ANNO ORATORIANO

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1 ANNO ORATORIANO y b t o N d a e br e n o l A g SCHEDE GIOVANI

2 gintroduzione L occasione di Expo 2015 che si aprirà a Milano nel prossimo maggio è significativa: accanto alle finalità commerciali tipiche di una esposizione universale in un mondo globalizzato, non potrà sfuggire il senso di una riflessione etica ed antropologica sul cibo, la nutrizione, il diritto dei popoli ad accedere alle risorse del Pianeta, l emergenza ambientale, le sfide aperte dalle biotecnologie. La Santa Sede, tradizionalmente presente alle Esposizioni, presenterà un padiglione dall alto significato alone ( non di solo pane ): evidente allusione al passo evangelico di Gesù nel deserto, ma anche riferimento preciso e provocatorio a quanto nel pane, nel cibo, nell alimentarsi è inscritto, ma spesso non si vede perché va oltre. Ci riferiamo alla qualità antropologica del nutrirsi, al respiro della giustizia, all etica internazionale della prodizione, del commercio e dell accesso garantito alle risorse della natura. I padiglioni, i clusters, gli ambiti di Expo dovranno essere letti anche così: come occasioni di coscienza riaccesa, di apertura al mondo, di assunzione di responsabilità, di individuazione di stili e di atteggiamenti. Le schede qui riportate ripercorrono i 4 ambiti del padiglione vaticano, trasformandolo in percorsi di approfondimento, ascolto e messa in discussione. Sono offerte ai giovani, agli Oratori, alle scuole, alle associazioni, come promemoria e provocazione, da smontare e rimontare in base alle situazioni ed ai bisogni. Loro scheletro è un filo rosso che collega idealmente la sapienza biblica ai nostri giorni, passando per l arte, la letteratura, alcuni approfondimenti, rimandi e prassi di stile che potranno provocare a molto di più. Il taglio vorrebbe essere quello culturale: apertura ai problemi e interrogazione di sé dinanzi a quanto la storia ci sta dicendo. Con l appuntamento ad Expo ed oltre perché stili etici abbiano soprattutto il volto e l energia dei giovani. LA PARTECIPAZIONE DELLA SANTA SEDE A EXPO 2015 La Santa Sede ha sin dagli inizi compreso l importanza e il ruolo nevralgico delle esposizioni internazionali; e per questo motivo vi ha preso parte attiva, dedicando energie e risorse per ideare una partecipazione capace di suscitare sempre interesse e ammirazione. «In momenti storici differenti e spesso complessi afferma uno studio recente le esposizioni internazionali hanno rappresentato un importante momento di confronto con gli altri paesi, un dialogo sulle questioni della modernità e del progresso tecnologico, un momento di aggiornamento delle tematiche sociali e politiche, un occasione di dibattito ecumenico e interreligioso, la possibilità di diffondere e promuovere l identità spirituale della Chiesa» (Cf Micol Forti Rosalia Pagliarini, «La partecipazione del Vaticano alle Esposizioni Internazionali», in M. Forti P. Iacobone (a cura di), In Principio. Padiglione della Santa Sede. 55. Esposizione Internazionale d Arte della Biennale di Venezia 2013, FMR-ARTE, Bologna 2013, pp : 37). Da Pio IX sino a Benedetto XVI, la presenza della Santa Sede alle esposizioni internazionali documenta l intenzione della Chiesa di prendere la parola sui temi delicati e densi di futuro che di volta in volta sono stati affrontati: l organizzazione politica del pianeta come il futuro delle risorse che contiene, il tema della pace come quello delle tecnologie militari, la difesa di diritti sociali come il lavoro e il riposo, l emergere dei nuovi attori e la trasformazione dei ruoli dentro la società (Ivi, 41. Esemplare la partecipazione alla Esposizione Universale di Bruxelles del 1958: ivi, 47). Negli ultimi decenni il ruolo delle esposizioni universali ed internazionali si è radicalmente trasformato: da luoghi di esibizione delle ultime scoperte e innovazioni, da luoghi di celebrazione della capacità di 2

3 gintroduzione conquista e della volontà di dominio dell uomo sul mondo, le EXPO sono volute diventare luoghi di riflessione, di scoperta e di contemplazione della complessità del creato e della sua storia, dando così risalto ai temi del limite e dell armonia tra le diverse forme di vita, sottolineando in particolare la necessità dello sviluppo di una convivenza tra i popoli sempre più profonda e strutturata. La Santa Sede ha visto in questo mutamento da un lato la conferma dell importanza di essere presente e prender parte ai dibattiti sulle questioni cruciali poste circa le modalità di abitare il pianeta e di custodirne il futuro; dall altro lato ha visto in questa trasformazione la possibilità di utilizzare il linguaggio estetico, attraverso gli straordinari capolavori artistici che la fede cristiana ha saputo generare come anche facendo proprie le più moderne tecnologie della comunicazione informatica e virtuale, per proporre e far conoscere in modo inedito il proprio messaggio culturale e spirituale (Ivi, 60). Inserendosi in questa tradizione consolidata e fruttuosa, la Santa Sede ha deciso di partecipare alla EXPO che si terrà a Milano nel 2015, dal tema Nutrire il pianeta, Energia per la vita. Il Pontificio Consiglio per la Cultura, d intesa con l Arcidiocesi di Milano e la Conferenza Episcopale Italiana, ha elaborato questo documento che esprime il senso, gli obiettivi e i contenuti della sua partecipazione. Il testo seguirà lo schema indicato dal Theme Statement: in un primo momento esporremo il Concept e il Progetto educativo, ovvero il messaggio e i significati che si intendono comunicare con questa partecipazione. Nel secondo punto ( Architettura e Tecnologia ), verrà abbozzata una prima illustrazione della traduzione strutturale e spaziale del tema, così come la si vuole realizzare per dare forma e plasticità ai temi annunciati. Nel punto finale concentreremo la nostra attenzione sui contenuti espositivi e performativi, sul modo con cui si intenderà abitare e far vivere lo spazio creato, perché si possa realizzare la comunicazione dei temi e dei significati illustrati. 1. NON DI SOLO PANE. IL MESSAGGIO Il cibo e l azione del nutrire sono per l uomo uno spazio di educazione che è senza paragone e senza precedenti, vista la forza e l universalità delle dinamiche simboliche attivabili ed accese. Non c è cultura che non abbia elaborato riti, simboli, racconti, calendari e regole al riguardo. Gli uomini e le donne, proprio attraverso l azione del nutrirsi, hanno imparato a conoscere la loro identità: il proprio corpo, le relazioni tra di loro e con il mondo, il creato, il tempo e la storia. Attraverso il proprio padiglione la Santa Sede intende concentrare l attenzione dei visitatori proprio sulla rilevanza simbolica dell operazione del nutrire, e sulle potenzialità di sviluppo antropologico che questa dinamica racchiude. Potenzialità non soltanto individuali e private, ma molto più profondamente ed efficacemente sociali e collettive; potenzialità che purtroppo spesso ci tocca riconoscere per via negativa, come denuncia di inadempienze e di ingiustizie. Papa Francesco lo ha recentemente richiamato: «E uno scandalo che ci sia ancora fame e malnutrizione nel mondo! Non si tratta solo di rispondere ad emergenze immediate, ma di affrontare insieme, a tutti i livelli, un problema che interpella la nostra coscienza personale e sociale, per giungere ad una soluzione giusta e duratura. [ ] La sfida della fame e della malnutrizione non ha solo una dimensione economica o scientifica, che riguarda gli aspetti quantitativi e qualitativi della filiera alimentare, ma ha anche e soprattutto una dimensione etica ed antropologica. Educarci alla solidarietà significa allora educarci all umanità: edificare una società che sia veramente umana vuol dire mettere al centro, sempre, la persona e la sua dignità, e mai svenderla alla logica del profitto» (Francesco, Messaggio per la giornata mondiale dell alimentazione, Città del Vaticano, 16 ottobre 2013). Il cibo ci consente di scoprire veramente chi siamo, se lasciamo che l operazione del nutrire dischiuda tutte le potenzialità che contiene, come il Vangelo ci ricorda: «Voi mi cercate dice Gesù alle folle non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna» (Gv 6, 26s). Solo in questo modo 3

4 gintroduzione possiamo scoprire di essere veramente uomini: quando rispondiamo alla fame, quella vera; quando attraverso il cibo ci leghiamo tra di noi, ci mettiamo in relazione. Gli uomini hanno così imparato che il gesto del nutrire può diventare pasto e convivium, momento di incontro e di comunione, momento di educazione e di crescita. Ci siamo conosciuti come esseri fatti di carne e di spirito; abbiamo imparato a riconoscerci come esseri dotati di un corpo, una mente, un anima; e abbiamo imparato che ognuna di queste dimensioni ha bisogno di essere nutrita, se vogliamo essere degli uomini veri. Abbiamo addirittura imparato che il pasto è il luogo in cui si scopre il fondamento della nostra identità e del nostro esserci nella storia: l apertura alla trascendenza, la ricerca di una relazione con Dio. E il convivium si è fatto sacrum convivium, momento di comunione in cui non soltanto gli uomini possono osare una relazione con Dio, ma addirittura luogo in cui Dio stesso ha rivelato la sua volontà di relazione e di comunione con gli uomini. Non di solo pane vive l uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio è una affermazione del libro del Deuteronomio (8, 3) ripresa da Gesù Cristo, nel Vangelo di Matteo (4, 4) proprio per contrastare la tentazione di ridurre l uomo ai soli bisogni fisici e materiali; e allo stesso tempo per rilanciare l idea che l azione del nutrire, intesa in modo integrale, è lo spazio che Dio ha istituito per educare gli uomini e per incontrarli. Il destino dell uomo è di sedersi con tutti gli uomini alla tavola imbandita da Dio, in un grande disegno ecologico, ma di un ecologia che mette al centro l uomo (Cf Benedetto XVI, Lettera Enciclica Caritas in Veritate, Città del Vaticano 2009, n.51), realizzando così quel destino di comunione annunciato più volte dai profeti attraverso l immagine del grande banchetto imbandito da Dio: Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati (Is 25, 6). Alla tavola di Dio con gli uomini Così come l abbiamo appena illustrato, il messaggio che la Santa Sede intende trasmettere si intreccia bene con gli obiettivi fissati per EXPO L esperienza del nutrire può essere un ottima palestra per imparare ad essere uomini, e maturare in continuazione. Il pensiero cristiano, proprio perché intende articolare una riflessione sul carattere integrale e unificante dell operazione antropologica del nutrire, non ha paura a denunciare tutti quei dualismi che rendono artificiale e non più vera questa esperienza: nutrire il corpo, dimenticandosi dello spirito; nutrirsi di cultura, dimenticando il destino del pianeta; nutrire se stessi, dimenticando la fame degli altri, la povertà di tante zone del mondo; fare del destino del pianeta la propria religione, dimenticando chi è l uomo e il suo destino. Simili declinazioni sono all origine di quella cultura dello scarto che tanto ha preso piede nella nostra società, generando inequità e situazioni di povertà che sono vere e proprie piaghe. Papa Francesco insiste in modo particolare su questo tema: «Lo spreco di alimenti non è che uno dei frutti di quella cultura dello scarto che spesso porta a sacrificare uomini e donne agli idoli del profitto e del consumo; un triste segnale di quella globalizzazione dell indifferenza, che ci fa lentamente abituare alla sofferenza dell altro, quasi fosse normale» (Francesco, Messaggio per la giornata mondiale dell alimentazione, Città del Vaticano, 16 ottobre 2013). La denuncia di simili peccati non è però né l obiettivo ultimo, né l unico modo che il pensiero cristiano ha per abitare il tema del nutrire. Anzi, tale atteggiamento di denuncia è la conseguenza di una riflessione che ha saputo sviluppare in primo luogo grandi aperture e grandi orizzonti che meritano di essere raccontati, uno ad uno. Il cibo e l operazione antropologica del nutrire sono infatti al cuore dell esperienza cristiana, e della riflessione culturale e spirituale che ha generato dentro la storia. 4

5 gintroduzione Un giardino da custodire La riflessione cristiana sul cibo ci introduce in primo luogo in una dinamica universalistica, in una apertura di orizzonti che contempla la comunione degli uomini tra di loro e con il mondo. L evento della creazione è il racconto del primo gesto di nutrimento e di cura da parte di Dio nei confronti degli uomini. La destinazione universale di questo gesto di Dio si traduce in modo immediato assieme al gesto sorprendente del dono della vita agli uomini nell indicazione di un compito rivolto ad ognuno di noi: quello della custodia e della salvaguardia. Il creato ci è stato affidato da Dio come un dono perché lo custodissimo: si tratta di un mondo da contemplare e non da consumare. «Il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l uomo che aveva plasmato. [ ] Il Signore Dio prese l uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse» (Gen 2, 8. 15). La storia del cristianesimo è ricca di traduzioni esemplari di questo compito; e ciò che hanno fatto i monaci e i loro monasteri a livello di recupero del territorio, oltre che tutti i loro studi sulla natura, in più della conservazione della cultura, sono esempi che illustrano bene come il tema del nutrire sia all origine di tutta una riflessione ecologica in chiave cristiana, che ha come proprio punto focale una ecologia dell uomo. Simili pratiche hanno permesso di tradurre in modo semplice nel quotidiano un valore che è fondamentale per la qualità della vita degli uomini tra di loro e per l armonia con il creato: la destinazione universale dei beni. Prima di essere mio o tuo, il cibo ci ricorda che il creato è nostro, è di tutti; l operazione del nutrire diventa in questo modo una via per generare comunione. Una simile acquisizione rischia nel presente di essere dispersa. Oggi è molto più visibile l imporsi di una cultura del consumo che oscura questo primo compito legato al cibo e al gesto del nutrire. In questo orizzonte, emergenze come quella appena richiamata dello spreco delle risorse e della enorme diseguaglianza nella loro distribuzione, con la piaga conseguente e ancora più grave della povertà e della fame; o il fenomeno altrettanto attuale e ugualmente grave dell inquinamento e dello sfruttamento selvaggio delle risorse del pianeta contrastano con l originario disegno creatore e sono il segnale di un modo ancora molto immaturo di gestire l azione del nutrire. In un tale disagio, in una tale situazione di peccato è quasi praticamente impossibile maturare lo sguardo contemplativo del salmista: «Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l uomo?» (Sal 8, 4-5). E risuona invece in modo limpido l osservazione di Papa Francesco: «in un sistema che tende a fagocitare tutto al fine di accrescere i benefici, qualunque cosa che sia fragile, come l ambiente, rimane indifesa rispetto agli interessi del mercato divinizzato, trasformati in regola assoluta» (Francesco, Esortazione apostolica Evangelii Gaudium, Città del Vaticano 2013, n. 56). 5

6 gintroduzione Un cibo da condividere In secondo luogo, l esperienza cristiana imprime al tema del nutrire una declinazione relazionale, comunionale e solidaristica. Dio si serve del cibo per mostrare la concretezza del legame che ha istituito con il popolo d Israele, segno del suo affetto e della sua predilezione. L episodio della manna nel deserto ben simbolizza questa sua attitudine, così come lo sintetizza il libro storico di Neemia: «Hai concesso loro il tuo spirito buono per istruirli e non hai rifiutato la tua manna alle loro bocche e hai dato loro l acqua per la loro sete. Per quarant anni li hai nutriti nel deserto e non è mancato loro nulla; le loro vesti non si sono logorate e i loro piedi non si sono gonfiati» (Ne 9, 20-21). Nella sua predicazione Gesù Cristo fa sua questa attitudine di Dio, come gli episodi della moltiplicazione dei pani testimoniano. Racconta il vangelo di Matteo che Gesù «chiamò a sé i discepoli e disse: Sento compassione di questa folla: ormai da tre giorni mi vengono dietro e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non svengano lungo la strada» (Mt 15, 32). In una logica di stretta consequenzialità Gesù chiede che questo atteggiamento sia fatto proprio dai suoi discepoli: «Voi stessi date loro da mangiare!» (Mt 14, 16). Le opere di misericordia (corporale e spirituale), origine di tanti capolavori artistici, sono la tipizzazione di questo comando ad essere solidali con i più poveri, a mettere i poveri al centro, ad averli sempre con noi. Suonano allora ancora più taglienti le acute riflessioni di Papa Francesco: «Non si può più tollerare il fatto che si getti il cibo, quando c è gente che soffre la fame. Questo è inequità. Oggi tutto entra nel gioco della competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole. Come conseguenza di questa situazione, grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita. [ ] La crisi finanziaria che attraversiamo ci fa dimenticare che alla sua origine vi è una profonda crisi antropologica: la negazione del primato dell essere umano! Abbiamo creato nuovi idoli. L adorazione dell antico vitello d oro (cfr Es 32,1-35) ha trovato una nuova e spietata versione nel feticismo del denaro e nella dittatura di una economia senza volto e senza uno scopo veramente umano. La crisi mondiale che investe la finanza e l economia manifesta i propri squilibri e, soprattutto, la grave mancanza di un orientamento antropologico che riduce l essere umano ad uno solo dei suoi bisogni: il consumo» (Ivi, nn ). Un pasto che educa Per la fede cristiana il cibo è il crocevia di tutta una serie di legami (tra Dio e gli uomini, degli uomini tra di loro, con il creato) generatori a loro volta di pratiche che maturano le persone e ne arricchiscono le identità. Queste pratiche riguardano la crescita dei singoli individui: attraverso la disciplina del cibo l uomo può imparare molto circa il suo legame con il creato come anche circa la sua relazione con Dio. Non soltanto il cristianesimo, ma più ampiamente la stessa storia delle religioni ci racconta che strumenti come l ascesi e l astinenza ovvero la rinuncia volontaria, abitualmente normata da una regola di vita, in determinati tempi dell anno al cibo in modo totale o ad alcuni tipi di alimenti hanno saputo costruire percorsi di educazione in grado di trasformare in modo anche radicale singole persone o gruppi di persone, rendendoli esemplari e modello di vita, il cui stile resta valido ed attuale ancora oggi. Il rapporto con il cibo ha saputo poi generare pratiche che mirano alla costruzione e al rafforzamento dei legami di comunione: nel cristianesimo ma non solo il pasto è presto diventato un rito, ovvero un momento capace di assumere il gesto del consumare assieme il cibo come una risorsa capace di generare legami profondi tra i partecipanti; legami in grado di modificare le vite dei singoli, dando loro nuovi scopi e nuovi orizzonti di senso alle loro azioni. È così che il pasto si è aperto all esperienza della condivisione e della solidarietà: il cibo in questo caso diventa sinonimo di dono, nelle forme sempre attuali delle mense aperte ai poveri, o in quelle più moderne dei banchi alimentari. Tra i luoghi nei quali il cibo si fa rito e strumento di educazione non possiamo non menzionare la famiglia 6

7 gintroduzione e la casa (il focolare): il gesto del nutrire diventa il veicolo dell amore dei genitori verso i figli, come illustra bene il gesto di una madre che allatta il proprio bimbo. La tavola è il simbolo della famiglia, della sua capacità di costituirsi come soggetto unitario e solidale; in una situazione di crisi mondiale come l attuale diventa allora importante sostenere la capacità generativa della famiglia, anche a questo livello. «Dalla famiglia, che è la prima comunità educativa, si impara ad avere cura dell altro, del bene dell altro, ad amare l armonia della creazione e a godere e condividere i suoi frutti, favorendo un consumo razionale, equilibrato e sostenibile. Sostenere e tutelare la famiglia affinché educhi alla solidarietà e al rispetto, è un passo decisivo per camminare verso una società più equa e umana» (Francesco, Messaggio per la giornata mondiale dell alimentazione, Città del Vaticano, 16 ottobre 2013). Le parole di Papa Francesco ci aiutano ad inquadrare bene la dimensione famigliare dell educazione attraverso il cibo e il nutrire; e ci permettono di sottolineare l assoluta originalità con cui, in questo come negli altri campi analizzati, il genio femminile contribuisce alla maturazione degli uomini attraverso l esperienza del cibo, del nutrire, del pasto (Ancora una parola di Papa Francesco, per cogliere l originalità del genio femminile: «Maria è colei che sa trasformare una grotta per animali nella casa di Gesù, con alcune povere fasce e una montagna di tenerezza»: Francesco, Esortazione apostolica Evangelii Gaudium, Città del Vaticano 2013, n. 286). Un pane che rende presente Dio tra gli uomini Senza soluzione di continuità la riflessione avviata giunge così ad una ulteriore dimensione, ad un nuovo sviluppo del tema del nutrire. La pratica del pasto è diventata presto, nella esperienza di fede prima ebraica e poi cristiana, luogo di memoria, rimando alle grandi gesta di Dio, come monito e insegnamento per gli uomini. «Quando avrai mangiato e ti sarai saziato, quando avrai costruito belle case e vi avrai abitato, quando avrai visto il tuo bestiame grosso e minuto moltiplicarsi, accrescersi il tuo argento e il tuo oro e abbondare ogni tua cosa, il tuo cuore non si inorgoglisca in modo da dimenticare il Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dal paese d Egitto, dalla condizione servile; che ti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz acqua; che ha fatto sgorgare per te l acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri, per umiliarti e per provarti, per farti felice nel tuo avvenire» (Dt 8, 12-15). Il pasto rituale è divenuto così il luogo in cui si rivela il bene che Dio nutre per gli uomini; e allo stesso 7

8 gintroduzione tempo il luogo di verifica dell accoglienza di questo dono. Come racconta l apostolo Paolo: «Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore. Ciascuno infatti, quando siete a tavola, comincia a prendere il proprio pasto e così uno ha fame, l altro è ubriaco. Non avete forse le vostre case per mangiare e per bere? O volete gettare il disprezzo sulla Chiesa di Dio e umiliare chi non ha niente?» (1Cor 11, 20s). La storia del cristianesimo è piena di testimonianze di questa pratica del pasto come luogo di testimonianza dell amore di Dio e di verifica della fedeltà degli uomini. E questo perché il cibo, il pane vengono assunti dentro la fede cristiana a simbolo stesso della presenza di Dio tra noi. Il Dio cristiano è un Dio che si incarna, che si rende presente tra gli uomini; e che consegna la memoria di questa sua presenza proprio nel pane eucaristico, un pane che dà vita e salvezza. L incarnazione è il grande dono di Dio che nutre gli uomini, come Gesù Cristo afferma di se stesso: «Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Gv 6, 48-51). La Chiesa fa memoria di questo dono proprio nel sacramento dell Eucaristia, memoria efficace della cena (l ultima cena immortalata in molti capolavori artistici!) in cui Gesù Cristo ha consegnato il senso della sua morte per la vita degli uomini, come ci ricorda l apostolo Paolo: «Ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me» (1Cor 11, 23). Illustrato in tutte le sue ramificazioni, il messaggio che la Santa Sede intende trasmettere incrocia in modo chiaro parecchi degli itinerari tematici che gli organizzatori hanno predisposto per EXPO Articolando in modo evidente la tematica del rapporto cibo religione, il padiglione della Santa Sede può essere incluso anzitutto nell itinerario 1. Storia dell uomo, storie di cibo. Per il modo con cui il tema viene declinato, il messaggio del padiglione può essere collegato anche agli itinerari 2. Abbondanza e privazione: il paradosso del contemporaneo e 4. Cibo sostenibile = mondo equo. In questi due itinerari la Santa Sede sarà aiutata nel trasmettere il proprio messaggio dalla presenza di Caritas Internationalis tra i partecipanti non ufficiali, come uno degli esponenti della società civile. 2. NON DI SOLO PANE. L ALLESTIMENTO Volendo ora entrare in modo più dettagliato nella sezione dedicata all allestimento spaziale ed architettonico prendiamo come punto di partenza le tante pratiche che il cristianesimo ha saputo ideare e generare nella storia per dare visibilità ai contenuti descritti nel punto precedente. Si va dalle più semplici e quotidiane (forme di condivisione e di carità a livello di vicinato, la disciplina e l educazione legata ai pasti in famiglia, la preghiera delle tante piccole comunità cristiane con al centro la celebrazione eucaristica), alle più complesse ed organizzate (la nascita di istituti religiosi e le tante forme di vita comune, l organizzazione delle pratiche in programmi specializzati e in progetti educativi, il sorgere di strumenti come gli interventi caritativi ed umanitari, le opere missionarie ). La figura Da un lato la vita monastica prima e convenutale/religiosa poi ci si presenta come un luogo esemplare di incarnazione della capacità di educazione integrale legata all operazione del nutrire e al cibo. I monaci e le monache, i frati e le suore, i religiosi e le religiose possono essere assunti come l immagine dell uomo e della donna che fa del nutrimento lo strumento per costruire la propria identità: il cibo, la natura, la vita comunitaria, l accoglienza del povero, lo studio, la preghiera, sono tutti ingredienti organizzati in una regola perché la vita personale e comunitaria risulti un itinerario armonico verso Dio. In questo con- 8

9 gintroduzione testo organizzato, la vita del singolo individuo si nutre di tutti questi ingredienti; e l azione del nutrirsi e del nutrire struttura il suo quotidiano e plasma la sua identità. Ma e potremmo dire in un modo quantitativamente molto maggiore anche la vita famigliare è capace di illustrare bene i valori che la riflessione cristiana ha legato al nutrire: il pasto è il momento di raduno della famiglia, il luogo della sua crescita, lo spazio per la celebrazione delle sue feste. Il focolare è assurto presto a simbolo della vita famigliare, incarnazione ed esplicitazione simbolica delle sue potenzialità educative, del suo capitale umanizzatore. Il cristianesimo, come ha saputo generare la vita monastica, ha anche saputo abitare l esperienza umana della famiglia, dando ancora maggiore risalto all atto del nutrire e al pasto come luoghi di maturazione degli uomini e delle donne. L importanza di ogni singola dimensione dell operazione del nutrire descritta nel punto precedente ha fatto sì che la vita quotidiana della fede associasse ad ogni azione un luogo: la sala da pranzo (il refettorio), la camera per gli ospiti (la foresteria), la biblioteca (lo scrittoio), il giardino, il chiostro, il luogo di riunione della famiglia e della comunità (la sala capitolare), la chiesa, i laboratori (la cucina, l ambulatorio, l officina) sono gli ambienti che traducono nello spazio le dimensioni e le azioni attraverso le quali la riflessione cristiana ha specificato nelle sue ricchezze e potenzialità il significato del cibo e del nutrire per la sua fede. Da questi luoghi e da queste azioni sono nate regole di vita, ovvero degli strumenti per insegnare agli uomini e alle donne uno stile di vita che grazie alla sobrietà insegnasse la comunione con gli uomini, con il creato, con Dio. Nella regola di vita al cibo è legata l ascesi; alla natura il rispetto e l osservazione; alla vita comunitaria l umiltà e l accoglienza; all incontro coi poveri la certezza che tutti siamo fratelli, figli dell unico Dio; allo studio l investigazione e l elevazione; alla preghiera il silenzio e la contemplazione. La descrizione Il padiglione della Santa Sede vuole prendere spunto da tutta questa immensa schiera di pratiche gli elementi fondamentali della propria struttura architettonica, così da suscitare nel visitatore gli echi di una comprensione così ricca ed integrale dell operazione del nutrire. La tavola dovrà essere il fulcro attorno al quale ruota l itinerario della visita: una tavola intesa come strumento evocatore, simbolo che richiama e connette tra di loro le dimensioni costitutive della persona umana, gli ingredienti, i cibi di cui nutrirci. Attorno a questo fulcro ruoteranno le varie piste illustrative della comprensione cristiana del cibo e del nutrire: il focolare, il refettorio, inteso come luogo del convivium, della comunione attorno alla tavola; la mensa aperta ai poveri, il banco della carità, spazio di apertura e di accoglienza dell altro, luogo di condivisione e di solidarietà come un tempo la foresteria in tante istituzioni religiose e oggi le tante iniziative legate alla carità; lo scrittoio, il luogo dello studio (la biblioteca), spazio di nutrimento della mente e dell anima, luogo senza il quale la persona umana perde una dimensione essenziale della sua identità; la chiesa, luogo della ricerca e dell incontro con Dio, luogo dove Dio personalmente nutre l uomo con il suo pane; il giardino, luogo del rapporto con la natura, come 9

10 gintroduzione per i monaci memoria dell Eden nel quale Dio ci ha collocati, perché lo coltivassimo e lo custodissimo. Avendo la tavola come fulcro, il padiglione intende immergere i visitatori in questo clima. In pochi passi saremo chiamati a vivere un cammino nella memoria, un esperienza di nutrimento. Contemplando opere d arte, interagendo con dispositivi capaci di attivare i loro sensi e la loro immaginazione, i visitatori saranno condotti per sentieri che richiamano loro le tante forme che la tavola della comunione con Dio, con gli uomini e con il mondo assume per nutrire la loro vita, facendoli maturare, immergendoli nella storia, rendendoli attori responsabili della costruzione del futuro dell umanità. La tavola, il banchetto, il focolare, il refettorio. Proprio attraverso un lavoro di stilizzazione, questo spazio fungerà un po da protiro, quell elemento architettonico che nel mondo classico strutturava le case, ripreso poi nei monasteri nella figura del chiostro. Il protiro fungeva da punto di collegamento e luogo di armonizzazione tra i diversi spazi legati alle dimensioni intime e private della vita, da un lato, e dall altro il momento sociale e pubblico, quasi una corte ante litteram, un sagrato, uno spazio di condivisione e di contaminazione tra il momento individuale/personale e la dimensione comunitaria/sociale. Luogo di interfaccia, di comunicazione e di scambio, l esperienza del nutrire che il padiglione intende far vivere ai visitatori è quella legata al senso profondo del banchetto: l esperienza di una ricostruzione della propria identità, di un rifacimento di se stessi, nella linea di quel reficere che sta alla base proprio del concetto stesso di refettorio. Un reficere reso possibile dalla natura plurale del cibo di cui l uomo ha bisogno per nutrirsi: materiale e spirituale, culturale e comunitario, quotidiano e festivo, personale e solidale, secolare e sacrale. L immaginazione pratica Per poter vivere una simile esperienza, occorrerà curare con attenzione lo stile della proposta architettonica. La struttura dovrà richiamare immediatamente e in modo evidente i valori della sobrietà, del rispetto del creato, dell accoglienza e della comunione. Dovrà consentire di comprendere come gli ideali di nutrimento che la memoria ci consegna non abbiano solo un passato, ma anche un futuro. Sobrietà, ascesi, rispetto, attenzione, condivisione sono parole che possono tranquillamente arricchire e allargare lo spazio di termini come ecologia, salvaguardia del creato, solidarietà. Sobrio, il padiglione vorrà aiutare a dare un futuro alla memoria illustrata attraverso le nuove tecnologie ospitate: proiezioni, animazioni multimediali e dispositivi interattivi saranno gli strumenti utilizzati per illustrare il tema e permettere ai visitatori di vivere una esperienza che accendendo le loro emozioni ne provochi la riflessione e il coinvolgimento. In concreto, si immagina un padiglione che guidi i visitatori in un percorso che è fatto anzitutto di concentrazione, attraverso il fascino e lo stupore; per giungere in una tappa successiva ad un luogo contemplativo, che affida all opera d arte il compito di aprire la mente delle persone ai tanti significati del nutrire; per continuare poi in uno spazio interattivo, dedicato soprattutto ai più giovani, che stimoli l immaginazione accesa, sviluppando associazioni di significato che approfondiscano la riflessione; per concludere in un momento finale in una ricaduta sulle tante forme con cui oggi l esperienza cristiana continua nel presente attraverso l atto del nutrire a costruire il futuro della storia degli uomini. Il padiglione avrà anche uno spazio più riservato per brevi presentazioni, per l ascolto e la conversazione con chi passando li richiede, per la distribuzione di materiale informativo e di riflessione. Deve comunque conservare la struttura agile che consenta il flusso delle migliaia di persone previste. L agilità è una dote essenziale, se si vuole che l esperienza immaginata poco sopra funzioni per tutti i visitatori che attraverseranno questo spazio. 10

11 gintroduzione 3. NON DI SOLO PANE. LA RAPPRESENTAZIONE Il padiglione vuole raccontare tutti i temi messi in luce nel primo punto attraverso gli strumenti del cammino e del fascino. Dal racconto della creazione alle più attuali forme di solidarietà, facendo uso dei linguaggi artistici classici e delle forme più avanzate della comunicazione mediatica, i visitatori saranno immersi in un esperienza che li coinvolge e li interroga sul loro modo di concepire il cibo, il nutrimento come luogo di educazione e di comunicazione, come strumento di condivisione e di solidarietà, come forma di legame tra noi, con Dio, con il mondo. Utilizzeremo il fascino delle opere d arte, presenti sia fisicamente che in modo virtuale per stupire e far riflettere. La tavola, il refettorio si farà così protiro, cortile dei gentili, luogo di ascolto e di confronto; sarà piazza che accoglie e invita all incontro e al dialogo; sarà palcoscenico su cui vedere rappresentati i nostri sogni, le nostre domande, le nostre paure, le nostre colpe. Sarà soprattutto spazio che invita al dono, alla estroversione, all incontro con i più poveri. Mentre racconteremo e faremo rivivere i testi della tradizione cristiana, coinvolgeremo i visitatori, le loro culture e le loro religioni a fare altrettanto, in un ascolto reciproco che si fa conoscenza e dialogo sempre più profondo. Sarà davvero interessante ascoltare, attraverso mostre, pubblicazioni e letture, quanto la nostra fede ha saputo generare in termini di riflessione, cultura e poesia, circa il cibo e il nutrire. Ci apriremo al confronto sulle grandi questioni sociali ed ecologiche che animano il presente del nostro pianeta, aiutati dalla presenza di Caritas Internationalis, organizzando conferenze e dibattiti, fornendo materiale informativo e documentario. Mireremo alla presenza di testimoni che ci illustrino e ci educhino sulla tematica del nutrire, così come l abbiamo delineata. Lasceremo che le emergenze e le grandi disuguaglianze che segnano la distribuzione del cibo e delle risorse sul nostro pianeta oggi generino nei visitatori domanda di coinvolgimento e di conversione. Approfitteremo di alcuni grandi appuntamenti del calendario liturgico per costruire eventi e momenti di comunicazione: la festa di Pentecoste (mese di maggio), la solennità del Corpus Domini (giugno), la festa del Creato (settembre). All interno del progetto delineato, man mano che gli eventi si precisano e il calendario si definisce, definiremo quale tipo di materiale esporre presso il padiglione, con la precisa intenzione di veicolare attraverso di esso forme di richiamo e di ricordo. Non si prevede per il padiglione della Santa Sede alcun tipo di attività commerciale o ristorativa, convinti che il linguaggio della gratuità sia già di per se stesso un veicolo portatore della novità dell esperienza del cibo e del nutrire, così come l esperienza cristiana ce la fa vivere. Santa Sede 27 febbraio

12 gsommario SCHEDA 1 UN GIARDINO DA CUSTODIRE 13 Contributi Il testo biblico 13 Arte e letteratura 14 Testi di approfondimento 16 Pratiche 22 Rimandi 22 SCHEDA 2 UN CIBO DA CONDIVIDERE 23 Contributi Il testo biblico 23 Arte e letteratura 24 Testi di approfondimento 24 Pratiche 27 Rimandi SCHEDA 3 UN PASTO CHE EDUCA 29 Contributi Il testo biblico 29 Arte e letteratura 30 Testi di approfondimento 30 Pratiche 35 Rimandi 35 SCHEDA 4 UN PASTO CIBO CHE RENDE DIO PRESENTE NEL MONDO 36 Contributi Il testo biblico 36 Arte e letteratura 37 Testi di approfondimento 38 Pratiche 40 Rimandi 40

13 UN GIARDINO DA CUSTODIRE gscheda 1 CONTRIBUTI Guarda il Clip video con contributi biblico, artistico e letterario IL TESTO BIBLICO (Gn + Ap) In principio Dio creò il cielo e la terra. Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce giorno, mentre chiamò le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: giorno primo. Dio disse: «Sia un firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque». Dio fece il firmamento e separò le acque che sono sotto il firmamento dalle acque che sono sopra il firmamento. E così avvenne. Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno. Dio disse: «Le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un unico luogo e appaia l asciutto». E così avvenne. Dio chiamò l asciutto terra, mentre chiamò la massa delle acque mare. Dio vide che era cosa buona. Dio disse: «La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che fanno sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la propria specie». E così avvenne. E la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie, e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: terzo giorno. Dio disse: «Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo». Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati, secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona. Dio li benedisse: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra». E fu sera e fu mattina: quinto giorno. Dio disse: «La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici, secondo la loro specie». Dio disse: «Facciamo l uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». E Dio creò l uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra». Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». E così avvenne. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno. [...] E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: «Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate». 13

14 gscheda 1 ARTE... Hieronumus Bosch, Paradiso terrestre, 1503, Madrid, Prado, anta sinistra trittico delle delizie Il trittico rappresenta in sequenza la creazione di Eva e la fonte della vita a sinistra, il giardino delle delizie in cui si manifestano le tentazioni del peccato e i piaceri della vita al centro e l inferno a destra. Soffermandoci sulle prime due ante, riconosciamo la volontà di Dio di mettere l uomo a custodia del suo creato, che, incontaminato dalle mani dell uomo si dispone per tutta la tavola di sinistra. Nel giardino delle delizie invece, l uomo ha già modificato la natura, a partire dalla fonte della vita che nel primo riquadro è protetta da un laghetto, è al centro della scena per dimostrarne la sua importanza e per ricordare all uomo la sua origine divina e pura (nello stesso colore rosa si rappresentano tutti questi valori). Nella tavola centrale la fonte ha cambiato aspetto e non è più al centro dell attenzione. L uomo nel tentativo obbedire alla custodia di Dio, contamina il mondo e viene sedotto dal peccato, dalle tentazioni: tutto questo modifica l ambiente in cui vive rendendolo più disordinato e caotico. L uomo stesso che cede ai piaceri effimeri non è più attento custode, ma lascia la natura in balia di sé concentrandosi sui vizi.... E LETTERATURA Antoine de Saint-Exupéry, Il Piccolo Principe Compito dell uomo è custodire il creato di Dio: custodire significa anche affezionarsi, prendersi cura di qualcosa in modo incondizionato, creare legami che siano capaci di durare nel tempo anche se è necessario un distacco, un allontanamento. Prendersi cura è anche amare ciò che si ha intorno e mettere al primo posto i bisogni dell atro, prima che i propri. Nell anta centrale del trittico l uomo ha dimenticato di amare l ambiente che Dio ha creato per lui, al contrario nel racconto di Antoine de Saint-Exupéry, il 14

15 gscheda 1 piccolo principe impara dalla volpe il significato di custodire, di addomesticare e ne coglie la bellezza e la necessità del gesto. Il principe impara la responsabilità di quel gesto, impara la fatica della costante attenzione da dover dare a ciò che si custodisce per non rischiare di cadere nei piaceri effimeri che tolgono bellezza all ambiente in cui si vive. Testo di riferimento: Che cosa vuol dire addomesticare? chiese il Piccolo Principe. E una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami. Creare dei legami?. Certo, disse la volpe. Tu, fino ad ora per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l una dell altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo. Comincio a capire, disse il Piccolo Principe. C è un fiore. Credo che mi abbia addomesticato [...] La volpe continuò: Se tu mi addomestichi la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò il rumore dei tuoi passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi faranno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano? [...] Tu hai dei capelli color d oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano. La volpe tacque e guardò a lungo il Piccolo Principe: Per favore..addomesticami disse. Volentieri rispose il Piccolo Principe. [...] Che bisogna fare? domandò il Piccolo Principe. Bisogna essere molto pazienti rispose la volpe. In principio tu ti sederai un po lontano da me, così, nell erba. Io ti guarderò con la coda dell occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po più vicino. Il Piccolo Principe ritornò l indomani. Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora disse la volpe. Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi, alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore Ci vogliono i riti. Che cos è un rito? disse il Piccolo Principe. Anche questa è una cosa da tempo dimenticata disse la volpe. È quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un ora dalle altre ore. Così il Piccolo Principe addomesticò la volpe. [...] 15

16 gscheda 1 Il Piccolo Principe se ne andò a rivedere le rose. Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente disse. Nessuno vi ha addomesticato e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto il mio amico e ne ho fatto per me unica al mondo. E le rose erano a disagio. Voi siete belle, ma siete vuote, disse ancora. Non si può morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perché è lei che ho innaffiata. Perché è lei che ho messa sotto la campana di vetro, Perché è lei che ho riparato col paravento. Perché su di lei ho ucciso i bruchi (salvo due o tre per le farfalle). Perché è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa. E ritornò dalla volpe. Addio disse. Addio disse la volpe. Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L essenziale è invisibile agli occhi. L essenziale è invisibile agli occhi, ripeté il Piccolo Principe per ricordarselo. È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante. È il tempo che ho perduto per la mia rosa sussurrò il Piccolo Principe per ricordarselo. Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa Io sono responsabile della mia rosa. Ripetè il Piccolo Principe per ricordarselo. TESTI DI APPROFONDIMENTO Pontificio consiglio della cultura La S. Sede all Expo 2015 La riflessione cristiana sul cibo ci introduce in primo luogo in una dinamica universalistica, in una apertura di orizzonti che contempla la comunione degli uomini tra di loro e con il mondo. L evento della creazione è il racconto del primo gesto di nutrimento e di cura da parte di Dio nei confronti degli uomini. La destinazione universale di questo gesto di Dio si traduce in modo immediato assieme al gesto sorprendente del dono della vita agli uomini nell indicazione di un compito rivolto ad ognuno di noi: quello della custodia e della salvaguardia. Il creato ci è stato affidato da Dio come un dono perché lo custodissimo: si tratta di un mondo da contemplare e non da consumare. «Il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l uomo che aveva plasmato. [...] Il Signore Dio prese l uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse» (Gen 2, 8. 15). La storia del cristianesimo è ricca di traduzioni esemplari di questo compito; e ciò che hanno fatto i monaci e i loro monasteri a livello di recupero del territorio, oltre che tutti i loro studi sulla natura, in più della conservazione della cultura, sono esempi che illustrano bene come il tema del nutrire sia all origine di tutta una riflessione ecologica in chiave cristiana, che ha come proprio punto focale una ecologia dell uomo. Simili pratiche hanno permesso di tradurre in modo semplice nel quotidiano un valore che è fondamentale per la qualità della vita degli uomini tra di loro e per l armonia con il creato: la destinazione universale dei beni. Prima di essere mio o tuo, il cibo ci ricorda che il creato è nostro, è di tutti; l operazione del nutrire diventa in questo modo una via per generare comunione. Una simile acquisizione rischia nel presente di essere dispersa. Oggi è molto più visibile l imporsi di una cultura del consumo che oscura questo primo compito legato al cibo e al gesto del nutrire. In questo orizzonte, emergenze come quella appena richiamata dello spreco delle risorse e della enorme diseguaglianza nella loro distribuzione, con la piaga conseguente e ancora più grave della povertà e della 16

17 gscheda 1 fame; o il fenomeno altrettanto attuale e ugualmente grave dell inquinamento e dello sfruttamento selvaggio delle risorse del pianeta contrastano con l originario disegno creatore e sono il segnale di un modo ancora molto immaturo di gestire l azione del nutrire. In un tale disagio, in una tale situazione di peccato è quasi praticamente impossibile maturare lo sguardo contemplativo del salmista: «Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l uomo?» (Sal 8, 4-5). E risuona invece in modo limpido l osservazione di Papa Francesco: «in un sistema che tende a fagocitare tutto al fine di accrescere i benefici, qualunque cosa che sia fragile, come l ambiente, rimane indifesa rispetto agli interessi del mercato divinizzato, trasformati in regola assoluta» (Francesco, Esortazione apostolica Evangelii Gaudium, Città del Vaticano 2013, n. 56). Benedetto XVI Enciclica Caritas in veritate (2009), nn Il tema dello sviluppo è oggi fortemente collegato anche ai doveri che nascono dal rapporto dell uomo con l ambiente naturale. Questo è stato donato da Dio a tutti, e il suo uso rappresenta per noi una responsabilità verso i poveri, le generazioni future e l umanità intera. Se la natura, e per primo l essere umano, vengono considerati come frutto del caso o del determinismo evolutivo, la consapevolezza della responsabilità si attenua nelle coscienze. Nella natura il credente riconosce il meraviglioso risultato dell intervento creativo di Dio, che l uomo può responsabilmente utilizzare per soddisfare i suoi legittimi bisogni materiali e immateriali nel rispetto degli intrinseci equilibri del creato stesso. Se tale visione viene meno, l uomo finisce o per considerare la natura un tabù intoccabile o, al contrario, per abusarne. Ambedue questi atteggiamenti non sono conformi alla visione cristiana della natura, frutto della creazione di Dio. La natura è espressione di un disegno di amore e di verità. Essa ci precede e ci è donata da Dio come ambiente di vita. Ci parla del Creatore (cfr Rm 1, 20) e del suo amore per l umanità. È destinata ad essere «ricapitolata» in Cristo alla fine dei tempi (cfr Ef 1, 9-10; Col 1, 19-20). Anch essa, quindi, è una «vocazione». La natura è a nostra disposizione non come «un mucchio di rifiuti sparsi a caso», bensì come un dono del Creatore che ne ha disegnato gli ordinamenti intrinseci, affinché l uomo ne tragga gli orientamenti doverosi per custodirla e coltivarla (Gn 2,15). Ma bisogna anche sottolineare che è contrario al vero sviluppo considerare la natura più importante della stessa persona umana. Questa posizione induce ad atteggiamenti neopagani o di nuovo panteismo: dalla sola natura, intesa in senso puramente naturalistico, non può derivare la salvezza per l uomo. Peraltro, bisogna anche rifiutare la posizione contraria, che mira alla sua completa tecnicizzazione, perché l ambiente naturale non è solo materia di cui disporre a nostro piacimento, ma opera mirabile del Creatore, recante in sé una grammatica che indica finalità e criteri per un utilizzo sapiente, non strumentale e arbitrario. Oggi molti danni allo sviluppo provengono proprio da queste concezioni distorte. Ridurre completamente la natura ad un insieme di semplici dati di fatto finisce per essere fonte di violenza nei confronti dell ambiente e addirittura per motivare azioni irrispettose verso la stessa natura dell uomo. Questa, in quanto costituita non solo di materia ma anche di spirito e, come tale, essendo ricca di significati e di fini trascendenti da raggiungere, ha un carattere normativo anche per la cultura. L uomo interpreta e modella l ambiente naturale mediante la cultura, la quale a sua volta viene orientata mediante la libertà responsabile, attenta ai dettami della legge morale. I progetti per uno sviluppo umano integrale non possono pertanto ignorare le generazioni successive, ma devono essere improntati a solidarietà e a giustizia intergenerazionali, tenendo conto di molteplici ambiti: l ecologico, il giuridico, l economico, il politico, il culturale. 49. Le questioni legate alla cura e alla salvaguardia dell ambiente devono oggi tenere in debita considerazione le problematiche energetiche. L accaparramento delle risorse energetiche non rinnovabili da parte di 17

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