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1 UNIVERSITÀ EUROPEA DI ROMA Ambito di Giurisprudenza Corso di Laurea in Giurisprudenza Tesi di Laurea in Diritto Penale ANALOGIA, INTERPRETAZIONE ESTENSIVA ED ERMENEUTICA GIURIDICA Relatore Chiar.mo Prof. Mauro Ronco Correlatore Chiar.mo Prof. Mario Palma Laureanda Valentina Giuliani Matricola 2283 Anno accademico 2011/2012

2 CAPITOLO 1 - ANALOGIA: APPROFONDIMENTO STORICO Ricostruzione storica del principio nullum crimen sine lege Con il principio nullum crimen sine lege si vuole esprimere il divieto di punire un soggetto per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge o di porre a carico di chi abbia commesso un reato una circostanza aggravante non preveduta dalla legge 3. Il medesimo divieto viene enunciato anche con la formula nulla poena sine lege per impedire che qualcuno venga punito con pene non stabilite dalla legge. Questo ultimo divieto solitamente viene accolto come correlativo anche dagli ordinamenti che prevedono la formula nullum crimen sine lege. Il nostro articolo 1 del codice penale li accoglie entrambi e, l articolo 25 della Costituzione, nonostante qualche incertezza di alcuni costituenti, racchiude sicuramente il principio nulla poena sine lege. 3 G. Vassalli, Novissimo Digesto Italiano, voce Nullum Crimen Sine lege, Torino, 1964, pagina 495, volume 1 9

3 Ripercorrere la storia del principio nullum crimen, nulla poena sine lege non è un impresa molto facile, a causa delle diverse interpretazioni con cui il principio fu inteso nei vari ordinamenti del passato e per le difficoltà che l interprete si trova a dover affrontare nel ricostruire ordinamenti molti diversi da quelli contemporanei. Per quanto il nome sia recente, l utilizzo del procedimento analogico è antico. Il punto di partenza della tradizione, infatti, è un frammento di Giuliano: Non possunt omnes articuli singillatim aut legibus aut senatus consulti comprehendi: sed cum in aliqua causa sententia eorum manifesta est, is qui jurisdictioni praeest ad similia procedere atque ita ius dicere debet 4, alla lettera: le leggi e i senatoconsulti non possono racchiudere analiticamente tutti i casi ma, quando in una controversia ne risulti evidente la ratio, colui che ha la giurisdizione deve attenervisi e pronunciare il principio di diritto in conformità. (12, D, de leg., 1, 3).Le parole ad similia procedere si riferiscono al completamento del diritto tramite l analogia. Inoltre Giustiniano, affermò che nella sua raccolta del diritto, potevano essere presenti delle sviste, dovute alla ripetizione di cose già dette o dalla omissione di cose nuove, distinguendo così, il caso in cui la legge scritta non abbia preveduto una fattispecie a causa di una dimenticanza, dal caso in cui invece, la lacuna, sia il frutto di una nuova fattispecie per cui non poteva essere dettata una specifica disposizione. Questo nuovo negozio giuridico 4 G. Vassalli, Novissimo Digesto Italiano, voce analogia, cit., pag

4 però poteva presentarsi anche solo semplicemente coma una nuova questione in ordine ad un istituto già conosciuto, per cui sarebbe stato sufficiente risolvere la nuova controversia secondo la sua affinità con l istituto principale. La legge scritta, non poteva ovviamente tener conto di tuti i casi e prevederli. Come disse Teofrasto infatti, le leggi dovrebbero essere istituite per quelle cose che accadono più frequentemente, e non per quelle che avvengono accidentalmente, quindi, le leggi, devono adattarsi ai casi frequenti e non a quelli rari. Prendendo spunto dal passaggio di Giuliano, glossatori e commentatori formularono i principi di una dottrina della extensio legis di cui l argumentum a simili era uno dei mezzi. Gli studiosi del quattro e del cinquecento distinsero la comprehensio legis, cioè l interpretazione delle parole (verba) e dell intenzione (mens) del legislatore, dalla extensio legis comprendente invece i procedimenti per l integrazione della legge, tra i quali il procedimento per analogia. Il termine analogia invece per indicare l estensione sulla base della somiglianza 5 venne utilizzato molto più tardi forse alla fine del 18 secolo e deriva dall espressione analogia iuris con la quale si indicò la connessione logica delle norme di un ordinamento al fine della eliminazione delle antinomie e della costruzione del sistema, e da cui solo più tardi nacque l espressione analogia legis, per indicare il procedimento che serviva a colmare le lacune di un ordinamento inteso 5 G. Vassalli, Novissimo Digesto Italiano, voce analogia, cit., pag

5 come sistema unitario e coerente 6. Presso i Romani, un divieto simile a quello in uso oggi negli ordinamenti moderni ebbe vigore solo limitatamente alla procedura ordinaria delle questiones, istituiti nel secondo secolo a.c. Infatti, la coercitio, attività pubblica della polizia, non fu mai vincolata alla legge ed inoltre, nell ambito della stessa poenitio, attività pubblica repressiva, i magistrati avevano la facoltà di agire come meglio reputavano, quindi anche al di là delle fattispecie delittuose previste dalla legge. Il ricorso all analogia fu comunque comunemente ammesso sia nel campo dei delicta privata sia nel campo dei crimina publica. I prudentes romani, cioè quei giuristi che operavano tramite la loro interpretazione, non si servirono dell analogia nel senso in cui se ne parlò poi in seguito nella scienza giuridica occidentale nell Alto medioevo, poiché non era compatibile tale sistema con i principi su cui si fondava il complesso normativo romano. Ogni decisione giurisprudenziale, infatti, aveva una particolare efficacia: il suo fondamento giuridico era l auctoritas dell autore della sua formulazione, senza tener conto che magari la fonte di ispirazione potesse essere un esempio fornito da una norma precedente. Ciò che invece aveva rilevanza era l influenza che tali exempla potevano avere sul comportamento dei giuristi. Tra l altro, le esigenze giuridiche e di equità, conducevano ad adottare soluzioni giuridiche analoghe. Questa 6 G. Vassalli, Novissimo Digesto Italiano, cit., pag

6 caratteristica dello ius scriptum fu molto evidente nell antico diritto romano a causa del modo in cui esso si formò nel tempo. Non fu infatti l opera di una concezione giuridica astratta, ma si manifestò e si svolse lentamente e gradatamente ( ), applicando ed estendendo a nuovi istituti concetti e forme antiche adattati alla nuova condizione di cose 7. Non è quindi possibile mettere in dubbio l utilizzo del ragionamento analogico da parte dei romani, ma bisogna tener presente che essi non lo considerarono come un processo mentale che consiste nell estendere logicamente una conclusione stabilita da norme generali. Anzi, vi era un procedimento per analogia, suddiviso in analogia di legge, se muoveva da una singola disposizione e, quindi, la si applicava ad un caso diverso da quello per cui fu prevista, e analogia di diritto se invece muoveva da tutto il sistema del diritto positivo e perciò dai principi generali del diritto. In entrambi i casi, si procedeva nell individuare se la volontà del legislatore avesse preveduto il caso controverso e si procedeva quindi alla decisione del caso. Per cui, il procedimento per analogia, si distingueva dall interpretazione estensiva, poiché questa, non colmava alcuna lacuna di legge, il procedimento per analogia invece, si utilizzava quando si presentava un nuovo negozio giuridico non disciplinato e quindi per colmare tale mancanza, basandosi però sull unità organica del diritto. 7 G. Vassalli, Novissimo Digesto Italiano, voce analogia, cit., pag

7 Nel medioevo il principio di legalità fu assai poco riconosciuto rispetto ad oggi, poiché si ammetteva ampiamente il ricorso all analogia in materia di delitti e di pene. Così l antico diritto germanico e in genere tutto il diritto dell alto medioevo, appariva in gran parte dominato dalla consuetudine. In particolare, durante questo periodo, grammatici, dialettici e teologi, attribuirono alla parola analogia il significato matematico di proporzione e, quello, più generico, di comparazione. I giuristi medievali, in particolar modo i Commentatori, non ritenevano applicabile l analogia ad ogni norma del regime positivo. Specialmente i glossatori, non mostrarono mai di apprezzare norme nuove che modificassero o correggessero le leggi precedenti. Di qui il principio, teorico del divieto di applicazione analogica delle leges correctoriae, cioè delle norme statutarie e di qualsiasi legge correttiva derivante da una norma precedente. Inoltre anche nel diritto medievale, vi era la distinzione tra norme di diritto comune e norme di diritto singolare, rispetto a cui si sosteneva la regola interpretativa del divieto di analogia. Questo divieto poi, per una serie di ragioni anche di natura morale, fu esteso alle leggi penali. Questo a livello teorico, ma nella pratica il divieto non fi poi così rigoroso, infatti l estensione analogica veniva applicata tutte le volte in cui la ratio legis fosse espressa nel testo legislativo. Nello stesso modo il problema dell analogia venne affrontato dai giuristi medievali anche rispetto alla consuetudine, per cui, quando si dimostrava la presenza di una 14

8 giustificazione razionale dell applicazione analogica della consuetudine contra ius, il procedimento interpretativo era considerato legittimo. L interpretazione a similibus ad similia appariva il soccorso mirabile del pensiero, all impossibilità del legislatore di adempiere in maniera esauriente la sua missione, poiché sulla base delle leggi positive, l interprete poteva elaborare nuove massime di decisione per situazioni nove ed imprevedute, attraverso argomentazioni e deduzioni logiche 8. In Italia, durante l età comunale, nel compito di interpretare gli statuti cui il giudice penale era chiamato, era molto frequente il ricorso all analogia cui espressamente rinviava tutta una serie di statuti comunali sia sotto il nome di interpretatio ad supplendum e sia sotto il nome di extensio fondata sulla identità di ratio legis. Questa volontà si manifestava anche nelle materie delle pene che non erano lasciate alla discrezionalità del giudice. Tuttavia alcune legislazioni penali, quali quella della Repubblica veneta, nel 12 e 13 secolo, concedevano al giudice un arbitrio suppletivo che andava al di là del ricorso alla analogia, anche in materia di crimini e di pene 9. Durante l illuminismo, l espressione analogia iuris fu utilizzata per indicare anche il complesso di norme del diritto positivo, alla cui costruzione contribuiva l interpretatio analogica. Fu nel 16 e nel 17 secolo che molti giuristi italiani, tra Farinaccio e Zuffo, gettarono le basi della dottrina giuridica moderna in tema dei delitti e delle 8 Luigi Caiani, Enciclopedia del diritto, secondo volume, citazione, pagina 347, 1958, Milano 9 G. Vassalli, voce Nullum crimen sine lege, cit., pag

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