L identità virtuale. Teoria e tecnica dell indagine socio psicopedagogica online. Luca Pisano

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1 L identità virtuale Teoria e tecnica dell indagine socio psicopedagogica online Luca Pisano 1

2 Luca Pisano. IFOS - Master in Criminologia e Ufficio Studi, Ricerche e Attività Internazionali. Dipartimento Giustizia Minorile, Ministero della Giustizia. Tutti i diritti riservati. Progetto di ricerca finanziato dall Ufficio Studi, Ricerche e Attività Internazionali, Dipartimento Giustizia Minorile, Ministero della Giustizia e dal Centro Studi IRIS Socialia - SUNAS 2

3 INDICE Prefazione (a cura di) Introduzione Struttura e organizzazione del libro LA RICERCA 1. Gli operatori della Giustizia Minorile di fronte alle nuove forme della criminalità online 1.1 La ricerca qualitativa Premessa Metodologia Campione Risultati 1.2 Il focus group Premessa Campione e metodologia: la procedura utilizzata durante il Focus Group Risultati Discussione e interpretazione dei dati emersi 1.3 Ricerca qualitativa e focus group Conclusioni 2. Le rappresentazioni dell identità virtuale: indagini conoscitive 2.1 L intervista semistrutturata: la ricerca pilota Premessa L ipotesi della ricerca Campione Risultati Discussione e interpretazione dei dati emersi: la rimodulazione delle ipotesi della ricerca 2.2 La nuova ricerca qualitativa La nuova ipotesi della ricerca Il campione I risultati emersi Discussione e interpretazione dei dati emersi 2.3 Conclusioni I limiti delle ricerche e degli strumenti proposti Riflessioni sui dati emersi 3

4 DALLA RICERCA ALLA PRATICA: STRUMENTI PER OPERATORI SOCIO SANITARI E PROPOSTE OPERATIVE PER L AMBITO GIUDIZIARIO 3. Teoria e Tecnica dell indagine socio psico-pedagogica online 3.1 La visita domiciliare online 3.2 Le aree tematiche e le domande Il Cellulare Computer e Tablet Videogiochi Social Network 3.3 L organizzazione dei dati La funzione sociale La funzione protettiva La funzione ermeneutica: la concettualizzazione del senso del sé virtuale e dell identità virtuale 4. Area penale 4.1 Gli indicatori per la valutazione della maturità riferita all area virtuale 4.2 Considerazioni sull opportunità di prevedere gli istituti dell irrilevanza del fatto, del perdono giudiziale e della messa alla prova 4.3 Reati online e politica riparativa: la mediazione online 5. Area civile 5.1 La valutazione delle Competenze Genitoriali Virtuali 5.2 Le aree del funzionamento genitoriale per quanto riguarda l uso di cellulare, computer e tablet, videogiochi, social network Controllo Protezione Regole Confini Bibliografia Allegati Autore, comitato scientifico e collaboratori 4

5 Prefazione 5

6 Introduzione 1 Perché riteniamo di potere esprimere il nostro punto di vista ricorrendo a forme di comunicazione aggressive e offensive? Come mai, senza avere la necessaria preparazione, informazioni e competenze, clicchiamo mi piace su una notizia oppure la commentiamo denigrando altri cittadini o rappresentanti dello Stato? E soprattutto com è possibile che alcuni di noi facciano tutto questo, scivolando nel razzismo, nell omofobia e nel misoginismo, senza provare vergogna? Ha quindi ragione Umberto Eco quando denuncia nel web l'invasione degli imbecilli? Le ricerche, svolte dal Ministero della Giustizia e dall IFOS ed esposte in questo libro, suggeriscono che non siamo sempre in grado di concettualizzare la realtà e l identità virtuale, ritenute erroneamente fittizie o non completamente vere. Non sentiamo, dunque, in alcune circostanze di dovere rispettare i limiti perché non riteniamo di essere soggettivamente implicati nelle azioni che compiamo nel web. Un po perché il virtuale non lo percepiamo come una forma di realtà e soprattutto perché l identità virtuale la riteniamo disconnessa da quella reale. Siamo dunque imbecilli nel senso (etimologico) che siamo senza bastone, deficitari del necessario sostegno intellettuale per rappresentarci il virtuale. Sostegno che, tra l altro, la società, la scuola e la famiglia spesso non ci forniscono. Insomma quando navighiamo online corriamo il rischio di ritenere erroneamente la realtà virtuale un ossimoro. Soprattutto quando siamo attivati da forti e impetuose emozioni possiamo dimenticare che reale e virtuale non sono termini in contrapposizione e che il mondo virtuale sembra ma non è meno vero di quello reale. Se avessimo invece sempre chiaro che quando scriviamo o pubblichiamo una foto nel web manifestiamo la nostra identità virtuale, emanazione di quella reale, e che i commenti offensivi che postiamo nei social network sono simboli, talvolta i sintomi, della nostra (problematica) personalità, avremmo un dubbio. Forse capace di inibire l azione offensiva. E provando vergogna eviteremmo di danneggiare anche la nostra reputazione online. Ma se non concettualizziamo di avere un identità virtuale, non riusciamo neanche a proteggerla, con il risultato che non sempre prestiamo la dovuta attenzione alle attività che compiamo nel web. Infatti, quando il pensiero vacilla, passiamo molto più facilmente all azione denigrando e diffamando: non cogito, ergo insulto. Non si può infine escludere, come sosteneva Heidegger, che la crisi di valori della società occidentale debba essere ricercata nell oblio dell Essere e nella conseguente alienazione dell uomo dalla propria soggettività. Per questo motivo possiamo rapportarci al mondo virtuale con la sola coscienza di ciò che percepiamo e compiamo nel web ma deficitari della capacità di riflettere criticamente sulle nostre azioni (autocoscienza) e di comprendere che i comportamenti sono sempre l emanazione del nostro Essere e quindi della nostra personalità. Questo significa che nonostante tutti noi possiamo assumere nei social network una o più identità virtuali attraverso le quali esprimiamo la nostra, unica, soggettività, pochi riescono a concettualizzarne l esistenza. 1 Tratto da Non cogito ergo insulto. Se non capiamo che cosa sono internet e la realtà virtuale corriamo il Pubblicato su L Unione Sarda del , pp.11. 6

7 Se le principali agenzie formative (scuola e famiglia) non ci aiutano a comprendere che cosa siano l identità virtuale e la realtà virtuale sarà sempre più difficile presidiare la normalità dalle infiltrazioni della devianza e della criminalità che talvolta si presentano nel web nelle forme del cyberbullismo e della diffamazione. E infatti giusto esprimere il nostro punto di vista e arricchire con il dialogo la discussione se le parole non diventano vuote e la discussione non degenera in chiacchiericcio. In questo caso sarebbe meglio dubitare e pensare di tacere. Perché forse, solamente in quel momento, capiamo di avere qualcosa da dire. Il silenzio, ci ricorda Heidegger, rivela e mette a tacere la chiacchera e, forse anche le rumorose parole aggressive che abitano la nostra mente. Struttura e organizzazione del libro Il libro, prevalentemente centrato sullo studio dell identità virtuale in età evolutiva, è suddiviso in due parti. La prima (capitoli 1 e 2) è dedicata alla presentazione delle ricerche svolte e alla discussione dei risultati ottenuti, la seconda (capitoli 3,4,5) offre agli operatori socio sanitari gli strumenti per compiere l indagine sull identità virtuale e per progettare adeguati interventi rieducativi e riparativi. Nello specifico, nel capitolo 1 è riportata la ricerca qualitativa volta a conoscere i comportamenti degli operatori della giustizia minorile di fronte alle nuove forme della criminalità online. Si è cercato infatti di comprendere se nel corso dei colloqui con il minorenne, indagato o imputato, hanno preso in considerazione le sue attività online (comunicazioni in Facebook o altri social networks, invio di sms e/o mms e/o , chat, etc), finalizzate alla commissione del reato; se hanno commentato il suo profilo virtuale e usato le informazioni recepite per la redazione della relazione; se hanno usato le informazioni riguardanti l identità virtuale per la modulazione del progetto individuale e se hanno ritenuto di possedere adeguati strumenti epistemologici e metodologici per indagare l identità virtuale. Sono infine riferiti gli esiti del Focus Group finalizzato a conoscere: 1) le rappresentazioni cognitive che gli operatori si sono formati dell Identità Virtuale e delle nuove forme della criminalità online; 2) i paradigmi teorici e gli strumenti di lavoro impiegati per intervenire sulla criminalità online. Nel capitolo 2 sono riportati i risultati di due ricerche svolte su un campione di minori e di adulti non utenti dei servizi socio sanitari per valutare la loro capacità di concettualizzare l identità virtuale e di considerare le informazioni pubblicate su un social network, come foto, video, immagini, testo o commenti, in stretta dipendenza con l identità reale e quindi con la loro soggettività o Essere. Nonostante i limiti di generalizzazione (paragrafo 2.3.1), i risultati delle ricerche hanno offerto uno spaccato sufficientemente attendibile di un fenomeno ancora in fase di studio. La complessità dell ambito d indagine ha infatti condizionato le indagini illustrate che hanno di conseguenza un carattere sperimentale per quanto riguarda l approccio teorico e la dimensione metodologico empirica. Per questo motivo anche gli strumenti proposti nella seconda parte del libro, la visita domiciliare online (capitolo 3), la valutazione della maturità psicologica virtuale (capitolo 4) e la valutazione delle competenze genitoriali virtuali (capitolo 5), devono essere considerati work in progress e quindi come un primo concreto contributo per favorire la sviluppo di modelli operativi funzionali ad analizzare e valutare l identità virtuale. 7

8 Nello specifico, per l area penale minorile (capitolo 4) sono esposti gli indicatori per la valutazione della maturità psicologica virtuale nei casi di ragazzi che commettono reati utilizzando direttamente o indirettamente internet. Nei paragrafi seguenti dello stesso capitolo sono riportate alcune riflessioni sull opportunità di disporre la mediazione penale, l irrilevanza sociale del fatto, la messa alla prova e il perdono giudiziale nei casi di minorenni che non concettualizzano adeguatamente la propria identità virtuale. Nel capitolo 5, dedicato alle procedure de potestate, sono illustrati i criteri per la valutazione delle competenze genitoriali virtuali e il questionario Parent 1.0 che, esplorando i comportamenti off e online dei membri della famiglia per quanto riguarda l uso del cellulare, del computer/tablet, dei videogiochi e dei social network, permette di misurare la capacità dei genitori di educare i figli ad un uso responsabile delle nuove tecnologie. Strumento che per essere facilmente utilizzato dagli operatori socio-sanitari è stato informatizzato da un team di studenti dell Istituto Tecnico Giua di Cagliari e dal loro docente, il Prof. Antonello Zizi. 8

9 LA RICERCA 1. Gli operatori della Giustizia Minorile di fronte alle nuove forme della criminalità online 1.1 La ricerca qualitativa Premessa In questo capitolo è riportata la ricerca qualitativa volta a conoscere i comportamenti degli operatori della giustizia minorile di fronte alle nuove forme della criminalità online. Si è cercato di comprendere se nel corso dei colloqui con il minorenne, indagato o imputato: a) hanno preso in considerazione le sue attività online (comunicazioni in Facebook, altri social networks, invio sms e/o mms e/o , chat, etc), finalizzate alla commissione del reato, connesse indirettamente con il reato o non connesse con il reato; b) hanno commentato il suo profilo virtuale e usato le informazioni recepite per la redazione della relazione; c) hanno utilizzato le informazioni riguardanti la sua identità virtuale per la modulazione del progetto individuale; d) hanno ritenuto di possedere adeguati strumenti epistemologici e metodologici per indagare l identità virtuale Rilevazione delle informazioni Per la somministrazione del questionario online (Allegato 1) è stata seguita la seguente procedura: 1) predisposizione di un link al quale accedere per compilare il questionario: ( ) 2) invio nei mesi di Ottobre e Novembre 2013 di un personale (riportante il nome e cognome) all universo degli operatori della giustizia minorile (697) in cui sono stati indicati il link al quale connettersi per compilare il questionario e le informazioni generali sul progetto di ricerca; 3) nuovo invio nei mesi di Novembre e Dicembre 2013 di gruppi di (100 per volta) a tutti gli operatori della giustizia minorile in cui è stata sollecitata la compilazione del questionario Campione Su 697 operatori della giustizia minorile hanno risposto 272 (39,02%), di cui 231 di sesso femminile (84,93%) e 41 di sesso maschile (15,07%). Il 58,46% degli operatori che ha risposto al questionario ha un età compresa tra i anni, mentre la rimanente parte è concentrata in due fasce di età: (19,49%) e ultra cinquantaduenni (22,05%). 2 Si precisa che la chiusura della rilevazione è avvenuta in data

10 Il motivo per cui 425 operatori (60,98%) raggiunti via non ha risposto può essere imputato: 1) alla particolare strutturazione del questionario online che per essere validato esigeva una risposta a tutte le domande 3. Pertanto alcuni operatori che non hanno preso in carico minorenni: che hanno commesso reati la cui condotta specifica è integrata dall uso di nuove tecnologie (domanda 1), o che hanno commesso altri reati (non indicati nel primo quesito) divulgati successivamente attraverso l uso di internet? (domanda 2), non hanno compilato il questionario. Risultano infatti 120 tentativi di risposta incompleta. 2) al ruolo ricoperto da alcuni operatori che al momento della compilazione del questionario non avevano il mandato istituzionale di lavorare direttamente con i minorenni. Per quanto riguarda l appartenenza territoriale, hanno risposto gli operatori di tutte le regioni italiane (tabella 1, grafico 1) ad eccezione di quelli che operano in Valle D Aosta e Umbria che pur avendo ricevuto il link non hanno compilato il questionario. Tabella 1. Suddivisione degli operatori che hanno risposto al questionario per provenienza (settentrione-meridione) SUD 172 (63,24%) NORD 100 (36,76%) 3 Le regole del questionario online sono infatti le seguenti: 1) il questionario è considerato completo dal software solamente se l utente risponde a tutte le domande; 2) il questionario è considerato incompleto dal software se l utente risponde parzialmente; 3) non è possibile sapere se un utente ha tentato di rispondere più volte in quanto il programma registra l IP del computer ma non il nominativo della persona. 10

11 Grafico 1. Distribuzione frequenza risposte suddivise per regioni. 11

12 1.1.4 Risultati Dall analisi dei dati è preliminarmente emerso che il 35,29% (96 su 272) degli operatori ha lavorato con minorenni che hanno commesso reati la cui condotta specifica è integrata dall uso delle nuove tecnologie (tabelle 2 e 3), mentre il 25% (68) ha preso in carico ragazzi e ragazze che hanno commesso reati tradizionali che sono stati in un secondo momento divulgati online 4. Relativamente al primo gruppo, i reati commessi sono stati: 1) il cyberbullismo, gli atti aggressivi intenzionali finalizzati a danneggiare un coetaneo o un adulto, attraverso l invio di sms, mms, e/o la pubblicazione di post offensivi in un blog (27,57%, 75); 2) l istigazione e apologia a pratiche di pedofilia o pedopornografia online (6,25%, 17); 3) l associazione per delinquere diretta a commettere reati inerenti i seguenti articoli del codice penale: 414 bis, 609 ter e quater, 609 quinquies, 609 octies, 600 bis, 600 ter, 600 quater, 600 quinquies (5,88%, 16); 4) adescamento online (0,37%, 1). Tabella 2. Hai preso in carico minorenni che hanno commesso reati la cui condotta specifica è integrata dall uso delle nuove tecnologie? Risposta Frequenza assoluta Frequenza Percentuale Sì % No % 4 Poiché gli intervistati che hanno risposto affermativamente alla prima domanda 4 potrebbero essere gli stessi o una loro percentuale non calcolabile che hanno poi risposto positivamente alla seconda 4, non è statisticamente possibile individuare una percentuale media di operatori che hanno preso in carico ragazzi che hanno commesso crimini utilizzando direttamente e indirettamente la rete. 12

13 Tabella 3. Frequenza assoluta e percentuale di operatori che hanno preso in carico minori che hanno commesso reati con le nuove tecnologie, suddivisi per tipologia di reato. Risposta Frequenza assoluta Frequenza Percentuale Cyberbullismo (atti aggressivi intenzionali finalizzati a danneggiare un coetaneo o un adulto, attraverso l invio di sms, mms, e/o la pubblicazione di post offensivi in un blog) % Istigazione e apologia a pratiche di pedofilia o pedopornografia online (art. 414 bis, c.p) % Associazione per delinquere diretta a commettere reati inerenti i seguenti articoli del codice penale: 414 bis; 609 ter e quater; 609 quinquies; 609 octies; 600 bis; 600 ter; 600 quater; 600 quinquies % Adescamento (609 undecies) % Per quanto riguarda la raccolta dei dati anamnestici per la valutazione delle caratteristiche individuali, familiari e sociali del minorenne (art. 9, DPR 448/88), il 36% (98) degli operatori ha riferito di avere preso in considerazione nel corso dei colloqui le attività online finalizzate alla commissione del reato (come ad esempio comunicazioni in Facebook o altri social network, invio di sms e/o sms e/o , chat, etc), mentre il 35% (97) le ha esaminate anche se connesse indirettamente con il reato. 13

14 Se poi consideriamo che il 51,47%, 140, le ha considerate anche se non collegate con il fatto reato 5, si deduce che un operatore su tre ha prestato attenzione al profilo online di personalità del proprio assistito senza però riuscire a decodificare le informazioni ottenute. Per questo motivo si riduce notevolmente la frequenza degli intervistati che ha concretamente utilizzato il profilo online del minore per commentarlo insieme a lui (20.96%, 57) e per redare la relazione valutativa finale da inviare al Tribunale (12,50%, 34). Infatti nella modulazione del progetto individuale di intervento solamente il 3,68% (10) degli operatori ha tenuto conto delle informazioni riguardanti l identità virtuale e quando lo ha fatto si è affidato al buon senso, come è indicato dalle risposte che sono state fornite alla domanda n 7 del questionario 6. La difficoltà di utilizzare le informazioni derivate dall indagine compiuta sul mondo online del minorenne è apparsa strettamente correlata alla carenza di strumenti epistemologici e metodologici presenti nella letteratura scientifica nazionale e internazionale. La quasi totalità degli intervistati, 90,81% (247) ha infatti dichiarato di non possedere le necessarie conoscenze tecniche per interpretare le informazioni raccolte (tabella 4). Tabella 4. Ritieni di possedere gli strumenti epistemologici e metodologici per lavorare sull identità virtuale dei minorenni? Risposta Frequenza assoluta Frequenza Percentuale Sì % No % 5 Anche in questo caso, poiché gli intervistati che hanno risposto alla domanda 3.1 potrebbero essere gli stessi o una loro percentuale non calcolabile che hanno poi risposto alle domande 3.2 e 3.3, non è statisticamente possibile individuare una percentuale media. 6 - ho preso in considerazione solo ciò che mi ha riferito il minore e quindi l'ho tenuto in considerazione come tutte le altre informazioni dallo stesso fornitomi, cioè come un elemento conoscitivo; - tenendo in considerazione gli elementi che emergono dall'identità virtuale sulla personalità e valutando la capacità di comprensione e dell'uso della rete; - cercando di limitarne comportamenti inadeguati anche attraverso prescrizioni di attività socio-educative mirate; - coinvolgimento in percorsi di educazione alla legalità che trattassero l'argomento specifico anche con l'ausilio della polizia postale; - rilevavo una seconda vita, completamente diversa da quella reale, in cui il ragazzo commetteva reati ed era una persona completamente diversa da quella che appariva in famiglia. Il Giudice stesso ha tenuto in considerazione in sede GIP l'identità virtuale del minore e i Servizi hanno costruito per forza di cose un progetto che tenesse conto della discrasia tra reale e virtuale; - offrendo spazi di confronto e di riflessione; - offrendo uno spazio di riflessione per permettere al ragazzo di comprendere il pericolo di offendere e/o essere offeso da eventuali affermazioni e/o atteggiamenti via internet (pubblicazione foto, commenti, etc) attraverso interventi psicologici ed educativi che aiutassero il minore a ricomporre un'identità integrata, reale e funzionale al processo di crescita nella individuazione della A.S.U. rimodulandola sempre con quella reale. 14

15 Risposta Frequenza assoluta Frequenza Percentuale Nessuna risposta % Non visualizzato % 15

16 1.2 Il focus group Premessa Sulla base dei risultati emersi dall indagine qualitativa, in data è stato condotto presso l Istituto Centrale di Formazione del Ministero della Giustizia un Focus Group volto a esplorare: 1) le rappresentazioni cognitive che gli operatori sociali si sono formati dell Identità Virtuale e delle nuove forme della criminalità online; 2) i paradigmi teorici e gli strumenti di lavoro impiegati per intervenire sulla criminalità online Campione e metodologia: la procedura utilizzata durante il Focus Group L indagine, diretta a un gruppo di trenta operatori della giustizia minorile che hanno preso in carico minorenni autori di reati online 7, si è articolata in quattro fasi: 1) breve conoscenza dei partecipanti provenienti dalle diverse regioni italiane; 2) suddivisione degli stessi in tre piccoli gruppi e svolgimento del Focus Group; 3) analisi da parte del team di ricerca dei principali contenuti emersi; 4) discussione in seduta plenaria sulle più importanti tematiche rilevate. Suddivisi gli operatori sociali in tre piccoli gruppi, i moderatori 8 hanno introdotto i temi di indagine attraverso la lettura di undici domande aperte e chiesto di rispondere prima oralmente e poi per iscritto compilando quattro schede 9 (Allegato 2) preliminarmente preparate dal team di ricerca. L indagine qualitativa, suddivisa in quattro fasi della durata di venti minuti circa ciascuna, è stata allora finalizzata a: Prima fase: indagare le rappresentazioni che gli operatori sociali si sono formati dell Identità Virtuale; Seconda fase: verificare se i paradigmi teorici utilizzati per analizzare e comprendere la criminalità tradizionale sono stati adoperati anche per analizzare e comprendere la criminalità online; Terza fase: verificare se gli strumenti utilizzati per intervenire sulla criminalità tradizionale sono stati adoperati anche per intervenire sulla criminalità online; Quarta fase: verificare la qualità e quantità delle resistenze al cambiamento (risposte omeostatiche dei minorenni e delle loro famiglie) riscontrate nei casi di reati online. 7 Minori che hanno commesso reati la cui condotta specifica è integrata dall uso di nuove tecnologie e/o che hanno commesso altri reati divulgati successivamente attraverso l uso di internet. 8 Z. Formella, L. Pisano e A. Ricci. 9 Ogni operatore ha avuto la possibilità di riportare in modo sommario le idee maturate durante il Focus Group: sintesi del proprio punto di vista e individuazione della relativa parola chiave. 16

17 1.2.3 Risultati A) Prima fase del Focus Group Come prevedibile, se consideriamo la limitatezza dei contributi scientifici sul tema, gli operatori della giustizia minorile si sono formati una rappresentazione non sufficientemente chiara delle caratteristiche psicologiche, relazionali e sociali dell identità virtuale. Le insufficienti conoscenze sulle specifiche proprietà del suo funzionamento hanno infatti segnalato il deficit di riferimenti teorici per analizzare l identità virtuale e di strumenti per valutare il rapporto che intercorre tra l identità reale e l identità virtuale. Infatti, 1) alla domanda Che cosa è l identità virtuale?, gli operatori non hanno risposto in modo uniforme, anche se alcune idee si sono ripetute più frequentemente come ad esempio: è un alter ego, è una rappresentazione di sé messa in rete, è una proiezione di sé, è una possibilità di farsi vedere come si vuole ; 2) alla domanda Quali rapporti sussistono tra identità reale e virtuale?, gli operatori hanno manifestato la convinzione che, considerata l età adolescenziale e il relativo percorso identitario non ancora ultimato, sia difficile esprimersi. Tuttavia le idee più ricorrenti sono state: l influenza reciproca, la coesistenza delle due identità, la contrapposizione di due identità ; 3) alla domanda Come viene percepita l identità virtuale dai ragazzi con i quali ha lavorato?, gli operatori hanno sostanzialmente evidenziato che l identità virtuale è funzionale ai minorenni per esprimere il loro bisogno di relazione. Le idee più ricorrenti sono state infatti: ricerca di non essere soli, ricerca di libertà, di essere se stesso, possibilità di potersi esprimere ; 4) alla domanda Quali rapporti sussistono tra identità reale e virtuale secondo il punto di vista dei ragazzi con cui ha lavorato?, gli operatori hanno osservato che, a causa della carenza di strumenti operativi, non sono stati in grado di rispondere. Tuttavia le idee più ricorrenti sono state: rapporto spersonalizzato, sono modi di essere differenti, possibilità di avere una maschera. B) Seconda fase del Focus Group Dalla seconda fase del Focus Group è emerso che gli operatori della Giustizia Minorile, deficitari di modelli epistemologici per analizzare e valutare i nuovi fenomeni della criminalità online e dell identità virtuale, sono ricorsi ai paradigmi 10 (Kuhn, 1962) già conosciuti, quelli utilizzati per concettualizzare la criminalità classica e l identità reale. 10 Con il termine paradigma Kuhn indica conquiste scientifiche universalmente riconosciute, le quali, per un certo periodo, forniscono un modello di problemi e soluzioni accettabili a coloro che praticano un certo campo di ricerca. ( 17

18 Nello specifico, 1) alla domanda Quali sono i riferimenti teorici (psico- socio- educativi) che generalmente utilizza per analizzare e comprendere la criminalità minorile tradizionale?, gli operatori hanno prevalentemente risposto di fare riferimento all approccio sistemico relazionale e nello specifico alle teorie di De Leo, Bandura e Cancrini; 2) alla domanda Quali sono i riferimenti teorici (psicologici, sociali e educativi) che generalmente utilizza per analizzare e comprendere la criminalità minorile online?, gli operatori hanno risposto 1) non ci sono stati indicati i riferimenti specifici ; 2) non lo so, 3) le stesse teorie di riferimento. C) Terza fase del Focus Group Dalla terza fase del Focus Group è emerso che gli operatori della Giustizia Minorile, privi di un nuovo paradigma per analizzare e valutare la criminalità online e l identità virtuale, hanno utilizzato strumenti tratti dai paradigmi tradizionali. Infatti, 1) alla domanda Quali strumenti psico - socio- educativi generalmente utilizza per intervenire sulla criminalità tradizionale?, è stato sottolineato in quasi tutte le risposte il ruolo del colloquio individuale e in diversi casi anche del colloquio di gruppo. Tra le altre metodologie sono state indicate: le attività esperienziali, il lavoro di gruppo, la visita a casa, il lavoro in rete ; 2) alla domanda Quali strumenti psico- socio- educativi generalmente utilizza per intervenire sulla criminalità online?, gli operatori hanno replicato che usiamo gli stessi strumenti oppure non hanno risposto alla domanda. D) Quarta fase del Focus Group Dalla quarta fase del Focus Group è emerso che gli operatori della Giustizia Minorile hanno riscontrato nei genitori e nei minorenni coinvolti in reati online un forte livello di resistenza al cambiamento. Non sono infatti apparsi sempre in grado di inquadrare in termini antigiuridici le condotte criminali online. Nello specifico, 1) alla domanda Quali sono state le principali problematiche (con particolare riferimento alle resistenze al cambiamento) che ha dovuto gestire interagendo con minorenni che hanno commesso reati utilizzando direttamente e/o indirettamente le nuove tecnologie?, gli operatori hanno riportato la scarsa consapevolezza del reato, la difficoltà ad assumere la responsabilità con le relative conseguenze del reato e la banalizzazione del reato ; 18

19 2) alla domanda Quali sono state le principali problematiche (con particolare riferimento alle resistenze al cambiamento) che ha dovuto gestire interagendo con le famiglie dei minorenni che hanno commesso reati utilizzando direttamente e/o indirettamente le nuove tecnologie?, gli operatori hanno osservato che i genitori tendono a sottovalutare la rilevanza del fatto reato: la difficoltà di riconoscere il significato del reato tecnologico, la scarsa conoscenza delle nuove tecnologie, la difficoltà nella gestione educativa ; 3) alla domanda Le problematiche rilevate sono state complessivamente differenti da quelle che ha riscontrato nei casi di minorenni che hanno commesso reati tradizionali?, quasi tutti gli operatori hanno affermato che esiste una profonda differenza tra i reati tradizionali e quelli online. Sono prevalse le seguenti affermazioni: disconoscimento del reato, maggiore ambivalenza, maggiore necessità di far comprendere la configurazione del reato. 19

20 1.2.4 Discussione e interpretazione dei dati emersi L analisi dei contenuti emersi durante lo svolgimento del Focus Group ha confermato che gli operatori della giustizia minorile, sprovvisti di modelli teorici per analizzare e comprendere i fenomeni della criminalità online e dell identità virtuale, hanno dovuto fare riferimento ai paradigmi tradizionali già conosciuti, quelli generalmente utilizzati per concettualizzare la criminalità classica e l identità reale. Con il risultato, molto probabilmente rilevabile anche in altre categorie professionali (psicologi, educatori, psichiatri), che l'applicazione spesso forzata al mondo online di questi modelli teorici, originariamente concepiti per valutare la realtà off line, ha avuto l effetto di ampliarne esageratamente la sfera di azione sino a renderli inefficaci sotto il profilo gnoseologico e metodologico. La conseguente crisi epistemologica non ha però avuto l effetto di produrre un nuovo paradigma. Infatti nel tentativo di non rimanere privi di una guida teorica e di strumenti di intervento, gli operatori della giustizia minorile (ma ipotizziamo anche psicologi, educatori e psichiatri del servizio socio sanitario e del privato sociale) hanno involontariamente adattato i paradigmi già conosciuti all analisi dei nuovi fenomeni online. In questo modo, la criminalità online e l identità virtuale sono divenuti il rompicapo 11 (Kuhn 12, 1962) da risolvere, il problema apparentemente risolubile ricorrendo ad un abnorme sviluppo dei paradigmi tradizionali. Impegnati, dunque, nell applicazione della scienza normale (Kuhn, op.cit), e quindi nell accrescimento dei paradigmi tradizionali, gli operatori sociali non sono riusciti a trovare novità di fatto o teoriche per inquadrare i nuovi fenomeni e non hanno pensato di falsificare le teorie tradizionali utilizzate (Popper 13, 1933). Infatti, pur rilevando attraverso la pratica lavorativa che i paradigmi tradizionali sono obsoleti e che l anomalia 14 (Kuhn, op.cit), cioè la difficoltà di analizzare e valutare la criminalità online e l identità virtuale con i modelli teorici tradizionali, non può essere efficacemente risolta rimanendo dentro lo stesso vincolo epistemologico, hanno continuato 11 È l accettazione di un paradigma, dunque, a costituire e a definire la comunità scientifica, la quale, all interno degli assunti paradigmatici, effettuerà quella che Kuhn chiama scienza normale: «una ricerca stabilmente fondata su uno o più risultati raggiunti dalla scienza del passato, ai quali una particolare comunità scientifica, per un certo periodo di tempo, riconosce la capacità di costituire il fondamento della sua prassi ulteriore». E questa prassi ulteriore sta nel tentare di realizzare le promesse del paradigma, determinando i fatti rilevanti (per il paradigma), confrontando i fatti con la teoria, e articolando la teoria stessa. Tale procedimento è finalizzato a risolvere una massa crescente di rompicapo (o Puzzles), ossia problemi teorici irrisolti, per formulare leggi quantitative che articolano ulteriormente il paradigma. La scienza normale è dunque un impresa conservatrice. ( 12 Kuhn S.T. (1962). Traduzione italiana (1999). La struttura delle rivoluzioni scientifiche. Biblioteca Einaudi, Torino. 13 Popper K. (1934). Traduzione italiana (1970). Logica della scoperta scientifica. Il carattere autocorrettivo della scienza, Einaudi, Torino. 14 La ricerca scientifica mette continuamente in luce fenomeni nuovi e insospettati. Quando la comunità scientifica prende coscienza di un anomalia, di un problema che sfida gli assunti centrali del paradigma e che costringe la comunità degli scienziati a sostituire il vecchio paradigma con un altro, si attua una rivoluzione scientifica. Gli scienziati, di fronte alla massa di rompicapo che non riescono a risolvere con l applicazione di quel paradigma, mettono in dubbio i principi fino a quel momento seguiti e accettati come dogmi, e vanno alla ricerca di un nuovo paradigma. ( 20

21 a manifestare fiducia nelle coordinate teoriche utilizzate. Non considerando, quindi, le anomalie riscontrate nel corso del loro lavoro come dei controfatti capaci di falsificare e quindi invalidare le teorie tradizionali, non si sono psicologicamente predisposti a operare una rivoluzione scientifica (Kuhn, op.cit). Ulteriori fattori che possono avere ostacolato la ricerca di un nuovo paradigma possono essere rintracciate non solo nella fisiologica difficoltà ad affrontare le crisi epistemologiche ma anche: nell età avanzata e nella conseguente fatica di aggiornare, forse stravolgere, alla fine della carriera i modelli teorici adottati. Sotto questa prospettiva appare comprensibile che alcuni operatori abbiano gestito la crisi epistemologica cercando di ancorarsi a programmi di ricerca (Lakatos 15, 1978) contrassegnati da un euristica negativa: la salvaguardia delle conoscenze certe e sicure maturate nel tempo; nella tendenza a non impegnarsi in prima persona per aggiornare i modelli teorici utilizzati. Forse perché non sufficientemente stimolati a pensarsi come scienziati sociali in grado di sviluppare nuove teorie, hanno assunto una posizione passiva e sono rimasti in attesa di ricevere il nuovo paradigma da applicare. Inoltre la resistenza manifestata da alcuni operatori a trovare un nuovo paradigma e di conseguenza strumenti conoscitivi per indagare l identità virtuale (ad esempio, l analisi del profilo costruito dal minorenne in un social network), è apparsa in alcuni casi isomorfica alla resistenza al cambiamento palesata dai minorenni e dai loro genitori. In entrambi i casi è sembrato che alcuni operatori e utenti della giustizia minorile abbiano condiviso le stesse incertezze e confusioni epistemologiche. Infatti il paradigma culturale tradizionale ha sollecitato i minorenni a banalizzare le conseguenze delle loro azioni, ritenute meno reali perché virtuali, e gli adulti a proporre interventi riparativi poco efficaci e adeguati perché originariamente concepiti per intervenire sull identità reale. 15 Lakatos I. (1978). The Methodology of Scientific Research Programmes. Cambridge University Press. Traduzione italiana. (2001). La metodologia dei programmi di ricerca scientifici, Il Saggiatore, Milano. 21

22 1.3 Ricerca qualitativa e focus group Conclusioni I risultati provenienti dalle indagini svolte suggeriscono che: 1) l applicazione dei paradigmi scientifici tradizionali all analisi - valutazione della criminalità online e dell identità virtuale abbia avuto l effetto di ampliarne esageratamente la sfera di azione sino a renderli inefficaci sotto il profilo gnoseologico e metodologico. Infatti: a) anche gli operatori della giustizia minorile sono apparsi privi di modelli teorici e operativi per concettualizzare adeguatamente i nuovi fenomeni; b) quasi un operatore su tre ha prestato attenzione al profilo online di personalità del proprio assistito (identità virtuale) senza però riuscire a decodificare le informazioni ottenute perché privo dei necessari strumenti epistemologici e metodologici; c) solamente il 3,68% (10) degli operatori ha tenuto conto delle informazioni riguardanti l identità virtuale del minorenne per modulare il progetto individuale e quando l ha fatto si è affidato al buon senso; 2) l applicazione dei modelli culturali tradizionali all analisi - valutazione della criminalità online abbia avuto l effetto di creare incertezze e confusioni epistemologiche anche negli utenti della giustizia minorile. Gli operatori hanno infatti riferito che: a) i minorenni hanno banalizzato le conseguenze delle loro azioni ritenendo che i comportamenti manifestati online siano virtuali e quindi non reali; b) i genitori, sprovvisti di modelli con cui sostenere ed (ri) educare i ragazzi a rischio, hanno proposto interventi riparativi poco efficaci e adeguati perché originariamente concepiti per intervenire sull identità reale.; c) minori e genitori sembrano non avere quindi compreso che la realtà virtuale non è un ossimoro in quanto il mondo virtuale sembra ma non è meno vero di quello reale, per gli effetti concreti che sempre produce nella vita delle persone; 3) sia necessario costruire un nuovo paradigma per analizzare e valutare le condotte online e l identità virtuale. 22

23 2. Le rappresentazioni dell identità virtuale: indagini conoscitive 2.1 L intervista semi-strutturata: la ricerca pilota Premessa I termini identità reale, personalità e carattere, pur presentando per alcuni autori delle differenze, sono stati considerati in questa sede sinonimi, in accordo con il punto di vista di Jervis 16 (1977, 2015) che scrive: - - Cos'è la nostra identità? Essa è tutto ciò che caratterizza ciascuno di noi come individuo singolo e inconfondibile. E' ciò che impedisce alle persone di scambiarci per qualcun altro. Così come ognuno ha un'identità per gli altri, ha anche un'identità per sé. Quella per gli altri è l'identità oggettiva, l'identità per sé è l'identità soggettiva. L'identità soggettiva è l'insieme delle mie caratteristiche così come io le vedo e le descrivo in me stesso. L'identità oggettiva di ciascuno, ossia la sua riconoscibilità, si presenta secondo tre principali modalità. La prima modalità è l'identità fisica: questa è data soprattutto dalle caratteristiche della faccia, le quali ci permettono di non esser confusi con un'altra persona. La seconda modalità è l'identità sociale, ossia un insieme di caratteristiche quali l'età, lo stato civile, la professione, il livello culturale e l'appartenenza a una certa fascia di reddito. La terza modalità è l'identità psicologica, ovvero la mia personalità, lo stile costante del mio comportamento. Alcuni aspetti dell'identità cambiano più facilmente di altri. L'identità sociale può cambiare rapidamente: se, ad esempio, un funzionario di banca va in pensione e si trasferisce in campagna, ecco che la sua identità sociale è cambiata ed egli non è più il tale funzionario benestante e abitante in città, ma è il tal altro pensionato, solerte proprietario di un piccolo orto. L'identità fisica invece cambia gradatamente. E' probabile che a sessant'anni abbia più o meno la stessa faccia di dieci anni prima, anche se potrei avere una faccia alquanto diversa rispetto a trenta o quarant'anni prima. L'identità psicologica è una tema molto interessante e anch'essa cambia piuttosto poco: ognuno ha una sua personalità, vale a dire una certa intelligenza, determinate attitudini e specifici tratti del carattere. La personalità dipende, in gran parte, da fattori genetici e assume caratteristiche stabili durante l'infanzia -. Il termine Sé è utilizzato in questo lavoro come sinonimo di Identità. Si tratta infatti di termini complementari 17 perché ciascuno assume la sua specificità solo in riferimento all altro che contribuisce a chiarirne il significato (Palmonari 18, 1989; Neisser 19, 1988; Harter 20, 1983; Berzonsky 21, 1990 per quanto riguarda la nozione di Sé; Erikson 22, 1968; Marcia 23, 1993; Mead 24, 1934; Codol 25, 1980; per quanto riguarda la nozione di identità) Jervis G. (1977). La conquista dell identità. Essere se stessi, essere diversi. Feltrinelli, Milano. 17 Castiglioni M. (2015). In 18 Palmonari A. (1989). Processi simbolici e dinamiche sociali, Il Mulino, Bologna. 19 Neisser U. (1988). Five kinds of self-knowledge, Philosophical Psychology, I, Harter S. (1983). Developmental perspectives on the self-system. In: P. Mussen (ed.) Handbook of child Psychology, socialization, personality and social development, John Wiley & Sons, New York, 4,

24 Per quanto riguarda il termine Identità Virtuale si fa riferimento alla definizione proposta da Pisano e Cadau 26 nel 2013: L identità virtuale è il sistema complesso d immagini, video e informazioni scritte che l internauta ha pubblicato in un social network per rappresentarsi come individuo digitale unico e inconfondibile. Secondo gli autori l Identità Virtuale è caratterizzata da un rapporto di stretta dipendenza con l identità reale essendo una sua proiezione. La tesi che il virtuale (e quindi anche l identità virtuale) esprima l Essere di una persona e quindi la sua personalità o soggettività è sostenuta anche da Lévy 27 (1997) che definisce il virtuale come una nuova dimensione o modalità dell Essere e nello specifico come il passaggio dall'essere reale ad un'altra dimensione ontologica. Sotto questo profilo possiamo ritenere non solo l identità virtuale ma anche l identità reale, la personalità, il carattere e il Sé (termini che come anticipato presentano un importante livello di sovrapposizione) le modalità con sui si manifesta la soggettività o, sotto un profilo filosofico, l Essere di una persona. Questa riflessione appare suffragata da numerosi studi di area psicologica che hanno dimostrato che le informazioni pubblicate nei social network, come foto, video, immagini, testo o commenti (i simboli dell identità), hanno un rapporto di stretta dipendenza con la personalità del navigatore online e quindi, aggiungiamo, con la sua l identità reale e con la sua soggettività. In particolare i ricercatori hanno trovato una significativa correlazione tra tratti di personalità dell identità reale e specifiche tematiche che sono pubblicate in Facebook o in altri social network (Amichai-Hamburger, Vinitzky 28, 2010; Gosling, Augustine, Vazire, Holtzmann, Gaddis 29, 2011; Ryan, Xenos 30, 2011; 21 Berzonsky M.D. (1990). Self construction over life span: a process perspective on identity formation. In: G. J. Neimeyer, R. A. Neimeyer (eds.) Advances in personal construct theory, Greenwich, Conn., JAI Press, vol. 1, pp Erikson E. H. (1968). Identity youth and crisis, Norton & Co, New York. Trad. Italiana (1974). Gioventù e crisi di identità, Armando, Roma. 23 Marcia J. E. (1993). The identity status approach to ego identity. In: Marcia, Waterman, Matteson, Archer, Orlofsky (eds.), pp Mead G. H. (1934). Mind, self and society, University of Chicago Press, Chicago. Traduzione italiana. (1972). Mente, sè e società, Giunti Barbera, Firenze. 25 Codol J. P. (1980). La quête de la similitude et la différenciation sociale. Une approche cognitive du sentiment d identité. In P. Tap (ed.) Identité individuelle et personnalisation, Privat, Toulose 26 Pisano L., Cadau V., (2013). L identità virtuale. in Dalla ricerca sociale all innovazione nell intervento sociale - Iris Socialia - Centro Studi SUNAS. 27 Lévy P. (1997). Il Virtuale. Raffaello editore, Cortina. 28 Amichai-Hamburger, Y., & Vinitzky, G. (2010). Social network use and personality. Computers in Human Behavior, 26, Gosling S., Augustine D., Vazire S., Holtzmann N., Gaddis S. (2011). Manifestations of personality in online social networks: Self-reported Facebook-related behaviors and observable profile information. Cyberpsychology, Behavior, and Social Networking, 14, Ryan, T., Xenos S. (2011). Who uses Facebook? An investigation into the relationship between the Big Five, shyness, narcissism, loneliness, and Facebook usage. Computers in Human Behavior, 27,

25 Hughes, Rowe, Batey, Lee 31, 2012; Seidman 32, 2013; Stoughton, Thompson, Meade 33, 2013; Marshall, Lefringhausen, Ferenczi 34, 2015) L ipotesi della ricerca Dopo avere rilevato che gli operatori della giustizia minorile, - ma stando alle loro esperienze lavorative anche genitori e ragazzi presi in carico dai servizi sociali del Ministero della Giustizia -, sembrano concettualizzare in modo inadeguato l identità virtuale, si è svolta una ricerca qualitativa su un campione di minori e di adulti non utenti dei servizi socio sanitari per verificare la fondatezza dei risultati emersi. Si è allora cercato di conoscere, attraverso la somministrazione di un intervista semistrutturata (Allegato 3): 1) se gli intervistati concettualizzano adeguatamente la propria identità virtuale; 2) in caso affermativo: a) se ritengono che le informazioni pubblicate su un social network, come foto, video, immagini, testo o commenti, abbiano un rapporto di stretta dipendenza con l identità reale e quindi con la loro soggettività o Essere; b) se possono indicare quali aree del profilo (foto, video, immagini, testo, commenti, etc) devono essere indagate per comprendere le caratteristiche della loro identità; c) se ritengono che esista un interdipendenza tra identità reale e identità virtuale per cui le esperienze compiute dall identità reale influenzano la costruzione dell identità virtuale e le esperienze compiute dall identità virtuale influenzano la formazione dell identità reale Campione Si è proceduto alla predisposizione di un intervista semi-strutturata che è stata somministrata durante il primo semestre del 2014 a un campione di 69 persone, di età compresa tra i 14 e i 40 anni, residenti in Sardegna e non prese in carico dai servizi socio sanitari. Il campione ragionato, ma statisticamente non rappresentativo, è composto da 24 maschi (34,8%) e 45 (65,2%) femmine, suddivisi in tre fasce di età (tabella 5). 31 Hughes D., Rowe J., Batey M., Lee A. (2012). A tale of two sites: Twitter vs. Facebook and the personality predictors of social media usage. Computers in Human Behavior, 28, Seidman G. (2013). Self-presentation and belonging on Facebook: How personality influences social media use and motivations. Personality and Individual Differences, 54, Stoughton JW., Thompson L. F., Meade, A. W. (2013). Big Five personality traits reflected in job applicants social media postings. Cyberpsychology, Behavior, and Social Networking, 16, Tara C. M., Lefringhausen K., Ferenczi N. The Big Five, self-esteem, and narcissism as predictors of the topics people write about in Facebook status updates. Brunel University, UK in: 25

26 Tabella 5. Fascia di età Fascia di età Frequenza assoluta Frequenza percentuale , , ,4 Totale , Risultati Premesso che i risultati ottenuti non hanno validità statistica perché il campione non è significativamente rappresentativo, è stato comunque possibile ricavare dalla ricerca pilota la conferma che anche le persone che non sono state prese in carico dai servizi sociali non concettualizzano in modo adeguato la propria identità virtuale. Adulti e minori non sembrano quindi riflettere adeguatamente sulle caratteristiche dell identità virtuale e sul rapporto che la stessa intrattiene con l identità reale. Infatti, nonostante l 82,6% (57) degli intervistati abbia ritenuto che l identità reale e l identità virtuale siano concetti differenti, - al punto che il 68,1% (47) ha dichiarato che le esperienze vissute online non influenzano l identità reale -, il 53,6% (37) ha anche osservato che le due identità sono collegate tra loro perché le esperienze vissute nella realtà condizionano l identità virtuale. Inoltre gli adulti e i minori intervistati sembrano non avere sufficientemente compreso che la realtà virtuale non è un ossimoro in quanto il mondo virtuale sembra ma non è meno vero di quello reale, per gli effetti concreti che sempre produce nella vita delle persone. Infatti, nonostante l 87% (60) abbia ritenuto che le attività compiute online siano comunque reali, il 98,60% (68) ha considerato la realtà virtuale come una forma particolare di realtà o una realtà finta. Accanto alla difficoltà di concettualizzare correttamente l identità virtuale e la realtà virtuale, gli intervistati hanno manifestato confusione anche nella comprensione delle caratteristiche dell identità che si possono dedurre dalla lettura di un profilo online. Infatti, nonostante il 50,7% (35) degli intervistati abbia ritenuto che il profilo non rappresenti adeguatamente la propria identità reale, il 60,9% (42) ha comunque affermato che gli amici possono comprendere le caratteristiche della loro identità reale guardando le foto, i link, le info pubblicate nel profilo online. Eppure alla domanda Quali sezioni del tuo profilo (foto, post, bacheca, etc) ti hanno permesso di esprimere le caratteristiche più importanti della tua identità reale?, il 73,9% (51) non ha saputo rispondere. Il dato appare particolarmente sorprendente se si considera che, in media, il 70% degli intervistati 35 ha anche affermato che attraverso i 35 POST Alla domanda Se si, mi spieghi quali aspetti e caratteristiche psicologiche della tua identità reale volevi manifestare pubblicando gli ultimi quattro post e/o condividendo gli ultimi quattro link?, ha risposto il 72,46% (50) degli intervistati. Alla domanda Se si, mi spieghi inoltre quali aspetti e caratteristiche sociali (le tue esperienze di vita più importanti, il tuo ambiente di vita, i tuoi hobby, etc) della tua identità reale volevi manifestare pubblicando gli ultimi quattro post e/o condividendo gli ultimi quattro link?, ha risposto il 69,56% (48) degli intervistati. 26

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