IL DECORO ARCHITETTONICO
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- Eva Grandi
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1 IL DECORO ARCHITETTONICO Associazione Nazionale Donne Geometra
2 ll decoro architettonico Pur non essendo espressamente citato nell art c.c., il decoro architettonico è sicuramente uno dei quei beni comuni che interessa maggiormente il condominio, in quanto il suo difficile inquadramento teorico rende problematica anche la riconoscibilità di una sua lesione e/o la legittimità di una modifica. Fare un paragone con gli altri beni comuni chiarirà il concetto appena espresso. Riguardo ai locali destinati a servizi comuni, cessato il loro "vincolo di destinazione" i condomini, all unanimità, sono liberi di decidere se dismettere o meno il bene. Così non potrà essere per il decoro architettonico. Esso non è cedibile, non perché è un bene immateriale, quanto perché è intimamente unito alla struttura del fabbricato. Il codice civile non definisce il concetto di decoro architettonico, si limita semplicemente a dire che le innovazioni di cui all art c.c. non possono alterarlo. Dottrina e giurisprudenza sono intervenute colmando questo vuoto codicistico. In particolare una recente sentenza ha detto che per decoro "deve intendersi l'estetica del fabbricato data dall'insieme delle linee e delle strutture che connotano lo stabile stesso e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia ed una specifica identità" (Cass. 851 del 2007). Questo concetto di estetica non è riferibile solo agli immobili di particolare pregio storico-artistico o con particolari decorazioni presenti sul prospetto, ma anche agli immobili più semplici, ai "condomini normali"; così si è espressa la Cassazione che ha evidenziato come si possa parlare di decoro architettonico, anche laddove," possa individuarsi nel fabbricato una linea armonica, sia pure estremamente semplice, che ne caratterizzi la fisionomia "(così Cass del 2008). Si provi a pensare ad un condominio con particolari decorazioni sul prospetto, i lavori di straordinaria manutenzione non possono incidere sul decoro dello stabile andando a modificarlo. Lo stesso vale per un palazzo senza particolari decorazioni ma con una semplice e razionale linea prospettica. Andando a modificarla, si andrà ad incidere sulla fisionomia del palazzo stesso. Il decoro può essere rintracciato anche all interno di un condominio. Le scale, i pianerottoli, e tutto ciò che va incidere sulla linea armonica interna, non possono essere modificati senza tenere presenti i millesimi di proprietà. Per l appunto, è necessario capire quali siano le maggioranze richieste per poter intervenire, modificandolo, sul decoro architettonico. Il legislatore non ha stabilito nulla in merito. E necessaria, pertanto, una lettura della varie norme, che regolano le attribuzioni dell assemblea e le maggioranze, per capire quale sia il quorum necessario per trasformare le linee di uno stabile. Partiamo da un punto fermo: il secondo comma dell art c.c. dice che nessuna innovazione, per quanto migliorativa e accrescitiva del valore dello stabile, può incidere sul decoro architettonico, alterandolo. Tenendo presente che le innovazioni, per essere valide, devono essere votate, almeno, dalla maggioranza dei partecipanti al condominio che rappresentino i 2/3 del valore dell edificio, ne discende che una simile maggioranza, per quanto forte non sia sufficiente per rendere valida una delibera modificativa del decoro architettonico. Queste considerazioni spingono a dire che per modificare il decoro di uno stabile sarà necessaria una votazione, o un accordo extraassembleare, unanime da parte di tutti i partecipanti al condominio. Così, per esemplificare, se un condominio presenta sul prospetto principale dei balconi delimitati da inferriate, per modificare la recinzione e trasformarla in muratura, sarà necessaria l unanimità. Spiegato il concetto di decoro e le possibilità di modificarlo, occorre comprendere quali siano le conseguenze cui vanno incontro delle delibere assembleari che si occupano di ciò. Sicuramente sarà possibile impugnare la decisione assembleare; i tempi e i modi sono quelli previsti dall art c.c. Qualificare una delibera come nulla o annullabile è compito che spetta al giudice, per cui, al fine di non imbattersi in decadenze dovute al mancato rispetto dei termini, converrà sempre impugnare tempestivamente la delibera, cioè entro i 30 giorni previsti dal codice civile. Per quanto dopo la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione,n del 2005, i concetti di nullità e annullabilità riferiti alle delibere assembleari siano più chiari, in caso della delibera relativa al decoro architettonico sono ancora in voga molti dubbi. In sostanza, se si ritiene che la materia sia ex lege sottratta alla competenza dell assemblea, allora si dovrà propendere per la nullità della deliberazione. Se, viceversa, si considera tra le prerogative dell assemblea la facoltà di modificare il decoro dello stabile, allora la decisione, non unanime, sarà solo annullabile in quanto presa nel mancato rispetto delle maggioranze legali. Ad ogni modo, una volta instaurato il giudizio sarà opera del giudice di merito verificare l avvenuta lesione del decoro architettonico. Ciò significa che in presenza di adeguata motivazione, che statuisca in maniera precisa e puntuale sulla questione, la stessa non potrà essere oggetto di ricorso in Cassazione. 2
3 La Sentenza Cassazione civile, sez. II, 24 aprile 2013, n Una recente Sentenza della Cassazione Civile ha sancito che : anche se la nuova cubatura realizzata sul terrazzo è nello stesso stile dell'edificio deve essere abbattuta perché deturpa il decoro architettonico. Il principio. La sentenza in oggetto vede la controversia fra il condominio e il proprietario dell'ultimo piano che ha elevato un corpo di fabbrica sul terrazzo di proprietà. Il nuovo volume, pur autorizzato dall'assemblea condominiale, è stato ritenuto deturpante del decoro architettonico dell'immobile nel suo complesso, pur rispettando, secondo quanto affermato dal proprietario e della Corte di Appello in prima istanza, lo stile e l'aspetto del resto dell'edificio. Il proprietario, dunque, è stato condannato all'abbattimento del volume e al risarcimento del danno causato agli altri condomini. Il caso analizzato. Nella specie, il manufatto sotto accusa occupa gran parte della terrazza all'ultimo piano e risulta ben visibile dall'esterno, dunque è indiscutibile l'alterazione delle precedenti linee e forme architettoniche previste dall'originario progetto. D'altro canto, lo stesso art c.c., co. 2, dispone che sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico (inteso come estetica data dall'insieme di linee e strutture che connotano il fabbricato stesso e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia) o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino. La decisione. Nel caso in discussione, infatti, la realizzazione del nuovo volume, pur rispettando lo stesso stile dell'edificio, comporta necessariamente delle discordanze nel prospetto e ne modifica indubbiamente l'aspetto complessivo, essendo appunto visibile dall'esterno. Il decoro architettonico è un dato abbastanza oggettivo e non è, come spesso condomini litigiosi ritengono, il valore estetico dell'immobile: è l'insieme delle linee e delle strutture ornamentali che connotano il fabbricato stesso e gli danno una determinata, armonica fisionomia ed una specifica identità, senza che occorra che si tratti di un edificio di particolare pregio artistico (in questo senso, anche una realizzazione o un intervento di altissimo pregio possono essere considerati lesivi del decoro architettonico). Ogni innovazione che, comunque, modifichi l'aspetto dell'edificio, ma solo quelle che ne determinino una vera e propria alterazione, cioè, mutamenti sufficienti ad apportare una disarmonia nell'insieme, risolvendosi in un deterioramento di carattere estetico e dell'aspetto decorativo del fabbricato, tale da comportare un deprezzamento dell'edificio nel suo insieme e nelle singole unità che lo compongono, sarebbe da evitare o per lo meno, da sottoporre all'analisi di una apposita commissione tecnica. Anche se l'edificio non ha pregi architettonici ed il manufatto è eseguito sulla parte del lastrico di cui il proprietario ha l'uso esclusivo, va demolito se svilisce, sotto il profilo estetico e simmetrico, le strutture preesistenti. Si ha alterazione 3
4 quando la nuova opera crea una evidente turbativa all'insieme delle linee caratteristiche dell'edificio. Il decoro architettonico viene, in questo caso, violato da elementi più o meno disarmonici, più o meno estranei, che tendono ad alterarlo, comprometterlo, sfregiarlo, contaminarlo, non solo esteticamente. Il decoro, inteso come qualità positiva dell'edificio derivante dal complesso delle caratteristiche architettoniche principali e secondarie, viene leso o alterato, nel caso di innovazione, cioè una trasformazione o superfetazione che può interessare qualsiasi porzione, anche di modesta consistenza, dell'edificio ed è suscettibile di incidere non tanto sullo stile, quando su caratteristiche primarie quali la simmetria o la proporzione tra le varie parti integranti la fisionomia estetica del volume. L'aspetto architettonico, inteso come caratteristica principale con la quale un edificio appare a chi lo osserva, va inteso come peculiarità insita nello stile architettonico adottato e che l'inserimento di una nuova cubatura sul terrazzo, pur mantenendo lo stesso stile del preesistente complesso edilizio, comporta normalmente un mutamento dell'aspetto architettonico complessivo percepibile da qualsiasi osservatore. Ragion per cui, qualsiasi opera o realizzazione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza o autonomamente utilizzabile, determinando l'aumento della superficie utile di un appartamento e la modifica della sagoma dell'edificio, nonché una evidente alterazione del decoro architettonico, può essere demolito. Il pregiudizio all'aspetto architettonico nelle varie decisioni giurisprudenziali. Come abbiamo visto il limite posto dalla legge al proprietario dell'ultimo piano che voglia sopraelevare è quello costituito dalla necessità di non alterare l'aspetto architettonico dell'edificio: la sopraelevazione è illegittima quando pregiudica l'aspetto architettonico dell'edificio. In proposito, si è affermato che il diritto di eseguire una costruzione sopra l'ultimo piano di un edificio condominiale non è subordinato alla possibilità che la sopraelevazione mantenga o ripeta le preesistenti linee architettoniche dell'edificio, ma soltanto alla regola di non pregiudicare l'aspetto dell'edificio medesimo, peggiorandone la percezione da parte dell'osservatore esterno secondo il comune senso estetico(cass., 9 aprile 1980, n. 2267). Il nostro codice civile nel riferirsi, quanto alle sopraelevazioni (art. 1127), all'aspetto architettonico dell'edificio e, quanto alle innovazioni (art. 1120), al decoro architettonico dello stesso, adotta nozioni di diversa portata, intendendo per aspetto architettonico la caratteristica principale insita nello stile architettonico dell'edificio. Di conseguenza, l'adozione nella parte sopraelevata di uno stile diverso da quello della parte preesistente dell'edificio comporta normalmente un mutamento peggiorativo dell'aspetto architettonico complessivo(cass., 22 gennaio 2004, n. 1025). In relazione al decoro architettonico, invece, si denota una qualità positiva dell'edificio, derivante dal complesso delle caratteristiche principali e secondarie, onde una modifica strutturale di una parte anche di modesta consistenza dell'edificio o un'aggiunta quantitativa diversa dalla sopraelevazione, pur non incidendo normalmente sull'aspetto architettonico, può comportare il venir meno di altre caratteristiche influenti sull'estetica dell'edificio e così sul detto decoro, incorrendo nel divieto ex art c.c.(cass., 28 novembre 1987, n. 8861). Secondo il disposto di cui all'art. 1127, co. 3, c.c., l'opposizione dei condomini alla sopraelevazione che sia suscettibile di pregiudicare l'aspetto architettonico dell'edificio - il cui diritto è soggetto a prescrizione ventennale - può essere esercitata non solo prima dell'inizio della sopraelevazione, ma anche dopo che la stessa sia stata effettuata, con facoltà di domandare, in questa seconda ipotesi, la riduzione in pristino ed il risarcimento del danno conseguente al pregiudizio derivatone(cass., 19 ottobre 1998, n ). Ovviamente, la questione concernente l'eventuale pregiudizio all'aspetto architettonico apportato dal sopralzo, ai sensi e per gli effetti di cui all'art c.c., non può essere risolta in via generale ed assoluta, bensì integra una questione di fatto che, caso per caso, sarà decisa secondo il prudente apprezzamento dei giudici di merito investiti delle relative controversie. Vi sono casi, poi, in cui la sopraelevazione di per se stessa, anche rispettando lo stile e le linee architettoniche del preesistente fabbricato, rappresenti comunque un deturpamento, una stonatura rispetto all'edificio in condominio, il quale, ad esempio, è costruito in modo (con uno stile) tale da non tollerare esteticamente l'aggiunta di un piano. In ogni caso, il giudizio relativo all'impatto della sopraelevazione sull'aspetto architettonico dell'edificio va condotto, ai 4
5 sensi dell'art. 1127, co. 3, c.c., esclusivamente in base alle caratteristiche stilistiche visivamente percepibili dell'immobile condominiale, inteso come struttura dotata di un aspetto autonomo, al fine di verificare se la nuova opera si armonizzi con dette caratteristiche ovvero se ne discosti in maniera apprezzabile Riepilogando, dunque, il pregiudizio all'aspetto architettonico, che ai sensi del comma 3 dell'art c.c. consente l'opposizione dei condomini alla sopraelevazione, consiste in un'incidenza di particolare rilievo della nuova opera sullo stile architettonico dell'edificio, che - essendo immediatamente apprezzabile ictu oculi ad un'osservazione operata in condizioni obiettive e soggettive di normalità da parte di persone di media preparazione - si traduce in una diminuzione del pregio estetico e quindi economico del fabbricato(cass., 12 settembre 2003, n ). 5
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