La radiazione elettromagnetica

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3 La radiazione elettromagnetica La luce è un fenomeno ondulatorio di una particolare forma di energia, l ENERGIA ELETTROMAGNETICA. Una radiazione elettromagnetica può considerarsi costituita da onde elettromagnetiche, onde di energia che si ripetono periodicamente, con valore costante, nella direzione di propagazione. Contrariamente alle analoghe onde oceaniche che hanno un moto molto lento, le onde elettromagnetiche viaggiano alla velocità della luce: metri al secondo, chilometri l'ora!

4 Radiazione elettromagnetica: È costituita da campi elettrici e magnetici oscillanti nello spazio e nel tempo che si propaga lunga una direzione. Il campo elettrico e magnetico sono perpendicolari tra loro ed alla direzione di propagazione dell onda. In fisica, un campo magnetico è un campo, in un certo spazio, che esercita una forza magnetica su cariche elettriche in movimento e su dipoli magnetici. Campi magnetici circondano correnti elettriche, dipoli magnetici, e campi elettrici variabili. In fisica, lo spazio che circonda una carica elettrica, od in presenza di un campo magnetico si chiama CAMPO ELETTRICO. Esso esercita una forza su altri oggetti carichi. Forza di attrazione di carica elettrica per unità di carica.

5 Alcune grandezze che caratterizzano una radiazione elettromagnetica Si dice lunghezza d onda ( ) la distanza spaziale tra due massimi dell onda. La frequenza ( ) è il numero di onde in un secondo. e sono correlate dalla seguente relazione: =c/ c è la velocità della luce ~ m/s. L ampiezza (A) rappresenta la distanza tra il massimo dell onda e la direzione di propagazione

6 Esiste una relazione tra la frequenza di una radiazione elettromagnetica e la sua energia: E h h c h = costante di Planck = J s: è un numero piccolissimo!!!!? Questo cosa comporta???? Maggiore è la lunghezza d onda ( ) di una radiazione elettromagnetiche e minore è la sua energia. Quindi l energia e la lunghezza d onda sono inversamente proporzionali!!!! Maggiore è la frequenza ( ) di una radiazione elettromagnetica e maggiore è la sua energia. Quindi l energia e la frequenza sono direttamente proporzionali!

7 Tutte le onde elettromagnetiche sono classificate in base alle loro frequenze caratteristiche all'interno di quello che è noto come: SPETTRO ELETTROMAGNETICO Raggi X UV VIS IR RADIO AC Raggi RADAR-TV FM/SW/AM/LW La luce visibile occupa solo una piccola porzione della zona centrale dello spettro. L occhio umano è sensibile alle sole radiazioni elettromagnetiche dello spettro comprese tra 380 e 780 nm

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9 Quando la materia interagisce con la radiazione elettromagnetica si può avere una variazione del suo stato energetico. PER UN ATOMO ENERGIA INTERNA E a = E 0 + E e + E t PER UNA MOLECOLA ENERGIA INTERNA E m = E 0 + E e + E t + E r + E v

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30 COME LA RADIAZIONE INTERAGISCE CON LA MATERIA L energia totale di un atomo, e quindi di una molecola, è quantizzata, ovvero può assumere solo determinati valori. Tale energia risulta composta dalla seguente somma: E TOT = E E + E V + E R + E T + E N Ogni atomo, e quindi ogni molecola, ha un set unico di stati energetici, ciascuno dei quali, a sua volta è quantizzato.

31 E 1 E 0 Stati elettronici V 1 V 0 Stati vibrazionali La spettroscopia UV è detta anche spettroscopia elettronica perché le transizioni coinvolte nell assorbimento della radiazione UV-Visibile sono quelle elettroniche. Affinchè una radiazione generi una transizione elettronica è necessario che la sua energia sia uguale al dislivello energetico tra i due stati elettronici.

32 L ASSORBIMENTO E 1 E 1 h = E 1 E 0 E 0 E 0 Se una sostanza è irradiata con una radiazione elettromagnetica, le particelle di cui essa è costituita possono interagire con i fotoni della radiazione. Se una particella ha livelli di energia elettronica E 0, E 1 ecc., ed i fotoni hanno una frequenza h = E 1 E 0 un elettrone della particella può essere eccitato dal livello fondamentale E 0 al livello eccitato E 1. Il processo in cui il fotone promuove l'eccitazione dell'elettrone si chiama assorbimento.

33 Elettroni n e p Gli elettroni coinvolti nelle transizioni possono essere di tipo p (legami multipli) oppure n (non legame); gli elettroni di tipo s (legami semplici) hanno energie superiori all UV

34 Teoria degli orbitali molecolari E noto che i legami covalenti sono dovuti alla messa in comune di due elettroni spaiati e possono essere descritti in termini di sovrapposizione di coppie di orbitali atomici: dalla combinazione lineare delle due funzioni d onda, indicate con Ψa e Ψb si ottengono due orbitali molecolari, indicati con Ψ (psi), estesi cioè alla coppia di atomi interessata dal legame, secondo il metodo LCAO (Linear Combination of Atomic Orbitals): -un orbitale legante a minore energia, in cui si ha addensamento di carica tra i due atomi: Ψ = Ψa + Ψb - un orbitale antilegante a maggiore energia in cui si ha separazione di carica tra i due atomi: Ψ = Ψa - Ψb La coppia di elettroni si dispone nell orbitale legante ed in tal modo si realizza un guadagno energetico che giustifica la formazione del legame covalente. In generale dalla combinazione di 2n orbitali atomici si ottengono 2n orbitali molecolari: n orbitali leganti ed n antileganti. La teoria dell orbitale molecolare (MO) è quindi in grado di spiegare la natura e le proprietà dei legami covalenti. A seconda del tipo di sovrapposizione si possono avere: - orbitali σ derivanti dalla sovrapposizione frontale di orbitali atomici, ovvero orbitali molecolari in cui la massima densità di carica, cioè la sovrapposizione degli orbitali atomici, si trova lungo la congiungente i due nuclei atomici - orbitali π in cui la massima densità di carica non si trova lungo la congiungente i due nuclei.

35 Teoria degli orbitali molecolari Nel caso di un atomo monoelettronico come l H che forma la molecola H2 la situazione è semplice: I segni che compaiono nel disegno si riferiscono al segno della funzione d onda Ψ e non hanno niente a che vedere con la carica elettrica, poiché gli orbitali contengono sempre gli elettroni che hanno ovviamente carica negativa. Nella molecola dell idrogeno H2, si formano due orbitali σ, uno legante e l altro antilegante in seguito alla sovrapposizione frontale dei due orbitali 1s degli atomi di idrogeno; gli elettroni di legame si dispongono entrambi nell orbitale legante σ mentre quello antilegante σ*, a maggiore energia, rimane disponibile per transizioni elettroniche provocate dall assorbimento di radiazioni aventi un energia pari alla differenza di energia dei due orbitali: ΔE = h ν. In tal modo si spiega la capacità di H2 di assorbire radiazioni elettromagnetiche

36 Teoria degli orbitali molecolari Quando si legano atomi poliettronici la situazione è più complessa, in quanto vi sono non solo orbitali s ma anche orbitali p, che si possono sovrapporre frontalmente o lateralmente ed orbitali contenenti doppietti spaiati, che rimangono tali anche nella molecola; questi sono detti orbitali n (non leganti). Laterale Frontale

37 Teoria degli orbitali molecolari A fianco è riportato l esempio della molecola biatomica O 2 (diversa sarebbe la situazione per atomi a diversa elettronegatività, in cui gli orbitali atomici puri non avrebbero avuto la stessa energia). L O ha numero atomico pari a 8 ed ha la seguente configurazione atomica: 1s 2 2s 2 2p 4. Gli 8 elettroni di ciascun atomo di O si accoppiano con quelli dell altro e si dispongono nei vari orbitali molecolari. Come si vede nel livello di valenza si trovano due doppietti che formano i due legami covalenti e due doppietti spaiati che si trovano in orbitali n non leganti. Anche in questo caso vi sono degli orbitali molecolari non leganti disponibili ad accettare elettroni promossi in quell orbitale per effetto dell assorbimento di una radiazione di adatta energia e ciò spiega la capacità di O 2 di assorbire radiazioni elettromagnetiche di adatta energia

38 Transizioni elettroniche Le transizioni elettroniche più comuni sono illustrare nella figura sottostante. Esse si verificano se nel campione sono presenti molecole aventi cromofori, cioè gruppi funzionali in grado di assorbire la luce, come il gruppo NO 2 (nitro), -N 2 - (azo) Solo le transizioni di elettroni n e p hanno energie nel range nm, quindi rivelabili con l UV-visibile

39 E N E R G I A REGOLE DI SELEZIONE s* p* n p s TIPO DI TRANSIZIONE σ σ* π π* n σ* n π* LUNGHEZZA D ONDA DELLA RADIAZIONE NECESSARIA PER OTTENERE LA TRANSIZIONE nm nm > 285 nm La λ necessaria per la transizione è tanto maggiore quanto minore è il dislivello energetico

40 REGOLE DI SELEZIONE Le transizioni σ σ* sono quelle che cadono ad energia più elevata e corrispondono ad un processo di rottura dello scheletro molecolare organico costituito da legami sigma, che assorbono a lunghezza d onda piuttosto basse (<135 nm) ovvero nel lontano UV. Poiché a queste λ assorbe anche l ossigeno atmosferico, queste transizioni non sono utili. Un elettrone in un orbitale di legame s viene eccitato al corrispondente orbitale di non legame. L energia richiesta è grande. Ad esempio il metano, che possiede solo legami s C-H, può dar luogo solo a questo tipo di transizione mostra un massimo di assorbanza a 125nm. Transizioni di questo tipo non sono quindi visibili con i normali spettrofotometri e bisogna far ricorso a tecniche di registrazione in vuoto. Transizioni tipiche degli IDROCARBURI

41 REGOLE DI SELEZIONE Le transizioni n π* ed n σ * si hanno ogni qualvolta un eteroatomo con un doppietto elettronico inerte sia incorporato in un sistema π o in un sistema σ. Le bande relative a queste transizioni non sono intense. Composti saturi contenenti atomi con lone pair (coppie elettroniche non condivise) (O, N, S) sono capaci di dare questo tipo di transizione. Queste transizioni generalmente richiedono meno energia rispetto alla σ-σ* e vengono promosse da radiazioni comprese tra i nm. Solo gli ioduri arrivano a nm e pertanto sono visibili con i normali spettrometri. I composti organici che possono dar luogo a queste transizioni sono: AMMINE, ALCOLI, TIOALCOLI, ETERI, TIOETERI, ALOGENODERIVATI.

42 REGOLE DI SELEZIONE Gruppi funzionali contenenti legami π possono dare assorbimento nella regione nm grazie alle transizioni π π* e π σ * Prendendo in considerazione un olefina semplice, la transizione più importante (minore energia) sarà quella tra gli orbitali HOMO e LUMO (π - π* ). In sistemi semplici essa avviene a nm per cui non ènormalmente rilevabile. Diverso è invece il discorso quando si ha un diene coniugato, poiché le diolefine assorbono in una regione accessibile all UV. (Es. Butadiene 210 nm). Aumentando il numero dei doppi legami coniugati, la transizione π π* diviene sempre più importante.

43 EFFETTO DELLA CONIUGAZIONE

44 EFFETTO DELLA CONIUGAZIONE

45 EFFETTO DELLA CONIUGAZIONE Parallelamente, all aumento della lunghezza d onda si osserva l aumento dell intensità del segnale prodotto da sistemi che presentano una coniugazione sempre più estesa. Questo aumento di intensità è funzione di un parametro, caratteristico per ciascuna molecola, e che viene indicato con il termine di coefficiente di estinzione molare e. Tale parametro è legato alle caratteristiche strutturali della molecola dalla seguente equazione: in cui P rappresenta la probabilità di transizione (compresa tra 0 ed 1) ed a è invece l area del sistema molecolare colpito dalla radiazione elettromagnetica ed in grado di assorbire quest ultima. P è una quantità che dipende dalla simmetria molecolare degli stati elettronici tra i quali avviene la transizione, è piuttosto difficile da calcolare ma per i polieni è sempre uguale ad 1. Poiché al crescere del numero dei doppi legami P non cambia, mentre diventa via via maggiore l area colpita dalla radiazione (a) dobbiamo attenderci un aumento del coefficiente di estinzione molare parallelamente all aumentare delle dimensioni del sistema coniugato.

46 Gruppi cromofori Alcuni esempi di gruppi cromofori con i relativi coefficienti di estinzione molare o assorbività molare (e) Cromoforo Esempio Transizione max, nm e Solvente C=C Etene p p* ,000 esano C C 1-Esino p p* ,000 esano C=O Etanale n p* p p* ,000 esano N=O Nitrometano n p* p p* ,000 etanolo C-X X=Br X=I Metil bromuro o ioduro n s* n s* esano

47 EFFETTO DEI SOSTITUENTI Il comportamento di un cromoforo, che interagisce con la radiazione incidente assorbendola se questa ha una energia adatta, può essere modificato dall interazione con i sostituenti, cioè con l intorno del cromoforo (auxocromi): si può modificare sia la λ che il coefficiente molare di assorbimento ε. Gli effetti dei sostituenti sono: - effetto batocromico: diminuisce il ΔE della transizione aumentando la relativa λ assorbita (vedi equazione di Plank); può essere causato da sostituenti che aumentano l E dell orbitale legante o diminuisce quella dell orbitale antilegante o entrambe - effetto ipsocromico: è opposto al batocromico; aumenta il ΔE della transizione e quindi si riduce la λ richiesta per la transizione elettronica - effetto ipercromico: si ha quando viene aumentato il coefficiente ε sia per un aumento della probabilità della transizione che per un aumento della superficie del cromoforo; aumenta quindi l assorbanza ma rimane costante λ assorbita - effetto ipocromico: è opposto all ipercromico e provoca una diminuzione di ε ed una corrispondente diminuzione dell assorbanza

48 EFFETTO DEI SOSTITUENTI

49 APPLICAZIONI DELLA SPETTROFOTOMETRIA Analisi quantitatitiva: Misura della concentrazione di molecole che assorbono la radiazione UV Misura della concentrazione di molecole che non assorbono la luce, dopo derivatizzazione con un cromoforo o conversione chimica in un composto che assorbe la radiazione UV Studio delle interazioni delle macromolecole (DNA o proteine) con ligandi o altre macromolecole Studio delle cinetiche di reazione (cinetica enzimatica) Analisi qualitativa: identificazione di classi di composti, sia in forma pura che in preparati biologici. Identificazione di intermedi di reazione.

50 APPLICAZIONI DELLA SPETTROFOTOMETRIA Analisi qualitativa Ogni sostanza ha un suo spettro caratteristico: è proprio individuando la posizione dei massimi caratteristici che si realizza l analisi qualitativa nella spettrofotometria UV-VIS, mediante confronto manuale o computerizzato con una serie di spettri campione. L analisi quantitativa in UV-VIS viene fatta costruendo una retta di taratura, secondo la legge di Lambert-Beer, utilizzando una ben precisa λ, detta lunghezza d onda analitica, scelta in modo che corrisponda di solito al massimo di assorbimento più intenso: Infatti in tal modo si hanno i seguenti vantaggi: - aumenta la sensibilità dell analisi in quanto si lavora in corrispondenza di un valore di a elevato, per cui a parità di C si ottiene un segnale più intenso - si riducono gli errori di lettura di A a causa di una non perfetta monocromatizzazione delle luce incidente. Infatti dal grafico si vede che, a parità di errore sulla monocromatizzazione della luce Δλ, lavorando in corrispondenza di un massimo si rende minimo l errore di lettura ΔA compiuto su A.

51 APPLICAZIONI DELLA SPETTROFOTOMETRIA Analisi qualitativa E spesso difficile ricavare molte informazioni da uno spettro UV. Tale spettroscopia diviene più utile quando si ha già un idea della struttura in modo da poter utilizzare le varie regole empiriche appena presentate. Tuttavia alcune generalizzazioni possono essere di aiuto nell interpretazione di uno spettro UV che in assenza di altri dati ( infrarosso o NMR) possono essere prese solo come linea guida. 1. Una singola banda di media intensità (e = 100 a 10,000) a lunghezze d onda inferiori ai 220 nm indica generalmente una transizione n ->s*. Sono possibili Ammine, alcoli, eteri e tioli a patto che gli elettroni di non legame non siano inclusi in un sistema coniugato. Una eccezione a questa generalizzazione è la transizione n ->p* dei nitrili che assorbe in questa regione. 2. Una singola banda di debole intensità (e = 10 a 100) nella regione compresa tra 250 e 360 nm, senza maggiori assorbimenti a lunghezze inferiori ( nm), indica di solito una transizione n-> p*. Questo può indicare la presenza di un cromoforo semplice o non coniugato nel quale è contenuto O, N, o S. Alcuni esempi: C=O, C=N, N=N, -NO2, -CO2R, - CO2H, or -CONH2.

52 APPLICAZIONI DELLA SPETTROFOTOMETRIA Analisi qualitativa 3. Due bande di media intensità (e = 1,000-10,000), entrambe con un max oltre 200 nm, indica in genere la presenza di un gruppo aromatico. 4. Bande di alta intensità (e = 10,000-20,000) intorno a 210 nm possono indicare sia la presenza di un chetone a,b-insaturo un diene così o un poliene. 5. Chetoni semplici, acidi, esteri ed altri sistemi contenenti elettroni p mostrano due assorbimenti uno a lunghezze d onda maggiori (>300 nm, debole intensità) ed uno inferiori (<250 nm, alta intensità). Con la coniugazione si spostano a lunghezze d onda maggiori comepredetto anche dalle regole di Woodward. 6. I composti che sono colorati, assorbono nel visibile. Per assorbire in questa regione devono essere caratterizzati da sistemi coniugati molto estesi o possedere sistemi policiclici aromatici condensati.

53 STRUMENTAZIONE

54 Sorgenti di energia STRUMENTAZIONE Lampade a filamento di tungsteno: sono utilizzate nel campo VIS sia nei colorimetri che negli spettrofotometri; coprono l intero campo spettrale da 300 a 930 nm circa. Lavorano a una temperatura di circa 3000 K e richiedono l uso di stabilizzatori di tensione per emettere energia in modo costante. Contengono un filamento di W che viene riscaldato ad elevata temperatura mediante il passaggio di corrente elettrica (effetto Joule). Il filamento si riscalda fino all incandescenza ed emette nel VIS. Migliori prestazioni si ottengono con le lampade W-alogeno, che forniscono energie più elevate nella zona nm grazie alle superiori temperature di esercizio. Queste lampade emettono uno spettro continuo solo nel VS, mentre non sono adatte per l UV dove producono un emissione e righe

55 Sorgenti di energia STRUMENTAZIONE Lampada a deuterio: si tratta di una lampada ad arco in cui il cui bulbo di quarzo è riempito di deuterio (D2) a bassa pressione I due elettrodi contenuti all interno della lampada vengono sottoposti ad un elevata differenza di potenziale, fino a che avviene la scarica. L arco così prodotto ionizza il D2 e lo eccita, provocando un intensa emissione quasi continua nella regione UV dello spettro (inferiore a 400 nm). Oggi vengono prodotte lampade allo Xe in grado di emettere sia nel VIS che nell UV in modo continuo e quindi i moderni apparecchi sono dotati di un unica sorgente

56 Monocromatori STRUMENTAZIONE Ogni monocromatore è abbinato ad una fenditura, di ampiezza regolabile (dell ordine di qualche nm), che permette di selezionare l intervallo di radiazioni desiderato. Si dividono in tre categorie: Filtri Trasmissione Riflessione Prisma

57 Monocromatori STRUMENTAZIONE Ogni monocromatore è caratterizzato da alcuni parametri tipici, tra cui: - lunghezza d onda nominale (λn): è la λ corrispondente al massimo di intensità di luce trasmessa, cioè in corrispondenza di Imax (coincide approssimativamente con il colore del filtro nel caso di filtri colorati per il VIS) - ampiezza della banda passante (SBW = Spectral Band Width), definita come l intervallo di lunghezze d onda che emerge dalla fenditura con un energia superiore al 50% della radiazione nominale; è quindi la larghezza della banda di trasmissione del monocromatore misurata a Imax/2

58 Monocromatori STRUMENTAZIONE Monocromatori a filtro: sono utilizzati soprattutto nel VIS e sono costituiti la lastrine di vetro colorato, oppure gelatina colorata racchiusa tra due lastrine di plastica trasparente. Trasmettono la luce corrispondente al colore che li caratterizza: per esempio un filtro verde trasmette appunto luce verde. Filtri di questo genere hanno una SBW di nm e quindi sono usati solo in colorimetri impiegati per analisi di routine, in cui non sia richiesta un elevata precisione. Si possono utilizzare più filtri in serie, riducendo in tal modo l SBW a nm ma con forte attenuazione dell energia trasmessa e quindi perdita di sensibilità.

59 Monocromatori STRUMENTAZIONE Monocromatori a prisma: sfruttano il fenomeno fisico della rifrazione, che permette la separazione angolare delle varie radiazioni che compongono la luce policromatica. Un raggio di luce monocromatica, quando cambia il mezzo di propagazione incidendo sulla superficie di separazione con un angolo i, subisce una rifrazione, cioè una deviazione, a causa della leggera differenza di velocità di propagazione delle luce nei due mezzi; l angolo di rifrazione viene detto r, è diverso da i e dipende dalla λ incidente. La dispersione di un prisma non è costante in funzione di λ, cioè non è lineare ma aumenta progressivamente dal rosso al violetto: le radiazioni rosse vengono cioè separate meno di quelle violette; ciò costituisce un problema in quanto sarebbe necessario variare l apertura della fenditura di uscita, restringendola, verso la zona rossa della spettro VIS, per isolare le radiazioni monocromatiche e mantenere all incirca costante l ampiezza di banda passante; ciò comporta però una perdita di energia della radiazione incidente, proprio per le radiazioni di per sé meno energetiche

60 Monocromatori STRUMENTAZIONE Monocromatori a reticolo: sono oggi i più usati perché producono luce fortemente monocromatica, hanno una dispersione lineare, sono utilizzabili in qualsiasi zona dello spettro. Sfruttano i fenomeni della diffrazione e dell interferenza. RETICOLO PIANO IN TRASMISSIONE: E costituito da una pellicola opaca, depositata su di un supporto rigido trasparente; sulla pellicola vengono tracciate delle incisioni molto sottili e vicine (da 600 a 2000 per mm). La luce policromatica incidente attraversa il sistema in corrispondenza delle incisioni e quindi si producono i fenomeni di diffrazione ed interferenza che sono responsabili della monocromatizzazione della luce emergente dal dispositivo. Una fenditura permette di selezionare una singola lunghezza d onda. Ruotando il reticolo, è possibile selezionare le diverse lunghezze d onda in uscita dalla fenditura realizzare la scansione necessaria per la registrazione di uno spettro.

61 Monocromatori STRUMENTAZIONE Reticolo piano in riflessione: si ottiene depositando sotto vuoto su di un supporto rigido avente un profilo a dente di sega (per es. vetro) una pellicola opaca di alluminio; in seguito si tracciano una serie di incisioni sulla superficie di alluminio, che perde le sue proprietà riflettenti in corrispondenza delle incisioni, che diventano quindi in grado di provocare il fenomeno della diffrazione. In questo caso la figura di diffrazione si forma dalla stessa parte della radiazione bianca incidente. La consueta fenditura permette di isolare una singola radiazione. Da notare che a parità di altre condizioni, le dimensioni complessive risultano inferiori. Anche in questo caso, la selezione delle singole lunghezze d onda può avvenire mediante semplice rotazione del reticolo.

62 Cuvette STRUMENTAZIONE Contengono la soluzione in cui è sciolto l analita ed il bianco di riferimento, che serve per eliminare gli assorbimenti della matrice. Possono avere varie forme (parallelepipedo, cilindro) e vari spessori (normalmente 1 cm, ma anche spessori maggiori, fino a 3-4 cm per soluzioni molto diluite o spessori minori, fino 1-5 mm, per soluzioni molto concentrate). Per il campo VIS-UV si usano i seguenti materiali: polietilene (celle monouso), vetro (solo per il VIS) e quarzo (anche nell UV). Le due celle necessarie in uno spettrofotometro a doppio raggio dovrebbero essere perfettamente identiche; per tale motivo andrebbero sempre usate a coppie: in caso di rottura di una di esse, occorrerebbe sostituire anche l altra. Le celle (di vetro o di quarzo) devono essere sottoposte ad accurata manutenzione: devono essere sempre perfettamente pulite e trasparenti, per cui è bene evitare di toccare le facce non smerigliate con le dita, in quanto si possono lasciare tracce di grasso. Se necessario si immergono una notte in HNO3 diluito 1:1 oppure in H 2 SO 4 diluito con qualche cristallo di K 2 Cr 2 O 7 ; usualmente è sufficiente per la loro pulizia acqua distillata, acetone o etanolo.

63 Cuvette STRUMENTAZIONE

64 Rivelatori STRUMENTAZIONE Fotocella a vuoto (fototubo): sfrutta l effetto fotoelettrico, consistente nell emissione di elettroni da parte di superfici metalliche colpite da fotoni, che quindi convertono l energia luminosa in energia elettrica. Si utilizzano metalli con bassi potenziali di ionizzazione (energia necessaria per strappare un elettrone). Per i metalli di transizione il potenziale di ionizzazione è elevato e cade nel campo del UV o addirittura dei raggi X; i metalli alcalini e alcune loro leghe, al contrario, hanno un potenziale di ionizzazione che cade nel campo del VS. Un fototubo è costituito da un tubo a vuoto di vetro (con una finestrella di quarzo per consentire il passaggio sia delle radiazioni VIS sia delle radiazioni UV), contenente un catodo ricoperto di una sostanza fotosensibile (di solito una lega Cs-Sb) e per tale motivo detto anche fotocatodo e da un anodo a griglia, che permette il passaggio delle radiazioni luminose.

65 Rivelatori STRUMENTAZIONE Fotomoltiplicatore: sfrutta sempre l effetto fotoelettrico ma è in grado di amplificare il segnale prodotto, riuscendo quindi ad essere sensibili ad intensità luminose molto più basse rispetto ai comuni fototubi. In un fototubo, la luce che colpisce il catodo fotosensibile ionizza il materiale del catodo e produce una corrente dell ordine di 50 μa per lumen mediante emissione primaria; si tratta di un valore molto basso di difficile manipolazione. Nei fotomoltiplicatori, vi sono diverse coppie di elettrodi, dette dinodi, tutti ricoperti di materiale fotosensibile, sottoposti a tensioni progressivamente crescenti: in questo modo ogni elettrone espulso da un dinodo viene accelerato dalla crescente tensione elettrica e produce una emissione secondaria di più elettroni sul dinodo successivo. Aumentando il numero dei dinodi e sottoponendoli a tensioni sempre crescenti, si ha la produzione di una cascata di elettroni secondari, con amplificazione del segnale anche dell ordine di 10 6 volte.

66 STRUMENTAZIONE Apparecchi a serie di diodi (DIODE ARRAY) La luce policromatica prodotta dalla sorgente (lampada a W per il VIS, lampada a D2 per l UV) dopo aver attraversato il campione incide su di un reticolo in riflessione che disperde la luce; le singole radiazioni monocromatiche vanno su un microchip sul quale sono presenti diverse centinaia di fotodiodi. I fotodiodi sono rivelatori allo stato solido microscopici (qualche nm) incisi con tecniche particolari sul microchip: quando i fotoni li colpiscono generano una microcorrente elettrica che, dopo amplificazione, produce un segnale elettrico con il quale si costruisce lo spettro del campione. Poiché ogni singola radiazione monocromatica eccita un singolo fotodiodo è possibile registrare istantaneamente lo spettro del campione oppure effettuare singole misure di assorbanza a determinate lunghezze d onda.

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