LE BIOMASSE LEGNOSE: IL LEGNO

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1 Biomasse forestali ad uso energetico in ambiente alpino: potenzialità e limiti 43 Corso di Cultura in Ecologia, 2007 LE BIOMASSE LEGNOSE: IL LEGNO STEFANO BERTI CNR - IVALSA

2 16 Stefano Berti LA MATERIA PRIMA LEGNO Tutte le principali caratteristiche tecnologiche del legno hanno strette relazioni con la sua anatomia (forma e disposizione delle cellule) e con la sua costituzione chimica: tali aspetti differiscono tra le diverse specie legnose e possono variare molto anche all interno della stessa specie e dello stesso tronco, in funzione delle condizioni ambientali di crescita della pianta. L albero adulto è formato da un fusto ricoperto da uno strato protettivo, la corteccia, oltre che dai rami e dalle radici. Il legno che costituisce il fusto si accresce sovrapponendo, fra la corteccia ed il legno già esistente, un nuovo strato legnoso prodotto da un tessuto meristematico, il cambio, che forma come un rivestimento continuo intorno al fusto. Nei climi temperati questo accrescimento è influenzato dagli andamenti stagionali e gli strati legnosi prodotti annualmente dalla pianta, osservati su una ceppaia o sulla testata di un tronco, danno origine ad anelli, più o meno visibili a seconda della differenza esistente tra i tessuti originatisi all inizio o alla fine del periodo vegetativo. La struttura di questi anelli di accrescimento è sostanzialmente uguale tra pianta e pianta mentre cambiano, al variare delle condizioni climatiche e del tipo di soprassuolo boschivo in cui vegeta l albero, l ampiezza di tali anelli ed il rapporto tra la quantità di legno primaticcio, che si forma all inizio del periodo vegetativo e di legno tardivo che invece si forma alla fine di questo periodo. A livello macroscopico, osservando sempre una ceppaia o la testata di un tronco, è possibile individuare il midollo, situato in corrispondenza dell'asse lungo il quale si è successivamente trovato l'apice vegetativo del fusto, costituito da parenchima primario (con funzione di stoccaggio degli elementi nutritivi). Talvolta, questo in relazione alle varie specie legnose, è possibile verificare l esistenza di una porzione di fusto esterna più chiara rispetto ad una zona centrale con colorazioni più scure che prendono rispettivamente il nome di alburno e durame. L alburno nella pianta svolge la funzione sia di sostegno che fisiologica e contiene molto amido e altre sostanze nutritive; al contrario il durame è la porzione di legno che svolge esclusivamente la funzione meccanica di sostegno e in cui la trasformazione dell'amido in sostanze diverse (tannini, terpeni ), che in alcune specie provoca un drastico cambiamento di colore, conferisce una maggiore resistenza agli agenti patogeni (durabilità naturale). Figura 1 - Parti costituenti un tronco e sezioni anatomiche del legno.( F H. Schweingruber, 1990 modif.) Pur se non identificabile a livello macroscopico, nel fusto è presente il legno giovanile, così definito a causa della giovane età del cambio che lo ha prodotto, che si differenzia dal legno maturo per una serie di caratteristiche istologiche e fisico-meccaniche diverse da quelle tipiche delle successive fasi del ciclo vitale della pianta.

3 Le biomasse legnose: il legno 17 Deviazione della fibratura Ritiro longitudinale Contenuto di umidità Legno giovanile Legno maturo Midollo 5-20 anelli Corteccia Massa volumica Lunghezza delle cellule Resistenza Spessore delle cellule Ritiro trasversale Percentuale di legno tardivo Legno giovanile Legno maturo 5-20 anelli Midollo Corteccia Figura 2 Caratteristiche del legno giovanile. LA STRUTTURA ANATOMICA Il tronco di un albero è formato da milioni di cellule legnose di varie dimensioni e forma, con funzioni molto diverse quando la piante è in vita: conduzione dei liquidi, sostegno, accumulo di sostanze nutritive, secrezione di sostanze protettive. Esistono differenze sostanziali tra conifere e latifoglie, proprio in ragione della differente tipologia di cellule che costituiscono il legno. Il legno di conifera è detto omoxilo per l omogeneità degli elementi che lo compongono, essendo costituito prevalentemente da tracheidi, lunghe cellule allungate a forma di fuso, che svolgono sia la funzione di sostegno che di conduzione. Il legno di latifoglia, al contrario, è chiamato eteroxilo per la sua maggiore complessità dovuta alla specializzazione delle cellule presenti: vasi per la conduzione dei liquidi, fibre per il sostegno meccanico. Sia nel legno di conifera che in quello di latifoglia esistono poi cellule parenchimatiche per l immagazzinamento delle sostanze nutritive e cellule secretici (prevalentemente resine nelle conifere e gomme nelle latifoglie). Il legno è formato prevalentemente da cellule morte delle quali resta soltanto la parete cellulare, che con le sue caratteristiche determina le proprietà ed il comportamento del materiale. Le pareti delle cellule sono costituite principalmente da microfibrille di cellulosa variamente orientate, che costituiscono la struttura portante dell intera parete, da lignina, da emicellulose. Ogni parete è composta da vari strati denominati: parete primaria, la prima ad essere formata e che si deforma durante la crescita della cellula; parete secondaria (a sua volta composta da tre strati con orientamento delle microfibrille di cellulosa perpendicolare fra gli strati adiacenti), prodotta dopo che l allungamento della cellula si è completato; parete terziaria, raramente ben distinguibile. Le varie cellule sono unite fra di loro mediante la lamella mediana, intimamente unita alla parete primaria delle cellule adiacenti tanto da rendere spesso difficile distinguere il confine tra le due formazioni.

4 18 Stefano Berti 3 Figura Rappresentazione schematica della parete cellulare (Nardi Berti, 2006). ULTRASTRUTTURA DEL LEGNO La conoscenza delle caratteristiche dei principali costituenti della parete cellulare, la cosiddetta ultrastruttura del legno, è di fondamentale importanza per capire molti dei comportamenti fisici e meccanici del materiale, nonché le sue proprietà più intrinseche. Basti pensare alla sua anisotropia, cioè alla proprietà di presentare caratteristiche diverse a seconda della direzione anatomica considerata, alla sua igroscopicità (adsorbimento e desorbimento) e al suo comportamento viscoelastico e meccano-sorbitivo. La parete cellulare è, nel suo complesso, un sistema le cui caratteristiche meccaniche sono particolarmente raffinate: è assimilabile ad un materiale composito in cui una matrice (lignina) tiene unite le microfibrille di cellulosa; l'organizzazione in più livelli dimensionali assicura una serie di caratteristiche (distribuzione delle tensioni, resilienza e capacità di resistere alla propagazione delle fessurazioni) difficili da raggiungere anche nei compositi artificiali più avanzati. L ultrastruttura del legno è qualitativamente simile per tutte le specie legnose. In particolare, i costituenti chimici della parete cellulare sono: la cellulosa, la lignina e le emicellulose. A questi componenti strutturali si devono poi aggiungere gli estrattivi e le ceneri che, pur essendo componenti non strutturali, e dunque non contribuendo alle proprietà meccaniche del legno, ne influenzano le altre caratteristiche, altrettanto importanti dal punto di vista tecnologico (ad esempio il colore, la durabilità naturale, la bagnabilità ecc.). Cellulosa La cellulosa è il componente più abbondante nel legno, arrivando a valori del 50% del peso secco. È un polisaccaride para-cristallino chimicamente stabile, non è solubile in acqua ma si

5 Le biomasse legnose: il legno 19 idrata facilmente (è infatti da ciò che prende origine l igroscopicità del legno). Questa sostanza conferisce la resistenza a trazione alla parete cellulare, grazie al suo grado di linearità e cristallinità. È costituita essenzialmente da cellobiosio polimerizzato, il cellobiosio essendo dato dall unione di due molecole di glucosio, che si può approssimativamente considerare l unità elementare della cellulosa. La polimerizzazione del cellobiosio origina delle catene regolarmente ordinate nello spazio, in modo tale da formare un reticolo cristallino caratterizzato da una cella elementare che consta di due molecole di cellobiosio. Le catene di unità di cellobiosio delle celle elementari sono affiancate fra loro in modo da formare fasci filiformi, nei quali, a zone più compatte dette micelle cristalline si alternano zone ove le catene sono più libere od amorfe. Questo insieme dà luogo alle fibrille elementari. Le aree più amorfe sembrano essere posizionate, in senso longitudinale, nella zona di unione tra due fibrille e, in senso trasversale, nella parte periferica della singola fibrilla, zone dove si nota la maggiore reattività degli aggregati. Le fibrille elementari si uniscono fra loro dando luogo a filamenti piatti, detti microfibrille le quali, a loro volta, si uniscono formando le macrofibrille. Lignina La lignina è un polimero aromatico tridimensionale costituito da derivati del fenilpropano, presente indicativamente per il 26-30% nelle conifere e per il 20-25% nelle latifoglie. E' una sostanza amorfa, rigida, a comportamento termoplastico e di composizione variabile, soprattutto tra le conifere e le latifoglie; viene definita "incrostante" poiché si depone fra le fibrille cellulosiche e fra le macromolecole pectiche ed emicellulosiche, conferendo così caratteristiche di rigidezza e resistenza a compressione. La distribuzione percentuale dei costituenti chimici è diversa nei diversi strati della parete cellulare. Emicellulose Le emicellulose sono dei polisaccaridi amorfi presenti per il 20-30% del peso anidro, derivanti dall aggregazione di zuccheri (in particolare: mannosio, xilosio, arabinosio, glucosio, galattosio e ramnosio) e alcuni acidi ma, diversamente dalla cellulosa composta solo di glucosio, possono essere costituite da molecole di diverso tipo. I vari polimeri prendono il nome proprio dai monomeri che li originano e la loro composizione cambia fra conifere e latifoglie, ma anche tra specie diverse. Il grado di polimerizzazione delle emicellulose è generalmente inferiore a quello della cellulosa e le catene non sono disposte tutte in modo tra loro parallelo, ma possono originarsi delle catene laterali disposte perpendicolarmente rispetto all asse della catena principale. Questo minor livello di organizzazione, caratterizzata da un maggior numero di ossidrili liberi di legarsi con altre molecole, rende le emicellulose più solubili e soprattutto più igroscopiche, dando un notevole contributo al comportamento viscoso del legno. Da qui la sempre crescente importanza che viene riconosciuta a questi polimeri. Nelle precedenti classificazioni si distinguevano anche le sostanze pectiche, rappresentate da un gruppo eterogeneo costituito da tre polisaccaridi (galattano, arabano, galatturano) che formano complessi amorfi e che rappresentano le componenti principali della lamella mediana e della parete primaria. Nella chimica moderna non si distingue più tra sostanze pectiche ed emicellulose. Oltre alle pareti cellulari, che costituiscono la vera e propria materia legnosa, nel legno si trovano anche acqua, estrattivi ed inclusi cellulari. Nel legno di alcune specie sono tipicamente presenti canali secretori di resina o di altre sostanze (gomme, grassi, latici vari) che talora producono anche macroscopici accumuli di sostanza secreta (es. tasche di resina nell'abete rosso); anche in specie legnose che normalmente ne sono prive, canali resinosi ed accumuli anomali possono formarsi a seguito di traumi di vario genere (es. canali resiniferi traumatici nell'abete bianco). Alcune conifere hanno addirittura corteccia ricca di resina e legno privo di canali resiniferi (es. Abete bianco, Cipresso, Ginepro, ecc.). Tali sostanze sono denominate estrattivi poiché essi sono estraibili dal legno mediante acqua calda o fredda, vapore, o solventi. Sono prodotti dal metabolismo della pianta e possono avere composizione, struttura, localizzazioni e funzioni assai varie. Gli estrattivi sono dunque sostanze presenti nel legno, ma non facenti parte integrante della parete cellulare e possono conferire al legno varie caratteristiche anche di notevole importanza pratica: alcuni sono tossici per batteri e funghi, altri sono appetibili per gli insetti (amidi), ed inoltre conferiscono colore e odore al

6 20 Stefano Berti legno. Tuttavia alcuni di essi, una volta estratti dal legno o dalla corteccia, possono risultare prodotti di importanza economica (es. cere, sostanze concianti, medicinali, ecc.) tanto è vero che la produzione di questi viene in molti casi stimolata artificialmente (ad es. attraverso la resinazione, la raccolta del caucciù, ecc.). Gli inclusi cellulari minerali sono granuli amorfi o cristalli, prevalentemente di silice, di fosfati o di ossalati, presenti nei lumi cellulari dei raggi parenchimatici (raramente nei vasi) di alcune specie, per lo più tropicali (es. Aniegrè, Azobè, ecc.). La presenza di inclusi, ed in particolare di granuli di silice, fa sì che il legno risulti particolarmente abrasivo nei confronti degli utensili utilizzati per lavorarlo e rende opportuno l'uso di taglienti in acciaio speciale, per evitare sostituzioni o riaffilature troppo frequenti e quindi costose. Ma la presenza di silice ha anche risvolti positivi: conferisce al legno una certa resistenza agli attacchi delle teredini. Sono poi da ricordare i cosiddetti legni "sabbiosi" la cui denominazione è dovuta ai sali che, trasportati dalla linfa, si accumulano nel legno. Tali composti, unitamente a quelli derivanti dai composti inorganici (principalmente sali) presenti nelle pareti cellulari e negli estrattivi costituiscono i prodotti residui della combustione completa del legno, e vengono indicati come ceneri. Il contenuto in ceneri, generalmente minore dell'1% (riferito al peso anidro del legno), costituisce una indicazione del contenuto di sali, dato che durante la combustione avvengono parziali decomposizioni chimiche ed asportazioni attraverso i fumi. ALTRE CARATTERISTICHE DEL LEGNO Altre caratteristiche strutturali necessarie per definire e per tentare di comprendere i comportamenti del legno sono rappresentate da: - fibratura, talvolta identificata con i termini "fibra", "filo", "verso", o "vena", che indica la direzione longitudinale (cioè la direzione che corrisponde all'asse del fusto) secondo la quale sono disposte le cellule. La fibratura può essere diritta o deviata (inclinata, ondulata, intrecciata) e condiziona in maniera notevole il comportamento del legno perché influisce negativamente sulle lavorazioni quando è ondulata o intrecciata e sulle caratteristiche meccaniche quando è inclinata. Inoltre, qualora non sia diritta, può intervenire ancora negativamente nei rapporti legno- acqua menzionati più avanti. - tessitura, detta anche "grana", che indica la dimensione delle cellule. La tessitura può essere fine, con cellule piccole e disposte regolarmente come nel caso del legno di acero, grossolana, con cellule molto grandi adiacenti ad altre di dimensioni molto ridotte come nel legno di rovere, oppure media come nel caso dell olmo. La tessitura è importante perché è da mettere in relazione alle lavorazioni eseguibili e alla qualità delle superfici che si possono ottenere; sono inoltre da considerare i sui effetti sul prodotto finito, quando al legno vengono applicate altre sostanze quali colle e vernici. - venatura, che individua l'effetto figurativo dovuto al contrasto di colore degli anelli annuali. La venatura quindi rappresenta solo una caratteristica estetica e, anche se spesso viene confusa con la fibratura, non ha effetti sul comportamento fisico-meccanico del materiale. Nel legno possono essere identificate tre direzioni anatomiche fondamentali: - longitudinale o assiale, coincidente con l'andamento generale della fibratura; - radiale, perpendicolare alla direzione longitudinale e che interseca gli anelli di accrescimento annuale formando un angolo retto; - tangenziale, perpendicolare alla longitudinale e tangente agli anelli di accrescimento annuale. Tutte le proprietà del legno variano sensibilmente con la direzione anatomica ed i differenti comportamenti sono sempre da mettere in relazione con questa realtà.

7 Le biomasse legnose: il legno 21 Fig. 4 - Principali direzioni anatomiche nel legno: T) tangenziale, R) radiale, L) longitudinale RAPPORTI LEGNO-ACQUA L'acqua è uno dei principali fattori che influenzano le proprietà fisiche, meccaniche ed energetiche del legno; esprimere però il contenuto di acqua presente nel tessuto legnoso in valore assoluto non darebbe alcun metro di valutazione. Generalmente si ricorre perciò alla quantificazione dell'acqua contenuta, mediante il calcolo della percentuale di umidità riferita al peso anidro, cioè al peso del legno assolutamente secco, ottenuto mediante stufa ventilata secondo il metodo descritto dalla norma UNI EN L'umidità percentuale è ottenuta applicando la formula: P u P 0 U% = x 100 P 0 Dove: P u = peso del legno al momento in cui se ne vuole determinare l'umidità P 0 = peso del legno anidro, ottenibile in stufa ventilata a 103 C Quando l'albero è in vita od appena abbattuto può contenere, a seconda della specie legnosa e dell'ambiente di crescita, dal 50% al 300% circa di umidità. Di questa grande quantità di acqua, parte è contenuta nei lumi cellulari, parte è legata alle pareti delle cellule. Dopo l'abbattimento, l'acqua contenuta nei lumi cellulari è la prima ad uscire, provocando perdita di peso ma non diminuzione di volume. Soltanto quando il legno raggiunge valori di umidità intorno al 30%, inizia a fuoriuscire anche l'acqua legata alle pareti cellulari. Questa soglia, denominata punto di saturazione delle pareti cellulari, è di fondamentale importanza in quanto ogni ulteriore perdita di umidità comporta una diminuzione di volume dando luogo al fenomeno denominato ritiro.

8 22 Stefano Berti Il legno, essendo un materiale igroscopico, tende ad equilibrare la sua umidità con quella dell'ambiente in cui si trova; in pratica il processo di perdita, come pure quello di riassorbimento di umidità ( e di conseguenza il ritiro ed il rigonfiamento) non cessano mai. Rispetto alle principali direzioni anatomiche, le migrazioni dell'acqua dimostrano una maggiore velocità in direzione assiale mentre sia radialmente che tangenzialmente gli scambi con l'ambiente sono molto più rallentati. Figura 5 - Perdite di acqua secondo le principali direzioni anatomiche nel legno. Il numero di frecce è proporzionale all'entità Per ragioni di confronto, ma anche di ordine commerciale, è nata l'esigenza di stabilire valori di umidità di riferimento. Per convenzione internazionale si è concordato di assumere, per i Paesi a clima temperato, il 12% come umidità normale del legno, tenendo presenti i fattori climatici presenti in questi territori. Tale percentuale corrisponde infatti a legno in perfetto equilibrio con aria a 20 C di temperatura ed umidità relativa del 65%, valori ambientali medi presenti per esempio in Italia. Figura 6 - Umidità del legno in relazione alla temperatura e all'umidità relativa dell'aria ambiente (G.Giordano 1981).

9 Le biomasse legnose: il legno 23 Il passaggio del legno dallo stato fresco allo stato prossimo all'umidità normale (in eccesso o in difetto) può avvenire mediante stagionatura naturale all'aria o per essiccazione artificiale utilizzando appositi impianti. Nel primo caso occorrono tempi più lunghi ed è praticamente impossibile predeterminare l'esatta umidità di equilibrio a causa delle continue variazioni climatiche; nel secondo caso invece, oltre ad una maggiore velocità (anche se diversa secondo la specie legnosa), è possibile essiccare il legno anche in relazione alla sua destinazione. Generalmente, per impieghi all'esterno, è sufficiente arrivare a valori di umidità intorno al 15%, mentre se il legno viene utilizzato all'interno delle abitazioni occorre scendere al di sotto del 12%. Oltre al metodo per pesata già citato precedentemente, la quantità di acqua contenuta nel legno può essere stimata con altri sistemi tra cui, quello più diffuso, riguarda l'utilizzazione di appositi igrometri elettrici. Tale metodo, descritto nella UNI EN , meno preciso del precedente, non può essere utilizzato quando il legno si trova ad umidità superiori al 30% oppure quando sono state applicate al legno sostanze quali impregnanti o vernici. Inoltre, dato che ogni specie legnosa risponde differentemente, è opportuno provvedere alla taratura degli strumenti qualora questi non siano forniti di apposite tabelle di conversione. Per concludere l'argomento della misura dell'umidità mediante igrometri elettrici occorre fare una ultima considerazione: è opportuno utilizzare accessori in grado di misurare, in funzione dello spessore del materiale, l'umidità in profondità e non solo superficialmente. Ciò per diminuire l'errore dovuto ai gradienti di umidità, cioè alla differente percentuale di acqua contenuta in zone legnose adiacenti, dovuta sia alla diversa velocità di movimento in funzione delle direzioni anatomiche che all'impossibilità pratica di ottenere un equilibrio costante con l'ambiente (ottenibile solo in laboratorio) dato il continuo mutare delle condizioni esterne. Questa caratteristica negativa può essere accentuata dalle dimensioni del materiale (nel caso di spessori e larghezze notevoli) e dalle eventuali forti sollecitazioni ambientali (ad esempio un essiccazione troppo forzata). Figura 7 Fenomeni correlati alle variazioni di umidità del legno

10 24 Stefano Berti LA COMBUSTIONE DEL LEGNO Affinché possa iniziare il processo di combustione, con tutta la serie di degradazioni a carico del materiale legnoso, occorre inizialmente apportare del calore al legno stesso. Le modalità con cui tali degradazioni avvengono sono in funzione della quantità di aria a disposizione ed in particolare avremo i fenomeni di carbonizzazione, pirolisi o combustione lenta in assenza di ossigeno e di combustione rapida in presenza di quantità abbondanti di ossigeno. Carbonizzazione o pirolisi Il legno a contatto con il calore si riscalda ed inizia a perdere l acqua contenuta nei propri tessuti. Questa prima fase, che implica fenomeni reversibili e che potremmo definire preliminare, comporta un innalzamento della temperatura interna del legno non superiore a 70 C; continuando l apporto di calore, quando la maggior parte di acqua è fuoriuscita, inizia ad aumentare anche la temperatura del legno superando i 100 C. E a questo punto che si innescano reazioni irreversibili nelle porzioni superficiali del legno e che corrispondono all inizio della pirolisi. Fino a temperature comprese tra 150 e 200 C iniziano fenomeni che provocano imbrunimento dei tessuti legnosi, formazione di vapore d acqua, di anidride carbonica (poca e incombustibile), di altri gas tra i quali l ossido di carbonio (circa il 50% in meno rispetto all anidride carbonica). Continuando la somministrazione di calore, e fino a temperature di C, le modificazioni si spingono negli strati interni del legno mentre le superfici più esterne sono interessate da fenomeni di evaporazione dei prodotti condensabili (acqua, acidi grassi a basso peso molecolare, quali acido acetico, acido formico,acido propionico, acidi grassi superiori, alcool metilico) e dall emissione di gas (principalmente anidride carbonica [incombustibile] e poco ossido di carbonio). In queste condizioni le reazioni, fino a questo momento endotermiche, diventano esotermiche ed inizia la formazione di prodotti catramosi rappresentati dalla presenza di piccolissime gocce trasportate in sospensione dai gas. Il processo progredisce verso l interno e sulla superficie, divenuta di color bruno cupo, la temperatura aumenta rapidamente raggiungendo circa 450 C, accompagnata dall abbondante emissione di gas combustibili e vapori quali: ossido di carbonio, metano, formaldeide, acido acetico, acido formico, metanolo, idrogeno. Continua, anche se in misura minore, la produzione di anidride carbonica e vapore d acqua. Una volta che anche le porzioni di legno più interne sono state interessate dalla degradazione termica, il processo ritorna ad essere endotermico e la carbonizzazione raggiunta intorno a 500 C può considerarsi conclusa. Il prodotto ottenuto, il carbone vegetale, contiene ancora consistenti quantità di idrogeno ed ossigeno che, se riscaldato fino a temperature prossime a 1500 C possono ancora dare origine a ulteriori emissioni di gas. I processi di degradazione termica non interessano, nello stesso momento, i vari componenti del legno. Pur risultando difficile entrare nel merito data la complessità delle trasformazioni che subiscono i composti quando la temperatura supera i 100 C, le emicellulose risultano essere la componente più degradabile: la maggior parte dell acido acetico che si forma durante la degradazione termica deriva dai gruppi acetilici presenti nelle emicellulose. La cellulosa è più stabile, ma anch essa a temperature intorno a 150 C inizia a degradarsi considerevolmente: in un primo momento si assiste ad una progressiva depolimerizzazione, successivamente la rottura dei legami porta alla produzione di acido acetico, acetone, fenolo, acqua, ossido di carbonio, anidride carbonica. La lignina è il componente più stabile anche se una esatta definizione del comportamento non è facile da identificare dato che la degradazione delle emicellulose, e di parte della lignina stessa, ad opera degli acidi formatisi durante il processo provoca la formazione di sostanze che impediscono una chiara interpretazione dei risultati. In estrema sintesi, rispetto all innalzamento delle temperature prima ricordate, le emicellulose sono i primi composti a degradarsi, seguite all inizio della fase esotermica dalla cellulosa, con un incremento considerevole intorno ai 300 C, mentre la decomposizione della lignina avverrebbe tra 250 e 500 C con un massimo intorno a 400 C.

11 Le biomasse legnose: il legno 25 Combustione rapida All inizio del processo, la combustione rapida del legno, cioè in presenza di notevole quantità di aria, ripete quanto già detto per la carbonizzazione: dopo una prima fase in cui viene persa l acqua contenuta nel legno (temperature di poco superiori a 100 C), segue la perdita dell acqua di costituzione, imbrunimento dei tessuti, carbonizzazione, sviluppo di gas (compresi prodotti di volatilizzazione di diversi estrattivi). La conoscenza dei meccanismi che regolano questa fase, che precede la vera e propria combustione, è estremamente importante, non solo nel caso della produzione di energia, ma anche per altri processi di trasformazione del legno (ad esempio vaporizzazione, essiccazione artificiale) in cui il legno è sottoposto a temperature oltre 100 C. In particolare, considerando la perdita di peso durante le prime fasi del riscaldamento, le esperienze condotte dimostrano che l incremento di tale perdita è direttamente proporzionale alla temperatura e al tempo per il quale viene mantenuta; comunque, al di sotto di 150 C la diminuzione di peso può considerarsi trascurabile. Inoltre, il riscaldamento in presenza di ossigeno comporta una perdita di peso molto maggiore, da 3 a 4 volte, a causa della funzione ossidante dell ossigeno che favorisce la degradazione dei componenti del legno. Fig.8 - Perdite percentuali di peso anidro in provette di abete rosso e faggio sottoposte a riscaldamento con temperature inferiori a 200 C (G.Giordano, 1981) Parlando di accensione spontanea, per legno allestito in cubetti, questa avviene per valori di temperatura compresi tra 170 e 260 C, essendo influenzata dalla concentrazione dell ossigeno nell aria, dalle dimensioni dei cubetti, dalla specie legnosa. L aumento della concentrazione di ossigeno, delle dimensioni dei pezzi, ma anche del contenuto di lignina nel materiale, provoca l abbassamento del punto di accensione spontanea.

12 26 Stefano Berti Fig.9 - Variazioni della temperatura di accensione spontanea in funzione del contenuto percentuale di lignina (G.Giordano, 1981) Raffrontata alla carbonizzazione, la combustione all aria libera presenta una fase esotermica nettamente anticipata, in funzione della specie legnosa e dell afflusso di aria compresa tra 115 e 260, anziché C. Lo sviluppo di calore è considerevole, compreso tra joule/g. Fig.10 - Combustione all aria libera: andamento dello sviluppo endotermico di calore in funzione dell innalzamento della temperatura (G.Giordano, 1981) Tra 200 e 280 C si ha una notevole produzione di ossido di carbonio e anidride carbonica generati dalla degradazione delle emicellulose, della cellulosa e della lignina. Ma è tra 280 e 500 C che si hanno le maggiori differenze rispetto alla carbonizzazione: al posto della fase di produzione di sostanze volatili con formazione di un residuo fisso, si osserva una combustione in fase gassosa delle sostanze volatili accompagnata dall ossidazione completa del carbonio residuo lasciando come unico residuo di tutto il processo le cosiddette ceneri, formate dal contenuto minerale del legno. La combustione in fase gassosa delle sostanze volatili (gas combustibili e catrame, acido acetico, acidi grassi, alcool metilico) corrisponde al fenomeno della produzione di fiamme; l ossidazione completa del carbonio corrisponde invece alla fase di ignizione riconoscibile per la formazione della brace.

13 Le biomasse legnose: il legno 27 Fig.11 - Combustione all aria libera: perdita percentuale di peso dovuta a riscaldamento a elevate temperature (G.Giordano, 1981) Questi fenomeni (fiamma, ignizione o formazione di brace) iniziano con temperature superiori a 300 C e si sviluppano in maniera differente a seconda delle condizioni in cui avviene la combustione: quantità e velocità dell emissione dei gas, presenza di una fiamma esterna, etc. Se, ad esempio, vi è una abbondante emissione di gas con conseguente impossibilità dell ossigeno presente nell aria di raggiungere le superfici legnose, già trasformatesi in carbone, quest ultimo non potrà bruciare e, data la sua bassa conduttività termica, impedirà al calore di raggiungere gli strati più interni rallentando di fatto la reazione esotermica. Nel caso in cui, al contrario, l aria riesca a venire in contatto con la superficie di carbone che ricopre il legno, il carbone potrà cominciare a bruciare spontaneamente data la sua inferiore temperatura di ignizione spontanea rispetto a quella dei gas. Il contributo delle fiamme alla velocità della combustione dipende dal ricambio d aria, dalla forma e rapporto superficie/volume dei pezzi di legno, dalle interazioni tra questi parametri. Es: un grosso ciocco non può bruciare senza un continuo apporto di calore da altre fiamme; ma tre o quattro ciocchi vicini si influenzano a vicenda dando una soddisfacente e attiva combustione (Giordano, 1981) Potere calorifico e sue variazioni La quantità di calore sviluppata dalla combustione di un materiale viene valutata attraverso il potere calorifico. Per i combustibili che contengono idrogeno e acqua si devono considerare due valori di potere calorifico, a seconda di come viene considerata l acqua nel prodotto della combustione. In particolare: Potere calorifico superiore, che individua la quantità di calore che si sviluppa durante la combustione completa a pressione costante ed uguale a quella atmosferica di 1 kg di combustibile, considerando nel prodotto della combustione l acqua allo stato liquido a 15 C. Potere calorifico inferiore, che definisce la quantità di calore che si sviluppa durante la combustione completa di 1 kg di combustibile, considerando nel prodotto della combustione l acqua allo stato di vapore a 100 C. Fig.12 - Potere calorifico del legno alle varie umidità (G.Giordano, 1981)

14 28 Stefano Berti BIBLIOGRAFIA Giordano G., 1981, Tecnologia del legno, vol. i, 2ª ed, UTET. Nardi Berti R., 2006, La struttura anatomica del legno. 2ª ed, CNR IVALSA Schweingruber F. H., 1990, Anatomie microscopique du bois. INSTITUT FEDERAL DE RECHERCHES SUR LA FORET, LA NEIGEET LE PAYSAGE

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