Corso di Matematica per la Chimica. Dott.ssa Maria Carmela De Bonis a.a
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- Raffaele Marchi
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1 Dott.ssa Maria Carmela De Bonis a.a
2 Spazio dei vettori Il primo oggetto matematico che definiamo sarà il vettore. Partendo dai numeri reali come rappresentazione dei punti della retta reale R, possiamo definire i vettori come rappresentazione dei punti del piano R 2 o dello spazio R 3. Abbiamo esperienza dalla vita di tutti i giorni dei concetti di velocità, di gravità, di forza. Ognuna di queste grandezze può essere identificata da una intensità, una direzione e un verso, in altre parole un vettore è rappresentato da un segmento orientato la cui lunghezza è la sua intensità. Un applicazione di tipo economico può essere quella che identifica lo stato economico di un paese con un vettore con tante componenti quante sono le variabili di interesse (PIL, inflazione, tasso ufficiale di sconto, ecc. ecc.).
3 Una definizione più astratta e analitica è quella che identifica i vettori come elementi dell insieme R n ottenuto come prodotto cartesiano di n insiemi R R n = R R R }{{}. n volte Pertanto, indicheremo con R n lo spazio dei vettori con n componenti e indicheremo il generico vettore u R n con u 1 u 2 u =.. u n Un vettore è quindi identificato dall insieme (ordinato) dei suoi elementi (o componenti).
4 Due vettori sono uguali se hanno lo stesso numero di componenti e se le componenti di uguale posto coincidono. Dati u, v R n scriviamo quindi u = v se u i = v i, i = 1,..., n. Se, per qualche i succede che u i v i allora i due vettori saranno diversi e scriveremo u v. Definiamo ora alcune operazioni elementari che ci permetteranno di lavorare con i vettori.
5 Somma La somma tra due vettori è la prima operazione che viene introdotta e può essere vista come un applicazione che associa a una coppia di elementi di R n un terzo elemento di R n ottenuto sommando tutte le componenti di uguale posto: + : R n R n R n (u, v) w
6 Definizione Presi due qualsiasi vettori u e v R n definiamo il vettore w = u + v R n come o, in notazione estesa, u 1 u 2 w = u + v =. + u n w i = u i + v i, i = 1,..., n, v 1 v 2. v n = u 1 + v 1 u 2 + v 2. u n + v n = w 1 w 2. w n. Questa definizione di somma corrisponde esattamente alla regola di somma geometrica dei vettori nota come regola del parallelogramma.
7 L operazione di somma soddisfa le seguenti proprietà: s1 Associatività: (u + v) + w = u + (v + w), u, v, w R n s2 Commutatività: u + v = v + u, u, v R n s3 Esistenza dell elemento neutro:! 0 R n u R n : u + 0 = 0 + u Il vettore 0 è il vettore che ha tutti gli elementi pari a 0 s4 Esistenza dell elemento opposto: u R n! ( u) R n u + ( u) = ( u) + u = 0.
8 Prodotto per scalare Un altra operazione fondamentale per lavorare con i vettori è il prodotto per scalare, ossia la moltiplicazione di un numero reale (uno scalare) per un vettore. : R R n R n (α, u) w Questa operazione si effettua moltiplicando per lo scalare tutte le componenti del vettore.
9 Definizione Preso un qualsiasi vettore u R n e un qualsiasi scalare α R definiamo il vettore w = αu R n come o, in notazione estesa: w = αu = α w i = αu i, i = 1,..., n, u 1 u 2. u n = αu 1 αu 2. αu n = w 1 w 2. w n. Questa definizione di prodotto per scalare corrisponde geometricamente all espansione (o alla contrazione se α < 1) dell ampiezza di un vettore. Se α < 0 allora cambierà anche il verso del vettore.
10 Le proprietà del prodotto per scalare sono: p1 Associatività: α(βu) = (αβ)u = αβu, α, β R, u R n p2 Commutatività: αu = uα, α R, u R n p3 Esistenza dell elemento neutro:!1 R u R n : 1 u = u p4 Costruzione dell elemento opposto: u R n!( 1) R ( 1)u + u = u + u = 0
11 p5 Distributività rispetto alla somma tra scalari: (α + β)u = αu + βu, α, β R, u R n p6 Distributività rispetto alla somma tra vettori: α(u + v) = αu + αv, α R, u, v R n.
12 Combinazioni lineari Con le operazioni appena definite sullo spazio vettoriale R n, somma tra vettori e prodotto per scalari, possiamo costruire l operazione fondamentale che si effettua negli spazi vettoriali, la combinazione lineare. Presi due qualsiasi vettori u, v R n e due qualsiasi scalari α, β R, il vettore w = αu + βv si dice combinazione lineare di u e v con coeffcienti α e β. Questa definizione può essere facilmente generalizzata a k vettori con k diversi coefficienti.
13 Definizione Presi k vettori qualsiasi u i R n, i = 1,..., k, e k numeri qualsiasi α i R, i = 1,..., k, definiamo combinazione lineare di u i con coefficienti α i il vettore v = k α i u i = α 1 u α k u k. i=1
14 Lo spazio R n è chiuso rispetto alle operazioni di somma e prodotto per scalare, ossia all operazione di combinazione lineare. Questo significa che presi dei vettori di R n ed effettuando con essi delle combinazioni lineari, il vettore risultante appartiene ancora a R n. Tale proprietà è una diretta conseguenza delle definizioni delle operazioni di somma e prodotto per scalare, infatti, se u, v R n e α, β R allora w 1 = αu R n, w 2 = βv R n e w 1 + w 2 R n, per cui αu + βv R n.
15 Attraverso le combinazioni lineari è possibile costruire particolari sottoinsiemi dello spazio vettoriale. Ad esempio lo spazio generato da un vettore: Dato un qualsiasi vettore u R n possiamo generare un sottoinsieme proprio di R n considerando tutti i vettori che siano multipli di u: C(u) = {w R n α R : αu R n } Dal punto di vista geometrico l insieme C(u) è costituito da tutti i vettori paralleli a u. A questo punto è abbastanza naturale chiedersi se un vettore può sempre essere ottenuto come combinazione lineare di altri vettori. La risposta è nella definizione di indipendenza lineare.
16 Definizione Dati k vettori u i R n, i = 1,..., k, essi si dicono linearmente indipendenti se non esiste nessun insieme di k numeri α i R, i = 1,..., k, tale che k α i u i = 0 i=1 a meno che non sia α i = 0, i = 1,..., k. In altri termini, k vettori si dicono linearmente indipendenti se non esiste nessuna combinazione lineare di essi (a coefficienti non tutti nulli) che dia come risultato il vettore nullo.
17 Se k vettori non sono linearmente indipendenti, ossia se è possibile costruirne una combinazione lineare (a coefficienti non tutti nulli) che dia come risultato il vettore nullo, allora si dicono linearmente dipendenti. Questo implica che è possibile esprimere un vettore come combinazione lineare degli altri k 1. Infatti, considerando per esempio solo tre vettori, u, v e w, se esistono tre numeri α, β and γ tali che αu + βv + γw = 0 u = β α v γ α w. Avendo supposto α 0, abbiamo potuto esprimere u in funzione degli altri vettori, ma, ovviamente, avremmo potuto esprimere qualsiasi vettore in funzione degli altri non appena il suo coeffciente nella combinazione lineare fosse stato diverso da zero.
18 Questo semplice risultato implica che: se k vettori sono linearmente indipendenti, non c è nessun modo di ottenerne uno qualsiasi come combinazione lineare dei restanti.
19 Rango di un insieme di vettori Una definizione che si basa sul concetto di indipendenza lineare e che ci tornerà utile nel seguito è quella di rango. Definizione Dato un insieme qualsiasi di vettori di R n, V = {u 1, u 2,..., u n } definiamo rango di V e scriveremo ν(v) il numero massimo di vettori linearmente indipendenti appartenenti a V.
20 Esercizi Verificare che i vettori 1 v = 2 1, u = sono linearmente indipendenti. Verificare che i vettori 0 v = 2, u = , w =, w = sono linearmente dipendenti. Determinare una terna (a, b, c) con a, b, c non tutti nulli, tale che av + bu + cw = 0. Determinare il rango dell insieme V = {v, u, w}.
21 Esercizi Determinare per quali valori del parametro k i vettori v = 2 2, u = 1 3, w = 7 k 6 sono linearmente dipendenti. Studiare la dipendenza o indipendenza lineare dei vettori v = 3, u = 1, w = Determinare il rango dell insieme V = {v, u, w}. Determinare per quali valori del parametro k i vettori v = 1, u = 2, w = k + 4 sono linearmente dipendenti.
22 Spazi vettoriali L insieme dei vettori di R n dotato delle operazioni di somma e prodotto per scalare che abbiamo definito, viene anche chiamato spazio vettoriale. Visto che su molti insiemi di elementi diversi dai vettori è possibile introdurre le due operazioni matematiche di somma e prodotto per scalare verificando le relative proprietà s1-s4 e p1-p6, rispettivamente, è possibile estendere il concetto di spazio di vettori anche nel caso di elementi astratti (ossia che non siano vettori geometrici di R n ). Tali spazi vengono chiamati spazi vettoriali. Dunque, la struttura matematica di spazio vettoriale deriva dalle operazioni che definiamo sugli elementi piuttosto che dagli elementi in se che formano lo spazio.
23 Spazi vettoriali Definizione Dato un generico insieme di elementi V diciamo che forma uno spazio vettoriale se in esso è possibile definire due operazioni: la somma + : V V V che associa a due elementi di V un altro elemento di V verificando le proprietà s1-s4; un prodotto per scalare : R V V che associa a un elemento di V e a un elemento di R un elemento di V verificando le proprietà p1-p6.
24 Abbiamo già visto come lo spazio vettoriale R n sia chiuso rispetto alle operazioni di somma e prodotto per scalare e, in generale, rispetto alle combinazioni lineari. Questa è la caratteristica fondamentale che deve avere ogni spazio vettoriale: V è uno spazio vettoriale se presi k elementi qualsiasi v i, i = 1,..., k, di V e k numeri qualsiasi α i, i = 1,..., k, di R, la combinazione lineare dei k vettori con i k coefficienti continua ad appartenere a V: k α i v i V. i=1 In altre parole è fondamentale che le combinazioni lineari definite su un certo insieme di elementi V siano tali da ottenere come risultato nuovi elementi ma sempre appartenenti all insieme di partenza.
25 A partire da un generico spazio vettoriale V useremo la nozione di combinazione lineare per definire i sottospazi vettoriali. Definizione L insieme U V è detto sottospazio vettoriale di V se è chiuso rispetto alle operazioni di somma e prodotto per scalare, cioè, comunque presi k vettori u i, i = 1,..., k, di U ogni loro combinazione lineare dovrà continuare ad appartenere a U In particolare, il vettore nullo 0, dovrà per forza appartenere a U: infatti il vettore nullo è sempre ottenibile per mezzo di una combinazione lineare a coefficienti tutti nulli.
26 Definizione Dati k vettori u i, i = 1,..., k, di V, il sottospazio ottenuto attraverso tutte le possibili combinazioni lineari dei vettori u i viene indicato con { } k Span(u 1, u 2,..., u k ) = v = α i u i con α i R e viene detto sottospazio generato dai vettori u i ovvero span lineare dei vettori u i. i=1
27 Basi di vettori Definizione Un insieme ordinato di vettori {v 1, v 2,..., v n } è una base per lo spazio vettoriale V se sono linearmente indipendenti: Span(u 1, u 2,..., u k ) = V. Insiemi di vettori diversi possono essere una base per lo stesso spazio vettoriale. Tuttavia esistono delle basi privilegiate attraverso le quali è più semplice o immediato generare i vettori dello spazio.
28 In R n questa base è quella che si definisce canonica ed è formata dai seguenti vettori: e 1 = , e 2 = ,..., e n =
29 Utilizzando i vettori di questa base la generazione dei vettori di R n è banale, in quanto, dato un generico vettore u R n, ogni coefficiente reale che va moltiplicato per i vettori della base nella combinazione lineare che genera u, è pari alla componente di u presente nella coordinata corrispondente. In formule, u = u 1 u 2. u n 1 u n = u u u n
30 Dimensione di uno spazio vettoriale Il concetto di base è strettamente legato al concetto di dimensione di uno spazio vettoriale. Si ha infatti il seguente fondamentale teorema sulla dimensione degli spazi vettoriali Teorema Due basi diverse per uno stesso spazio vettoriale devono contenere lo stesso numero di vettori. Utilizzando questo teorema (di cui ometteremo la dimostrazione), e visto che la base canonica di R n è composta da n elementi possiamo affermare che ogni base di R n è composta da n vettori, e quindi che la dimensione dello spazio vettoriale è pari al numero di vettori di base.
31 Questo risultato è valido anche nel caso di spazi vettoriali astratti. Ossia possiamo introdurre la seguente: Definizione Dato lo spazio vettoriale V, definiamo dimensione di V come il numero massimo di vettori linearmente indipendenti che è possibile scegliere in V, e scriveremo dim(v) = n.
32 Unicità della decomposizione Data una qualsiasi base E = {u 1, u 2,..., u n } per uno spazio vettoriale V e dato un qualsiasi vettore v V la decomposizione di v rispetto alla base E è unica. Siano infatti α i, i = 1,..., n i coefficienti della decomposizione di : v = n α i u i. i=1 Se questa decomposizione non fosse unica, allora esisterebbero altri coefficienti β i, i = 1,..., n, tali che v = n β i u i. i=1
33 Allora, sottraendo queste due uguaglianze otterremo n (α i β i )u i = 0 i=1 e visto che i vettori u i sono linearmente indipendenti l unica possibilità perché questa uguaglianza sia verificata è che α i = β i, i = 1,..., n.
34 I valori α i, i = 1,..., n vengono detti coordinate di v rispetto alla base E. Solo nel caso in cui V = R n e E sia la base canonica allora c è una corrispondenza tra le coordinate spaziali di un vettore di R n e le coordinate rispetto alla base E.
35 Spazio vettoriale delle matrici Un importante spazio vettoriale è lo spazio delle matrici. Siano m ed n due interi positivi. Per matrice intendiamo una tabella rettangolare ordinata di numeri reali che chiamiamo elementi della matrice. Generalmente per indicare una matrice useremo una notazione del tipo a 1,1 a 1,2 a 1,n a 2,1 a 2,2 a 2,n A =... a m,1 a m,2 a m,n Ogni matrice è composta da righe e da colonne. Quella considerata ha m righe ed n colonne. In questo caso diciamo che la matrice A è di tipo (m, n), oppure, se gli elementi di A sono reali, che A R m n.
36 Definizioni Per i = 1,..., m e j = i,..., n, con a i,j denotiamo l elemento di A situato all intersezione della i-esima riga con la j-esima colonna e scriviamo A = (a i,j )i=1,...,m. j=1,...,n L indice i è detto indice di riga, mentre l indice j è detto indice di colonna. La matrice A si riduce ad un vettore riga quando m = 1 e ad un vettore colonna quando n = 1. Nel caso in cui m = n = 1, la matrice rappresenterà semplicemente un numero. Nel caso in cui m = n la matrice si dice quadrata o di ordine n e l insieme degli elementi (a 1,1, a 2,2,..., a n,n ) ne costituisce la diagonale principale.
37 Spesso conviene considerare la matrice A come tabella i cui elementi sono a loro volta sottomatrici della tabella iniziale di numeri. Per esempio A potrebbe venire rappresentata in una delle forme seguenti: A = (a 1, a 2,..., a n ), dove a j = a 1,j a 2,j. a m,j o A = b 1 b 2. b n, dove b i = (a i,1, a i,2,..., a i,n ).
38 Operazioni tra matrici L operazioni di somma è definita solo tra matrici dello stesso tipo. Se A = (a i,j )i=1,...,m e B = (b i,j )i=1,...,m sono due matrici di tipo (m, n) j=1,...,n j=1,...,n allora la matrice A + B è ancora di tipo (m, n) ed è così definita: A+B = (a i,j +b i,j )i=1,...,m j=1,...,n = a 1,1 + b 1,1 a 1,2 + b 1,2 a 1,n + b 1,n a 2,1 + b 2,1 a 2,2 + b 2,2 a 2,n + b 2,n.. a m,1 + b m,2 a m,2 + b m,2 a m,n + b m,n. L operazione di somma così definita soddisfa le proprietà s1-s4 con la matrice nulla 0 avente tutte le componenti nulle.
39 Definiamo ora l operazione prodotto per scalare. Dato un numero α R possiamo definire la nuova matrice αa: αa 1,1 αa 1,2 αa 1,n αa 2,1 αa 2,2 αa 2,n αa = (αa i,j )i=1,...,m j=1,...,n =... αa m,1 αa m,2 αa m,n L operazione prodotto per scalare soddisfa le proprietà p1-p6.
40 Prodotto tra matrici Sia A una matrice di tipo (m, p) e B una matrice di tipo (p, n), la matrice prodotto C = AB, C = (c i,j ), di tipo (m, n), è definita nel modo seguente: c i,j = p a i,k b k,j, i = 1,..., m, j = 1,..., n. k=1 Osserviamo che il prodotto è definito solamente quando il numero delle colonne di A è uguale al numero di righe di B. In generale, AB BA, cioè la proprietà commutativa del prodotto non è valida; anzi, il prodotto BA può non essere definito, o se lo è, può dare una matrice di tipo diverso.
41 Esercizi Calcolare la matrice C = AB dove: 1 A = B = A = B =
42 La matrice quadrata di ordine n I = è tale che IA = AI = A per ogni matrice A quadrata di ordine n. Essa viene chiamata matrice unità o identità.
43 Trasposta di una matrice Se A = (a i,j )i=1,...,m j=1,...,n matrice la trasposta di A, che denotiamo con A T, è la A T = (a j,i )i=1,...,m. j=1,...,n A T è, pertanto, la matrice di tipo (n, m) ottenuta scambiando tra di loro le righe e le colonne di A. Valgono le seguente proprietà: (A T ) T = A (λa) T = λa T, λ R (A ± B) T = A T ± B T (AB) T = B T A T
44 Da ora in poi, salvo avviso contrario, tratteremo esclusivamente matrici reali quadrate. Dunque, data una matrice quadrata A R n n, vediamo alcune definizioni.
45 Traccia di una matrice La traccia di A, che denotiamo con tr(a), è la somma degli elementi diagonali di A, ossia n tr(a) = a ii. i=1
46 Determinante di una matrice Il determinante di A, che denotiamo con det (A), è un numero reale che può essere calcolato usando la seguente regola: Regola di Laplace. Il determinante di una matrice quadrata A R n n soddisfa la seguente formula per un qualunque valore di i fissato nell insieme {1, 2,..., n} a 1,1 se n = 1 det(a) = n ( 1) i+j a i,j det(a i,j ) se n > 1 j=1 dove A i,j denota la sottomatrice di A di ordine n 1 ottenuta eliminando la i-esima riga e la j-esima colonna di A.
47 Proprietà del Determinante det (A) = det (A T ) det (λa) = λ n det (A), λ R det (AB) = det (A) det (B) se due righe o due colonne di una matrice sono uguali, il determinante è nullo lo scambio di due righe (o di due colonne) in una matrice provoca un cambiamento nel segno del determinante della stessa Se A è una matrice diagonale o triangolare risulta n det(a) = quando det(a) 0 i vettori colonna (riga) risultano linearmente indipendenti, e viceversa. Pertanto det(a) = 0 se e solo se i vettori colonna (riga) sono linearmente dipendenti, cioè se e solo se almeno una delle colonne (righe) può essere espressa come combinazione lineare delle altre. i=1 a i,i
48 Rango di una matrice Sia A una matrice di ordine n. Chiamiamo determinante di ordine p, con 1 p n, di A, il determinante di ogni matrice quadrata di ordine p ottenuta da A con la soppressione di n p righe e n p colonne. Il rango di A, che denotiamo con rank(a), è l ordine massimo dei determinati non nulli estratti da A. Quando det(a) 0 il rango è n. Se rank(a) = r, tra gli n vettori colonna (riga) di A solamente r di essi sono linearmente indipendenti. Il rango di una matrice coincide quindi con il numero di vettori colonna (riga) linearmente indipendenti.
49 Esercizi Calcolare il rango delle seguenti matrici: A 1 = A 2 = ( ( A 3 = ) )
50 4 5 A 4 = A 5 =
51 Proprietà delle matrici Definizione Una matrice A R n n si dice densa se la maggior parte dei suoi elementi è non nullo. Definizione Una matrice A R n n si dice sparsa se possiede un numero di elementi nulli almeno dell ordine di n. Osservazione Per memorizzare in un calcolatore una matrice sparsa (soprattutto se n è molto grande) è possibile utilizzare solo tre vettori della stessa lunghezza: uno per memorizzare gli elementi non nulli, uno per memorizzare i corrispondenti indici di riga ed uno per memorizzare i corrispondenti indici di colonna.
52 Matrici strutturate Definizione Una matrice si dice strutturata se i suoi elementi sono disposti secondo una regola nota. Vediamo alcuni esempi di matrici strutturate.
53 Matrici diagonali, tridiagonali e triangolari a 1, a , , 0 0 a n,n diagonale a 1,1 a 1, a 2,1 a 2,2 a , an 1,n 0 0 a n,n 1 a n,n tridiagonale a 1, a 2,1 a , , a n,1 a n,2... a n,n triangolare inferiore a 1,1 a 1,2... a 1,n 0 a 2,2... a 2,n a n,n triangolare superiore
54 Matrici di Hessemberg a 1,1 a 1,2 0 0 a 2,1 a 2,2 a 2, an 1,n a 1,1 a 1, a n,n a 2,1 a 2, an 1,n a n,1 a n,2... a n 1,n a n,n 0 0 a n,n 1 a n,n Hessenberg inferiore Hessenberg superiore
55 Matrice Simmetrica Definizione Una matrice A si dice simmetrica se coincide con la sua trasposta A T, cioè A = A T.
56 Matrice Simmetrica e Definita Positiva Definizione Una matrice simmetrica A si dice definita positiva se per ogni vettore y R n, y 0, si ha y T Ay > 0 Per stabilire se una data matrice simmetrica A è definita positiva o meno useremo il seguente criterio: Criterio di Sylvester Una matrice simmetrica A R n n è definita positiva se e solo se det(a k ) > 0, k = 1,..., n, dove det(a k ) rappresenta il determinante della sottomatrice principale di ordine k, cioè della sottomatrice formata dalle intersezioni delle prime k righe e k colonne di A. La matrice A k dicesi minore principale di testa di ordine k.
57 Matrici a diagonale dominante Una matrice A R n n è detta a diagonale dominante per righe se n a i,i > a i,j, i = 1,..., n, j=1,j i e a diagonale dominante per colonne se n a j,j > a i,j, j = 1,..., n. i=1,i j
58 Matrici non singolari Quando det(a) 0 la matrice è detta non singolare o invertibile. Se det(a) 0 allora esiste una ed una sola matrice (non singolare) B R n n tale che AB = BA = I. La matrice B, che denoteremo sempre con il simbolo A 1, viene chiamata matrice inversa di A. Una matrice non invertibile ovvero tale che det(a) = 0 viene detta singolare
59 Prese due matrici non singolari C, D R n n, le seguenti regole risultano valide: (CD) 1 = D 1 C 1 (C T ) 1 = (C 1 ) T
60 Norme di Vettori e Matrici Una norma vettoriale è una funzione che associa ad un vettore x R n un numero reale x con le seguenti proprietà: 1 x > 0, x 0 e x = 0 x = 0; 2 cx = c x, c R; 3 x + y x + y, y R n. Le norme vettoriali più frequentemente utilizzate sono: x = max x i, norma infinito 1 i n n x 1 = x i, norma 1 x 2 = i=1 ( n i=1 x i 2 ) 1 2 = x T x, norma euclidea (o norma 2)
61 Analogamente, una norma matriciale è una funzione che associa ad una matrice A R n n il numero reale A tale che 1 A > 0, A 0 e A = 0 A = 0; 2 ca = c A, c R; 3 A + B A + B, B R n n ; Inoltre è possibile provare che le principali norme di matrice soddisfano anche la seguente proprietà 4. AB A B, B R n n.
62 Le norme matriciali più note sono: A = max 1 i n n a i,j, norma infinito; j=1 n A 1 = max a i,j, norma 1; 1 j n i=1 A 2 = ρ(a T A), norma spettrale (ρ(b) denota il raggio spettrale della matrice B, cioè il modulo massimo degli autovalori di B); 1 2 n n A F = a i,j 2, norma di Frobenius (o norma euclidea). i=1 j=1
63 Date una norma vettoriale e una matriciale, si dice che le due norme sono compatibili se Ax A x, A R n n, x R n. Una norma vettoriale può risultare compatibile con più norme matriciali. Ad ogni norma vettoriale è possibile associare una norma matriciale nel seguente modo: Ax A = sup x 0 x = sup Ax. x =1 Una norma così definita viene chiamata naturale o indotta da quella del vettore. Per le norme matriciali naturali si ha dunque: I = sup Ix = 1. x =1
64 È banale verificare che le norme matriciali, 1 e 2 sono naturali. La norma F non è naturale in quanto ( n I F = 1 Si ha che, per x R n e A R n n i=1 ) 1 2 = n. x induce A x 1 induce A 1 x 2 induce A 2
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