La previdenza complementare nel pubblico impiego

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2 La previdenza complementare nel pubblico impiego Nel nostro Paese si discute di previdenza complementare già dagli anni 80 quando la Commissione Cristofori consegnò alla aule parlamentari un testo di riforma della previdenza che prevedeva, tra le modifiche strutturali, forti agevolazioni per i fondi pensione al fine di riequilibrare il rapporto tra sistema previdenziale obbligatorio e previdenza integrativa privata. Successivamente, qualche anno dopo, il tema della previdenza complementare si è nuovamente imposto all attenzione con la Proposta Donat Cattin, che prevedeva, appunto, l istituzione di una forma di previdenza integrativa obbligatoria finanziata da una quota di trattamento di fine rapporto. Solo negli anni 90, con la riforma Amato, tuttavia, la previdenza complementare trova una prima definizione normativa e, con il Decreto legislativo n. 124 del 1993, viene dato un inquadramento giuridico ai fondi pensione. Tale intervento appariva una conseguenza naturale del nuovo sistema pensionistico determinato dalla riforma Amato, nel quale il rapporto pensione-retribuzione era, in prospettiva, destinato a diminuire. Il Dlgs 124/93 considerava i pubblici dipendenti tra i destinatari dei fondi pensione; la normativa, tuttavia, regolando le modalità di attuazione dei fondi pensione, non affrontava il nodo del trattamento di fine rapporto, elemento fondamentale per il finanziamento di tutta la previdenza complementare ma assente nel settore pubblico. 1

3 Nel pubblico impiego, infatti, esisteva ed esiste, il trattamento di fine servizio che si diversifica negli istituti dell indennità di premio servizio, per i dipendenti degli enti locali, dell indennità di buonuscita, per i dipendenti statali e dell indennità di anzianità per i dipendenti degli Enti pubblici non economici. Si tratta di istituti profondamente diversi dal trattamento di fine rapporto per natura, per funzioni e per calcolo della prestazione. Nonostante, quindi, l esplicita previsione tra i destinatari dei fondi dei pubblici dipendenti, l assenza dell istituto del trattamento di fine rapporto rendeva materialmente impossibile l avvio della previdenza complementare. Nel 1995 la riforma Dini introduce anche nel pubblico impiego il trattamento di fine rapporto rendendo, di diritto, fattibile l applicabilità della disciplina della previdenza complementare. Di diritto, tuttavia, ma non, di fatto, in quanto la legge 335 del 1995, rimandava alla contrattazione collettiva il compito di stabilire le modalità per transitare dal trattamento di fine servizio al trattamento di fine rapporto. Il problema che la legge 335 del 1995 non affrontava e rimandava all intervento delle parti, era proprio quello dei costi per il datore di lavoro pubblico. Nello specifico quello del finanziamento del trattamento di fine rapporto destinato ai fondi pensione e quello della perdita della contribuzione del 2,5% a carico del lavoratore, operante nei trattamenti di fine servizio esistenti (buonuscita e indennità di premio servizio mentre per l indennità di anzianità non esiste obbligo contributivo a carico del lavoratore), ma assente nel trattamento di fine rapporto. 2

4 Il sistema previdenziale introdotto dalla riforma del Un ragionamento completo sulla previdenza complementare, seppure con particolare riguardo al pubblico impiego, rischia di rimanere, però, riduttivo se non lo si inserisce nel più ampio panorama disegnato dalla riforma introdotta nel La riforma Dini del 1995, prefigurava un sistema previdenziale articolato su più pilastri che adottavano modelli differenti: a capitalizzazione per quello volontario a ripartizione per quello obbligatorio 1. La grande novità della riforma Dini fu quella di mantenere il sistema a ripartizione per la previdenza obbligatoria (basato, quindi, anche sulla solidarietà intergenerazionale) ma mimando il funzionamento di quello a capitalizzazione in virtù dell introduzione del sistema di calcolo contributivo. Il nuovo modello previdenziale, tuttavia, si baricentrava sull archetipo del lavoratore dipendente, il solo che ha garantita la capacità di contribuzione continuativa e per un lungo periodo. In realtà negli anni successivi al 1995 il rapporto di lavoro si è modificato ed il rapporto a tempo indeterminato ha spesso lasciato il passo ad altre tipologie di lavoro. La flessibilità che caratterizza il nuovo lavoro (peraltro giustificata e necessaria nei sistemi produttivi avanzati) di fatto, opera in modo stridente con la legge Dini del Nel corso degli ultimi anni, peraltro, solo una minima parte degli interventi riformatori ha investito la questione (ad esempio interventi sui riscatti laurea, o sui parasubordinati) gli altri interventi hanno 1 Vedi allegato 1 I due pianeti a confronto 3

5 soprattutto posto l attenzione su di una variabile come quella dell età pensionabile che, in realtà, se è importante nel sistema retributivo lo è molto meno in quello contributivo. Tale situazione si ripropone anche nella previdenza complementare che fa del trattamento di fine rapporto un mezzo di finanziamento essenziale per la costruzione di una pensione complementare decente. Il trattamento di fine rapporto, tuttavia, è istituto tipico del lavoro dipendente e non appartiene alle altre forme contrattuali, per le quali, più delle altre, incide in senso negativo il modello di calcolo contributivo. In definitiva il sistema obbligatorio e quello complementare vanno nello stesso verso e non esiste un modello in virtù del quale le perdite dell uno sono coperte dall altro e viceversa. In altre parole chi ha un rapporto di lavoro precario con una ridotta capacità contributiva, sia nella quantità di contribuzione utilizzabile che nel tempo di possibile adesione continuativa al piano previdenziale, non troverà adeguate risposte né nel sistema obbligatorio né in quello complementare. I due sistemi, inoltre, sono ugualmente sottoposti alle tempeste finanziarie. Se questo è intuitivo per i fondi pensione lo è meno per la previdenza obbligatoria, ma il fatto, in sé, è incontrovertibile. Nel sistema contributivo il montante individuale si ottiene sommando i contributi di ciascun anno e rivalutandoli sulla base del tasso annuo di capitalizzazione derivante dalla variazione media quinquennale del PIL (prodotto interno lordo) determinata dall'istat. Appare evidente che nei casi in cui il Pil cresce poco o nulla l effetto sulle pensioni è negativo. 4

6 L accordo del luglio del 1999 Le disposizioni della legge 335/95, con riferimento alla previdenza complementare nel pubblico impiego, hanno trovato composizione con l'accordo quadro ARAN/Confederazioni sindacali e con il successivo DPCM di recepimento, in materia di trattamento di fine rapporto e di previdenza complementare per i dipendenti delle Pubbliche amministrazioni. Il DPCM del 20 dicembre 1999 e successive modificazioni, si prefigge il conseguimento di due obiettivi: estendere ai dipendenti delle PP.AA. l istituto del trattamento di fine rapporto, così come disciplinato dall art.2120 del cod.civ., ed assicurare ai dipendenti delle PP.AA. la possibilità di costituire fondi pensione. Per i dipendenti pubblici già in servizio, con contratto a tempo indeterminato, alla data del 31 dicembre 2000 non è automatico il passaggio dal trattamento di fine servizio (comunque denominato) al trattamento di fine rapporto. E prevista, invece, una specifica opzione del lavoratore a favore del trattamento di fine rapporto, tramite la sottoscrizione del modulo di adesione al Fondo Pensione. L esercizio dell opzione sarà possibile esclusivamente nel momento in cui il lavoratore entrerà in possesso della scheda informativa con allegato il modulo di adesione. Pertanto la trasformazione del trattamento di fine servizio in trattamento di fine rapporto è subordinata alla adesione ad un fondo pensione. Per coloro che non aderiscono al fondo pensione resta in vigore la disciplina esistente in materia di trattamento di fine servizio. 5

7 L accordo quadro A.Ra.N. OO.SS. del 1999 prevede, inoltre, per i lavoratori già in servizio alla data del 31/12/2000 e che aderiranno alla previdenza complementare, la destinazione, ai fondi pensione, di una quota del trattamento di fine rapporto non superiore al 2%. Per i lavoratori assunti a tempo indeterminato dal 1 gennaio 2001 l applicazione del trattamento di fine rapporto è automatica e l adesione alla previdenza complementare può avvenire in qualunque momento successivo all assunzione, prevedendo l integrale destinazione del trattamento di fine rapporto maturando ai fondi pensione. Attuazione del diritto di opzione Il passaggio al trattamento di fine rapporto per il personale già in servizio é subordinato tecnicamente alla iscrizione al fondo pensione, in mancanza rimangono ferme le precedenti indennità. Il passaggio al nuovo regime si realizza attraverso un meccanismo particolare ma di facile applicazione. Al momento dell adesione al fondo andrà effettuato il calcolo, secondo la previgente disciplina, della prestazione maturata sino a quella data. L importo così ottenuto costituisce il primo accantonamento a trattamento di fine rapporto che sarà poi rivalutato ai sensi dell art cc e sommato alle quote di accantonamento di trattamento di fine rapporto maturate dalla data di opzione. La mera applicazione della disciplina del trattamento di fine rapporto, tuttavia, avrebbe comportato, per i dipendenti già in servizio, un significativo nocumento fiscale relativamente al periodo di applicazione del trattamento di fine servizio. Per il TFS è attualmente previsto, infatti, un abbattimento dell imponibile lordo per la parte di contribuzione che 6

8 grava sul lavoratore (2,5%). Tale abbattimento non potrebbe operare per il trattamento di fine rapporto visto che non esiste contribuzione che incide sul lavoratore. Per tale ragione, quindi, è previsto che il trattamento di fine rapporto per i pubblici dipendenti si componga di due parti. Una prima parte composta dalle somme accantonate ogni anno e dalla loro rivalutazione, alla quale afferisce la normativa fiscale del trattamento di fine rapporto, l altra, invece, relativa all accantonamento calcolato al momento dell opzione in base alla previgente disciplina e alla sua rivalutazione, alla quale si applicheranno gli abbattimenti di imponibile (26,04% nello Stato e 40,98% negli enti locali e nella Sanità) previsti per le indennità di fine servizio 2. La base di calcolo del trattamento di fine rapporto Per quanto riguarda la base di calcolo del trattamento di fine rapporto il DPCM ha stabilito che le voci retributive utili sono le seguenti: intero stipendio tabellare; intera indennità integrativa speciale; retribuzione individuale di anzianità; tredicesima mensilità; gli altri emolumenti considerati utili ai fini del calcolo dei trattamenti di fine servizio comunque denominati ai sensi della preesistente normativa. 2 Appare evidente che al fondo pensione accederà solo il tfr maturando e non quello già maturato. 7

9 In virtù del DPCM, quindi, la base di calcolo del trattamento di fine rapporto risulta sensibilmente più elevata di quella prevista ai fini del calcolo delle indennità di fine servizio, le voci retributive indicate sono, infatti, valutate al 100%. L incremento di retribuzione utile è diverso a seconda dei settori del pubblico impiego, sia per il diverso peso delle voci retributive indicate nelle precedenti indennità, sia per il diverso peso delle voci accessorie. In relazione a queste voci va, peraltro, ricordato come il DPCM preveda che ulteriori voci retributive possono essere considerate nella contrattazione di comparto, garantendo per la finanza pubblica, con riferimento ai settori interessati, i complessivi andamenti programmati sia della spesa corrente, sia delle condizioni di bilancio degli enti gestori delle relative forme previdenziali. In concreto il DPCM non esclude la possibilità di rendere utili ai fini del trattamento di fine rapporto voci accessorie, ma pone la condizione che il costo di questa operazione sia affrontato contrattualmente. Per quanto concerne le quote di accantonamento annuale il DPCM ha stabilito un importo diversificato tra l aliquota di computo della prestazione erogata dall INPDAP e l aliquota di contribuzione delle Amministrazioni pubbliche nei confronti dell INPDAP. In particolare le prestazioni di fine rapporto saranno calcolate sulla base di una aliquota del 6,91% sulla retribuzione utile. Le aliquote di contribuzione che i datori di lavoro pubblici continueranno a versare all INPDAP saranno, invece, pari alle attuali aliquote contributive applicate alla retribuzione utile per le indennità di fine servizio. Questa soluzione non determina un incremento del costo del lavoro nel settore 8

10 pubblico che si sarebbe invece determinato con una aliquota contributiva effettiva del 6,91% applicato alla nuova base di calcolo. Scarica, tuttavia, il costo della differenza sull INPDAP che continuerà a ricevere i contributi nella misura precedente, ma dovrà calcolare le prestazioni sulla base di una contribuzione di computo maggiore. Le modifiche retributive e contributive Il passaggio al trattamento di fine rapporto, come previsto dalla 335/1995 e ribadito dalla 448/1998, ha effetti rilevanti anche sulla retribuzione e sulla contribuzione. Come ricordato, l elemento che ha ritardato l introduzione del trattamento di fine rapporto nel settore pubblico è stato il problema costi ; tra questi quello costituito dal contributo del 2,5% a carico del lavoratore per il finanziamento delle indennità di fine servizio. Il passaggio al trattamento di fine rapporto determina necessariamente il venir meno del contributo. Per evitare l aumento della retribuzione netta, con un conseguente incremento della spesa pubblica, il DPCM stabilisce una diminuzione della retribuzione lorda di pari importo del contributo soppresso, in modo da lasciare inalterata la retribuzione netta. Per evitare che la riduzione di retribuzione lorda abbia effetti riduttivi sulla pensione e su altri istituti, è, parimenti, stabilito un incremento figurativo della retribuzione lorda, in misura pari alla riduzione, ai fini previdenziali, all applicazione delle norme sul trattamento di fine rapporto, ad ogni fine contrattuale e agli effetti della determinazione della massa salariale per i contratti collettivi. La 9

11 medesima disciplina si applica nei confronti dei dipendenti assunti successivamente alla data di entrata in vigore del Dpcm. Attraverso questo complesso slalom retributivo il DPCM riesce, quindi, a conciliare l estensione del trattamento di fine rapporto ai pubblici dipendenti con la volontà del Tesoro di non affrontare il costo della eliminazione del contributo a carico del lavoratore. In definitiva la rinuncia al 2,5% non è avvenuta senza contropartite. In cambio della sterilizzazione il DPCM prevede: - una base più alta di computo del trattamento di fine rapporto: - il mantenimento dell abbattimento fiscale sulla quota di indennità di fine servizio maturata al momento dell opzione; - una contribuzione pari all 1,5% destinata ai fondi pensione in caso di opzione per questi e quindi per il trattamento di fine rapporto; - inoltre la sterilizzazione del contributo non ha effetti rispetto alla retribuzione pensionistica e ad altri istituti contrattuali. Le anticipazioni del trattamento di fine rapporto L integrale applicazione della disciplina del trattamento di fine rapporto avrebbe dovuto comportare anche l applicabilità delle norme che prevedono la facoltà del lavoratore di richiedere un anticipo fino al 75% del trattamento di fine rapporto maturato per l acquisto della prima casa, per ragioni di salute etc. Il DPCM non prevede questa possibilità, ma non la esclude rimandando la soluzione del problema alla contrattazione di comparto. 10

12 Resta ferma, tuttavia, la possibilità degli iscritti al fondo pensione di conseguire anticipazioni su quanto accumulato per causali definite in termini analoghi a quelli indicati dall art 2120 del CC. Per i pubblici dipendenti, inoltre, rimangono comunque in vigore le prestazioni creditizie erogate dall INPDAP. 11

13 Costituzione ed adesione al fondo pensione. Per il personale dipendente dalle Amministrazioni Pubbliche le forme pensionistiche complementari possono essere istituite mediante i contratti collettivi. Per il personale dipendente pubblico escluso dalla contrattazione collettiva, le forme pensionistiche complementari possono essere istituite secondo le norme dei rispettivi regolamenti, ovvero, in mancanza, mediante accordi tra i dipendenti stessi promossi dalle loro associazioni. Anche nel pubblico impiego, e non poteva essere altrimenti, l adesione al fondo pensione è volontaria, tuttavia esistono delle differenze sostanziali tra lavoratori assunti prima del 31/12/2000 e dipendenti assunti successivamente a tale data. Per questi ultimi il passaggio al trattamento di fine rapporto è automatico e, quindi, non vi è esercizio di alcuna opzione e l adesione volontaria al fondo può essere esercitata in qualsiasi momento. Diversa la disciplina per coloro che erano già in servizio alla data del 31/12/2000. La scelta da fare è duplice e non scindibile: l adesione al fondo pensione determina contemporaneamente il passaggio dal TFS al trattamento di fine rapporto. La contribuzione e il suo finanziamento Il Dpcm rimanda alla contrattazione di comparto il compito di determinare il contributo a carico del lavoratore e del datore di lavoro mentre fissa la contribuzione relativa alle quote di trattamento di fine rapporto. In particolare per i neoassunti l intera quota di trattamento di 12

14 fine rapporto dovrà essere versata al fondo pensione, mentre per gli altri la quota di trattamento di fine rapporto da destinare ai fondi non potrà essere superiore al 2% della retribuzione utile. La legge 388/2000, pur spostando le date di riferimento, conferma l ammontare di trattamento di fine rapporto destinato ai fondi pensione. Cambiamenti importanti sono invece intervenuti per quello che concerne il finanziamento delle quote di trattamento di fine rapporto. La legge 448/98 aveva disposto uno stanziamento per ogni anno del triennio 1999/2001 di 200 miliardi per il finanziamento del trattamento di fine rapporto. Su questa base il DPCM stabiliva che gli importi eccedenti lo stanziamento dovevano essere trattati come accreditamenti figurativi che confluivano in un conto individuale virtuale tenuto dall INPDAP. In questo modo si poneva un limite preciso al costo per le amministrazioni pubbliche del trasferimento del trattamento di fine rapporto ai fondi pensione. Nulla era stabilito, in termini di finanziamento, in merito al contributo a carico del datore di lavoro. L assenza di un finanziamento specifico a questo fine è stato l ultimo ostacolo che si è dovuto affrontare per consentire effettivamente la partenza della previdenza complementare nel settore pubblico. La soluzione del problema, anche in questo caso, è dovuta sottostare alla necessità di conciliare la volontà di non affrontare costi da parte del datore di lavoro pubblico con l esigenza di dare il via alla previdenza complementare. La soluzione trovata è stata quella di spostare le risorse stanziate dalla 448 (nel frattempo aumentate a 300 miliardi) dal finanziamento del 13

15 trattamento di fine rapporto a quello del contributo del datore di lavoro. La scelta fatta ha da un lato reso possibile la conclusione dell accordo per la costituzione del fondo pensione nel settore della scuola, ma, dall altro, ha reso interamente virtuale l accantonamento del trattamento di fine rapporto. In pratica si è accentuata, e in questo senso la si è resa difficilmente reversibile, la scelta di limitare al massimo le spese annuali da parte delle amministrazioni pubbliche, determinando però un crescente debito previdenziale per l INPDAP e, quindi, per lo Stato. La ripartizione tra i fondi delle somme complessivamente a disposizione è operato dall INPDAP prendendo a riferimento il trattamento retributivo medio dei dipendenti e la consistenza del personale in servizio alla data del 31 dicembre Nell ambito delle risorse sopra indicate, il DPCM prevede che le stesse possano essere utilizzate, per coloro che saranno associati nel corso del primo anno di operatività dei fondi, per erogare una quota aggiuntiva del contributo del datore di lavoro per la durata di 12 mesi. Per coloro che saranno associati nel corso del secondo anno la quota non potrà superare il 50% del contributo. Le somme indicate, chiaramente, non hanno carattere di periodicità e, quindi, saranno erogate una tantum. Il contributo aggiuntivo dell 1,5% Nel settore privato il finanziamento dei fondi integrativi deriva dai contributi del lavoratore e dell azienda e da quote di trattamento di fine rapporto. Nel settore pubblico, mentre per i lavoratori assunti dopo il 14

16 31/12/2000, la contribuzione ai fondi deriva dalle stesse voci, per quelli in servizio che si iscrivono ai fondi pensione, alle tre voci ricordate se ne aggiunge una quarta. A favore di questi lavoratori, infatti, è destinata a previdenza integrativa una quota pari all 1,5% della base contributiva di riferimento degli attuali trattamenti di fine servizio. La contribuzione dell 1,5% riguarderà solo i lavoratori optanti che oggi subiscono la trattenuta del 2,5% in busta paga. Questa contribuzione è considerata neutra rispetto ai conferimenti dei lavoratori e a quelli di pertinenza delle amministrazioni e non libera quindi l amministrazione da una contribuzione specifica a suo carico da decidere contrattualmente. Questo conferimento avrà carattere figurativo e confluirà in un conto tenuto dall INPDAP. Il lavoratore avrà quindi due conti: uno di risorse reali, tenuto dal fondo pensione, ed alimentato dai contributi a carico del datore di lavoro e del lavoratore; l altro figurativo tenuto dall Inpdap, frutto dei versamenti di trattamento di fine rapporto e, per i lavoratori già in servizio, del versamento dell 1,5%. Le risorse contenute nel primo conto godranno dei rendimenti effettivi che il fondo ricaverà dall impiego delle risorse nei mercati finanziari; il secondo conto sarà invece rivalutato, in una prima fase, sulla base della media dei rendimenti di cinque fondi del settore privato 3. 3 I fondi che costituiscono il paniere sono i seguenti: Alifond; Arco; Cometa; Cooperlavoro; Fonchim; Fondenergia; Fopen; Laborfonds; Pegaso; Previambiente; Previcooper; Solidarietà Veneto; Quadri e Capi Fiat; L'Inpdap determinerà il tasso medio dei rendimenti conseguiti dai fondi del paniere e lo utilizzerà per la rivalutazione degli accantonamenti figurativi (quote di trattamento di fine rapporto) che contabilizza e che 15

17 I fondi pensione del settore privato presi in considerazione saranno individuati, con decreto del Ministro del Tesoro, sentite le Confederazioni sindacali firmatarie dell accordo, tra quelli con maggior consistenza di aderenti. All atto della cessazione del rapporto di lavoro, l INPDAP conferirà al fondo pensione il montante maturato, frutto degli accantonamenti figurativi e dei rendimenti. Il fondo a sua volta liquiderà al lavoratore una prestazione frutto della somma del montante ricevuto dall Inpdap e del montante maturato presso il fondo pensione. Come già accennato, la scelta di rendere i fondi pensione del pubblico impiego parzialmente virtuali deriva da esigenze contingenti di bilancio pubblico: ad una spesa attuale si è preferito un rinvio. Si limita oggi la spesa, ma si determina con gli anni un progressivo debito previdenziale. Si corre quindi il rischio che una salvaguardia attuale dei conti pubblici determini un buco di notevoli dimensioni negli anni a venire. sono destinate a previdenza complementare per quei lavoratori che hanno aderito ai fondi. 16

18 I fondi pensione nel pubblico impiego. In sede di contrattazione collettiva si è deciso di costituire Fondi pensione per il pubblico impiego con una platea molto ampia di possibili aderenti, con la duplice finalità di avere da un lato un limitato numero di Fondi, dotati di adeguate risorse finanziarie da investire e, dall altro, di contenere i costi di gestione, ciò anche in funzione delle limitate risorse reali che affluiranno ai fondi vista la virtualità del trattamento di fine rapporto. In particolare sono previsti: - Fondo per il comparto scuola. - Fondo per il comparto sanità ed enti locali. - Fondo per i dipendenti dello Stato del Parastato e delle Agenzie. - Fondo Università e Ricerca. 17

19 Lavoratori "non contrattualizzati" La disciplina introdotta dal DPCM del 1999 e successive modificazioni, non trova applicazione con riferimento ai lavoratori non contrattualizzati ed in particolare alle seguenti categorie: personale militare; personale delle forze armate di polizia ad ordinamento militare (Arma dei Carabinieri e Corpo della Guardia di Finanza); personale delle forze di polizia ad ordinamento civile (Polizia di Stato, Corpo della Polizia Penitenziaria e Corpo Forestale dello Stato); personale della carriera diplomatica e prefettizia; professori e ricercatori universitari; personale della Borsa, Consob, ecc. Per queste tipologie di pubblici dipendenti, l articolo 3, comma 2 del DLgs n. 124/1993 esclude il ricorso alla contrattazione collettiva quale fonte istitutiva delle forme di previdenza complementare, rinviando invece alle norme dei rispettivi ordinamenti. Il richiamo alle norme dei rispettivi ordinamenti crea, di fatto, una situazione molto differenziata distinta da settore a settore. Per il personale delle forze di polizia ad ordinamento civile l articolo 3 del DLgs n. 195/1995 introduce un regime che richiama quello applicabile alle altre categorie di dipendenti pubblici. In particolare la disciplina del Trattamento di fine rapporto e l istituzione delle forme pensionistiche complementari è rimandata agli accordi sindacali stipulati da una delegazione di parte pubblica e da una delegazione sindacale, composta dai rappresentanti delle organizzazioni sindacali rappresentative sul piano nazionale del personale, individuate con decreto del Ministro per la funzione pubblica sulla base di particolari parametri. 18

20 Per il personale delle forze Armate e delle forze di polizia ad ordinamento militare la fonte istitutiva delle forme di previdenza complementare va individuata attraverso la procedura di concertazione, che prevede il coinvolgimento dei Ministeri, nonché dei rispettivi Comandanti e dei Consigli Centrali di Rappresentanza (COCER). Al di là dell applicazione della previdenza complementare esistono inoltre, per le categorie dei non contrattualizzati, specifiche problematiche di coordinamento con riferimento a istituti tipici dei settori in oggetto. Per il cosiddetto comparto sicurezza (Carabinieri, Guardia di Finanza, ecc.) uno dei problemi più rilevanti è quello della definizione della retribuzione utile ai fini del calcolo del Trattamento di fine rapporto, data l esistenza di particolari istituti retributivi sconosciuti in altri settori come la cd ausiliaria; oppure quello della sorte di quei Fondi e Casse già operanti presso le singole Forze Armate o di polizia 4. In altri settori i problemi nascono da ragionamenti specifici in ordine alla convenienza circa l abbandono dei vecchi istituti di fine servizio. Per i magistrati il passaggio dal Tfs al trattamento di fine rapporto si può prospettare come particolarmente sfavorevole data la particolare dinamica retributiva costantemente crescente (l indennità di buonuscita, a differenza del Trattamento di fine rapporto, è, infatti, parametrata sull ultima retribuzione). Per tale categorie sarebbe più 4 per la Guardia di Finanza è già esistente un Fondo di Assistenza per i Finanzieri (FAF) per il quale è prospettabile la trasformazione in forma pensionistica complementare a norma del DLgs n. 124/

21 conveniente ad esempio, una previdenza complementare attivata mediante adesione (anche collettiva) a fondo aperto, finanziato senza utilizzo di Tfs/tfr. Per questi settori del pubblico impiego l istituzione di forme pensionistiche complementari è subordinata ad interventi di dettaglio abbastanza complessi, tali da rendere meno immediata l assimilazione agli altri dipendenti pubblici. In ogni caso, anche se il DPCM del 1999 non si applica direttamente al personale in esame, presumibilmente in materia di Trattamento di fine rapporto e di fondi pensione i singoli ordinamenti speciali del pubblico impiego si allineeranno con le linee guida già indicate in tale Decreto, prevedendo in particolare che per il personale già in servizio il passaggio al Trattamento di fine rapporto avverrà contestualmente all adesione al fondo pensione di categoria. 20

22 Situazione attuale SCUOLA - ESPERO Espero è il Fondo nazionale pensione complementare per i lavoratori della scuola. Il Fondo Pensione è nato a seguito dell accordo istitutivo del 14/03/2001 fra le Organizzazioni Sindacali del settore (FLC CGIL, CISL Scuola, UIL Scuola, SNALS-Confsal, GILDA-UNAMS, CIDA) e l ARAN ed al successivo atto costitutivo del 17/11/2003. Il fondo è stato iscritto all albo dei fondi pensione il 18 agosto 2004 ed ha iniziato a raccogliere le adesioni nell ottobre dello stesso anno. Sanità ed Enti locali FONDO PERSEO Dopo un lungo percorso di trattative, iniziato nel dicembre 2004, il 14 maggio 2007 l Aran e le parti sociali hanno siglato l accordo che istituisce il fondo pensione per il personale della Sanità e degli Enti locali. Il fondo pensione è a capitalizzazione individuale e a contribuzione definita e ricalca il modello di funzionamento già utilizzato per il fondo Espero (istituito per i dipendenti del comparto Scuola). Il lavoratore ed il datore di lavoro, per aderire al fondo, dovranno destinare una contribuzione pari all 1% della retribuzione, mentre le 21

23 quote di trattamento di fine rapporto destinate al fondo a partire dall adesione sono: 2% della retribuzione utile per il trattamento di fine rapporto, a cui va aggiunta una quota dell 1,5% calcolata sulla base del trattamento di fine servizio, per i lavoratori in regime di tfs che, aderendo al fondo, passano al trattamento di fine rapporto (i cosiddetti optanti); 6,91% della retribuzione utile per il trattamento di fine rapporto, per i lavoratori assunti in regime di trattamento di fine rapporto. Enti Pubblici non Economici, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dell ENAC e del CNEL. - Fondo Sirio In data 1 agosto 2007 è stata firmata l ipotesi di accordo per l istituzione del Fondo Nazionale di Previdenza Complementare per i lavoratori dei Ministeri, degli Enti Pubblici non Economici, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dell ENAC e del CNEL. Il nuovo fondo pensione segna un ulteriore tassello verso la creazione di un sistema di previdenza complementare compiuto per i dipendenti pubblici ed interessa un potenziale aderenti di circa 300/350 mila dipendenti. Le parti firmatarie, peraltro, sono impegnate a predisporre lo statuto ed il regolamento elettorale del Fondo. 22

24 Quali problematiche future per i fondi pensione? Il continuo ritardo nell avvio dei fondi pensione ha creato una serie di difficoltà; sia di carattere normativo che di convenienza circa l adesione ai fondi. Rispetto alla convenienza è da notare che l effetto perverso derivante da un lato dal ritardo nell avvio dei fondi e dall altro dall innalzamento continuo dell età media dei lavoratori pubblici, scoraggia ipotesi di adesione al fondo pensione. Questo, peraltro, crea un danno incalcolabile per quelle classi di pubblici dipendenti che sono in regime contributivo o misto (con parte contributiva rilevante). Per questi, infatti, l impatto del regime pensionistico introdotto dalla legge Dini riduce considerevolmente il tasso di sostituzione, senza che questo effetto possa essere ridotto o compensato dall operare della previdenza complementare. Tale situazione, peraltro, ha già prodotto i suoi effetti negativi in quanto il ritardo accumulato nell avvio dei fondi non è in alcun modo recuperabile. L entità della pensione complementare erogata da un fondo pensione, infatti, sconta, tra le altre cose, l operare di quattro diverse variabili: a) l entità dei contributi versati; b) la lunghezza del periodo di accumulazione; c) il rendimento della gestione finanziaria; d) i costi che possono incidere sul risultato finale. La lunghezza del periodo di accumulazione presenta, nel pubblico impiego, una rilevante criticità in quanto l aumento dell età media che si è prodotta in questi anni (non compensata da nuove e rilevanti 23

25 immissioni) determina la riduzione del periodo di accumulazione e quindi riduce l entità della pensione complementare. Un altro problema, particolarmente rilevante in questo periodo di forte crisi economica, è quello dei rendimenti dei fondi. In tale contesto, tuttavia, vanno sicuramente evidenziati una serie di punti che giocano a favore dei fondi pensione italiani: A) occorre, innanzitutto, ricordare che l andamento delle forme pensionistiche complementari, per la loro stessa natura, deve essere osservato in un orizzonte temporale di lungo termine, nel quale momenti di turbolenza dei mercati possono considerarsi come inevitabili. B) il vantaggio derivante dalla partecipazione alla previdenza complementare è rappresentato per l aderente da un insieme di fattori, per cui al rendimento conseguito dal fondo pensione occorre sommare il vantaggio fiscale derivante da tale partecipazione, il contributo del datore di lavoro e la quota aggiuntiva dell 1,5 per cento. È opportuno, infine ricordare che il rendimento del trattamento di fine rapporto contabilizzato dall Inpdap ai fini della previdenza complementare, è sottoposto ad una rete di garanzia dovuta al fatto che lo stesso è determinato sulla base del rendimento medio del paniere di 5 fondi. C) la normativa cui sono assoggettati gli investimenti dei fondi pensione, estremamente rigorosa, ha contribuito efficacemente a prevenire le ricadute negative sui portafogli dei fondi pensione che avrebbero potuto essere generate da investimenti in 24

26 strumenti finanziari alternativi la cui gestione del rischio è particolarmente complessa. D) nel complesso panorama della previdenza complementare parlare indistintamente di forme di previdenza complementare non è corretto. Esistono, infatti, i fondi negoziali, i fondi aperti; distinguibili a secondo della formula di adesione individuale o collettiva, le polizze assicurative. In questo ampio ed articolato sistema, i fondi negoziali, soprattutto quelli più importanti, hanno avuto rendimenti migliori degli altri ed hanno retto, sicuramente meglio, alla situazione di crisi. Il secondo problema è di ordine normativo. La riforma Maroni, che ha avuto l indubbio merito di introdurre una disciplina di incentivazione alla adesione ai fondi pensione ha, di fatto, introdotto un duplice binario; uno relativo alla previdenza complementare per i privati e l altro per i pubblici dipendenti. All epoca dell emanazione della riforma Maroni, alcune delle ragioni che giustificarono la doppia disciplina, una per i privati e l altra per i pubblici, erano dovute alle problematiche legate al silenzio assenso ed al conferimento tacito del trattamento di fine rapporto ai fondi pensione. Il problema allora, ma anche oggi, nasceva dal fatto che da un lato non tutti i lavoratori pubblici erano in trattamento di fine rapporto e, inoltre, in assenza di fondi pensione del pubblico impiego (salvo Espero per la scuola) il conferimento tacito non poteva, di fatto, operare. Oggi, tuttavia, il problema non solo resta ma è addirittura amplificato; in particolare gli statuti già predisposti (Sanità - enti locali e Stato- 25

27 parastato etc), in assenza di una disciplina di armonizzazione, hanno dovuto prevedere una doppia disciplina tra pubblici e privati (sanità privata, enti privatizzati etc) relativamente alla contribuzione, alle prestazioni, all anticipazione ma soprattutto con riferimento agli aspetti fiscali sicuramente migliorativi nel nuovo decreto rispetto al DLgs 124 del Questo rende, in qualche misura, gli statuti deboli, poiché prevedono, non potendo peraltro fare altrimenti, situazioni differenti ed in qualche misura coperture previdenziali diverse a seconda del fatto che si sia lavoratori pubblici o privati, nonostante l appartenenza allo stesso fondo. In questo, anzi, gli statuti predisposti meritano anche un apprezzamento poiché, con un complesso slalom, hanno cercato di armonizzare nel miglior modo possibile normative differenti. Oggi, tuttavia, è più che mai necessario un intervento legislativo di armonizzazione che parifichi i pubblici ai privati e che sia da volano ad una ripresa di interesse sui fondi pensione nel pubblico impiego. In tale contesto non sarebbe da escludere la valorizzazione dello strumento del silenzio assenso che potrebbe svolgere anche un duplice ruolo: da un lato aumentare il potenziale tasso di adesione, dall altro tranquillizzare in ordine alla sorte del TFS (buonuscita, indennità di premio servizio). Appare evidente, infatti, che se si avvia un processo legislativo di armonizzazione questo non può non riguardare anche il silenzio assenso. Tuttavia, in punta di diritto, il silenzio assenso (che significa conferimento tacito del trattamento di fine rapporto al fondo) non è applicabile ai lavoratori in tfs, poiché vi sarebbe un doppio passaggio: TFS trattamento di fine rapporto fondo. Il problema 26

28 potrebbe essere superato con una normativa che applichi il silenzio assenso a chi è già in trattamento di fine rapporto e che preveda un doppio binario per gli altri. In particolare si potrebbe rendere possibile la scelta tra la trasformazione del tfs in trattamento di fine rapporto o la possibilità di accedere al fondo anche senza trasformare il tfs in trattamento di fine rapporto, mantenendo le vecchie indennità. In questo ultimo caso, al momento dell adesione il lavoratore potrebbe mantenere il suo vecchio tfs solo che al momento del pensionamento o comunque dall uscita dal fondo pensione, riceverebbe, dall Inpdap, una parte del suo tfs, mentre l altra parte (ad esempio 1/3) dovrebbe andare al fondo. Spetterà a quest ultimo unire questa alla massa del maturato, liquidando la prestazione complementare. Dal punto di vista del Fondo pensione tale scelta sarebbe neutra visto che in ogni caso anche se si trasformasse il tfs in trattamento di fine rapporto non accederebbero risorse al fondo stante la virtualità di quest ultimo. Dal punto di vista del lavoratore la possibilità di mantenere il tfs è tranquillizzante e la perdita di una parte dello stesso al termine della carriera sarebbe compensata dalla rendita del fondo (che nasce dalla doppia contribuzione e dai benefici fiscali). Per l Inpdap poi, vi sarebbe un guadagno in quanto l aliquota del tfs è più bassa dell aliquota del trattamento di fine rapporto o, comunque più bassa la massa retributiva da prendere a calcolo. L ultimo problema è quello della capacità dei fondi nel pubblico impiego di operare compiutamente ed in modo efficace vista la virtualità del trattamento di fine rapporto (o tfs ma tanto è la stessa 27

29 cosa) e, quindi, di minori risorse rispetto ad un fondo che si rivolge ai privati. Rispetto a tale questione da un lato è necessario avere la certezza della disponibilità delle risorse previste per i fondi negoziali del pubblico impiego e previsti dalla normativa. 5 Dall altro, considerata la questione della difficoltà di superare la massa critica per l avvio del fondo è necessario agire sui costi e, quindi, prevedere servizi integrati tra i fondi del pubblico impiego anche attraverso la previsione di un unico gestore amministrativo tra i fondi riducendo così il costo complessivo. I servizi integrati dovrebbero riguardare anche gli aspetti comunicazionali (on line ed off line, comunicazione istituzionale ed informativa) ed altri. 5 Per il finanziamento della previdenza complementare del pubblico impiego sono stati stanziati circa 155 milioni di euro annui circa (oltre 103 milioni di euro annui messi a disposizione dalla legge 448/98 e oltre 51 milioni di euro messi a disposizione dalla legge 388/2000), destinati al funzionamento dei fondi pensione dei dipendenti delle amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo (successivamente ampliati anche alle amministrazioni vedi dopo). Le risorse stanziate dalla 448/98 e dalla 388/00 sono trasferite all'inpdap che provvederà poi ad erogarle ai fondi in misura proporzionale alla retribuzione media ed alla consistenza del personale in servizio presso ciascun comparto o area di contrattazione alla data di istituzione dei fondi, a copertura del contributo contrattuale posto a carico del datore di lavoro Riproponendo il contenuto di una norma introdotta dall art. 1, comma 767, della legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007), la legge finanziaria per il 2008 ha disposto che, limitatamente al 2008, le somme previste dall art. 74 della legge n. 388/2000, per la copertura degli oneri contributivi a carico dei datori di lavoro per i dipendenti statali aderenti ai fondi pensione, possono essere utilizzate per finanziare anche le spese di avvio dei fondi pensione rivolti ai lavoratori pubblici, ivi compresi quelli dipendenti da amministrazioni pubbliche non statali. (norma richiamata anche per il 2009 dal decreto milleproroghe). L'INPDAP sulla base di propria determinazione, n. 216 del ha stabilito che le misure percentuali di riparto delle risorse complessivamente attribuite per far fronte agli obblighi contributivi, ma anche alle spese di funzionamento a carico delle Amministrazioni sono le seguenti: Ministeri 11,77% Aziende autonome 1,56% Scuola 62,67% Forze Armate 8,08% Forze di Polizia 13,72% Carriera diplomatica 0,11% Carriera prefettizia 0,15% Magistrati 1,94%. 28

30 Allegato 1 I DUE PIANETI A CONFRONTO CARATTERISTICHE METODO DI CALCOLO DELLA PENSIONE SISTEMA REQUISITI PER LA PENSIONE PRESTAZIONI RISCHIO FINANZIARIO OBIETTIVI PREVIDENZA OBBLIGATORIA Retributivo: per i lavoratori con almeno 18 di anzianità contributiva al Misto: per i lavoratori con meno 18 di anzianità contributiva al Contributivo: per i lavoratori assunti successivamente al Ripartizione: i contributi dei lavoratori in attività vengono utilizzati per pagare le pensioni di chi ha lasciato l'attività Vecchiaia: 65 anni gli uomini, 60 le donne con almeno 20 anni di contribuzione Pensione agganciata alle variazioni del costo della vita Inesistente Garanzia di un reddito minimo di base in caso di necessità, secondo quanto previsto dal dettato costituzionale PREVIDENZA INTEGRATIVA In base ai contributi o ai premi versati Capitalizzazione: i contributi versati dal singolo aderente vengono accantonati in un conto previdenziale individuale e vengono investiti sul mercato finanziario da operatori specializzati Maturazione dei requisiti di accesso alle prestazioni nel regime obbligatorio di appartenenza con almeno 5 anni di partecipazione alla forma di previdenza complementare % rendita vitalizia rivalutabile - 50% capitale + rendita vitalizia rivalutabile - 100% capitale qualora la rendita derivante dalla conversione del 70% della posizione finale risulti inferiore alla metà dell assegno sociale. Il rischio è commisurato alla scelta del comparto di investimento Integrazione della pensione pubblica per mantenere il tenore di vita 29

31 Forme pensionistiche collettive Forme pensionistiche individual i Le principali caratteristiche dei Fondi pensione negoziali Le principali caratteristiche dei Fondi pensione preesistenti Le principali caratteristiche dei Fondi pensione regionali Le principali caratteristiche dei Fondi pensione aperti Le principali caratteristiche delle Forme pensionistiche individuali Le principali caratteristiche dei Fondi pensione aperti Tipologia di forme pensionistiche complementari Fondi pensione negoziali Fondi pensione aperti Fondi pensione preesistenti Fondi pensione regionali Fondi pensione aperti Forme pensionistiche individuali Forme pensionistiche collettive sono istituti attraverso la contrattazione collettiva delle parti sociali sono rivolti alle lavoratrici e ai lavoratori dipendenti di una determinata categoria o settore produttivo compresi settori affini riconoscono un ruolo alle parti sociali hanno una struttura associativa non hanno scopo di lucro hanno una governance ispirata al principio della democrazia rappresentativa dei soci erano istituiti, di solito, per effetto di accordi delle parti sociali o regolamenti aziendali si rivolgono ad una platea ben definita (prevalentemente settore bancario, assicurativo) potevano essere sia interni che esterni all azienda generalmente hanno regole di governance tendenti a coinvolgere lavoratori e organizzazioni sindacali istituiti o promossi dalle Regioni e operanti nel territorio di competenza della Regione possono aderirvi le lavoratrici e i lavoratori che svolgono attività nel territorio cioè nella Regione che ha istituito il Fondo sono istituiti da operatori finanziari (banche, compagnie di assicurazione, società di gestione del risparmio, società di intermediazione mobiliare, società di gestione di fondi comuni di investimento mobiliare) l adesione su base collettiva Forme pensionistiche individuali sono attuate mediante la stipulazione di contratti di assicurazione sulla vita con finalità previdenziali l adesione avviene su base individuale possono aderirvi tutti i soggetti anche non titolari di redditi da lavoro e da impresa sono istituiti da operatori finanziari (banche, compagnie di assicurazione, società di gestione del risparmio, società di intermediazione mobiliare, società di gestione di fondi comuni di investimento mobiliare) l adesione su base individuale 30

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