Giorgio Lunghini Un brindisi a Alberto Sdralevich

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1 Giorgio Lunghini Un brindisi a Alberto Sdralevich Una quarantina d anni fa, lo dico per ricordare da quanti anni Alberto e io siamo amici, una quarantina d anni fa avevo scritto l introduzione a una raccolta di saggi sulle teorie del capitale e della distribuzione, dal titolo Teoria economica ed economia politica. In epigrafe avevo messo uno dei Luoghi comuni di Flaubert, di solito tradotto con «Economia politica. Scienza senza cuore», con il che riassumevo il mio giudizio su Produzione di merci a mezzo di merci di Piero Sraffa. La definizione di Flaubert era però: «Économie politique. Science sans entrailles», e quando diedi a Alberto una copia del libro non resistetti alla tentazione di dedicarglielo così: Si l économie politique est une science sans entrailles, la politique économique c est des entrailles sans science. Dopo tanto tempo, mi sento tenuto a giustificare il gioco di parole, che non voleva essere un invettiva degli economisti SECS-P/01 nei confronti dei colleghi SECS- P/02, ma soltanto un giudizio sullo stato delle discipline e sullo stato delle cose. Stato delle cose, quello attuale, prima e durante la crisi in atto, che mi conferma nell idea e che

2 anzi mi spinge a una definizione più breve: La politica economica è una scienza senza, e basta. In verità tutti i grandi economisti avevano in animo di influenzare, con le loro teorie, direttamente o indirettamente, la politica economica dei loro governi o di quelli a venire. Ne nomino soltanto quattro, Quesnay Ricardo Marx Keynes, tutti e quattro grandi economisti (e non accademici). Quesnay e Ricardo meriterebbero un discorso a parte, e dirò qualcosa soltanto su Marx e Keynes. Si rilegga questo decalogo: Nei paesi più progrediti potranno essere applicati quasi generalmente i provvedimenti seguenti: 1.- Espropriazione della proprietà fondiaria ed impiego della rendita fondiaria per le spese dello Stato. 2.- Imposta fortemente progressiva. 3.- Abolizione del diritto di successione. 4.- Confisca della proprietà di tutti gli emigrati e ribelli. 5.- Accentramento del credito in mano dello Stato mediante una banca nazionale con capitale dello Stato e monopolio esclusivo. 6.- Accentramento di tutti i mezzi di trasporto in mano allo Stato. 7.- Moltiplicazione delle fabbriche nazionali, degli strumenti di produzione, dissodamento e miglioramento dei terreni secondo un piano collettivo. 8.- Eguale obbligo di lavoro per tutti, costituzione di eserciti 2

3 industriali, specialmente per l agricoltura. 9.- Unificazione dell esercizio dell agricoltura e della industria, misure atte ad eliminare gradualmente l antagonismo fra città e campagna Istruzione pubblica e gratuita di tutti i fanciulli. Eliminazione del lavoro dei fanciulli nelle fabbriche nella sua forma attuale. Combinazione dell istruzione con la produzione materiale e così via. Bene, questa non è una silloge de La fine del laissez faire, di Un breve sguardo alla Russia e della Teoria generale di Keynes, ma un estratto del Manifesto del partito comunista di Marx e Engels. Marx, sì, proprio Marx, è l autore che per una straordinaria eterogenesi dei fini ha avuto il maggior successo teorico e pratico nei paesi capitalisti, costringendoli nel secolo breve ( ) a quella «socializzazione di una certa ampiezza dell investimento» oggi vituperata e in via di eliminazione. L autore oggi più citato e meno letto, e quello che ha avuto minor successo, sia teorico sia pratico, è invece Keynes (che era un liberale, anche se per Einaudi era un bolscevico). Keynes sperava ardentemente che la Filosofia sociale cui la Teoria generale potrebbe condurre venisse messa in pratica; che a Bretton Woods passasse il suo piano e non quello di White; che le Prospettive economiche per i 3

4 nostri nipoti si avverassero. Così da emendare i difetti più evidenti della società economica in cui viviamo: l incapacità a provvedere una occupazione piena e la distribuzione arbitraria e iniqua delle ricchezze e dei redditi; così che il sistema economico internazionale fosse governato dai governi legittimi e non dal senato virtuale; e così che per la prima volta dalla sua creazione, l uomo si troverà di fronte al suo vero, costante problema: come impiegare la sua libertà dalle cure economiche più pressanti, come impiegare il tempo libero che la scienza e l interesse composto gli avranno guadagnato, per vivere bene, piacevolmente e con saggezza. Gli indefessi, decisi creatori di ricchezza potranno portarvi tutti, al loro seguito, in seno all abbondanza economica. Ma saranno solo coloro che sanno tenere viva, e portare a perfezione l arte stessa della vita, e che non si vendono in cambio dei mezzi di vita, a poter godere dell abbondanza, quando verrà. Perché il grande e generoso disegno di Keynes è fallito? Per due ragioni. Una è perché non è vero che «il potere degli interessi costituiti è assai esagerato in confronto con la progressiva estensione delle idee», e dunque non è vero che «presto e tardi sono le idee, non gli interessi costituiti, che sono pericolose sia in bene che in male». 4

5 L altra si trova in una lettera dello stesso Keynes a Tinbergen (grande teorico della politica economica): L economia è una scienza morale [...] Essa ha che fare con l introspezione e con i valori, oltre che con motivazioni, attese, incertezze psicologiche. Si deve stare costantemente in guardia, nei confronti di una trattazione del materiale come costante e omogeneo. È come se il cadere al suolo della mela dipendesse dai motivi della mela stessa, dai vantaggi del cadere al suolo, dal desiderio del suolo che la mela cada e da calcoli erronei, da parte della mela, circa la sua distanza dal centro della terra. Ecco, tutto dipende dal fatto che le mele hanno una conoscenza limitata e incerta; e ecco perché la politique économique c est des entrailles sans science. 15 giugno