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1 Indice Presentazione pag. 5 Parte prima 1. Introduzione 9 2. Anatomia artroscopica Strato cutaneo Strato sottocutaneo Strato profondo Sala operatoria e strumentario Sala operatoria Posizionamento delle attrezzature e preparazione del paziente Tecniche di distrazione Strumentario chirurgico Accessi e ispezione artroscopica Accessi artroscopici anteriori Accessi artroscopici posteriori Accessi trans malleolari e trans achilleo Tecnica d ispezione artroscopica Complicanze 43 Parte seconda 6. Indicazioni all artroscopia di caviglia Patologia osteo-cartilaginea Introduzione Eziopatogenesi Epidemiologia Classificazione Diagnosi Trattamento conservativo Trattamento chirurgico Tecniche riparative Tecniche ricostruttive Tecniche rigenerative Conclusioni Impingement osteo-fibroso e artrosi Introduzione Impingement anteriore Impingement osseo anteriore Impingement fibroso anteriore Impingement fibroso antero-laterale Impingement fibroso sindesmosico Impingement fibroso antero-mediale Trattamento artroscopico delle lesioni da impingement anteriore 83

2 4 Gi a n n i n i 8.3 Impingement posteriore Impingement osseo posteriore Impingement fibroso posteriore Impingement fibroso postero-laterale Impingement fibroso postero-mediale Trattamento artroscopico delle lesioni da impingement posteriore Artrosi di caviglia Lesioni legamentose Introduzione Indicazioni chirurgiche Tecnica chirurgica Trattamento post-operatorio Risultati Fratture Introduzione Indicazioni chirurgiche Tecnica chirurgica Trattamento post-operatorio Risultati Patologie extra-articolari: malattia di Haglund Introduzione Indicazioni chirurgiche Tecnica chirurgica Trattamento post-operatorio Risultati 113 Parte terza 12. Principi di riabilitazione Introduzione Controllo del dolore Ripristino dell articolarità Allungamento muscolare Rinforzo muscolare Training deambulatorio Recupero propriocettivo Rieducazione in acqua Recupero del gesto atletico 128

3 Presentazione Nonostante esistano già diverse pubblicazioni sia di tecnica artroscopica della caviglia che di trattamento terapeutico abbiamo voluto raccogliere in questa monografia un esperienza maturata nel corso di oltre 20 anni su questo argomento. L artroscopia rappresenta una tecnica che può essere considerata di per sé mininvasiva e che ha permesso con il miglioramento progressivo degli strumentari e con l aumento dell esperienza di eseguire il trattamento di patologie sempre più complesse che, in tempi non lontani, necessitavano di una chirurgia articolata e a maggior morbilità per il paziente e quindi con tempi di recupero più lunghi. In un modo che riteniamo semplice e sintetico vengono presentate nozioni di base anatomiche, di strumentari, dei principali accessi chirurgici e la tecnica di ispezione articolare. Vengono successivamente presi in considerazione i trattamenti relativi ai principali tipi di patologia come le lesioni osteocartilaginee che hanno trovato nell artroscopia e nella one step surgery, (una sola artroscopia con utilizzo di cellule staminali, aggregati piastrinici e scaffold) il trattamento più completo ed efficace dal punto di vista rigenerativo e sicuramente anche meno invasivo. Vengono trattate inoltre patologie differenti, come i vari tipi di impingement. Sono illustrate le indicazioni, le tecniche e i risultati preliminari del trattamento dell artrosi, capitolo che avrà sicuramente uno sviluppo futuro rispetto all artrodesi ed alle protesi. Grande sviluppo dell artroscopia si è avuto anche nel trattamento delle lesioni traumatiche, come nel caso di lesioni legamentose e di fratture e sul trattamento di patologie extrarticolari come la malattia di Haglund, la fascite plantare ed il neuroma di Morton, anche se su questi due ultimi trattamenti non riteniamo esistano particolari vantaggi rispetto ad un chirurgia mini invasiva aperta. L ultima parte è stata dedicata ad una componente importante e complementare al trattamento chirurgico: la riabilitazione che se adeguatamente eseguita consente una più rapida ripresa funzionale ed un più precoce recupero dell attività sportiva e lavorativa. Si ringraziano i Dottori: T. Buscio, M. Cavaciocchi, M. Cavallo, F. Di Caprio, A. Ferruzzi, R. Ghermandi, D. Luciani, G. Pagliazzi, A. Parma, L. Ramponi, A. Ruffilli, S. Smeraldi, A. Timoncini e F. Vannini. R. Buda S. Giannini

4 2. ANATOMIA ARTROSCOPICA Francesco Di Caprio, Alessandro Parma Dal punto di vista anatomico si riconoscono tre piani, le cui strutture verranno descritte separatamente: - Strato cutaneo - Strato sottocutaneo - Strato profondo 2.1 STRATO CUTANEO (REPERI OSSEI) I due malleoli si localizzano immediatamente al di sotto della cute e dello strato fasciale e, di conseguenza, forniscono validi punti di repere della caviglia. L apice del malleolo laterale è localizzato approssimativamente 1 cm distalmente e 2 cm posteriormente rispetto al malleolo mediale, mentre la linea articolare anteriore è posta 1 cm prossimalmente rispetto l apice del malleolo mediale (Fig. 2.1). Diversamente, il margine articolare posteriore della tibia si proietta dai 4 ai 6 mm distalmente a quello anteriore. (Fig. 2.2). La linea articolare anteriore è superficiale e palpabile, essendo separata dalla cute solo dallo strato sottocutaneo, dai tendini dei muscoli estensori, dalle strutture neuro-vascolari anteriori e dalla capsula anteriore. Compiendo movimenti di flesso-estensione della caviglia, i margini mediale e laterale della troclea astragalica anteriore sono prontamente palpabili al di sotto della linea articolare adiacente al tendine del muscolo tibiale anteriore medialmente, e al tendine dell estensore lungo del V dito (o del peroneo terzo) lateralmente. All opposto l articolazione tibio-astragalica non è palpabile posteriormente, a causa della presenza del tessuto fibro-adiposo retro-achilleo e dei tendini retro-malleolari. Vi è comunque una finestra di 2 cm, localizzata lateralmente al tendine di Achille, delimitata in profondità dai tendini peroneali lateralmente e del flessore lungo dell alluce medialmente, dove la capsula posteriore risulta rivestita solo da un sottile strato di tessuto fibroso e pelle. 0,5 cm Fig Proiezione cutanea dei reperi ossei sul piano frontale: l apice del malleolo mediale è localizzato circa 1 cm distalmente alla linea articolare anteriore, mentre l apice del malleolo laterale si trova 2 cm distalmente rispetto a tale linea. Fig Proiezione cutanea dei reperi ossei sul piano sagittale: il margine articolare posteriore della tibia si proietta dai 4 ai 6 mm distalmente rispetto a quello anteriore.

5 12 Fr a n c e s c o Di Ca p r i o, Al e s s a n d r o Pa r m a Nervo safeno Il nervo safeno (L 3 -L 4 ) rappresenta il ramo terminale del nervo femorale. Esso discende lungo il margine mediale della tibia in compagnia della vena grande safena e si distribuisce alla superficie mediale della gamba, alla metà posteriore del dorso e alla faccia mediale del piede. (Fig. 2.3). Il nervo safeno decorre 6±5 mm medialmente all angolo mediale dell articolazione tibio-talare [Saito, 1998]. Fig Schema anatomico che illustra l aspetto anteromediale superficiale della caviglia, con il nervo safeno che decorre anteriormente al malleolo mediale in compagnia della vena grande safena. Nervo peroneo superficiale Il nervo peroneo superficiale (L 4 -L 5 -S 1 ) origina alla biforcazione del nervo peroneo comune e, inizialmente si pone in profondità rispetto al muscolo peroneo lungo. Distalmente diviene quindi anteriore, portandosi tra i muscoli peronieri e l estensore lungo delle dita. Quindi, tra il terzo medio e inferiore della gamba, perfora la fascia divenendo sottocutaneo, dividendosi 2.2 STRATO SOTTOCUTANEO Lo strato sottocutaneo della caviglia è attraversato da tre nervi sensitivi e due vene superficiali. I nervi superficiali sono: - Nervo safeno - Nervo peroneale superficiale - Nervo surale I vasi venosi superficiali sono: - Vena grande safena - Vena piccola safena Fig. 2.4a - Schema anatomico che illustra l aspetto anterolaterale superficiale della caviglia, con il nervo peroneo superficiale, che si divide nelle sue branche (n. cutaneo dorsale mediale ed intermedio), che decorrono medialmente e lateralmente al tendine dell ECD. Fig. 2.4b - Dissezione anatomica che mostra lo strato sottocutaneo anteriore, con il nervo peroneo superficiale, che si divide nelle sue branche: n. cutaneo dorsale mediale (2a) e n. cutaneo dorsale intermedio (2b), che decorrono medialmente e lateralmente al tendine dell ECD (1).

6 Anatomia artroscopica 13 successivamente in due rami: il nervo cutaneo dorsale mediale ed il nervo cutaneo dorsale intermedio. Il primo passa davanti all articolazione della caviglia incrociando il tendine dell estensore comune delle dita (ECD). Distalmente si divide in due nervi digitali dorsali che innervano il margine mediale dell avampiede e del I dito, il margine laterale del II dito e il margine mediale del III dito. Il secondo decorre lateralmente al tendine dell ECD, incrociando l articolazione tibio-tarsica al davanti del malleolo peroneale. Distalmente decorre sul dorso del piede e si risolve nei rami digitali dorsali che innervano le due dita esterne e il margine laterale del III dito. (Fig. 2.4a,b) Sono state descritte numerose varianti anatomiche del decorso di tale nervo. In uno studio anatomico Saito et al. hanno classificato le diverse presentazioni del nervo, in base al livello in cui il ramo principale si suddivide nei nervi cutaneo dorsale mediale e intermedio (Fig. 2.5): nel 59% dei casi la divisione avveniva dopo aver penetrato la fascia crurale, al di sopra dell articolazione tibio-tarsica (Tipo B). In un altro studio Takao et al. hanno classificato le diverse varianti anatomiche in 5 tipi in base al numero di rami del n. peroneo superficiale presenti al livello della caviglia (Fig. 2.6) nel 63% dei casi a livello della caviglia si trovavano le due sole branche principali (nervi cutaneo mediale e intermedio). Nervo surale Il nervo surale (S 1 -S 2 ) origina postero-lateralmente al terzo medio della gamba, dall unione dei nervi cutaneo mediale e laterale del polpaccio. Esso discende in compagnia della vena piccola safena, rispetto alla quale, a livello della caviglia, decorre posteriormente (Fig. 2.7a,b). Procede portandosi dietro al malleolo esterno, quindi decorre lungo il margine laterale del piede formando il nervo cutaneo dorsale laterale del piede, che innerva la superficie laterale del piede. A livello retromalleolare dà origine a un ramo sensitivo detto nervo calcaneare laterale, che innerva la regione laterale del calcagno. Vena grande safena La vena grande safena rappresenta la continuazione del ramo mediale dell arcata venosa dorsale del piede. Essa si dirige prossimalmente passando al davanti del malleolo mediale e si Fig Schema anatomico che mostra le varianti del n. peroneo superficiale sec. Saito [1998], in base al livello in cui il nervo si suddivide nelle due branche. A (7%): prima di penetrare la fascia crurale; B (59%): immediatamente dopo aver penetrato la fascia; C (22%): a livello della rima articolare della caviglia; D (12%): distalmente all articolazione della caviglia.

7 30 Fr a n c e s c o Di Ca p r i o, Ri c c a r d o Gh e r m a n d i viene solitamente eseguito per primo. Esso si trova al margine mediale del tendine TA, 5 mm superiormente alla linea articolare. Si trova in stretta vicinanza del ramo terminale del nervo safeno e della vena grande safena. Per una maggiore sicurezza nella creazione dei portali è utile eseguire una distensione dell ar- ticolazione mediante l iniezione di soluzione fisiologica o anestetico o una miscela di entrambi, attraverso la sede del portale AM. Questo infatti mette in tensione le strutture periarticolari e aumenta gli spazi esistenti tra loro (Fig. 4.1). La valutazione anatomica condotta da Lawrence ha dimostrato che la vena safena e il nervo safeno A B C D Fig Creazione del portale AM: (a) Distensione dell articolazione con soluzione fisiologica attraverso la sede del portale AM. (b) Incisione della cute medialmente al tendine TA, circa 1 cm cranialmente all apice del malleolo mediale. (c) Penetrazione degli strati profondi per via smussa con un klemmer. (d) Schema anatomico che mostra la sede del portale AM, medialmente al tendine TA, lateralmente a vena e nervo safeno, 5 mm al di sopra della linea articolare. (e) Dissezione anatomica che dimostra l inserimento dell artroscopio attraverso la capsula articolare (freccia), nella sede del portale AM, in rapporto al tendine TA (1) e alla vena grande safena (2). E

8 32 Fr a n c e s c o Di Ca p r i o, Ri c c a r d o Gh e r m a n d i A B C D Fig Creazione del portale AL: (a) Incisione della cute eseguita in corrispondenza della punta del klemmer, tra tendine ECD e n. cutaneo dorsale intermedio. (b) La penetrazione degli strati profondi viene eseguita per via smussa con la punta del klemmer. (c) Schema anatomico che mostra la sede del portale AL, 5 mm al di sopra della linea articolare, lateralmente al tendine ECD e medialmente al n. cutaneo dorsale intermedio. Il n. cutaneo dorsale mediale rimane sul margine mediale del tendine ECD. (d) Dissezione anatomica che dimostra la sede di inserimento dell artroscopio attraverso la capsula articolare, in rapporto al tendine ECD (1) e al nervo peroneo superficiale (2), che si divide in n. cutaneo dorsale mediale (2a) e n. cutaneo dorsale intermedio (2b).

9 34 Fr a n c e s c o Di Ca p r i o, Ri c c a r d o Gh e r m a n d i A B C Fig Creazione del portale PL: (a) Incisione cutanea lateralmente al margine laterale del tendine di Achille, 1 cm superiormente all apice del malleolo esterno. (b) Schema anatomico che mostra la sede del portale PL, a livello della rima articolare posteriore, lateralmente al tendine di Achille e medialmente alla vena piccola safena e al n. surale. (c) Dissezione anatomica che dimostra la sede di inserimento dell artroscopio attraverso la capsula articolare posteriore (freccia), in rapporto al tendine di Achille (1), alla vena piccola safena (2) e al n. surale (3). A B C Fig Creazione del portale PM: (a) Incisione cutanea medialmente al margine mediale del tendine di Achille, al livello dell accesso PL. (b) Schema anatomico che mostra la sede del portale PM, a livello della rima articolare posteriore, medialmente al tendine di Achille e lateralmente al tendine del FLA, in rapporto con il fascio vascolo-nervoso posteriore e con i rimanenti tendini retromalleolari. (c) Dissezione anatomica che dimostra la sede di inserimento dell artroscopio attraverso la capsula articolare, in rapporto al tendine di Achille (1), al tendine del FLA (2) e al fascio vascolo-nervoso posteriore (3).

10 Accessi e ispezione artroscopica 35 A B Fig Visualizzazione delle strutture periarticolari durante la creazione del portale AM, dopo rimozione del tessuto adiposo pre-achilleo e dell eventuale tessuto cicatriziale. (a) Immagine artroscopica che mostra superiormente il legamento intermalleolare posteriore, al centro, agganciato dal palpatore, il legamento peroneo-astragalico posteriore che decorre da destra a sn obliquamente in senso cranio-caudale dal perone al processo postero-laterale dell astragalo. Nello spazio delimitato dai due legamenti si intravede la cupola astragalica. (b) Tendine del FLA, limite mediale del fascio vascolo-nervoso posteriore, trattenuto da un palpatore, sulla sinistra. Postero-mediale (PM) Questo approccio, descritto per la prima volta da Chen e da Drez, è ritenuto poco sicuro dalla maggior parte degli autori a causa della prossimità del fascio vascolo-nervoso posteriore. Il portale postero-mediale (PM) viene effettuato subito medialmente al tendine d Achille allo stesso livello del portale PL (Fig. 4.7). Una volta eseguita l incisione cutanea si inserisce il klemmer puntando orizzontalmente, al di dietro del tendine di Achille, in direzione della camicia dell artroscopio, il quale viene inserito attraverso il portale PL e direzionato sul processo postero-laterale dell astragalo. A questo punto si fa scivolare il klemmer lungo la camicia dell artroscopio in direzione dell articolazione fino a toccare l osso. Si retrae lievemente l artroscopio per visualizzare la punta del klemmer. Quindi si sostituisce il klemmer con una fresa motorizzata per rimuovere parzialmente il tessuto adiposo pre-achilleo e l eventuale tessuto cicatriziale. Durante questa manovra la direzione dell ottica è laterale per prevenire danni al sistema di lenti. Fig Legamento deltoideo (portale AM). Fig Malleolo mediale e faccetta mediale dell astragalo (portale AM).

11 36 Fr a n c e s c o Di Ca p r i o, Ri c c a r d o Gh e r m a n d i Fig Spalla mediale del dome astragalico e incisura di Harty (portale AM). Fig Rima articolare tibio-astragalica anteriore con il dome astragalico che presenta centralmente il solco sagittale (portale AM). Si identificano così il legamento tibio-peroneale posteriore, il legamento peroneo-astragalico posteriore, il processo postero-laterale dell astragalo e il tendine del FLA (facilmente individuabile mobilizzando in flesso-estensione l alluce), baluardo al fascio vascolo-nervoso situato subito medialmente ad esso (Fig. 4.8). Spostando con un palpatore il tendine del FLA, e con esso il fascio vascolo-nervoso, si visualizzano i tendini FLD e TP, e l aspetto postero-mediale della tibioastragalica.in uno studio anatomico condotto su 13 caviglie di cadavere da Sitler et al. nel 2002, l accesso PM è risultato essere posizionato a distanza di 0-11 mm (media 2,7 mm) dal tendine del FLA; a 0-16 mm (media 6,4 mm) dal n. tibiale posteriore; a mm (media 17,1 mm) dal n. calcaneare mediale. In un ulteriore studio anatomico, condotto su 10 caviglie di cadavere da Lijoi et al. nel 2003, l accesso PM è risultato posizionarsi a distanza di 8-20 mm (media 14,7 mm) dal nervo calcaneare mediale, a mm (media 13,3 mm) dal nervo tibiale posteriore, e a mm (media 17,3 mm) dall arteria tibiale posteriore. Fig Spalla laterale del dome astragalico (portale AM). Fig Porzione inferiore della sindesmosi tibio-peroneale (portale AM). L area viene definita triforcazione in quanto punto di incontro delle superfici articolari astragalica, tibiale e peroneale.

12 Accessi e ispezione artroscopica 37 Fig Recesso laterale (a) delimitato lateralmente dal malleolo esterno e dal legamento peroneo-calcaneare, medialmente dall astragalo, superiormente dalla sindesmosi tibio-peroneale distale, anteriormente dal legamento peroneo-astragalico anteriore (b) e posteriormente dal legamento peroneo-astragalico posteriore (portale AM). 4.3 ACCESSI ARTROSCOPICI TRANSMALLEOLARI E TRANSACHILLEO Transmalleolari laterale e mediale (TMM e TML) I portali transmalleolari mediale (TMM) e laterale (TML) sono stati ideati per l approccio ai difetti osteocondrali della troclea astragalica. Il TMM più frequentemente indicato del TML, dato che le lesioni mediali della troclea sono più frequenti delle laterali e sono di solito localizzate più posteriormente, quindi meno raggiungibili attraverso i portali AM e AL. Il filo guida viene inserito circa 2-3 cm sopra l apice del rispettivo malleolo, sotto eventuale controllo fluoroscopico. Il controllo artroscopico attraverso un portale anteriore facilita l accurato posizionamento intra-articolare del filo guida. Attraverso il filo guida si possono inserire, eventualmente degli alesatori cannulati fino a 5mm, ma occorre tener conto del danno cartilagineo che possono determinare. Quando dall interno dell articolazione si visualizza l apice dello strumento, con la flessione dorsale o plantare del piede, si possono realiz- Fig Recesso anteriore, delimitato posteriormente dall aspetto anteriore di astragalo e plafond tibiale, e anteriormente dalla capsula articolare (portale AM). Fig Regione mediale del dome astragalico, sede di lesione cartilaginea (portale AM).

13 78 Fr a n c e s c o Di Ca p r i o, An t o n i o Ti m o n c i n i Fig Immagine radiografica sotto carico in proiezione laterale che dimostra la presenza di un impingement anteriore osseo di III grado (sec. Scranton e McDermott). Fig Immagine radiografica sotto carico in proiezione laterale che dimostra l apertura dello spazio articolare posteriore, che rappresenta un meccanismo di compenso del deficit di flessione dorsale. della procedura è solo palliativo, con lo scopo di procrastinare un eventuale intervento maggiore come l artrodesi [Scranton, 1992; Branca, 1997]. Fattori prognostici negativi sono la presenza di artrosi [Van Dijk, 1997; Tol, 2001; Coull, 2003], di osteofiti antero-laterali e di sintomi presenti da più di 2 anni [Van Dijk, 1997]. In pazienti attivi, operati per impingement tipo I-III, la recidiva degli osteofiti è comune nel lungo periodo, probabilmente legata alla ripresa dello sport e quindi dei meccanismi di microtraumatismo [Coull, 2003], anche se non è dimostrata relazio- Fig Immagine radiografica sotto carico in proiezione laterale che dimostra la presenza di un avvallamento del profilo dorsale del collo astragalico ( segno di Divot ). Fig Ricostruzione TC tridimensionale che dimostra la presenza di un impingement anteriore osseo di III grado (sec. Scranton e McDermott), a localizzazione anterolaterale.

14 Fratture 105 B A D C F E Fig Trattamento artroscopico di una frattura articolare parziale del pilone tibiale, tipo B1 secondo la classificazione AO. Radiogramma pre-operatorio (a). Visione artroscopia iniziale con valutazione palpatoria della rima di frattura articolare (b). Riduzione chiusa e fissazione con filo di K. percutaneo sotto controllo combinato artroscopico (c) e amplioscopico (d). Fissazione percutanea della frattura con vite cannulata (e). Controllo artroscopico della riduzione finale (f). Radiogramma post-operatorio (g). G

15 Principi di riabilitazione 123 Gli esercizi vengono effettuati inizialmente con contrasti manuali o con pesi leggeri associando esercizi con elastici (Fig. 12.8) ed esercizi che coinvolgono la muscolatura di tutto l arto inferiore come la cyclette, eseguita aumentando progressivamente la durata e la resistenza. Fig Esercizio di allungamento della muscolatura della catena posteriore eseguito in posizione seduta. dell arto è fissa ed il peso del paziente grava sui distretti articolari, mentre quello a catena cinetica aperta è un esercizio in cui la componente distale dell arto è libera nello spazio ed il peso non grava sul segmento trattato. Successivamente si incrementano progressivamente i carichi finché non viene recuperata una forza pari a quella dell arto non operato. A tale scopo può essere di grande aiuto l esercizio isocinetico. Questo esercizio si ottiene con una apparecchiatura capace di mantenere costante la velocità di un segmento corporeo in movimento, indipendentemente dalla grandezza delle forze generate dai gruppi muscolari che producono il movimento stesso [Merlini, 1988; Andrews, 2000]. Esempi di esercizi a catena cinetica chiusa - Camminare o sollevarsi ripetutamente sulla punta dei piedi: questi esercizi permettono di sviluppare la muscolatura flessoria estrin- A B C D Fig Esercizi di rinforzo muscolare con elastici in plantarflessione (a), dorsiflessione (b), supinazione (c), pronazione (d).

16 124 Deianira Lu c i a n i, Silvia Sm e r a l d i seca ed intrinseca del piede attraverso contrazioni muscolari rispettivamente isometriche e concentriche (sono interessati i muscoli tibiale posteriore e peroneo lungo). - Camminare sul bordo esterno dei piedi: in questo modo si svilupperà maggiormente la muscolatura supinatoria intrinseca ed estrinseca del piede con l obiettivo di correggere la pronazione del piede. - Camminare su appositi piani inclinati e rulli: permettono di rinforzare la muscolatura cavizzante. - In posizione seduta, portare in rotazione in senso orario e antiorario una pallina posta al di sotto del piede: in questo modo si svilupperà in modo più selettivo la muscolatura intrinseca del piede. - Camminare sui talloni: permette di mantenere la flessione dorsale e quindi di detendere tutta la muscolatura flessoria cavizzante. - Raccogliere ripetutamente uno straccio da terra con le dita dei piedi: eseguito in posizione seduta permette di rinforzare la muscolatura cavizzante del piede. - Trattenere con le dita del piede lo straccio che il terapista tenta di strappare: anche questo permette sempre di rinforzare la muscolatura cavizzante del piede. Nel caso di presenza di deficit muscolari è utile l utilizzo dell elettroterapia da effettuare giornalmente con 1 o 2 sedute al giorno [Ferrario, 2002]. Un ulteriore ausilio è rappresentato dall elettrostimolazione (Fig. 12.9) o dagli esercizi di facilitazione propriocettiva neuromuscolare (FPN), che permettono un maggior reclutamento di fibre nervose, evocando le risposte del meccanismo neuromuscolare, attraverso tecniche specifiche per la stimolazione dei propiocettori (Fig ). Esempi di esercizi a catena aperta 12.6 TRAINING DEAMBULATORIO Il paziente per le prime settimane verrà addestrato alla deambulazione con l ausilio di 2 A B Fig Elettrostimolazione per il rinforzo del tricipite surale (a) e dei peronieri (b).

17 Principi di riabilitazione 125 A B C Fig Schema di facilitazione propriocettiva neuromuscolare: (a,b) fase di estensione, con contrazione del tricipite surale e dell apparato estensore del ginocchio; (c,d) fase di flessione dorsale della caviglia e di flessione del ginocchio D stampelle antibrachiali e carico sfiorante/parziale/completo in base alla lesione trattata, controllando il carico che viene concesso sull arto operato per mezzo di una bilancia (Fig ). Il recupero del passo deve rieducare all esecuzione delle corrette fasi di rotolamento (tallonepianta-punta) (Fig ) con lunghezza del passo uguale per entrambi i lati. Fig Controllo del peso concesso all arto operato per mezzo di una bilancia RECUPERO PROPRIOCETTIVO La riduzione del carico nelle prime 2 settimane postoperatorie è accompagnata dal deficit funzionale delle afferenze propriocettive e del senso di posizione. Quest ultima alterazione porta ad un difetto di lettura dello spazio circostante da parte dei recettori che sono preposti alla trasmissione delle informazioni alle strutture centrali [Guhl, 2004]. Quindi di fondamentale importanza risulta la stimolazione propriocettiva del complesso caviglia-piede al fine di ottenere un recupero completo. La rieducazione propriocettiva deve essere iniziata precocemente anche quando non è stato concesso il carico sull arto operato. In questa prima fase gli esercizi vengono eseguiti da seduto ed in scarico (Fig ). In una fase successiva, quando viene concesso il carico parziale, gli esercizi vengono eseguiti in ortostatismo con il piede sano appoggiato al suolo ed il piede operato sull ausilio propriocettivo (Fig ). Il carico sull arto traumatizzato viene aumentato progressivamente, comunque in un range di assenza di dolore. Il lavoro può essere iniziato an-

18 126 Deianira Lu c i a n i, Silvia Sm e r a l d i A B C D Fig Fasi del passo: (a) Appoggio sul tallone; (b) Appoggio sulla pianta; (c) Fase di oscillazione; (d) Fase di spinta. che in acqua dove, grazie alla spinta idrodinamica, è possibile anticipare gli esercizi in ortostatismo. Alla concessione totale del carico vengono introdotti esercizi dinamici dove si richiede al paziente di mantenere l equilibrio in situazioni di sempre maggiore instabilità, sia in appoggio bipodalico che monopodalico (Fig ). A questo scopo si utilizzano piani instabili come ad esempio le tavolette di Freeman, i piani circolari e le semisfere, attrezzi grazie ai quali il paziente impara a mantenere l equilibrio con semplici movimenti delle caviglie, inizialmente ad occhi aperti e con l aiuto del terapista, successivamente senza aiuto e senza il controllo visivo.

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