Scheda di approfondimento 1. Forme di responsabilità civile in ambito scolastico. 2 - La responsabilità civile Le forme assicurative 11

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1 Scheda di approfondimento 1 Forme di responsabilità civile in ambito scolastico 1 - La responsabilità in senso giuridico La responsabilità civile Le forme assicurative La trattazione dell'infortunio scolastico Le controversie in materia di infortunio scolastico 20 INDIRE

2 1 - La responsabilità in senso giuridico Per identificare le occasioni di responsabilità civile (di responsabilità cioè di danno, risarcitoria), occorre fornire alcune premesse concettuali sul piano giuridico. Queste premesse attengono a concetti di diritto "sostanziale" (il concetto di responsabilità, i caratteri della responsabilità civile e delle sue tipologie quali la responsabilità contrattuale e la responsabilità extra-contrattuale, ecc.) e ci porteranno all'apparenza lontano: ma tali premesse sono essenziali non solo per comprendere e padroneggiare certi accadimenti che coinvolgono l'istituzione scolastica (ad es. l'infortunio subito da un alunno durante l'attività scolastica o la pretesa di un fornitore al pagamento di un corrispettivo contrattuale), ma anche per saper gestire la "vicenda giurisdizionale" una volta che in essa siano sfociati tali svariati accadimenti. Dal punto di vista giuridico, per "responsabilità" si intende l'esposizione di un soggetto a sanzione come conseguenza di un comportamento antigiuridico. Responsabile è colui che, avendo violato regole prestabilite, è tenuto a risponderne davanti all'ordinamento e a subirne le conseguenze. La responsabilità dunque è costituita da una condotta antidoverosa (illecito) e dalla conseguente sottoposizione del suo autore a una sanzione. Nel nostro ordinamento esistono diversi tipi di responsabilità, relativi ad altrettanti settori del diritto, ognuno con caratteristiche differenti: la responsabilità penale, la responsabilità da illecito amministrativo, la responsabilità civile (contrattuale ed extracontrattuale), la responsabilità amministrativa, la responsabilità contabile, la responsabilità disciplinare e la responsabilità dirigenziale. A questo proposito, occorre tener presente che i diversi tipi di responsabilità possono coesistere e sovrapporsi relativamente allo stesso fatto; il medesimo comportamento del dipendente può dare e di regola dà origine a più forme di responsabilità, se ne sussistono i presupposti richiesti La responsabilità solidale della P.A. e del dipendente Occorre poi esaminare se e in quali casi la responsabilità dell'autore di un illecito (in particolare di un dipendente pubblico) si estenda anche all'ente di appartenenza. Dispone l'art. 28 Cost. che "I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità si estende allo Stato ed agli enti pubblici". Tale norma sancisce da un lato la responsabilità diretta del dipendente pubblico per il fatto illecito fonte di danni a terzi, dall'altro la responsabilità diretta dell'amministrazione datrice di lavoro. In forza del principio dell'immedesimazione organica, infatti, l'atto (anche illecito) compiuto dal funzionario nell'esercizio delle sue mansioni, si attribuisce alla P.A.; questa pertanto ne subisce anche gli effetti sfavorevoli ed è considerata responsabile dell'illecito. Affinché la P.A. sia responsabile è necessaria la presenza di tre elementi: a) il rapporto organico tra l'autore dell'illecito e la P.A. stessa; b) il fatto illecito del dipendente; c) l'inerenza dell'illecito alle funzioni istituzionali dell'autore. In particolare occorre la cosiddetta "occasionalità necessaria", che sussiste ogniqualvolta il comportamento del dipendente sia strumentalmente connesso con l'attività dell'ufficio. La riferibilità dell'atto o del comportamento del dipendente alla P.A. è da escludersi solo per quelle attività strettamente personali del dipendente stesso e non legate neppure da un nesso di occasionalità con i compiti istituzionali. INDIRE

3 "Nella valutazione di fatto del comportamento in concreto illecito, lesivo di un altrui diritto, bisognerà allora verificare se tale comportamento, anche se illegittimo - per mancato rispetto della normativa vigente o per eccesso di potere sia stato comunque, nelle intenzioni, rivolto al raggiungimento dei predetti fini istituzionali, oppure il pubblico impiegato (per quanto qui interessa, il dirigente, l'operatore scolastico o il docente) abbia sostituito i suoi personali interessi a quelli propri della pubblica amministrazione: in tal caso quest'ultima rimarrà esente da ogni responsabilità civile (configurandosi una c.d. cesura del rapporto organico)." (VENTURINI 2003, 8). Si noti che l'abuso dei poteri o la commissione di un reato non bastano a rendere responsabile il solo dipendente, poiché non deve sussistere alcun collegamento strumentale con l'attività di ufficio. "E così, il dirigente, l'operatore scolastico, il docente che si atteggino come cattivi vigilanti o che pongano in essere atti di vessazione o atti diffamatori nei confronti di alunni o di familiari degli stessi, coinvolgono la responsabilità dell'amministrazione se il comportamento è posto in essere in una travisata intenzione educativa o comunque legata all'attività dell'istituto, mentre la medesima responsabilità è solo della persona fisica che agisce se ha come fonte, scopi egoistici, dissidi o rancori personali; ancora, un furto di beni di terzi, all'interno dell'istituzione scolastica, attuato con la dolosa complicità di un operatore scolastico non può comportare la responsabilità della prima. Un diverbio, poi, sceso a comportamenti lesivi di diritti fra il dirigente e il personale docente o un membro di organo collegiale, se verificatosi all'interno dell'istituto, ma nell'ambito di una discussione del tutto personale, porta alle medesime conseguenze (esenzione dell'istituto scolastico da responsabilità per danni causati dal proprio dipendente al collega), diversamente dalla circostanza in cui si discuta di questioni attinenti l'indirizzo di istituto. Il ritardo o la mancata adozione di atti rivelatisi dovuti (rilascio di una certificazione, ad esempio), affianca alla responsabilità del dirigente, che abbia opposto il rifiuto quando lo stesso è dovuto a mancanza di capacità professionale nell'interpretare correttamente i propri compiti, quella dell'amministrazione, mentre diversa è la soluzione quando il comportamento è tenuto per danneggiare intenzionalmente (per ripicca, risentimento personale, interessi di lucro o intento di favorire altra persona) il richiedente" (VENTURINI 2003, 8-9). Il dipendente e l'amministrazione sono responsabili solidalmente per danni verso terzi; ciò significa che il danneggiato può agire per il risarcimento nei confronti del solo dipendente ovvero della sola Amministrazione ovvero di entrambi. Casi in cui non si ha responsabilità solidale Non vi è tuttavia una piena coincidenza tra la responsabilità del dipendente e quella dell'amministrazione. Infatti, da un lato, ai sensi dell'art. 23 del T.U. n. 3/1957, gli impiegati civili dello Stato rispondono dei danni arrecati a terzi agendo con dolo o colpa grave; nel caso di colpa lieve, quindi, risponde la sola Amministrazione. Dall'altro, come già visto, il dipendente che agisce con dolo per conseguire un fine illecito ed estraneo ai fini istituzionali della P.A. è l'unico responsabile per i danni a terzi. Il settore della scuola presenta però, in tale quadro di duplice responsabilità (del dipendente e della P.A. datrice di lavoro), una particolarità, perché, per taluni soggetti ed in talune ipotesi, risponde del danno verso il terzo innanzi al giudice ordinario solo l'amministrazione scolastica; essa può poi rivalersi, in caso di dolo o colpa grave, nei confronti del colpevole. La norma che prevede queste ipotesi, è l'art. 61 della L. 11 luglio 1980 n ripreso, sostanzialmente con la stessa formula letterale, dall'art. 574 del T.U. della scuola, D.Lgs. 16 aprile 1994 n. 297, tanto che nella prassi dottrina e giurisprudenza fanno riferimento al citato art. 61 il quale dispone: «La responsabilità patrimoniale del personale direttivo, INDIRE

4 docente, educativo e non docente della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica dello Stato e delle istituzioni educative statali per danni arrecati direttamente all'amministrazione in connessione a comportamenti degli alunni è limitata ai soli casi di dolo o colpa grave nell'esercizio della vigilanza sugli alunni stessi. La limitazione di cui al comma precedente si applica anche alla responsabilità del predetto personale verso l'amministrazione che risarcisca il terzo dei danni subiti per comportamenti degli alunni sottoposti alla vigilanza. Salvo rivalsa nei casi di dolo o colpa grave, l'amministrazione si surroga al personale medesimo nelle responsabilità civili derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi». Occorre aggiungere che, pur nell'identità delle espressioni, il citato articolo 574 del d.lgs. 297 del 1994 ha esteso l'esenzione da responsabilità diretta della persona fisica al personale non statale operante all'interno della scuola (es. collaboratori scolastici); in ogni caso questa estensione, dopo la definizione del quadro giuridico della scuola dell'autonomia, che ha ricondotto la quasi totalità del personale ivi operante nell'ambito della dipendenza statale, ha perso gran parte del suo significato. Dalla norma sopra riportata emergono i seguenti precetti. Dal punto di vista sostanziale: a) la responsabilità del personale scolastico delle scuole statali, per fatti commessi dagli alunni, è limitata ai soli casi di dolo o colpa grave, per i danni arrecati all'amministrazione, nell'esercizio dell'obbligo di sorveglianza; b) la colpevolezza è limitata entro i confini del dolo e della colpa grave anche con riguardo alla responsabilità del menzionato personale per i danni subiti da terzi per comportamenti degli alunni sottoposti alla vigilanza. Sul piano processuale, poi, è stabilito che l'amministrazione si «surroga» al personale di cui sopra per gli illeciti commessi dal personale medesimo. "Benché, in questa seconda ipotesi, il testo legislativo contenga un riferimento del tutto generico alle responsabilità civili del personale scolastico, non si deve far riferimento ad ogni tipologia di illecito, ma esclusivamente a quello connesso alla culpa in vigilando; ciò per lo stretto collegamento della disposizione in esame con le norme precedenti, che disciplinano appunto detta culpa in vigilando del personale scolastico. Ed in effetti, siffatta interpretazione è stata recepita anche dal giudice delle leggi, con la sentenza n. 64 del 5 febbraio 1992, il quale, ritenendo infondata la questione di illegittimità costituzionale dell'art. 61, comma 2, luglio 1980, n. 312, sollevata in riferimento all'art. 28 cost., ha posto in luce come, in virtù di tale normativa, gli insegnanti statali solo limitatamente alla materia di responsabilità per la menzionata culpa in vigilando cessano di essere legittimati personalmente verso terzi, nei cui confronti risponde invece solo l'amministrazione scolastica, sulla quale gravano, in via diretta, le responsabilità civili derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi. Dunque per danni a terzi provocati da insegnanti al di fuori dei compiti di vigilanza su alunni, trovano applicazione le comuni regole della responsabilità solidale del dipendente e dell'amministrazione di appartenenza (art. 28 cost.)". INDIRE

5 2 - La responsabilità civile La responsabilità civile si specifica in responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale (o aquiliana). La prima ha origine dalla violazione di un obbligo già vincolante tra le parti, nascente da contratto o ex lege o da atto unilaterale, mentre la seconda ha origine da un fatto illecito, cioè dalla violazione dell'obbligo generale del neminem ledere. Entrambe fanno sorgere in capo al soggetto responsabile l'obbligazione di risarcire i danni. La responsabilità contrattuale L'inadempimento La responsabilità contrattuale è prevista dall'art c.c. come conseguenza dell'inadempimento, cioè della mancata o inesatta esecuzione della prestazione dovuta da parte del debitore; quest'ultimo deve risarcire il danno subito dal creditore a causa del suo inadempimento. La prestazione deve essere eseguita esattamente, in base a diversi criteri: a) le modalità dell'esecuzione; la prestazione deve essere eseguita dal debitore con "la diligenza del buon padre di famiglia" (art. 1176, comma 1 c.c.), e cioè la diligenza usata dall'uomo medio nell'adempiere i suoi impegni. Questo criterio opera in realtà solo per le obbligazioni di mezzi, in cui il debitore si obbliga a svolgere una certa attività in favore del creditore, ma senza garantire il raggiungimento del risultato (è il caso, ad esempio, del medico e dell'avvocato); non vale invece per le obbligazioni di risultato, nelle quali il debitore assume l'obbligo di realizzare il risultato (si pensi all'appaltatore, che si impegna a realizzare un'opera). Il debitore è tenuto ad eseguire per intero la prestazione; il creditore, infatti, ai sensi dell'art c.c. può sempre rifiutare l'adempimento parziale e considerare il debitore inadempiente per l'intero, anche nel caso di una prestazione divisibile, quale il pagamento di una somma di denaro; il creditore, poi, può anche scegliere di accettare il pagamento parziale a titolo di acconto (GALGANO 1991, 33 ss); b) il tempo di esecuzione della prestazione; il debitore deve eseguire la prestazione a richiesta del debitore o, se è stabilito un termine, alla scadenza del termine (art c.c.). c) il luogo di esecuzione della prestazione; la prestazione va eseguita nel luogo stabilito dalle parti nel contratto o, se il luogo non è stabilito e non può desumersi dalla natura della prestazione, si applicano le tre regole seguenti (art c.c.): 1) la consegna di una cosa determinata va effettuata nel luogo in cui si trovava la cosa quando è sorta l'obbligazione; 2) il pagamento di una somma di denaro deve essere effettuato al domicilio del creditore al tempo fissato per l'adempimento; 3) le obbligazioni di altro tipo devono essere adempiute al domicilio del debitore al tempo dell'adempimento; d) la persona che esegue le prestazione; pur essendo il debitore il soggetto tenuto ad adempiere la prestazione, questa può essere di natura tale per cui la sua esecuzione può essere effettuata indifferentemente da un debitore o da un terzo (se, ad esempio, si tratta di consegnare una somma di denaro o altra cosa fungibile). In queste ipotesi, ai sensi dell'art c.c., l'adempimento del terzo non può essere rifiutato dal creditore e ha l'effetto di estinguere l'obbligazione del debitore. Se invece il creditore ha un interesse oggettivamente apprezzabile a che la prestazione sia eseguita dal debitore, può rifiutare l'adempimento del terzo; è il INDIRE

6 caso delle prestazione di dare cose infungibili o di fare (non è la stessa cosa, ad esempio, che l'appalto per la costruzione di un edificio assunto dall'impresa X sia adempiuto invece dall'impresa Y). e) il destinatario dell'adempimento; la prestazione deve essere eseguita nelle mani del creditore o di un suo rappresentante o di un'altra persona indicata dal creditore (c.d. adiectus solutionis causa) o autorizzata dalla legge o dal giudice a riceverla (art. 1188, comma 1). f) l'identità della prestazione; il debitore è tenuto ad eseguire la prestazione dovuta e non può eseguirne una diversa, anche se di valore uguale o maggiore. Se poi il creditore accetta che egli esegua una prestazione diversa da quella assunta, il debitore si libera nel momento dell'esecuzione di tale prestazione (è il caso della prestazione in luogo dell'adempimento o datio in solutum art c.c.). La prova liberatoria - cenni In caso di inadempimento, il debitore si libera dalla responsabilità (e, conseguentemente, dal dovere di risarcire il danno) se prova che "l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile" (art c.c.). Il soggetto tenuto all'adempimento deve quindi fornire una duplice prova: 1. innanzitutto, deve provare che la prestazione è divenuta impossibile; deve trattarsi di impossibilità della prestazione in sé, oggettivamente considerata, "diventata ineseguibile da parte di qualsiasi debitore; non impossibilità di eseguirla per quel dato debitore" (GALGANO 1991, 51). La prestazione di dare una certa somma di denaro, per esempio, non può mai diventare oggettivamente impossibile, ma solo soggettivamente. 2. In secondo luogo, il debitore deve provare che tale impossibilità della prestazione è stata determinata da "causa a lui non imputabile", cioè da un evento non prevedibile né evitabile da parte del debitore. Si tratta del caso fortuito, quello che comunemente è considerato una "fatalità" (un terremoto, una valanga, una frana ecc.) o della forza maggiore, una forza a cui non si può opporre resistenza, sia essa una forza della natura (il vento ecc.) o una forza umana (il c.d. "fatto del terzo" oppure il factum principis, cioè l'ordine della pubblica autorità per esempio, il diniego delle necessarie autorizzazioni amministrative alla realizzazione dell'opera prevista nel contratto) (GALGANO 1991, 52-53). Il soggetto responsabile La responsabilità per inadempimento ex art c.c. sorge soltanto in capo all'amministrazione, che è l'unica obbligata dal contratto, e non in capo al funzionario, il quale non è parte del rapporto contrattuale. Il creditore, pertanto, potrà agire solo verso la prima. Conseguentemente, se il dipendente viola i suoi doveri di ufficio e rende così inadempiente la P.A., tale violazione non potrà mai essere considerata una causa non imputabile all'amministrazione dell'impossibilità o del ritardo della prestazione, ai fini dell'esclusione della responsabilità di essa. In questi casi, poi, la violazione dei doveri d'ufficio può far sorgere la responsabilità amministrativa del dipendente verso la P.A. per le conseguenze patrimoniali dell'inadempimento (CASETTA 2000, 603). Il danno risarcibile Il debitore è tenuto a risarcire il danno provocato dal suo inadempimento; deve, quindi, corrispondere al creditore "una somma di danaro che sia l'equivalente monetario dei danni che l'inadempimento o il ritardo gli hanno cagionato: una somma cioè corrispondente alla INDIRE

7 differenza fra il valore che il patrimonio del creditore avrebbe se l'obbligazione fosse stata adempiuta ed il suo valore attuale" (GALGANO, cit., p.72). Il danno risarcibile è composto da due elementi ex art c.c.: il danno emergente, che è la diminuzione patrimoniale subita dal creditore a causa dell'inadempimento e il lucro cessante, che consiste nel mancato guadagno. É necessario che intercorra un preciso rapporto di causalità tra inadempimento e danno; non qualsiasi danno genericamente collegato all'inadempimento è risarcibile, ma solo il danno che ne sia "conseguenza immediata e diretta" (art c.c.). Qualora il danno non possa essere provato nel suo preciso ammontare, "è liquidato dal giudice con valutazione equitativa" (art c.c.). La responsabilità extracontrattuale o aquiliana Norma generale e norme speciali La responsabilità extracontrattuale è disciplinata dagli artt c.c. e consegue, come accennato, alla commissione di un fatto illecito. In realtà, anche la responsabilità precontrattuale (artt c.c.), derivante da mala fede nella conduzione delle trattative per la conclusione di un contratto, è considerata come responsabilità aquiliana. Nella disciplina del fatto illecito si possono distinguere due parti. La prima prevede l'ipotesi più generale di illecito civile e ne dà la definizione: "qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga l'autore del fatto a risarcire il danno" (art c.c.). La seconda disciplina invece una serie di ipotesi specifiche di responsabilità: la responsabilità per il danno cagionato dall'incapace (art c.c.), la responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d'arte (art c.c.), la responsabilità dei padroni e dei committenti (art c.c.), la responsabilità per l'esercizio di attività pericolose (art c.c.), la responsabilità per danno cagionato da cose in custodia (art c.c.), la responsabilità per danno cagionato da animali (art c.c.), la responsabilità per rovina di edificio (art c.c.), la responsabilità per circolazione di veicoli (art c.c.). Gli elementi della responsabilità extracontrattuale Nella disciplina generale, come pure in quelle specifiche (con le puntualizzazioni che si diranno) la responsabilità extracontrattuale è caratterizzata dalla presenza di quattro elementi: a) il fatto; b) il danno ingiusto; c) il nesso di causalità tra il fatto e il danno; d) l'elemento soggettivo (dolo o colpa). Il fatto consiste in una condotta umana, tanto commissiva quanto omissiva. L'omissione, tuttavia, costituisce un illecito solo se il soggetto, che con il suo comportamento omissivo ha causato il danno, aveva l'obbligo giuridico di impedirlo. Il danno ingiusto è la lesione di un interesse altrui meritevole di protezione secondo l'ordinamento giuridico. Esso può consistere nella lesione sia di diritti assoluti, sia di diritti relativi e in particolare di diritti di credito. Fino a pochi anni fa la giurisprudenza non considerava danno ingiusto (e quindi risarcibile) la lesione degli interessi legittimi, causata dall'attività provvedimentale dell'amministrazione. La Corte di Cassazione, poi, con la sentenza n. 500/1999, ha cambiato orientamento e ha sancito la risarcibilità dell'interesse legittimo leso da un'attività illegittima della P.A.. Questa affermazione ha conseguenze di grande rilievo, dato che l'attività amministrativa consistente nell'esercizio di poteri pubblici incide su situazioni di interesse legittimo dei INDIRE

8 privati (Cons. St., sez. v sent n. 5162; Cons. di St., sez. iv - sentenza n. 5012; Cons. St. sez. v sent n. 87 Cass., sez. I, sent n. 157; Cass., sez. II, ; TAR Puglia Lecce, sez. II, n. 5259). In concreto, si ha un interesse legittimo nel momento in cui l'interesse di un soggetto (persona fisica o giuridica) a conseguire o a conservare un bene della vita, viene a confrontarsi con il potere amministrativo, e, quindi, con il potere dell'amministrazione di soddisfare la pretesa di quel soggetto. (ad es. è di interesse legittimo la posizione dell'alunno rispetto alle norme che regolano la valutazione dell'apprendimento scolastico e che presiedono ai giudizi di promozione: tale posizione si traduce nella possibilità dell'alunno di contestare il mancato rispetto di queste regole e di ottenere, attraverso l'intervento del giudice, non la promozione negata dall'amministrazione, ma una nuova valutazione rispettosa delle regole eventualmente violate). La lesione di tale interesse del privato derivante dall'uso illegittimo del potere amministrativo, unitamente agli altri elementi costitutivi della responsabilità aquiliana, comporta ex art c.c., la responsabilità della P.A. Il rapporto di causalità richiede che il danno sia la conseguenza immediata e diretta (art c.c. richiamato dall'art c.c.) del fatto illecito. Il dolo e la colpa, che costituiscono l'elemento soggettivo, sono mutuati dalla responsabilità penale (alla quale si rinvia) e hanno lo stesso significato anche nella responsabilità extracontrattuale. Alcune ipotesi specifiche di responsabilità aquiliana sono considerati casi di "responsabilità senza colpa", o perché un soggetto è tenuto a risarcire il danno causato da altri (per es. i padroni e i committenti per l'illecito commesso dai dipendenti, i genitori e i precettori per quello dei figli minori e allievi minori sottoposti alla loro sorveglianza), o perché un soggetto è responsabile in forza del solo nesso causale tra il fatto e il danno (per es. la responsabilità per danni provocati da attività pericolose, da cose o animali in custodia). Nel primo caso si parla di responsabilità indiretta, nel secondo di responsabilità oggettiva. La responsabilità del personale docente Fa parte degli obblighi di servizio imposti agli insegnanti quello di vigilare sugli allievi. A tal proposito, dispone l'art. 27, ultimo comma, CCNL Scuola che, per assicurare l'accoglienza e la vigilanza sugli alunni, gli insegnanti sono tenuti a trovarsi in classe cinque minuti prima dell'inizio delle lezioni e ad assistere all'uscita degli alunni medesimi. La responsabilità per l'inosservanza del predetto obbligo è disciplinata dagli artt e 2048 c.c. Ai sensi dell'art c.c. "in caso di danno cagionato da persona incapace di intendere e di volere, il risarcimento è dovuto da chi è tenuto alla sorveglianza dell'incapace, salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto". Dispone l'art c.c. che "i precettori e coloro che insegnano un mestiere o un'arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza. ( ) Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto". La differenza tra le due norme risiede nel fatto che l'autore dell'illecito sia un soggetto privo di capacità di intendere e di volere oppure sia capace. Entrambe le disposizioni pongono a carico degli insegnanti una presunzione relativa o iuris tantum di responsabilità (è, cioè, ammessa la prova liberatoria). La responsabilità extracontrattuale sussiste solo nel caso di atti dannosi compiuti dagli alunni nei confronti di terzi. Nella diversa ipotesi di danni che gli alunni procurino a loro stessi con la propria condotta, secondo una recente pronuncia della Cassazione a Sezioni Unite, la responsabilità dell'istituto scolastico e degli insegnanti è contrattuale (Cass. SS UU, , n. 9356, la quale risolve un contrasto giurisprudenziale formatosi sul tema; nel senso di escludere INDIRE

9 l'applicabilità dell'art c.c. al danno cagionato dall'allievo a sé stesso, vedi anche Cass., sez. III, , n. 5268), con conseguente applicazione del regime probatorio di cui all'art c.c. - v. supra). Nelle ipotesi di responsabilità aquiliana ex artt e 2048 c.c., l'insegnante si libera se prova di non aver potuto impedire il fatto, dimostrando, quindi, di aver esercitato la vigilanza nella misura dovuta, e che, nonostante l'adempimento di tale dovere, il fatto dannoso per la sua repentinità ed imprevedibilità gli abbia impedito un tempestivo efficace intervento (fra le tante Cass., sez. III, , n. 5668; Cass., sez. III, , n. 1683; Cass., sez. III., , n. 4945); è richiesta, perciò, la dimostrazione di aver adottato in via preventiva le misure organizzative idonee ad evitare il danno (Cass. civ., sez. III, , n. 916 ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto sussistente la responsabilità dell'insegnante avuto riguardo alla circostanza dell'allontanamento ingiustificato della stessa dall'aula). Al fine di valutare se il fatto è prevedibile e di conseguenza prevenibile, si ha riguardo anche alla sua ripetitività o regolarità statistica, non astrattamente intesa, ma correlata al particolare ambiente di cui si tratta, sulla base della ragionevole prospettazione secondo cui determinati eventi, già verificatisi in certe condizioni, possono ripetersi al riprodursi di queste. È stata, per esempio, ritenuta sussistere la responsabilità del Ministero della Pubblica Istruzione, per le lesioni subite dall'alunno di una scuola causate dal lancio da parte di un suo compagno di una pallina di carta che lo aveva poi colpito all'occhio. Il giudice, nell'affermare la prevedibilità dell'evento, ha tenuto conto del fatto che precedentemente si erano già verificati episodi analoghi in quella scuola e della situazione di indisciplina della classe (Cass., sez. I, , n ). L'obbligo di vigilanza, poi, va inteso in senso relativo e non assoluto; il suo contenuto e i suoi limiti devono cioè essere correlati all'età e al grado di maturazione degli alunni, di modo che con l'avvicinarsi di costoro all'età del pieno discernimento, il suo esercizio non richiede la continua presenza degli insegnanti, purché siano adottate le più elementari misure organizzativa dirette a mantenere la disciplina tra gli allievi (Trib. Roma, ; Trib. Milano, ; Cass., sez. III, , n. 6937). Le misure organizzative da adottare sono dunque variabili in dipendenza delle circostanze di tempo, di luogo e dell'attività da svolgere (un conto è la vigilanza in aula durante l'attività didattica, che normalmente si svolge con gli la presenza dell'insegnante e gli alunni ai propri banchi, altro è la vigilanza quando gli alunni sono "in movimento", perché ad es. accedono ai bagni o al cortile durante l'intervallo; altro ancora allorché il "movimento" sia esterno alla scuola, come avviene nelle gite scolastiche e nelle uscite didattiche) nonché dell'età e della maturazione degli alunni. Si è ritenuto, inoltre, che l'obbligo di vigilanza abbia rilievo primario rispetto agli altri obblighi di servizio e che, conseguentemente, in ipotesi di concorrenza di più obblighi derivanti dal rapporto di servizio e di una situazione di incompatibilità per l'osservanza degli stessi, non consentendo circostanze oggettive di tempo e di luogo il loro contemporaneo adempimento, il docente deve scegliere di adempiere il dovere di vigilanza (Corte Conti, sez. I, , n. 172). A proposito della durata dell'obbligo di vigilanza, si ritiene che esso sussista in capo alle autorità scolastiche per tutto il tempo in cui gli allievi vengono a trovarsi legittimamente all'interno della scuola fino al loro effettivo licenziamento; ricorre pertanto la responsabilità per le lesioni subite dagli alunni nell'ambito dell'edificio scolastico, anche nel caso in cui il fatto si sia verificato al di fuori dell'orario delle lezioni, ove ne sia consentito l'anticipato ingresso nella scuola o la successiva sosta (Cass., sez. III, , n. 1623). In applicazione di tale principio, l'affidamento di un minore da parte dei genitori ad un istituto scolastico implica, per questo e per chi agisce su suo incarico, l'obbligo di vigilare il minore, controllando, con la dovuta diligenza e l'attenzione richiesta dall'età e dal grado di INDIRE

10 maturazione fisico-psichica, che questi non venga a trovarsi in situazioni di pericolo con conseguente possibilità di pregiudizio per la sua incolumità; tale sorveglianza deve essere esercitata dal momento iniziale dell'affidamento fino al subentro, almeno potenziale, dei genitori o di persone da questi incaricate (Cass., sez. I, , n. 3074, la quale ha confermato la sentenza di merito che aveva condannato un istituto tecnico statale al risarcimento dei danni subiti da un minore che, uscito anticipatamente dalla scuola per l'assenza dell'insegnante che avrebbe dovuto tenere lezione nell'ultima ora, era stato accoltellato da alcuni giovani rimasti sconosciuti); non possono costituire esimenti dalla responsabilità della scuola le eventuali disposizioni date dai genitori (come ad esempio, quella di lasciare il minore senza vigilanza in un certo luogo) potenzialmente pericolose per il minore, derivandone, ove attuate, una situazione di possibile pregiudizio per l'incolumità dello stesso (Cass., , n. 5424). Dai principi ora esposti deriva l'inopportunità di adottare disposizioni interne all'istituto scolastico finalizzate a richiedere ai genitori degli allievi la "autorizzazione" al ritorno a casa di questi ultimi non accompagnati da persona maggiorenne. Tali autorizzazioni, infatti, non costituiscono causa esimente la responsabilità dell'istituto scolastico per le lesioni eventualmente riportate dall'allievo dopo l'uscita da scuola, ma sono prova della consapevolezza da parte dell'amministrazione e dei suoi organi di detta modalità di uscita da scuola degli alunni, risolvendosi così in un'implicita ammissione dell'omissione di sorveglianza sugli stessi. Al fine di rispettare il dovere di vigilanza sugli allievi, l'istituto scolastico può adottare i seguenti comportamenti: a) la formale dichiarazione (ad, esempio, attraverso circolari alle famiglie) di non accettare autorizzazioni all'uscita degli alunni non accompagnati; b) il coinvolgimento della Amministrazione locale diretto alla più idonea organizzazione del servizio di trasporto scolastico; c) la previsione e gestione di attività didattiche o ricreative complementari o integrative, ovvero di servizi di semplice post-accoglienza degli alunni. Sul piano giuridico, tale atteggiamento degli organi dell'istituto scolastico si può considerare congruo e, pertanto, difendibile eventualmente anche sul terreno giudiziario. Analogamente, la necessità di garantire la vigilanza sugli alunni negli altri momenti della vita a scuola (certamente più caratterizzanti di quanto non sia il momento dell'uscita da scuola) deve diventare uno degli elementi da valutare nella pianificazione generale dell'organizzaione, pur senza che tale aspetto diventi "psicologicamente" prevalente. La responsabilità del dirigente scolastico Il capo d'istituto è titolare di funzioni di carattere amministrativo: fra i suoi obblighi di servizio non è compreso il dovere di vigilanza sugli allievi. Si è sempre ritenuto, infatti, che in tema di responsabilità del precettore per le lesioni subite dall'allievo nel tempo in cui è a lui affidato, il capo d'istituto per la sua attività meramente organizzativa e di controllo sugli operatori scolastici non possa essere considerato come un precettore, bensì come un organo interno all'amministrazione scolastica. (Cass., sez. III, , n. 5663; Cass., sez. III, , n. 3888; Corte Conti, sez. I, , n. 174). Il dirigente scolastico, avendo compiti di organizzazione e controllo, può essere responsabile a diverso titolo: egli è, infatti, obbligato a garantire la sicurezza della scuola, al fine di evitare possibili fonti di rischio, provvedendo al riguardo in modo appropriato (si tratta di un obbligo di mezzi e non di risultato, nel senso che il capo d'istituto è tenuto ad adottare i provvedimenti di propria competenza o, se del caso, a richiedere l'intervento di altri organi competenti). La responsabilità del dirigente scolastico può rientrare alternativamente nella previsione dell'art c.c. (per esempio, in caso di danni dovuti a deficienze organizzative imputabili allo stesso) oppure dell'art c.c. (in caso di danni causati da cose in custodia). INDIRE

11 La prima ipotesi ricorre, ad esempio, qualora il capo d'istituto non predisponga soluzioni idonee ad impedire il verificarsi di eventi dannosi durante i cambi di turno tra i professori, affinché sia assicurata la continuità della vigilanza nelle classi (Tribunale Catania, ). Per quanto riguarda la seconda ipotesi di responsabilità, il capo d'istituto è considerato come custode delle attrezzature scolastiche ai sensi e per gli effetti dell'art c.c., mancando una norma che attribuisca ad un diverso soggetto lo specifico potere di custodia delle stesse; al dirigente scolastico è attribuita, inoltre, a causa degli ampi poteri gestionali e operativi di cui è titolare e del potere giuridico di disporre dell'edificio scolastico, la disponibilità di fatto e giuridica delle attrezzature scolastiche, mentre gli insegnanti hanno un potere di fatto limitato e controllato sulle stesse. Sul fondamento di questi principi, il dirigente scolastico è tenuto ad adottare tutte le misure idonee ad evitare eventi dannosi; qualora la situazione di pericolo derivi dalla presenza di una attrezzatura (sono frequentemente causati danni dall'utilizzazione di scivoli o altri giochi da giardino non adeguatamente installati od oggettivamente pericolosi), non può essere considerata cautela sufficiente ad escludere la responsabilità per il danno derivante dall'uso di tale attrezzatura il divieto impartito agli insegnanti di permetterne l'utilizzazione agli allievi, se non è accompagnato dai provvedimenti necessari per sottrarre al personale docente l'attrezzatura ed impedirne così l'uso agli allievi (Cass., sez. III, , n. 9047; Cass ). La responsabilità del personale amministrativo In senso tecnico, il personale ausiliario della scuola non ricopre la qualifica di "precettore". Si deve osservare, tuttavia, che nel profilo professionale dei collaboratori scolastici rientrano anche compiti di vigilanza degli alunni. La contrattazione collettiva (tabella A profili di area del personale ATA del CCNL ) attribuisce al collaboratore amministrativo il compito di sorvegliare gli allievi limitatamente al caso di momentanea assenza degli insegnanti. Il collaboratore scolastico è responsabile per i danni subiti dagli alunni a causa della sua omessa vigilanza, solo se aveva precedentemente ricevuto l'affidamento dei medesimi. Per riconoscere l'esistenza di tale responsabilità, si ha riguardo al concreto affidamento dei compiti di sorveglianza, prescindendo dall'individuazione delle mansioni legittimamente inerenti al profilo professionale. 3 - Le forme assicurative Le scuole possono essere interessate a diverse forme di assicurazione. In questa sede saranno trattate quelle inerenti all'infortunio scolastico; con questa espressione si definisce il fatto generatore di danno (in genere lesioni personali) subito dall'alunno nel tempo in cui era affidato all'istituzione scolastica. A) Un primo tipo di forma assicurativa, obbligatoria, è costituito dalla assicurazione sociale contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, per i lavoratori tutelati per disposizione di legge dall'i.n.a.i.l. (D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124). Per quanto concerne la scuola, tale assicurazione si estende: 1) agli insegnanti e agli alunni delle scuole o istituti di istruzione di ogni ordine e grado, pubblici e privati, che attendano ad esperienze tecnico scientifiche ed esercitazioni pratiche, o che svolgano esercitazioni di lavoro; INDIRE

12 2) agli istruttori e agli allievi dei corsi di qualificazione e riqualificazione professionale o di addestramento professionale anche aziendale, o dei cantieri di scuola, comunque istituiti e gestiti, nonché i preparatori, gli inservienti e gli addetti alle esperienze ed esercitazioni tecnico pratiche o di lavoro. Nell'interpretazione di questa norma, il Ministero della Pubblica Istruzione (con Circolare 18 settembre 1992) ha chiarito che rientra tra gli infortuni assicurati quello subito dagli alunni o dai docenti durante l'attività di educazione fisica. Si tenga presente che, affinché l'infortunio sia assicurato, è necessario che si verifichi "in occasione di lavoro", il che accade ogniqualvolta il lavoro fa sorgere il rischio da cui deriva l'infortunio. Tale presupposto ricomprende perciò anche i casi di infortunio subito dal lavoratore nel percorso per giungere al luogo di lavoro e per tornare alla propria abitazione (c.d. infortunio in itinere). B) Un secondo tipo di forma assicurativa, facoltativa, si ottiene mediante la stipulazione di un contratto di assicurazione L'assicurazione è il contratto con il quale l'assicuratore, verso il pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l'assicurato, entro i limiti pattuiti, del danno ad esso prodotto da un sinistro, ovvero a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana. Nel primo caso si tratta di assicurazione contro i danni, nel secondo di assicurazione sulla vita; il contratto ha la funzione di trasferire, verso il pagamento di un corrispettivo, il rischio dell'assicurato all'assicuratore. Il rischio che il contratto consente di trasferire è quello derivante da caso fortuito, forza maggiore, fatto doloso o colposo di terzi (compresi i dipendenti dell'assicurato) e fatto dell'assicurato, se commesso con colpa lieve; i danni provocati con dolo o colpa grave dell'assicurato, invece, non sono assicurabili, salvo che le parti non stabiliscano diversamente per i casi di colpa grave. Il contratto di assicurazione fa parte della categoria dei contratti di adesione, è cioè redatto secondo modelli uniformi dalla impresa assicuratrice, con clausole non contrattabili individualmente. È un contratto consensuale (si conclude con la manifestazione del consenso delle parti) e inizia a decorrere dalla mezzanotte del giorno della sua stipulazione. La prova del contratto deve essere fornita per iscritto attraverso la polizza di assicurazione. Esistono due tipi di assicurazione: l'assicurazione contro i danni e l'assicurazione sulla vita. L'assicurazione contro i danni copre il rischio al quale sono esposti i beni e i diritti patrimoniali dell'assicurato; la natura di tale contratto è indennitaria, l'assicurato cioè ha diritto ad ottenere dall'assicuratore il risarcimento del danno subito, limitatamente all'ammontare di questo danno. È compresa in tale tipo di assicurazione l'assicurazione della responsabilità civile, la quale indennizza il rischio a cui il patrimonio dell'assicurato è esposto a causa della sua responsabilità civile. La responsabilità civile dedotta nel contratto può essere sia quella contrattuale (per inadempimento di un'obbligazione, v. supra), sia quella extracontrattuale (per fatto illecito, v. supra), mentre resta esclusa in ogni caso quella derivante da un comportamento doloso. L'assicurazione sulla vita ha, invece, natura previdenziale. Essa, diversamente dall'assicurazione contro i danni, può essere stipulata per qualsiasi somma, non operando come limite l'ammontare del danno subito dal beneficiario. Rientra in questa forma di assicurazione l'assicurazione contro gli infortuni (infortuni sul lavoro, nella circolazione stradale ecc.). INDIRE

13 Per quanto riguarda la scuola, normalmente (anche se l'oggetto del rapporto varia da polizza a polizza) le istituzioni scolastiche stipulano un contratto di assicurazione contro i danni derivanti da responsabilità civile e un contratto di assicurazione per infortuni. L'assicurazione per la responsabilità civile ha la funzione di tenere indenne l'amministrazione scolastica di quanto essa sia tenuta a corrispondere, in quanto civilmente responsabile ex art. 28 Cost., a titolo di risarcimento dei danni involontariamente causati a terzi da propri dipendenti (personale docente e non docente), nell'esercizio dei compiti inerenti alla qualifica ricoperta da ciascuno (in particolare per i danni cagionati dagli alunni sottoposti alla vigilanza ex artt e 2048 c.c.). Con riferimento a questi contratti, devono essere trattati alcuni aspetti attinenti all'area del rischio assicurato (profilo oggettivo) e all'individuazione del soggetto assicurato (profilo soggettivo). Il rischio assicurato La garanzia deve essere coerente con la tipologia di attività che l'istituzione scolastica intenda porre in essere nel periodo assicurato: la garanzia deve essere resa oggettivamente coincidente con tali attività. Dal punto di vista oggettivo, l'amministrazione scolastica può discrezionalmente determinare e delimitare l'area del rischio assicurato in relazione alle proprie specifiche scelte contingenti: può circoscriverla, ad esempio, a fatti connessi all'omissione di vigilanza da parte del personale ad essa tenuto; oppure può estenderla ad ogni fatto, purché non doloso, dei dipendenti e quindi anche alla deficienza organizzativa del capo d'istituto che sia fonte di danno; o ancora, può ricomprendervi ogni attività dell'istituzione scolastica purché deliberata da questa, ecc. Più la descrizione delle attività ricomprese nella copertura assicurativa coincide con quelle che la scuola attua, più quest'ultima (e il suo personale) risulterà tutelata. Al riguardo è opportuna una certa attenzione e precisione sin dalla fase di descrizione sul piano linguistico delle attività assicurate. Ad esempio, l'uso della locuzione "attività scolastica" si presta ad ambiguità. E' ben vero che sarebbero da considerare attività scolastiche, secondo la definizione contenuta nell'art. 1, comma 1 bis, del D.P.R n. 567 nel testo integrato dal D.P.R , n. 156 "tutte le attività organizzate dalle istituzioni scolastiche sulla base di progetti educativi, anche in rete o partenariato con altre istituzioni e agenzie del territorio" ed in particolare, sono da considerare attività scolastiche a tutti gli effetti, ivi compresi quelli dell'ordinaria copertura assicurativa I.N.A.I.L. per conto dello Stato e quelli connessi alla tutela del diritto d'autore, tirocini, corsi post-diploma, attività extracurricolari culturali, di sport per tutti, agonistiche e paragonistiche e, comunque, tutte le attività svolte in base al presente decreto". Tuttavia, l'istituto assicuratore potrebbe propendere per un'interpretazione della locuzione in senso restrittivo come riferita alle sole attività curricolare, con esclusione della altre attività extra-curricolari o di ampliamento dell'offerta formativa. Inoltre, laddove si vogliano includere fra le attività assicurate quelle organizzate nei locali scolastici da terzi (genitori, amministrazione locale, ecc.) di cui l'istituzione scolastica, pur senza utilizzare il proprio personale, assuma comunque la "paternità", sarà necessaria una specifica menzione nella polizza. Si noti infatti che l'ampliamento delle attività che possono dare luogo a responsabilità civile del soggetto garantito determina un aumento del rischio, che costituisce l'oggetto del contratto di assicurazione, astrattamente idoneo a consentire un aumento del premio: ne deriva che l'uno e l'altro elemento debbano formare oggetto dell'accordo fra le parti (art c.c.). INDIRE

14 Il soggetto assicurato Dal punto di vista soggettivo, invece, occorre sottolineare che l'accezione di "soggetto assicurato" deve necessariamente comprendere l'amministrazione scolastica. Ciò per esempio non avviene ove la definizione di soggetto assicurato corrisponda alla locuzione "le persone per conto delle quali è stato versato il premio" e cioè il personale e gli alunni, ove all'amministrazione è dato il solo ruolo di "contraente. Nella polizza, cioè, si deve specificare (affinché l'assicurazione sia utile all'istituzione scolastica) che soggetto assicurato è (anche o soltanto) "l'amministrazione scolastica per il fatto dei propri dipendenti ed alunni" e (non solo) il dipendente scolastico. Anche il Ministero della Pubblica Istruzione si è espresso su questo punto, invitando con Circolare Divisione VI n del 30 maggio 1996 le istituzioni scolastiche a vigilare in tal senso all'atto della stipulazione delle relative polizze. In tale senso un contratto nel quale soltanto l'operatore scolastico (docente o personale ATA) sia soggetto assicurato potrebbe essere fatto valere in giudizio (chiamando in garanzia la compagnia di assicurazione) dal solo operatore scolastico, se convenuto unitamente all'amministrazione scolastica e se ed in quanto risulti avere pagato il premio. La seconda circostanza è eventuale, in considerazione del fatto che generalmente si tratta di polizze cumulative ad adesione volontaria da parte dei singoli operatori scolastici. La prima circostanza non può legittimamente verificarsi dal punto di vista giuridico, poiché il docente è privo di legittimazione nell'eventuale causa risarcitoria instaurata dal terzo (genitore o esercente la potestà sul minore), salvo che non vi sia stato uno specifico fatto doloso o gravemente colposo, come previsto dall'art. 61 della legge n. 312 del 1980, che limita, con efficacia anche nei rapporti con i terzi, la responsabilità del personale scolastico nell'esercizio della vigilanza sugli alunni ai soli casi di dolo o colpa grave. Tale principio ha carattere generale e vale tanto nelle ipotesi in cui, in conseguenza della omessa vigilanza, il comportamento dell'alunno abbia causato danni a terzi in quanto in quelle in cui l'alunno sia vittima dell'evento dannoso da lui stesso causato. Nel caso di assicurazione del solo dipendente scolastico, dunque, unico legittimato all'azione in garanzia verso l'assicurazione è il solo dipendente e non anche il Ministero né l'istituzione scolastica. Al fine di garantire una copertura assicurativa efficace ed effettiva, pertanto, l'istituzione scolastica dovrebbe prevedere sin dalla lettera di richiesta dei preventivi, come disciplinato dall'art. 34 D.M. 1 febbraio 2001, n. 44, che non verranno prese in considerazione offerte non accompagnate dall'impegno a considerare l'amministrazione scolastica come soggetto assicurato, includendo nella polizza la conseguente specificazione. Il finanziamento della somma corrispondente al premio di assicurazione (che dovrà essere iscritta in bilancio sia come entrata che come uscita) potrà essere ottenuto mediante la contribuzione volontaria da parte degli stessi insegnanti (resi edotti della descritta situazione giuridica) o dei genitori, costituente donazione di modico valore. L'assicurazione per infortuni è invece meno problematica ed è in genere stipulata con riferimento ai dipendenti (per il rischio professionale), e agli alunni (relativamente ad attività scolastiche e parascolastiche, incluse anche gite o uscite didattiche regolarmente autorizzate e deliberate). Le clausole di rinnovo tacito E' il caso di segnalare che frequentemente le polizze di assicurazione per la responsabilità civile degli istituti scolastici recano una clausola di rinnovo del contratto salvo disdetta. Tali clausole, in genere, prevedono che, ferma restando la durata del contratto come pattuita (in genere, un anno scolastico), "in mancanza di disdetta da comunicarsi mediante lettera raccomandata spedita almeno tre mesi prima della scadenza, il contratto di assicurazione si intende prorogato per un anno e così successivamente". INDIRE

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