1.1 La natura dei prioni
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- Michele Poli
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1 Il termine prione è stato introdotto per la prima volta da Prusiner nel 1982, per designare una categoria di agenti patogeni responsabili di encefalopatie nell uomo e negli animali. Le malattie indotte da prioni sono disordini degenerativi del sistema nervoso centrale che si instaurano dopo un periodo di incubazione generalmente molto lungo e sono caratterizzate quasi sempre da deposizione di proteine denaturate nei tessuti. Almeno in 25 malattie note si possono osservare aggregati di materiale proteico nei tessuti, ma soltanto nelle encefalopatie spongiformi trasmissibili (TSEs), cioè nelle malattie prioniche, si verifica la produzione di materiale infettivo [Jackson e Clarke, 2000]. 1.1 La natura dei prioni Numerose ipotesi sono state formulate circa la possibile identità di questo agente patogeno: da virus a lunghissima incubazione, a proteina associata con un acido nucleico di dimensioni ridotte, a proteina priva di acidi nucleici. Poiché il trattamento del materiale infettivo con enzimi nucleolitici o con altri agenti (radiazioni) che modificano gli acidi nucleici non ne alteravano la capacità infettiva, che invece veniva ridotta o annullata da agenti che modificano l integrità delle proteine, Prusiner [1982] si convinse che l agente patogeno delle malattie prioniche fosse una proteina. L idea che soltanto del materiale proteico, privo di acidi nucleici, potesse rappresentare un agente infettivo era incomprensibile e contestata dalla comunità scientifica internazionale. L estrazione di materiale proteico da tessuto cerebrale di animali infetti e i successivi esperimenti condotti con animali transgenici hanno permesso di dimostrarne l infettività. Questa proteina è denominata proteina prionica cellulare (PrP C ), è codificata da un gene nucleare [Oesch et al., 1985], che viene normalmente espresso non solo nelle cellule nervose, ma in numerosi altri tessuti, e si localizza alla superficie esterna della membrana plasmatica. La sua funzione fisiologica è ancora sconosciuta. Studi condotti su topi knock-out per la PrP C e diretti ad individuarne la funzione grazie all osservazione dei fenotipi risultanti, non hanno portato a conclusioni di rilievo [Estibeiro, 1996]. 5
2 Una grande quantità di dati sperimentali è a favore della ipotesi della sola proteina ( protein only hypothesis ), vale a dire del concetto secondo cui i prioni sono essenzialmente rappresentati da una isoforma patologica (PrP Sc, da scrapie) della proteina normale (PrP C ). 1.2 Isoforme normale e patologica della proteina prionica PrP C rappresenta l isoforma normale della proteina, ed è caratterizzata da una conformazione a prevalente contenuto di α-eliche. Si ritiene che, in particolari condizioni, PrP C si trasformi nella isoforma patologica, denominata PrP Sc, in seguito ad un cambiamento conformazionale, che consiste in una diminuzione del contenuto in α-eliche e un parallelo aumento del contenuto in β-struttura [Pan et al., 1993]. Questo cambiamento conformazionale è accompagnato da un aumento della resistenza alle proteasi, con conseguente tendenza della isoforma patologica ad accumularsi e a formare aggregati simili a fibre amiloidi insolubili. L isoforma normale può essere indotta ad assumere la conformazione patologica dalla stessa presenza dell isoforma patologica (PrP Sc ), che può trovarsi nell organismo in seguito ad assunzione dall esterno o in seguito a cambiamenti conformazionali delle proteine prioniche endogene. Anzi, l isoforma normale è necessaria per la moltiplicazione dei prioni patologici e quindi per determinare l insorgenza e la propagazione della malattia. Infatti, topi knock-out per il gene della proteina prionica sono resistenti all infezione con i prioni e non replicano l agente infettivo [Büeler et al., 1993]. Il cambiamento di conformazione della proteina prionica è un processo posttraduzionale che può avvenire sia all interno della cellula, sia dopo che la PrP C ha raggiunto la sua corretta posizione extracellulare. La conversione spontanea dell isoforma normale nell isoforma patologica è un evento raro. Per spiegare la formazione degli aggregati amiloidi sono stati proposti fondamentalmente due modelli. Il modello della riconformazione guidata prevede che una molecola di PrP C parzialmente svolta subisca una modificazione della struttura terziaria sotto l influenza di una molecola di PrP Sc : questo processo ha un energia di attivazione molto alta e richiederebbe perciò uno chaperone e una fonte di energia. Il modello della nucleazione assume che la PrP C sia in equilibrio termodinamico con la PrP Sc o con un suo precursore. La PrP Sc è stabile solo quando è 6
3 presente in aggregati simil-cristallini. Una volta che è presente un nucleo di cristallizzazione, la formazione di nuove molecole PrP Sc è favorita ed è molto rapida (fig. 1) [Weissmann, 1999]. Figura 1: Rappresentazione schematica dei due modelli proposti per spiegare la formazione degli aggregati di proteina prionica. 7
4 1.3 Le malattie prioniche L importanza di tutti gli studi volti a conoscere la funzione fisiologica e le caratteristiche fondamentali della proteina prionica risiede nel fatto che essa causa malattie letali sia nell uomo che negli animali. Inoltre negli ultimi anni è sorto il sospetto che le malattie prioniche possano essere trasmesse anche da una specie all altra. Nell'uomo, il kuru, la malattia di Creutzfeldt-Jacob (CJD), la sindrome di Gerstmann- Straüssler-Scheinker (GSS), l insonnia familiare fatale (FFI), sono tutte malattie neurodegenerative imputabili all'azione dei prioni. A parte il kuru, trasmesso in seguito a pratiche rituali di cannibalismo, che oggi è scomparso, le altre malattie, la CJD, la GSS e la FFI, sono annoverabili anche fra i disordini genetici. Le forme infettive di queste malattie prioniche sono dovute alla trasmissione orizzontale dei prioni, come avviene nelle forme iatrogene di CJD, provocate ad esempio da trapianti di cornea o strumenti chirurgici infetti, e in tutte le TSEs causate da assunzione di alimenti infetti. In tutti questi casi, anche i trattamenti fisici e chimici più drastici non alterano quasi per niente l infettività del tessuto o dell alimento. Le forme sporadiche non hanno ancora una spiegazione certa. Esistono due ipotesi, entrambe plausibili: la prima è che siano dovute comunque ad una trasmissione orizzontale nell ambito della stessa specie o fra specie diverse, la seconda è che siano favorite da mutazioni somatiche del gene per la PrP [Prusiner, 1994]. Le forme ereditarie dipendono da mutazioni nella regione codificante del gene per la PrP che portano molto probabilmente alla produzione di una proteina che va incontro più facilmente a cambi conformazionali. Negli animali esistono malattie neurodegenerative analoghe a quelle umane. Lo scrapie, che colpisce pecore e capre, è stata la prima malattia prionica studiata. La più famosa, forse, è l'encefalopatia spongiforme bovina (BSE), più nota come morbo della mucca pazza. Negli animali, queste malattie assumono forme diverse, presentando sintomi differenti a seconda della specie, anche se le lesioni presenti a livello di tessuto nervoso sono molto simili a quelle che si riscontrano negli esseri umani. Lo studio di queste patologie negli animali riveste un crescente interesse, in quanto sembra che, almeno in qualche caso particolare, i prioni di alcune specie animali possano essere trasmissibili all uomo. 8
5 Tabella 1: Malattie prioniche nell uomo e negli animali Malattia Ospite Meccanismo patogenetico kuru uomo Infezione dovuta a cannibalismo rituale icjd (CJD iatrogena) uomo Infezione contratta da tessuti, ormoni o strumenti chirurgici contaminati vcjd (variante della CJD) uomo Infezione trasmessa dai bovini? fcjd (CJD familiare) uomo Mutazione nella linea germinale del gene per la PrP GSS uomo Mutazione nella linea germinale del gene per la PrP FFI uomo Mutazione nella linea germinale del gene per la PrP scjd (CJD sporadica) uomo Mutazione somatica o conversione spontanea FSI uomo Mutazione somatica o conversione spontanea Scrapie pecore Suscettibilità genetica BSE bovini Infezione dovuta a mangimi contaminati TME visone Infezione dovuta a mangimi contaminati CWD alci e cervi Sconosciuto FSE gatti Infezione dovuta a mangimi contaminati Encefalopatia ungulati esotici degli niala e orice Infezione dovuta a mangimi contaminati CJD: Creutzfeldt-Jacob disease, i = iatrogena, v = variante, f = familiare, s = sporadica GSS: Gerstmann-Sträussler-Sheinker disease FFI: insonnia familiare fatale FSI: insonnia fatale sporadica BSE: encefalopatia spongiforme bovina TME: encefalopatia trasmissibile del visone CWD: deperimento cronico FSE: encefalopatia spongiforme felina I segni tipici di queste malattie a livello cerebrale sono degenerazione dei neuroni, vacuolizzazione del tessuto cerebrale, gliosi degli astrociti e accumulo progressivo di materiale proteico sotto forma di placche amiloidi, molto probabilmente formate dagli aggregati di proteina prionica. Si assiste ad un peggioramento progressivo delle condizioni del tessuto cerebrale, fino ad arrivare alla morte dell individuo colpito. Tutte queste generalmente non si trasmettono da una specie all altra; questa caratteristica è conosciuta come barriera di specie. 9
6 Un tessuto di un organismo risulta essere suscettibile all infezione da parte dei prioni solamente se esprime la proteina prionica normale omologa a quella infettante. Studi condotti su topi knock-out privi del gene per la proteina prionica hanno messo in evidenza che questi animali risultano immuni dall infezione se inoculati con il prione murino [Büeler et al., 1993; Sailer et al., 1994]. L'inserimento in questi topi di un transgene che codifica per la proteina prionica murina ristabilisce la sensibilità all'infezione. Inoltre l ottenimento di topi transgenici che esprimo la proteina prionica di criceto e che sono knock-out per il gene di topo ha mostrato che questi animali sviluppano la malattia quando vengono inoculati con il prione di criceto che, invece, non è in grado di infettare i topi wild-type [Raeber et al., 1997]. In realtà la barriera di specie non è sempre così stringente. Infatti, spesso si osserva che l infezione di una specie con la proteina prionica di un'altra specie porta ad un prolungamento del periodo di incubazione e ad una modificazione del pattern di deposizione nel cervello [Pattison, 1965]. Sembra essere molto importante in questo processo il grado di identità che esiste fra la proteina prionica della specie ricevente e quella della specie originaria [Scott et al., 1993]. Sono stati effettuati numerosi studi per identificare la regione della proteina prionica coinvolta nella determinazione della barriera di specie e sembra che alcune zone siano maggiormente importanti per questo fenomeno. Ad esempio, nel topo, gli amminoacidi 184, 186, 203 e 205 formerebbero un epitopo fortemente coinvolto nel mantenimento della barriera di specie [Scott et al., 1997]. 10
7 1.4 Struttura del gene Gli studi condotti da numerosi gruppi di ricerca hanno portato alla caratterizzazione delle sequenze codificanti la proteina prionica in numerose specie di mammiferi e in alcune specie di uccelli. Sembra che, in tutte le specie, la proteina prionica è codificata da un gene unico, che mappa sul braccio corto del cromosoma 20 nell uomo e sulla regione omologa del cromosoma 2 nel topo. Questa corrispondenza fa supporre che il gene per la proteina prionica fosse già presente al momento della speciazione dei mammiferi [Sparkes et al., 1986]. La struttura del gene è molto simile in tutti i casi noti. Il gene è in genere composto da due esoni separati da un introne piuttosto esteso. Il primo esone contiene la maggior parte della regione 5 non tradotta, mentre il secondo esone contiene la parte finale della regione 5 non tradotta, l intera regione codificante e l intera regione 3 non tradotta. Ci sono eccezioni a questa struttura, come nel caso del topo e del bovino: infatti il gene di questi animali ha tre esoni e due introni, il primo e il secondo esone sono molto brevi e contengono solo parti della regione 5 non tradotta (fig. 2) [Horiuchi et al., 1997; Lee et al., 1998]. Un dato importante è che, nei geni finora noti, l intera regione codificante si trova sempre nell ultimo esone. Questa caratteristica impedisce di ipotizzare che la PrP Sc sia frutto di uno splicing alternativo dell'rna [Prusiner, 1994]. 11
8 Figura 2: Rappresentazione schematica della struttura dei geni per le proteine prioniche di uomo, pecora e topo. Gli esoni sono indicati dai rettangoli colorati; la zona di colore più scuro corrisponde alla regione codificante. Sono stati studiati in modo dettagliato solo i geni delle proteine prioniche di topo, uomo e pecora. Questi studi hanno chiarito la struttura del promotore, che contiene copie multiple di una regione ricca in G-C repeats ed é privo di TATA box. Si suppone che i nonameri di G-C siano il motivo strutturale che funziona da sito di legame per i fattori di trascrizione. Lo studio comparato dei tre promotori, integrato con le informazioni relative al promotore del gene di ratto [Saeki et al., 1996], suggerisce che gli elementi regolatori del gene risiedano quasi sempre nelle 1.5 Kb presenti nella regione immediatamente a monte dell inizio del primo esone. Uno studio accurato delle regioni non tradotte del gene ha portato all identificazione di numerose sequenze ripetute in tutte e tre le specie [Lee et al., 1998]. L mrna del gene per la proteina prionica, oltre ad essere presente nell embriogenesi, risulta costitutivamente espresso nel cervello e in altri tessuti (muscoli, tessuto linfoide) degli individui adulti [Prusiner, 1994; Blattler et al., 1997; Brown et al., 1998]. 12
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