III. EQUAZIONI INTEGRALI

Dimensione: px
Iniziare la visualizzazioe della pagina:

Download "III. EQUAZIONI INTEGRALI"

Transcript

1 III. EQUAZIONI INTERALI 0 Introduzione Le equazioni contenenti la funzione incognita sotto il segno dell integrale sono dette equazioni integrali. Molti problemi della fisica matematica possono essere ridotti ad equazioni integrali lineari della forma K(x, y)ϕ(y) dy = f(x), (0.1) ϕ(x) = λ K(x, y)ϕ(y) dy + f(x), (0.2) rispetto alla funzione incognita ϕ(x) in una regione R n. L equazione (0.1) si dice equazione integrale di prima specie, mentre l equazione (0.2) si dice equazione di Fredholm di seconda specie. Le funzioni note K(x, y) e f(x) sono dette nucleo e termine noto dell equazione integrale; λ è un parametro complesso. Le equazioni integrali di prima specie non saranno considerate nella nostra esposizione. L equazione integrale (0.2) per f = 0 ϕ(x) = λ K(x, y)ϕ(y) dy (0.3) si dice equazione integrale di Fredholm omogenea di seconda specie corrispondente all equazione (0.2). Le equazioni integrali di Fredholm di seconda specie ψ(x) = λ K (x, y)ψ(y) dy + g(x), (0.4) ψ(x) = λ K (x, y)ψ(y) dy, (0.5) dove K (x, y) = K(y, x), sono dette aggiunte alle equazioni (0.2) e (0.3), rispettivamente. Il nucleo K (x, y) si dice nucleo coniugato aggiunto al nucleo K(x, y). Il nucleo K(x, y) si dice hermitiano se K (x, y) = K(x, y), cioè se K(y, x) = K(x, y) quasi ovunque. Il nucleo K(x, y) si dice reale e simmetrico se K(x, y) è reale e K(y, x) = K(x, y) quasi ovunque. Ovviamente un nucleo reale e simmetrico è hermitiano. 1

2 Scriveremo le equazioni (0.2), (0.3), (0.4) e (0.5) in forma contratta, utilizzando la notazione d operatore: { ϕ = λkϕ + f, ϕ = λkϕ, ψ = λk ψ + g, ψ = λk ψ, dove gli operatori integrali K e K sono determinati dai nuclei K(x, y) e K (x, y), rispettivamente: (Kf)(x) = K(x, y)f(y) dy, (K f)(x) = K (x, y)f(y) dy. Tra poco metteremo opportune condizioni sul dominio e sul nucleo K(x, y) affinché gli operatori lineari K e K siano limitati in un opportuno spazio di Banach (o di Hilbert) di funzioni f(x) definite in. In particolare, verranno considerati gli spazi L 1 (), L 2 () e C(). 1 Metodo delle Approssimazioni Successive a. Equazioni integrali con nucleo continuo. Supponiamo che nell equazione integrale (0.2) la regione sia limitata in R n, la funzione f sia continua nella regione chiusa (oppure misurable e appartenente allo spazio L 1 () o L 2 ()) ed il nucleo K(x, y) sia continuo su (diremo continui questi nuclei). Ricordiamo le definizioni delle norme negli spazi di Banach L 1 (), L 2 (), L () e C() e del prodotto scalare in L 2 (): f 1 = f(x) dx, f L 1(), (f, g) = f(x)g(x) dx, f, g L 2(), f 2 = (f, f) = f(x) 2 dx, f L 2 (), f = ess sup f(x), [ 1mm]x f C = f = max f(x), x f L (), f C(). Lemma 1.1 L operatore integrale K con nucleo continuo K(x, y) trasferisce L 1 () in C() (e, di conseguenza, L 2 () in C(), L () in C(), C() in C(), L 1 () in L 1 (), L 2 () in L 2 (), e L () in C()). Dunque, K è limitato come operatore lineare tra questi spazi, ed inoltre Kf C M f 1, f L 1 (), Kf C M m() f 2, f L 2 (), (1.1) Kf C Mm() f, f L (), Kf C Mm() f C, f C(), (1.2) 2

3 dove M = Kf 1 Mm() f 1, Kf 2 Mm() f 2, Kf Mm() f, max K(x, y) e m() è la misura di. x,y f L 1 (), f L 2 (), f L (), (1.3) Dimostrazione. Siccome è compatto, il nucleo K(x, y) è uniformemente continuo in (x, y). Quindi, dato ε > 0, esiste δ > 0 tale che K(x 1, y 1 ) K(x 2, y 2 ) < ε se (x 1 x 2, y 1 y 2 ) < δ. Di conseguenza, se f L 1 (), per x 1 x 2 < δ si ha la stima (Kf)(x 1 ) (Kf)(x 2 ) K(x 1, y) K(x 2, y) f(y) dy <ε f(y) dy = ε f 1, e quindi K trasferisce L 1 () in C(). Utilizzando la disuguaglianza di Schwartz si trova f 1 = f(x) dx f 2 dx = m() f 2, Ancora più facilmente si trova la stima f 2 2 = f(x) 2 dx f 2 dx = m() f 2, f L 2 (). f L (), implicando f 2 m() f e f 1 m() f per f L (). Inoltre, C() è contenuto in L (), mentre f C = f per f C(). Di conseguenza, C() è contenuto in L (), L () in L 2 (), e L 2 () in L 1 (), dove i rispettivi operatori di immersione sono limitati di norma limitata superiormente da 1, m() e m(). Infine si trova la stima Kf C K(x, y) f(y) dy M f(y) dy = M f 1, f L 1 (). Abbiamo dimostrato il lemma. Lemma 1.2 Sia K(x, y) un nucleo continuo su. Se (Kf)(x) = 0 per ogni x e per ogni f L 1 (), allora K(x, y) = 0 per ogni (x, y). Dimostrazione. All assurdo. Sia K(x 0, y 0 ) > 0 per qualche (x 0, y 0 ). Dalla continuità del nucleo segue l esistenza di un opportuno ε > 0 tale che K(x, y) > 0 per ogni (x, y) per cui (x x 0, y y 0 ) < ε. Adesso consideriamo la funzione { 1 ( y y 0 /ε), y y 0 ε, f(y) = 0, y y 0 ε. 3

4 Si ha f L 1 (). Risulta facilmente che (Kf)(x 0 ) = K(x 0, y)f(y) dy > 0. Contraddizione. Nello stesso modo segue che K(x, y) = 0 per ogni (x, y) se (Kf, g) = 0 per ogni f, g L 2 (). Cerchiamo la soluzione dell equazione (0.2) mediante il metodo delle approssimazioni successive, ponendo ϕ (0) (x) = f(x), ϕ (p) (x) = λ K(x, y)ϕ (p 1) (y) dy + f(x) λkϕ (p 1) + f, p = 1, 2,. Dimostriamo che ϕ (p) = (1.4) p λ j K j f, p = 0, 1, 2,, (1.5) j=0 dove K j denotano le potenze j-esime dell operatore K. Infatti, per p = 0, la formula (1.5) è valida: ϕ (0) = f. Supponendo che questa formula sia valida per p e sostituendo nella successione di ricorrenza (1.4) p con p + 1, si ottiene la formula (1.5) per p + 1: ϕ (p+1) = λkϕ (p) +f = λk p p λ h K h f +f = f + λ j+1 K j+1 f = h=0 j=0 p+1 j=0 λ j K j f. Dunque, la formula (1.5) è valida per tutti i valori di p. Le funzioni (K p f)(x), p = 0, 1, 2,, sono dette iterazioni della funzione f. Secondo il Lemma 1.1, le iterazioni di f C() sono continue su e, in virtù della (1.2), soddisfano la disuguaglianza cioè K p f C = K(K p 1 f) C Mm() K p 1 f C (Mm()) 2 K p 2 f C (Mm()) p f C, K p f C (Mm()) p f C, p = 0, 1, 2,. (1.6) Da questa disuguaglianza segue che la serie λ j (K j f)(x), x, (1.7) j=0 detta serie di Neumann, è maggiorata dalla serie numerica f C j=0 λ j (Mm()) j = f C 1 λ Mm(), (1.8) 4

5 che converge nel disco λ < 1/Mm(). Perciò, per questi valori di λ, la serie (1.7) è uniformemente (infatti, totalmente) convergente in x, definendo così una funzione ϕ(x) continua su. Ciò vuol dire, in virtù della (1.5), che le approssimazioni successive ϕ (p) (x) per p tendono in modo uniforme alla funzione ϕ(x): lim max ϕ (p) (x) ϕ(x) = 0, (1.9) p x ed, inoltre, in virtù della (1.8), è valida la disuguaglianza ϕ C f C 1 λ Mm(). (1.10) Dimostriamo che la funzione ϕ(x) verifica l equazione integrale (0.2). Infatti, passando al limite per p nella relazione di ricorrenza (1.4) ed utilizzando la convergenza uniforme della successione ϕ (p) (x) a ϕ(x) su, si ottiene ϕ(x) = lim = λ p ϕ(p) (x) K(x, y) lim p ϕ(p 1) (y) dy + f(x) = λ K(x, y)ϕ(y) dy + f(x). Dimostriamo l unicità della soluzione dell equazione (0.2) nella classe L 1 () (oppure L 2 (), L (), C()) se λ < 1/Mm(). Per ciò è sufficiente dimostrare che l equazione omogenea (0.3) ha, in L 1 (), una sola soluzione nulla. Infatti, se ϕ 0 L 1 () è una soluzione dell equazione (0.3), cioè ϕ 0 = λkϕ 0, si ha, secondo il Lemma 1.1, ϕ 0 1 = λ Kϕ 0 1 λ Mm() ϕ 0 1, da cui, grazie alla disuguaglianza λ Mm() < 1, deriva ϕ 0 1 = 0, cioè ϕ 0 = 0, quanto si doveva dimostrare. Riassumiamo i risultati ottenuti nel seguente teorema. Teorema 1.3 Ogni equazione integrale di Fredholm (0.2) con nucleo continuo K(x, y), per λ < 1/Mm(), ha un unica soluzione ϕ nella classe C() per un termine noto f C() qualsiasi. Questa soluzione è rappresentata nella forma della serie di Neumann (1.7) uniformemente convergente in x e soddisfa la disuguaglianza (1.10). In altre parole, nel disco λ < 1/Mm() esiste ed è limitato l operatore inverso (I λk) 1. Nella stessa maniera si dimostra il seguente per p = 1, 2, + : Ogni equazione integrale di Fredholm (0.2) con nucleo continuo K(x, y), per λ < 1/Mm(), ha un unica soluzione ϕ nella classe L p () per un termine noto f L p () qualsiasi. Questa soluzione è rappresentata nella forma della serie di Neumann (1.7) convergente nella norma di L p () e soddisfa la disuguaglianza ϕ p f p /(1 λ Mm()). In altre parole, nel disco λ < 1/Mm() esiste ed è limitato nello spazio di Banach L p () l operatore inverso (I λk) 1. 5

6 Osserviamo infine che il metodo delle approssimazioni successive può essere utilizzato per una risoluzione approssimata dell equazione integrale (0.2) per λ sufficientemente piccole. b. Nuclei iterati. Risolvente. Stabiliamo preliminarmente che è valida la seguente uguaglianza: (Kf, g) = (f, K g), f, g L 2 (). (1.11) Infatti, se f e g appartengono a L 2 (), conformemente al Lemma 1.1, anche Kf e K g appartengono a L 2 () e quindi si ha [ ] (Kf, g) = (Kf)(x)g(x) dx = K(x, y)f(y) dy g(x) dx = = [ ] f(y) K(x, y)g(x) dx dy = f(x)(k g)(x) dx = (f, K g). [ ] f(y) K (y, x)g(x) dx dy Lemma 1.4 Se K 1 e K 2 sono operatori integrali con nuclei continui K 1 (x, y) e K 2 (x, y), rispettivamente, l operatore K 3 = K 2 K 1 è un operatore integrale con nucleo continuo K 3 (x, y) = K 2 (x, y )K 1 (y, y) dy. (1.12) In questo caso è valida la seguente formula: (K 2 K 1 ) = K 1 K 2. (1.13) Dimostrazione. Per tutte le f L 2 () abbiamo (K 3 f)(x) = (K 2 K 1 f)(x) = K 2 (x, y ) K 1 (y, y)f(y) dy dy = [K 2 (x, y )K 1 (y, y) dy ] f(y) dy, da cui segue la formula (1.12). È evidente che il nucleo K 3 (x, y) è continuo per (x, y). Infatti, dato ε > 0, per i = 1, 2 esiste δ i > 0 tale che K i (x 1, y 1 ) K i (x 2, y 2 ) < ε/([m 1 + M 2 ]m()) se (x 1, y 1 ) (x 2, y 2 ) < δ i. Quindi, se (x 1, y 1 ) (x 2, y 2 ) < δ = min(δ 1, δ 2 ), risulta K 3 (x 1, y 1 ) K 3 (x 2, y 2 ) K 2 (x 1, y ) K 2 (x 2, y ) K 1 (y, y 1 ) dy + K 2 (x 2, y ) K 1 (y, y 1 ) K 1 (y, y 2 ) dy < [M 2m() + M 1 m()]ε = ε, [M 1 + M 2 ]m() implicando la continuità uniforme di K 3 (x, y). 6

7 Prendendo in considerazione l uguaglianza (1.11), per tutte le f e g appartenenti a L 2 () si ottiene (f, K 3 g) = (K 3 f, g) = (K 2 K 1 f, g) = (K 1 f, K 2 g) = (f, K 1 K 2 g), f, g L 2 (), cioè (f, K3 g K1 K2 g) = 0 per tutte le f, g L 2 (), e, quindi, K3 = K1 K2, il che equivale all uguaglianza (1.13). Il lemma è dimostrato. Dal Lemma 1.4 appena dimostrato segue che gli operatori K p = K(K p 1 ) = (K p 1 )K, p = 2, 3,, sono operatori integrali ed i loro nuclei K p (x, y) sono continui e soddisfano le relazioni di ricorrenza K 1 (x, y) = K(x, y), K p (x, y) = K(x, y )K p 1 (y, y) dy = K p 1 (x, y )K(y, y) dy. (1.14) I nuclei K p (x, y) sono detti nuclei iterati del nucleo K(x, y). Dalle relazioni di ricorrenza (1.14) segue che i nuclei iterati soddisfano la disuguaglianza Dalla (1.15) segue che la serie K p (x, y) M p m() p 1, p = 1, 2,. (1.15) K k+1 (x, y), (x, y), (1.16) k=0 è maggiorata mediante la serie numerica λ k M k+1 m() k, k=0 convergente nel disco λ < 1/M m(). Perciò la serie (1.16) è uniformemente (anche totalmente) convergente in (x, y, λ) {z C : z < (1/Mm()) ε}, per ε > 0 qualsiasi. Come conseguenza, la sua somma è continua in {z C : z < (1/Mm())} ed analitica in λ nel disco λ < 1/Mm() [Vedi il Teorema A.2]. Indichiamo la somma della serie (1.16) con R(x, y; λ): R(x, y; λ) = K k+1 (x, y). k=0 La funzione R(x, y; λ) è detta risolvente del nucleo K(x, y). Teorema 1.5 La soluzione ϕ dell equazione integrale (0.2) è unica nella classe C() per λ < 1/Mm() e per qualunque f C() è rappresentata con il risolvente R(x, y; λ) del nucleo K(x, y) mediante l equazione ϕ(x) = f(x) + λ R(x, y; λ)f(y) dy, (1.17) 7

8 in altre parole, è valida la seguente equazione operatoriale: (I λk) 1 = I + λr(λ), λ < (1/Mm()), (1.18) dove R(λ) è un operatore integrale con nucleo R(x, y; λ). Dimostrazione. Conformemente al Teorema 1.3, la soluzione ϕ dell equazione (0.2) è unica nella classe C() per λ < 1/Mm() e per qualunque f C() è rappresentata nella forma di una serie di Neumann convergente (1.7). Sostituendo in questa serie le espressioni di iterazione K k f in termini dei nuclei iterati K k (x, y) ed utilizzando la convergenza uniforme della serie (1.16) per il risolvente R(x, y; λ), si ottiene la formula (1.17): [ ] ϕ(x) = λ K k+1 (x, y) f(y) dy +f(x) = λ R(x, y; λ)f(y) dy +f(x). k=0 Il teorema è dimostrato. Dimostriamo che i nuclei iterati (K ) p (x, y) ed il risolvente R (x, y; λ) del nucleo coniugato K (x, y) sono espressi in termini dei nuclei iterati K p (x, y) e del risolvente del nucleo iniziale K(x, y) come segue: (K ) p (x, y) = K p(x, y), p = 1, 2, ; (1.19) R (x, y; λ) = R(y, x; λ), λ < (1/Mm()). (1.20) L uguaglianza (1.19) segue dalla formula (1.13), secondo la quale (K ) p (x, y) = (K p ) (x, y), p = 1, 2,. Visto che K (x, y) = K(y, x) M, si conclude che, da quanto abbiamo dimostrato, la serie (1.16) per il risolvente R (x, y; λ) del nucleo K (x, y) converge per (x, y) e λ < 1/Mm(). Da ciò, utilizzando l uguaglianza (1.19), si ottiene la formula (1.20): R (x, y; λ) = (K ) k+1 (x, y) = Kk+1(x, y) Dalla (1.20) si ottiene k=0 k=0 k=0 = K k+1 (y, x) = K k+1 (y, x) = R(y, x; λ). k=0 R (x, y; λ) = R(y, x; λ) = R (x, y; λ), λ < 1/Mm(), e, di conseguenza, in virtù della (1.18), è valida la formula (I λk ) 1 = I + λr(λ), λ < 1/Mm(). (1.21) 8

9 Si può dimostrare che il risolvente R(x, y; λ) di un nucleo continuo K(x, y) ammette un prolungamento meromorfo in tutto il piano della variabile complessa λ ed inoltre i suoi poli sono i numeri caratteristici del nucleo K(x, y). Questa proposizione sarà dimostrata sotto per i nuclei degeneri ed hermitiani. c. Equazioni integrali di Volterra. Supponiamo che n = 1, la regione sia l intervallo limtato (0, a) ed il nucleo K(x, y) si annulli nel triangolo 0 < x < y < a. Questo nucleo si dice nucleo di Volterra. Le equazioni (0.1) e (0.2) con nucleo di Volterra assumono la forma x 0 K(x, y)ϕ(y) dy = f(x), ϕ(x) = λ x 0 K(x, y)ϕ(y) dy = f(x) (1.22) e sono dette equazioni integrali di Volterra di prima e di seconda specie, rispettivamente. Ci ristringiamo alle equazioni di seconda specie. Supponiamo che nell equazione (1.22) di seconda specie sia f C([0, a]) e che il nucleo K(x, y) sia continuo nel triangolo chiuso 0 y x a. In questo caso K(x, y) M per qualche costante M e l operatore integrale (Kf)(x) = x 0 K(x, y)f(y) dy trasferisce C([0, a]) in C([0, a]). Come per l equazione di Fredholm, definiamo le approssimazioni successive ϕ (p) conformemente alla seguente formula: ϕ (0) = f, ϕ (p) = p K k f = λkϕ (p 1) + f, p = 1, 2,. (1.23) k=0 Le iterazioni K p f appartengono a C([0, a]) e soddisfano la stima (K p (Mx) p f)(x) f C, x [0, a], p = 0, 1,. (1.24) p! Dimostriamo la stima (1.24) per induzione rispetto a p. Per p = 0, la stima (1.24) è valida. Supponendola valida per p 1, dimostriamo la sua validità per p: (K p f)(x) = (K(K p 1 f))(x) x K(x, y) (K p 1 f)(y) dy M f C M p 1 x 0 0 y p 1 (p 1)! dy = f C (Mx) p. p! Dalla stima (1.24) segue che la serie di Neumann (1.7) è maggiorata su [0, a] mediante la serie numerica convergente f C k=0 λ k (Ma)k k! = f C e λ Ma (1.25) 9

10 e per questa ragione è uniformente (infatti, totalmente) convergente in x [0, a] per λ qualsiasi, definendo una funzione continua ϕ(x). Dunque, in virtù della (1.23), le approssimazioni successive ϕ (p) per p tendono uniformemente alla funzione ϕ: lim p max x [0,a] ϕ(p) (x) ϕ(x) = 0, ϕ(x) = Qui, in virtù della (1.25), è valida la disuguaglianza (K k f)(x). (1.26) k=0 ϕ C f C e λ Ma. (1.27) Passando al limite, per p, nella relazione di ricorrenza (1.23) ed utilizzando la convergenza uniforme della successione ϕ (p) a ϕ su [0, a], concludiamo che la funzione costruita ϕ(x) soddisfa l equazione integrale (1.22). Dimostriamo che la soluzione dell equazione (1.22) è unica in C([0, a]) per λ qualsiasi. Per ciò è sufficiente dimostrare che la corrispondente equazione omogenea ha in questa classe una sola soluzione nulla. Infatti, se ϕ 0 è una soluzione dell equazione omogenea (1.22), cioè ϕ 0 = λkϕ 0, si ha ϕ 0 = λk(λkϕ 0 ) = λ 2 K 2 ϕ 0 = = λ p K p ϕ 0, p = 1, 2,. Applicando a queste uguaglianze la (1.24), cioè ϕ 0 (x) = λ p K p ϕ 0 λ p (Mx) p ϕ 0 C, p = 1, 2,, p! e facendo tendere p a, si ottiene ϕ 0 (x) = 0, x [0, a], quanto si voleva dimostrare. Formuliamo i risultati ottenuti nella forma del seguente Teorema 1.6 Ogni equazione integrale di Volterra (1.22) con nucleo continuo K(x, y) nel triangolo {(x, y) : 0 y x a} per λ qualsiasi ha un unica soluzione ϕ nella classe C([0, a]) per qualunque termine noto f C([0, a]). Questa soluzione è data dalla serie di Neumann uniformemente convergente (1.26) soddisfa la disuguaglianza (1.27). Corollario 1.7 Un nucleo di Volterra continuo non ha numeri caratteristici. Esercizi. 1. Dimostrare che il risolvente R(x, y; λ) di un nucleo continuo K(x, y) soddisfa l equazione di Fredholm R(x, y; λ) = λ K(x, y )R(y, y; λ) dy + K(x, y) per λ < 1/Mm(). 10

11 2. Calcolare esplicitamente il risolvente R(x, y; λ) dell equazione di Volterra ϕ(x) = λ x 0 ϕ(y) dy + f(x), 0 x a. Si consiglia partire dalle ipotesi ϕ C([0, a]) e f C 1 ([0, a]) e di convertire l equazione integrale in un equazione differenziale con condizione iniziale ϕ(0) = f(0). Risolvendo quell equazione tramite il metodo della variazione dei parametri, si rimuovi f dall espressione per ϕ tramite un integrazione per parti. Infine si estenda l espressione per ϕ a tutte le funzioni f C([0, a]). 2 Teoremi di Fredholm In questo paragrafo saranno dimostrati i teoremi di risolvibilità di Fredholm per l equazione di Fredholm ϕ = λkϕ + f (2.1) con nucleo continuo K(x, y) e per la sua equazione aggiunta ψ = λk ψ + g. (2.2) a. Equazioni integrali con nucleo degenere. Il nucleo K(x, y) = f i (x)g i (y), (2.3) dove f i e g i appartengono a C(), si dice nucleo degenere. Senza perdere di generalità possiamo assumere i sistemi di funzioni {f i } N e {g i } N linearmente indipendenti. Infatti, se non è così, si ha allora, per esempio, f N (x) = c 1 f 1 (x) + + c N 1 f N 1 (x) ed il nucleo K(x, y), in virtù della (2.3), assume la forma ( N 1 N 1 ) K(x, y) = f i (x)g i (y) + f i (x) g N (y). Procedendo in modo simile, dopo un numero finito di passi, arriveremo ad una situazione nella quale i sistemi di funzioni {f i } e {g i }, nella rappresentazione (2.3), risulteranno linearmente indipendenti. Consideriamo l equazione integrale di Fredholm con nucleo degenere (0.2) ϕ(x) = λ f i (x) g i (y)ϕ(y) dy + f(x) (2.4) 11

12 e l equazione aggiunta ψ(x) = λ g i (x) f i (y)ψ(y) dy + g(x). (2.5) Cercheremo le soluzioni ϕ e ψ delle equazioni integrali (2.3) e (2.5) nella classe C(). Dimostriamo che queste equazioni si riducono a sistemi di equazioni algebriche lineari e possono, quindi, essere studiate e risolte mediante i metodi noti di algebra lineare. Riscriviamo l equazione (2.4) nella forma dove ϕ(x) = λ c i = c i f i (x) + f(x), (2.6) ϕ(y)g i (y) dy = (ϕ, g i ) (2.7) sono numeri incogniti. Molteplicando l uguaglianza (2.6) per g k (x), integrando su ed utilizzando la (2.7), si ottiene il seguente sistema di equazioni algebriche lineari per le incognite c i : c k = λ c i Introducendo le notazioni α ki = g k (x)f i (x) dx, a k = riscriviamo il sistema (2.8) come segue: c k = λ g k (x)f i (x) dx + g k (x)f(x) dx. (2.8) α ki c i + a k, k = 1, 2,, N. Introducendo la matrice A ed i vettori c ed a: f(x)g k (x) dx = (f, g k ), (2.9) A = (α ki ), c = (c 1, c 2,, c N ), a = (a 1, a 2,, a N ), (2.10) rappresentiamo il sistema (2.10) nella forma matriciale c = λac + a. (2.11) Dimostriamo che l equazione (2.7) e l equazione algebrica (2.11) sono equivalenti. Infatti, se ϕ C() è la soluzione dell equazione (2.4), allora, come abbiamo appena dimostrato, i numeri c i = (ϕ, g i ), i = 1, 2,, N, soddisfano il sistema (2.10). Inversamente, se i numeri c i, i = 1, 2,, N, soddisfano il 12

13 sistema (2.10), la funzione ϕ(x) costruita conformemente alla formula (2.6), è continua su e, in virtù della (2.9), soddisfa l equazione (2.4) ϕ(x) λ f i (x) g i (y)ϕ(y) dy f(x) [ = λ c i f i (x) + f(x) λ f i (x) g i (y) λ ( ) = λ f i (x) c i λ c k α ik a i = 0. ] c k f k (y) + f(y) dy f(x) Denotiamo con D(λ) il determinante di sistema (2.11): D(λ) = det(i λa), (2.12) e con M ki (λ) i cofattori della matrice I λa. È chiaro che D(λ) e M ki(λ) sono polinomi in λ, ed inoltre D(λ) 0, visto che D(0) = det I = 1. Supponiamo che il numero (complesso) λ sia tale che D(λ) 0. Secondo il teorema di Cramer, la soluzione del sistema algebrico (2.11) è unica ed è data dalla seguente formula: c k = 1 D(λ) M ki (λ)a i, k = 1, 2,, N. (2.13) Sostituendo la soluzione ottenuta (2.13) nella formula (2.6) e ricordando la definizione dei numeri a k, si ottiene la soluzione dell equazione integrale (2.4) per D(λ) 0 nella forma ϕ(x) = λ D(λ) i, M ik (λ)f i (x) g k (y)f(y) dy + f(x). (2.14) D altra parte, conformemente al Teorema 1.5, per λ sufficientemente piccoli (ed allora D(λ) 0), questa soluzione è espressa in termini del risolvente R(x, y; λ) mediante la formula (1.17). Di conseguenza, R(x, y; λ) = 1 D(λ) i, M ik (λ)f i (x)g k (y). (2.15) Dunque, il risolvente R(x, y; λ) di un nucleo degenere è una funzione razionale di λ e, quindi, ammette un prolungamento meromorfo su tutto il piano della variabile complessa λ. b. Teoremi di Fredholm per le equazioni integrali con nucleo degenere. Nel sottoparagrafo precedente abbiamo costruito in forma esplicita la soluzione di un equazione integrale con nucleo degenere. Continuiamo lo studio di queste equazioni e stabiliamo le condizioni della loro risolubilità. 13

14 Come l equazione (2.4), riduciamo l equazione aggiunta (2.5) ad un sistema di equazioni algebriche lineari. Abbiamo ψ(x) = λ d i g i (x) + g(x), (2.16) dove d i = (ψ, f i ) sono numeri incogniti. Il corrispondente sistema di equazioni algebriche lineari equivalente all equazione (2.5) è della forma dove d k = λ β ki = β ki d i + b k, k = 1, 2,, N, (2.17) f k (x)g i (x) dx = α ik, b k = (g, f k ). (2.18) Dunque, il sistema (2.17) è aggiunto a quello (2.10): dove d = λa d + b, (2.19) A = (β ki ) = (α ik ) = A, d = (d 1, d 2,, d N ), b = (b 1, b 2,, b N ). Dall algebra lineare sappiamo che i determinanti ed i ranghi di una matrice e della sua trasposta coincidono. Perciò, in virtù della (2.12), si ha { det(i λa ) = det(i λa T ) = det(i λa T ) = D(λ), rango(i λa (2.20) ) = rango(i λa T ) = rango(i λa) = q, dove A T denota la trasposta di una matrice A. Possono essere esaminati due casi: 1. D(λ) 0. Allora q = N ed i sistemi (2.11) e (2.19) sono univocamente risolvibili per a e b qualsiasi e queste soluzioni sono date dalle formule (2.6) e (2.16), rispettivamente. 2. D(λ) = 0. In questo caso q < N e, in virtù dalla (2.20), i sistemi omogenei (2.11) e (2.19) hanno esattamente N q soluzioni linearmente indipendenti: c (s) = (c (s) 1, c(s) 2,, c(s) N ), d(s) = (d (s) 1, d(s) 2,, d(s) N ), s = 1, 2,, N q. Le equazioni integrali omogenee (2.4) e (2.5) avranno anch esse esattamente N q soluzioni linearmente indipendenti: c (s) = (c (s) 1,, c(s) ), s = 1, 2,, N q. N 14

15 Quindi le equazioni integrali omogenee (2.4) e (2.5) avranno anch esse esattamente N q soluzioni linearmente indipendente definite dalle formule (2.6) e (2.16), rispettivamente: ϕ s (x) = λ c (s) i f i (x), ψ s (x) = λ d (s) i g i (x), s = 1, 2,, N q. (2.21) Dimostriamo ora l indipendenza lineare di tali sistemi di soluzioni, {ϕ s } N q s=1 e {ψ s } N q s=1. Supponiamo che esistano numeri p s (s = 1, 2,, N q) tali che N q s=1 cioè, in virtù della (2.21), si ha N q f i (x) p s ϕ s (x), x, s=1 c (s) i p s = 0, x. Da ciò, in virtù dell indipendenza lineare del sistema di funzioni {f i } N, segue che N q s=1 c (s) i p s = 0, i = 1, 2,, N. Visto che il sistema di vettori {c (s) } N q s=1 è linearmente indipendente in RN, le relazioni precedenti implicano che p s = 0, s = 1, 2,, N q, il che dimostra l indipendenza lineare del sistema di soluzioni {ϕ s } N s=1. In modo analogo è stabilita l indipendenza di ortogonalità: (a, d (s) ) = a i d (s) i = 0, s = 1, 2,, N q. (2.22) Le condizioni (2.22) sono equivalenti alle condizioni (f, ψ s ) = f(x)ψ s (x) dx = 0, s = 1, 2,, N q, poichè, in virtù delle (2.21) e (2.9), si ha f(x)ψ s (x) dx = λ ( ) f(x)g i (x) dx d (s) i = λ a i d (s) i = λ(a, d (s) ). Dunque, abbiamo dimostrato i seguenti teoremi, detti teoremi di Fredholm, per le equazioni con nucleo degenere. Teorema 2.1 Se D(λ) 0, l equazione (2.4) e l equazione aggiunta (2.5) sono univocamente risolvibili con termini noti f e g qualsiasi. 15

16 Teorema 2.2 Se D(λ) = 0, le equazioni omogenee (2.4) e (2.5) hanno lo stesso numero di soluzioni linearmente indipendenti uguale a N q, in cui q è il rango della matrice I λa. Teorema 2.3 Se D(λ) = 0, per la risolvibilità dell equazione (2.4) è necessario e sufficiente che il termine noto f sia ortogonale a tutte le soluzioni {ψ s } N q s=1 dell equazione omogenea aggiunta (2.5). Dai Teoremi 2.1 e 2.2 segue che i numeri caratteristici di un nucleo degenere coincidono con le radici del polinomio D(λ) e, di conseguenza, sono finiti in numero. Inoltre, dalla formula (2.15) per un risolvente segue che i numeri caratteristici di un nucleo degenere coincidono con i poli del suo risolvente. Infine osserviamo che i tre teoremi di Fredholm per le equazioni integrali di nucleo degenere valgono nei seguenti due casi: 1. I termini noti appartengono a C() e le soluzioni si cercano nello spazio C(). 2. I termini noti appartengono ad L 2 () e le soluzioni si cercano nello stesso spazio L 2 (). Si può supporre che f 1,, f N e g 1,, g N appartengano ad L 2 (). c. Teoremi di Fredholm per le equazioni integrali con nucleo continuo. I teoremi di Fredholm per le equazioni di Fredholm con nucleo degenere dimostrati nel sottoparagrafo precedente possono essere estesi alle equazioni integrali con nucleo continuo arbitrario. L essenza della dimostrazione sta nel fatto che un nucleo continuo è rappresentato come somma di un nucleo degenere e di un nucleo continuo sufficientemente piccolo. Ciò permette, utilizzando i risultati del sottoparagrafo 2.a sulla risolvibilità delle equazioni integrali con nucleo piccolo, di ridurre la corrispondente equazione integrale ad un equazione integrale con nucleo degenere per le quali i teoremi di Fredholm sono stati già stabiliti. Ne seguirà che i teoremi di Fredholm sono validi per le equazioni con nucleo continuo in una regione limitata. Dunque, sia il nucleo K(x, y) continuo su. Secondo il teorema di Weierstrass, questo nucleo può essere approssimato con precisione grande a piacere mediante polinomi, cioè, per ε positivo qualsiasi, esiste un polinomio P(x, y) = a α,β x α y β = 0 α+β N α a 1 (α1,,α N ),(β 1,,β N )x1 xα N N y β1 1 yβ N N, (2.23) N (αi+βi)=n 0 α i,β i N,,,N tale che max K(x, y) P(x, y) < ε. (x,y) 16

17 Dunque, il nucleo K(x, y) può essere rappresentato nella forma K(x, y) = P(x, y) + Q(x, y), (2.24) dove P(x, y) è un nucleo degenere (polinomio) e Q(x, y) un nucleo continuo piccolo tale che Q(x, y) < ε. max (x,y) In virtù della (2.24) l equazione integrale di Fredholm assume la forma ϕ = λ P ϕ + λ Qϕ + f, (2.25) dove P e Q sono operatori integrali con nuclei P(x, y) e Q(x, y), rispettivamente, ed inoltre P + Q = K. Dimostriamo che, per λ < 1/εm(), nella classe C() l equazione integrale (2.25) è equivalente ad un equazione integrale con nucleo degenere. Per ciò introduciamo una nuova funzione Φ(x) incognita mediante la formula Φ = ϕ λ Qϕ. (2.26) Secondo il Teorema 1.5, la funzione ϕ è univocamente espressa in termini di Φ mediante la formula ϕ = (I λ Q) 1 Φ = (I + λr(λ))φ, (2.27) dove R(λ) è il operatore integrale con nucleo R(x, y; λ), risolvente del nucleo Q(x, y). In virtù delle (2.26) e (2.27), l equazione (2.25) assume la seguente forma equivalente: dove Φ = λp (I + λr(λ))φ + f = λt Φ + f, (2.28) T = P + λp R(λ). (2.29) Ricordiamo che il risolvente R(x, y; λ) è continuo rispetto a (x, y; λ) in {z C : z < 1/εm()} ed analitico rispetto a λ nel disco λ < 1/εm(). Prendendo in considerazione il Lemma 1.4, concludiamo che l operatore T è un operatore integrale con nucleo continuo T (x, y; λ) = P(x, y) + λ P(x, y )R(y, y; λ) dy. Inoltre, dalla (2.23) segue che T (x, y; λ) è degenere ed analitico in λ nel disco λ < 1/εm(). Trasformiamo ora l equazione integrale aggiunta (2.2). In virtù della (2.24), K = P + Q, e perciò l equazione (2.2) assume la forma (I λ Q )ψ = λ P ψ + g. (2.30) Applicando l operatore (I λ Q ) 1 all equazione (2.30) ed utilizzando l uguaglianza (1.21), (I λ Q ) 1 = I + λ R (λ), λ < 1/εm(), 17

18 riduciamola all equazione equivalente ψ = (I λ Q ) 1 (λ P ψ + g) = (I + λ R (λ))(λ P ψ + g) = λ(p + λ R (λ)p )ψ + (I + λ R (λ))g. (2.31) Introducendo le notazioni g 1 = (I + λ R (λ))g, g = (I λ Q )g 1 (2.32) e tenendo conto del fatto che, conformemente alle formule (1.13) e (2.29) si ha P + λ R (λ)p = (P + λp R(λ)) = T, riscriviamo l equazione (2.31) nella forma ψ = λ T ψ + g 1. (2.33) Dunque, per λ < 1/εm(), nella classe C() l equazione integrale (2.1) è equivalente a quella (2.28) con nucleo degenere T (x, y; λ) analitico nel disco λ < 1/εm(), mentre l equazione aggiunta (2.2) è equivalente all equazione (2.33), aggiunta della (2.28). Ma per le equazioni (2.28) e (2.33) sono validi i teoremi di Fredholm ed il determinante è una funzione analitica nel disco λ < 1/εm(). Da ciò, utilizzando l equivalenza tra queste equazioni e quelle iniziali (2.1) e (2.2), si ottengono i seguenti teoremi di Fredholm per le equazioni integrali con nucleo continuo. Questi teoremi insieme si chiamano alternativa di Fredholm. Teorema 2.4 [Alternativa di Fredholm]. Se l equazione integrale (2.1) con nucleo continuo è risolvibile in C() per un termine noto f C() qualsiasi, anche l equazione aggiunta (2.2) è risolvibile in C() per un termine noto g C() qualsiasi, ed inoltre queste soluzioni sono uniche (primo teorema di Fredholm). Se l equazione integrale (2.1) non è risolvibile in C() per un termine noto f qualsiasi, allora 1) le equazioni omogenee (2.1) e (2.2) hanno lo stesso numero finito di soluzioni linearmente indipendenti (secondo teorema di Fredholm); 2) perchè l equazione (2.1) sia risolvibile, è necessario e sufficiente che il termine noto f sia ortogonale a tutte le soluzioni dell equazione omogenea aggiunta (2.2) (terzo teorema di Fredholm). Dimostrazione. Per λ = 0 l alternativa di Fredholm è, evidentemente, valida. Perciò poniamo λ 0 e nelle costruzioni precedenti scegliamo (1/ε) < λ m(). Supponiamo che l equazione (2.1) sia risolvibile in C() per f C() qualsiasi. Allora l equazione (2.28), equivalente alla (2.1), con nucleo degenere sarà 18

19 anch essa risolvibile in C() per f qualsiasi. Applicando il Teorema 2.3 concludiamo che D(λ) 0. Ma, in questo caso, conformemente al Teorema 2.1 l equazione (2.28) e l equazione (2.33) sono univocamente risolvibili per f e g 1 qualsiasi appartenenti a C(). Però le funzioni g 1 e g sono biunivocamente espresse mediante la formula (2.32) e, di conseguenza, le equazioni equivalenti (2.1) e (2.2) sono univocamente risolvibili in C() per f e g qualsiasi. Il primo teorema di Fredholm è dimostrato. Se l equazione (2.1) non è risolvibile in C() per un f qualsiasi, allora anche l equazione (2.28) con nucleo degenere equivalente alla (2.1) non è risolvibile in C() per un f qualsiasi. In base al Teorema 2.1 concludiamo che D(λ) = 0. Ma allora, conformemente al Teorema 2.2, le equazioni omogenee (2.28) e (2.33) hanno lo stesso numero finito di soluzioni linearmente indipendenti in C(). Visto che le funzioni Φ e ϕ sono collegate dalle relazioni (2.26), le equazioni omogenee equivalenti (2.1) e (2.2) hanno lo stesso numero finito di soluzioni linearmente indipendenti in C(). Il secondo teorema di Fredholm è dimostrato. Inoltre, in base al Teorema 2.3 per la risolvibilità dell equazione (2.28) per D(λ) = 0 è necessario e sufficiente che il termine noto f sia ortogonale a tutte le soluzioni dell equazione omogenea aggiunta (2.33). Ma le soluzioni ψ delle equazioni omogenee equivalenti (2.1) e (2.28), come pure i secondi membri f delle equazioni equivalenti (2.1) e (2.28), sono identiche. Di conseguenza, per la risolvibilità dell equazione (2.1), nel caso considerato, è necessario e sufficiente che il termine noto f sia ortogonale a tutte le soluzioni dell equazione omogenea (2.2). Il terzo teorema di Fredholm è dimostrato. Dimostriamo ora il quarto teorema di Fredholm: In ogni disco λ R ci può essere solo un numero finito di numeri caratteristici del nucleo K(x, y). Dimostrazione. Scegliamo ε = 1/(R + 1)m(). Allora per λ < R + 1 avremo λ < 1/εm(). Per questa ragione per λ < R+1 le equazioni omogenee (2.1) e (2.28) sono equivalenti. Di conseguenza, nel disco λ < R + 1 i numeri caratteristici del nucleo K(x, y) coincidono con le radici dell equazione D(λ) = 0. Dato che il nucleo T (x, y; λ) è analitico in λ nel disco λ < R + 1, D(λ) è una funzione analitica in λ in questo disco. In base alla proprietà di unicità delle funzioni analitiche [Vedi il Teorema A.3], concludiamo che nel disco λ R ci può essere solo un numero finito di radici dell equazione D(λ) = 0, e quindi anche il nucleo K(x, y) può avere solo un numero finito di numeri caratteristici. Il teorema è dimostrato. Osserviamo infine che i quattro teoremi di Fredholm valgono anche se le equazioni integrali (2.1) e (2.2) vengono considerate in uno degli spazi L 1 () o L 2 () anzicchè nello spazio C(). Infatti, gli operatori integrali K e K trasformano L 1 () e L 2 () in C(), cioè, Kϕ e K ψ appartengono a C() se ϕ e ψ appartengono ad L p (), p = 1, 2. Quindi, se la (2.1) avesse una soluzione ϕ L p (), p = 1, 2, per il termine noto f C(), allora si avrebbe ϕ = λkϕ+ f C(K). Con questa osservazione potremmo ora ripetere le dimostrazioni dei quattro teoremi di Fredholm nello spazio L p (), p = 1, 2, prima per il 19

20 nucleo degenere e poi per un nucleo continuo qualsiasi. Così si trovano gli stessi autovalori e autofunzioni per le equazioni (2.1) e (2.2) considerate in L p (), p = 1, 2, come per quelle considerate in C(). d. Corollari dei teoremi di Fredholm. Dal quarto teorema di Fredholm segue che l insieme dei numeri caratteristici di un nucleo continuo non ha punti di accumulazione finiti e non è altro che numerabile. Questo insieme può anche essere vuoto, come, per esempio, per un nucleo di Volterra. Dal secondo teorema di Fredholm segue anche che la molteplicità di ogni numero caratteristico è finita. Di conseguenza, tutti i numeri caratteristici del nucleo K(x, y) si possono numerare in ordine crescente del loro modulo: λ 1 λ 2, (2.34) ripetendo in questa successione tante volte quant è la sua molteplicità. Denotiamo le corrispondenti autofunzioni con ϕ 1, ϕ 2, e facciamo corrispondere ad ogni autovalore un autofunzione ϕ k : ϕ k = Kϕ k, k = 1, 2,. (2.35) Se non è un autovalore semplice, le corrispondenti ϕ k si possono scegliere mediante metodi diversi e quindi la corrispondenza (2.35) tra e ϕ k non è univoca. Per il secondo teorema di Fredholm, λ 1, λ 2, sono i numeri caratteristici del nucleo K (x, y) ed inoltre le molteplicità di e sono le stesse. Denotiamo con ψ k le corrispondenti autofunzioni Le autofunzioni ϕ k e ψ k sono continue su. Dimostriamo che se λ i, si ha ψ k = K ψ k, k = 1, 2,. (2.36) (ϕ k, ψ i ) = 0. (2.37) Infatti, prendendo in considerazione l uguaglianza (1.11), si ottiene dalle (2.35) e (2.36) (ϕ k, ψ i ) = (ϕ k, λ i K ψ i ) = λ i (Kϕ k, ψ i ) = λ i (ϕ k, ψ i ), da cui, in virtù del fatto che λ i, seguono le uguaglianze (2.37). Notiamo che λ p k e ϕ k, k = 1, 2,, sono i numeri caratteristici e le corrispondenti autofunzioni del nucleo iterato K p (x, y). Quest asserzione segue dalle uguaglianze (2.35), secondo le quali si ha ϕ k = λ p k Kp ϕ k, k = 1, 2,. (2.38) Inversamente, se µ è l autovalore e ϕ la corrispondente autofunzione del nucleo iterato K p (x, y), allora almeno una delle radici λ j, j = 1, 2,, p dell equazione λ p = µ è un autovalore del nucleo iniziale K(x, y). Quest asserzione segue dall uguaglianza (µk p I)ϕ = ( 1) p 1 (λ 1 K I) (λ p K I)ϕ = 0. (2.39) 20

21 Infatti, sia ψ = (λ 2 K I) (λ p K I)ϕ. (2.40) Se ψ 0, si ha, in virtù della (2.39), (λ 1 K I)ψ = 0, e per questa ragione λ 1 è un autovalore del nucleo K(x, y). Se, invece, ψ = 0, si ha (λ 2 K I) (λ p K I)ϕ = 0, allora, ripetendo il ragionamento precedente, si ottiene che o λ 2 è un autovalore del nucleo K(x, y), o (λ 3 K I) (λ p K I)ϕ = 0, ecc. Riformuliamo ora l alternativa di Fredholm in termini di autovalori e di autofunzioni. Se λ, k = 1, 2,, le equazioni integrali (2.1) e (2.2) sono univocamente risolvibili per qualunque termine noto. Se λ =, le equazioni omogenee Kϕ = ϕ, K ψ = ψ hanno lo stesso numero finito r k 1 di soluzioni linearmente indipendenti, di autofunzioni ϕ k, ϕ k+1,, ϕ k+rk 1 del nucleo K(x, y) e di autofunzioni ψ k,ψ k+1,, ψ k+rk 1 del nucleo K (x, y), corrispondenti agli autovalori e (r k è la molteplicità di e di ). Se λ =, per la risolvibilità dell equazione (2.1) è necessario e sufficiente che sia (f, ψ k+i ) = 0, i = 0, 1,, r k 1. (2.41) 3 Equazioni Integrali con Nucleo Hermitiano Un nucleo K(x, y) è detto hermitiano se questo nucleo coincide con il suo coniugato hermitiano, K(x, y) = K (x, y) = K(y, x). La corrispondente equazione integrale ϕ(x) = λ K(x, y)ϕ(y) dy + f(x) (3.1) per λ reali coincide con la sua aggiunta, essendo K = K un operatore autoaggiunto nello spazio L 2 (). Se il nucleo K(x, y) è continuo, K è anche limitato su L 1 () e C(). Di conseguenza, conviene considerare quest equazione nello spazio L 2 (). li autovalori e le autofunzioni trovati sono anche gli autovalori e le autofunzioni se la (3.1) viene considerata in uno degli spazi L 1 () e C() per un nucleo continuo ed hermitiano qualsiasi. a. Operatori integrali con nucleo continuo hermitiano. Supponiamo che K sia un operatore integrale con nucleo continuo hermitiano K(x, y). Quest operatore trasferisce L 2 () ( è una regione limitata) in L 2 () (vedi il Lemma 1.1) ed è autoaggiunto: (Kf, g) = (f, Kg), f, g L 2 (). (3.2) 21

22 Inversamente, se un operatore integrale K con nucleo continuo K(x, y) è autoaggiunto, questo nucleo è hermitiano. Infatti, dalla (3.2) (valida anche per f, g C()) segue che K(x, y) e K (x, y) sono ambedue il nucleo dell operatore integrale K e quindi, in virtù del Lemma 1.2, K(x, y) = K (x, y) per ogni (x, y). Dalla (1.19) segue che tutti i nuclei iterati K p (x, y) di un nucleo continuo hermitiano K(x, y) sono anch essi hermitiani: K p(x, y) = (K ) p (x, y) = K p (x, y). Sia K un compatto. Un sottoinsieme M (cioè, un insieme di funzioni continue su K) si dice equicontinuo su K se per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che f(x 1 ) f(x 2 ) < ε per ogni f M, non appena x 1 x 2 < δ per x 1, x 2 K. In particolare, f C(K) è (uniformemente) continua se e solo se l insieme M = {f} è equicontinuo. Lemma 3.1 Un operatore integrale K con nucleo continuo K(x, y) trasferisce ogni insieme limitato appartenente a L p (), p = 1, 2, in un insieme limitato in C() e equicontinuo su. Dimostrazione. Diamo la dimostrazione per p = 1, 2, osservando che (p 1)/p = 0 per p = 1 e (p 1)/p = 1/2 per p = 2. Sia B un insieme limitato in L p (), p = 1, 2: A : f p A per ogni f B. Dal Lemma 1.1 segue che Kf C Mm() (p 1)/p A, f B, p = 1, 2, e quindi K trasferisce B in un insieme limitato in C(). Inoltre, visto che il nucleo K(x, y) è uniformemente continuo su, per un ε > 0 qualsiasi esiste δ > 0 tale che K(x, y) K(x, y) < ε A(m()) (p 1)/p, quando x x < δ e {x, x, y}. Da ciò, utilizzando la disuguaglianza (1.1), in cui K(x, y) è sostituito con K(x, y) K(x, y), per ogni f B si ottiene (Kf)(x ) (Kf)(x ) = [K(x, y) K(x, y)] f(y) dy ε(m())(p 1)/p f p A(m()) (p 1)/p ε, quando x x < δ e {x, x, y}. Ciò vuol dire che l insieme {Kf : f B} è equicontinuo su. Teorema 3.2 [Il teorema di Ascoli-Arzelà]. Se un insieme infinito B è limitato in C(K) dove K è un compatto, ed è equicontinuo su K, da quest insieme si può estrarre una successione convergente in C(K). 1 1 In altre parole, se un insieme B è limitato in C(K) dove K è un compatto, ed è equicontinuo su K, la sua chiusura in C(K) è compatta. 22

23 Dimostrazione. Come è noto, ogni compatto in R n ha un sottoinsieme denso numerabile {x n : n = 1, 2, }. Per ipotesi, l insieme di numeri {f(x 1 ) : f B} è limitato. Quindi esiste una successione {f (1) k } (1) tale che f k (x 1) è convergente se k. Inoltre, visto che l insieme di numeri {f (1) k (x 2) : k = 1, 2, } è limitato, estraiamo dalla {f (1) (2) (2) k } una sottosuccessione {f k } tale che {f k (x 2)} è convergente. Continuando così, troviamo le successioni {f (m) k } in B, dove n = 1, 2, e {f (n+1) k } è una sottosuccessione della {f (n) k }, tale che {f (n) k (x n )} è convergente se n. Consideriamo ora la successione diagonale {g k } in B dove g k = f (k) k, k = 1, 2,. Per un qualunque punto x i la successione numerica {g k (x i )} converge se k, poichè, per costruzione, per k i, questa successione è una sottosuccessione della successione convergente {f (i) k (x i)}. Dimostriamo ora che la successione di g k, k = 1, 2,, è uniformemente convergente su K. Supponiamo che sia ε > 0. Visto che questa successione è equicontinua su K, esiste δ > 0 tale che per k = 1, 2, si ha g k (x) g k (x ) < ε 3 (3.3) quando x x < δ e x, x K. Essendo K compatto, dall insieme di punti x 1, x 2, si possono scegliere un numero finito di questi punti, x 1, x 2,, x l, l = l(ε), in modo che, per ogni punto x K esista un punto x i, 1 i l, tale che x x i < δ. Ricordando che la successione di g k (x), k = 1, 2,, converge ai punti x 1,, x l, concludiamo che esiste un numero N = N(ε) tale che g k (x i ) g p (x i ) < ε, k, p N, i = 1, 2,, l. (3.4) 3 Sia ora x un punto arbitrario dell insieme K. Scegliendo un punto x i, 1 i l, tale che x x i < δ, in virtù delle (3.3) e (3.4) si ottiene g k (x) g p (x) g k (x) g k (x i ) + g k (x i ) g p (x i ) + g p (x i ) g p (x) < ε 3 + ε 3 + ε = ε, k, p N, 3 dove N non dipende da x K. Ciò significa che la successione di g k, k = 1, 2,, è una successione di Cauchy in C(K). Siccome C(K) è uno spazio di Banach (e quindi è completo), la successione converge uniformemente su K. Il teorema di Ascoli-Arzelà esprime la proprietà di compattezza di un qualunque insieme limitato e equicontinuo in C(K). Inoltre, il Lemma 3.1 afferma che un operatore integrale con nucleo continuo trasferisce ogni insieme limitato in L 2 () (oppure in L 1 ()) in un sottoinsieme di C() con chiusura (in C()) compatta. Questa proprietà ci consente di generalizzare il concetto di operatore integrale con nucleo continuo. Dati due spazi di Banach X e Y (possibilmente X = Y ) ed un operatore T L(X, Y ), T si dice operatore compatto se per ogni 23

24 sottoinsieme limitato B di X la chiusura T [B] dell immagine T [B] in Y è compatta. In tal caso, il Lemma 3.1 esprime la compattezza degli operatori integrali con nucleo continuo per X = L 2 () (oppure X = L 1 ()) ed Y = C(); in tal caso risulterà anche la compattezza di questi operatori per X = Y = L 1 (), X = Y = L 2 () e X = Y = C(). Per un operatore compatto T L(X) (dove X = Y ) valgono i quattro teoremi di Fredholm se, al posto dell operatore integrale aggiunto, si considera l operatore aggiunto T definito sullo spazio duale X. In generale, le dimostrazioni non si possono può svolgere tramite l approssimazione di T da un cosiddetto operatore di rango finito (che generalizza l operatore integrale con nucleo degenere), tranne nel caso in cui X = Y è uno spazio di Hilbert e in certi altri casi particolari. c. Equazioni integrali con nucleo continuo hermitiano: Il principio variazionale. Non tutti i nuclei che non sono identicamente nulli, hanno autovalori; per esempio, i nuclei di Volterra non hanno autovalori. Tuttavia, è valido il seguente Teorema 3.3 Ogni nucleo continuo hermitiano K(x, y) 0 ha almeno un autovalore e l autovalore λ 1 più piccolo in modulo soddisfa il principio variazionale Dimostrazione. Sia 1 λ 1 = sup 0 f L 2() ν = Kf 2 f 2. (3.5) sup Kf 2. (3.6) f 2=1 Dalla (1.3) segue che Kf 2 M m() sulle funzioni di L 2 () di norma 1 e quindi ν M m(). È inoltre evidente che ν 0. Dimostriamo che ν > 0. Infatti, se ν = 0, allora, in virtù della (3.6), avremmo Kf 2 = 0, cioè Kf = 0 per tutte le f L 2 (), e quindi K(x, y) = 0, x, y, il che contraddice l ipotesi. Dalla definizione della ν segue l esistenza di una successione di f k, k = 1, 2,, f k 2 = 1, tale che Kf k 2 ν, k + ; (3.7) inoltre, è valida la disuguaglianza ( ) K 2 f 2 = Kf 2 K Kf 2 Kf 2 ν Kf 2, f L 2 (). (3.8) Dimostriamo ora che K 2 f k ν 2 f k 0, k + in L 2 (). (3.9) 24

25 Infatti, utilizzando le (3.2), (3.7) e (3.8), si ottiene K 2 f k ν 2 f k 2 2 = (K 2 f k ν 2 f k, K 2 f k ν 2 f k ) = (K 2 f k, K 2 f k ) + ν 4 (f k, f k ) ν 2 (f k, K 2 f k ) ν 2 (K 2 f k, f k ) = K 2 f k ν 4 2ν 2 (Kf k, Kf k ) ν 2 Kf k ν 4 2ν 2 Kf k 2 2 = ν 4 ν 2 Kf k 2 2 0, k +, il che è equivalente alla relazione limite (3.9). Conformemente al Lemma 3.1, la successione delle funzioni Kf k, k =1, 2,, è limitata in C() e equicontinua su. Ma in questo caso, in base al teorema di Ascoli-Arzelà, esiste anche una sottosuccessione ψ i = Kf ki, i = 1, 2,, che converge in C() ad una funzione ψ C(), ψ ψ i C 0, i. Da ciò, utilizzando le (1.1) e (1.2), e la relazione (3.9), si ottiene K 2 ψ ν 2 ψ C K 2 (ψ ψ i ) C + ν 2 ψ ψ i C + K 2 ψ i ν 2 ψ i C M m() K(ψ ψ i ) C + ν 2 ψ ψ i C + K(K 2 f ki ν 2 f ki ) C (M 2 m() 2 + ν 2 ) ψ ψ i C + M m() K 2 f ki ν 2 f ki 2 0, i +, e, come conseguenza, K 2 ψ = ν 2 ψ. Dimostriamo che ψ 0. Dalla relazione limite (3.9) segue che Kψ i ν 2 f ki 0, i + in L 2 (), e, di conseguenza, Kψ i 2 ν 2, i +. D altra parte, dal Lemma 1.1 segue che Kψ i 2 Kψ 2, i +. Quindi, Kψ 2 = ν 2 > 0, da cui segue che ψ 0. Dunque, la funzione ψ costruita è un autofunzione del nucleo K 2 (x, y) corrispondente all autovalore ν 2. Ma, allora, almeno uno dei numeri ±ν è autovalore del nucleo K(x, y). In tal modo, l autovalore λ 1 costruito è uguale a ν in modulo e, quindi, in virtù della (3.6), soddisfa il principio variazionale (3.5). Non resta altro che stabilire che λ 1 è l autovalore più piccolo in modulo del nucleo K(x, y). Infatti, se λ 0 e ϕ 0 sono l autovalore e la corrispondente autofunzione, cioè λ 0 Kϕ 0 = ϕ 0, allora, in virtù della (3.5), si ha 1 λ 1 = sup f L 2() Kf 2 f 2 Kϕ 0 2 ϕ 0 2 = 1 λ 0, e quindi λ 1 λ 0. Considerando il teorema sopra dimostrato ed i teoremi di Fredholm, per le equazioni integrali con nucleo continuo hermitiano K(x, y) 0, si ottengono le seguenti asserzioni: 25

26 L insieme di autovalori { } non è vuoto, è situato sull asse reale, e non ha punti di accumulazione finiti; ogni autovalore è di molteplicità finita ed il sistema di autofunzioni {ϕ k } può essere scelto ortonormale: (ϕ k, ϕ i ) = δ k,i. (3.10) Se λ, k = 1, 2,, l equazione (3.1) è univocamente risolvibile per un termine noto f C() qualsiasi. Se λ =, per la risolvibilità dell equazione (3.1) è necessario e sufficiente che (f, ϕ k+1 ) = 0, i = 0, 1,, r k 1, (3.11) dove ϕ k, ϕ k+1,, ϕ k+rk 1 sono autofunzioni corrispondenti all autovalore e r k è la molteplicità di. 4 Teorema di Hilbert-Schmidt e i suoi Corollari a. Teorema di Hilbert-Schmidt per un nucleo continuo hermitiano. Supponiamo che λ 1, λ 2, siano gli autovalori del nucleo continuo hermitiano K(x, y) 0 disposti in ordine di crescita del loro modulo, λ 1 λ 2, e che ϕ 1, ϕ 2, siano le corrispondenti autofunzioni ortonormali, (ϕ k, ϕ i ) = δ kl. Come sappiamo, gli autovalori sono reali e le autofunzioni ϕ k (x) sono continue su ; in questo caso l insieme { } è finito o numerabile; nell ultimo caso si ha, k. Inoltre, in virtù del 3.3, è valida la disuguaglianza Notiamo un altra disuguaglianza, e cioè 2 Kf 2 1 λ 1 f 2, f L 2 (). (4.1) ϕ k (x) 2 λ 2 k K(x, y) 2 dy, x. (4.2) Nel seguito verrà infatti dimostrato che vale l uguaglianza nella (4.2). Introduciamo ora la successione di nuclei continui hermitiani K (p) (x, y) = K(x, y) p ϕ i (x)ϕ i (y) λ i, p = 1, 2,,. (4.3) I corrispondenti operatori integrali K (p) hermitiani soddisfano K (p) f = Kf p (f, ϕ i ) λ i ϕ i, f L 2 (). (4.4) 2 Se il nucleo K(x, y) ha un numero finito di autovalori, λ 1, λ 2,, λ N, poniamo = + per k > N. 26

27 Dimostriamo che λ p+1, λ p+2,, e ϕ p+1, ϕ p+2, costituiscono tutti gli autovalori e tutte le autofunzioni del nucleo K (p) (x, y). Infatti, in virtù della (4.4) abbiamo K (p) ϕ k = Kϕ k p (ϕ k, ϕ i ) λ i ϕ i = Kϕ k = 1 ϕ k, k p + 1, di modo che e ϕ k, k p + 1, siano autovalori ed autofunzioni del nucleo K (p) (x, y). Inversamente, siano λ 0 e ϕ 0 un autovalore e la corrispondente autofunzione del nucleo K (p) (x, y), e cioè, in virtù della (4.4), si avrà ϕ 0 = λ 0 K (p) ϕ 0 = λ 0 Kϕ 0 λ 0 Da qui per k = 1, 2,, p si ottiene (ϕ 0, ϕ k ) = λ 0 (Kϕ 0, ϕ k ) λ 0 p = λ 0 (ϕ 0, Kϕ k ) λ 0 p p (ϕ 0, ϕ i )(ϕ i, ϕ k ) λ i (ϕ 0, ϕ 0 ) λ i ϕ i. (4.5) (ϕ 0, ϕ i ) λ i δ ik = λ 0 (ϕ 0, ϕ k ) λ 0 (ϕ 0, ϕ k ) = 0, e quindi, in virtù della (4.5), λ 0 = λ 0 Kϕ 0. Dunque, λ 0 e ϕ 0 sono l autovalore e la corrispondente autofunzione del nucleo K(x, y). Visto che ϕ 0 è ortogonale a tutte le autofunzioni ϕ 1, ϕ 2,, ϕ p, ne segue che λ 0 coincide con uno degli autovalori λ p+1, λ p+2, e ϕ 0 può essere considerata uguale a ϕ k per k p + 1. Dunque, λ p+1 è il più piccolo autovalore del nucleo K (p) (x, y) in modulo. Applicando la disuguaglianza (4.1) a questo nucleo e tenendo conto della (4.4), si ottiene la disuguaglianza K (p) p f 2 = Kf (f, ϕ i ) λ i ϕ i f 2 λ p+1, f L 2(), (4.6) 2 dove p = 1, 2,. Supponiamo che il nucleo hermitiano K(x, y) abbia un numero finito di autovalori: λ 1, λ 2,, λ N. Da quanto abbiamo dimostrato, il nucleo hermitiano K (N) (x, y) non ha autovalori, e quindi, in base al Teorema 3.3, si ha K (N) (x, y) 0, in modo che, in virtù della (4.3), si ha K(x, y) = ϕ i (x)ϕ i (y) λ i, (4.7) il che significa che il nucleo K(x, y) è degenere. Da ciò, e ricordando anche che un nucleo degenere ha sempre un numero finito di autovalori, formuliamo il seguente risultato: affinché un nucleo continuo hermitiano sia degenere, è necessario e sufficiente che questo nucleo abbia un numero finito di autovalori. 27

28 Teorema 4.1 [Teorema di Hilbert-Schmidt]. Se una funzione f(x) appartiene all immagine di un operatore integrale K di nucleo continuo hermitiano K(x, y), cioè f = Kh, la sua serie in termini delle autofunzioni del nucleo K(x, y) è uniformemente convergente su alla funzione (h, ϕ k ) f(x) = (f, ϕ k )ϕ k (x) = ϕ k (x). (4.8) Dimostrazione. Visto che f = Kh, h L 2 (), in base al Lemma 1.1, f C() ed i coefficienti di Fourier delle funzioni f e h in termini delle autofunzioni {ϕ k } del nucleo K(x, y) sono collegati con la relazione (f, ϕ k ) = (Kh, ϕ k ) = (h, Kϕ k ) = (h, ϕ k). (4.9) Se il nucleo K(x, y) ha un numero finito di autovalori, si ha, in virtù della (4.7), (h, ϕ k ) f(x) = (Kh)(x) = ϕ k (x), ed il teorema di Hilbert-Schmidt è dimostrato. Supponiamo ora che il nucleo K(x, y) abbia un numero infinito di autovalori. In questo caso +, k +. Perciò, in virtù delle (4.6) e (4.9), la serie (4.8) converge a f nella norma di L 2 (): p f p (f, ϕ k )ϕ k = Kh 2 (h, ϕ k ) ϕ k 2 h 2 0, p +. λ p+1 Resta da dimostrare che la serie (4.8) converge in modo uniforme su. Utilizzando la disuguaglianza di Schwartz e la (4.2), si ottiene, per tutti i valori di p e q e per ogni x, 1/2 1/2 q (h, ϕ k ) ϕ k (x) q q (h, ϕ k ) 2 ϕ k (x) 2 k=p q (h, ϕ k ) 2 k=p 1/2 [ k=p k=p In virtù della disuguaglianza di Bessel (h, ϕ k ) 2 h 2 2, 1/2 K(x, y) dy] 2 M q m() (h, ϕ k ) 2 λ 2 k k=p 1/2. (4.10) il primo membro della disuguaglianza (4.10) tende a zero per p, q +. Ciò significa che la serie (4.8) è puntualmente convergente su. Siccome il maggiorante in (4.10) non dipende da x, la convergenza risulta uniforme in x. 28

Il teorema di Ascoli-Arzelà

Il teorema di Ascoli-Arzelà Il teorema di Ascoli-Arzelà Alcuni risultati sugli spazi metrici Spazi metrici (e topologici) compatti Richiamiamo le definizioni di compattezza negli spazi metrici. Sia (X, d) una spazio metrico e sia

Dettagli

I. CENNI SULL ANALISI FUNZIONALE

I. CENNI SULL ANALISI FUNZIONALE I. CENNI SULL ANALISI FUNZIONALE 0 Introduzione In questo capitolo discutiamo la definizione di un operatore lineare su uno spazio di Banach e di Hilbert e alcune delle sue proprietà. Nell appendice presentiamo

Dettagli

Appendice B ANALISI FUNZIONALE. 1 Spazi di Banach

Appendice B ANALISI FUNZIONALE. 1 Spazi di Banach Appendice B ANALISI FUNZIONALE In questo capitolo si introducono gli spazi di Banach e di Hilbert, gli operatori lineari e loro spettro. Inoltre si discutono gli operatori compatti su uno spazio di Hilbert.

Dettagli

Dimostrazione. Indichiamo con α e β (finiti o infiniti) gli estremi dell intervallo I. Poniamo

Dimostrazione. Indichiamo con α e β (finiti o infiniti) gli estremi dell intervallo I. Poniamo C.6 Funzioni continue Pag. 114 Dimostrazione del Corollario 4.25 Corollario 4.25 Sia f continua in un intervallo I. Supponiamo che f ammetta, per x tendente a ciascuno degli estremi dell intervallo, iti

Dettagli

Autovalori e autovettori di una matrice quadrata

Autovalori e autovettori di una matrice quadrata Autovalori e autovettori di una matrice quadrata Data la matrice A M n (K, vogliamo stabilire se esistono valori di λ K tali che il sistema AX = λx ammetta soluzioni non nulle. Questo risulta evidentemente

Dettagli

NOTE DI ALGEBRA LINEARE v = a 1 v a n v n, w = b 1 v b n v n

NOTE DI ALGEBRA LINEARE v = a 1 v a n v n, w = b 1 v b n v n NOTE DI ALGEBRA LINEARE 2- MM 9 NOVEMBRE 2 Combinazioni lineari e generatori Sia K un campo e V uno spazio vettoriale su K Siano v,, v n vettori in V Definizione Un vettore v V si dice combinazione lineare

Dettagli

Politecnico di Milano Corso di Analisi e Geometria 1. Federico Lastaria Formule di Taylor Ottobre 2012

Politecnico di Milano Corso di Analisi e Geometria 1. Federico Lastaria Formule di Taylor Ottobre 2012 Politecnico di Milano Corso di Analisi e Geometria 1 Federico Lastaria federico.lastaria@polimi.it Formule di Taylor Ottobre 2012 Indice 1 Formule di Taylor 1 1.1 Il polinomio di Taylor...............................

Dettagli

0.1 Spazi Euclidei in generale

0.1 Spazi Euclidei in generale 0.1. SPAZI EUCLIDEI IN GENERALE 1 0.1 Spazi Euclidei in generale Sia V uno spazio vettoriale definito su R. Diremo, estendendo una definizione data in precedenza, che V è uno spazio vettoriale euclideo

Dettagli

Massimo limite e minimo limite di una funzione

Massimo limite e minimo limite di una funzione Massimo limite e minimo limite di una funzione Sia f : A R una funzione, e sia p DA). Per ogni r > 0, l insieme ) E f p r) = { fx) x A I r p) \ {p} } è non vuoto; inoltre E f p r ) E f p r ) se 0 < r r.

Dettagli

Il problema della migliore approssimazione. Teorema 3.2 Il problema 3.1 ammette sempre almeno una soluzione.

Il problema della migliore approssimazione. Teorema 3.2 Il problema 3.1 ammette sempre almeno una soluzione. 3. Spazi di Hilbert Wir müssen wissen. Wir werden wissen. Noi abbiamo il dovere di conoscere. Alla fine conosceremo.) David Hilbert 1862-1943) Il problema della migliore approssimazione Problema 3.1 Migliore

Dettagli

1 PRELIMINARI 1.1 NOTAZIONI. denota l insieme vuoto. a A si legge a appartiene a A oppure a è elemento di A.

1 PRELIMINARI 1.1 NOTAZIONI. denota l insieme vuoto. a A si legge a appartiene a A oppure a è elemento di A. 1 PRELIMINARI 1.1 NOTAZIONI denota l insieme vuoto. a A si legge a appartiene a A oppure a è elemento di A. B A si legge B è un sottoinsieme di A e significa che ogni elemento di B è anche elemento di

Dettagli

Universita degli Studi di Roma Tor Vergata Facolta di Ingegneria: Elettronica. Corso di Geometria ed Algebra Docente F. Flamini

Universita degli Studi di Roma Tor Vergata Facolta di Ingegneria: Elettronica. Corso di Geometria ed Algebra Docente F. Flamini Universita degli Studi di Roma Tor Vergata Facolta di Ingegneria: Elettronica Corso di Geometria ed Algebra Docente F. Flamini Capitolo IV - 3: Teorema Spettrale degli operatori autoaggiunti e Teorema

Dettagli

Alcuni complementi di teoria dell integrazione.

Alcuni complementi di teoria dell integrazione. Alcuni complementi di teoria dell integrazione. In ciò che segue si suppone di avere uno spazio di misura (,, µ) 1 Sia f una funzione misurabile su un insieme di misura positiva tale che f 0. Se fdµ =

Dettagli

y + P(x) y + Q(x) y = 0 y(x) = c 1y 1(x) + c 2 y 2(x).

y + P(x) y + Q(x) y = 0 y(x) = c 1y 1(x) + c 2 y 2(x). Proposizione 4. Se y 1(x) e y (x) sono soluzioni linearmente indipendenti di y + P(x) y + Q(x) y = 0 ogni altra soluzione della stessa equazione si scrive nella forma per una scelta opportuna delle costanti

Dettagli

{Geometria per [Fisica e (Fisica e Astrofisica)]}

{Geometria per [Fisica e (Fisica e Astrofisica)]} {Geometria per [Fisica e (Fisica e Astrofisica)]} Foglio 9 - Soluzioni Esercizio (facoltativo) Un quadrato magico reale di ordine n è una matrice di M n n (R) tale che sommando gli elementi di ogni sua

Dettagli

Applicazioni lineari simmetriche e forme quadratiche reali.

Applicazioni lineari simmetriche e forme quadratiche reali. Applicazioni lineari simmetriche e forme quadratiche reali 1 Applicazioni lineari simmetriche Consideriamo lo spazio IR n col prodotto scalare canonico X Y = t XY = x 1 y 1 + + x n y n Definizione Un applicazione

Dettagli

non solo otteniamo il valore cercato per la validità della (1.4), ma anche che tale valore non dipende da

non solo otteniamo il valore cercato per la validità della (1.4), ma anche che tale valore non dipende da NOTE INTEGRATIVE PER IL CORSO DI ANALISI MATEMATICA 2 ANNO ACCADEMICO 2012/13 NOTE SULLA CONTINUITÀ UNIFORME D.BARTOLUCCI, D.GUIDO Sia f(x) = x 3, x [ 1, 1]. Si ha 1. La continuità uniforme x 3 y 3 = x

Dettagli

AM2: Tracce delle lezioni- IX Settimana INSIEMI DI LIVELLO, MINIMI VINCOLATI PRINCIPIO DEI MOLTIPLICATORI DI LAGRANGE

AM2: Tracce delle lezioni- IX Settimana INSIEMI DI LIVELLO, MINIMI VINCOLATI PRINCIPIO DEI MOLTIPLICATORI DI LAGRANGE AM2: Tracce delle lezioni- IX Settimana INSIEMI DI LIVELLO, MINIMI VINCOLATI PRINCIPIO DEI MOLTIPLICATORI DI LAGRANGE Sia g C 1 R 2 ), c R. L insieme γ = γ c := {x, y) R 2 : gx, y) = c} si chiama insieme

Dettagli

Rango di una matrice e teorema di Rouché-Capelli

Rango di una matrice e teorema di Rouché-Capelli Rango di una matrice e teorema di Rouché-Capelli Sappiamo che a una matrice m n, A, è associata l applicazione lineare L A : R n R m, L A (X) = AX, X R n. Definizione 1. Lo spazio nullo di A, N (A), è

Dettagli

Equazioni differenziali

Equazioni differenziali Equazioni differenziali Hynek Kovarik Università di Brescia Analisi Matematica 2 Hynek Kovarik (Università di Brescia) Equazioni differenziali Analisi Matematica 2 1 / 42 Equazioni differenziali Un equazione

Dettagli

Appunti sulle equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti del secondo ordine

Appunti sulle equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti del secondo ordine Appunti sulle equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti del secondo ordine A. Figà-Talamanca 22 maggio 2005 L equazione differenziale y + ay + by = 0, (1) dove a e b sono costanti, si chiama

Dettagli

Spazi vettoriali euclidei.

Spazi vettoriali euclidei. Spazi vettoriali euclidei Prodotto scalare, lunghezza e ortogonalità in R n Consideriamo lo spazio vettoriale R n = { =,,, n R}, n con la somma fra vettori e il prodotto di un vettore per uno scalare definiti

Dettagli

Analisi a più variabili: Integrale di Lebesgue

Analisi a più variabili: Integrale di Lebesgue Analisi a più variabili: Integrale di Lebesgue 1 Ripasso delle definizioni di Algebre, σ-algebre, misure additive, misure σ-additive, Proprietà della misura astratta, misura esterna. Definizione (Insieme

Dettagli

Parte 8. Prodotto scalare, teorema spettrale

Parte 8. Prodotto scalare, teorema spettrale Parte 8. Prodotto scalare, teorema spettrale A. Savo Appunti del Corso di Geometria 3-4 Indice delle sezioni Prodotto scalare in R n, Basi ortonormali, 4 3 Algoritmo di Gram-Schmidt, 7 4 Matrici ortogonali,

Dettagli

A =, c d. d = ad cb. c d A =

A =, c d. d = ad cb. c d A = Geometria e Algebra (II), 271112 1 Definizione D ora innanzi, al posto di dire matrice quadrata di tipo n n o matrice quadrata n n diremo matrice quadrata di ordine n o in breve matrice di ordine n Il

Dettagli

Analisi Matematica 2

Analisi Matematica 2 Analisi Matematica Appunti delle lezioni tenute dal Prof. A. Fonda Università di Trieste CdL Matematica a.a. 07/08 La derivata direzionale In questa sezione E sarà un sottoinsieme aperto di R N x 0 un

Dettagli

Limiti e continuità. Hynek Kovarik. Analisi A. Università di Brescia. Hynek Kovarik (Università di Brescia) Limiti e continuità Analisi A 1 / 68

Limiti e continuità. Hynek Kovarik. Analisi A. Università di Brescia. Hynek Kovarik (Università di Brescia) Limiti e continuità Analisi A 1 / 68 Limiti e continuità Hynek Kovarik Università di Brescia Analisi A Hynek Kovarik (Università di Brescia) Limiti e continuità Analisi A 1 / 68 Cenni di topologia La nozione di intorno Sia x 0 R e r > 0.

Dettagli

19 Marzo Equazioni differenziali.

19 Marzo Equazioni differenziali. 19 Marzo 2019 Equazioni differenziali. Definizione 1. Si chiama equazione differenziale una relazione che coinvolge una o più derivate di una funzione incognita y(x), la funzione stessa, funzioni di x

Dettagli

f(x) := lim f n (x) Se introduciamo la norma uniforme di una funzione f (sull insieme A) mediante := sup f(x)

f(x) := lim f n (x) Se introduciamo la norma uniforme di una funzione f (sull insieme A) mediante := sup f(x) Capitolo 2 Successioni e serie di funzioni 2. Convergenza puntuale e orme Supponiamo che sia un sottoinsieme di R N e supponiamo che per ogni intero n sia data una funzione f n : R M. Diremo in questo

Dettagli

I teoremi della funzione inversa e della funzione implicita

I teoremi della funzione inversa e della funzione implicita I teoremi della funzione inversa e della funzione implicita Appunti per il corso di Analisi Matematica 4 G. Mauceri Indice 1 Il teorema della funzione inversa 1 Il teorema della funzione implicita 3 1

Dettagli

Alcuni Teoremi sulle funzioni continue e uniforme continuità

Alcuni Teoremi sulle funzioni continue e uniforme continuità Alcuni Teoremi sulle funzioni continue e uniforme continuità Teorema 0. Una funzione f(x) è continua in x 0 se e solo se per ogni sucessione {x n } dom(f) con x n x 0 dom(f), risulta f(x n ) f(x 0 ). (Non

Dettagli

1 Teorema di Bolzano. Definition 1 Sia A un insieme limitato. scriveremo e = sup A, se:

1 Teorema di Bolzano. Definition 1 Sia A un insieme limitato. scriveremo e = sup A, se: Teorema di Bolzano Sia A un sottoinsime di R. Un numero k si dice maggiorante di A se a k per ogni a A; un insieme che ammette maggioranti si dice limitato superiormente. Un numero h si dice minorante

Dettagli

Riassumiamo le proprietà dei numeri reali da noi utilizzate nel corso di Geometria.

Riassumiamo le proprietà dei numeri reali da noi utilizzate nel corso di Geometria. Capitolo 2 Campi 2.1 Introduzione Studiamo ora i campi. Essi sono una generalizzazione dell insieme R dei numeri reali con le operazioni di addizione e di moltiplicazione. Nel secondo paragrafo ricordiamo

Dettagli

Il teorema di Stone Weierstrass

Il teorema di Stone Weierstrass APPENDICE B Il teorema di Stone Weierstrass Definizione B.1. Siano X un insieme non vuoto e A un sottospazio vettoriale dello spazio delle funzioni a valori reali (risp. complessi) su X. Si dice che A

Dettagli

Teorema di Hahn-Banach

Teorema di Hahn-Banach Teorema di Hahn-Banach Alessandra Albanese e Sara Lamboglia 12.03.2012 1 Teorema di Hahn-Banach Teorema 1.1 (Hahn-Banach). Se M é un sottospazio di uno spazio vettoriale normato X e f é un funzionale lineare

Dettagli

Successioni numeriche

Successioni numeriche Successioni numeriche Hynek Kovarik Università di Brescia Analisi Matematica 1 Hynek Kovarik (Università di Brescia) Successioni Analisi Matematica 1 1 / 48 Definizione Una successione a valori reali è

Dettagli

Equazioni differenziali del primo ordine: casi particolari e teorema di esistenza per il problema di Cauchy

Equazioni differenziali del primo ordine: casi particolari e teorema di esistenza per il problema di Cauchy Equazioni differenziali del primo ordine: casi particolari e teorema di esistenza per il problema di Cauchy 10 maggio 2010 Supponiamo che f(x, y) sia una funzione continua definita in un rettangolo del

Dettagli

SUGLI OPERATORI COMPATTI

SUGLI OPERATORI COMPATTI Alma Mater Studiorum Università di Bologna FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI Corso di Laurea in Matematica SUGLI OPERATORI COMPATTI Tesi di Laurea in Analisi Matematica Relatore: Chiar.mo

Dettagli

Cenni alle equazioni integrali

Cenni alle equazioni integrali Cenni alle equazioni integrali Elisa Francini e Sergio Vessella 1 Equazioni integrali Le equazioni integrali del primo tipo costituiscono un modello per i problemi inversi lineari. Prendiamole in considerazione

Dettagli

ANALISI UNO (A.A. 2008/2009, Docente: S. Finzi Vita) Programma svolto settimanalmente

ANALISI UNO (A.A. 2008/2009, Docente: S. Finzi Vita) Programma svolto settimanalmente ANALISI UNO (A.A. 2008/2009, Docente: S. Finzi Vita) Programma svolto settimanalmente 2-6 Marzo (8 ore) Gli assiomi dei numeri reali. Osservazioni sull assioma di continuità: altre formulazioni e loro

Dettagli

Corso di Laurea in Fisica. Geometria. a.a Prof. P. Piazza Soluzione compito a casa del 24/10/09

Corso di Laurea in Fisica. Geometria. a.a Prof. P. Piazza Soluzione compito a casa del 24/10/09 Corso di Laurea in Fisica. Geometria. a.a. 29-. Prof. P. Piazza Soluzione compito a casa del 24//9 Soluzione esercizio. Siano A e B due matrici simmetriche e λ un numero reale. Dobbiamo mostrare che anche

Dettagli

1 Successioni di funzioni

1 Successioni di funzioni Analisi Matematica 2 Successioni di funzioni CORSO DI STUDI IN SMID CORSO DI ANALISI MATEMATICA 2 CAPITOLO 6 SERIE DI POTENZE Supponiamo di associare ad ogni n N (rispettivamente ad ogni n p, per qualche

Dettagli

ANALISI MATEMATICA A SECONDO MODULO SOLUZIONI DEGLI ESERCIZI DELLA SETTIMANA 15. x 2 i

ANALISI MATEMATICA A SECONDO MODULO SOLUZIONI DEGLI ESERCIZI DELLA SETTIMANA 15. x 2 i ANALISI MATEMATICA A SECONDO MODULO SOLUZIONI DEGLI ESERCIZI DELLA SETTIMANA 15 (1) (Es 9 pag 117) Se per ogni x R n ( x := x 2 i ) 1/2 verificate che per ogni x, y R n vale la seguente legge del parallelogramma:

Dettagli

Riassumiamo le proprietà dei numeri reali da noi utilizzate nel corso di Geometria.

Riassumiamo le proprietà dei numeri reali da noi utilizzate nel corso di Geometria. Capitolo 2 Campi 2.1 Introduzione Studiamo ora i campi. Essi sono una generalizzazione dell insieme R dei numeri reali con le operazioni di addizione e di moltiplicazione. Nel secondo paragrafo ricordiamo

Dettagli

Massimo e minimo limite di successioni

Massimo e minimo limite di successioni Massimo e minimo limite di successioni 1 Premesse Definizione 1.1. Definiamo R esteso l insieme R = R { } {+ }. In R si estende l ordinamento tra numeri reali ponendo < a < +, a R. In base a tale definizione,

Dettagli

In questo capitolo si introducono gli spazi di Banach e di Hilbert, gli operatori lineari e loro spettro.

In questo capitolo si introducono gli spazi di Banach e di Hilbert, gli operatori lineari e loro spettro. Capitolo 1 Spazi di Banach e di Hilbert In questo capitolo si introducono gli spazi di Banach e di Hilbert, gli operatori lineari e loro spettro. 1.1 Spazi di Banach Consideriamo noto il concetto di spazio

Dettagli

26 - Funzioni di più Variabili Limiti e Derivate

26 - Funzioni di più Variabili Limiti e Derivate Università degli Studi di Palermo Facoltà di Economia CdS Statistica per l Analisi dei Dati Appunti del corso di Matematica 26 - Funzioni di più Variabili Limiti e Derivate Anno Accademico 2013/2014 M.

Dettagli

Esonero di Analisi Matematica II (A)

Esonero di Analisi Matematica II (A) Esonero di Analisi Matematica II (A) Ingegneria Edile, 8 aprile 3. Studiare la convergenza del seguente integrale improprio: + x log 3 x (x ) 3 dx.. Studiare la convergenza puntuale ed uniforme della seguente

Dettagli

Analisi II, a.a Soluzioni 1. j j + 1 ; ( 1)j

Analisi II, a.a Soluzioni 1. j j + 1 ; ( 1)j Analisi II, a.a. 7-8 Soluzioni Calcolare le seguenti distanze e norme: (i d (x, y dove x = {x j } e y = {y j } sono le successioni di l definite da x j = ( j, y j = j/(j + ; (ii d (f, g dove f, g sono

Dettagli

USO DELL ORTOGONALITÀ E DELLE UNITÀ APPROSSIMANTI

USO DELL ORTOGONALITÀ E DELLE UNITÀ APPROSSIMANTI 1. C INFINITO CI 1 USO ELL ORTOGONALITÀ E ELLE UNITÀ APPROSSIMANTI Umberto Marconi ipartimento di Matematica Pura e Applicata Padova 1 C infinito ci Consideriamo la funzione reale di variabile reale: {

Dettagli

Equivalentemente, le colonne di A sono linearmente indipendenti se e solo se

Equivalentemente, le colonne di A sono linearmente indipendenti se e solo se Lezioni di Algebra Lineare. Versione novembre 2008 VI. Il determinante Il determinante det A di una matrice A, reale e quadrata, è un numero reale associato ad A. Dunque det è una funzione dall insieme

Dettagli

Analisi di Fourier e alcune equazioni della fisica matematica 1. TERZA LEZIONE Serie di funzioni Serie di potenze

Analisi di Fourier e alcune equazioni della fisica matematica 1. TERZA LEZIONE Serie di funzioni Serie di potenze Analisi di Fourier e alcune equazioni della fisica matematica 1 TERZA LEZIONE Serie di funzioni Serie di potenze 1 prof. Claudio Saccon, Dipartimento di Matematica Applicata, Via F. Buonarroti 1/C email:

Dettagli

5.3 Alcune classi di funzioni integrabili

5.3 Alcune classi di funzioni integrabili 3. Si verifichi che per ogni f, g : [a, b] R si ha f g = g + (f g) 0, f g = f + g f g; dedurne che se f, g R(a, b) allora f g, f g R(a, b). [Traccia: si osservi che basta verificare che f 0 R(a, b), e

Dettagli

SPAZI COMPATTI. Proposizione 2 Sia (X, d) uno spazio metrico. Se esso è sequenzialmente compatto allora è completo.

SPAZI COMPATTI. Proposizione 2 Sia (X, d) uno spazio metrico. Se esso è sequenzialmente compatto allora è completo. SPAZI COMPATTI D ora in poi tutti gli spazi topologici sono di Hausdorff. Definizione 1 Uno spazio topologico (X, τ) si dice sequenzialmente compatto, o compatto per successioni, se ogni successione di

Dettagli

Il teorema di dualità forte

Il teorema di dualità forte Complementi di Algoritmi e Strutture Dati Il teorema di dualità forte Docente: Nicolò Cesa-Bianchi versione 13 maggio 2018 Ricordiamo la formulazione del problema di programmazione lineare nella sua forma

Dettagli

Prova scritta di Geometria 1 Docente: Giovanni Cerulli Irelli 20 Gennaio 2017

Prova scritta di Geometria 1 Docente: Giovanni Cerulli Irelli 20 Gennaio 2017 Prova scritta di Geometria Docente: Giovanni Cerulli Irelli Gennaio 7 Esercizio. Si considerino i seguenti tre punti dello spazio euclideo: P :=, Q :=, R :=.. Dimostrare che P, Q ed R non sono collineari.

Dettagli

Esistenza ed unicità per equazioni differenziali

Esistenza ed unicità per equazioni differenziali Esistenza ed unicità per equazioni differenziali Per concludere queste lezioni sulle equazioni differenziali vogliamo dimostrare il teorema esistenza ed unicità per il problema di Cauchy. Faremo la dimostrazione

Dettagli

Funzioni continue. Hynek Kovarik. Università di Brescia. Analisi Matematica 1

Funzioni continue. Hynek Kovarik. Università di Brescia. Analisi Matematica 1 Funzioni continue Hynek Kovarik Università di Brescia Analisi Matematica 1 Hynek Kovarik (Università di Brescia) Funzioni continue Analisi Matematica 1 1 / 44 Funzioni continue Definizione Siano f : A

Dettagli

E, la successione di numeri {f n (x 0. n f n(x) (15.1)

E, la successione di numeri {f n (x 0. n f n(x) (15.1) Capitolo 15 15.1 Successioni e serie di funzioni Sia {f n } una successione di funzioni, tutte definite in un certo insieme E dello spazio R n ; si dice che essa è convergente nell insieme E se, comunque

Dettagli

Serie e Trasformata di Fourier

Serie e Trasformata di Fourier Serie e Trasformata di Fourier Corso di Analisi Funzionale Prof. Paolo Nistri Cancelli, D Angelo, Giannetti Polinomio di Fourier Si consideri la successione costituita dalle restrizioni delle funzioni

Dettagli

Calcolo integrale. Regole di integrazione

Calcolo integrale. Regole di integrazione Calcolo integrale Linearità dell integrale Integrazione per parti Integrazione per sostituzione Integrazione di funzioni razionali 2 2006 Politecnico di Torino Proprietà Siano e funzioni integrabili su

Dettagli

IL TEOREMA DEGLI ZERI Una dimostrazione di Ezio Fornero

IL TEOREMA DEGLI ZERI Una dimostrazione di Ezio Fornero IL TEOREMA DEGLI ZERI Una dimostrazione di Ezio Fornero Il teorema degli zeri è fondamentale per determinare se una funzione continua in un intervallo chiuso [ a ; b ] si annulla in almeno un punto interno

Dettagli

Corso di Elementi di Analisi Funzionale e Trasformate A.A. 2016/2017 Domande-tipo di teoria sulla prima metà del corso

Corso di Elementi di Analisi Funzionale e Trasformate A.A. 2016/2017 Domande-tipo di teoria sulla prima metà del corso Corso di Elementi di Analisi Funzionale e Trasformate A.A. 2016/2017 Domande-tipo di teoria sulla prima metà del corso Marco Bramanti Politecnico di Milano April 20, 2017 Cap. 1. Elementi di analisi funzionale

Dettagli

Indice. Introduzione 3

Indice. Introduzione 3 Indice Introduzione 3 1 Problemi al contorno per l operatore di Laplace 4 1.1 Impostazione dei principali problemi al contorno........ 4 1.2 Formule di reen......................... 8 1.3 Principio del

Dettagli

METODI MATEMATICI PER LA FISICA

METODI MATEMATICI PER LA FISICA METODI MATEMATICI PER LA FISICA SECONDO ESONERO - 6 GIUGNO 7 Si risolvano cortesemente i seguenti problemi PRIMO PROBLEMA (PUNTEGGIO: 3/3) Facendo uso delle proprietà della matrici di Pauli, si calcoli

Dettagli

3. Successioni di insiemi.

3. Successioni di insiemi. 3. Successioni di insiemi. Per evitare incongruenze supponiamo, in questo capitolo, che tutti gli insiemi considerati siano sottoinsiemi di un dato insieme S (l insieme ambiente ). Quando occorrerà considerare

Dettagli

Generalizzazioni del Teorema di Weierstrass

Generalizzazioni del Teorema di Weierstrass Capitolo 2 Generalizzazioni del Teorema di Weierstrass Il principale riferimento bibliografico per questa lezione è il testo di Checcucci, Tognoli, Vesentini [1]. Introduzione Supponiamo che X = R n. È

Dettagli

Modelli e Metodi Matematici della Fisica. S2/AC

Modelli e Metodi Matematici della Fisica. S2/AC Modelli e Metodi Matematici della Fisica. S/AC Filippo Cesi 010 11 Nome Cognome Devo verbalizzare questo esame come (fare una croce): 1 CFU (AA 010-11) 6 CFU (solo anal. funzionale) 6 CFU (solo anal. complessa)

Dettagli

Definizione 1.1. Dato un insieme non vuoto X, si dice distanza una funzione d : X X R tale che

Definizione 1.1. Dato un insieme non vuoto X, si dice distanza una funzione d : X X R tale che 1 Spazi metrici Definizione 1.1. Dato un insieme non vuoto X, si dice distanza una funzione d : X X R tale che 1) d(x, y) 0, x, y X; d(x, y) = 0 x = y, ) d(x, y) = d(y, x), x, y X, 3) d(x, z) d(x, y) +

Dettagli

SERIE NUMERICHE FAUSTO FERRARI

SERIE NUMERICHE FAUSTO FERRARI SERIE NUMERICHE FAUSTO FERRARI Materiale propedeutico alle lezioni di Complementi di Analisi Matematica ed Elementi di Calcolo delle probabilità per il corso di Laurea in Ingegneria per la parte di Elementi

Dettagli

Tracce di soluzioni di alcuni esercizi di matematica 1 - gruppo 76-93

Tracce di soluzioni di alcuni esercizi di matematica 1 - gruppo 76-93 Tracce di soluzioni di alcuni esercizi di matematica 1 - gruppo 76-93 5. Funzioni continue Soluzione dell Esercizio 76. Osserviamo che possiamo scrivere p() = n (a n + u()) e q() = m (b m + v()) con lim

Dettagli

1 Addendum su Diagonalizzazione

1 Addendum su Diagonalizzazione Addendum su Diagonalizzazione Vedere le dispense per le definizioni di autovettorre, autovalore e di trasformazione lineare (o matrice) diagonalizzabile. In particolare, si ricorda che una condizione necessaria

Dettagli

Equazioni differenziali

Equazioni differenziali Equazioni differenziali Generalità sulle equazioni differenziali ordinarie del primo ordine Si chiama equazione differenziale ordinaria[ ] del primo ordine un equazione nella quale compare y = y e la sua

Dettagli

ANALISI MATEMATICA 4. Prova scritta del 24 gennaio 2013

ANALISI MATEMATICA 4. Prova scritta del 24 gennaio 2013 Prova scritta del 24 gennaio 2013 Esercizio 1. Sia Ω R 3 un insieme misurabile secondo Lebesgue e di misura finita. Sia {f n } n N una successione di funzioni f n : Ω R misurabili e tali che 1) f n (x)

Dettagli

25 - Funzioni di più Variabili Introduzione

25 - Funzioni di più Variabili Introduzione Università degli Studi di Palermo Facoltà di Economia CdS Statistica per l Analisi dei Dati Appunti del corso di Matematica 25 - Funzioni di più Variabili Introduzione Anno Accademico 2013/2014 M. Tumminello

Dettagli

p(ϕ) = a 0 Id + a 1 ϕ + + a n ϕ n,

p(ϕ) = a 0 Id + a 1 ϕ + + a n ϕ n, 1. Autospazi e autospazi generalizzati Sia ϕ: V V un endomorfismo. Allora l assegnazione x ϕ induce un morfismo di anelli ρ: K[x] End K (V ). Più esplicitamente, al polinomio p dato da viene associato

Dettagli

Spazi di Banach classici

Spazi di Banach classici Spazi di Banach classici 1. Gli spazi L p ([, 1]) Le funzioni misurabili su [, 1] costituiscono uno spazio vettoriale V. Definizione 1.1. Due funzioni f, g V si dicono uguali quasi ovunque se esiste N

Dettagli

6.2 Problema generale di approssimazione

6.2 Problema generale di approssimazione 6.2 Problema generale di approssimazione 313 Esercizio 6.16 Dati (m + 1)(n + 1) valori f i,j, per i = 1, 2,...,m + 1 e j = 1, 2,...,n + 1, posto X m,i (x) := Y n,i (y) := m+1 k=1, k i n+1 k=1, k i x x

Dettagli

Si dimostri che la (*) possiede un unica soluzione (u n ) limitata.

Si dimostri che la (*) possiede un unica soluzione (u n ) limitata. Scuola Normale Superiore, ammissione al IV anno del corso ordinario Prova scritta di Analisi Matematica per Fisica, Informatica, Matematica 26 Agosto 2 Esercizio. Siano (a n ) e (b n ) successioni di numeri

Dettagli

Principali differenze tra la ristampa 2014 e l edizione 2008

Principali differenze tra la ristampa 2014 e l edizione 2008 Principali differenze tra la ristampa 214 e l edizione 28 Di seguito sono riportate le principali modifiche apportate al testo dell edizione 28 con la ristampa riveduta e corretta del 214. Si avverte il

Dettagli

Esercizi del Corso di Istituzioni di Analisi Superiore, I modulo

Esercizi del Corso di Istituzioni di Analisi Superiore, I modulo sercizi del Corso di Istituzioni di Analisi Superiore, I modulo 1. sercizi su massimo e minimo limite 1. lim inf a n lim sup a n 2. Se a n b n per ogni n N, allora lim inf a n lim inf b n. Vale anche lim

Dettagli

CLASSE LIMITE DI UNA SUCCESSIONE DI NUMERI REALI C. MADERNA, G. MOLTENI, M. VIGNATI

CLASSE LIMITE DI UNA SUCCESSIONE DI NUMERI REALI C. MADERNA, G. MOLTENI, M. VIGNATI CLASSE LIMITE DI UNA SUCCESSIONE DI NUMERI REALI C. MADERNA, G. MOLTENI, M. VIGNATI Consideriamo l insieme R = R {, + } ottenuto aggiungendo all insieme dei numeri reali i simboli e +. Introduciamo in

Dettagli

APPUNTI SULLA DIAGONALIZZAZIONE Corso Prof. F.Podestà, a.a

APPUNTI SULLA DIAGONALIZZAZIONE Corso Prof. F.Podestà, a.a APPUNTI SULLA DIAGONALIZZAZIONE Corso Prof FPodestà, aa 003-004 Sia V uno spazio vettoriale e sia f : V V una applicazione lineare una tale applicazione da uno spazio vettoriale in se stesso è chiamata

Dettagli

11. Misure con segno.

11. Misure con segno. 11. Misure con segno. 11.1. Misure con segno. Sia Ω un insieme non vuoto e sia A una σ-algebra in Ω. Definizione 11.1.1. (Misura con segno). Si chiama misura con segno su A ogni funzione ϕ : A R verificante

Dettagli

CORSO DI ANALISI MATEMATICA 2 SOLUZIONI ESERCIZI PROPOSTI 18/03/2013

CORSO DI ANALISI MATEMATICA 2 SOLUZIONI ESERCIZI PROPOSTI 18/03/2013 CORSO DI ANALISI MATEMATICA SOLUZIONI ESERCIZI PROPOSTI 8/03/03 D.BARTOLUCCI, D.GUIDO. La continuità uniforme I ESERCIZIO: Dimostrare che la funzione f(x) = x 3, x A = (, ] non è uniformemente continua

Dettagli

Analisi Matematica I

Analisi Matematica I Università degli Studi di Genova Facoltà di Ingegneria - Polo di Savona via Cadorna 7-7 Savona Tel. +39 9 264555 - Fax +39 9 264558 Analisi Matematica I Testi d esame e Prove parziali Analisi Matematica

Dettagli

Topologia, continuità, limiti in R n

Topologia, continuità, limiti in R n Topologia, continuità, limiti in R n Ultimo aggiornamento: 18 febbraio 2017 1. Preliminari Prima di iniziare lo studio delle funzioni di più variabili, in generale funzioni di k variabili e a valori in

Dettagli

Federica Gregorio e Cristian Tacelli

Federica Gregorio e Cristian Tacelli 1 Sistemi lineari Federica Gregorio e Cristian Tacelli Un sistema lineare m n (m equazioni in n incognite) è un insieme di equazioni lineari che devono essere soddisfatte contemporaneamente a 11 x 1 +

Dettagli

Funzione derivabile. La derivata.

Funzione derivabile. La derivata. Funzione derivabile. La derivata. Dati: f I R funzione; I R intervallo aperto ; x 0 I. Definizione (Derivata come limite del rapporto incrementale) Se esiste finito (cioè, non + o ) il limite del rapporto

Dettagli

Capitolo IV SPAZI VETTORIALI EUCLIDEI

Capitolo IV SPAZI VETTORIALI EUCLIDEI Capitolo IV SPAZI VETTORIALI EUCLIDEI È ben noto che in VO 3 si possono considerare strutture più ricche di quella di spazio vettoriale; si pensi in particolare all operazioni di prodotto scalare di vettori.

Dettagli

Equazioni differenziali Problema di Cauchy

Equazioni differenziali Problema di Cauchy Equazioni differenziali Problema di Cauch Primo esempio - Risolvere l equazione '( ) = g( ) con g( ) :[ a, b] R continua Teor. fondamentale del calcolo integrale ( ) = + g ( t )dt Primo esempio - Osserviamo

Dettagli

I. Foglio di esercizi su vettori linearmente dipendenti e linearmente indipendenti. , v 2 = α v 1 + β v 2 + γ v 3. α v 1 + β v 2 + γ v 3 = 0. + γ.

I. Foglio di esercizi su vettori linearmente dipendenti e linearmente indipendenti. , v 2 = α v 1 + β v 2 + γ v 3. α v 1 + β v 2 + γ v 3 = 0. + γ. ESERCIZI SVOLTI DI ALGEBRA LINEARE (Sono svolti alcune degli esercizi proposti nei fogli di esercizi su vettori linearmente dipendenti e vettori linearmente indipendenti e su sistemi lineari ) I. Foglio

Dettagli

Spazi di Funzioni. Docente:Alessandra Cutrì. A. Cutrì e Metodi Matematici per l ingegneria Ing. Gestionale

Spazi di Funzioni. Docente:Alessandra Cutrì. A. Cutrì e Metodi Matematici per l ingegneria Ing. Gestionale Spazi di Funzioni Docente:Alessandra Cutrì Spazi vettoriali normati Uno spazio Vettoriale V si dice NORMATO se è definita su V una norma, cioè una funzione che verifica: v 0 e v = 0 v = 0 λv = λ v λ R(o

Dettagli

Corso di Calcolo Numerico

Corso di Calcolo Numerico Corso di Laurea in Ingegneria Gestionale Sede di Fermo Corso di 8 - METODI ITERATIVI PER I SISTEMI LINEARI Norme Una norma in R n è una funzione. : R n R tale che x 0 x R n ; x = 0 x = 0; αx = α x ; x

Dettagli

Esercizio 2. Consideriamo adesso lo spazio di funzioni V = {f : [0, 1] R}. Dire quali dei seguenti insiemi di funzioni sono sottospazi.

Esercizio 2. Consideriamo adesso lo spazio di funzioni V = {f : [0, 1] R}. Dire quali dei seguenti insiemi di funzioni sono sottospazi. 1 Esercizi 1.1 Spazi vettoriali Studiare gli insiemi definiti di seguito, e verificare quali sono spazi vettoriali e quali no. Per quelli che non lo sono, dire quali assiomi sono violati. x 1, x 2, x 3

Dettagli

Si noti che questa definizione dice esattamente che

Si noti che questa definizione dice esattamente che DISUGUAGLIANZA INTEGRALE DI JENSEN IN DIMENSIONE FINITA LIBOR VESELY integrazione. Prima disuguaglianza integrale di Jensen.. Motivazione. Siano un insieme convesso in uno spazio vettoriale, f : (, + ]

Dettagli

20. Prodotto di spazi di misura. I teoremi di Tonelli e di Fubini.

20. Prodotto di spazi di misura. I teoremi di Tonelli e di Fubini. 20. Prodotto di spazi di misura. I teoremi di Tonelli e di Fubini. 20.1. Prodotto di σ-algebre. Definizione 20.1.1. (σ-algebra prodotto. Dati n spazi misurabili (Ω 1, A 1,..., (Ω n, A n, si chiama σ-algebra

Dettagli

(ln 5)i 1 i. (c) (d) Scriviamo il numero complesso assegnato in forma algebrica:

(ln 5)i 1 i. (c) (d) Scriviamo il numero complesso assegnato in forma algebrica: Primo parziale Test. L argomento principale del numero complesso (ln 5)i i è (a) 4 π (b) (c) (d) Scriviamo il numero complesso assegnato in forma algebrica: Risposta esatta a) ln 5 i i = ln 5 i( + i) i

Dettagli

Equazioni Differenziali (4)

Equazioni Differenziali (4) Equazioni Differenziali (4) Esercizio 1 Risolvere il problema di Cauchy y = e y x + y x, y(1) = 1. Esercizio 2 Risolvere il problema di Cauchy y = 2y 1 x 2 + 1 x, y(0) = 0. Esercizio 3 Risolvere il problema

Dettagli