IL RACHIDE- LA SCOLIOSI-LA ROTAZIONE VERTEBRALE-LA MISURAZIONE DELLA

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1 IL RACHIDE- LA SCOLIOSI-LA ROTAZIONE VERTEBRALE-LA MISURAZIONE DELLA ROTAZIONE VERTEBRALE PATOLOGICA. P. Raimondi DIMEG Facoltà di Scienze motorie INTRODUZIONE Descrivere il movimento di rotazione di una colonna vertebrale e valutarne matematicamente il grado di rotazione è molto difficile, problematico e inesatto date le enormi variabili a cui le vertebre sono soggette nella dinamica delle varie coordinate spaziali. E altresì difficile poiché lo studio radiologico non permette la valutazione tridimensionale e quantunque lo permettesse non potrebbe farlo se non in una situazione statica. Lo studio biomeccanico non permette la valutazione di una struttura così dinamica, non assimilabile peraltro a nessuna delle altre strutture in natura, in una struttura viva che istantaneamente e continuamente assume posture diverse: posture ancorché impercettibili quali quelle posturali interne. Lo studio sul cadavere sminuisce la funzionalità della colonna che deve essere studiata nel suo dinamismo e non permette di studiarla in rapporto alle forze gravitazionali e ai carichi aggiunti e alle reazioni antigravitarie. Quindi quando si studia o si parla di colonna vertebrale, se ne parla tenendo conto che bisogna tenere in considerazione i margini di errore, che, oltretutto sono rilevati in maniera ipotetica-deduttiva, anche se si avvicinano il più possibile alla realtà. DISCORSO PRELIMINARE Parlare di misurazione della rotazione dei costituenti vertebrali sul piano orizzontale, significa in primo luogo parlare di colonna vertebrale. Dalla colonna vertebrale iniziamo questa parte del lavoro, riprendendo alcuni principi come rielaborazione mnemonica. In prima istanza quando parliamo di colonna vertebrale non dobbiamo visualizzarla come un disegno, una diapositiva, una radiografia, ma dobbiamo rappresentarla mentalmente come un volume. Più esattamente quando pensiamo ad una colonna vertebrale dobbiamo immaginarla come una successione di volumi, diversi uno dagli altri, posti uno sopra all altro, intercalati a dischi elastici. Questi volumi, corpi vertebrali, sono mantenuti in sede e legati fra loro da complessi rigidi, semielastichi ed elastici e danno luogo ad una struttura vertebrale. Dobbiamo ancora pensare che questa struttura assume una particolare configurazione sinuosa, in rapporto alla conformazione delle vertebre ed è posta entro un volume, il torace, solidamente incernierato a questo, eccentricamente. L insieme così descritto ha una mobilità più o meno accentuata nei vari piani dello spazio in rapporto ai costituenti articolari. La parte più alta di questa struttura vertebrale dobbiamo immaginarla come sostegno del volume capo, con un elevato grado di movimento eccentrico. La

2 zona più bassa dobbiamo considerarla ad incastro fra due strutture rigide, gli emibacini, ancorata a questi da potenti legamenti che nonostante tutto permettono alla base rachidea di effettuare micromovimenti. Pensando alla colonna vertebrale in questi termini è più facile immaginare la difficoltà che i grandi sistemi di collegamento muscolare hanno per mantenere in verticale questa struttura colonnare e in equilibrio i volumi del torace e del capo che sostiene. Per quanto riguarda i muscoli quali sistemi che agiscono a tiranti della colonna vertebrale, che debbono mantenere l equilibrio fra il peso eccentrico del corpo e le controforze muscole legamentose agenti su ciascuna vertebra, essi sfruttano linee di forza verticali, oblique che si esprimono su ogni vertebra e su tutto il complesso vertebrale. Il rachide quale lunga colonna sinuosa verticale, per i numerosi collegamenti muscolari è soggetta a forze di trazione, di compressione e forse a taglio, allorquando si allontana dalla verticale nel suo cono di mobilità con vertice sul sacro, che si distribuiscono su ogni vertebra tramite i corpi, i dischi intervertebrali, le articolazioni posteriori e si trasmetto con aliquote diverse, verso il basso, in rapporto alla posizione che la colonna vertebrale assume nello spazio. Le piccole articolazioni aiutano a mantenere anche l equilibrio negli spostamenti assiali. In merito ai carichi è bene accennare che la colonna vertebrale deve reagire soprattutto con la muscolatura dorsale alla forza gravitazionale che tende a squilibrarla avanti, sul piano sagittale ma insieme alle vertebre e ai dischi anche ai carichi assiali. La deambulazione, la postura di un arto inferiore si ripercuote su un primo livello di collegamenti e da qui ai livelli sovrastanti caricando di energia il segmento su cui i muscoli sono inseriti. Nei distretti sovrastanti le forze provenienti dal cingolo scapolo-omerale agiscono allo stesso modo provocando forze con direzione spiroide verso il basso. A causa di ciò la colonna vertebrale è costretta ad adattarsi a continue modificazioni posturali, continui equilibri tensionali. Per il rachide dorsale i costituenti articolari agendo sulle cerniere costiformi, possono modificare temporaneamente l assetto del torace. La forza spiroide, prodotta dalla energia muscolare che si trasmette lungo la colonna vertebrale, incontra tutte le generatrici secondo un angolo che è in rapporto all orientamento delle curve e, fintanto che queste si equilibrano, il rachide non subisce alterazioni. Se però per qualsiasi causa, la colonna vertebrale perde il suo equilibrio e le curve perdono il loro orientamento, le forze spiroidi possono produrre alterazioni dell allineamento del rachide. L esempio dei tiranti può essere utile per spiegare l orientamento delle forze dei muscoli ma non certo per spiegare le curve del rachide. Generalmente anche quando si prendono in esame le curve del rachide esse si considerano sempre su un piano, immaginando i loro spostamenti sul piano frontale o sagittale. Non si considera invece lo spostamento su un sistema di coordinate, forse perché ritenuto ovvio ma che risulta fondamentale

3 per ogni tipo di valutazione. Un conto è pensare ad una curva su un piano un conto è pensare ad un volume, che si muove su tre piani. Parliamo per un attimo di meccanica. La funzione delle curve della colonna vertebrale è quella di assorbire i carichi notevoli e di orientare le forze assiali in varie direzioni; è quella di assorbire i carichi in maniera elastica ed è quella che permette un enorme variabilità di movimenti. Se il rachide fosse stato concepito come osso lungo, senza snodo, e incernierato sul sacro, le sollecitazioni e le eventuali tensioni sarebbero state impossibili. La conformazione sinuosa permette una notevole flessibilità perché il lavoro effettuato dalle curve non è a se stante, ma è reciproco e compensatorio fra una curva e l altra: in tal modo la colonna vertebrale risulta solidale ma sempre più mobile man mano che si sviluppa verso l alto. LE COORDINATE TRIDIMENSIONALI Per continuare la nostra esposizione codifichiamo ora alcuni termini e alcune situazioni meccaniche. Stabilità rachidea è la funzione con cui le vertebre permangono in rapporto fisiologico fra loro. Instabilità rachidea è la perturbazione o il processo patologico che induce ad alterare i rapporti fra una vertebra e l altra, fra i vari segmenti rachidei. Movimenti d insieme sono considerati tutti i movimenti effettuati in toto dalla colonna vertebrale Movimenti complessi sono considerati tutti i movimenti semplici combinati fra loro. Campo di movimento è considerato lo spazio entro cui si muove la colonna vertebrale che si esprime con la flesso-estensione, l inclinazione, la rotazione. Invariante è il mantenimento di valori o proprietà che non debbono cambiare neanche in seguito a trasformazioni. E opportuno ora considerare da cosa scaturiscono ui movimenti semplici. Lo studio del rachide deve essere fatto tenendo conto di alcuni assi convenzionali che introducono al concetto di tridimensionale. E bene osservare allora che una vertebra può essere impropriamente giustificata come un giunto con 6 gradi di libertà su cui possono agire 12 forze lineari o rotatorie (White- Panjabi). Questo ci permette di descrivere il movimento delle vertebre su tre assi x,y,z. La rotazione attorno all asse x o asse trasversale avviene sul piano sagittale su un arco di circonferenza passante per le apofisi articolari che ha il centro di movimento a livello centrale sul piatto del corpo vertebrale sottostante. Solo per C2, C3 il centro di rotazione si trova sul corpo C 4 ( R. Louis) Questa rotazione permette movimenti di flesso-estensione.

4 La rotazione attorno all asse Y avviene sul piano orizzontale intorno ad un asse verticale, variabile in rapporto al segmento rachideo interessato e produce movimenti di rotazione propriamente detti. Per le vertebre cervicali il movimento di rotazione si inserisce su un segmento d ellisse il cui asse di movimento è localizzato quasi al centro del canale rachideo. Per le vertebre toraciche l asse di movimento è sul centro del corpo vertebrale e per le vertebre lombari è localizzato sul processo spinoso. La rotazione attorno all asse Z o asse antero posteriore avviene sul piano frontale attorno ad un asse antero-posteriore passante per il piatto del corpo vertebrale sottostante (anteriormente) e sul processo spinoso (posteriormente) e produce movimenti di inclinazione laterale. Ora, finché la vertebra sovrastante si mantiene in equilibrio sulla vertebra sottostante e non produce nessun tipo di rotazione sull asse x,y, z, il carico continua a ripartisri simmetricamente sulle superfici portanti, mantenendo la sua stabilità. Allorquando qualsiasi perturbazione modifica il carico assiale, per cui questo diviene decentrato, ripartendosi in maniera asimmetrica sulle superfici portanti, la vertebra è soggetta alla instabilità. In questo ultimo caso si generano forze a compressione da un lato e forze a trazione dal lato opposto. Queste forze sono in rapporto direttamente proporzionale al grado di allontanamento della vertebra rispetto all asse fisiologico e in funzione della rotazione della vertebra su uno dei suoi assi. Per quanto sopra le forze a compressione si trovano dal lato della concavità di una curva rachidea sul piano frontale e le forze di trazione si trovano dal lato convesso. Le forze sulla colonna vertebrale, senza considerare carichi aggiunti, si generano da due punti di applicazione dati dalle articolazioni occipito-atlantoidee e si susseguono su tre direttive localizzate sul corpo vertebrale e sui processi articolari posteriori fino alla quinta vertebra lombare. Da qui le forze convergono sul piatto sacrale e si orientano sulle creste iliache. FLESSO ESTENSIONE E INCLINAZIONE E importante rilevare contrariamente alla terminologia classica che la flessione e l estensione del dei segmenti rachidei non corrispondono a quella che realmente si osserva del busto. La flessione anteriore o avvolgimento dell unità busto pur essendo considerata una flessione del busto avanti, produce una estensione del rachide cervicale una ulteriore flessione del rachide dorsale, una estensione del rachide lombare, una flessione del rachide sacrale. Al contrario una estensione del busto indietro, o flessione dorsale, comporta una ulteriore flessione della colonna cervicale, una estensione della colonna dorsale, una ulteriore flessione del rachide lombare, una estensione sacrale. Su queste basi continuiamo il nostro lavoro chiarendo che i movimenti di flesso-estensione sono la risultante della somma dei singoli movimenti che si producono fra due vertebre vicine. Per parlare

5 allora di flessione o estensione del rachide dobbiamo discernere questo movimento d insieme in rapporto ai vari segmenti. SEGMENTO LOMBARE Durante la flessione del rachide avanti, il tratto lombare si pone in estensione. Il corpo della vertebra sovrastante ruota anteriormente (asse X) intorno al suo asse trasversale e pone il disco intervertebrale in una conformazione cuneiforme con aumento dello spazio vertebrale posteriore. Sistemi frenanti in questo movimento sono il legamento longitudinale posteriore, interspinoso, sovraspinoso, la parte posteriore dell anello fibroso e i legamenti gialli. Nella estensione del rachide il tratto vertebrale si pone in iperflessione. Si hanno situazione inverse e l ampiezza di movimento è frenata dalla parte anteriore dell anello fibroso e dal legamento longitudinale anteriore. Durante il movimento di iperflessione si verifica una situazione meccanica per cui la colonna vertebrale lombare produce una notevole forza a livello delle vertebre L4-L5, che tende a dar scivolare l ultima vertebra avanti. In tal modo la L5, gravando meno sulla base del sacro, è ancor più costretta nello scivolamento in avanti dal legamento ileo-lombare inferiore che si tende durante la flessione: ciò perché l orientamento delle sue linee di forza di questo legamento sono anteriori. Nella iperflessione le faccette articolari si incuneano e le apofisi spinose si avvicinano e possono toccarsi. I processi spinosi tozzi e corti permettono un gran movimento che rimane sostenuto prevalentemente dai dischi intervertebrali che sono 1/3 dello spessore del corpo. Nella inclinazione laterale la vertebra sovrastante comprime il disco sottostante che tende a spostarsi verso il lato opposto all inclinazione. Le faccette articolari dal lato dell inclinazione vanno soggette a compressione mentre dal lato concavo le strutture muscolo-legamentose vanno soggette a trazione.: in questo caso i sistemi muscolo-tendinei fanno da motori frenanti al movimento. Radiologicamente, in alcuni casi si evidenzia che la 5 lombare risulta inclinata dal lato opposto alla direzione dell inclinazione. SEGMENTO DORSALE La flessione e l estensione del rachide dorsale mantengono i loro movimenti e la loro terminologia tradizionale. La flessione è intesa anteriormente l estensione posteriormente. Nella flessione la limitazione del movimento è data oltre che dai soliti sistemi frenanti, anche dalle coste. A livello dorsale la flessione è caratterizzata dalla apertura posteriore delle vertebre e dalla chiusura anteriore delle coste.nei movimenti di estensione c è una forte limitazione dovuta alle apofisi spinose molto allungate e oblique verso il basso che precocemente si toccano. La limitazione articolare in tutti i movimenti del rachide dorsale è limitata anche perché i dischi intervertebrali sono 1/6 dello

6 spessore del corpo vertebrale. La scarsa ampiezza articolare non sollecita molto il legamento longitudinale anteriore. L inclinazione laterale di questo tratto oltre che dai consueti movimenti vertebrali ha una sua meccanica legata al torace. Durante il movimento la cassa toracica si solleva dal lato opposto alla inclinazione mentre gli spazi intercostali si aprono: ovviamente dal lato opposto le coste si abbassano gli spazi intercostali si chiudono. Nella regione cervicale la caratteristica biomeccanica principale è data dal corpo della vertebra cervicale assimilabile a un rettangolo, e dai dischi intervertebrali che sono 1/3 dell altezza del corpo vertebrale. Questa morfologia ossea fornisce alle vertebre una buona mobilità e nello stesso tempo una notevole stabilità. La complessità della regione cervicale che non affrontiamo in maniera completa ci induce ad osservare gli elementi essenziali. Anche in questo tratto, nella flessione del tronco il rachide cervicale si estende e nella flessione si iperflette. Nella flesso-estensione, pur se generalmente i movimenti avvengono come nelle altre vertebre, hanno gran rilievo le articolazioni unco-vertebrali che, in un certo modo orientano il movimento. Queste articolazioni fanno si che il movimento di inclinazione laterale non sia mai un movimento semplice ma un movimento combinato da inclinazione-rotazione, in rapporto all asse verticale, definito nel caso specifico asse misto di rotazione-inclinazione. La spiegazione meccanica del movimento di inclinazione-rotazione è data anche dalla conformazione delle faccette articolari. Le faccette superiori guardano in altodietro quelle inferiori in basso avanti e sono inclinate di circa 45. Ciò fa si che l inclinazione laterale si accompagni obbligatoriamente alla piccola rotazione fisiologica. Nell inclinazione laterale le articolazioni unco-vertebrali permettono movimenti lievi avendo queste il compito di mantenere costante il rapporto metamerico. La peculiarità delle vertebre cervicali è quella di presentare delle apofisi forate per dar passaggio alle arterie vertebrali. ROTAZIONE SUL PIANO ORIZZONTALE Si ha rotazione delle vertebre quando i segmenti rachidei ruotano intorno ad un asse verticale, facendo compiere alla vertebra uno spostamento sul piano orizzontale. La rotazione porta a considerare che più vertebre ruotate lungo un segmento induce la colonna in torsione ove ritroviamo tutti i movimenti d insieme e tutte le componenti delle forze lineari e rotatorie di ogni singola vertebra. Fisiologicamente la rotazione vertebrale propriamente detta, si ha quando vi è uno spostamento del cingolo scapolo-omerale o del bacino. In questo movimento la rotazione della colonna è progressiva su tutti gli elementi vertebrali. Più che di semplice torsione si potrebbe parlare di torsione elicoidale poiché ogni elemento che ruota rispetto agli altri si dispone in maniera tale da formare una immaginaria linea elicoidale.

7 Uno studio particolareggiato della rotazione della colonna ci induce ad assimilarla al concetto ruota asse, Per produrre una rotazione dell asse la forza può essere applicata sia sull asse che sul bordo del complesso, cioè sulla ruota che circonda l asse. Le ruote di un auto girano tramite una forza trasmessa per mezzo dell asse ma a sua volta però girando la ruota si può agire sull asse. Prendiamo in esame una sezione trasversale del torace. I muscoli rotatori, il multifido, il semispinale esplicano delle forze che agiscono sull asse, cioè sulla colonna vertebrale, mentre l obliquo dell addome e l ileocostale trasmettono la forza sulla circonferenza della ruota, cioè sul torace; nel secondo caso le forze del torace si trasmettono sulla colonna. Questo primo esempio ci porta a considerare che una rotazione può essere semplice, cioè provocata dalla colonna o dal torace o composta cioè provocata da ambedue le forze che colonna e torace identificano. Un altra considerazione è quella che la colonna vertebrale deve esprimere una estensione per esprimere il massimo di rotazione. Una prova pratica può essere da esempio. Dalla posizione seduta proviamo a ruotare il torace. Ci accorgiamo qualsiasi sia la curva del rachide, che la rotazione massimale può esprimersi esclusivamente iperestendendo le curve. Più le curve si distendono, maggiore è il grado di rotazione che si può raggiungere. Ciò in linea generale e in rapporto al tratto di colonna che ruota. Nella rotazione di una vertebra su un piano orizzontale è dimostrato che la rotazione è definita dalla disposizione delle faccette articolari e dell orientamento di queste. Per quanto riguarda la rotazione lombare, l aumento notevole del volume fra una vertebra e l altra fa si che l asse di rotazione di queste vertebre sia sempre spostato verso il processo spinoso, questo provoca uno scivolamento del corpo vertebrale superiore rispetto a quello inferiore che agendo sul disco ne limita la rotazione e ne aumenta la trazione in senso laterale con riduzione del movimento. Per quanto riguarda la rotazione fisiologica del rachide lombare, il valore medio di rotazione è di 2 ( White-Panjabi). La rotazione del rachide dorsale risulta molto diversa da quella del rachide lombare a causa della posizione delle faccette articolari delle vertebre. Nel segmento toracico la torsione sollecita il disco solo in rotazione ma non in trazione. Questo permette una più ampia rotazione delle vertebre toraciche. Valore che si riduce per le ultime quattro vertebre sottostanti per allinearsi al valore della 1 vertebre lombare. Nel tratto cervicale, molto complesso, la rotazione raggiunge valori medi di cira 12. La rotazione del tratto cervicale induce a particolari compensazioni. Per il rachide inferiore i movimenti di rotazione vengono compensati dal rachide superiore mentre la rotazione del rachide superiore viene compensata dal rachide inferiore. OSERVAZIONE SULLA MOBILITA VERTEBRALE Dagli studi di White-Panjabi rileviamo quanto segue.

8 Rotazione assiale -il valore di rotazione medio del rachide lombare è di circa 3, valore limite 5 -il valore medio del rachide toracico è di circa 5,5, valore limite 11 -il valore medio del rachide cervicale è di circa 9,8, valore limite 28 Inclinazione laterale -il valore di inclinazione medio del rachide lombare è di circa 5,9, valore limite 10 -il valore medio del rachide toracico è di circa 6,5, valore limite 13 -il valore medio del rachide cervicale è di circa 8,5, valore limite 17 Flesso-estensione -il valore medio del rachide lombare è circa 15,6, valore limite 22 -il valore medio del rachide toracico è di circa 6,8, valore limite 20 -il valore medio del rachide cervicale è circa 12,5, valore limite 38 Nota. La media dei valori è stata ricavata sommando l entità delle singolo ampiezze di movimento di ogni vertebra in corrispondenza del rachide interessato dividendo per il numero delle vertebre. Dalla presente analisi non certo esaustiva o esclusiva risulta che il rachide cervicale ha una mobilità superiore a tutti gli altri segmenti rachidei. Dallo studio sulla localizzazione delle curve scoliotiche nelle quattro forme anatomo-radiologiche si può rilevare che: nella curva toracica la vertebra apicale è D9; nelle scoliosi lombari la vertebra apicale è L1? nelle scoliosi toraco-lombari la vertebra apicale della curva è D 10 nelle scoliosi doppie la vertebra apicale è D8 e L1? Noi abbiamo rilevato quanto segue: nel rachide toracico la vertebra D9 è una delle vertebre che ha minor grado di movimento che invece è localizzato fra D8-D9. Nelle scoliosi toraciche la vertebra apicale è D9 la vertebra limite toracica superiore è D6, la vertebra limite inferiore è T12. Nel rachide lombare la vertebra L1 è una delle vertebre che ha il minor grado di movimento che è invece localizzato a L1-L2. Nelle scoliosi lombari la vertebra apicale è L1 la vertebra limite superiore D 11 quella inferiore L3. Nel rachide toraco-lombare la vertebra D10 è una delle vertebre che ha il minor grado di movimento che è invece localizzato fra D8 D9. In queste scoliosi la vertebra apicale è D10, la vertebra limite superiore D6, la vertebra limite inferiore D12.

9 Se analizziamo poi una scoliosi doppia maggiore vediamo che la vertebra apicale toracica è D8, la vertebra apicale è L1, la vertebra limite superiore è D6, la vertebra intermedia D11, la vertebra limite inferiore è L4. Le vertebre D8 e L1 sono però le meno mobili. Tenendo presente le due elaborazioni, risulta che in tutte le vertebre meno mobili è presente la vertebra apicale di una scoliosi. Ciò non è riscontrabile per le vertebre cervicali, la cui percentuale di scoliosi è del 3%.Considerando ora che il sistema nervoso centrale, per mezzo degli organi telecettivi,di equilibrio, dei meccanocettori, cerca sempre di equilibrare un rachide in disequilibrio e considerando che il rachide cervicale ha una notevole mobilità, tanto da facilitare questa ricerca, è possibile che proprio questa facilitazione permetta, in caso iniziale di deviazione del rachide cervicale, di evitare che si instauri una scoliosi? Gli elementi osteo-muscolari in un tratto molto mobile permettono enormi aggiustamenti e compensazioni che in nessun modo possono verificarsi in segmenti meno mobili. Trasgredendo al nostro concetto che non esistono formule o principi meccanici che possono essere ritenuti validi per la colonna vertebrale, facendo riferimento alla formula di Eulero e al principio che qualsiasi cosa tenda a limitare la rotazione di un asta, accresce il carico di ingobbamento, possiamo paragonale la C:V: ad una struttura a cui si può applicare tale formula? LA ROTAZIONE VERTEBRALE PATOLOGICA Abbiamo iniziato il nostro lavoro asserendo che parlare di rotazione patologica sul piano vertebrale significa parlare di scoliosi. Dalla scoliosi quindi continuiamo il nostro lavoro, ritenendo doverosa una stringata sintesi eziologia. Dalle varie ipotesi risultano almeno 6 fattori di studio quali: fattori genetici, fattori metabolici, fattori di crescita, fattori sensoriali, asimmetrie corporee, fattori biomeccanici. Tentiamo innanzitutto di inquadrare la scoliosi. Essa è una curva anomala del rachide che si sviluppa su un sistema di coordinate tridimensionali e un fattore temporale. Questa curva è dovuta anche alla rotazione vertebrale, localizzata a più vertebre che a causa di forze spiroidi coinvolge il rachide. Più sinteticamente è una curva che si sviluppa nello spazio coadiuvata da un movimento di torsione o come scrive Perdriolle è una deformazione antero-posteriore in lordosi generata da un movimento di torsione. E una curva tridimensionale. Puntualizzando il concetto di scoliosi, possiamo riferire che, in merito alla eziologia genetica, gli autori che la sostengono, confermano una ereditarietà multifattoriale che però che però non può essere confermata per tutte le scoliosi. Altri ricercatori che propendono per cause metaboliche non sono riusciti ad evidenziare l agente chimico o enzimatico capace di provocare la scoliosi idiopatica. I fattori di crescita, è accertato, non possono essere la causa scatenante ma certamente possono essere la causa evolutiva della scoliosi.più concreta è la ricerca che si orienta ad indagare

10 sul sistema di equilibrio e sui sistemi sensoriali e di controllo. L ipotesi di asimmetrie costituzionali è sostenuta dal fatto che nell individuo predominano delle lateralizzazioni costituzionali che si abbinano per predisposizione a curve toraciche. La teoria biomeccanica può spiegare i meccanismi evolutivi ma difficilmente può spiegare le cause a meno che la scoliosi non sia di originata da un alterazione dell equilibrio muscolo-tendineo-legamentoso. In merito alla rotazione patologica, per alcuni autori la rotazione vertebrale è una inclinazione vertebrale con accentuata rotazione del corpo vertebrale, per altri ancora è un movimento autonomo, intrinseco della vertebra dovuto alla deformazione della stessa. Perdriolle definisce rotazione specifica quella che la vertebra effettua su un piano. Noi la definiamo rotazione unitaria, cioè localizzata su un solo elemento. Per noi la rotazione patologica di una vertebra è l instabilità di una vertebra sull altra intorno al proprio asse sul piano orizzontale, con uno spostamento al sistema di coordinate tridimensionali, centrale, teoricamente all interno al canale vertebrale. Di fatto però la rotazione è effettuata sulle apofisi articolari in rapporto a determinati assi. L asse di rotazione sul piano orizzontale per le vertebre toraciche abbiamo già visto si inscrivono in un arco di circonferenza il cui centro è situato nel mezzo del piatto del piatto vertebrale della vertebra inferiore. Ugualmente si ha lo stesso meccanismo per le vertebre lombari, ma l asse di rotazione è localizzato sul processo spinoso, che comporta un movimento oscillatorio laterale del disco intervertebrale. La rotazione di più vertebre sulle coordinate tridimensionali danno luogo ad una torsione del rachide che sul piano frontale determina una curva e sul piano sagittale sviluppa una rettilineizzazione e successivamente altre variazioni. Durante la rotazione vertebrale sul piano orizzontale, il corpo della vertebra ruota in maniera maggiore verso la convessità rispetto all arco posteriore che a sua volta ruota in maniera minore verso la concavità della curva scoliotica. Questa situazione induce ad una deformazione perché il movimento di rotazione, non essendo un movimento libero ma frenato delle apofisi articolari e dall apparato muscolo-legamentoso, superato il valore fisiologico di rotazione porta la vertebra a deformarsi con conseguente perdita dei rapporti di simmetricità sull asse anteroposteriore fra corpo e arco posteriore. In proiezione assiale l emiarco posteriore risulta deviato con il processo spinoso che si orienta verso la concavità della curva. Dallo stesso lato la lamina diviene più spessa e si allunga, le apofisi articolari si cuneizzano fino a solidarizzare. Dal lato convesso le apofisi articolari perdono la loro coartazione il processo traverso tende ad avvicinarsi a quello spinoso. In questa situazione, la compressione che scaturisce dalla forza peso, orientata sull arco posteriore, si localizza esclusivamente sulla colonna articolare posta dal lato concavo dove, a livello di struttura vertebrale troviamo la parte più debole per resistere a compressione quindi più sollecitata a deformazioni. Infatti, le travate delle vertebre si orientano in tre direzioni che formano un sistema principale e un sistema accessorio. Le travate del sistema principale, con orientamento

11 verticale, sono localizzate sul corpo vertebrale, in maniera tale che la loro direzione si continua da una vertebra all altra. Queste travate hanno la capacità di sostenere le varie sollecitazioni a compressione data dalla forza peso e carichi aggiunti. Le travate del sistema accessorio, localizzate sulle apofisi con orientamento obliquo e orizzontale, sono invece deputate prevalentemente ad opporsi al movimento di torsione. Quindi nell arco posteriore, deputato ad opporsi ai movimenti di torsione, giungono forze di compressione. Ciò determina un rapido crollo della colonna posteriore, sottoposta a carico assiale, con conseguente aumento della curva scoliotica. Ciò provoca zone di iperpressione dal lato concavo e zone di ipopressione dal lato convesso. Il corpo diminuisce il suo spessore dal lato concavo della curva scoliotica, la vertebra apicale assume una conformazione a cuneo con inclinazioni dei piatti vertebrali sul piano frontale che su quello sagittale. Le forze verticali, sommate le forze di rotazione, tendono a spostare i corpi vertebrali verso la convessità in rapporto direttamente proporzionale al grado della curva. Maggiore è la curva, maggiore diviene lo spostamento del corpo dal piano sagittale. La forza peso gravando eccentricamente non permette lo sviluppo simmetrico del corpo vertebrale interessando sia il piatto superiore della vertebra inferiore sia il piatto inferiore della vertebra superiore. La pressione tende a cuneizzare la vertebra sul lato concavo della curva scoliotica provoca il cosiddetto abbassamento trapezoidale di Delpech che continua fino alla crescita. Questo meccanismo ovviamente ha ripercussioni a livello dell arco posteriore dove agisce allo stesso modo con conseguenze sul semiarco posteriore dal lato concavo. Nelle scoliosi con curve accentuate, sul tratto che si pone estensione, la forza peso trasferendosi posteriormente agisce, in massima parte sulle articolazioni dell emibacino vertebrale dal lato concavo della curva. In questo nuovo assetto, il disco intervertebrale, già deficitario nella funzione, aumenta la sua cuneizzazione e perde completamente la sua funzione di cuscinetto elastico fra una vertebra e l altra. Ciò fa si che la forza di compressione non più ammortizzata e distribuita sulla superficie del corpo si scarica direttamente sul corpo deformandolo. Nelle scoliosi irriducibili le alterazioni divengono permanenti facendo degenerare il disco che non ha più le capacità di nutrirsi. Perdute le sue caratteristiche il disco agevola la forza peso ad applicarsi su un punto della vertebra trasferendosi direttamente sulla parte della vertebra del lato concavo della curva. La nutrizione del disco del disco avviene attraverso l anulus sia attraverso il piatto vertebrale,per mezzo dei di vasi sanguigni che per diffusione attraverso microfoni posti sulla cartilagine ialina.attraverso la cartilagine avviene il passaggio di ossigeno e glucosio, mentre attraverso le fibre dell anulus avviene il passaggio di solfati. Le sollecitazioni meccaniche oltre ad ottimizzare l eliminazione dei prodotti del metabolismo sono indispensabili per mantenere il trofismo del disco, attraverso il flusso e il reflusso idrico. Le sue qualità fisio-chimiche quindi si modificano, lo scarso movimento lo disidratano parzialmente e perde la sua elasticità e la caratteristica di ripartire adeguatamente le

12 pressioni esercitate dalla forza peso durante il movimento. A livello toracico la rotazione vertebrale associata alla inclinazione laterale, coinvolge le coste che perdono la loro stabilità. Infatti, la rotazione dell arco posteriore, a causa della conseguente deformazione dell articolazione costotrasversaria, deputata in gran parte alla stabilità e alla mobilità segmentarla del rachide, nonché alla stabilizzazione della gabbia toracica, induce le coste della concavità a chiudersi fino a risalire una sull altra e quelle della convessità ad aprirsi, allontanandosi una sull altra. Le coste dal lato convesso, sostenute dalla forza di rotazione, sono costrette ad una spinta con orientamento anteroposteriore per cui si deformano, diminuiscono il loro raggio di curvatura posteriore e creano una salienza costale propriamente detta gibbo. Il gibbo aumenta in maniera direttamente proporzionale all aumento dell angolo di torsione del tratto toracico. le coste del lato concavo vengono sospinte in avanti da una forza rotatoria postero-anteriore che tende a ravvicinarle e a farle risalire una sull altra e in molti casi a costituire una salienza ventrale. Questa dinamica porta il torace ad assumere una conformazione asimmetrica con un gibbo costale ed uno ventrale controlaterale e con lo sterno che si abbassa e si inclina. RASSEGNA DI ALCUNI CONCETTI SULLA SCOLIOSI E SULLA ROTAZIONE VERTEBRALE SUL PIANO ORIZZONTALE Tutte le teorie sull alterazione scoliotica convincono per quanto concerne le ragioni della deformazione, dell inclinazione, della rotazione sul piano orizzontale, ma non spiegano l inizio o la causa scatenante. Spiegano invece alcuni afttori che fanno parte di quel gruppo di variabili che possono influenzare l insorgere della scoliosi. Alcune teorie vogliono quale responsabile della scoliosi il Sistema Nervoso Periferico o quello Centrale, altre teorie implicano una alterazione del ruolo dei meccanismi vertebrali, di equilibrio, postura. per quanto ci riguarda abbiamo rilevato una alterata discriminazione tattile a livello dorsale nei soggetti scoliotici e una alterata percezione della verticalità. Se l alterazione scoliotica può essere quindi mu8ltifattoriale, un solo fattore, la rotazione vertebrale è senza dubbio la causa evolutiva. Parliamo allora di rotazione. La presenza o assenza di rotazione vertebrale sul piano orizzontale ci permette di fare diagnosi di scoliosi strutturate o non strutturate. Infatti se con una generica radiografia in scarico si evidenzia la rotazione ci troviamo di fronte ad una pseudo-scoliosi. Rifiutiamo la definizione di atteggiamento scoliotico perché un rachide o è scoliotico o non lo è. Una situazione intermedia con caratteri di scoliosi priva di una delle variabili che la identificano è per noi una pseudo-scoliosi. Questa è una valutazione meccanica; un atteggiamento scoliotico è più una valutazione psicomotoria. Premesso ciò la scoliosi deve evidenziare oltre che una curva sul piano frontale anche una rotazione delle vertebre; deve presentare in genere una estensione del rachide con una riduzione della cifosi. Perdriolle asserisce

13 che una scoliosi non si può formare che su un rachide dalle curve antero-posteriori fisiologiche che subiranno una modifica: la cifosi sarà invertita, la lordosi aumenterà e le curve si proietteranno lateralmente. Scrive l autore che non ha trovato due vertebre che appartenessero ad uno stesso piano, sia che si trattasse del piano sagittale, frontale o intermedi. La scoliosi non è quindi una curva piana ma una curva che si sviluppa nello spazio. Perdriolle ha avuto l intuizione e lo spirito di osservazione di considerare la scoliosi, appunto nel suo volume: Quanti di noi pur avendo avanti una colonna didattica in scoliosi hanno avuto lo stesso spirito di osservazione? Molti autori concordano nel ritenere che la rotazione vertebrale in una scoliosi è una reazione di uno squilibrio muscolare che induce il corpo vertebrale a basculare da un lato e aruotare dal lato controlaterale. Quindi se la vertebra bascula verso destra essa ruota dal lato controlaterale. Secondo Kay, la rotazione scoliotica è una risposta ad uno squilibrio muscolare. Per l autore la stabilità della colonna si ha quando vi è un equilibrio muscolare fra le forze posteriori applicate ai muscoli flessori e dalla forza peso risultano in equilibrio con le forze applicate sui muscoli dei processi traversi, non si verifica nessuna instabilità, Allorquando l applicazione di una forza peso si decentra per una qualsiasi causa la vertebra bascula e ruota. Kay semplifica la sua teoria separando le forze che gravano e/o si applicano sulla vertebra in forze anteriori sul corpo e forze posteriori sull arco. Divide ancora le vertebre a metà sul piano sagittale e discerne le forze in forze che si localizzano a destra e in forze che si localizzano a sinistra. L uguaglianza delle forze induce a stabilità. Quando si modificano i bracci di leva muscolare fra l emivertebra di destra e di sinistra si verifica un basculamento della vertebra con relativa rotazione. Il concetto di rotazione e inclinazione è anche insito nella morfologia della vertebra stessa. Kay nelle esemplificazioni di un modello meccanico( costituito da 4 cilindri sovrapposti che rappresentano le vertebre) localizza i processi traversi lateralmente ai corpi vertebrali e non dietro e pone in evidenza che si verifica solo una inclinazione laterale priva di rotazione. Allorché invece pone i processi traversi posteriormente ai corpi vertebrali evidenzia una inclinazione ed una rotazione delle vertebre a meno che quest ultima non venga impedita dall azione di una forza esterna. Nel modello costituito dalle alette (processi traversi), poste lateralmente al corpo, l autore rileva che, se durante l inclinazione, tutti i cilindri ruotano liberamente su un arco di circonferenza in rapporto ad un certo raggio essi non ruotano su se stessi. Nel modello costituito da quattro cilindri con le alette (processi trasversali) localizzate lateralmente, l autore rileva che, durante l inclinazione i cilindri ruotano su se stessi e su un arco di circonferenza. Se poi il movimento dei cilindri è frenato alle estremità superiori e imferiore, una forte rotazione si localizza al centro della curva. In questo modello la rotazione dei cilindri su se stessi permette alla colonna scoliotica una inflessione laterale con un arco di cerchio meno importante. In conclusione per Kay uno squilibrio postero-laterale applicato alla vertebra determina

14 l inclinazione antero-laterale della stessa. Sohier, in merito alla stabilità orizzontale della vertebra mette in rapporto le forze provenienti dall alto, il loro punto di applicazione e l inclinazione vertebrale sul piano sagittale. Sohier, in suo lavoro scientifico riferito ai risultati della cinesiterapia su un rachide scoliotico, portando come esempio una ruota orizzontale squilibrante del luna park, spiega la rotazione vertebrale. Per l autore è fondamentale l orientamento delle vertebre, se rivolte avanti o dietro sul piano sagittale e la localizzazione del carico fornito dalla forza peso. Se la vertebra è inclinata avanti sul piano sagittale e il carico si orienta eccentricamente e posteriormente la vertebra ruota con il corpo a sinistra (se il carico è a destra) o a destra (se il carico è a sinistra). Se invece ad egual condizione di carico, la vertebra è inclinata indietro sul piano sagittale, essa ruota con il corpo a sinistra (se il carico è a sinistra) e a destra ( se il carico è a destra). Più decentrata è l applicazione della forza peso maggiore è la rotazione che aumenta ancor più la curva scoliotica. Vercauteren propone una teoria affine. Partendo dal concetto che il sistema nervoso è volto sempre alla ricerca della verticalità della colonna quando questa si disequilibria l autore formula tre differenti ipotesi. Se sui corpi vertebrale disposti orizzontalmente sul piano frontale la forza peso è trasmessa assialmente centrata, non si ha azione sulla rotazione. Se le vertebre sono rivolte in avanti una eventuale rotazione preesistente viene frenata qualunque sia il senso di rotazione. Se le vertebre sono rivolte indietro la rotazione preesistente viene accresciuta indipendentemente dalla sua direzione. L autore si esprime citando che nella colonna toraco-lombare, sul piano sagittale, si evidenzia un equilibrio fra il numero di vertebre rivolte avanti e quelle rivolte indietro. Una volta che per una causa qualsiasi si rompe tale equilibrio si innesca la scoliosi. Vercauteren conclude che il piano sagittale impone la sua legge e decide in quale senso avrà luogo lo spostamento sul piano orizzontale. Deane e Duthie pensano che la torsione vertebrale sia un fenomeno contemporanea alla inflessione laterale. Lindhal e Readere sostengono che la torsione sia una risposta originale della colonna vertebrale alla deviazione laterale per aumentare il raggio di curvatura e quindi diminuire l arco, cioè la curva scoliotica. A. Michele evidenzia che lo psoas contratto da un lato può generare la rotazione e quindi la scoliosi. Roaf sostiene che il meccanismo di rotazione possa essere causato da un disturbo dei rotatori corti dal lato concavo dell emicurva superiore e quelli dal lato convesso dell emicurva inferiore. Abbiamo citato gli autori più rappresentativi. METODI DI VALUTAZIONE DELLA ROTAZIONE VERTEBRALE SUL PIANO ORIZZONTALE. Autorevoli autori ritengono che nel caso di inflessione di una colonna vertebrale si riscontra sempre una rotazione dei metameri. Partendo da questo concetto per classificare una scoliosi in base all importanza prognostica è fondamentale la valutazione della rotazione sul piano orizzontale.

15 Accettando queste conclusioni e ritenendo pertanto che la rotazione è l elemento essenziale nella valutazione della scoliosi, ci siamo soffermati ad elaborare un metodo di rilevamento pratico.e bene dire che i metodi di rilevamento sono due; il primo riferito alla valutazione tramite l ombra radiografica del processo spinoso. Ambedue i metodi fanno riferimento allo spostamento dell ombra radiografica Il primo metodo è usato da Nash e Moe che in base allo spostamento del peduncolo ruotato rilevabile in radiografia stabiliscono il grado di rotazione. Quando le ombre dei peduncoli sono equidistanti dai lati del corpo vertebrale non c è rotazione. Quando invece l ombra del peduncolo si allontana dal bordo vertebrale e transita nei vari settori, si definisce la rotazione che può essere di 4 gradi. La valutazione effettuata sul processo spinoso è simile. Nella rotazione vertebrale il processo spinoso spinoso transita in vari settori ed in ogni settore, per quantizzare la rotazione, si assegna un +. Quattro + determinano la massima rotazione. Con L avvento del torsiometro del maestro Perdriolle si è fatto un concreto passo avanti. Perdriolle per la misurazione fa riferimento ai peduncoli e utilizza uno strumento che appositamente posizionato sulla vertebra radiografata, con riferimenti a esatti punti di repere, fornisce la rotazione con approssimazione di cinque gradi. Il nostro metodo. Ci sembra doveroso per evitare equivoci e critiche inutili affermare che il nostro metodo per quantizzare la rotazione vertebrale non è esaustivo e presenta certamente delle imprecisioni nonostante esso abbia la prerogativa di mantenere sempre costanti i parametri e i riferimenti di misurazione. vediamo perché il nostro metodo non è esente da errori. Quando effettuiamo una misurazione non possiamo non considerare una rotazione standard e partire da questa. Non possiamo considerare tutte le variabili che si evidenziano quali l alterazione del corpo vertebrale, l inclinazione, la deformazione dei peduncoli, l errore dell ombra radiografica, l errore al tipo di ripresa. Non possiamo considerare la diversità di rotazione delle vertebre in rapporto alla localizzazione o la variabilità di ogni vertebra in base alla deformazione. Se dovessimo tener conto di tutto questo ogni vertebra avrebbe bisogno di una serie infinita di valori e quindi un manuale per ogni vertebra. Ecco allora che per evitare voluminosi manuali zeppi di numeri certamente non utilizzabili praticamente abbiamo quantizzato i valori di rotazione facendo riferimento a valori medi. Quindi l asse di rotazione diverso per ogni vertebra di ogni segmento rachideo ci impone un asse di compromesso medio per mantenere il più possibile gli stessi rapporti valutativi ad esempio di una vertebra toracica di un adulto e una vertebra lombare di un fanciullo, avente lo stesso diametro ma assi di rotazione diversi. Ugualmente è stato considerato il valore medio per valutare la dislocazione dei peduncoli. Inoltre poiché l elaborazione è stata effettuata su molte colonne didattiche e colonne anatomiche e poiché abbiamo trovato valori vicini ma diversi per le stesse vertebre di varie colonne, abbiamo effettuato una media dei valori trovati. pertanto i valori matematici ricavati calcolando lo spostamento lineare di una vertebra in rapporto ai gradi

16 goniometrici di rotazione sono valori medi pertanto non esenti da errori. La ricerca dei valori medi per ogni vertebra per ogni variabile ci ha permesso di avvicinarci il più possibile ad un valore che può essere considerato valido per tutte le vertebre. L utilizzazione del regolo o delle tavole ci permette di ripetere esattamente la valutazione in maniera sempre esatta e non approssimativa. Ciò risulta importante per mantenere costante il giudizio valutativo in rapporto alla evoluzione della rotazione. Per il nostro metodo abbiamo considerato la proiezione radiografica del peduncolo a discapito della proiezione del processo spinoso perché, l ombra del peduncolo permette di seguire rotazioni maggiori rispetto al processo spinoso; il processo spinoso può risultare più deformato del peduncolo, il peduncolo permette una visione più chiara e quindi facilmente identificabile e misurabile. Presentazione della tecnica L Autore prende in evidenza l ombra radiografica del peduncolo invece del processo spinoso perché l ombra radiografica del peduncolo va soggetta a meno deformazioni dell ombra radiografica del processo spinoso. La misurazione del moto di rotazione patologico unitario (rotazione di una singola vertebra) può essere effettuato indifferentemente con il regolo o le tavole. Regolo

17 Tavole Infatti, due sono gli strumenti ideati per misurare la rotazione patologica; uno è un regolo calcolatore più professionale e di gradevole aspetto l altro, meno accattivante ma ancor più pratico e riproducibile da qualsiasi libro che lo riporti, è costituito da una tabella elaborata sui due lati, in cui sono rilevabili a vista, i valori di rotazione possibili. I due strumenti, pur agendo in maniera diversa hanno in comune solo i valori matematici che sono poi quelli che in effetti servono per misurare la rotazione patologica. E preferibile effettuare la misurazione al centro della vertebra anche se lievi spostamenti (1-2 mm.)

18 verso il piatto superiore o inferiore (A-B) non inficiano la misurazione perché che se varia la larghezza del corpo vertebrale varia, in rapporto costante, anche la distanza dell asse del peduncolo dal bordo vertebrale. Individuata (in radiografia) la vertebra di cui si vuol conoscere il valore di rotazione patologico unitario, occorre misurare la distanza fra i due bordi laterali che delimitano la vertebra e la distanza che intercorre fra il bordo laterale e l asse maggiore del peduncolo e successivamente leggere i gradi di rotazione sulla scala gradi di rotazione.

19 Esempio di misurazione In pratica, per effettuare la misurazione del moto di rotazione patologico unitario, occorre individuare la vertebra di cui si vuole rilevare il valore di rotazione e misurare la larghezza del corpo vertebrale che nell esempio è 53 mm. e la distanza dell asse maggiore del peduncolo ruotato dal bordo laterale del corpo vertebrale che nell esempio è 13 mm. Per quanto riguarda la ricerca dei gradi di rotazione (seguendo l esempio riportato) occorre trovare il valore 53 mm., sulla scala larghezza del corpo vertebrale poi, scorrendo sulla colonna sovrastante a questo valore (scala delle distanze dal bordo vertebrale dell asse maggiore del peduncolo ) occorre trovare il valore 13 mm.

20 13 mm. Esempio di ricerca dei gradi di rotazione Nell esempio proposto (immagine sopra) il valore 13 mm, non risulta essere presente per cui è necessario considerarlo come valore intermedio fra 13,8 e 12,7 mm. Di conseguenza, la rotazione è di 21 gradi che è un valore intermedio fra 20 e 22 gradi. Un altro accorgimento di tale metodo è quello di permettere anche una valutazione matematica del moto patologico elicoidale (torsione). Per valutare il moto patologico elicoidale delle vertebre interessate, si sommano i gradi che si sono rilevati per ogni vertebra e il totale che ne scaturisce si divide per il numero delle vertebre di cui si sono valutati i gradi di rotazione unitaria. Se ad esempio alla deformazione sono interessate 5 vertebre i cui valori di rotazione sono 25, 30, 35, 28, 24, il valore matematico del moto patologico elicoidale (torsione) è dato dalla somma di tutte le rotazioni divise il numero delle vertebre ruotate. Nell esempio ( ) : 5 = 28,4. Di seguito tavole di rotazione che possono essere utilizzate.

21

22 Discussione Ci sembra doveroso, per evitare equivoci e critiche inutili, affermare che il metodo (così come tutti quelli attualmente esistenti) non è certamente privo di errori e lo stesso Autore lo evidenzia, ma esso ha la prerogativa di mantenere sempre costanti i parametri e i riferimenti di misurazione, ha una ottima approssimazione, un ottima affidabilità e un estrema semplicità d uso. Il metodo Raimondi così come tutti gli altri metodi non sono esenti da errori perché, nella pratica, non si possono considerare tutte le variabili che potrebbero dar luogo ad errori quali la deformazione del corpo vertebrale, l errore dell ombra radiografica, la deformazione dei peduncoli, la diminuzione o l aumento della distanza interpeduncolare, la diversità dell asse di rotazione e l inclinazione dello stesso, l errore al tipo di ripresa, la diversità di rotazione delle vertebre in rapporto alla localizzazione, la variabilità di ogni vertebra in base alla deformazione, la diversità delle colonne, i calcoli trigonometrici e matematici. L Autore, al contrario di altri, non ha considerato il processo spinoso ma i peduncoli e ha considerato il movimento di rotazione sul piano trasversale un movimento ellittico rispetto ai peduncoli e non circolare. Non siamo d accordo con Stephens Richards che riferisce che 6 chirurghi, per valutare l errore del torsiometro Perdriolle, dopo avere misurato la rotazione vertebrale su 3 cadaveri congelati e aver eseguito 29 radiografie, hanno rilevato che un errore di misurazione di due millimetri equivale a 5 gradi, che aumento proporzionalmente. Non siamo d accordo perché sui cadaveri congelati non sono stati presi in considerazione gli assi di rotazione di ogni vertebra (diversi l un l altro) né l inclinazione della vertebre scoliotiche (le colonne infatti erano tre normali colonne vertebrali di cadaveri ). Noi abbiamo potuto notare che una differenza di fra una colonna normale e una colonna scoliotica è causata dalla inclinazione delle vertebre, soprattutto sul piano frontale; che ogni singola vertebra differisce dalle altre; che le colonne hanno diverse deviazioni per lo stesso grado di rotazione; che se un metodo non tiene conto di queste variabili ovviamente non è un metodo per misurare la rotazione vertebrale patologica ma un metodo per misurare la rotazione di una colonna fisiologica. Per Raimondi, un errore di misurazione di 1 mm. su una vertebra dal diametro di 54 mm., a 65 gradi di rotazione corrisponde a circa 8 di tolleranza (valore insignificante in rapporto al grande grado di rotazione). In genere gli errori di valutazione fra una misurazione e l altra sta proprio nell affrettata individuazione dei punti di repere e nell uso di matite a punta larga. Proprio per evitare questo errore, l autore invita a studiare la radiografia prima di tracciare i reperi perché più esatta è l interpretazione radiografica più preciso il risultato; inoltre invita ad indicare i reperi, tracciandoli con la punta di uno spillo, graffiando la radiografia. In questo modo il segno lasciato dallo spillo ha lo spessore di un decimo di millimetro (molto inferiore delle linee di un

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