RISERVA NATURALE STATALE BIOGENETICA DI VALLOMBROSA PIANO DI GESTIONE E SILVOMUSEO

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1 ORAZIO CIANCIO (*) RISERVA NATURALE STATALE BIOGENETICA DI VALLOMBROSA PIANO DI GESTIONE E SILVOMUSEO Il lavoro presenta il Piano di gestione realizzato per la Riserva Naturale Statale Biogenetica di Vallombrosa per il periodo Dopo un cenno alla storia della gestione della foresta dell ultimo secolo, vengono descritti i princìpi informatori, gli indirizzi gestionali e i criteri innovativi del Piano, con particolare riferimento ad alcuni aspetti tecnici (compartimentazione della foresta, prelievi, trattamenti prescritti, provvigione). Parole chiave: piano di gestione; compartimentazione; tagli modulari; provvigione minimale. Key words: management plan; forest compartments; modular cutting; minimum growing stock. 1. PREMESSA Vallombrosa, così fu nominata una Badia ricca e bella, né men religiosa, e cortese a chiunque vi venìa. LUDOVICO ARIOSTO Orlando furioso, canto 22, stanza 36 La foresta di Vallombrosa, oggi Riserva Naturale Statale Biogenetica, è stata la culla delle scienze forestali. La Scuola forestale italiana nacque 41 anni fa nel luogo dove da diversi secoli si applicavano i dettami della selvicoltura codificata dai Monaci Vallombrosani. Si ricordano, in particolare, due memorie di Luigi (Antonio) Fornaini: (*) Presidente dell Accademia Italiana di Scienze Forestali; ciancio@aisf.it ANNALI A.I.S.F., Vol. LVIII, 2009:

2 126 «Della Coltivazione degli Abeti» pubblicata nel 1804 e «Sopra l utilità di ben governare e preservare le foreste» edito da Gaspero Ricci nel ALDO PAVARI, scienziato e Maestro che ha introdotto la sperimentazione forestale in Italia e che tra l altro è stato anche Amministratore della foresta dal 1919 al 1922, nel 1959 osservava: «La Scuola di Vallombrosa si innestava così sul ceppo di una antica e gloriosa tradizione; la foresta, che avvolgeva nella sua verde e maestosa bellezza il severo edificio dell Abbazia dove trovò sede la nuova Scuola, creava una suggestiva atmosfera per la formazione dell anima forestale dei giovani e incitava i maestri all attività scientifica offrendo loro, nella sua varietà di aspetti e di forme, un inesauribile campo di studi e di ricerche». La foresta di Vallombrosa ha svolto e tutt oggi svolge un ruolo fondamentale dal punto di vista: storico culturale, per l importanza che ha avuto e tuttora ha per la ricerca, la sperimentazione, l utilizzo di metodologie selvicolturali e assestamentali e per le tradizioni e le leggende che a essa sono legate; sociale ed economico, per la possibilità, in passato, e per un lungo lasso di tempo, di impiego di manodopera nell utilizzazione del legno e nelle lavorazioni successive; protezione dell ambiente e valorizzazione del paesaggio, per l elevata copertura del suolo e la presenza delle austere abetine e dei rigogliosi boschi di faggio e di castagno che disegnano paesaggi di rara bellezza. La Foresta di Vallombrosa recentemente è stata inclusa in un Sito di Importanza Comunitaria ai sensi della Direttiva Habitat, a sancire il grande valore che essa assume per la conservazione della biodiversità. Vallombrosa è storia e cultura, parco del pensiero forestale; sede di un messaggio che nobilita e aggiorna l immagine del forestale. Un invito alla riflessione: sul valore che bisogna annettere al passato; sull importanza di guardare al bosco e agli alberi non solo in modo asettico, cioè scientifico, ma anche con un pizzico di romanticismo; sul coraggio di superare il passato per guardare al futuro. In questo senso nell elaborazione del Piano di Gestione della Foresta di Vallombrosa si è tenuto conto e al tempo stesso sono state valorizzate le interazioni del sapere tradizionale con quello attuale. Il

3 127 Piano di Gestione traduce in indirizzi e prescrizioni tecniche l innovazione tecnologica e scientifica oggi disponibile. In breve, il Piano vivifica e al tempo stesso sintetizza la maturazione culturale del settore forestale. Il volume che oggi presentiamo è suddiviso in due parti: il Piano di Gestione della Riserva Naturale Statale Biogenetica di Vallombrosa, il Piano di Assestamento del Silvomuseo. 2. CENNI STORICI SULLA GESTIONE DELLA FORESTA Acquisisci nuove conoscenze mentre rifletti sulle vecchie, e forse potrai insegnare ad altri. CONFUCIO La gestione della Foresta di Vallombrosa si è protratta per diversi secoli grazie alla minuziosa opera dei Monaci Vallombrosani, che hanno codificato il trattamento a taglio raso e rinnovazione artificiale delle abetine. A partire dal 1886, la gestione della Foresta è stata attuata secondo piani di assestamento forestale redatti con una successione ininterrotta dall Istituto forestale di Vallombrosa prima, dall Istituto Superiore Forestale Nazionale di Firenze poi e, dal 1936, dal titolare della Cattedra di Assestamento forestale della Facoltà di Scienze Agrarie e Forestali dell Università degli Studi di Firenze, cioè da Generoso Patrone, fondatore e Presidente dell Accademia Italiana di Scienze Forestali e anch esso Amministratore della foresta dal 1932 al 1938, scienziato e Maestro che ha codificato in termini scientifici i rapporti tra Selvicoltura, Assestamento ed Economia forestale. Tali piani (Tabella 1) hanno proposto in maniera didascalica il modello basato sul bosco normale e sulla massimizzazione del prodotto legnoso: un modello di grande attualità scientifica e tecnica negli anni in cui sono stati realizzati. Dal 1876 al 1923 i piani prendono in considerazione solo le abetine, trattate a taglio raso, con turno di anni e assestate con metodo planimetrico-particellare. A partire dal Piano elaborato da DI TELLA nel 1923, la coltivazione della foresta viene estesa anche al ceduo e alla fustaia di faggio,

4 128 Tabella 1 Piani di assestamento della foresta di Vallombrosa (CIANCIO e NOCENTINI, 2000). Anno Autore Superficie Superficie Trattamento Turno Metodo totale abetina (anni) d assestamento abetina a taglio raso (ha) (ha) 1876 GIACOMELLI Taglio raso 80 planimetricoparticellare 1886 PERONA Taglio raso 90 planimetrico particellare 1896 PERONA Taglio raso 90 planimetricoparticellare 1923 DI TELLA Taglio raso 100 planimetricoparticellare 1936 PATRONE Taglio raso 100 divisione in serie di taglio 1950 PATRONE Taglio raso 100 planimetricoparticellare 1960 PATRONE Taglio raso 100 planimetricoparticellare 1970 PATRONE Taglio raso 100 planimetricoparticellare al ceduo di castagno e alla pineta; l abetina rimane comunque la parte predominante e il turno viene portato a 100 anni. Nel 1936 per le abetine GENEROSO PATRONE adotta il metodo della divisione in serie; metodo ben presto abbandonato per motivi di ordine finanziario. Nelle successive revisioni, a partire dal 1950, si ritorna al metodo planimetrico-particellare. La forma di trattamento e il turno rimangono invariati e la superficie dell abetina si espande notevolmente (Figura 1). Dal 1876 al 1960 la superficie ad abete passa da 217 a 680 ettari: in 84 anni cioè la superficie ad abete si amplia a scapito delle latifoglie di ben 463 ettari. Dagli anni 70 in poi, i profondi mutamenti della società hanno influenzato ampiamente la gestione della Foresta di Vallombrosa: la funzione turistico-ricreativa è divenuta preminente rispetto alla funzione economica e, di conseguenza, sono stati effettuati interventi che hanno riguardato quasi esclusivamente il prelievo di piante danneggiate o morte.

5 129 Figura 1 Evoluzione della superficie ad abete nella Foresta di Vallombrosa. 3. PRINCÌPI INFORMATORI E INDIRIZZI GESTIONALI DEL PIANO Nec scire fas est omnia. ORAZIO - Odi, IV, 4, 22 Il Piano di Gestione della Riserva Naturale Statale Biogenetica di Vallombrosa è un Piano che fornisce le linee operative di conduzione tecnica e amministrativa aziendale. L intento è di conservare e migliorare, soprattutto in termini di funzionalità biologica, il patrimonio forestale.

6 130 Il Piano si differenzia da un classico piano di assestamento poiché non prende in considerazione la teoria del «bosco normale» e, appunto perciò, non prevede la «normalizzazione» della struttura, delle classi di età, ecc. Questa affermazione è confermata dai risultati conseguiti a Vallombrosa: la foresta più pianifica d Italia. Dopo 130 anni, la Foresta di Vallombrosa non solo non ha raggiunto la normalità prevista dagli otto piani che si sono succeduti nel tempo, ma attualmente si imbatte in una grave crisi fitosanitaria e colturale. I piani di assestamento o piani particolareggiati, come vengono definiti da alcuni studiosi, elaborati nell alveo della disciplina Assestamento forestale molto spesso seguono un iter applicativo che non permette di conseguire gli obiettivi prefissati. L esperienza dimostra che si possono verificare due casi: 1) i piani restano nel cassetto degli Enti preposti alla gestione forestale; 2) i piani vengono applicati in modo parziale e riduttivo: un uso che spesso si traduce in abuso. Ciò provoca danni al sistema biologico complesso bosco che forse non sono visibili e quantificabili nell immediato, ma i cui effetti negativi si ripercuotono nel medio-lungo periodo. Inoltre, si creano le premesse per eludere gli obiettivi che il Piano si propone di conseguire. L esame di questa condizione, che purtroppo nel nostro Paese si presenta frequentemente, ha indotto a valutare la possibilità di rivedere le concezioni che stanno alla base della Selvicoltura e dell Assestamento forestale, promuovendo nuovi criteri e metodi tendenti a eliminare o a ridurre in modo significativo siffatto stato di cose. I princìpi informatori del Piano di Gestione sono: a) la visione sistemica e l approccio olistico che rappresentano l ispirazione del lavoro e si concretano nell applicazione della selvicoltura sistemica (CIANCIO e NOCENTINI, 1996); b)la flessibilità dell articolazione che trova i riferimenti teorici nell idea di piano aperto, cioè in continua evoluzione, lasciando ampio spazio alla lettura della dinamica dei sistemi forestali e alla conseguente scrittura del trattamento; c) la verificabilità dei risultati. Gli indirizzi gestionali sono: 1. La conservazione: riguarda il Silvomuseo e tende a mantenere i caratteri storici, culturali e paesaggistici vallombrosani. 2. La preservazione: interessa circa 60 ettari di foresta che saranno lasciati alla libera evoluzione.

7 La rinaturalizzazione della restante parte della foresta volta alla valorizzazione dei meccanismi intrinseci di autorganizzazione del sistema attraverso azioni a sostegno dei processi evolutivi naturali che si verificano nei vari popolamenti. 4. CRITERI INNOVATIVI DEL PIANO DI GESTIONE Le innovazioni del Piano di Gestione principalmente riguardano: 1. la compartimentazione; 2. il periodo di validità del Piano; 3. la determinazione dei prelievi; 4. il trattamento a tagli modulari; 5. il Silvomuseo La compartimentazione La foresta è suddivisa in 42 comparti colturali, definiti da confini fisiografici. I comparti quasi sempre sono costituiti da più popolamenti, ciascuno governato e trattato in relazione alle sue reali necessità colturali. Sulla scorta dell analisi delle caratteristiche dei singoli popolamenti si prescrivono interventi colturali diversificati per tipologia e intensità. Gli interventi si susseguono a ritmo annuale su due comparti e si applicano su tutta la superficie sottoposta a coltura, senza tralasciare cioè le parti che presentano difficoltà dovute o a particolari condizioni orografiche a bassa o nulla redditività o a scarsa richiesta di mercato per il materiale legnoso ritraibile. Si esclude, pertanto, la tradizionale suddivisione in comprese, cioè in unità di gestione autonome in grado di fornire un prodotto annuo, massimo e costante, e queste in particelle, cioè in parti di bosco omogenee per clima, suolo e soprassuolo Il periodo di validità del Piano Il periodo di validità del Piano è doppio rispetto a quello tradizionale di 10 anni. Nel ventennio si prevede di effettuare verifiche intermedie per accertare i risultati conseguiti e apportare eventuali correzioni: in altri termini, si agisce applicando il metodo scientifico di «prova ed eliminazione degli errori».

8 La determinazione dei prelievi La determinazione dei prelievi si effettua in relazione all obiettivo principale che il Piano si pone: la rinaturalizzazione di ampie parti della foresta. Si è ritenuto utile procedere tenendo conto del criterio della «provvigione minimale» una assunzione questa che è alla base di una nuova forma colturale: «i tagli modulari», al disotto della quale non è possibile effettuare tagli di qualsiasi entità per non pregiudicare gli equilibri funzionali del sistema Il trattamento a tagli modulari La forma colturale a tagli modulari è stata concepita con l obiettivo di imprimere una svolta a un tipo di programmazione in atto nel settore forestale che direttamente o indirettamente porta a ridurre la selvicoltura a una semplice coltivazione di alberi e, quindi, a invertire la tendenza secondo la quale le esigenze di ordine finanziario debbano essere preminenti rispetto a quelle bioecologiche (CIANCIO et al., 1981). Questa forma colturale è caratterizzata da tagli che, sulla base del monitoraggio dei processi evolutivi nel tempo e nello spazio, variano in funzione delle reazioni del popolamento ai singoli eventi allo scopo di ottimizzare il fenomeno della rinnovazione naturale. Il trattamento a tagli modulari si fonda su una fondamentale proposizione protocollare: «ogni pratica colturale effettuata durante il ciclo di sviluppo del soprassuolo forestale è la conseguenza di quelle precedenti e il presupposto di quelle successive». Gli interventi colturali che il trattamento a tagli modulari prevede nella fattispecie possono assumere il carattere di: a) Tagli intercalari, cioè diradamenti di tipo basso e di grado debole o moderato, che hanno lo scopo di provocare una significativa reazione del popolamento e favorire lo sviluppo della cosiddetta prerinnovazione. b)tagli colturali, cioè tagli localizzati delle piante che ostacolano la creazione di condizioni favorevoli alla disomogeneizzazione della struttura e che non consentono l affermazione della rinnovazione. c) Tagli a scelta a piccolissimi gruppi, cioè l utilizzazione di piccolissimi gruppi di piante di notevoli dimensioni e, al tempo stesso, delle piante circonvicine malformate o deperienti, in modo da creare una serie di piccole e/o piccolissime buche a macchia di leopardo, in cui si creano condizioni microstazionali idonee all insediamento e all affermazione della rinnovazione naturale.

9 133 d)tagli fitosanitari, cioè operazioni colturali a carico di fustaie o cedui aventi piante o polloni deperienti o malformati, oppure piante poco stabili soprattutto se poste lungo le strade e i sentieri. Gli elementi distintivi e differenziali del trattamento a tagli modulari sono: la provvigione minimale; la valorizzazione della cosiddetta «prerinnovazione»; la continuità, gradualità e capillarità d intervento le tre C della selvicoltura sistemica; l esclusione del concetto di turno e di diametro di recidibilità; la creazione di boschi misti e possibilmente disetanei La provvigione minimale La forma colturale a tagli modulari non prevede interventi drastici ma la presenza costante sui vari comparti di un livello di provvigione mai inferiore a quella minimale allo scopo di: mantenere un sufficiente grado di copertura del terreno con i conseguenti benèfici effetti sulla conservazione e sul ripristino, a livelli più elevati, della funzionalità del sistema bosco, valorizzandone le precipue peculiarità; predisporre il soprassuolo alla fruttificazione e alla disseminazione per ottenere la rinnovazione naturale, distribuita per piccoli gruppi sul terreno in modo da garantire la perpetuità del bosco; consentire i prelievi sulla base del confronto tra provvigione reale dei singoli comparti e la provvigione minimale in modo da permettere l aumento e il miglioramento della produzione legnosa e al tempo stesso un alto livello di funzionalità del sistema ecobiologico. La provvigione minimale varia in funzione delle caratteristiche intrinseche delle diverse specie. Qualora il soprassuolo sia costituito da specie a temperamento eliofilo la provvigione minimale, nel periodo di massima funzionalità biologica non dovrà essere inferiore a m 3 per ettaro; se è costituito da specie a temperamento intermedio la provvigione non dovrà scendere al di sotto di m 3 per ettaro; se da specie che tollerano l aduggiamento la provvigione minimale non potrà essere inferiore a m 3 per ettaro La valorizzazione della cosiddetta «prerinnovazione» Nel gergo forestale con il termine prerinnovazione si intende la rinnovazione naturale che si insedia nei popolamenti coetanei a seguito di interventi precoci rispetto al turno e di intensità eccessiva oppure per cause naturali. Quello che secondo la selvicoltura classica è consi-

10 134 derato un errore tecnico, nella fattispecie diviene un fattore significativo per valutare la tendenza evolutiva e individuare i punti di attacco delle operazioni colturali. L obiettivo è quello di creare condizioni ottimali per l inserimento o il reinserimento per via naturale di specie autoctone in modo da modificare la composizione e la struttura dei popolamenti con il conseguente aumento della complessità bioecologica Continuità, gradualità e capillarità d intervento Il dinamismo evolutivo è influenzato dalla continuità e dalla gradualità d intervento. Se poi a questi elementi si assomma la capillarità dell intervento, è evidente che, all interno dei vari comparti, con i tagli modulari non si prendono in considerazione né l ordinamento dei tagli nel tempo e nello spazio, né la forma e l estensione delle tagliate. Gli interventi si distribuiscono nello spazio irregolarmente e prendono in considerazione le aree, in genere di dimensioni ridotte, in cui si riscontra la cosiddetta «prerinnovazione» insediatasi a seguito di eventi naturali. In pratica, si opera «a macchia di leopardo» con la riduzione graduale e continua della copertura e il monitoraggio della rinnovazione per favorire o regolare la mescolanza L esclusione del concetto di turno e di diametro di recidibilità La struttura del soprassuolo è influenzata sia dai costanti e mutevoli processi naturali e sia dal tracciato delle intensità d intervento e, appunto perciò, nei boschi costituiti da specie longeve che tollerano l aduggiamento tende verso la disetaneità; invece, nei boschi costituiti da specie eliofile tende verso la coetaneità per piccoli gruppi. Ma, sia nell uno come nell altro caso non si prendono in considerazione il concetto di turno e quello di diametro di recidibilità La creazione di boschi misti e possibilmente disetanei La forma colturale a tagli modulari crea i presupposti per la costituzione di boschi misti e possibilmente disetanei e quindi di alto valore ambientale e di elevata stabilità biologica. Il periodo di trasformazione in boschi misti avviene in tempi differenti in relazione al temperamento della o delle specie e all intensità e frequenza degli interventi. Si ritiene che ciò avvenga con i tempi forestali, cioè lunghi, a volte molto lunghi. In particolare: a. i boschi costituiti da specie che tollerano l aduggiamento hanno un tempo di trasformazione presenza della cosiddetta «prerinnova-

11 135 zione», sequenza dei tagli, inserimento e affermazione della rinnovazione naturale compreso tra 40 e 70 anni, più spesso intorno a anni; b. i boschi costituiti da specie a temperamento eliofilo hanno un tempo di trasformazione compreso tra 20 e 40 anni, più spesso intorno a anni; c. i boschi composti da specie a temperamento intermedio hanno un tempo di trasformazione compreso tra 30 e 50 anni, più spesso intorno a anni Il Silvomuseo Il Piano ha previsto l individuazione di un Silvomuseo che include le abetine storiche intorno all Abbazia. La gestione del Silvomuseo prevede l applicazione di un Piano di Assestamento elaborato secondo i canoni della Scuola fiorentina che è parte integrante e qualificante del Piano di Gestione. Il Piano di Assestamento prevede il trattamento da sempre applicato nella Foresta di Vallombrosa e valorizza al massimo livello le tradizioni tecniche e scientifiche del passato, coniugandole da un lato ai saperi locali e dall altro ai valori paesaggistici notoriamente significativi e caratterizzanti i luoghi vallombrosani. 5. PROVVIGIONE, PRELIEVI E MONITORAGGIO La provvigione e l entità dei prelievi sono state definite attraverso i dati rilevati nelle aree di saggio relative alle varie tipologie forestali, tenendo conto sempre e comunque della provvigione minimale. La metodologia adottata per accertare i prelievi da realizzare in ciascun comparto risponde al criterio della provvigione minimale che per le abetine e le faggete è stata stabilita in 350 m 3 a ettaro mentre per le pinete di pino nero e laricio, i boschi misti di latifoglie e i cedui di castagno in 250 m 3. Il prelievo complessivo nel periodo di validità del Piano è stato stimato in m 3, pari al 26,3% della massa totale. In definitiva, il prelievo medio per anno è di 8564 m 3. Questi prelievi non determineranno stress per l equilibrio del sistema, in quanto gli interventi colturali saranno sempre e comunque a sostegno e in favore di una graduale trasformazione dei boschi puri e coetanei in boschi misti e disetanei.

12 136 Un altro punto fondamentale del Piano è costituito dal monitoraggio che ha una duplice valenza: a) la verifica dell evoluzione biologica dei singoli popolamenti; b)l analisi dei ritmi evolutivi dei comparti nell arco di tempo di validità del Piano. Il monitoraggio potrà fornire elementi utili per accertare la validità o meno delle operazioni colturali in relazione all evoluzione, alla funzionalità e alla stabilità dei popolamenti in funzione degli obiettivi che il Piano intende conseguire. 6. CONCLUSIONI In questi ultimi anni l approccio al bosco è divenuto più ampio e meglio sostenuto sul piano tecnico, tecnologico e scientifico. La gestione forestale ha assunto un nuovo significato: essa non tende più a privilegiare una o più funzioni, ma tende a creare i presupposti per conseguire la resilienza del sistema biologico bosco e l armonia tra processi evolutivi e tra sistemi interagenti. In breve, la gestione deve essere congruente con un progetto mirato al progresso sociale e culturale. Il tipo di gestione proposto per Vallombrosa privilegia sistemi e metodi colturali basati sulle nuove conoscenze. Esso si traduce nel considerare il bosco un sistema biologico complesso al quale, proprio per questo, si applica il trattamento a tagli modulari che è parte integrante e significativa della selvicoltura sistemica. Il Piano di Gestione della Foresta di Vallombrosa rappresenta un prototipo di gestione forestale sostenibile e di conservazione della biodiversità e costituisce un valido esempio da adottare in altre importanti foreste. Allo stesso modo Vallombrosa può e deve rappresentare un riverbero esemplare per un nuovo e più forte impulso in favore degli alberi, del bosco e dell ambiente. SUMMARY The State Nature Reserve of Vallombrosa Forest Management Plan and Silvomuseum The paper presents the new Forest Management Plan for the State Nature Reserve of Vallombrosa for the period After an historical analysis of forest management in Vallombrosa during the last century, the paper describes

13 137 principles, innovative criteria and guidelines contained in the new Management Plan, with particular reference to some technical aspects (forest compartments, silviculture, allowable cut, growing stock). BIBLIOGRAFIA CIANCIO O., MERCURIO R., NOCENTINI S., 1981 Le specie forestali esotiche e le relazioni tra arboricoltura da legno e selvicoltura. Annali dell Isti tuto Sperimentale per la Selvicoltura, Arezzo. Vol. XII: CIANCIO O., NOCENTINI S., 1996 Systemic silviculture: scientific and technical consequences = La selvicoltura sistemica: conseguenze scientifiche e tecniche. L Italia Forestale e Montana, 51 (2): CIANCIO O., NOCENTINI S., 2000 Il Silvomuseo di Vallombrosa: Piano di assestamento dell abetina dei Monaci vallombrosani. L Italia Forestale e Montana, 55 (6): DI TELLA G., 1923 Relazione al piano di assestamento della Foresta di Vallombrosa per il decennio Firenze. FORNAINI L., 1804 Della coltivazione degli abeti. Dissertazione. Stamperia reale, Firenze. FORNAINI L., 1825 Saggio sopra l utilità di ben conservare e preservare le foreste. Stamperia Gasparo Ricci, Firenze. GIACOMELLI C., 1878 Tassazione della Foresta inalienabile di Vallombrosa in Toscana. Annali del Ministero dell Agricoltura, Industria e Commercio. Roma. PATRONE G., 1936 Relazione al piano di assestamento della Foresta di Vallombrosa per il decennio Firenze. PATRONE G., 1951 Piano di assestamento delle foreste di Vallombrosa per il decennio Tipografia Coppini, Firenze. PATRONE G., 1960 Piano di assestamento della Foresta di Vallombrosa per il decennio Tipografia Coppini, Firenze. PATRONE G., 1970 Piano di assestamento delle Foreste di Vallombrosa e di S. Antonio per il quindicennio Ministero dell Agricoltura e delle Foreste, Azienda di Stato per le Foreste Demaniali. PAVARI A., 1959 La sperimentazione forestale a Vallombrosa. VIII Festa nazionale della Montagna, Tipografia Giuntina, Firenze. PERONA V., 1886 Revisione decennale dell assestamento della Foresta inalienabile di Vallombrosa. Bollettino Ufficiale del Ministero dell Agri - coltura, Industria e Commercio (Supplemento IX). Roma. PERONA V., 1896 Seconda revisione decennale dell assestamento dell abetina di Vallombrosa. Relazione alla Direzione dell Azienda di Stato per le Foreste Demaniali. Roma.

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