LECTIO DIVINA DOMENICA II di AVVENTO Anno C 05 dicembre 2015

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1 LECTIO DIVINA Domenica i di Avvento - Anno C TESTI: Bar 5,1-9 Fil 1,4-6; 8-11 Lc 3,1-6 Dal libro del profeta Baruc Bar 5,1-9 Deponi, o Gerusalemme, la veste del lutto e dell'afflizione, rivèstiti dello splendore della gloria che ti viene da Dio per sempre. Avvolgiti nel manto della giustizia di Dio, metti sul tuo capo il diadema di glori dell'eterno,perché Dio mostrerà il tuo splendore a ogni creatura sotto il cielo. Sarai chiamata da Dio per sempre:«pace di giustizia» e «Gloria di pietà». Sorgi, o Gerusalemme, sta' in piedi sull'alturae guarda verso oriente; vedi i tuoi figli riuniti, dal tramonto del sole fino al suo sorgere, alla parola del Santo, esultanti per il ricordo di Dio. Si sono allontanati da te a piedi, incalzati dai nemici; ora Dio te li riconduce in trionfo come sopra un trono regale. Poiché Dio ha deciso di spianare ogni alta montagna e le rupi perenni, di colmare le valli livellando il terreno, perché Israele proceda sicuro sotto la gloria di Dio. Anche le selve e ogni albero odoroso hanno fatto ombra a Israele per comando di Dio. Perché Dio ricondurrà Israele con gioia alla luce della sua gloria, con la misericordia e la giustizia che vengono da lui. Dalla Lettera ai Filippesi Fil 1,4-6,8-11 Fratelli, sempre, quando prego per tutti voi, lo faccio con gioia a motivo della vostra cooperazione per il Vangelo, dal primo giorno fino al presente. Sono persuaso che colui il quale ha iniziato in voi quest'opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù. Infatti Dio mi è testimone del vivo desiderio che nutro per tutti voi nell'amore di Cristo Gesù. E perciò prego che la vostra carità cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento, perché possiate distinguere ciò che è meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quel frutto di giustizia che si ottiene per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio. Dal Vangelo secondo Luca Lc 3,1-6 Nell'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell'iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell'abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com'è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!». Le tre letture, che ci sono state proposte dalla Chiesa per questa seconda domenica di Avvento dell anno C, cercano di nutrire la speranza che Dio, che ha iniziato realizzare un suo progetto, lo porterà certamente a compimento. Questo potrebbe essere il filo rosso di tutte e tre le letture, che però attraversa delle esperienze che ancora sono esperienze di sofferenza, quasi di dimenticanza da parte di Dio della situazione in cui si trova il suo popolo, in cui si trovano i discendenti dei suoi amici, il patriarca Abramo, Isacco, Giacobbe. 1

2 Nel sottolineare questa certezza, le letture cercano di nutrire la nostra speranza: Non vi preoccupate, dice il profeta, ormai il vostro esilio sta per terminare, e presto toccherete con mano che il ricordo di Dio nei vostri confronti non è mai venuto meno. Il Cristo della Lettera ai Filippesi prosegue sulla stessa linea, perché Paolo, in modo esplicito, ricorda che ciò che Dio ha cominciato con voi, certamente lo porterà a compimento, tuttavia, resta ancora un pellegrinaggio da compiere, un pellegrinaggio, che sollecita la vostra capacità di discernimento. Questa parola, discernimento, è molto importante sia nell Antico, che nel Nuovo Testamento. Il discernimento, però, è sempre accompagnato anche da una sollecitazione a scegliere di orientarsi verso la direzione giusta, perché il nostro cammino può essere un cammino molto accidentato e soggetto a tantissimi bivii, per cui bisognerà sempre fare discernimento, per capire se la via giusta per arrivare alla meta è quella che piega verso una parte, oppure quella che va verso un altra parte. Qui la preghiera di Paolo: Prego perché voi abbiate discernimento, sappiate scegliere, la via giusta. Il bivio è sottolineato già nel libro dell Deuteronomio (Cf Dt 30, 15 ss): è Dio stesso che mette l uomo di fronte ad un bivio. Un bivio in cui da una parte c è l ascolto e l obbedienza alla Parola di Dio e che porta verso la vita e dall altra c è, invece l ascolto e il lasciarsi trascinare da un altra direzione, che va verso la morte. Dio si è preoccupato di offrire al popolo le dieci parole, che portano verso la vita, però non le ha imposte all uomo, né poteva imporle, perché, se le avesse imposte, avrebbe violato la loro libertà, quella libertà che a Dio sta talmente a cuore che l ha inscritta in ogni essere umano, al momento stesso della creazione, quando fece l uomo a sua stessa immagine. Certo che Dio è preoccupato di dire: Scegliete la strada della vita e fa di tutto per sollecitare il popolo a dare ascolto alle dieci parole, che orientano verso la vita, mai, però, fino al punto da imporre. Dio propone, non smette mai di proporre, propone anche quando l uomo gli volta le spalle; Dio cambia addirittura posizione per potersi fare incontrare sempre dall uomo frontalmente; e, mettendosi frontalmente di fronte all uomo,sollecitarlo ancora una volta a scegliere la strada giusta della vita. Queste, dunque, sono le sottolineature ch ci vengono dalle prime due letture, ma con l aggiunta anche di questa provocazione, che viene dal deserto. avrete davanti a voi il deserto, perché occorrerà attraversare il deserto per passare dalla terra di esilio e ritornare nella terra dei padri. Certamente il deserto sembra una barriera insormontabile, difficilissima da attraversare; a quel punto è Dio stesso che si impegna: Va bene, so benissimo che dovete attraversare un deserto, ma io mi incaricherò di fare in modo che il deserto possa essere superato da voi; anzi, vi do fin da ora questa bella notizia: i monti saranno abbassati, le valli saranno riempite e i tragitti tortuosi diventeranno diritti. Certo, è una proclamazione che non toglie all uomo la possibilità di cooperare a sua volta. Ma di quale cooperazione si tratta? Qui adesso arriva la terza lettura: questa ci mette di fronte a un doppio scenario; Luca lo farà di nuovo alla nascita di Gesù, ma lo preannunzia già in questo primo riferimento a Giovanni Battista: da una parte c è il con tutte le sue oscurità, ma anche con tutte le sue chiarezze, ma anche con tutte le sue distinzioni di regioni e di padroni della rispettive regioni; c è addirittura il riferimento al capo dei capi che è Tiberio Cesare, il mondo ha le sue strutture, ha tutto cio che serve per poter garantire, secondo i criteri del mondo la solidità dell impero, del regno, e anche la solidità dei singoli personaggi. Dunque, chi legge il testo ha l impressione che Luca voglia proprio sottolineare questo ordine del mondo: Tiberio succede immediatamente a Cesare Augusto, il quale, come sappiamo, era considerato come il creatore della pace, la pax Augusti, e Tiberio usufruisce di questa pax, non solo, ma sembra che egli fosse anche abbastanza liberale da aver deciso di considerare religio licita anche il piccolo gruppo di cristiani, che si stavano distaccano dagli Ebrei a Roma. È famosissima la proposta di Tiberio al Senato Romano di dichiarare religio licita questo piccolo gruppo di gente, un po senza arte, né parte; secondo alcuni storici, a Roma in quel tempo non c erano più di duecento cristiani, in tutto. Però la sensibilità di questo imperatore è molto indicativa: fece questa richiesta al Senato e il Senato 2

3 non gli concesse il consenso. Ne parla Tertulliano (fine II secolo, inizio III), c è, tuttavia, tutta una serie di ricercatori i quali pensano che Tertulliano si sia inventata questa cosa, ma Tiberio è considerato nella tradizione cristiana come un imperatore aperto, liberale, che, tra le altre cose, aveva anche sollecitato la possibilità di considerare religio licita anche quel piccolo gruppo di Ebrei e di qualche pagano, che si stavano staccando dai Giudei. Questo perché, secondo quello che si dice abitualmente, Luca vuol far vedere che c è un ordine nel mondo, e anche un modo nel mondo e con i criteri del mondo e con le autorità del mondo di provare a costruire la pace, quindi, provare a costruire un mondo felice. Dio potrebbe inserirsi in questa opera o in questo sforzo dell uomo; invece, sembra che la scelta di Dio sia stata tutt altra. Fa impressione, se voi considerate le prime righe di questo cap.3: Nell'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea..., cioè la descrizione di un ordine stabilito; poi il quadro cambia totalmente: la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto. Questo è ciò che cambia tutto. Tiberio non è riuscito ad avere il consenso del Senato per la sua dichiarazione di religio licita, tutto questo ci deve servire per capire che Dio preferisce percorrere strade diverse, non quelle di avere il consenso delle autorità costituite, non quelle di stare d accordo con tutto ciò che il grande potere può pensare, perché la Sua scelta va in totale altra direzione. Ora, il deserto è un punto di riferimento anche simbolico, certamente è u riferimento geografico, ma è un riferimento simbolico, perché il deserto è per definizione un terreno dove non nasce nulla, è in se stesso la povertà più radicale; ci sono, sì, i nomadi che possono riuscire a succhiare la vita anche dal deserto, ma abitualmente il deserto è sinonimo di mancanza di vita, a tutti i livelli, oltre tutte le pericolosità che si possono determinare nel deserto. Deserto è sinonimo di vuoto, di non vita. allora che osa può significare questa Parola, che scende su Giovanni, il Battista nel deserto. Vuol dire che Dio si aspetta che ci sia l ammissione della propria incapacità da parte della creatura, da parte del creato, da parte delle creature di riuscire a garantire da soli la vita, perché vuole avere la soddisfazione di essere Lui a creare la vita. è un po come all inizio della creazione: dal nonessere si passa all essere, perché la Parola di Dio ha parlato: sia la luce e la luce fu, in modo che nessun altro potesse accampare qualunque tipo di merito sulla nascita della luce. Così, anche qui, la Parola si presenta nel deserto, perché nessun altro possa accampare chi sa quale merito per la fecondità di questa parola. Luca porterà avanti questo tipo di concezione con riferimento a Maria: nella teologia di Luca, anche Maria è proposta come questo deserto, vergine, che non è stata fecondata da nessuno, che diventa lo spazio, in cui il Verbo di Dio decide di prendere carne e abitare tra gli uomini. Abbiamo la creazione, abbiamo la predicazione del profeta, ma abbiamo anche un riferimento, implicito, ma molto concreto alla rinascita del popolo d Israele nel deserto. Il popolo d Israele, dopo 400 anni dai tempi di Giuseppe, il figlio di Giacobbe, viveva di fatto nell abbondanza dell Egitto; viveva da schiavo, certo, però aveva le sue cipolle, le sue pentole di carne, cioè aveva la sua vita in mezzo agli uomini. Arriva Mosè e sollecita questo popolo a lasciare tutto, attraversare il mare e fidarsi di poter rinascere in modo nuovo, proprio nel deserto. Nel deserto, proprio perché, come si è detto prima, il vanto fosse soltanto di Dio. È nel deserto che il popolo riceve le dieci parole, è nel deserto che viene formato come popolo da Mosè, è nel deserto che matura se stesso, affrontando tutti i rischi, che si possono correre in un deserto, prima di attraversare un altra acqua, quella del Giordano e finalmente entrare nella terra promessa. Tutti questi riferimenti, che sono simultaneamente storici e simbolici, vengono ripresi in questa pagina del Vangelo di Luca. Giovanni il battezzatore, proprio perché si definisce il battezzatore, è colui che, come un altro Mosè, fa passare il popolo attraverso le acque, così come Giosuè fa passare di nuovo attraverso le acque il popolo. Tutto questo è figura di un Altro, di cui Giovanni Battista sarà consapevole, come di qualcuno, che ha una dignità superiore alla sua, ma, intanto, egli propone questo tipo di traversata delle acque. L attraversamento delle acque è simbolicamente il passaggio dalla schiavitù verso il deserto della libertà. Quindi c è da una parte il riferimento al deserto e dall altra il riferimento alla libertà. Chi è nel deserto, in realtà, è davvero libero, perché chi è nella città è condizionato da tutto ciò che è presente nella città e costituisce la città, mentre chi va nel deserto si libera da tutto e da tutti: è quello che hanno fatto i monaci, a partire da Pacomio, da Antonio, hanno lasciato la città e si sono inoltrati nel deserto, proprio per essere 3

4 liberi. Hanno venduto tutto o l hanno regalato ai poveri, poi si sono inoltrati nel deserto. Questo è ciò che i monaci hanno ripetuto nella propria vita, riferendosi a questo stile, che è proprio di Dio, che sceglie Giovanni e lo sceglie nel deserto. E proprio mentre Giovanni vive nel deserto ci saranno descrizioni più esplicite di come Giovanni viveva nel deserto, viene la Parola di Dio. Che cosa, adesso, la Parola di Dio fa esprimere attraverso la voce a Giovanni? Giovanni, dunque vive nel deserto, si sente lui stesso desertificato, e non osa definirsi <parola>, pur avendo ricevuto la Parola, si autodefinisce semplicemente <voce>. L voce, come ciò che predispone alla parola: se uno ha la voce, può articolarla in parole, ma bisogna, appunto, articolarla, altrimenti è semplicemente vox, flatus vocis, un soffio della voce. Questa la prima caratteristica, che sembra che Giovanni Battista attribuisca a se stesso. Comunque, consapevole di questa missione, non si dà mai per vinto, attraversa continuamente tutta la regione del Giordano; ora, la regione del Giordano è una regione, che ha due sponde: una sponda è quella che si prospetta verso il deserto, l altra è quella che stabilisce i confini della terra promessa; Giosuè deve attraversare il Giordano per passare dal deserto alla terra dove scorrono il latte e il miele. Dunque, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto. (Secondo gli studiosi Giovanni Battista, essendo figlio di un sacerdote, non era un ignorante e non era un uomo del popolo, come Gesù; era un uomo ben educato; Paolo Sacchi è riuscito perfino a ricostruire la biblioteca di Giovanni Battista, una biblioteca, che era abbastanza nutrita, perché una famiglia sacerdotale doveva conoscere tantissime cose per svolgere il suo servizio, quindi, un figlio di famiglia sacerdotale, fin da bambino, riceveva tante conoscenze. È per questo che Paolo Sacchi, un grande studioso, aggiunge che probabilmente Gesù ha passato molto tempo con Giovanni Battista nel deserto, e, grazie proprio alla possibilità di usufruire della biblioteca di Giovanni Battista, Gesù si era acculturato in tantissime conoscenze, tanto che i suoi stessi concittadini si chiedevano: dove ha imparato tutte queste cose? Gesù non nasce con la scienza infusa, Gesù va a scuola da Giovanni Battista. È vero che Giovanni Batista vive nel deserto, ma non per questo smette di essere figlio di una famiglia sacerdotale piuttosto colta, rispetto alla maggioranza della gente. Giovanni Battista, allora, percorre tutta la regione del Giordano e predica il battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Questa è la prima dichiarazione che fa Luca. È il βάπτισμα τἠς μετανοίας, Giovanni, cioè cerca di sollecitare i suoi contemporanei che ormai è arrivato il momento di liberarsi, come il popolo di Israele schiavo in Egitto, passare attraverso le acque e fidarsi unicamente di Dio. Sono dunque tre passaggi: staccarsi, immergersi, fidarsi. Questa è la conversione nel senso della teshuvah, cioè del ritorno alla signoria di Dio sul popolo. Signoria, prima ha parlato dei signori, che dominano tutta la regione, ha sottolineato che Io non sono nulla per tutti questi poteri, perché la sua Parola l ha consegnata a Giovanni, adesso abbiamo Giovanni che sollecita a non avere altre signorie, quindi a fare teshuvah: finora ti sei fidato di tutto ciò che la città, o l impero, o i grandi benefattori dell umanità ti potevano proporre, ora è arrivato il momento di immergerti nell acqua, dove viene distrutto tutto l esercito del faraone, non da te perché non ne saresti stato capace, ma da Dio, e riemergere finalmente solo nel deserto. Ci sono questi riferimenti storici e simbolici nel bagno nelle acque e nella conversione: ci si bagna nelle acque per poter ricominciare daccapo: questa è la teshuvah: ricominciare daccapo. E, mentre prima si consideravano signori della nostra vita tutte queste altre cose, adesso, dopo il passaggio attraverso le acque, l unica signoria da riconoscere è quella di Dio. questo è ciò che significava il bagno, non soltanto per Giovanni Battista; anche altri predicatori avevano utilizzato questo modo simbolico di riconoscere al signoria di Dio, ad esempio su un convertito dal paganesimo; nel rito ebraico i proseliti dovevano passare attraverso le acque. Le acque erano anche sinonimo di purificazione, di lavacro, ancora adesso, nella 4

5 tradizione ebraica, c è un bagno, che compiono le donne: è un rito, che devono fare subito dopo che è passato il tempo della mestruazione. Le acque significano pulizia, lavacro, ma significano anche liberazione da tutto ciò che viene considerato come un sovrappiù, come delle scorie, delle quali dobbiamo fare a meno. E, tra questo sovrappiù, secondo il testo di Luca che abbiamo letto, ci sono anche le autorità, le più solenni, a partire dall imperatore: anche quello va messo dietro, perché sia annegato, come fu annegato il faraone con il suo esercito nel Mar Rosso. Non nel senso che fisicamente ci si augura questo, ma nel senso simbolico, perché si deve passare da una signoria ad un altra. San Gregorio di Nissa dice che il perfetto credente in Dio, che egli identifica con Mosè, è colui che può dire di essere servo di Dio e di nessun altro. È in questa appartenenza totale alla signoria di Dio che si vive poi l amicizia con Dio: Dio si pare a chi si apre a Lui. Sono le due caratteristiche di Mosè, al termine della sua vita: è philos Theou e doulos Theou, è amico di Dio ed è servo di Dio. A questo porta il battesimo di Giovanni, a riconoscere questa signoria unicamente di Dio. e, se ci sono delle difficoltà, c è il richiamo alla profezia. Ed è proprio ciò che dice Giovanni predicando il battesimo di conversione per il perdono dei peccati, perché tutte queste signorie, dalle quali liberarci sono, di fatto, fallimenti, le amartiai (l amartia è il non aver colpito il bersaglio, cioè non aver fatto la scelta giusta della vita); di conseguenza, il battesimo reimmette nella possibilità di scegliere la strada, che permette di colpire il bersaglio. Il battesimo è come una specie di eliminazione d tutti i fallimenti, di tutti gli sbagli, di tutte le incapacità, che abbiamo avuto di cogliere il bersaglio, quindi di tutte le schiavitù che ci siamo messe addosso, per poter finalmente vivere nella libertà dei figli di Dio e riconoscere unicamente la signoria di Dio su di sé. Com'è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa. Qui, adesso, c è l auto-giustificazione di Giovanni: Io sto camminando lungo tutte le sponde del Giordano per chiedere questo passaggio dalla signoria del faraone alla signoria di Dio, e faccio questo, perché incarno nell mia persona la profezia di sei secoli fa, quella di Isaia, che dice: «Voce di uno che grida nel deserto Lasciamo stare tutte le preoccupazioni che hanno gli esegeti; tutto dipende dalla punteggiatura. Se si intende: Voce di uno che grida: -due punti- nel deserto preparate la via del Signore è abbastanza chiaro. Invece, se c è scritto: «Voce di uno che grida nel deserto: -due punti- preparate la via del Signore, i significati sono diversi. Però i Padri della Chiesa tengono insieme tutte e due le cose. questa la loro creatività, non si legano ad una punteggiatura sola (le punteggiature sono state messe molto tardi, poi ognuno mette la punteggiatura come ritiene, quando legge un testo che non ha le vocali, né punteggiatura. Infatti, spesso i maestri di Israele dicono: non leggere così, ma in altro modo, così anche il N.T. si prende la libertà di mettere i due punti dopo. Se si mettono prima nel deserto preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri... vuol dire che ormai sono alla vigilia della partenza verso la terra promessa e si danno da fare per poter creare una strada nel deserto, per riuscire a superare tutte le difficoltà. Quando alla TV vedo tutte quelle migliaia di persone che, profughe dalla Siria, vanno verso il nord, penso che siamo di fronte all trasmigrazioni bibliche, che sembrano così lontane, eppure i media ce le sbattono dinanzi agli occhi; forse dovremmo fare un esperienza e vedere che cosa si può provare. Questo significa preparate una strada nel deserto: datevi da fare e lo fanno con entusiasmo, perché sono convinti di riuscire finalmente a stare meglio, in un luogo, dove gli può essere garantita la vita, il benessere e tutto quello che noi possiamo immaginare. Pensate l angoscia che provano, quando arrivati al confine, vengono respinti e trovano un filo spinato o un muro assolutamente invalicabile Dev essere uno scoramento terribile! Ed è questo che potevano provare anche gli Ebrei, quando finalmente liberati dalla schiavitù di Babilonia, si sono trovati di fronte al deserto, e potevano veramente sentirsi venir meno Il profeta li conforta: Coraggio! Insieme con voi c è qualcun altro, come abbiamo sentito nella prima lettura, che chiede addirittura agli alberi di farvi ombra, perché possiate arrivare. il desiderio di Dio è la vita dell uomo non la morte. La gloria di Dio è l uomo che vive, non l uomo che muore: Io sono il Dio della vita, non della morte Non voglio la morte neppure del peccatore, se mai che si converta e viva. Qui dobbiamo leggere fra le righe questo desiderio di Dio che l uomo provato dalla schiavitù di 400 anni di Egitto, o dall esilio di Babilonia, possa trovare accanto a sé qualcuno che gli dà la garanzia di poter raggiungere la meta. Questa è una caratteristica del popolo ebraico: non si è mai perso 5

6 d animo. Sono passati almeno anni, se non di più, dal tempo di Abramo, ma non si è mai dato per perso: ha affrontato una difficoltà dopo l altra, fino a veri e propri genocidi, si è sentito sempre solidale come popolo, in compagnia di qualcuno, ch egli è stato sempre accanto. Io sono Colui che ti sta accanto. Questa la rivelazione che riceve Mosè sul monte Sinai, che è stata trasformata poi in dichiarazione metafisica: Io sono Colui che sono, ma in realtà è Io sono Colui che non ti abbandonerò mai. È questa la sostanza, il contenuto della parola di Giovanni, certo; che si fonda sulla parola dei profeti. Stai tranquillo, qualunque cosa tu abbia fatto, in qualunque modo tu ti sia comportato, può forse una mamma dimenticare il figlio del suo grembo? Se anche una mamma lo facesse, Io non lo farò mai e se i tuoi peccati fossero rossi come porpora, io li trasformerei bianchi come la neve. Questa è la bella notizia di Isaia, che Giovanni Battista fa propria: Preparate, siate contenti, datevi da fare per preparare le vie del Signore, raddrizzate i suoi sentieri, state tranquilli: ogni burrone sarà riempito, ogni monte, ogni colle sarà abbassato, le vie tortuose diventeranno diritte e quelle impervie saranno spianate, perché la mia preoccupazione è la salvezza di tutti: πᾶσα σὰρξ (pasa sarx) ogni carne sperimenterà questa salvezza (non la salute), che viene d Dio. Adesso la contrapposizione con la prima parte è molto chiara: nella prima pare sembrava che tutto dovesse dipendere dall organizzazione dell impero, da Tiberio, fino ai reucci della Palestina, adesso la conclusione che fa Luca è che la salvezza è la salvezza universale (πᾶσα σὰρξ). Si pensi che Tiberio, il successore di Augusto, si sentiva il pantokrator, cioè colui che dirigeva tutto, colui che era il padrone della vita e della morte, quindi colui che poteva dare la salvezza oppure perdere una persona Tutto questo è gettato via. State tranquilli: ogni uomo sperimenterà τὸ σωτήριον τοῦ θεοῦ (to sotérion tou theou) di essere stato salvato da Dio. Ecco, finisce così questa seconda domenica. Ed è una domenica, che davvero apre il cuore alla speranza e ci sostiene in questa speranza. La speranza, di cui si sta parlando non è l éspoir francese: speriamo speriamo No, la speranza, di cui si parla è qualcosa che ha un fondamento, come quando uno vede il germoglio e sa che ci sarà il frutto. Quindi, c è un già in questa nostra speranza: Dio, che ha dato inizio al suo progetto, certamente lo compirà: se ci ha fatti nascere, ci porterà sicuramente alla pienezza della vita, perché ha dato inizio alla vita, perché questa vita potesse arrivare fino alla sua pienezza. Naturalmente, noi pretenderemmo di essere noi a dire: quanti anni, la salute, ecc., tutte cose molto marginali, che, però, ci affogano quotidianamente. Invece, la speranza fa piazza pulita di tutte queste preoccupazioni: sii certo, se Dio ti ha dato la vita, sarà Dio stesso a fartela realizzare fino in fondo. Già ieri, alla Casa della parola io ho detto che, secondo i Padri della Chiesa, si inizia, ma non si finisce mai, perché sta proprio in questo la vita: a vita succede vita; si progredisce in questa vita e nell altra di luce in luce, di pienezza in pienezza. Non vi impressionate: Dio è Infinito e noi camminiamo in questo fiume, che ci riconduce alla fonte, ma è una fonte, che è sempre davanti a noi, non sarà mai dietro di noi. È una cosa che sgomenta anche, Gregorio di Nissa lo chiama mistero, ed è giusto, ma è anche qualcosa di grande: se ci ha dato la vita, ci manterrà in vita. è la memoria di Dio che ci rende sicuri della risurrezione. La risposta di Gesù ai sadducei. Dio è Dio dei vivi, non dei morti. Ci stiamo preparando alla nascita di Gesù, ma simultaneamente pensiamo che anche noi siamo nati, come è nato Gesù, ma, come Lui è proiettato verso la Risurrezione, che è oltre questa nostra realtà creaturale, altrettanto si può e di deve dire di noi. Ogni uomo (πᾶσα σὰρξ) vedrà la salvezza che appartiene a Dio. 6

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