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1 RIPENSARE IL RUOLO DELLA PSICOLOGIA PER LA SCUOLA RETHINKING THE ROLE OF PSYCHOLOGY FOR SCHOOL Claudia Venuleo e Sergio Salvatore Dipartimento di Storia, Società e Studi sull Uomo, Università del Salento, Via Stampacchia, 45, Lecce, Italia; claudia.venuleo@unisalento.it sergio.salvatore@unisalento.it; telefono: Riassunto La scuola si confronta oggi con un utenza eterogenea e differenziata in termini di aspettative, caratteristiche e modi di partecipazione alla vita scolastica. Sempre più spesso, i modelli culturali degli studenti appaiono incompatibili con gli obiettivi e le regole richieste dalle istituzioni formative. Inscrivendosi entro un approccio psicodinamico e culturale all apprendimento, gli autori suggeriscono l utilità di un modello di relazione educativa che consideri la cooperazione tra docente e studenti l output di un processo volto ad esplicitare ed elaborare i codici simbolico affettivi con i quali gli studenti interpretano il setting educativo. Parole chiave: approccio culturale all'educazione, modelli culturali, relazione educativa, setting istituente. Abstract Nowadays, school has to address users which are heterogeneous and differentiated in respect to their expectations, characteristics and ways of participating to school life. More and more often students cultural models are somewhat incompatible with goals and rules expected by the educational institutions. Based on a psychodynamic and cultural approach, authors present an educational model according to which the cooperation between teacher and students is the output of a process aimed at making it explicit and to elaborate the symbolic and affective codes through which students interpret their experience of participation to the educational setting. C. Venuleo e S. Salvatore / Ricerche 183di Psicologia 1 (2013)

2 Keywords: key words: cultural approach to education, cultural models, teaching relationship, reframing setting. La scuola italiana è in crisi rispetto al compito di produrre apprendimento e di fornire strumenti per comprendere il contesto; come sostiene Parisi, ha re-agito a tale condizione «insegnando cose sempre meno impegnative, insegnando meno, non insegnando affatto». Parisi prende le distanze da questo modo di affrontare la crisi: vi riconosce una liquidazione delle dimensioni relazionali e contestuali dell apprendimento, dunque un misconoscimento della natura dell evento critico, interpretato come problema relativo al quanto insegnare, piuttosto che al cosa e al come farlo, data una certa tipologia di studenti e un dato contesto socio-culturale. La psicologia, dal canto suo, non ha saputo offrire criteri utili per sostenere la scuola nella lettura e nel governo delle dimensioni contestuali che incidono sul processo di apprendimento: come osserva l autore, il prevalere egemonico di una logica sperimentale ha fatto della neutralizzazione del contesto un criterio di conoscenza alimentando in tal modo il mito del carattere individuale dell apprendimento. E tuttavia esiste da sempre, anche in Italia, una letteratura psicologica di matrice culturalista che ha rivolto l attenzione al contesto di acquisizione e uso della conoscenza, affermando l idea di un soggetto che conosce in situazione. Per quanto tale prospettiva non abbia acquisito egemonia entro la comunità scientifica, è una linea a nostro parere promettente che sviluppata sarebbe in grado di sostenere la scuola nel suo sforzo di interpretare la crisi e trovare modi per affrontarla. Ciò lungo due principali direzioni. La prima direzione si sviluppa a partire dal riconoscimento della dimensione intersoggettiva come risorsa ed elemento fondante dell apprendimento. Lo sviluppo delle funzioni psichiche superiori è il frutto dell interiorizzazione di ciò che in primo luogo si manifesta nell interazione sociale (Vygotskij, 1934). La relazione non può dunque essere considerata una mera cornice del processo di apprendimento; al contrario, l apprendimento si realizza attraverso lo scambio dialogico tra gli allievi e tra essi e il docente (Carugati e Selleri, 1996; Pontecorvo, 1999). Sulla base di questa visione, diversi studiosi hanno concentrato la propria attenzione sull ambiente micro-sociale del gruppo classe: si evidenzia come le proprietà psicosociali del gruppo (modalità di comunicazione, livelli di cooperazione, stili di leadership, clima relazionale ) siano rilevanti in ordine alla capacità dello stesso di funzionare come dispositivo di lavoro, dunque come risorsa per l apprendimento. 184

3 Sul piano metodologico, tale direzione ha favorito la riflessione sui modi di fare lezione (procedure retoriche, tecniche di conduzione d aula, dispositivi e strumenti di supporto). Intorno ad essa, si è sviluppata, ad esempio, la letteratura che ha insistito sul valore delle cosiddette metodologie attive (Bellotto, 1995); diversamente da quelle tradizionali, esemplificate prototipicamente dalla lezione frontale, ad esse è assegnato il compito di stimolare il coinvolgimento emotivo, la partecipazione, la negoziazione di gruppo sui significati, il confronto tra diverse soluzioni. È utile tuttavia evidenziare la condizione contestuale cui è subordinata l efficacia di una strategia d insegnamento basata su metodi che valorizzano il coinvolgimento e la partecipazione attiva degli studenti: questi ultimi devono essere già orientati a cooperare con il progetto formativo del docente; devono in qualche modo già considerare sensati i contenuti proposti, rilevanti gli obiettivi che si intendono realizzare, comprensibili le regole del gioco che ne mediano la realizzazione (norme, richieste di ruolo...). Le riflessioni di Parisi invitano a non considerare tale cooperazione un fatto scontato. L utenza scolastica si configura, sempre più spesso, in termini di radicale alterità rispetto ai modelli e ai valori proposti dal setting educativo-formativo (la disciplina, l impegno, la reciprocità sociale...). Si assiste ad un dissolvimento dei significati condivisi sul perché della scuola e delle regole dell agire educativo; una crisi di senso che confronta la scuola con il compito di ripensare il suo rapporto con l ambiente sociale. Il problema non è solo quello di ottimizzare la relazione con lo studente, ma prima ancora di costruire tale relazione. Ma come entrare in rapporto con uno studente che esprime modelli di ruolo incompatibili con il progetto formativo della scuola? È rispetto a questo problema, che ci pare utile rivolgere l attenzione ad una seconda direzione teorica e di intervento maturata entro la prospettiva culturale; una direzione che ha visto interagire il punto di vista psicodinamico e quello intersoggettivo-contestuale. Tale prospettiva ha evidenziato la rilevanza delle emozioni nella costruzione del senso dell esperienza (cfr. Salvatore e Scotto Di Carlo, 2005). Dal punto di vista emozionale, i soggetti non entrano in rapporto con singoli elementi discreti (il docente, un compito, una regola ), ma con una rappresentazione globale del contesto; è questa rappresentazione globale a regolare il modo con cui essi interpretano e si rapportano ai diversi elementi dello scenario formativo. Si pensi al diverso significato che può assumere una gita scolastica, a seconda che essa venga connotata come premio elargito dalla scuola, entro una rappresentazione amicale della relazione tra docenti e discenti, o come strumento e risorsa di una relazione educativa volta a produrre apprendimento. 185

4 Nel primo caso, la gita potrà essere interpretata come evento voluto dal docente per risparmiare agli alunni qualche giorno di scuola, nel secondo caso come ulteriore attività formativa consentita dal viaggio. Da questo punto di vista, i contenuti, le attività, le procedure messe in campo nella relazione educativa non contengono in sé istruzioni vincolanti rispetto alle modalità del loro utilizzo e agli scopi da perseguire. Lavorare affinché lo studente utilizzi le attività proposte in una direzione coerente con il progetto formativo della scuola significa allora lavorare per una sintonizzazione dei codici simbolici affettivi con i quali si interpreta il contesto dello scambio. In questa direzione, è utile tener conto che la rappresentazione affettiva del contesto educativo è essa stessa una costruzione sociale e intersoggettiva, cui anche il docente partecipa, incoraggiando o meno premesse e criteri di rapporto. Si prenda ad esempio il momento di verifica. Il suo configurarsi come fase di controllo o come ulteriore opportunità di apprendimento è, almeno in parte, legato alla modalità di gestire la fase di restituzione dei risultati: il docente può limitarsi a comunicare un voto che informa l allievo sulla sua distanza o vicinanza dagli esiti di apprendimento attesi o può utilizzare i risultati della verifica per discutere ed affrontare con l allievo la natura delle difficoltà dell apprendimento. La possibilità di interpretare la funzione-docente come costruzione delle condizioni che consentono al processo di insegnamento-apprendimento di dispiegarsi richiede però un rinnovamento prima che dei metodi del modello di relazione educativa. In altri lavori abbiamo definito questo cambiamento nei termini di un passaggio dal setting istituito al setting istituente (Salvatore e Scotto di Carlo, 2005; Venuleo et al., 2008). Se il setting istituito opera dando per acquisita l implicazione dello studente (il suo investimento sulla stessa cornice di senso che orienta le azioni del docente), quello istituente considera la costruzione e il monitoraggio di tale implicazione un obiettivo dell agire educativo. In questa ottica, ogni modalità dello studente di rapportarsi agli elementi dello scenario formativo diventa una possibilità informativa preziosa su come lo studente sta interpretando il senso della relazione educativa e il proprio ruolo al suo interno. L obiettivo del setting istituente non è alternativo all obiettivo di costruire il sapere. Svolge, rispetto a quest ultimo, una funzione metodologica, di costruzione sistematica delle condizioni organizzative e di rapporto che consentono il dispiegarsi dell insegnamento-apprendimento. 186

5 Conclusioni Il contesto sociale e culturale è cambiato; non garantisce più le condizioni che un tempo consentivano alla scuola di considerare scontato l investimento dello studente sugli obiettivi e le regole dell agire educativo; per la scuola la costruzione di tali condizioni si configura dunque come un obiettivo metodologico prioritario; perseguirlo richiede una revisione dei modelli educativi, oltre che dei metodi didattici. La psicologia può sostenere tale cambiamento, ma per far questo deve misurarsi con una revisione radicale dei propri modelli, nella direzione di un attenzione alle dimensioni contestuali del processo di apprendimento. Bibliografia Bellotto, M. (1995). I metodi attivi nei gruppi di formazione. In F. Avallone (Ed.), La formazione psicosociale (pp ). Roma: NIS. Carugati, F., & Selleri, P. (1996). Psicologia sociale dell educazione. Bologna: il Mulino. Pontecorvo, C. (1999). Manuale di psicologia dell educazione. Bologna: il Mulino. Salvatore, S., Ligorio, M.B., & De Franchis, C. (2005). Does Psychoanalytic Theory Have Anything to Say on Learning? European Journal of School Psychology, 3(1), Salvatore, S., & Scotto Di Carlo, M. (2005). L intervento psicologico per la scuola. Roma: Edizioni Carlo Amore. Venuleo, C., Salvatore, S., Grassi, R., & Mossi, P. (2008). Dal setting istituito al setting istituente: riflessioni per lo sviluppo della relazione educativa nel processo di insegnamento-apprendimento. Psicologia Scolastica, 6(2), Vygotskij, L.S. (1934). Pensiero e linguaggio. Roma-Bari: Laterza Ricevuto: Accettato:

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