LIFE CYCLE ASSESSMENT: SVILUPPO DI INDICATORI SPECIFICI PER L'ITALIA PER LA FASE DI VALUTAZONE D'IMPATTO
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1 ENTE PER LE NUOVE TECNOLOGIE, L'ENERGIA E L'AMBIENTE IT449 Dipartimento Energia LIFE CYCLE ASSESSMENT: SVILUPPO DI INDICATORI SPECIFICI PER L'ITALIA PER LA FASE DI VALUTAZONE D'IMPATTO P. MASONI ENEA - Dipartimento Energia Centro Ricerche Casaccia, Roma E. SCIMIA Università degli Studi di Bologna RT/ERG/99/1
2 I contenuti tecnico-scientifici dei rapporti tecnici dell'enea rispecchiano l'opinione degli autori e non necessariamente quella dell'ente.
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4 RIASSUNTO Dopo un breve richiamo e una descrizione della metodologia di LCA (Life Cycle Assessment). il cui scopo è quello di stabilire e valutare gli impatti ambientali associati a un prodotto o alla fornitura di un servizio nel corso del suo intero ciclo di vita, il lavoro tratta in modo più approfondito la fase centrale della metodologia denominata "Valutazone dell'impatto". Nello specifico vengono presentate: una rassegna dello stato dell'arte un'individuazione critica di possibili indicatori ambientali, di criteri di normalizzazione e di attribuzione di pesi ai diversi temi ambientali specifici per l'italia. Viene quindi descritta l'applicazione del metodo ad un caso concreto relativo alla produzione di burro presso il "Consorzio Granterre" di Modena. Per concludere vengono fatte una serie di considerazioni su pregi e limiti dell'attuale stato di sviluppo in particolare riferimento alla fase di Valutazione dell'impatto e indicati le possibili ricerche e gli sviluppo necessari. ABSTRACT After a brief recall and a short description of the LCA (Life Cycle Assessment) methodology, whose aim is to define and evaluate the environmental impacts related to a product or to a service within its life cycle, the work is focused on the second step of LCA methodology: the Impact Assessment step. In particular you can find: a review of the state of the art a critical identification of environmental indicators, of normalisation and weightening principles for the different environmental categories specific for Italy. Then you will find the application of the methodology to a case study concerning the production of butter by the "Consorzio Granterre" of Modena. In conclusion, some considerations are done about the status and the limitations of the actual development, in particular referring to the Impact Assessment step. Finally, needs for research and development are underlined. KEY WORDS: LIFE CYCLE ASSESSMENT, ENVIRONMENTAL IMPACT. IMPACT INDICATORS
5 INDICE PREMESSA 5 INTRODUZIONE 9 1. INTRODUZIONE AI PRINCIPI DELL'ANALISI DEL CICLO DI VITA STRUTTURA CONCETTUALE DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI E DEI LIMITI INVENTARIO, GENERALITÀ' SULLA VALUTAZIONE D'IMPATTO: PRINCIPI E STRUTTURA PRINCIPI DELLA VALUTAZIONE DELL'IMPATTO STRUTTURA CONCETTUALE DELLA VALUTAZIONE D'IMPATTO CRITERI PER LA DEFINIZIONE DELLE CATEGORIE D'IMPATTO CLASSIFICAZIONE CARATTERIZZAZIONE METODI DI CARATTERIZZAZIONE, NORMALIZZAZIONE E VALUTAZIONE D'IMPATTO METODI DI CARATTERIZZAZIONE PER CATEGORIE D'IMPATTO AD EFFETTO NON TOSS ICO Riscaldamento Globale Impoverimento dell'ozono stratosferico Fotossidazione Acidificazione Eutrofizzazione METODI DI CARATTERIZZAZIONE PER CATEGORIE D'IMPATTO AD EFFETTO TOSSICO Ecotossicità Tossicità umana METODI DI CARATTERIZZAZIONE PER L'IMPOVERIMENTO DELLE RISORSE NORMALIZZAZIONE E VALUTAZIONE Scelte da compiere per la Normalizzazione Assegnazione di un peso ai differenti impatti VALUTAZIONE DELL'IMPATTO IMPLEMENTAZIONE DEL METODO EDIP SUL SIMAPROS.I NORMALIZZAZIONE PER L'ITALIA VALUTAZIONE PER L'ITALIA CASO STUDIO: L'LCA APPLICATO ALLA PRODUZIONE DEL BURRO INFORMAZIONI GENERALI DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI E DEI LIMITI INVENTARIO RISULTATI 65 CONCLUSIONI 67 SIGLE E ABBREVIAZIONI 69 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 71 APPENDICEA:METODIPERLAVALUTAZIONEDELLA TOSSICITÀ 75 APPENDICE B: FATTORI DI CARATTERIZZAZIONE PER ECOTOSSICITÀ E TOSSICITÀ U M A N A77 APPENDICE C: METODIPER L'ASSEGNAZIONE DI UN PESO AI DIFFERENTI TEMI AMBIENTA LI 85
6 APPENDICEDtSOSTANZEMANCANTINELDATABASEDELSIMAPROàl &S. APPENDICE E: EMISSIONI NAZIONALI (DE LAURETIS, 1998) 99. NOTA: non essendo stata fornita l'incertezza sulle misure i dati sono stati riportati informa grezza come da originale APPENDICEF:SCHEMADELCICLODIVITADELPROCESSODIPRODUZIONEDELBURRO 117 APPENDICE G: INVENTARIO COMPLETO PERIL CICLO DI VITA DEL BURRO (SIMAPRO 3.1) 119 APPENDICE H: V ALUTAZIONE DELL'IMPATTO CON I METODI ECO-INDICATOR E EDIP ITALY 123
7 PREMESSA Questo rapporto si basa su una parte del lavoro svolto in occasione della tesi di laurea in Scienze Ambientali della Dott.ssa Emanuela Scimìa dal titolo "Analisi del Ciclo di Vita: uno strumento per la valutazione degli effetti ambientali complessivi di un prodotto. Applicazione alla produzione del burro", relatore prof. Luigi Bruzzi, correlatore prof. Sandro Grilli, discussa presso il Corso di Laurea in Scienze Ambientali dell'università degli Studi di Bologna nell'a.a. 1997/98. Il lavoro è stato svolto presso il Dipartimento Energia (ERG), Divisione Sistemi Energetici Ecosostenibili dell'enea di Bologna, sotto la guida dell'ing. Paolo Masoni, nell'ambito dell'attività in corso sull'lca applicata alle PMI. Si ringraziano per il materiale fornito e per l'aiuto il Consorzio Granterre di Modena, la Dott.ssa Patrizia Bianconi e il Dott. Stefano Marani di ERVET s.p.a., l'ing. Balàzs Sarà (borsista ENEA-Bologna), l'ing. Riccardo De Lauretis (ENEA-Casaccia, Roma), l'ing. Riccardo Liburdi (ENEA-Casaccia, Roma), il prof. Sandro Grilli (Università di Bologna, Facoltà di Medicina) la Dott.ssa Ida Marcello (Istituto Superiore di Sanità-Roma) e il Dr. Gabriele Zanini (ENEA-Bologna).
8 INTRODUZIONE Negli ultimi anni l'interesse per la qualità ambientale di prodotti industriali è andata via via crescendo. Con l'introduzione del concetto di sviluppo sostenibile^, dopo un'attenzione iniziale rivolta soprattutto ad una ristretta categoria di prodotti particolarmente nocivi per l'ambiente, la direzione presa è stata quella di ampliare lo spettro di scelte possibili ed estendere l'interesse a qualsiasi processo produttivo o servizio. L'attuazione di uno sviluppo sostenibile richiede l'ausilio di adeguati strumenti metodologici e l'apporto di validi contributi scientifici. L'estrema complessità delle interazioni che si possono verificare tra un processo produttivo e l'ambiente richiedono infatti una vasta gamma di conoscenze e soprattutto una visione ampia ed integrale delle problematiche ambientali. Tra gli strumenti analitici disponibili, l'analisi del Ciclo di Vita (LCA = Life Cycle Assessment) è diventato di recente uno dei più frequentemente adottati proprio per la sua caratteristica di valutazione integrale degli effetti che un ciclo produttivo può indurre nell'ambiente. In pratica essa è costituita da due fasi principali: la determinazione del bilancio degli ingressi e delle uscite (Inventario) e la valutazione degli impatti (Life Cycle Impact Assessment, LCIA) ad essi associati. Mentre la fase di Inventario ha raggiunto un grado di standardizzazione tale da consentirne la normazione (ISO, 1998), la fase di Impact Assessment, oltre che per il permanere di aspetti che necessitano di un ulteriore approfondimento scientifico, ma soprattutto per l'elevato grado di soggettività insita, non ha ancora raggiunto un consenso internazionale. La soggettività del metodo deriva dal fatto che la percezione dei problemi ambientali e la loro importanza relativa sono la rappresentazione di una scala di valori etici, ed in quanto tali non assoluti e dipendenti dal momento storico. Se si pensa che lo scopo della LCIA è quello di riassumere in pochi numeri scientificamente validi le complesse interazioni con l'ambiente, diventano subito evidenti le difficoltà esistenti per la definizione di un metodo standard ed univocamente accettato. Uno dei problemi che spesso si pone quando si confrontano due prodotti o due sistemi diversi aventi le medesime funzioni, è quello di decidere se sia preferibile quello che presenta una ridotta emissione specifica (ad esempio di CO,) a spese di un incremento di altre emissioni (ad esempio NOJ: la fase di LCIA è finalizzata proprio a rispondere a questo tipo di domande. Per raggiungere questo scopo è necessario, come vedremo più dettagliatamente nel seguito, disporre di fattori di caratterizzazione che legano ogni singola emissione ad uno o più specifici problemi ambientali (ad esempio la CO,con l'effetto serra, gli NO x con l'acidificazione e lo smog fotochimico) e di un sistema di pesi che consenta di paragonare tra loro le differenti categorie di impatto. Lo stato dell'arte della Valutazione dell'impatto presenta ancora aspetti controversi e bisognosi di un ulteriore lavoro di ricerca e sviluppo: la definizione di categorie d'impatto II concetto di sviluppo sostenibile. è stato oggetto di numerosi dibattiti e non sembra questo il luogo per addentrarsi in tale labirinto, per cui ci limitiamo a riportarne qui di seguito due definizioni: "Lo sviluppo sostenibile si prefigge di soddisfare i bisogni attuali senza compromettere quelli delle generazioni future" United Nations World Commission on Environment and Development "La sostenibilità è quella dottrina per cui la crescita economica e lo sviluppo si debbono realizzare e mantenere nel lungo periodo rispettando i limiti imposti dal sistema ambiente nel significato più ampio del termine. Da questo si deduce che protezione ambientale e sviluppo economico vanno visti come processi complementari e non antagonisti" William D. Ruckelshaus. "Toward a Sustainable World." Scientific American, September 1989.
9 ambientale, il considerare o meno aspetti spaziali o temporali all'interno di modelli previsionali, la definizione di criteri per l'assegnazione di un peso ai differenti temi ambientali, le difficoltà specifiche per la valutazione di categorie d'impatto ad effetto tossico. Tutti questi interrogativi hanno trovato risposte in varie proposte metodologiche, ma fino ad ora nessuna è riuscita a ottenere un adeguato consenso. Gli indicatori ambientali e il sistema di pesi, oltre a rispondere ad una serie di criteri di scientificità, devono riflettere le priorità dei diversi temi ambientali, priorità che sono ovviamente legate al sistema di valori di chi le definisce e perciò soggettive. Alcuni Paesi hanno definito una propria scala di priorità ambientali, che ha consentito agli specialisti di sviluppare un adeguato sistema di indicatori. Per quanto riguarda la situazione specifica italiana gli studi di Analisi del Ciclo di Vita sono presenti in numero ridotto, ma la tendenza è sicuramente indirizzata verso una crescita dell'applicazione del nuovo strumento di analisi, tenendo anche conto della comparsa dei primi riferimenti normativi, come per esempio nel Decreto Legislativo n 22 (il cosiddetto decreto Ronchi), 5 febbraio '97 art.3. In seguito agli accordi presi dall'italia all'interno di numerosi protocolli internazionali, ultimo fra tutti quello di Kyoto (Conference of the Parties, 1997; CIPE, 1998), si è resa ancora più pressante la necessità di agire sul sistema produttivo a livello nazionale. In base al protocollo di Kyoto dovranno infatti essere adottate misure per la riduzione delle emissioni di gas-serra per cui nel breve periodo si dovranno realizzare interventi finalizzati all'aumento dell'efficienza energetica e all'incremento degli usi di fonti energetiche rinnovabili. L'idea guida di questo lavoro è quello di verificare la possibilità e la fattibilità di utilizzare l'insieme degli impegni internazionali assunti in campo ambientale e di riduzione delle emissioni di inquinanti dall'italia, come riferimento per la definizione del sistema di indicatori ambientali e di pesi per la fase di Impact Assessment. Purtroppo ad oggi non esiste alcuna esplicitazione di una scala di priorità ambientali italiana. La soluzione possibile è di fare riferimento agli impegni che lo stato ha preso a livello internazionale. I valori di riduzione delle emissioni inquinanti riportati nelle diverse Convenzioni sono ovviamente il risultato di una mediazione tra esigenze in conflitto tra loro: l'entità del problema ambientale, la disponibilità di tecnologie alternative, gli aspetti economici, sociali ecc. Ma proprio per questo motivo, di essere cioè il risultato di un compromesso, la definizione di una scala di priorità basata sugli impegni di riduzione previsti dalle Convenzioni, acquista un significato più ampio e in linea con il concetto di sviluppo sostenibile. Lo studio si prefigge di: descrivere la metodologia LCA; approfondire gli aspetti relativi alla fase di Valutazione dell'impatto; individuare un sistema originale di indicatori ambientali, di criteri di Normalizzazione e di attribuzione di un peso ai diversi temi ambientali; testare la metodologia LCA e il metodo originale proposto applicandolo ad un caso studio relativo alla produzione di burro; valutare i pregi ed i limiti, sia della metodologia LCA sia della Valutazione dell'impatto proposta e identificare le eventuali ricerche e sviluppi necessari. 1
10 1. INTRODUZIONE AI PRINCIPI DELL'ANALISI DEL CICLO DI VITA In uno studio di LCA vengono determinati in maniera quantitativa i flussi di energia e di materia dall'ambiente e nell'ambiente, attraverso l'intero ciclo di vita di un prodotto "from cradle to grave". La valutazione degli effetti sull'ambiente è fatta sulla base dei dati raccolti all'interno di tali quantificazioni. A differenza di quanto è fatto nel caso della procedura di Valutazione d'impatto Ambientale (VIA), con la quale la valutazione degli effetti ambientali si basa su impatti reali, quantificati in relazione all'intensità delle modifiche introdotte nell'ambiente dal sistema che si sta esaminando sulla base della sua localizzazione specifica, nel caso della LCA si astrae dalla localizzazione dei rilasci 2, per determinare un valore di impatto potenziale: cioè la possibilità che, in determinate condizioni, una qualunque emissione o estrazione si trasformi in un contributo a differenti categorie d'impatto. Un altro aspetto da non trascurare riguarda l'inquadramento spazio-temporale del sistema. Nella trattazione delle tematiche ambientali si dovrebbero valutare i tempi di dispersione degli inquinanti, della loro persistenza chimica, della biodegradabilità, del verificarsi degli effetti ambientali ecc. Un impatto sull'ambiente può comparire in modo discontinuo per cui sarà indispensabile valutare l'arco di tempo entro cui verificare gli effetti. Generalmente, in una LCA, gli aspetti spaziali vengono trascurati, spesso il motivo è di natura pratica poiché l'introduzione di variabili spaziali renderebbe l'analisi eccessivamente complicata, sarà importante fare una differenza tra siti più o meno sensibili, comunque anche quest'argomento verrà approfondito nel Capitolo 2. Le applicazioni principali dell'lca si possono raggnippare nelle seguenti categorie: -confronto di prodotti che abbiano la medesima funzione; -comparazione dell'impatto ambientale di un prodotto con uno standard di riferimento (per esempio nell'assegnazione di un Ecolabel); -identificazione degli stadi del ciclo di vita che presentino l'impatto ambientale predominante; -progettazione di nuovi prodotti e di nuovi processi produttivi; -supporto alla pianificazione per la Pubblica Amministrazione consentendo un confronto tra diversi scenari (es. gestione integrata dei rifiuti). Esistono invece casi in cui 1' LCA risulta inadatta agli scopi : -localizzazione di un sito per la realizzazione di un'opera (in questi casi è preferibile ricorrere alla procedura di Valutazione d'impatto Ambientale; EIA = Environmental Impact Assessment); -risoluzione di problemi inerenti il ciclo di vita di una specifica sostanza (SFA = Substance Flow Analysis); 2 Ricerche in corso stanno valutando la possibilità di inserire nell'analisi del ciclo di vita impatti "site-specific", ad esempio tenendo conto dell'altezza a cui viene effettuato un rilascio nell'atmosfera, del livello di fondo di inquinamento o delle caratteristiche ecologiche dell'ambiente circostante. 11
11 -risoluzione di problemi riguardanti uno specifico processo produttivo (risulta sicuramente più idonea l'applicazione del principio della Migliore Tecnologia Disponibile ; BAT = Best Available Technology); -risoluzione di problemi relativi alla sicurezza ed al rischio (meglio ricorrere all'analisi di Rischio; RA = Risk Assessment). L'LCA nei casi sopraccitati potrà essere utilizzata come strumento d'analisi ma dovrà integrarsi con altre metodologie per poter giungere ad una risposta utile. 1.1 Struttura concettuale La descrizione della struttura concettuale dell'analisi del Ciclo di Vita (LCA) parte necessariamente da un attento esame del documento ISO 144 (Environmental management Life Cycle Assessment - Principles and frameworklso 144, 1997). L'Organizzazione Internazionale per la Standardizzazione (ISO) si è preoccupata di compilare una normativa tecnica che descrivesse i principi generali su cui si deve basare uno studio dell'analisi del Ciclo di Vita. L'LCA viene considerato uno strumento quantitativo di valutazione degli impatti potenziali di un prodotto 3. Tecnicamente l'lca viene suddivisa in quattro fasi: -definizione degli obiettivi e dei limiti dello studio (Goal and Scope Definition); -compilazione di un inventario (IA - Inventory Analisys) 4 degli inputs e outputs rilevanti all'interno del sistema; -valutazione degli impatti potenziali (LCIA - Life Cycle Impact Assessment) associati a inputs e outputs; -interpretazione dei risultati dellta e dell'lcia in relazione all'obbiettivo dello studio. 1.2 Definizione degli obiettivi e dei limiti Gli obiettivi (Goal Definition) 5 dello studio non devono essere minimamente ambigui e bisogna sapere esattamente: perché si sta compilando questo studio, a chi ci si sta rivolgendo e a chi si comunicheranno i risultati. Nella definizione dei limiti dello studio (Scope Definition) andranno definite le seguenti voci: a) funzioni del sistema o nel caso di studi comparativi dei sistemi; b) unità funzionale; e) sistema da studiare; d) confini del sistema; e) procedure di allocazione 6 ; f) tipologie d'impatto, metodologie di valutazione d'impatto e d'interpretazione; 3 In questo documento ISO il termine prodotto usato da solo non si riferisce soltanto ad un oggetto di consumo ma anche alla fornitura di un servizio 4 E' importante sottolineare che spesso in letteratura è riportata come LCI. 5 Non esiste ancora una standardizzazione della terminologia italiana né per la Goal Definition né per lo Scope Definition. 6 Procedura che permette di attribuire un impatto ad uno specifico prodotto, servizio o processo produttivo. 12
12 g) dati richiesti; h) assunzioni e semplificazioni; i) limitazioni; 1) qualità dei dati; m) tipo di revisione critica indipendente, se richiesta; n) tipo di rapporto o relazione L'LCA si caratterizza per essere una procedura iterativa e proprio per questo motivo gli obiettivi e i limiti potranno essere successivamente rivisti e modificati. 1.3 Inventario L'Inventario (IA - Inventory Analysis) è lo stadio di vera e propria quantificazione in cui vengono pesate le richieste di materie prime, di fonti energetiche e misurati i quantitativi di emissioni associati ad ogni fase del ciclo di vita di un prodotto. Possiamo visualizzare l'ia come un bilancio degli inputs e degli outputs di un sistema produttivo. Questo stadio risulta essere uno strumento molto utile quando si tratta di identificare e valutare le varie opportunità di ridurre gli effetti ambientali associati ad uno specifico prodotto, al suo assemblaggio, all'imballaggio, all'utilizzo, ecc. oppure per discriminare i vari metodi di gestione delle risorse finalizzati al raggiungimento di uno sviluppo sostenibile. Gli Inventari possono essere utilizzati sia per la gestione interna di un'azienda che per informare i consumatori o per indirizzare scelte politiche e amministrative. Nel caso in cui Io studio venga fatto rivolgendosi ai secondi destinatari, sarà richiesta la massima attendibilità e accuratezza della metodologia, tuttavia non rientra negli intenti dell'lca valutare i fattori economici. L'LCIA ci offre comunque uno scenario su cui si potrà successivamente realizzare un'analisi di costi-benefici. La fase dell'inventario è la fase dell'lca che negli ultimi vent'anni si è maggiormente sviluppata ed ha raggiunto un livello di formalizzazione praticamente definitivo. Non si può dire altrettanto per la fase di Valutazione dell'impatto in cui le problematiche da risolvere sono ancora molte: infatti chi compie lo studio si trova spesso a dover fare delle scelte su basi soggettive. Inoltre sono ancora molti i problemi ambientali che necessitano uno studio approfondito, soprattutto per quanto riguarda le tematiche della tossicità. Per questi motivi I 'Impact Assessment verrà trattato separatamente cercando di evidenziare i punti su cui esiste già un accordo univoco e quelli che invece richiedono ulteriori approfondimenti. 13
13 2. GENERALITÀ' SULLA VALUTAZIONE D'IMPATTO: PRINCIPI E STRUTTURA 2.1 Principi della Valutazione dell'impatto La fase d'inventario ci fornisce una vasta quantità di dati e informazioni sull'utilizzo delle risorse naturali e sulle emissioni nell'ambiente. Questo è vero soprattutto per le emissioni in atmosfera e in acqua dove un risultato tipico è rappresentato da una lunga lista di fattori causali con le relative quantità emesse. Di fronte a dati così complessi e numerosi non è immediata una loro interpretazione. Relazionare questa serie d'informazioni con una valutazione dei loro effetti sull'ambiente comporta l'acquisizione di una vasta serie di conoscenze. Sarà importante avere informazioni sul sito specifico, sulla dinamica atmosferica e idrologica, sulle proprietà fisiche e chimiche delle sostanze prese in esame, su eventuali effetti sinergici e così via. Questa breve lista può già far intuire quante e quali difficoltà siano da affrontare e quale vasta gamma di conoscenze sia richiesta a chi si occupa di uno studio di LCIA. Come già verificatosi per l'inventario, anche per la Valutazione dell'impatto si renderanno necessarie delle semplificazioni per poter rendere attuabile e proponibile questo tipo di analisi. Compito dell'lcia è proprio quello di convertire i dati puramente di bilancio forniti dall'inventario in una serie di misure d'impatto che permettano di valutare gli effetti ambientali del sistema in esame. In effetti una semplice lista di emissioni, com'è quella fornita dall'inventario, risulta insufficiente per i seguenti motivi: -l'assenza di un'associazione dei temi ambientali ad ogni rilascio nell'ambiente rende più complessa l'interpretazione; -le informazioni raccolte nell'inventario non permettono di giungere direttamente a conclusioni. Si dovranno trasformare tutti i dati raccolti in un numero ridotto di categorie d'impatto sulla base delle quali formulare le valutazioni. Le valutazioni verranno fornite sotto forma di profilo ambientale per una decina di tematiche ambientali. Come è già stato detto l'lca segue un tipo di approccio per impatti potenziali, i motivi principali dipendono dal fatto che -la valutazione degli impatti è fatta sulla base di un'unità funzionale la cui dimensione viene scelta in modo arbitrario. Di conseguenza la valutazione sarà relativa all'unità funzionale scelta e non relazionata all'impatto reale generato dall'unità di processo considerata; -non esiste una corrispondenza univoca tra le dimensioni dei processi di un sistema produttivo e gli impatti attuali degli stessi processi. Il motivo dipende dal livello di fondo preesistente degli indicatori di qualità ambientale e dal fatto che i singoli processi produttivi possono appartenere a più di un sistema. -i dati sulle emissioni sono astratti da un contesto temporale e spaziale, in questo modo una relazione con gli impatti reali appare sempre meno evidente. Nel caso di un approccio per impatti reali invece, il sistema esaminato riguarderà un sito ben specifico e le emissioni saranno inquadrate in un reale contesto spaziale e temporale. In virtù di ciò saranno noti anche i livelli di fondo preesistenti. 15
14 Attualmente esiste un dibattito ancora aperto sulle reali possibilità che un LCIA ha di descrivere gli effetti ambientali. Il dibattito nasce proprio dall'uso del concetto di impatto potenziale che viene fatto per la LCIA, questo appare come una limitazione soprattutto per temi ambientali a carattere locale. La direzione è quella di introdurre un approccio più legato alle variabili temporali e spaziali, con una specifica analisi delle singole tematiche. 2.2 Struttura concettuale della Valutazione d'impatto La struttura che verrà descritta fa riferimento all'iso 1442 (Environmental management Life Cycle Assessment -Life cycle assessment (Draft) ISO 1442, 1998) che definisce e standardizza l'lcia come segue: -selezione e definizione delle categorie d'impatto; -assegnazione di una o più categorie d'impatto ai dati raccolti nell'inventario (Classificazione); -quantificazione dell'impatto (Caratterizzazione); -analisi tecnica della significatività (Normalizzazione); -assegnazione di un peso relativo alle varie categorie d'impatto (Valuatazione). 2.3 Criterì per la definizione delle categorie d'impatto Nel primo stadio dell'lcia, Definizione delle Categorie d'impatto, vengono identificate le tipologie d'impatto su cui agisce il sistema in esame. La fase di Definizione deve fornire un valido supporto per quella di Caratterizzazione: i principi di definizione dovranno basarsi su una conoscenza approfondita dei meccanismi d'interazione ambientale. Le categorie prescelte dovranno essere facilmente identificabili e legate alle aree di protezione generale: risorse, salute umana e salute ecologica. A. Categorie d'input 1. Risorse abiotiche 2. Risorse biotiche 3. Territorio B. Categorie d'output 4. Riscaldamento globale 5. Impoverimento dell'ozono stratosferico 6. Tossicità Umana 7. Ecotossicità 8. Fotossidazione 9. Acidificazione 1. Eutrofizzazione 11. Odori 12. Rumori 13. Radiazioni 14. Incidenti,disastri + effetti diretti (+) effetti indiretti glob + glob + loc (+) risorse salute salute umana ecologica glob (+) + glob (+) (+) glob/reg/loc + glob/reg/loc + reg/loc + + reg/loc + + reg/loc + loc loc reg/loc + + loc
15 Esistono tre criteri che vanno comunque applicati per la definizione dell'insieme di tutte le categorie: - completezza: dovranno essere incluse tutte le tipologie d'impatto, a breve e lungo termine, su cui il sistema potrebbe potenzialmente agire; - indipendenza: non dovranno esserci intersezioni tra le diverse categorie al fine di evitare conteggi multipli dello stesso impatto; - praticità: la lista formulata non dovrà contenere un numero eccessivo di categorie. Molte delle categorie elencate sono difficili da quantificare, tuttavia per alcune tematiche le metodologie hanno raggiunto un buon livello di definizione, questo vale soprattutto per il riscaldamento globale e per l'impoverimento dell'ozono stratosferico. Nell'esaminare i metodi di caratterizzazione vedremo come si stia cercando di risolvere ogni caso specifico. La lista fornita sopra è indicativa; si tratterà di fare una valutazione caso per caso per introdurre ulteriori categorie, ricordandosi sempre di rispettare i criteri di definizione. L'analisi delle emissioni atmosferiche è facilitata dall'esistenza di una teoria di dispersione degli inquinanti ormai collaudata e soprattutto numericamente qualificata; non si può dire altrettanto per problemi quali l'impoverimento delle risorse e la tossicità. Sorge spontaneo un quesito: sarà possibile far rientrare tutte le tipologie d'impatto all'interno delle due macrocategorie input/output? Si potrebbe individuarne una terza che contempli i molteplici cambiamenti indotti nell'ambiente non relazionagli a categorie d'input o output come per esempio nel caso della costruzione di una via di comunicazione che introduca modifiche sul territorio. Facendo una distinzione tra salute umana e salute ecologica si noterà che non sempre esiste una relazione univoca dal momento che alcuni impatti sono rilevanti per entrambe: nel caso del buco dell'ozono l'aumento di raggi UV filtranti sarà dannoso sia per l'uomo che per l'ecosistema. Può quindi essere utile introdurre il concetto di fattore di stress. Fattori di stress ambientale sono tutte quelle condizioni che possono causare danni alla salute dell'uomo o all'ambiente o portare all'impoverimento delle risorse. Per instaurare un legame tra l'inventario e la Valutazione dell'impatto è necessario che le informazioni raccolte nella prima fase siano aggregate in una serie di fattori di stress. Ogni fattore può influire su una o più categorie d'impatto. Per esempio un'emissione di CFC darà un contributo sia al problema del buco dell'ozono che al riscaldamento globale. La classificazione dei dati raccolti nell'inventario in una serie di fattori di stress, cause potenziali di un impatto ambientale, è il primo passo da fare nell'intraprendere un LCIA. Si distinguono principalmente due categorie di fattori di stress: fattori di stress chimici e non chimici più una categoria separata per l'impoverimento delle risorse. I Fattori di stress Chimici includono tutte quelle sostanze chimiche che possono influire negativamente sull'ambiente, i Fattori di stress non Chimici_cormprendono: Radiazioni Ionizzanti Emissioni di calore Emissioni di rumore Emissioni di odori Disturbi ambientali (occupazione del suolo, modifiche al paesaggio, ecc.) La categoria Impoverimento delle risorse prende in considerazione sia risorse rinnovabili che non: nel par.3.3 verrà analizzato il problema della caratterizzazione per l'impoverimento delle risorse. 17
16 2.4 Classificazione Nella fase di Classificazione si dovranno scegliere le categorie di impatto attribuire ad ogni fattore di stress ambientale una specifica categoria d'impatto. Questa fase ha una valenza prettamente qualitativa: la quantificazione verrà fatta nella fase di Caratterizzazione. Ogni fattore dì stress potrà avere effetti su più di una categoria d'impatto. In questo caso si parla di impatti multipli con effetti paralleli, in serie, indiretti o combinati: - in parallelo: un unico fattore di stress agisce su una o più categorie d'impatto in modo indipendente ( es.: tossicità e acidificazione prodotti dall'anidride solforosa); - in serie: un unico fattore genera una catena d'impatti inter relazionati l'uno all'altro (es.: metalli pesanti influiscono sull'ecotossicità e di conseguenza sulla tossicità umana); - indiretti: si differenzia dall'impatto in serie perché l'impatto secondario provocato appartiene ad una categoria d'impatto completamente diversa (es.: tossicità dell'alluminio indotta dall'acidificazione); - combinati: è il caso in cui uno o più fattori contribuiscono agli stessi impatti (es.: ossidi di azoto e idrocarburi per il buco dell'ozono). 2.5 Caratterizzazione Nel Code of Practice (SETAC, 1993) la Caratterizzazione è definita come quella fase in cui viene fatta un'analisi quantitativa e un'aggregazione degli effetti ambientali all'interno delle categorie d'impatto prescelte. Queste due procedure dovranno basarsi il più possibile su conoscenze scientifiche ormai acquisite e soprattutto dovranno identificare un indicatore, all'interno della catena causa-effetti, per ogni categoria. Un approccio totalmente scientifico non risulta sempre attuabile: numerose sono le lacune di conoscenze sui vari tipi di relazioni e meccanismi coinvolti. L'aggregazione verrà condotta sulla base di pareri di esperti che andranno a definire una serie di fattori di caratterizzazione o fattori d'equivalenza. Il risultato in uscita saranno dei profili ambientali costituiti da una serie di punteggi d'impatto per ogni categoria. La rappresentazione grafica più usata è di solito un istogramma a barre. Due sono gli aspetti di particolare importanza: stabilire fattori di caratterizzazione per impatti multipli e definire il livello di dettagli desiderato. Nel caso di impatti multipli come ci si dovrà comportare nella scelta di un fattore di caratterizzazione? Per impatti paralleli il problema non si pone: sarà sufficiente definire un fattore per ogni singolo impatto, il rischio di un doppio conteggio non ci sarà per la mutua esclusione. Di fronte ad impatti seriali o indiretti, dal momento che gli effetti si verificano in modo sequenziale e differenziato, anche in questo caso non si correrà il rischio di un'enfatizzazione degli impatti. Il discorso invece è diverso per impatti combinati: l'approccio dovrà essere meticoloso e indirizzato all'individuazione dei confini tra ogni effetto, dovranno essere noti i livelli di fondo e i meccanismi d'interazione sinergica tre le varie sostanze. Sarà importante avere informazioni sul sito specifico e sulle condizioni al contorno. Le principali difficoltà che si possono incontrare nel definire fattori di caratterizzazione che tengano conto di tutte le possibili interazioni con l'ambiente riguardano: 1. l'individuazione all'interno di una catena causa-effetti della relazione intercorrente tra emissione ed effetto; 2. la definizione di aspetti temporali specifici; 3. l'individuazione di coordinate spaziali. 18
17 L'introduzione di queste variabili nella caratterizzazione rende la fase di Impact Assessment articolata e complessa soprattutto per quanto riguarda la caratterizzazione di categorie d'impatto ad effetto tossico. Per la categorie d'impatto ad effetto non tossico la caratterizzazione risulta essere meno complessa ed infatti su questi temi ormai si può affermare che l'accordo è quasi univoco. Non vale lo stesso per i temi di tossicità per cui sono disponibili numerosi modelli di caratterizzazione. In Appendice A viene presentata una rassegna aggiornata al 1996 dei modelli disponibili per la valutazione della tossicità. La tabella, oltre a riportare gli autori dei metodi, definisce anche le principali caratteristiche di 19
18 3. METODI DI CARATTERIZZAZIONE, NORMALIZZAZIONE E VALUTAZIONE D'IMPATTO 3.1 Metodi di Caratterizzazione per categorie d'impatto ad effetto non tossico. Le categorie d'impatto che verranno considerate in questo paragrafo sono: riscaldamento globale, impoverimento dell'ozono stratosferico, acidificazione, formazione di ozono fotochimico ed eutrofizzazione. Queste categorie vengono largamente adottate e sono quelle ad uno stadio di sviluppo decisamente più avanzato. Altre categorie d'impatto non tossiche sono: Odori, Rumori e Radiazioni, Immissione di calore; esse non verranno trattate perché al momento esistono solo tentativi sporadici di valutazione 7. Per le categorie che verranno esaminate sono state fatte diverse proposte di caratterizzazione, qui di seguito verrà analizzato il metodo EDIP (Environmental Design of Industrial Products) (Hauschild e Wenzel, 1997) che appare uno dei più fedeli ai principi dettati dall'ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) e dal WMO (World Meteorological Organization). L' approccio che verrà seguito si basa sulla definizione di fattori d'equivalenza. Un fattore d'equivalenza esprime l'impatto potenziale sull'ambiente per la sostanza considerata rapportata ad un'unità di peso della sostanza di riferimento. Per esempio si tratterà di determinare a quanto corrisponde l'impatto di 1 di CH4 rispetto a quello provocato da 1 di CO2. Per la valutazione di impatti locali regionali sarà opportuno conteggiare anche l'aspetto spaziale includendolo in un fattore per il sito specifico (SF). Se Qi è l'ammontare di una sostanza, EF(j)j è il suo fattore d'equivalenza e SF(j) p il fattore per il sito specifico (p indica il processo specifico considerato e j la categoria d'impatto) allora l'effetto potenziale complessivo (EP(j)) si potrà esprimere come segue: pti,p EF U).-SF (j)p L'entità dell'sf, in base alle considerazioni fatte precedentemente, dovrà riflettere sia le vie di trasporto delle sostanze che la sensibilità del sito specifico. Nel caso in cui non siano disponibili informazioni al riguardo, all'sf si attribuirà il valore 1, questo è quello che normalmente si fa per l'lca. Il range di valori possibili per SF va da a 1. Il ricorrere o meno a fattori per il sito specifico ha importanti ripercussioni sulle fasi successive di Normalizzazione e di Valutazione. Se una particolare emissione viene eliminata perché essa non ha effetti sul sito bersaglio, essa verrà eliminata in assoluto e non si potrà valutarne l'eventuale ripercussione su altre componenti. Per quanto riguarda i fattori d'equivalenza (EF) vedremo qui di seguito qual'è la situazione attuale per le varie categorie d'impatto. 7 Per quanto riguarda il Rumore è stato presentato uno studio interessante sui diversi sistemi di trasporto al VI Meeting Europeo della SET AC (Laflecne, 1997) 21
19 3.1.1 Riscaldamento Globale L'effetto serra, o riscaldamento globale (GW = Global Warming), è causato da una serie di gas che hanno la proprietà di bloccare il passaggio delle radiazioni infrarosse perché hanno un'elevata capacità assorbente. Questo si traduce in un disturbo all'equilibrio termico della terra con la possibilità di ripercussioni sulle condizioni climatiche generali. I cosiddetti gasserra più importanti sono: CH 4, CO 2, N 2 O e composti organici alogenati. Il contributo maggiore delle attività umane deriva dalla combustione di combustibili fossili. L'IPCC si preoccupa di compilare rapporti sullo sviluppo delle conoscenze sull'argomento e, sulla base di questi resoconti, è stato definito il potenziale di riscaldamento globale per ogni sostanza per cui bisognerà: - delimitare l'intervallo di tempo su cui andrà calcolato l'effetto; - individuare il fattore d'equivalenza specifico; - calcolare l'effetto moltiplicando la quantità emessa per il fattore equivalente: EP (gw ) = Q-EF ( g W ). Per il GW il fattore d'equivalenza è stato definito come segue: Contributo.GW.Gas(ì) Contributo.GW.C2 L'IPCC adotta la seguente procedura per la determinazione del GWP (Global Warming Potential = Potenziale di Riscaldamento Globale) per sostanze che contribuiscono direttamente all'effetto serra. Il contributo viene calcolato considerando: - la capacità di assorbimento nel l'ir; - il tempo di vita in atmosfera. Il tempo di vita medio di un gas serra può variare da giorni-settimane per le sostanze più reattive (O3, NO X, CO) fino a centinaia di anni per quelle più stabili (CO2, N2O, CFC). Le sostanze possono essere sottoposte a diversi meccanismi di rimozione: - assorbimento negli oceani (in particolare per la CO2); - fissazione o degradazione da parte di sistemi biologici (CO2, CH4); - decomposizione fotochimica passando dalla troposfera alla stratosfera (CFC a N2O); - reazioni nella troposfera (CH 4) O3, NO X, CO, HCFC, HFC). Per le sostanze che raggiungono la troposfera la reazione con radicali OH è il meccanismo di rimozione predominante. Il GWP per un gas serra (i) viene quindi calcolato come il contributo al riscaldamento globale di una determinata quantità del gas (i) diviso per il contributo per una quantità corrispondente di CO2. La formula da applicare è la seguente: r Ja,(O-c,(f)^ dove ai è il coefficiente specifico di assorbimento nell'ir del gas i (Wnr 2 pmoh Wnr 2 ppnr ') e ctft) concentrazione residua del gas i dopo un tempo t (pmol o ppm). 22
20 Sostanze Formula 2 anni GWP g CC>2/g sostanza 1 anni 5 anni Biossido di carbonio Metano Ossido nitroso CFC11 CFC12 CFC113 CFC114 CFC1I5 Tetraclorometano HCF22 HCF123 HCF124 HCF141b HCF142b HCF225ca HCF225cb tricloroetano Cloroformio Diclorometano HFC134a HFC152a Halon 131 Monossido di carbonio Idrocarburi (NMHC)* Idrocarburi parzialmente ossidati* Idrocarburi parzialmente alogenati* CHCI3 CO 2 CH 4 N 2 O CFC1 3 CF 2 C1 2 CF 2 CICFCI 2 CF 2 C1CF 2 C1 CF 2 C1CF 3 CCI4 CHF 2 CI CF 3 CHCb CF3CHCFCI CFC1 2 CH 3 CF 2 CICH 3 CF 3 CF 2 CHC1 2 CF 2 C1CF 2 CHFC1 CH3CCI3 CH 2 C1 2 CH 2 FCF 3 CHF 2 CH 3 CF 3 Br CO vari vari vari I ? 2 1 * Contributi indiretti da attribuire alla conversione in CO2. Solo per composti di origine petrolifera. Tab.3.1 Fattori d'equivalenza per il riscaldamento globale per intervalli di tempo di 2, 1, 5 anni.(hauschiid e Wenzel, 1997). I contributi vengono valutati su un arco di tempo predefinito e sulla base di modelli di simulazione del comportamento dei gas in atmosfera. E' importante fare una scelta opportuna dell'intervallo di tempo, generalmente per un'lca esso si assume pari a 1 anni. Per il riscaldamento globale i relativi fattori d'equivalenza adottati dal metodo EDIP sono riportati in tab Impoverimento dell'ozono stratosferico L'ozono presente nella stratosfera (25-5 km) svolge una funzione molto importante poiché assorbe la maggior parte delle radiazioni ultraviolette provenienti dal sole, estremamente dannose in virtù della loro elevata energia. Esse sono in grado di interagire con le molecole biologiche quali ad esempio il DNA, e possono aumentare l'incidenza dei tumori alla pelle, delle deficienze immunitarie e provocare danni agli ecosistemi acquatici e terrestri. Una delle cause principali dell'assottigliamento dello strato di ozono è da attribuirsi all'azione esercitata dai clorofluorocarburi (CFC) e da altri composti organici alogenati. I CFC sono un gruppo di composti usati come refrigeranti per impianti frigoriferi e condizionatori d'aria, propellenti per bombolette spray, agenti schiumogeni. Per anni sono stati considerati composti ideali per impieghi industriali, perché stabili ed inerti e pertanto non tossici. Proprio la mancanza di reattività chimica permette ai CFC di attraversare la troposfera senza subire trasformazioni. Quando le molecole entrano nella stratosfera esse vengono 23
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