccolta della luce Il rivelatore FD di Auger, adotta l ottica di Schmidt che permette di eliminare l aberrazione sferica (coma) responsabile della formazione, per una sorgente all infinito, di uno spot luminoso invece di un punto. L ottica è formata da specchi di forma quadrata (3.8 m 3.8 m), con un raggio di curvatura di 3.4 m, realizzati mettendo insieme specchi più piccoli aventi il 90% di riflettività alle lunghezze d onda caratteristiche della radiazione di fluorescenza. In corrispondenza del centro di curvatura, è posizionato, davanti alla finestra esterna, un diaframma con raggio di 0.85m. Il diaframma consente di eliminare l aberrazione coma e di ottenere uno spot luminoso sui pixel quasi uniforme rispetto al field of view e di dimensioni pari a circa 0.5. Il campo di vista del rivelatore è aumentato introducendo un anello (corrector ring) con raggio interno 0.85 m e raggio esterno pari a 1.1 m. L anello è suddiviso in 24 settori realizzati con filtro UV e con profilo sferico, allo scopo di ridurre l aberrazione. Su ogni telescopio è montato un filtro UV che trasmette nella bay radiazione con lunghezza d onda prossima a quella della luce di fluorescenza. La curva di trasmissione della luce ha infatti un picco (circa l 85% del

64 56 L OSSERVATORIO PIERRE AUGER Figura 2.8: Schema di un telescopio FD. Da sinistra verso destra: la finestra la cui apertura è regolata da shutters scorrevoli azionati durante l acquisizione dati; il sistema con filtro e corrector ring. Al centro è situata la camera su cui è montata una matrice di 440 PMT e alle sue spalle uno specchio sferico con la sua struttura di supporto. L orientazione del telescopio è definita rispetto ad un punto di riferimento, al centro del sistema di filtro e corrector ring, con 16 di elevazione della linea di vista. segnale totale), per λ = 350nm e si riduce del 20% per λ 300nm e λ 400nm. In figura 2.9 è mostrato il sistema camera-diaframma. La camera, di forma quasi quadrata, è formata da un array di 440 PMT, disposti in una matrice Per motivi costruttivi, sarà presente una regione di sovrapposizione tra il campo di vista dei telescopi adiacenti. La figura 2.10 mostra lo schema dei pixel nella camera e la regione di sovrapposizione tra telescopi adiacenti dovuta alla regione oltre il campo di vista di 30 azimutali. I PMT (Photonis XP3062) hanno un diametro di 40 mm e un fotocatodo esagonale, in modo da riprodurre la struttura dello specchio e distano l uno dall altro 45,6 mm, corrispondente ad una dimensione angolare di 1.5 (un

65 2.3 Rivelatore di fluorescenza 57 Figura 2.9: Il sistema formato dal corrector ring, diaframma e filtro e al centro la camera di PMT. buon compromesso tra costi e ottimizzazione del rapporto segnale/rumore). Nonostante i PMT non siano perfettamente adiacenti, per motivi pratici legati alla manutenzione degli stessi, essi assicurano un ottima copertura della superficie sferica. I PMT hanno le seguenti caratteristiche costruttive: guadagno nominale pari a ; efficienza quantica del 25%, nell intervallo tra 330 nm e 400 nm; risposta uniforme con un massimo di disuniformità pari al 15 %; risposta lineare entro il 3 %. L area sensibile del fotomoltiplicatore è però più piccola di quella corrispondente allo sviluppo del tubo. Per massimizzare la raccolta di luce e garantire una migliore transizione tra pixels adiacenti, ogni fototubo è dotato di 6 collettori di luce, chiamati mercedes, mostrate in figura Ogni mercedes è una struttura in plastica, ricoperta di materiale altamente riflettente, disposti a 120 e aventi sezione triangolare. formata da tre bracci di lunghezza pari a circa metà pixel. Dai test condotti, l uso delle mercedes consente di aumentare l efficienza di raccolta della luce al fotocatodo dal 50 % al 90%. L effetto delle mercedes

66 58 L OSSERVATORIO PIERRE AUGER Figura 2.10: Schema della matrice di pixels della camera (a sinistra): ogni pixel corrisponde un PMT con fotodiodo esagonale. Per una migliore raccolta della luce sei mercedes (vedi testo per la definizione) sono posizionate attorno al fototubo a formare il pixel. Ogni mercedes ha 3 bracci a 120 di sezione triangolare e lunghezza pari a circa metà pixel (a destra). sull efficienza di raccolta della luce complessiva dell FD, è mostrato in figura Allo scopo di avere una buona ricostruzione del segnale si usano FlashADC con un range dinamico a 12 bit e una frequenza di campionamento a 10MHz. I segnali sono perciò raccolti in bin temporali di 100 ns corrispondenti a circa 30 metri. La forma e le caratteristiche del segnale di un singolo pixel dipendono dalla geometria dello sciame, dalla sua intensità e dalla distanza dello sciame. Sciami verticali, relativamente vicini al rivelatore, producono segnali veloci, mentre sciami inclinati producono segnali più lunghi e meno piccati. Il tempo di transito di uno spot luminoso nel campo di vista del pixel, può essere stimato quando esso raggiunge il centro della finestra del PMT come: T = R pα c sin 2 (1 cos θ) (2.1) θ dove R p è la distanza dell asse dello sciame dal detector, α è il field of

67 2.4 Calibrazioni FD 59 Figura 2.11: Misura dell efficienza di raccolta della luce condotta con uno spot luminoso spostato lungo una linea che attraversa 3 pixels. I punti pieni rappresentano l efficienza con le mercedes mentre quelli vuoti sono relativi alla configurazione senza mercedes[49] view (FOV) del singolo pixel (α = 1.5 ), θ l angolo tra la direzione dei PMT e l asse dello sciame. La durata tipica dei segnali, a parità di angolo di incidenza dello sciame, può variare da qualche decina di nanosecondi fino a qualche microsecondo. Ad esempio uno sciame con θ = 30 che cade a circa 500 m dal rivelatore, produrrà un segnale lungo 23 ns, mentre lo stesso sciame che cada però a 20 km di distanza determinerà un segnale largo 900 ns. I tempi di salita e di discesa del segnale invece dipendono dal rapporto tra le dimensioni dello spot (circa 0.5 ) e il FOV del singolo pixel (1.5 ) e sono perciò pari a circa il 20% della durata totale del segnale. 2.4 Calibrazioni FD Allo scopo di ottenere informazioni quantitative dagli FD è necessario effettuare una calibrazione per convertire i conteggi FADC in flusso luminoso che raggiunge il detector e poi in numero di fotoni emessi dallo sciame.

68 60 L OSSERVATORIO PIERRE AUGER La calibrazione è fatta in funzione della lunghezza d onda. Esistono due calibrazioni differenti: una calibrazione assoluta, in cui, per ogni pixel, viene misurato il numero di fotoni corrispondenti ad un FlashADC count, e una calibrazione relativa per controllare la risposta del rivelatore in corrispondenza di un un segnale noto. Calibrazione assoluta Nella calibrazione assoluta il telescopio FD deve rispondere ad un flusso noto (entro il 5%) di luce. La procedura di calibrazione assoluta è detta Drum calibration. In questo caso viene usato un sistema cilindrico (il drum) che fornisce un illuminazione uniforme entro il 3% al telescopio. Il drum stesso è calibrato usando un fotodiodo che misura il flusso assoluto di luce con una precisione del 7%. Questa calibrazione fornisce direttamente la conversione dei conteggi FADC in fotoni incidenti a livello del diaframma, tenendo conto dei possibili effetti dovuti alle caratteristiche del telescopio. Calibrazione relativa Le calibrazioni relative sono usate per monitorare il rivelatore di fluorescenza in funzione del tempo. Durante le notti di acquisizione vengono eseguite tre calibrazioni relative di ogni run di acquisizione dati che servono a monitorare il comportamento dei telescopi in funzione del tempo. Due di queste calibrazioni (calibrazione B e C) sono fatte settimanalmente e la terza (calibrazione A) va invece ripetuta quotidianamente. Queste tre tipologie di calibrazioni si distinguono per la diversa illuminazione della camera. Nella calibrazione A la luce è prodotta da un laser posto al centro dello specchio e la luce è quindi raccolta direttamente dalla camera. Ciò fornisce uno strumento per controllare la stabilità dei pixel. I segnali sono confrontati con quelli di riferimento e devono mostrare una corrispondenza entro poche unità percentuali. Nella calibrazione B, la luce è emessa da entrambi i lati della camera nella direzione dello specchio e sono poi raccolti dalla camera. Questa calibrazione permette di controllare il sistema mirror-camera. Infine, la calibrazione C è effettuata inviando un fascio laser prodotto sui lati del diaframma e diretti verso un foglio riflettivo montato sulla superficie

69 2.5 Monitoraggio dell atmosfera 61 interna della porta del telescopio. Il foglio retrodiffonde la luce nel sistema di ottica del telescopio consentendo di testare il sistema complessivo. 2.5 Monitoraggio dell atmosfera L osservazione e l analisi di eventi FD richiede la conoscenza precisa delle condizioni atmosferiche e in particolare del coefficiente di attenuazione per la luce di fluorescenza. Le incertezze sulle misure di fluorescenza infatti provengono in parte dalle incertezze sulla trasmissione della luce, sullo scattering multiplo e sulla sottrazione del contributo Cherenkov. L atmosfera è perciò studiata usando sonde radio metereologiche e stazioni meteo poste a livello del suolo, in corrispondenza di ciascun occhio e nel centro dell array di superficie. Esse forniscono quotidianamente misure della temperatura, pressione, umidità relativa, velocità del vento, nella zona in cui sono installati. Le radiosonde invece sono montate su palloni ad elio, muniti di un sistema GPS che consente loro di inviare a terra i dati raccolti in quota (pressione, temperatura e umidità in funzione dell altitudine) LIDAR Il dispositivo principale usato per lo studio delle condizioni atmosferiche consiste di un sistema LIDAR in grado di misurare il contenuto di aerosol in atmosfera analizzando i segnali luminosi retrodiffusi. L equazione LIDAR fornisce la potenza P(r) ricevuta al tempo t, in funzione della potenza P 0 trasmessa istantaneamente al tempo t 0 : P (r) = P 0 c t 2 A 4πr 2 βλ (r)e 2 R r 0 αλ (R)dR (2.2) dove β è il coefficiente di backscattering, dipendente dalle funzioni di distribuzione angolare Rayleigh e Mie, α è il coefficiente di estinzione, T (r) = e R r 0 α(r)dr a A è la superficie dello specchio del lidar. Ogni stazione FD ha un LIDAR instrumentato con un laser UV e 3 specchi parabolici che focalizzano la luce riflessa dagli aerosol verso i corrispondenti PMT. Il lidar può operare in due modi: con uno scan continuo del cielo, in un cono di apertura angolare pari a 50 attorno alla verticale, oppure con la tecnica dello shoot the shower [47], in cui degli impulsi laser (attivati da eventi ibridi) vengono emessi in direzione della porzione di atmosfera

70 62 L OSSERVATORIO PIERRE AUGER attraversata dallo sciame, in modo da determinare le condizioni atmosferiche locali e ottenere una ricostruzione migliore. Figura 2.12: Stazione lidar nelle vicinanze di Los Leones Quando il lidar emette nel field of view di uno degli occhi FD, può determinare cambiamenti nel noise e nel guadagno dei PMT perchè il rivelatore di fluorescenza vede un segnale luminoso molto intenso per tempi di circa 100 ns. Inoltre un lidar può produrre un trigger in uno degli altri 3 occhi del rivelatore. Da ciò la necessità di porre un veto all acquisizione dati durante l emissione di un laser dal lidar. Attualmente il veto è attivo solo per la DAQ dell occhio di appartenza del lidar e non influisce sull acquisizione dei dati da parte degli altri rivelatori FD. Horizontal Attenuation Lenght Monitor (HAM) Il sistema per il monitoraggio dell atmosfera è completato da un monitor (HAM) per la misura dell attenuazione orizzontale dell atmosfera a tre lunghezze d onda fissate. La lunghezza di attenuazione è calcolata dal rapporto tra il flusso misurato a grandi distanze dalla sorgente e il flusso misurato a distanze minori.

71 2.5 Monitoraggio dell atmosfera 63 Aerosol Phase Function Monitor (APF) Il monitor APS misura la sezione d urto differenziale per lo scattering della luce sugli aerosol. L apparato, montato per la prima volta a Coihueco, è costituito da 3 sorgenti di luce (a 330 nm, 360 nm e 390 nm) che emettono il fascio di luce orizzontalmente, nella direzione dell occhio FD e registrano la luce diffusa lontano dal fascio incidente, in un ampio intervallo angolare. Monitoraggio delle nuvole Il lidar è anche usato come sistema per il monitoraggio delle nuvole, anche se questo studio non consente un analisi dettagliata delle componenti della nube stessa a causa dello scattering interno. L osservazione delle nuvole sul rivelatore FD è effettuata anche usando delle fotocamere a raggi infrarossi (cloud camera), montate sul tetto di ciascun occhio (figura 2.13). Figura 2.13: Un immagine del cielo e della copertura nuvolosa su Los Leones

72 64 L OSSERVATORIO PIERRE AUGER Central Laser Facility (CLF) Il central Laser Facility è collocato al centro dell array di superficie ad una distanza di 26 km dal rivelatore FD in Los Leones, a 34 km da Los Morados e a 30 km da Coihueco. Esso emette fasci laser UV (355 nm) a vari angoli ed energie che possono essere osservati dai rivelatori FD. Tali laser sono facilmente individuabili perchè identificati da un valore caratteristico del tempo di emissione. Il laser può essere indirizzato in qualunque direzione, con una risoluzione di 0.2 permettendo studi accurati della copertura nuvolosa e della risulozione della ricostruzione geometrica. In particolare il CLF è usato per controllare la sincronizzazione SD e FD. Ciò è fatto inviando, durante l emissione di un laser, parte del segnale, sufficiente a produrre un trigger SD, ad una tank, chiamata Celeste e collegata al CLF tramite fibra ottica (figura 2.14). Il fascio emesso verso l alto è invece visto dallo specchio 3 in Los Leones e dallo specchio 4 in Coihueco ed è distinto dagli eventi reali per un GPSnanotime caratteristico. L accuratezza di questo metodo è limitata da alcune assunzioni sull allineamento dei telescopi. L offset calcolato usando il segnale misurato in bay 3 di Los Leones è stabile entro 100 ns [69]. Figura 2.14: Stazione CLF al centro dell array di rivelatori di superficie

73 2.6 Central Data Acquisition System (CDAS) Central Data Acquisition System (CDAS) Il sistema centrale di acquisizione dati è posto nel campus dell osservatorio, a Malargue. Il suo compito è di coordinare le operazione FD ed SD ed in particolare di controllare e salvare i dati per gli eventi che sono considerati (in base alla definizione del trigger) buoni candidati per essere sciami innescati da raggi cosmici. Il CDAS fornisce lo strumento per il controllo e il monitoraggio dell array di superficie che comunica con esso attraverso una rete wireless LAN. La stessa rete è usata dal rivelatore FD, le cui unità sono dotate di un sistema di acquisizione dati locale. Una parte del sistema che si occupa di monitorare i rivelatori di fluorescenza, fornisce al CDAS le informazioni relative al trigger FD ed eventualmente altri dati sull occhio triggerato. Il ruolo del CDAS è dunque quello di combinare le informazioni di trigger provenienti da entrambi i rivelatori e formare, in certe condizioni, un Central Trigger. In questo caso i dati provenienti dai due rivelatori vengono combinati a formare un evento ibrido. Nel capitolo 3, saranno discusse più in dettaglio le definizioni dei trigger SD e FD e le richieste minime perchè si abbia un evento con trigger centrale. L ultima operazione eseguita dal sistema di acquisizione dati è l Event Builder (Eb) che determina la scrittura dell evento. Per un certo evento, all EventBuilder giungono le informazioni da FD quasi immediatamente, mentre i segnali da SD giungono entro una finestra temporale di secondi. A questi dati, l Eb aggiunge le informazioni relative alle calibrazioni in modo che già a livello di CDAS sia possibile fare una ricostruzione preliminare dell evento, determinando l energia del primario senza bisogno di ricorrere all uso di database. Gli eventi sono organizzati in runs di durata standard e sono salvati su un disco temporaneo (RAID) con capacità di 200 GByte. Successivamente, nel corso della giornata, sono poi trasferiti presso il centro di calcolo di Lyon, a completamento del run e della scrittura del file, sul computer remoto. I file sono salvati in formato ROOT. Il CDAS fornisce inoltre un display, mostrato in figura 2.15, che consente di visualizzare l evento in tempo reale (a pochi minuti dalla registrazione del trigger). In particolare, nel software sono implementate una serie di funzioni per la selezione di eventi con una determinata configurazione di trigger e inoltre sono definite delle opzioni per effettuare una prima, seppur approssimata, ricostruzione dell energia.

74 66 L OSSERVATORIO PIERRE AUGER Figura 2.15: CDAS SD Event Display: è mostrato un evento ibrido osservato durante il turno FD (20/05/2006). In alto a sinistra è mostrata la lista degli eventi per il run selezionato e per ognuno di essi le stazioni con segnale (e trigger T2 o T3). È mostrato inoltre l array di superficie con le tanks (in giallo) facenti parte dell evento. Trattandosi di un evento ibrido, le tank utili per la ricostruzione sono quelle con almeno un trigger T2, compatibile in tempo e geometria con il trigger inviato dal rivelatore FD (in questo caso da Los Morados). Le tank crociate, sono invece stazioni scartate durante l analisi perchè non compatibili con i tempi attesi. Per ogni tank selezionata è possibile vedere il segnale misurato da ogni PMT. La linea rossa tratteggiata rappresenta la proiezione al suolo dell SDP, informazione che viene fornita al CDAS dal T3 FD, dopo una ricostruzione preliminare dell evento. Il software del CDAS Event Display, è in grado di fare una prima ricostruzione dell evento SD (a destra) dove è mostrata la distribuzione laterale e i risultati del fit.

75 2.7 Il framework Offline Il framework Offline Il software Of f line dell osservatorio Pierre Auger, è lo strumento standard per il lavoro di simulazione, ricostruzione e analisi degli eventi [52, 53]. Per rispondere alle esigenze dell esperimento e della collaborazione, il software deve essere abbastanza flessibile da permettere lo sviluppo di diverse applicazioni da parte degli utenti, nei 20 anni previsti per il run dell esperimento. Inoltre il software è stato realizzato in modo tale che parte dei moduli possa essere modificato sostituendo alcuni algoritmi. Il software è implementato in linguaggio C++, seguendo la logica Object-oriented ed è organizzato in moduli, ognuno dei quali è preposto ad un compito specifico. Figura 2.16: Interfaccia di evento (sinistra) e struttura di dati (destra). Gli utenti interagiscono con l interfaccia che consente di accedere ai dati Il framework Of f line comprende tre parti principali: una raccolta di moduli che devono essere disposti in una sequenza specificata in un file chiamato ModuleSequence.xml. Un RunController gestisce i vari moduli secondo questa sequenza. Ciascuno dei moduli restituisce al RunController un codice di successo (esuccess), di interruzione (ebreakloop) o di fallimento (efailure) rispetto all esecuzione dei comandi assegnati nella ModuleSequence.

76 68 L OSSERVATORIO PIERRE AUGER una struttura di evento attraverso i cui moduli possono comunicare tra di loro e accedere o salvare i dati relativi alla simulazione o alle ricostruzione. La struttura di evento si articola in due livelli: un interfaccia di evento, che consente la comunicazione con i moduli, e una struttura di dati di evento (figura 2.16). Il primo livello è organizzato in classi cui i moduli possono accedere usando dei metodi, per ottenere in questo modo le informazioni necessarie. La struttura di dati invece è responsabile del trasferimento delle informazioni tra l interfaccia e alcuni formati di dati di particolare utilità, ad esempio files di tipo ROOT, CDAS, FDAS, Offline native, Corsika e Aires. una descrizione del detector che contiene le informazioni relative ai rivelatori SD e FD e alle condizioni atmosferiche, in funzione del tempo (eventualmente raccolte in un database MySQL). La descrizione del rivelatore fornisce un iterfaccia per trarre informazioni sulla configurazione e le performance in un certo run. Essa è organizzata in modo gerarchico riprendendo la struttura reale dei rivelatori, come mostrato in figura Figura 2.17: A sinistra l interfaccia del detector che mostra la struttura gerarchica che ripropone le diverse componenti del rivelatore. I parametri di configurazione usate dai moduli sono scritti in files XML. La presenza di molti file di configurazione rende necessaria la

77 2.7 Il framework Offline 69 loro organizzazione attraverso un CentralConfig che specifica quali file di configurazione usare. Se non specificato, i file di configurazione vengono ricercati nella cartella config, altrimenti si può specificare un path definito dall utente nel file di bootstrap.xml. Il framework, infine, è completato da una serie di pacchetti esterni addizionali e da varie utilities, tra cui i pacchetti geometrici che facilitano i calcoli vettoriali e le trasformazioni tra sistemi di coordinate. In questo capitolo sono stati descritti il detector di superficie e i telescopi di fluorescenza del rivelatore Pierre Auger. Si sono inoltre specificati gli obiettivi ed i range di operatività dell apparato. Nel capitoli successivi sarà studiata in dettaglio la risposta del rivelatore, per mezzo di simulazioni Monte Carlo e si descriverà un metodo per la selezione di eventi per i quali sia possibile ottenere una ricostruzione affidabile.

78 70 L OSSERVATORIO PIERRE AUGER

79 Capitolo 3 Apertura ed efficienza di rivelazione di eventi ibridi Oggetto di questo capitolo è la stima dell efficienza di rivelazione di eventi ibridi da parte dell osservatorio Pierre Auger. In particolare tale studio sarà condotto nella regione delle basse energie, al di sopra di ev, limite inferiore di sensibilità dell apparato. Sebbene l osservatorio sia in grado di rivelare raggi cosmici tra e ev, esso è pienamente efficiente solo ad energie superiore a ev. 3.1 Il trigger SD Il sistema di trigger SD è stato progettato per lavorare in un ampio intervallo di energie, per sciami verticali ed inclinati, con piena efficienza per energie superiori a ev. La struttura del trigger SD è gerarchica, con 2 livelli di trigger (T1 e T2) definiti localmente per ogni tank e con un terzo livello (T3) di trigger centrale, in cui la selezione è fatta analizzando i segnali provenienti da stazioni vicine che abbiano un trigger di secondo livello. Altri 2 livelli di trigger (T4 e T5) sono invece di tipo software, e la selezione degli eventi reali è fatta offline richiedendo particolari configurazioni spaziali e temporali. Trigger T1 Il trigger di primo livello è definito dall OR di: ST (Simple Threshold): si verifica in presenza di un segnale sopra la soglia di 1.75 VEM in ognuno dei 3 PMT della stazione. Per come è definito, questo

80 72 Apertura ed efficienza di rivelazione di eventi ibridi tipo di trigger è particolarmente utile per selezionare segnali dovuti all attraversamento di un singolo muone; la rate di eventi selezionati è relativamente alta (100 Hz); ToT (Time over threshold): richiede la presenza, in almeno 2 PMT, di 13 bin temporali al di sopra della soglia di 0.2 VEM, in una finestra di 3 µs (120 bin temporali). Questo trigger ha una rate relativamente bassa, pari a circa 1.6 Hz, corrispondente alla rate di un doppio µ nella tank ed è perciò adatto a descrivere segnali temporalmente estesi con una componente predominante di tipo elettromagnetico. Trigger T2 Questo trigger è applicato per selezionare, tra gli eventi che abbiano un trigger T1, quelli riconducibili a EAS e per ridurre la rate di eventi da inviare al sistema centrale. I trigger ToT sono automaticamente promossi a T2, mentre per gli eventi che hanno un trigger a soglia semplice, è richiesta una soglia di 3.2 VEM, più alta di quella necessaria per avere un trigger T1. Trigger T3 Questo è il primo livello di trigger definito centralmente. È richiesta la coincidenza tra segnali provenienti da più stazioni vicine, in particolare l OR di un 3ToT o di un 4T2. La prima condizione corrisponde a richiedere la presenza di 3 tank che abbiano trigger ToT, in una configurazione detta compatta, avente cioè la seconda tank entro una corona esagonale attorno alla prima (quella con il segnale più alto) e la terza su una corona esagonale più esterna. La configurazione 4T2 è invece meno restrittiva poichè si verifica quando si hanno 4 tank con un trigger T2 qualunque, di cui almeno 3 nella configurazione compatta e la quarta ad una distanza massima di 6 km dalle altre. Il trigger di terzo livello riduce la rate di eventi selezionati a soli 600 al giorno per la configurazione 3ToT compatta, il cui 90 % è riconducibile ad eventi reali. Nella configurazione 4T2 compatta, la rate è di 400 eventi al giorno, di cui solo il 2% è però dovuto ad eventi reali. I Trigger software Il trigger fisico T4 richiede l OR di un 3ToT compatto o di un trigger locale 4C1 (una tank centrale e 3 tank vicine temporalmente compatibili) Una procedura più generale è ottenuta definendo una struttura con base triangolare, formato da 3 tanks vicine non allineate. Di

81 3.1 Il trigger SD 73 Figura 3.1: Trigger 3ToT compatto (in alto) e 4C1 compatto. In entrambi i casi sono possibili rotazioni e simmetrie delle configurazioni mostrate. tutte le possibili configurazioni triangolari, quella con più alto segnale (calcolato come la somma dei segnali delle singole tank) è chiamata seed, ed è usata come elemento di riferimento rispetto al quale definire le tank con segnali accidentali. Saranno infatti eliminate dall analisi le stazioni che hanno un ritardo, rispetto al seed, maggiore di un tempo fissato in funzione della propagazione del fronte. Il trigger di qualità è ancora in corso di definizione e di analisi. Attualmente, tra gli eventi selezionati secondo criteri definiti dal T4 sono accettati solo quelli ricostruibili con una buona accuratezza. In particolare sono rimossi tutti gli eventi sul bordo dell array, aventi il core fuori dalla area equipaggiata con le stazioni, per i quali la ricostruzione potrebbe risultare poco precisa. In particolare il trigger T5 richiede che la tank con il segnale più alto abbia 5 tanks con trigger entro una corona e questa condizione garantisce che nessuna informazione importante sia eliminata. Degli eventi selezionati dal T3 e che sono salvati dal sistema centrale di

82 74 Apertura ed efficienza di rivelazione di eventi ibridi acquisizione dati (CDAS), solo 200 eventi al giorno superano il trigger fisico (T4) e 3 eventi al giorno superano quello di qualità (T5), che sono trigger di tipo software, elaborati offline. 3.2 Trigger e selezione degli eventi FD I rivelatori di fluorescenza hanno un trigger organizzato a più livelli: il trigger di primo livello (FLT) e il trigger di secondo livello (SLT) sono entrambi di tipo hardware e selezionano gli eventi in base al segnale misurato da ciascun pixel (FLT) e alla presenza di determinate configurazioni stardard di più pixels (SLT). Gli eventi che hanno un trigger di secondo livello vengono poi ulteriormente selezionati attraverso criteri di tipo software. Lo scopo di quest ultimo livello di trigger (detto T3 o TLT) è quello di ridurre il fondo, in particolare quello dovuto ai muoni, al fine di selezionare solo eventi che possano essere classificati come candidati ad essere raggi cosmici. Le informazioni per eventi di questo tipo sono inviate al sistema centrale di acquisizione dati (CDAS) Il trigger di primo livello (FLT) Il trigger di primo livello (definito per il singolo pixel) seleziona i pixel con segnale al di sopra di una certa soglia. Questo trigger è progettato per avere una soglia dinamica e programmabile, che tenga conto delle condizioni ambientali esterne, in particolare del livello del background. In particolare esso è programmato in modo che la rate di eventi con FLT (circa 100 Hz) si mantenga costante, indipendentemente dalle condizioni esterne, ad esempio la presenza di una maggiore illuminazione dovuta alla presenza della luna o di stelle nel campo di vista del pixel. In generale, il rivelatore FD non viene acceso durante i periodi di luna nuova. Nelle altre notti, durante i turni FD, l acquisione dati viene interrotta per gli specchi che sono interessati dal passaggio della luna. Il run viene poi fatto ripartire appena l illuminazione esterna torna nei valori normali. Ad un pixel con segnale sopra soglia è associato quindi un trigger di primo livello. In questo caso, viene aperta una finestra temporale di 20 µs (il campionamento del segnale è fatto a 10 MHz), durante il quale vengono

83 3.2 Trigger e selezione degli eventi FD 75 ricercate le coincidenze per il riconoscimento dei pattern che definiscono il SLT Il trigger di secondo livello (SLT) Il SLT è basato su una procedura di riconoscimento di pattern a partire da pixels che hanno un FLT e riduce la rate complessiva degli eventi al di sotto di 1 Hz. Questi pattern sono definiti a partire da un set di 5 tipologie di configurazioni a 5 pixels e ad esse si aggiungono tutte le combinazioni ottenibili dalla rotazione e dalla riflessione dei pattern fondamentali. Infine per tener conto di eventuali problemi hardware, la condizione minima richiesta per avere un SLT è stata abbassata alla presenza di quattro pixels su 5, nelle configurazioni descritte. Di conseguenza esistono 108 possibili pattern da ricercare nella camera per poter definire un SLT nello specchio corrispondente. La ricerca dei pattern è fatta procedendo con una scansione della camera a gruppi di 5 colonne e muovendosi da sinistra verso destra una colonna per volta. La scansione completa della camera dura circa 1 µs e se viene individuato un SLT, all evento e al mirror è associato un codice che identifica il tipo di pattern individuato, o un codice multipattern nei casi in cui siano individuate nella matrice di pixel, più configurazioni di SLT. Questi codici e le informazioni relative al trigger di primo livello e ai tempi di trigger, sono memorizzati in un buffer da 32 eventi fino alla scrittura definitiva dell evento Il trigger di terzo livello (TLT) Il trigger TLT è applicato agli eventi con un SLT per mezzo di algoritmi di selezione degli eventi candidati ad essere raggi cosmici. Il TLT gestisce anche la scrittura dell evento, nel quale vengono incluse le informazioni dei pixel selezionati dal trigger e dei pixel vicini per evitare perdite di segnale. Se l evento ha interessato più specchi, il TLT integra il segnale dai mirror coinvolti in modo che l evento sia definito a livello di occhio. Il file di dati conterrà inoltre le informazioni sul tipo di SLT che ha causato il trigger e sulla colonna iniziale a partire dalla quale è stata individuata tale configurazione. Il file conterrà segnali con 1000 bin temporali, corrispondenti ad un tempo

84 76 Apertura ed efficienza di rivelazione di eventi ibridi Figura 3.2: I 5 pattern fondamentali che, eventualmente ruotati e riflessi, definiscono le configurazioni di trigger di secondo livello. di 100 µs. I primi 250 bin, rappresentano i 25 µs precedenti il trigger e consentono di calcolare la baseline e le sue fluttuazioni. La rate di eventi con TLT è inferiore a 1000 eventi per ora e per specchio. Il trigger TLT del rivelatore di fluorescenza è usato come trigger esterno per la definizione di un trigger ibrido. Gli eventi selezionati sono processati da un algoritmo di ricostruzione preliminare i cui risultati sono inviati al CDAS. Le informazioni rilevanti inviate al CDAS sono i parametri che definiscono l SDP. e il tempo associato all evento. A livello SD, è richiesta la presenza di un trigger T2 in almeno una stazione che abbia un segnale geometricamente e temporalmente compatibile con quello FD. Tra questi eventi sono poi selezionati i cosiddetti golden hybrids, per i quali il numero e la configurazione delle stazioni con trigger sono tali da definire un T3 del rivelatore SD. 3.3 Apertura del rivelatore ibrido L area efficace di rivelazione per un array di superficie è calcolata determinando la proiezione dell area del rivelatore nella direzione ortogonale a quella di arrivo dello sciame:

85 3.3 Apertura del rivelatore ibrido 77 A eff = A det cosθ (3.1) dove θ è l angolo compreso tra la verticale e la direzione dell asse dello sciame. Tale area efficace va moltiplicata per l efficienza complessiva di rivelazione, che è definita, nel caso più generale, come il prodotto dell efficienza di trigger e dell efficienza di ricostruzione (entrambe funzioni di energia, distanza, angolo solido e tipo di primario) ɛ = ɛ trig ɛ rec (3.2) con eventi con trigger ɛ trig = eventi generati eventi ricostruiti ɛ rec = eventi con trigger (3.3) L apertura del rivelatore è in generale una funzione dell energia e del tipo di primario ed è ottenuta integrando l area efficace sull angolo solido: A = ɛds A gen Ω cos θdω = Ω A eff dω con dω = senθdθdφ, 0 φ 2π e 0 θ θ max. Nel caso del rivelatore SD di Auger e nell ipotesi in cui l efficienza totale ɛ = 1, l apertura sarà θmax A = A det senθ cos θdθdφ = πa det sen 2 θ = A det π(1 cos 2 θ) (3.4) 0 Per θ max = 65 (1), A det = 3000km 2, l apertura è A 7740km 2 sr. L apertura del solo rivelatore di fluorescenza è calcolata in dettaglio in [60]. Per una corretta valutazione dell apertura ibrida, la configurazione ideale è quella in cui i core degli sciami simulati sono distribuiti sull intera superficie dell array SD. In pratica, la generazione di sciami con adeguata 1 Ci limitiano allo studio di sciami con θ < 65 per poter trascurare la curvatura della terra e per avere una buona efficienza di ricostruzione.

86 78 Apertura ed efficienza di rivelazione di eventi ibridi statistica e la simulazione della risposta del rivelatore su un area così estesa richiede un tempo di calcolo molto lungo. Tuttavia una stima dell apertura si può ottenere sulla base delle seguenti ipotesi. 1) Il core dello sciame è generato entro un area sufficientemente grande in modo che l efficienza di trigger FD sia nulla al di fuori di essa. 2) L area di generazione è circoscritta ad un settore circolare nel campo di vista di uno dei 24 specchi ed il calcolo è esteso all intero rivelatore assumendo che la risposta dei 4 occhi e dei relativi 6 specchi contenuti in ciascun occhio sia identica. 3) La simulazione è fatta richiedendo che i 4 occhi dell apparato siano attivi. La stima dell apertura segue dal conteggio degli eventi che soddisfano la condizione (OR dei 4 occhi) almeno uno specchio in almeno un occhio su tutto l apparato (la condizione minima che ci interessa). Il conteggio degli eventi con trigger in 2 o piu occhi contemporaneamente restringe l apertura al caso stereo o multi-occhio. Una stima dell apertura nelle ipotesi descritte e utilizzando sciami atmosferici generati sulla base di una approssimazione analitica della forma del profilo longitudinale è realizzata in [60]. Si tratta di un calcolo basato sul conteggio di eventi che abbiano un trigger FD e per i quali il core sia localizzato entro la superficie geometrica dell array di superficie. Il calcolo presentato nei paragrafi successivi è finalizzato alla stima della frazione di eventi potenzialmente ricostruibili secondo criteri ibridi, ovvero sulla base di parametri di qualità associati alla risposta del rivelatore FD e del rivelatore di superficie SD. 3.4 Simulazione degli sciami atmosferici con il programma Corsika Lo sviluppo degli sciami atmosferici è stato simulato usando il programma CORSIKA (Cosmic Ray Simulations for Kascade) [61]. Questo programma consente di simulare le interazioni dei raggi cosmici primari nell atmosfera e di generare le particelle secondarie prodotte nelle interazioni. Ognuna di queste particelle viene seguita nelle sue interazioni successive Per ridurre i tempi di calcolo necessari per la generazione di sciami ad energie superiori a ev, si può attivare un algoritmo di thin sampling secondo cui si definisce una soglia per l energia delle particelle secondarie (ɛ thr = E part /E 0 ) al di sotto della quale, solo una di queste particelle, pesata opportunamente, viene seguita dettagliatamente nelle interazioni successive. Un valore ottimale per ɛ thr è

87 3.5 Simulazione ibrida degli eventi ([62]). La ricostruzione delle variabili energetiche e della composizione in massa realizzata usando i rivelatori di superficie risulta fortemente sensibile all uso dei modelli di interazione adronica. Per la simulazione degli sciami sono stati usati i seguenti modelli di interazione: QGSJet [63], per le interazioni di alta energia FLUKA [64] per le interazioni di bassa energia (< 100 GeV) In output sono prodotti due tipi di file: il primo contenente il profilo longitudinale dello sciame (numero di particelle ed energia rilasciata in funzione della profondità atmosferica) e il secondo contenente la distribuzione laterale delle particelle alla quota del rivelatore SD (870 g/cm 2 ). Inoltre la generazione degli sciami è stata fatta richiedendo: una distribuzione senθcosθ che tiene conto della proiezione della superficie del rivelatore sul piano ortogonale alla direzione di arrivo del primario; thinning ɛ thr = 10 6 ; θ < Simulazione ibrida degli eventi La sequenza dei moduli di software utilizzati per la simulazione degli eventi ibridi è illustrata in dettaglio in appendice A (Offline framework). La lettura del file di input è fatta nel modulo EventFileReader. I moduli successivi sono usati per simulare la risposta dei rivelatori SD e FD e dei relativi trigger. La configurazione dei due detector e alcune caratteristiche dell evento da simulare, sono definite nei corrispondenti file xml di configurazione. Alcuni moduli della catena di simulazione sono stati modificati allo scopo di estrarre le informazioni utili per lo studio dell efficienza di trigger ibrida e per la successiva analisi delle variabili ricostruite. Nei moduli standard sono state implementate alcune funzioni per l estrazione delle informazioni iniziali ( verità Monte Carlo) relative allo sciame generato (energia, geometria,

88 80 Apertura ed efficienza di rivelazione di eventi ibridi tipo di primario) e quelle relative alla risposta del rivelatore (ad esempio tipo di trigger, numero di pixel, numero di stazioni). Queste informazioni sono scritte in un tree di ROOT [68], ovvero in una matrice contenente, per ogni evento, il valore del set di variabili prescelte (vedi figura 3.3). Figura 3.3: Variabili scritte in un tree di ROOT in fase di simulazione degli sciami e relative alla verità MC. Usando le variabili del tree è inoltre definita una flag (hybrid flag) che definisce la presenza o meno di un evento ibrido potenzialmente ricostruibile. In particolare quest ultima condizione è verificata quando almeno una stazione con trigger T1 è spazialmente e temporalmente compatibile con il segnale FD (si richiede che la distanza della stazione con massimo segnale dall asse sia inferiore a 2 km). In fase di ricostruzione si accede al file prodotto in simulazione e ad esso vengono aggiunte le variabili ricostruite. Ciò consente di fare l analisi delle distribuzioni delle variabili ricostruite rispetto ai valori nominali (noti dalla simulazioni). La massima distanza di generazione dal centro dell occhio è scelta in base

89 3.6 Calcolo della frazione di eventi ibridi ricostruibili 81 all energia dell evento, in modo da non simulare eventi a distanze per le quali l efficienza di trigger sia sistematicamente nulla. I valori usati nella simulazione, sono riportati in tabella 3.1. La discussione appena fatta per l efficienza di trigger FD vale a maggior ragione per gli eventi ibridi che costituiscono un sottogruppo di quelli con trigger FD mono. 3.6 Calcolo della frazione di eventi ibridi ricostruibili Gli sciami sono stati generati con posizione del core uniformemente distribuita sulla superficie, in una settore circolare di ampiezza angolare in azimuth pari a 30 (vedi figura 3.4). Inoltre gli eventi sono simulati a energia fissa in un intervallo compreso tra ev e ev, a passi di 0.5 nel logaritmo in base 10 dell energia in ev. Le aree di generazione sono scelte in modo tale che l efficienza di trigger FD a distanze maggiori di quella di generazione, sia sistematicamente nulla. Se questa condizione non fosse verificata, il calcolo della frazione di eventi ricostruibile potrebbe essere corrispondentemente sottostimata. In figura 3.5 sono mostrate le efficienze di trigger in funzione della distanza del core dall occhio. Sulla base di queste distribuzioni si è calcolato il massimo valore della distanza di generazione. Nelle figure 3.6 e 3.7 sono inoltre riportate le probabilità di trigger in funzione degli angoli di zenith e di azimuth dello sciame. Da questi grafici non si osserva una dipendenza molto forte dalla direzione di provenienza dello sciame. In tabella 3.1 sono riportate: 1) le energie di generazione; 2) i relativi raggi massimi di generazione 3) il numero totale di eventi generati; 4) gli eventi con un trigger FD (trigfd); 5) gli eventi ibridi potenzialmente ricostruibili (hybrid flag); 6) la frazione hybrid flag/trigfd; L apertura del rivelatore ibrido in funzione dell energia è mostrata in figura 3.8 per gli eventi con trigger FD il cui core sia geometricamente compreso entro la superficie dell array di superficie e per il sottoinsieme di

90 82 Apertura ed efficienza di rivelazione di eventi ibridi Figura 3.4: Configurazione dell array usata per la simulazione degli eventi ibridi. In giallo è evidenziato il settore circolare di raggio 10 km associato a bay 3 (Los Leones) nel cui campo di vista sono stati generati gli sciami. Log(E/eV) Rgen max (km) Gen. trigfd hybrid flag hybrid flag/trigfd % % % % Tabella 3.1: Energia, raggio massimo, numero di eventi generati, sottoinsieme di eventi con trigger FD (trigfd), eventi ibridi potenzialmente ricostruibili (hybrid flag), la frazione hybrid flag/trigfd.

91 3.6 Calcolo della frazione di eventi ibridi ricostruibili 83 Figura 3.5: Efficienza di trigger in funzione della distanza della posizione del core dal centro dell occhio FD. Fissata l energia, l efficienza di trigger, con la sola richiesta di un trigger FD, può considerarsi nulla oltre il raggio di generazione scelto (tabella 3.1). eventi potenzialmente ricostruibili, identificati dalla flag hybrid flag (vedi paragrafo 3.3). Le curve mostrate in figura 3.8 sono parametrizzate con dei fit ottenuti usando funzioni del tipo sigmoide: F (E) = k 1 e E E 0 E (3.5) dove E 0 è l energia corrispondente al valore in cui ɛ 1/2. I valori dei parametri E 0, E e k ottenuti dal fit precedenti, sono riportati in tabella 3.2.

92 84 Apertura ed efficienza di rivelazione di eventi ibridi Figura 3.6: Probabilità di trigger in funzione dell angolo di zenith dello sciame, per le diverse energie 3.7 Stima degli eventi attesi da Auger L apertura ibrida e l apertura per gli eventi ricostruibili calcolata nel paragrafo 3.6 può essere utilizzata per stimare il numero di eventi attesi dall esperimento Auger nell ipotesi che il flusso di raggi cosmici sia in accordo 1) con l estrapolazione analitica dello spettro misurato dall esperimento Kascade (KArlsruhe Shower Core and Array DEtector), 2) con lo spettro misurato dal rivelatore di fluorescenza HiRes [67]. L esperimento Kascade studia i raggi cosmici con energia compresa tra e ev mediante un array di 252 rivelatori di superficie posti su un area di m 2 con una separazione di 13 m. Le osservabili misurate, sono il numero di elettroni e il numero di muoni entro un raggio di 200 m dal core dello sciame. Lo spettro misurato da Kascade, è mostrato in figura 3.9, in cui sono rappresentati i risultati ottenuti utilizzando, in analisi, i modelli di interazione adronica QGSJet

93 3.7 Stima degli eventi attesi da Auger 85 Figura 3.7: Probabilità di trigger in funzione dell angolo di e di azimuth dello sciame, per le diverse energie [63] e SIBYLL [65]. La funzione analitica che descrive tale spettro è [66]: ( ( ) p4 ) dj(e) de = p 0E p 2 E p 3 p 2 p (3.6) p1 dove p 0 è una costante di normalizzazione, p 1 rappresenta la posizione del ginocchio, p 2 e p 3 sono rispettivamente gli indici spettrali sopra e sotto il ginocchio e p 4 è un parametro che descrive la sharpness del ginocchio. Il fit dello spettro comunque non è sensibile al valore di quest ultimo parametro che è perciò fissato a 4. I valori dei parametri sono forniti in [66] e riportati nella tabella 3.3 Il rivelatore di fluorescenza HiRes misura lo spettro dei raggi cosmici in un intervallo di energie compreso tra e ev (vedi capitolo 1). Un fit dei dati sperimentali, eseguito in [67], fornisce una parametrizzazione da cui

94 86 Apertura ed efficienza di rivelazione di eventi ibridi Figura 3.8: Apertura ibrida in funzione dell energia del primario. Sono rappresentati i dati per gli eventi con trigger Fd (rosso) e per il sottoinsieme di eventi potenzialmente ricostruibili (nero). si è estratta la seguente forma funzionale: dj(e) de dj(e) de = c 1E 3.3 E< ev = c 2E 3.0 E> ev (3.7) Il valore delle costante c 1 = cm 2 s 1 sr 1 ev 2.3. Il range energetico studiato si estende fino a ev e dunque lo spettro per E> ev non è stato preso in considerazione. L andamento delle funzioni analitiche estratte dai dati dei due esperimenti di riferimento per la stima degli eventi attesi sul rivelatore Auger è mostrato in figura 3.10: Il numero di eventi attesi (nei due casi) è ottenuto integrando

95 3.7 Stima degli eventi attesi da Auger 87 FD mono hybri flag k(km 2 sr) Log(E 0 (ev )) Log( E (ev )) Tabella 3.2: Parametri del fit (3.5). Figura 3.9: Spettro all primaries, misurato da Kascade per diversi modelli di interazione adronica. numericamente 2 la funzione che deriva dalla convoluzione dello spettro con l apertura del rivelatore. Infatti, nell ipotesi che il flusso misurato sia funzione solo dell energia del primario, d 4 N dsdtdωde = f(e) il numero di eventi attesi è dato dalla seguente relazione ev d 4 N = t f(e) A(E)dE (3.8) ev dove A è definita nell equazione 3.3 e il cui andamento è mostrato in figura La tecnica di integrazione utilizzata si basa su un algoritmo di tipo adattivo implementato nelle librerie di software disponibili al Cern.

96 88 Apertura ed efficienza di rivelazione di eventi ibridi Log(E) (ev) R gen (km) p1 (4.0 ± 0.8) ev p ± 0.01 p ± 0.07 Tabella 3.3: Parametri del fit (3.6) per il modello QGSJet. parametro p4 è fissato a 4. Il valore del L integrale è calcolato numericamente, usando tale apertura ed i valori dei parametri riportati in tabella 3.3, per Kascade ed i valori riportati in equazione 3.7, per HiRes. Nel primo caso (spettro di Kascade), in un anno di presa dati (considerando il 10% di FD duty cycle), il numero di eventi con energie tra e ev, in grado di produrre un trigger nel rivelatore FD è di circa Questo numero si riduce di circa il 45% per il sottoinsieme di eventi potenzialmente ricostruibili (hybrid flag) ed in quest ultimo caso, gli eventi attesi sono circa Con lo spettro di HiRes, il numero di eventi attesi in un anno è (unicamente trigger) e (con hybrid flag). Uno schema riassuntivo degli eventi attesi nei due casi è dato in tabella 3.4. trigfd hybrid flag Kascade Hires Tabella 3.4: Eventi attesi in un anno (considerando il 10% FD duty cycle) per i due spettri considerati. In questo capitolo, a partire dalla stima dell apertura del rivelatore ibrido, si è calcolata la frazione di eventi potenzialmente ricostruibili sulla base di parametri di qualità associati alla risposta del rivelatore FD e del rivelatore

97 3.7 Stima degli eventi attesi da Auger 89 Figura 3.10: Estrapolazioni analitiche ottenute mediante fit ai dati degli esperimenti Kascade e HiRes. Sono inoltre indicati i range di operatività dei rispettivi esperimenti. SD. Tale calcolo è stato utilizzato per stimare il numero di eventi attesi in due casi distinti, ovvero 1) assumendo che il flusso di raggi cosmici sia in accordo con l estrapolazione analitica del flusso misurato dall esperimento Kascade 2) assumendo che il flusso di raggi cosmici sia quello misurato dal rivelatore di fluorescenza HiRes. Nel capitolo successivo, sarà discussa la performance ibrida e saranno applicati ulteriori criteri di selezione degli eventi al fine di ottenere una ricostruzione accurata.

98 90 Apertura ed efficienza di rivelazione di eventi ibridi

99 Capitolo 4 Performance della ricostruzione con il rivelatore ibrido Nel capitolo precedente è stata stimata la frazione di eventi potenzialmente ricostruibili con il rivelatore operante in modalità ibrida. Oggetto di questo capitolo è la determinazione dei criteri di selezione per una ricostruzione accurata. La ricostruzione ibrida segue lo schema della ricostruzione FD e, nella determinazione della geometria dello sciame, sfrutta le informazioni spaziotemporali del rivelatore di superficie, per vincolare la posizione del core dello sciame. La logica della ricostruzione con il rivelatore di luce di fluorescenza, è stata descritta brevemente nel cap 1. Una trattazione più dettagliata è però necessaria per l analisi ibrida successiva. 4.1 Ricostruzione geometrica degli eventi con FD La prima fase della ricostruzione FD consiste nella determinazione della geometria dello sciame. Essa è fatta usando la topologia dei pixel con trigger SLT e l intensità e il tempo di arrivo del segnale su ciascuno di essi. In atmosfera, le molecole di azoto, eccitate dalle particelle dello sciame, possono diseccitarsi emettendo isotropicamente radiazione di fluorescenza. I pixel del rivelatore FD osservano tale radiazione, ognuno entro un angolo di vista di 1.5. I pixel per i quali viene prodotto un trigger di secondo livello,

100 92 Performance della ricostruzione con il rivelatore ibrido sono usati per determinare il piano SDP (figura 4.2) che contiene l asse dello sciame e il centro del rivelatore. Il vettore normale n a tale piano è ottenuto con la seguente minimizzazione: χ 2 = i w i ( r i n ) (4.1) dove r i è il vettore posizione dell i-esimo pixel, pesato per un termine w i proporzionale al segnale dello stesso pixel. La procedura per la determinazione del piano SDP è ripetuta iterativamente allo scopo di eliminare i pixel di rumore. Ciò è fatto richiedendo che l angolo tra la direzione dei pixel e il piano SDP sia minore di 2, altrimenti il pixel viene rigettato. In figura 4.1 è mostrato il fit del piano SDP per un evento simulato a ev. Figura 4.1: Fit del piano SDP per uno degli eventi simulati in questo lavoro, all energia di ev. Il core dello sciame è generato in bay3 di Los Leones e lo sciame produce un SLT nel telescopio 3 (angolo φ del campo di vista, nel sistema di coordinate del sistema centrale, fra 30 e 60. In blu sono rappresentati i pixels con SLT, in giallo i pixels scartati con il metodo iterativo descritto nel testo. I cerchi attorno ai pixel con SLT hanno raggio proporzionale al segnale misurato.

101 4.2 Ricostruzione della geometria con il metodo ibrido 93 L asse dello sciame è contenuto all interno dello shower detector plane, per come quest ultimo è stato definito. La direzione dell asse è ricostruita sfruttando le informazioni temporali dei pixel. Sulla base di considerazioni puramente geometriche (vedi figura 4.2), la direzione χ i del pixel i-esimo proiettata sull SDP è legata ai tempi attesi di arrivo del segnale dalla relazione: t exp i = T 0 + R ( ) p π c tan χ0 χ i (4.2) 2 dove χ 0 è l angolo tra l asse e il vettore che punta dal rivelatore al core dello sciame, R p è la distanza minima dell asse dall occhio e T 0 il tempo in cui lo sciame raggiunge questa posizione. I tre parametri R p, T 0 e χ 0 sono determinati con un fit, minimizzando la funzione: χ 2 = i w i (t i t exp i ) 2 (4.3) dove t i è il tempo di arrivo misurato per l i-esimo pixel e w i un peso proporzionale al segnale del pixel. Un esempio di fit temporale è mostrato in figura Ricostruzione della geometria con il metodo ibrido La ricostruzione accurata dell asse dello sciame è fondamentale per una corretta stima dell energia del primario. Poichè la determinazione dell asse si basa su un fit temporale, una ricostruzione più accurata della geometria dell evento può essere ottenuta combinando le informazioni temporali dei pixel FD con i tempi di arrivo del segnale delle stazioni SD. Noto il tempo T 0 in cui lo sciame si trova alla minima distanza dall occhio, si può stimare il tempo t k di arrivo del segnale sulla tank k dell array di superficie: T gnd,k = T 0 + r gnd,k Ŝ c (4.4) dove r gnd,k è il vettore che congiunge il centro dell occhio alla tank e Ŝ il versore che individua l asse dello sciame (vedi figura 4.2).

102 94 Performance della ricostruzione con il rivelatore ibrido Figura 4.2: Ricostruzione geometrica dell asse dello sciame entro l SDP Poichè la ricostruzione ibrida si basa su una stima dei tempi di arrivo dello sciame al suolo e sui ritardi temporali tra i segnali di trigger di FD e di SD, è fondamentale avere un ottima sincronizzazione SD/FD, monitorata periodicamente dai segnali laser del CLF (vedi paragrafo 2.5.2). La sincronizzazione tra SD ed FD può essere determinata inoltre sfruttando la ricostruzione degli eventi golden hybrid, definiti nel paragrafo Per questi eventi è possibile fare una ricostruzione SD o FD di buona qualità. La differenza tra le posizioni del core, determinate usando procedure di ricostruzione indipendenti, è sensibile ad eventuali offset di sincronizzazione SD e FD [69]. 4.3 Ricostruzione del profilo longitudinale La catena di ricostruzione del profilo longitudinale si può riassumere come segue: 1) dal numero di conteggi ADC in funzione del tempo e note le costanti di calibrazione (che permettono di convertire i conteggi ADC in fotoni) si determina il flusso di fotoni osservati al diaframma; 2) considerando la lunghezza di attenuazione della luce in atmosfera e le

103 4.3 Ricostruzione del profilo longitudinale 95 Figura 4.3: Fit temporale del segnale in funzione dell angolo χ i che definisce la posizione del pixel i. I punti sperimentali, dovuti ai tempi di arrivo del segnale al rivelatore SD (triangoli in rosso) consentono migliorare il fit. I punti in nero sono relativi al segnale FD mono condizioni atmosferiche e nota la geometria dello sciame, è possibile risalire al numero di fotoni di fluorescenza in prossimità dello sciame; 3) noto il tasso di conversione luce di fluorescenza-particelle cariche, si ricostruisce infine il profilo longitudinale dello sciame (numero di particelle cariche in funzione della profondità atmosferica). Infatti il numero di particelle è di solito rappresentato in funzione dello spessore di atmosfera attraversato dallo sciame che è calcolato usando la geometria ricostruita e un modello per la descrizione dell atmosfera. La slant depth è definita come X(l) = l ρ(h)dl (4.5) con l distanza percorsa lungo la traccia e ρ(h) densità dell aria in funzione dell altitudine h. In generale l altitudine è legata allo spessore attraversato,

104 96 Performance della ricostruzione con il rivelatore ibrido dalla relazione 4.6 dove h g è l altitudine del sito rispetto al livello del mare e θ l angolo di zenith dello sciame. h(l) = h g + l cos θ (4.6) Per un bin temporale t i fissato, la slant depth può essere calcolata come X i (l) = l i ρ(h g + l cos θ)dl (4.7) se è nota la geometria dell evento e la funzione di modellizzazione dell atmosfera. In figura 4.4 e 4.5 è mostrato rispettivamente il flusso di fotoni al diaframma e il profilo longitudinale per un evento reale di energia stimata pari a ev. Figura 4.4: Numero di fotoni al diaframma in funzione della slant depth, per un evento con energia pari a ev. Le curve rappresentano i contributi dei vari tipi di radiazione a tale flusso. In particolare la curva verde rappresenta la luce di fluorescenza mentre le curve fucsia e blu rappresentano rispettivamente la frazione di luce Cherenkov diretta e diffusa.

105 4.4 Ricostruzione dell energia 97 Figura 4.5: Profilo longitudinale dell evento mostrato in figura 4.4. In particolare è mostrato il numero di particelle elettromagnetiche dello sciame per vari spessori di atmosfera attraversati. Il massimo numero di particelle si ha in corrispondenza della posizione X max 4.4 Ricostruzione dell energia Il profilo longitudinale può essere sfruttato per ricavare l energia del primario. L energia elettromagnetica infatti può essere calcolata direttamente, noto il profilo dello sciame, usando la relazione: E em = X 1 dn e de (E, X) (E)dEdX (4.8) de dx dove dne de è lo spettro in funzione della slant depth (X) e è la rate de dx di perdita di energia per ionizzazione. L atmosfera, dunque, gioca il ruolo di un grande calorimetro in cui lo sciame rilascia progressivamente la sua energia. Tecnicamente, l energia elettromagnetica si ricava integrando una funzione analitica di tipo Gaisser-Hillas [50] (vedi capitolo 1), ottenuta come fit al profilo longitudinale. Dal fit si ricava inoltre il numero massimo di particelle e la profondità atmosferica corrispondente (X max ). Tuttavia, parte dell energia del primario è associata a particelle non rivelabili (ad esempio

106 98 Performance della ricostruzione con il rivelatore ibrido i neutrini e i muoni) e per risalire all energia totale del primario occorre correggere per questa frazione di energia invisibile. L equazione 4.9 fornisce una parametrizzazione che correla l energia associata alla componente elettromagnetica dello sciame con l energia totale del primario (in EeV). E em E = E em (4.9) Quest equazione è ottenuta ovviamente da simulazioni Monte Carlo, mediando sui risultati per protoni e ferro. È perciò dipendente dal modello usato per simulare lo sviluppo dello sciame ed è corretta se applicata a sciami innescati da adroni, ma non funziona correttamente per sciami puramente elettromagnetici, ma introduce una sistematicità di circa il 5%. 4.5 La catena di ricostruzione ibrida nell Offline La ricostruzione ibrida nel framework dell Offline è fatta utilizzando la module sequence in appendice B. L EventFileReader legge in input il file ioauger.root prodotto in simulazione e contenente le informazioni relative all evento. Come descritto precedentemente gli eventi ibridi sono ricostruiti a partire da quelli FD vincolando poi la geometria con la posizione delle stazioni SD. La catena di ricostruzione ibrida quindi è nella prima parte uguale a quella usata a livello FD, in cui sono inizialmente individuati i pixels con segnale da usare in seguito per la ricostruzione dello shower detector plane. L asse dello sciame è ricostruito nel modulo HybridGeometryFinder. In particolare la procedura all interno del modulo è di tipo iterativo. Inizialmente l asse è determinato sfruttando solo le informazioni FD, cioè i tempi di arrivo del segnale dei pixel. A partire da questa prima stima dell asse si cercano le stazioni, tra quelle con segnale più alto, che siano distanti meno di 2 km dall asse e il cui segnale sia temporalmente compatibile con quello dal rivelatore FD. Nota la direzione dell asse e il segnale sui pixel viene ricostruito il profilo longitudinale sottraendo, durante tale procedura, il contributo Cherenkov in modo iterativo e correggendo ad ogni step la geometria dello sciame per la contaminazione Cherenkov del segnale.

107 4.6 Selezione degli eventi e risoluzioni ibride 99 Al fine di avere una struttura che consenta di fare uno studio della distribuzione delle variabili ricostruite rispetto ai corrispondenti valori simulati, è stato implementato un nuovo modulo nella catena di ricostruzione in cui viene effettuata l estrazione di alcune variabili ricostruite di particolare interesse. In tale modulo, viene aperto il file contenente il tree di ROOT con i dati simulati e ad esso vengono aggiunti ulteriori branches, uno per ognuna delle nuove variabili. La catena di ricostruzione offline è fatta in modo che il ciclo dei moduli di ricostruzione non sia completato per alcuni eventi (ad esempio quelli per i quali non è possibile ricostruire l SDP, perchè il numero di pixels con SLT, è inferiore a 6). Tuttavia, per non incorrere in problemi di allineamento nella fase di confronto con la simulazione, è stata modificata la Module Sequence facendo in modo che il sistema sia forzato a scrivere le variabili ricostruite per ogni evento. Il riempimento del tree è fatto in modo da conservare la struttura del tree originario, in cui l entry elementare è l occhio. In figura 4.6 sono elencate tutte le variabili presenti nel tree. 4.6 Selezione degli eventi e risoluzioni ibride Il modulo implementato in questo lavoro di tesi consente di studiare le risoluzioni che si possono ottenere con il metodo di ricostruzione ibrida calcolando la distribuzione dei residui tra le variabili ricostruite e le relative variabili MC. La qualità della ricostruzione dipende dalle caratteristiche dell evento. Risulta necessario perciò definire dei criteri che consentano di selezionare un sottoinsieme di eventi, per i quali sia possibile avere una ricostruzione di qualità. La frazione di tali eventi, rispetto al numero di eventi con trigger, fornisce una stima dell efficienza di ricostruzione. Il campione di sciami simulati oggetto di questa analisi, è stato descritto nel capitolo 3. La risposta del rivelatore nell ambito del framework del software Offline (HSimulation) e i file ioauger.root prodotti dalla simulazione sono stati processati usando la catena di ricostruzione ampiamente discussa Risoluzione ibrida ed FD monoculare a confronto La distribuzione dei residui della posizione del core ricostruito rispetto al valore vero per sciami ad energie fisse, è mostrata in figura 4.7 per E = 10 17

108 100 Performance della ricostruzione con il rivelatore ibrido Figura 4.6: Elenco delle variabili scritte in un modulo implementato per poter estrarre le informazioni della verità MC. ev (raggio massimo di generazione Rgen max = 10km), E = ev (Rgen max = 15km), E = ev (Rgen max = 32km), E = ev (Rgen max = 50km). In figura 4.8 è mostrato il campione cumulativo a tutte le energie. I criteri di selezione risultanti da uno studio di ottimizzazione fatto sulle simulazioni sono: flag per il trigger FD = ON hybrid flag = ON (vedi paragrafo 3.5) presenza di almeno 1 good station, cioè di una stazione compatibile temporalmente con il segnale FD e posta ad una distanza inferiore a 2 km dall SDP.

109 4.6 Selezione degli eventi e risoluzioni ibride 101 Figura 4.7: Risoluzione del core ricostruito per E = ev (Rgen max = 10km), E = ev (Rgen max = 15km), E = ev (Rgen max = 32km), E = ev (Rgen max = 50km). In rosso le curve ottenute con un fit gaussiano i cui parametri, media e σ sono dati nella legenda. Utilizzando la ricostruzione ibrida, la posizione del core può essere determinata con una precisione tra 30 e 60 m per eventi nell intervallo di energia scelto (vedi figure 4.7 e 4.8). Questi risultati possono essere confrontati con quelli che si ottengono applicando, allo stesso campione di sciami simulati, una ricostruzione FD monoculare. A tale scopo è stato effettuato un test di ricostruzione FD usando in input il file ioauger.root prodotto dalla simulazione ibrida. Per far ciò è stato necessario implementare un ulteriore modulo per l estrazione delle variabili prodotte dalla ricostruzione FD. La sua struttura è analoga a quella del modulo scritto per la ricostruzione ibrida ma in questo caso mancano le informazioni relative al rivelatore di superficie. Il tree di ROOT conterrà di conseguenza un numero inferiore di branches. In figura 4.8 è mostrato

110 102 Performance della ricostruzione con il rivelatore ibrido Figura 4.8: Risoluzione del core ricostruito (tutte le energie) In rosso la curva ottenuta con un fit gaussiano i cui parametri, media e σ sono dati nella legenda. il confronto tra la ricostruzione ibrida (ottenuta applicando i criteri di selezione discussi precedentemente) e quella FD (ottenuta richiedendo solo la condizione di trigger poichè i criteri di selezione ibridi non sono applicabili in questo caso). Anche senza applicare tagli sulla qualità del fit temporale, la ricostruzione ibrida consente di determinare la posizione del core entro 70 m dalla posizione vera. Con la ricostruzione FD monoculare la risoluzione peggiora sensibilmente e raggiunge in media valori dell ordine di 250m. In figura 4.10, infine, è mostrata la distribuzione dell angolo tra le direzioni dei vettori che individuano la direzione dell asse ricostruito e quella dell asse reale. La risoluzione angolare attesa per questo campione di dati simulati è dell ordine di 1 ed è buona se rapportata alla performance tipica di apparati di superficie. Si tratta di un parametro fondamentale per studi di natura astrofisica (ricerca di sorgenti, studio di eventuali anisotropie), tra gli obiettivi primari del rivelatore Auger.

111 4.6 Selezione degli eventi e risoluzioni ibride 103 Figura 4.9: Distribuzione dei residui della posizione del core ricostruita rispetto a quella simulata. L uso della ricostruzione ibrida (in rosso) consente di migliorare sensibilmente la risoluzione sulla core position rispetto a quanto si ottiene dalla ricostruzione FD monoculare Risoluzioni in energia Lo studio della performance della ricostruzione dell energia del primario è stato indirizzato alla definizione di criteri minimi per una selezione di qualità degli eventi. In particolare, in aggiunta ai criteri di selezione geometrica introdotti nel paragrafo precedente, si richiede la condizione che l evento abbia un valore ricostruito di X max compreso tra il minimo ed il massimo valore misurato. Questa condizione seleziona in pratica gli eventi per i quali sia visibile la porzione di profilo longitudinale entro cui lo sciame raggiunge il massimo sviluppo. Se così non fosse, il fit al profilo sarebbe intrinsecamente instabile e lo sarebbe corrispondentemente anche il valore dell energia ricostruita. In figura 4.11 è mostrato l effetto, sulla distribuzione in energia, dei suddetti tagli applicati in sequenza al campione di eventi a ev. Applicando questi criteri ad un campione di eventi con posizione del core

112 104 Performance della ricostruzione con il rivelatore ibrido Figura 4.10: Distribuzione dell angolo tra le direzioni dei vettori che individuano la direzione dell asse ricostruito e quella dell asse reale, calcolato usando le informazioni MC memorizzate nel tree di root durante la fase di simulazione. entro un raggio di 10 km dal telescopio, si ottengono le distribuzioni mostrate in figura 4.12 e riferite a sciami con energia di ev (in basso) e ev (in alto). (Valori simili si ottengono per il campione con energia E = ev). A ev, il campione che soddisfa i criteri di selezione si riduce a soli 5 eventi. Si tratta infatti di un valore dell energia prossimo al limite inferiore di sensibilità del rivelatore, ma al tempo stesso di un valore interessante perchè favorito dall andamento tipo legge di potenza dello spettro dei raggi cosmici. Infatti, anche un leggero aumento dell efficienza di ricostruzione può tradursi in un significativo incremento del numero di eventi selezionati, in una regione in cui il raffronto con i risultati di esperimenti tipo Kascade o Hires può fornire una calibrazione incrociata e una conferma di affidabilità per il rivelatore ibrido. Allo scopo di avere una misura dell efficienza di ricostruzione a ev statisticamente più significativa, si è effettuato un run speciale utilizzando piu volte gli stessi sciami Corsika, e cambiando ogni volta la posizione del core sulla superficie dell array. Il grado di correlazione

113 4.7 Stima degli eventi attesi dopo la ricostruzione 105 Figura 4.11: Risoluzione dell energia (E rec-e sim)/e sim per un campione di sciami con E = ev. È messo in evidenza l effetto dell applicazione successiva dei criteri di selezione: in rosso la distribuzione ottenuta richiedendo solo la presenza di un trigger FD, in verde quella ottenuta per eventi con un trigger FD e trigger ibrido, in blu il risultato dell aggiunta della condizione su X max, in fucsia l ulteriore condizione sul numero di good station. che si introduce utilizzando tale procedura è trascurabile se il numero di volte in cui si utilizza lo stesso sciame è limitato (10 nel nostro caso). 4.7 Stima degli eventi attesi dopo la ricostruzione Un prospetto riassuntivo con la statistica di eventi sopravvissuti ai vari livelli di ricostruzione è data in tabella 4.1. Il valore dell efficienza di ricostruzione è riportato per il caso in cui la ricostruzione geometrica sia andata a buon fine (colonna Geom eff:(geom Rec)/trigFD) e nel caso in cui anche la ricostruzione dell energia abbia avuto successo (colonna Ene eff:(ene Rec)/trigFD). In figura 4.13 è riproposto il grafico mostrato in figura 3.8, a cui sono

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