Valorizzazione delle risorse alimentari zootecniche: studio di fattibilità della filiera a ciclo chiuso in Val di Vara

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1 Valorizzazione delle risorse alimentari zootecniche: studio di fattibilità della filiera a ciclo chiuso in Val di Vara Progetto realizzato con il Reg.Ce 1257/99 misura c.3 (3.3) CIPA Centro Istruzione Professionale Agricola Varese Ligure 1) Lo scenario dell Alta Val di Vara

2 La Val di Vara è la Valle più grande della Liguria, ariosa e vasta è straordinaria per la varietà del paesaggio disseminata di centri storici che, specie nella parte mediana e terminale, dominano dall'alto di poggi e crinali le anse del fiume Vara e dei diversi affluenti. L'ampiezza e l'interminabile sequenza di colline frammentano il paesaggio con piccoli nuclei di case rurali, antichi percorsi, mulini, chiese campestri, santuari, cappelle votive, elementi tutti strettamente legati alla storia civile e religiosa della gente di montagna. Molti sono gli itinerari da visitare per un turista attento ai valori ambientali e culturali sia per le architetture, sia per il mirabile equilibrio tra il paesaggio e i segni lasciati dall'uomo, e qui termina il grande percorso dell Alta Via dei Monti Liguri. Percorsa la valle e, oltrepassato Borghetto Vara, si arriva a Brugnato, antico insediamento che si pensa essere stato la capitale degli antichi Liguri Briniati sconfitti dai Romani nel 190 a.c. grande pregio. Seguendo la strada che percorre la valle si arriva a Varese Ligure, vitale centro agricolo e conosciuta località turistica. Di origine medievale, appartenne a lungo alla famiglia Fieschi. Il paese ha un castello che è una delle fortezze più interessanti da visitare. Vicino c è Cassego col museo rurale popolare. Da qui si può salire al Passo di Cento Croci per godere di un meraviglioso paesaggio e visitare aziende agricole di L Alta Via dei Monti Liguri può agevolmente essere frequentata da semplici escursionisti ma presenta anche tratti per i trekkers più esperti. Si snoda per circa 440 km, e può essere considerata un Parco lineare. Nel tratto che si snoda in Val di Vara essa segue il crinale di confine per cui si conciliano il paesaggio morbido della Lunigiana con i pascoli più impervi della Liguria con vista sul Golfo della Spezia. Il paesaggio è spettacolare e lascia increduli anche i visitatori provenienti dalla provincia: si possono ammirare animali allevati al pascolo: bovini, suini, ovicaprini, equini sono allevati nel rispetto del benessere animale garantendo loro lo svilupparsi dei comportamenti naturali. La Val di Vara negli ultimi anni ha intrapreso il percorso dell agricoltura biologica, sfruttando le peculiarità naturali del territorio, garantendo la tutela e la valorizzazione delle produzioni locali, e salvaguardando il comprensorio. La qualità dell ambiente è tale che anche il WWF ha istituito un centro di educazione ambientale, con sede a Varese Ligure. Il paesaggio della Val di Vara è molto diversificato : la vicinanza del mare ha permesso alla macchia mediterranea di insinuarsi nelle zone con la migliore esposizione, e dove l uomo non ha antropizzato i boschi. E così che al Castagno importato dall uomo per le sue produzioni (legname e castagna per il consumo umano e per l alimentazione animale) si oppongono il Leccio (quercus ilex) o il Pino nero (Pinus nigra) e domestico (Pinus Pinea), mentre sui versanti più assolati e

3 acclivi si estendono boschi di querce, in primis la Roverella (Quercus pubescens) ed il Cerro (Quercus cerris) e di faggi ( Fagus selvatica). 1.1 Copertura vegetale Tra la vegetazione prevalentemente erbacea si identificano essenzialmente due tipologie naturali: Praterie mesotermofili molto estese che hanno origine dal taglio dei boschi al fine di essere adibite a pascolo, talvolta al prato-pascolo. Diffuse oltre i 600 m. di quota sono costituite anche da buone foraggere. Vegetazione dei suoli erosi, presente come copertura vegetale discontinua ove la erosione dei suoli è più profonda Tra la vegetazione a forte dinamismo antropico si identificano le seguenti tipologie: Prati sfalciabili, legati all allevamento ed all abbandono delle campagne nelle aree già coltivate a cereali, patate e ortaggi vari. Colture specializzate e seminativi a carattere frammentario e discontinuo su superfici limitate e spesso a conduzione famigliare 1.2 Capacità di uso dei suoli Lo scenario dell Alta Val di Vara, con la estrema variabilità di paesaggio ad elevato rischio di degrado ambientale, rappresenta un territorio di transizione tra le caratteristiche dell appennino ligure e quello tosco-emiliano, con morfologia tipicamente montuosa medio alta e con forme di modellamento di tipo fluviale denunciate da terrazzamenti sul fondo valle. I suoli sono evoluti e vengono distinti in : a) Suoli formati dai depositi di alterazione fisico-chimica in loco b) Suoli dei depositi alluvionali più o meno sospesi in fondovalle Alcuni fattori limitanti nella considerazione dell uso della capacità del suolo sono. a) Il grado di evoluzione del suolo ed il rischio di perdita per erosione b) La scarsa profondità, la modesta evoluzione e la eccessiva pietrosita del suolo c) La dinamicità dei versanti, franosità e rocciosità d) Il clima, valutato fondamentalmente in termini di esposizione, in quanto il regime idrico è considerato uniforme su quasi tutta l area Nell insieme quindi, la capacità di uso del suolo mostra una situazione di territorio montano piuttosto difficile dove le aree con poche limitazioni d uso sono rappresentate solo dal 15% della superficie totale, mentre sono largamente diffuse quelle a vocazione silvo-pastorale (50%) e quelle non adatte ad uso produttivo, ma destinate a riserva naturalistica (35%). Si può concludere che nello scenario della Alta Val di Vara è presente un potenziale per le attività agro-silvo-pastorali sufficientemente buono per una situazione montana di carattere marginale.

4 1.3 Ambiente Il territorio appartiene quasi interamente al versante tirrenico ma ne è separato da una serie di rilievi montuosi. l altitudine è compresa tra un minimo di 240 m s.l.m. ad un massimo di 1639 m s.l.m. del monte Gottero, la cliviometria è determinata da pendenze in genere comprese tra il 30% e il 60% e che caratterizzano il 60% del territorio. La zona è interessata dal tipico clima delle aree montane dell Appennino Ligure con temperatura mite e le precipitazioni sono abbondanti, con andamento massimo autunnale e primaverile. 2 Specie foraggiere indigene Il numero delle specie di interesse pastorale rilevate nel territorio è di 218 ( 42 graminacee, 33 leguminose e 143 appartenenti ad altre famiglie). Soltanto 18 specie sono rinvenute ripetutamente nelle analisi foraggiere e sono in ordine di importanza: 9 graminacee :Trisentum flavescens, anthoxanthum odoratum, Festuca rubra, Lolium perenne, Agrostis tenuis, Bromus erectus, Cynosurus cristatus, Holcus lanatus e Brachypodium pinnatum 3 leguminose :Trifolium pratense, Lotus corniculatus e Trifolium repens 6 altre famiglie.plantago lanceolata, Achillea millefolium, Pteridium aquilinum, Taraxacum officinale e Leontodon hispidus Di queste soltanto 3 (Lolium perenne, Trifoglio pratense e Trifoglio repens) si distinguono per le caratteristiche nutrizionali, il che starebbe a significare una qualità delle cotiche non eccezionale. 2.1 Caratteristiche produttive dei pascoli

5 Si possono considerare almeno 5 grandi Facies vegetazionali nei quali vengo di seguito descritti anche i valori medi di copertura di cotica, pietrosità, presenza di arbusti, quota, esposizione, pendenza e valore pastorale. In particolare le tipologie vegetazionali sono le seguenti: A. facies a Festuca rubra B. facies di transizione a Lolium perenne, Brachypodium pinnatum e Festuca rubra C. facies a Brachypodium pinnatum D. facies a Bromus erectus E. facies a Pteridium aquilinum, Brachypodium pinnatum e Genista tintoria A) facies a Festuca rubra A prevalenza netta di questa graminacea accompagnata a distanza da Phleum bulbosum, Agrostis tenuis, Achillea millefolium e con presenza di trifolium pratense e talvolta in alcune zone anche presenza di arbusti come Genista tintoria. Comprende i pascoli che si trovano nella parte più alta della Valle (quota vicino ai 1000 m) fra i più utilizzati. Il Valore Pastorale medio è 31 B) facies di transizione a Lolium perenne, Brachypodium pinnatum e Festuca rubra Diffusa in tutte le fasce altimetriche, si presenta come la migliore dal punto di vista pastorale (V.P. medio 36), annoverando, fra l altro, buoni inserimenti di trifolium repens e pratense. La diversità delle singole ecofacies all interno di questa tipologia sembra potersi ascrivere a differenze nell intensità e nella modalità di utilizzazione (aree a sfocio che coesistono con pascoli più o meno sfruttati). In genere si ritrovano in pendici non troppo ripide e in certi punti vi è incipiente presenza di arbusti. C) facies a Brachypodium pinnatum Con presenza notevole di questa graminacea ( circa il 35%) e di festuca rubra ( 14%), con una spiccata semplificazione flogistica dovuta anche alla scarsa presenza di leguminose. Si tratta dal punto di vista pastorale di una tipologia meno interessante (V.P. medio 25) anche se la presenza di brachipodio può consentire un utilizzazione più tardiva rispetto alle altre facies. Attualmente questa tipologia è da considerarsi in espansione e corrisponde ad aree abbastanza elevate, poco utilizzate. D) facies a Bromus erectus Netta presenza di questa graminacea (29%) che è seguita solo a grande distanza da festuca rubra e Lotus corniculatus (4,5%), Brachypodium pinnatum (4%) e Anthoxantum odoratum (3,2%). Questa facies appare interessante per la forte presenza di finestrino, la buona presenza di altre leguminose e lo scarso contributo di arbusti. E la più diffusa territorialmente, soprattutto nelle aree più basse e pianeggianti lungo l asta del fiume Vara, con piccole estensioni nelle aree più interne. Queste risorse sono utilizzate prevalentemente con lo sfalcio. Il valore Pastorale medio è di 30.

6 E) facies a Pteridium aquilinum, Brachypodium pinnatum e Genista tintoria Queste tre specie presentano rispettivamente contributi specifici di 40%, 11% e 8%. Questa tipologia, che appare in via di espansione soprattutto alle quote più alte, è caratterizzata da invasioni a macchia di di felci e arbusti. E una facies caratteristica delle aree più abbandonate, di discreta pendenza e di non trascurabile pietrosità, generalmente le felci sono localizzate nelle aree meno declivi e con suoli più profondi. Il valore pastorale medio è di 14. Le tipologie pastorali della Val di Vara hanno fatto emergere un quadro vegetazionale alquanto semplificato per quanto riguarda le specie produttrici, inoltre i valori pastorali di non eccelso livello e verosimilmente inferiori a quelli del passato, come dimostrato dalla presenza di specie arbustive e dalla grande diffusioni di specie come il brachipodio. Per conservare integre le potenzialità di queste aree occorre dunque un più attento controllo della gestione degli animali. 2.2 Contenuti di proteina greggia Le analisi relative al contenuto di proteina greggia denotano una diminuzione del contenuto procedendo da maggio ai primi di luglio, un basso livello durante l estate e una leggera risalita in autunno. Conseguentemente la curva di produzione della proteina tende a divenire più fluttuante nelle stagioni, rispetto a quella relativa della sostanza secca. Le facies caratterizzate da migliore qualità sono la B) e la D), la differenza tra biomassa offerta e quella residua è notevole, confermando l effetto combinato dell evoluzione dell erba,della struttura del cotico e dell azione selezionatrice degli animali. L intensità di crescita e il contenuto proteico dimostrano una evidente stagionalità ma ci pare interessante sottolineare che queste caratteristiche produttive sono legate al valore pastorale. 3 Caratteristiche delle aziende zootecniche In realtà le caratteristiche delle terre marginali non sempre sono facili da definire in quanto esse sono frutto di tutta una serie di fattori diversi e spesso interdipendenti, riconducibili ad aspetti climatologici, podologici, economici e sociali. Per la maggior parte i terreni marginali sono caratterizzati da una realtà eterogenea di attività agrozootecniche che rappresentano la fonte principale del reddito della popolazione. In particolar modo le condizioni ambientali determinano modesti livelli produttivi, favoriti nel loro permanere da una mancanza di stimolo all applicazione di tecnologie moderne di sfruttamento delle superfici disponibili. L importanza del settore zootecnico, sia da un punto di vista delle strutture aziendali che da quello delle tecniche di allevamento adottate, è evidente che rappresenti una parte notevolissima. Facendo riferimento al solo corpo principale ed escludendo le superfici in affitto, le dimensioni medie aziendali aumentano con l aumentare delle fasce altimetriche. Nelle prime tre fasce ( m , , ) i valori medi sono compresi fra i 10 e 20 ettari, con un elevata variabilità. Le dimensioni diventano invece nettamente superiori nella fascia altimetrica successiva compresa tra m , aumentando mediamente a 35 ettari per raggiungere il massimo nell ultima fascia considerata oltre i 1000 m. segnando superfici medie di 50 ettari.

7 La ridotta dimensione aziendale nelle prime tre fasce altimetriche comporta anche, dal punto di vista del mantenimento degli animali, la necessità di un integrazione delle risorse alimentari ottenute con il pascolamento anche si il numero di bovini per ogni azienda è piuttosto basso. 4 Superfici a pascolo, prato e prato pascolo Le dimensioni medie delle aziende aumentano con l aumentare dell altezza sul mare, come precedentemente visto nelle prime tre fasce altimetriche i valori medi sono compresi fra i 10 e i 20 Ha., con un elevata variabilità. La dimensione diventa invece nettamente superiore nella fascia altimetrica successiva (m ), aumentando mediamente a 35 Ha., per raggiungere il massimo nell ultima fascia considerata (>1000 m.): in questo caso le aziende raggiungono superfici medie di 50 Ha. Pur avendo una notevole variabilità. Dal punto di vista zootecnico la differente distribuzione delle categorie di ampiezza è strettamente legata al diverso indirizzo produttivo delle razze allevate, infatti, esso è prevalentemente rivolto alla produzione di latte nelle fasce altimetriche più basse e a quella di carne in quelle più alte. La ridotta dimensione aziendale nelle prime tre fasce comporta dal punto di vista dell alimentazione, la necessità di un integrazione delle limitate risorse ottenute con il pascolamento durante tutto l arco dell anno. Viceversa, le maggiori superfici delle aziende alle quote più alte, indicano lo sfruttamento del pascolo quale fonte unica di alimento per circa 6 mesi l anno. 5 Specie bovine, razze Razze Bovine Sono rappresentate dalla Bruna Alpina (BA), dalla Limousine (L), da qualche capo di Piemontese e molti meticci. La BA, razza a duplice attitudine, viene utilizzata per la produzione di latte o carne+latte. La prevalenza dell uno o dell altro indirizzo varia naturalmente con il variare delle fasce altimetriche. Per quanto riguarda la razza Limousine, per le sue caratteristiche utilizzata ovviamente per la sola produzione di carne, essa è presente in tutte le fasce altimetriche con esclusione della prima; la consistenza diventa apprezzabile soltanto nelle ultime due, le più elevate, nelle quali i pascoli sono la base alimentare fondamentale, e addirittura esclusiva per alcuni mesi dell anno, del mantenimento degli animali. La produzione di carne è quindi concentrata in queste fasce in quanto la limitazione delle integrazioni alimentari al solo periodo invernale-primaverile permette una riduzione dei costi di produzione. La razza piemontese non mostra una consistenza interessante; la sua presenza saltuaria e limitata sempre a pochi capi, è riscontrabile soltanto in alcune aziende nelle fasce altimetriche 2 e3. Viene utilizzate come razza pura sia come incrociante per la produzione di meticci, sovente presenti in numero molto variabile e non riconducibile ad una precisa strategia di allevamento e i cui caratteri produttivi non raggiungono una costanza tale da farli considerare di buona importanza economica. 6 Alimenti aziendali disponibili

8 Facendo riferimento alle produzioni foraggere ottenute all interno delle aziende zootecniche, con reclusione degli alimenti acquistati all esterno, risulta evidente la netta preponderanza dei foraggi spontanei, rappresentati dal pascolo naturale e dai prati pascoli. Ad essi si aggiunge la produzione delle foraggere coltivate come prati permanenti ed erbai autunnovernini. E importante osservare la completa assenza di pascoli migliorati, dato molto indicativo sul tipo di sfruttamento della cotica erbosa, dell organizzazione dell allevamento, della necessità di utilizzare razze bovine dotate di rusticità, caratteristica che non trova corrispondenza ottimale nei soggetti Limousine. Gli erbai sono presenti su superfici molto limitate e la produzione rappresenta una fonte integrativa giornaliera di modeste entità. 6.1 Composizione chimica e valore nutritivo dei fieni aziendali Per quanto riguarda la composizione chimica media, si possono fare le seguenti osservazioni: 1. la sostanza secca (circa 88%) risulta elevata; 2. il livello di proteine grezze (7,17% sulla sostanza secca) è di modeste entità, correlato comunque al fatto che si tratta di fieni polititi con netta prevalenza di graminacee spontanee; 3. i lipidi grezzi ( 2,19 % sulla S.S.) rientrano nella norma dei fieni polititi; 4. la fibra grezza presenta livelli elevati (33,64 % sulla S.S.),che riducono il valore nutritivo dei fieni. A proposito dei componenti fibrosi, il contenuto delle diverse frazioni risulta piuttosto elevato. Ciò è senza dubbio da attribuire al momento tardivo dello sfalcio, determinato da un errata convinzione degli allevatori, infatti, è nell abitudine comune sfalciare i foraggi da affienare nei momento troppo avanzati del ciclo biologico della pianta, per cui il contenuto totale di sostanza secca del fieno aumenta in realtà sensibilmente, ma contemporaneamente l eccessiva deposizione di componenti fibrosi e di lignina diminuisce di molto il suo valore biologico. Raramente è possibile veder rispettare il momento più idoneo dello sfalcio per conservare un numero elevato di unità foraggere, cioè all inizio della fioritura per le leguminose e della spigatura per le graminacee; 5. le ceneri (6,58% sulla S.S. ) sono limitate; 6. gli estratti inazotati (49,18% sulla SS) non sono particolarmente elevati, essendo rappresentati dalla differenza fra la sostanza secca e gli altri componenti chimici. I macroelementi minerali non sono ben rappresentati: v il calcio (0,77% sulla ss) è scarso v il fosforo (0,22% sulla SS) è in percentuale media come il potassio ( 1,47 % sulla (SS) v magnesio e sodio sono molto scarsi (rispettivamente 0,19 e 0,08 %sulla SS) Il contenuto dei microelementi rientra nei valori normali per quanto riguarda il Rame (6,46 ppm), il manganese ( 94,71 ppm) e lo zinco (27,12 ppm), mentre presenta valori elevati il ferro (534,47 ppm). In definitiva, il fieno prodotto nelle aziende, risulta di qualità media, essendo caratterizzato da un livello modesto di proteine grezze, da un elevato tasso di fibra e da un certo squilibrio della dotazione in elementi minerali. 6.2 le razioni alimentari Generalmente le aziende del comprensorio producono la totalità del foraggio che necessita alle esigenze aziendali, mentre non effettua alcuna semina per la produzione di granella. ciò significa che devono approvviggionarsi da fuori regione di mangimi semplici o complessi. Era nostra

9 intenzione verificare la possibilità di produrre in Valle i cereali adatti all alimentazione del bestiame nonché le leguminose in grado di sostituire degnamente la soja, presente quasi universalmente in forma transgenica. Alcune aziende hanno risposto positivamente all invito da noi proposto, ed hanno seminato in abbondanza; altre hanno collaborato con noi creando delle razioni alimentari che potessero essere rispondenti alle esigenze dei capi allevati, acquistando la granella da fuori e completandola con l insilato di produzione propria; altre ancora hanno rifiutato ogni collaborazione, motivandola con l impossibilità ad effettuare semine. In sintesi, la nostra proposta ha un po spaventato, ma soprattutto ha stimolato le aziende più dinamiche ad affrontare il problema dell autonomia della razione alimentare. Con l aiuto di veterinari nutrizionisti, di un software specifico e con la sperimentazione di più formule, le aziende hanno quindi potuto verificare un incremento delle produzioni (Kg di incremento di peso vivo su giorni di allevamento) e soprattutto un risparmio di queste razioni rispetto a quelle formulate dai mangimifici. Quindi nella speranza di creare delle razioni con prodotti locali, idea che deve ancora concretizzarsi, abbiamo comunque ottenuto un doppio risultato: gli animali crescevano meglio e a costi inferiori. Facciamo un esempio di una formula da noi testata per le bovine in produzione. ingrediente kg % sostanza secca Sorgo silo 4,5 20,9 Fieno polifita di graminacee 3,5 16,3 Trifoglio incarnato 3,2 14,9 Grano tenero in fiocchi 2,7 12,5 Medica disidratata ,7 Fava in seme 2 9,3 Orzo distico 1,5 7 Girasole seme integrale 0,8 3,7 Cotone dec. Seme 0,6 2,8 Potassio carbonato 0,2 0,9 Fosfato bicalcico 0,2 0,9 Sodio cloruro 0,02 0,1 Per un totale di Kg 21,52 sul tal quale, e Kg 14,0960 di sostanza secca. Come è evidente, gli alimenti semplici inseriti nella razione non sono di provenienza locale, mentre per le razioni dei vitelloni si è provveduto a scegliere altri componenti della razione, producibili anche in loco. 7. i ditteri presenti in stalla

10 Diptera empis tesselata I Ditteri (Diptera,linneus) costituiscono un ordine di insetti che comprende quasi specie caratterizzate dall avere un solo paio di ali funzionanti (le mesotoraciche). Il nome deriva dal greco "dìpteros" che significa "a due ali". Le ali metatoraciche posteriori sono regredite a dare un paio di bilancieri claviformi utili per equilibrare il volo, costituiti da una porzione prossimale dilatata connessa alla percezione auditiva (da una membrana cordotonale) allungata verso una parte distale ricca di setole sensoriali. L omologia fra ali posteriori e bilancieri è dimostrata dal mutante a quattro ali del moscerino Drosophila melanogaster, che ne è privo. Bilancieri sottili e ben visibili li troviamo nelle tipule, mentre sono nascoste dalle ali nella maggior parte degli altri gruppi. I ditteri si nutrono di una gamma di alimenti estremamente varia, ma generalmente di consistenza liquida, che può essere raggiunta anche con l'emissione di saliva sui cibi più solidi. Si dividono in due sottordini: Nematoceri (zanzare e simili) e Brachiceri (mosche e simili). Sviluppo larvale I Ditteri sono a metamorfosi completa, le pupe possono essere libere o protette; le larve tipicamente cieche, vivono nei più disparati ambienti: terra, sottosuolo, acqua, in materiale marcescente e in decomposizione, perfino nella cute e cavità corporee degli animali, causando spesso infezioni dette miasi Anche gli adulti sono portatori di gravi malattie e non sono poche le specie dannose per piante e animali, uomo compreso. Musca domestica Mosca comune Stato di conservazione: Sicuro Musca domestica ************************** La mosca domestica (Musca domestica) è un insetto dell'ordine dei Ditteri appartenente alla famiglia dei Muscidi. E' in grado di riprodursi con estrema facilità sia per la capacità di deporre le uova all'interno di qualsiasi materiale di natura organica in decomposizione, sia per la velocità con cui le larve raggiungono lo stato di individuo adulto, diventando a loro volta capaci di riprodursi: circa dieci giorni. L'insetto adulto usa una proboscide raspante per nutrirsi, da notare che i cibi solidi vengono prima cosparsi di saliva per essere sciolti e poi succhiati con la proboscide Sarcophaga carnaria.

11 Mosca cartaria Sarcophaga cartaria La Mosca carnaria (Sarcophaga carnaria) è un dittero della famiglia delle Sarcophagidae. La mosca carnaria depone le sue uova nella carne in putrefazione (animali morti, avanzi di cibo, etc...) che si schiudono in pochissimo tempo. La larva è chiamata bigattino. Si tratta di un piccolo verme biancastro (qualche mm di lunghezza massima per un paio di mm di larghezza) che durante il suo ciclo prima della metamorfosi si ciba di carne in putrefazione. Le larve in capo a pochi giorni (in condizioni ottimali di cibo e temperatura) si imbozzolano per uscire dopo poco sottoforma di mosca adulta. Il bigattino è molto usato nella pesca sportiva grazie alla sua longeva vivacità, alla sua appetibilità e al suo bassissimo costo. È conosciuto anche con i nomi dialettali di cagnotto, bachino, gianin. ************************ Tabanus bovinus Tafano bovino Tabanus bovinus Il Tafano bovino (Tabanus bovinus, Linnaeus1758) è un insetto dittero della famiglia dei Tabanidi Descrizione É simile ad una grossa mosca, più tozzo e grande (fino a 2,5 cm), di colore grigio giallognolo e con grandi occhi. Abitudini Le femmine sono ematofaghe, si nutrono cioè del sangue degli animali, mentre i maschi sono fitofagi (si nutrono di linfa e succhi vegetali). La sua puntura è dolorosa e causa gonfiore e prurito. Una particolarità di questo insetto è che non emette alcun ronzio se non esclusivamente durante le ore di luce. Habitat Il tafano vive soprattutto nei pascoli, prati e stalle dove può trovare gli animali del cui sangue si ciba. 8.La lotta biologica

12 La presenza dei ditteri non determina solo problemi di ordine estetico o di disturbo, ma soprattutto essi sono vettori di malattie del bestiame ed infezioni dell uomo derivanti da alimenti. In particolare gli insetti possono essere vettori di malattie specifiche e di malattie non specifiche e sono agenti di inquinamento batterico delle derrate alimentari. Per quanto riguarda gli allevamenti zootecnici la presenza di insetti è rappresentata da mosche e tafani, vari insetti ematofagi (zanzare, papatacci, simulidi e culicidi) e da zecche. due esempi di malattie gravi 1) La Peste equina è una malattia che si trasmette per contatto indiretto, tramite artropodi ematofagi. L insetto che maggiormente è coinvolto nella trasmissione dell infezione è il Culicoides imicola, che appartiene alla famiglia dei Ceratopogonidae e da adulto ha dimensioni di 1 a 3 mm. Gli adulti di Culicoides sono attivi nelle ore notturne (dal tramonto all alba) e pungono gli animali cibandosi del loro sangue. Gli insetti si infettano pungendo animali infetti e tali rimangono per il resto della loro vita. In questi insetti non avviene la trasmissione verticale dell infezione, ovvero dall insetto adulto alle generazioni successive.i Culicoides per riprodursi necessitano di acqua dolce, l adulto infatti depone le uova nelle zone umide di transizione tra la terra e l acqua, è qui che l insetto compie le sue fasi di crescita (stadio di larva e pupa) e si trasforma in adulto. Le zone umide e le raccolte d acqua, anche di piccole dimensioni, sono quindi quelle che permettono la riproduzione degli insetti vettori. In condizioni normali l insetto adulto rimane nell ambito di poche centinaia di metri dal luogo dove è nato, anche se, quando è trasportato dal vento può percorrere anche centinaia di chilometri. Gli adulti del genere Culicoides vivono in genere per giorni, ma eccezionalmente, possono sopravvivere per periodi più lunghi (anche giorni). La densità di adulti del genere Culicoides decresce a partire da temperature minori di +12 C. Nonostante ciò, è stato provato che a temperature di 1,5 C il 15% degli esemplari adulti di C. imicola sopravvive per oltre 15 giorni. Nel caso in cui questa infezione venisse introdotta, le prime misure da applicare al fine di evitare la diffusione della malattia, consistono nel cercare per quanto possibile, che gli insetti vettori non giungano a contatto con gli animali recettivi. E da ricordare che i Culicoides sono insetti ematofagi a prevalente attività crepuscolare, quindi, come prima misura, si dovrebbe evitare di tenere gli animali al pascolo nelle ore in cui gli insetti sono attivi. I ricoveri degli insetti dovrebbero essere dotati di retine in plastica resistente o in metallo non corrosivo, alle finestre e all entrata di dimensioni inferiori al millimetro, il che però limita la circolazione dell aria. 2) Dall'agosto del 2000 è comparsa in Italia una malattia denominata "Blue Tongue" o "febbre catarrale degli ovini", più comunemente conosciuta come "Lingua Blu. Nel nostro Paese i primi casi si sono manifestati ad agosto del 2000 in Sardegna, probabilmente attraverso il trasporto di insetti infetti dal nord-africa con la sabbia del deserto. A ottobre 2000 altri casi si sono manifestati in Sicilia e in Calabria. In Calabria l'infezione è stata introdotta, molto probabilmente, da animali importati dalla Sardegna in un periodo precedente la messa in evidenza della malattia nell'isola e da qui essa si è estesa al resto dell'italia meridionale e centrale. Dalla Sardegna l'infezione si è diffusa, inoltre, in Toscana e nel Lazio. La Liguria si trova a diretto contatto con la Toscana, per cui si sono verificati dei casi di animali sospetti positivi che hanno determinato l applicazione della severa normativa di polizia veterinaria. La Blue Tongue non è una zoonosi. Essa, pertanto, non è trasmissibile all'uomo, né direttamente o tramite insetti, né attraverso l'alimentazione con carni, latte o formaggi derivanti da animali ammalati. Le carni, il latte e i formaggi in commercio sono pertanto sicuri.

13 Anche il virus della Blue Tongue è trasmesso dai Culicoides, che pungono gli animali per cibarsi del loro sangue. Sia che la malattia arrivi in una zona attraverso gli insetti infetti, sia che vi arrivi con animali infetti, i culicoidi locali si infettano e poi, a loro volta, infettano altri animali, e così via. Il virus ha fatto nei secoli un lungo viaggio tra i continenti: i primi casi furono segnalati in Sud Africa fra il 1652 e il 1870, quando vennero immesse pecore di razza Merinos ed altre razze europee. Dalla metà alla fine del Novecento si è diffusa mano, mano nel Mediterraneo Orientale, in Grecia, nella Penisola Iberica ed infine, ai Balcani e lungo le sponde sud e nord del Mediterraneo occidentale. Del virus della "Blue Tongue" sono conosciuti 24 diversi sierotipi. Un animale che si infetta con un sierotipo è immune nei confronti di quel sierotipo, ma resta recettivo nei confronti degli altri. Il virus infetta, oltre agli ovi-caprini, che si ammalano, anche i bovini e alcuni ruminanti selvatici. Gli ovicaprini si ammalano e possono morire. Gli animali che sopravvivono alla fase acuta della malattia; possono, però, andare in contro ad un lento processo di deperimento con esito spesso infausto e perdite notevoli di produzioni. I bovini invece, salvo rarissimi casi, non si ammalano. Essi, tuttavia, possono infettarsi, cioè albergare nel sangue il virus per un periodo piuttosto prolungato, almeno 60 giorni, durante il quale lo possono cedere ai Culicoides che li pungessero. Gli insetti, quindi, una volta infettatisi anche loro, trasmettono il virus a nuovi animali tramite la puntura. La Blue Tongue è una malattia diffusiva, ma non è contagiosa: non viene trasmessa da un animale malato direttamente ad un capo sano. Perché un animale si ammali deve intervenire l'insetto vettore. In altre parole un animale sano che vive a contatto con uno malato non si ammala neppure se beve nello stesso abbeveratoio e si alimenta nella stessa mangiatoia. La diffusione è provocata da insetti vettori, cioè trasportatori, che si chiamano Culicoides. I Culicoides succhiano il sangue di animali infetti e diffondono l'infezione a quelli sani. La diffusione di questa malattia, quindi, dipende dalla velocità con cui si spostano gli insetti vettori che albergano il virus e dalla loro numerosità nell'ambiente. I bovini possono fungere da serbatoio del morbo. In questi ruminanti l'infezione c'è, ma quasi sempre senza alcun sintomo evidente. Quando però il virus è presente nel loro sangue e sono punti dagli insetti vettori, questi ultimi possono pungere altri animali ed infettarli. È per questa ragione che, non solo gli ovini, ma anche i bovini, da territori infetti non possono essere spostati in regioni dove non è presente la Blue Tongue e se si vuole bloccare la diffusione dell'infezione si devono immunizzare, oltre agli ovini ed i caprini, anche i bovini. È una malattia stagionale (nel periodo estivo - autunnale). Gli insetti vettori della malattia, infatti, con il sopraggiungere del freddo, diminuiscono e cessano la loro attività, per riprenderla con i primi caldi l'anno successivo. Le manifestazioni cliniche possono avere varie forme. Si va da quelle più vistose, che sono le più frequenti negli ovini, a quelle in cui non si osserva alcun sintomo, come già detto per i bovini. Negli ovini la febbre alta, fino a 42 C, è il primo sintomo che compare e dura in genere una settimana. Il virus colpisce anche l'apparato boccale degli animali e impedisce loro di nutrirsi, e quindi si osserva una rapida perdita di peso, inappetenza e depressione. Le labbra sono arrossate così come la lingua e le gengive e, in un secondo tempo, possono diventare cianotiche e presentare delle erosioni su tutta la superficie. A questo punto possono comparire le caratteristiche lesioni che hanno dato il nome lingua blu alla malattia e cioè la lingua diventa tumefatta e cianotica e acquisisce una colorazione bluastra. La testa appare tumefatta e dalle narici può fuoriuscire uno scolo nasale. Anche gli arti vengono colpiti, in particolare quelli posteriori (si osserva nella pecora malata una pronunciata zoppia). Le lesioni tendono ad aggravarsi e l'animale può morire per le imponenti emorragie causate dal virus o per complicazioni batteriche. La mortalità varia dal 2% al 50% ed oltre dell'effettivo aziendale, in base alla razza, alle condizioni degli animali (stato generale, età, alimentazione, corretta gestione aziendale) ed al sierotipo virale coinvolto.

14 Per gli animali che si ammalano non esiste nessuna terapia efficace. Possono essere prese alcune precauzioni per proteggere, per quanto possibile, gli altri animali dell'allevamento. É importante però, nelle zone infette e in quelle dove vi è il rischio che la malattia possa diffondersi, prevenire la Blue Tongue vaccinando gli animali. Al primo sintomo o sospetto della presenza della "Lingua Blu" inoltre bisogna immediatamente fare la denuncia al servizio veterinario della competente Azienda USL. Questo si attiverà, con la massima urgenza, perché siano messe in atto tutte le misure di profilassi e controllo della malattia previste dalla legislazione vigente. L'igiene d'allevamento è una delle prime misure di profilassi che possono avere un effetto nel ridurre la densità dei vettori. Infatti, Culicoides imicola, il principale vettore dell'infezione nel nostro Paese, necessita per riprodursi di terreni, anche di piccole dimensioni, umidi e ricchi di materiale organico. Le raccolte d'acqua (stagni, laghi, paludi, ecc.), a differenza delle zanzare, non rappresentano un ottimo luogo per la riproduzione di questi insetti, in quanto la larva non è capace di galleggiare in acqua ma annega. Questi insetti preferiscono il terreno umido e fangoso posto ai margini delle raccolte d'acqua. Le piccole pozze di acqua, infatti, con residui di letame e di altro materiale sono un ottimo luogo per la riproduzione di tali insetti. E' ovvio, quindi, che dove, per le condizioni strutturali dell'allevamento, sia possibile mantenere il terreno e le superfici il più possibili asciutte e dove materiale organico, quale il letame, non è accessibile agli insetti, la loro densità si riduce più o meno sensibilmente Per quanto riguarda la lotta a questi insetti attraverso l'utilizzo di insetticidi, occorre subito chiarire che non esistono prodotti con attività testimoniata e certificata contro i Culicoides. In altre parole, ad oggi, se una persona si reca in una farmacia veterinaria e cerca un insetticida in cui vi sia scritto "efficace nei confronti dei culicoidi", non lo trova. Questo non perché i Culicoides siano di per sé resistenti agli insetticidi, ma perché, sia gli adulti che le larve, sono difficilmente aggredibili in modo significativo nell'ambiente. L'utilizzo nell'ambiente degli insetticidi consentiti per legge (di solito piretroidi naturali o di sintesi), se da una parte può determinare una riduzione temporanea degli insetti in genere, e quindi anche dei culicoidi, non è grado di prevenire in modo significativo l'infezione e la trasmissione del virus, ed inoltre, per gli effetti negativi sull'ambiente e sugli alimenti (ad esempio, possibili residui nel latte), deve essere attentamente valutato con il servizio veterinario. Anche l'utilizzo di sostanze insetticide repellenti da spargere direttamente sugli animali deve essere attentamente valutato e non è considerato un sistema di prevenzione di provata durata ed efficacia certa. Anche metodi di lotta biologica a questi insetti attraverso l'utilizzo di batteri patogeni per gli insetti ed innocui per i vertebrati, quali ad esempio il Bacillus thuringiensis, si sono dimostrasti sino ad oggi del tutto inefficaci. CONTROLLO BIOLOGICO DELLE MOSCHE NEGLI ALLEVAMENTI ZOOTECNICI Quindi è evidente la necessità di arginare il problema dei ditteri nelle stalle, privilegiando metodi di lotta naturali, e creando un ambiente sfavorevole agli insetti stessi. E consigliabile mantenere costantemente pulita la lettiera, abbondando in materiale vegetale ben asciutto ; la concimaia deve essere un sito razionale di accumulo di materiale organico, esposta alle radiazioni ultraviolette del sole che hanno effetto sterilizzante; devono essere evitati tutti i ristagni d acqua. Oltre a queste norme igieniche, un ottimo mezzo di lotta agli insetti è rappresentato dagli insetti antagonisti: Negli allevamenti zootecnici (bovini, suini, ovini, equini, avicoli), la presenza, nel periodo primaverile-estivo, di elevate popolazioni di mosca domestica (Musca domestica) e di altre specie di ditteri molesti (Fannia cannicularis ed altri) comporta notevole disagio agli animali allevati e agli operatori occupati in queste strutture. Inoltre il nervosismo, provocato agli animali dalle mosche, si ripercuote negativamente sul rendimento delle produzioni zootecniche. Le mosche si riproducono deponendo le uova nei substrati organici in decomposizione (cumuli di letame, liquami, lettiere, cumuli di rifiuti, ecc.) e trovano in questi ambienti condizioni ideali per la

15 proliferazione. Dai pochi adulti che passano l inverno, in seguito alle riproduzioni primaverili, si arriva ad esplosioni di popolazioni nel periodo estivo. La Lotta Biologica che prevede l utilizzo di insetti utili (predatori e parassitoidi delle mosche moleste) è una tecnica ormai ampliamente sperimentata e diffusa in Nord Europa e, in questi ultimi anni, sta prendendo piede anche nel nostro Paese. Attualmente in Italia esistono due insetti utili per il controllo biologico delle mosche : 1) un imenottero parassitoide del genere Muscidifurax, la Nasonia vitripennis. E una piccola vespa che depone le proprie uova all interno delle pupe di mosca domestica e altri ditteri molesti, che si trovano nei substrati solidi (letame, cumuli di compostaggio,). Dalle pupe di mosca parassitizzate, fuoriusciranno, anziché adulti di mosca, altre vespette parassitoidi.poiché la Nasonia è un parassitoide gregario, depone fino a 9 uova per ciascun uovo di mosca, il che aumenta notevolmente la diffusione del parassita. Le introduzioni dell insetto utile vanno eseguite a partire da aprile fino a tutto settembre a cadenza trisettimanale (intensificandole nel periodo più caldo, giugno-luglio) per un totale di 9-12 lanci all anno a seconda dell andamento climatico. Il lancio del parassitoide è più efficace se combinato con altri interventi, come poi illustreremo. E importante che i lanci siano iniziati verso aprile/maggio in modo da ridurre precocemente la popolazione della mosca a vantaggio di quella del parassitoide. 2) un dittero predatore della specie Ophyra aenescens che si nutre di larve di mosca domestica presenti all interno dei liquami. Perché la tecnica di lotta sia efficace la temperatura minima nei locali deve essere di almeno 18 C; pertanto nelle stalle aperte se ne consiglia l utilizzo a partire da marzo fino ad ottobre, nelle stalle chiuse (suini) tutto l anno. Il numero di introduzioni sufficienti per il controllo della mosca varia a seconda del tipo disubstrato liquido da trattare (6 lanci all anno nel caso di liquame suino, 3 nel caso di quello bovino). In zone particolarmente sensibili alla presenza di adulti di mosca di provenienza esterna (es. sale di mungitura) è possibile integrare l uso di insetti utili con gli insetticidi naturali di origine vegetale (ad esempio Piretro), che non lasciano residui. L impiego di insetti utili è ideale negli allevamenti biologici (secondo Reg. CE 1804/99),laddove non è consentito l uso di insetticidi chimici, ma viene applicato con successo anche in quelli convenzionali. Per ottimizzare la lotta biologica, come abbiamo già detto, occorre organizzare un razionale programma di disinfestazione ; risolvere il problema delle mosche in un allevamento di bovini non è particolarmente complicato, occorre capire bene il concetto di lotta biologica integrata e seguire con scrupolo le istruzioni fornite. I grandi allevamenti solitamente affidano gli interventi direttamente ai disinfestatori professionisti, mentre gli allevamenti famigliari, di piccole o medie dimensioni, preferiscono arrangiarsi, per ovvie ragioni economiche e sanitarie. Gli interventi possono essere svolti autonomamente, seguendo una metodica precisa. Innanzitutto bisogna conoscere bene il ciclo di sviluppo delle mosche. MOSCA ADULTA UOVA LARVE PUPE INSETTO UTILE PARASSITA DELLA MOSCA NASCITA DI NUOVI INSETTI UTILI Gli imenotteri parassitoidi della Mosca domestica e di altre mosche cercano attivamente le pupe delle mosche, nelle zone di riproduzione, per deporvi le uova al loro interno. La parassitizzazione determina quindi la morte della mosca e lo sviluppo del parassita a sue spese. Per rendere gli insetti utili in grado di competere con le mosche è necessario eseguire la loro distribuzione periodica nelle aree dove si sviluppano le loro larve: sul letame, ai lati delle lettiere, vicino alle mangiatoie, ecc, cercando di evitare le zone troppo bagnate o soggette a rimozione e calpestio. La distribuzione degli insetti utili viene eseguita in modo differente a seconda delle situazioni: sopra alle letamaie esterne si usano appositi contenitori forati, che vanno lanciati lungo il perimetro asciutto dei cumuli.

16 All interno dei ricoveri, nelle zone più asciutte delle lettiere è possibile operare la semina diretta degli insetti utili o distribuendoli in contenitori opportunamente fissati lungo le corsie. Bisogna riporre un contenitore idoneo con granuli succhiando il formulato è praticamente istantanea. di zuccherini :la morte dell'insetto che si nutre Queste trappole vanno appese all interno, lungo i corridoi, in sala raccolta latte, nella sala di mungitura, in vitellaia, nei magazzini, sempre fuori dalla portata di bambini ed animali. Lungo il perimetro esterno dell allevamento bisogna creare una cintura sanitaria disponendo, sotto gli alberi o in zone ombreggiate, le trappole ad acqua tipo IGLU, provviste di un esca odorosa che attira le mosche e le cattura grazie all'imboccatura conica del recipiente. Le strisce adesive srotolabili vanno utilizzate per catturare le mosche all interno di piccoli locali, nei quali non si può impiegare l insetticida: uffici, bagni, spogliatoi, aree ristoro, sala mungitura, ecc. Le trappole luminose aspiranti costituiscono un utile mezzo per il monitoraggio e la cattura massiva degli insetti circolanti: posizionate all esterno di stalle ed abitazioni sono in grado di catturare grandi quantità di mosche e zanzare. Le temperature e le condizioni atmosferiche stagionali influiscono in modo determinante sulla durata del ciclo vitale degli insetti infestanti e di conseguenza, in caso di caldi eccessivi è bene intensificare i trattamenti. Di sicuro la lotta biologica ha i seguenti vantaggi: v controlla efficacemente le specie dannose v controlla la specie resistenti ai prodotti chimici v nessun impatto sull entomofauna selvatica v nessun effetto tossico sull ecosistema e sulle colture v stabilizzazione dell agroecosistema v nessun tempo di carenza v ambiente pulito Per ottenere i migliori risultati, come abbiamo già detto, occorre prevenire lo sviluppo delle mosche. Si ritiene utili, quindi, posizionare le varie trappole già con i primi caldi primaverili ed iniziare i trattamenti periodici ed i lanci degli insetti utili nel periodo di aprile/maggio. 9.Progetto Pollo della Val di Vara Allo scopo di recuperare e diffondere la razza Gigante nera d'italia il CIPA di La Spezia (Centro di Istruzione Professionale Agricola della CIA) ha avviato un apposito progetto individuando un gruppo di allevatori aderenti al Consorzio Valle del Biologico (Varese Ligure). L'obiettivo è quello di produrre dei polli da destinare alla produzione del Pollo della Val di Vara A tale scopo sono stati recuperati, nel comprensorio, polli con caratteristiche morfologiche identificabili nella razza Gigante nera d'italia e si sta provvedendo ad un loro miglioramento genetico utilizzando le stesse razze che, all'inizio del secolo scorso, sono state utilizzate dal Dott. Frausanna per la costituzione della razza ligure. I polli riproduttori Gigante nera d'italia schiudono solo da uova deposte da galline al secondo ciclo di deposizione dopo cioè aver portato a termine la muta: in questo modo viene garantita una notevole rusticità e adattamento all'ambiente ligure. Inoltre questi riproduttori sono sottoposti ad un programma di selezione teso ad evitare malattie

17 specifiche o problemi sanitari connessi con alcune razze e varietà utilizzate nella produzione intensiva. Il programma prevede quindi la realizzazione di due linee consanguinee (linea maschile e linea femminile) dalle quali prenderà origine il Pollo della Val di Vara. Il programma, a regime, prevede quattro categorie di allevatori: - allevatori guardiani; - allevatori selezionatori; - allevatori moltiplicatori; - allevatori produttori. Gli allevatori guardiani sono costituiti da appassionati, non necessariamente aziende agricole, che hanno il compito di allevare i polli di razza Gigante nera d'italia secondo un apposito Disciplinare di Conservazione. Gli allevatori selezionatori detengono le linee consanguinee (maschili e femminili) e portano avanti i programmi di selezione e miglioramento genetico. Gli allevatori moltiplicatori, utilizzando animali provenienti dagli allevamenti di selezione attuano un'attività di riproduzione producendo uova e/o pulcini da destinare alla produzione del Pollo della Val di Vara Gli allevatori produttori allevano e commercializzano il Pollo della Val di Vara. È in programma l'istituzione di un Registro Anagrafico per la razza Gigante nera d'italia dove vengono iscritti solo gli allevatori selezionatori e gli allevatori moltiplicatori e detengono lo standard di razza. Gli allevatori guardiani, selezionatori, moltiplicatori e produttori, che aderiscono al Consorzio Valle del Biologico (Varese Ligure), costituiscono l'associazione allevatori Gigante nera d'italia. Gigante nero d'italia: presentazione del marchio Domenica 24 luglio 2005, nel Borgo Rotondo a Varese Ligure, si è svolta la conferenza stampa per la presentazione dell'attività di recupero di una vecchia razza ligure di polli. L'iniziativa si è svolta all'interno della manifestazione Alla riscoperta dei sapori e delle tradizioni passeggiando nel Borgo... L'incontro è stata l'occasione per conoscere i punti di forza che hanno permesso il recupero della razza: - legame con il territorio identificando con precisione la zona di produzione; - origine degli animali legata a precisi programmi genetici recuperati dalla documentazione storica; - legame con l'ambiente prevedendo l'impiego di animali nati nel comprensorio; - tradizionalità del metodo d'allevamento seguendo gli insegnamenti impartiti, nel secolo scorso, della Stazione Sperimentale di Pollicoltura di Rovigo e fissati Decreto legge n del 3 settembre 1926 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 29 ottobre 1926 n. 251; - integrità dei suoli e protezione dell'ambiente applicando un metodo d'allevamento estensivo; - benessere degli animali applicando le ultime conoscenze in materia; - salubrità delle produzioni mutuando quanto previsto per la zootecnia biologica; - tipicità attraverso l'integrazione alimentare con prodotti legati al comprensorio e il recupero degli usi e costumi locali.

18 10. la commercializzazione Al fine di razionalizzare la produzione zootecnica in Val di Vara, punto cruciale di una possibilità di espansione delle aziende presenti, in questi due anni sono state monitorate le stalle più all avanguardia sia dal punto di vista della selezione degli animali allevati, sia dal punto di vista dell alimentazione somministrata. Queste aziende sono numericamente assai poche, però rappresentano il fiore all occhiello della Val di Vara. Seguite anche dal punto di vista alimentare, come detto precedentemente, queste aziende hanno prodotto degli animali (bovini) con una buona conformazione della carcassa che, macellata, ha dato ottime rese, indice, questo, di grande valore commerciale dell animale. Questi capi bovini sono stati assaggiati da un gruppo di consumatori locali che ne hanno apprezzato le caratteristiche. da qui è nata l idea di accrescere le produzioni nel comprensorio, sia dal punto di vista quantitativo ma soprattutto qualitativo, per rivolgersi ad un consumatore molto esigente, e fissando strettamente le caratteristiche positive del prodotto carne al territorio di origine. E così che, assaggiando queste carni particolarmente sapide e succulente, associate ad un suggestivo ed incontaminato paesaggio, che un rappresentante della grande distribuzione ha mostrato forte interesse nei confronti delle produzioni di qualità della Val di Vara. Da verificare, a questo punto, se la domanda può essere soddisfatta dall offerta. Infatti per garantire la continuità di prodotto che la grande distribuzione richiede bisognerebbe poter macellare un numero minimo di capi di mesi di età compreso tra 150 e 180 all anno. Allo scopo è stato fatto un censimento, terminato il quale si è riscontrato che i numeri, potenzialmente, ci sono. Resta da verificare, al momento, la volontà degli allevatori ad aderire a disciplinari di produzione rigidi richiesti dal mercato e ad investire nella produzione di carne di qualità. La filiera dei bovini da carne, infatti, conta un centinaio di aziende, ma solo 787 sono i capi iscritti APA. I tipi genetici utilizzati per la produzione di carne sono razze specializzate come la Limousine, ma anche meticci ottenuti da incroci tra vacche da latte o brune alpine poco selezionate e tori da carne; inoltre la maggior parte dei capi macellati è allevata fino al 13 mese di età in modo da avere carcasse leggere (circa 210 Kg), più commerciabili in zona. Portare i capi a questo peso di macellazione non è molto impegnativo per l allevatore; ben diverso, invece portarli a 20 mesi di età, dopo aver compiuto la fase di finissaggio, fondamentale per la qualità della carne. Di sicuro la possibilità di aprire le frontiere della commercializzazione della carne oltre il comune di Varese Ligure può dare quell impulso vitale che in un momento di stagnazione dei consumi di prodotti biologici e di qualità rassicurerebbe le aziende della zona. 11. Conclusioni

19 Il progetto dimostrativo ha permesso di prendere atto delle peculiarità della Val di Vara, sia come punti di forza che di debolezza. Per quel che concerne la qualità dei foraggi, infatti, dopo i numerosi campionamenti è emerso che le caratteristiche chimiche e nutrizionali sono mediocri, e ciò è dovuto al fatto che lo sfalcio avviene, nella maggior parte dei casi su prati ormai stanchi con cotico degradato. Solo in pochi casi si semina per produrre foraggio di qualità, limitando tali foraggiere all erba medica, magari associata per il primo anno a graminacee. Sono ancora casi sporadici le pochissime aziende che producono foraggio insilato, ed in queste spicca, tra l altro, l elevata conformazione dei capi allevati e la qualità delle carcasse. Lo sfalcio,inoltre, avviene in momenti tardivi, in cui le caratteristiche nutrizionali delle essenze sono già nella fase calante, così da determinare un ulteriore depauperamento delle qualità nutritive ed un incremento notevole della fibra grezza a discapito della proteina grezza. Per quanto riguarda l allevamento dei bovini sia per il comparto carne che per il comparto latte, è stato possibile verificare che i capi allevati sono in gran parte meticci o comunque soggetti non iscritti ad un albo, e spesso all interno della stessa azienda sono presenti capi di diverse razze insieme a meticci. Ciò genera un immagine di grande frammentazione del tessuto produttivo, che si riflette negativamente sulla possibilità di organizzare in maniera efficiente il settore di trasformazione e vendita dei prodotti. In particolare per i capi da latte, anche nei casi di capi selezionati, la gestione della razione alimentare non è corretta e non riesce quindi a coprire le esigenze nutrizionali degli animali, determinando ridotte produzioni, non comparabili alle potenzialità delle bovine stesse. Per i bovini da carne, le carcasse selezionate con il metodo SEUROP evidenzia scarsi valori di carcassa, soprattutto per quanto riguarda i capi maschi. Questo scarso risultato evidenzia la difficoltà degli allevatori a concepire razionali tecniche di gestione e di allevamento che possano estrinsecare le capacità produttive dei capi allevati. In sintesi, è evidente che la Val di Vara ha delle enormi potenzialità, ma ancora lungo è il cammino per ottenere degli allevamenti di qualità. Bisogna riorganizzare il comparto, incoraggiando l allevamento di capi selezionati ed iscrivibili all APA, sottoponendoli quindi a controlli funzionali e ad accoppiamenti razionali con capi selezionati, in modo da dare un impulso al patrimonio genetico di allevamento. Al momento il lavoro da fare è impegnativo, perché bisogna svincere negli allevatori le convinzioni tramandate di generazione in generazione e ad oggi non più attuali. E più facile intervenire sui giovani allevatori che si presentano come un substrato neutro, attento alle novità e sensibile alle innovazioni in agricoltura. Interessante al proposito la presenza di allevatori provenienti da fuori, spesso da fuori regione, e che hanno dimostrato di voler investire in questo settore. Grande considerazione, infine, va data alla selezione dei riproduttori di Gigante Nero d Italia, una razza avicola ormai in via di estinzione e che è stata recuperata grazie alla paziente opera di selezione di un allevatore. La selezione ormai è conclusa ed i capi ottenuti devono essere registrati in un registro anagrafico che ne legittimerà ed ufficializzerà l appartenenza a tale razza. La produzione di un avicolo così particolare, di dimensioni ragguardevoli e con carni tenere, sapide e compatte può dare una forte caratterizzazione agli allevamenti avicoli in Val di Vara, attualmente ridotti alla produzione per autoconsumo, determinando così una tipologia di allevamento razionale per il mercato esterno, ed alternativo alle produzioni zootecniche consolidate. Inoltre la produzione in numero elevato di polli gigante nero della Val di Vara, biologici ed allevati all aperto, può valorizzare tutto il comprensorio, grazie alla forte curiosità che questo animale ha creato nei consumatori ed alle caratteristiche organolettiche di questo animale, che riflette la qualità dell ambiente in cui è nato ed è stato allevato.

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