1 Il governo e la manovra della nave

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2 Corso di Allestimento Navale 1. Le capacità manovriere I mezzi marini devono possedere, seppure in diversa misura gli uni dagli altri, capacità manovriere adeguate ai compiti previsti in relazione alle possibili destinazioni d uso. Si tratta di requisiti marinareschi che concorrono a determinare la capacità operativa della nave e sono quindi strettamente legati alla sua funzione commerciale. Sistemazioni e impianti per la manovra, l ormeggio e ancoraggio, l imbarco e trasporto delle merci costituiscono parte essenziale delle doti di un imbarcazione. Una loro buona progettazione costituisce un valore aggiunto rispetto alle qualità essenziali di robustezza, stabilità e velocità. Le capacità manovriere di un mezzo marino rappresentano l attitudine a rispondere prontamente e con precisione all azione dei sistemi di governo e manovra, anche in condizioni meteo-marine avverse. Essenzialmente i sistemi di controllo del movimento della nave devono garantire la manovra sia in mare aperto sia in acque ristrette. Si possono evidenziare due distinte necessità: controllo del moto d avanzo in mare aperto la nave ha l esigenza di possedere un sistema di controllo della rotta alle velocità di crociera (sistema di governo), in grado di mantenerla sul percorso programmato, sia controllando il moto rettilineo con piccoli aggiustamenti necessari per bilanciare le azioni perturbative generate dal mare, sia modificando la rotta rettilinea con manovre d accostata; controllo delle manovre in acque ristrette esiste anche l esigenza di effettuare manovre a bassa velocità in acque ristrette, quali per esempio l avvicinamento ad una banchina; nel caso in cui il sistema di governo non sia in grado di gestire le manovre a bassa velocità, può essere installato un sistema di manovra complementare, che funzioni eventualmente in maniera coordinata con il primo. Nel caso di unità speciali, le capacità manovriere devono includere anche requisiti particolari, quali l attitudine al mantenimento di una posizione fissa in mare aperto (supply vessels, navi idrografiche, cacciamine, navi per ricerche petrolifere, FPSO floating production and storage tankers, shuttle tankers), oppure la capacità di spingere o rimorchiare altri mezzi marini controllandone lo spostamento tramite la generazione di forze su direzioni convenienti (rimorchiatori, spingitori), oppure la capacità di effettuare operazioni collegate alle attività di dragaggio (draghe). In alcuni casi è l ambiente a determinare modalità di navigazione che richiedono qualità di manovrabilità specifiche, come nel caso della presenza di ghiacci (rompighiaccio e navi mercantili per la navigazione fra i ghiacci). In altri, il tipo di servizio spinge a optare per soluzioni specifiche 2

3 Il governo e la manovra della nave dell impianto di governo e di propulsione, come per le navi che devono invertire il moto d avanzo su brevi rotte, eventualmente anche in spazi ristretti (traghetti bidirezionali). Il corretto funzionamento dei sistemi di controllo è essenziale per garantire la sicurezza della nave in mare. Una nave non manovrabile diventa, infatti, passiva nei confronti delle azioni del mare e del vento, col risultato di trovarsi in balia delle onde e di essere esposta al rischio di perdere stabilità o addirittura di veder compromessa la sua integrità strutturale. 2. Il timone convenzionale Negli impianti convenzionali, le forze per il controllo dei movimenti della nave nascono dall effetto di interazione tra le superfici idrodinamiche orientabili e l acqua che lambisce l opera viva della nave per effetto del suo moto di avanzo. E sottinteso che il controllo dei moti è realizzato in acqua piuttosto che in aria, essendo la forza scambiata proporzionale alla massa del fluido nel quale essa è generata. Infatti, la massa specifica dell acqua di mare è pari a circa 800 volte quella dell aria: nelle condizioni standard temperatura di 15 C e salinità del 3,5 % la massa specifica dell acqua di mare è di 1026 kg/m 3, mentre la massa specifica dell aria secca è pari a 1,226 kg/m 3. Le forze necessarie per fare evoluire la nave sono ottenute tramite una superficie idrodinamica in grado di generare, se opportunamente orientata, una forza orizzontale trasversale. Si tratta della più importante superficie di controllo della nave e costituisce la pala del timone verticale, il cui asse di rotazione, come suggerisce il nome, è appunto verticale. Sui mezzi marini di superficie è detto semplicemente timone. Dal punto di vista storico gli antichi navigatori manovravano le loro navi servendosi di uno o più remi opportunamente azionati dalla forza dell uomo e posti nella zona poppiera dell imbarcazione. L evoluzione dal remo di manovra al timone ebbe luogo in una data di difficile identificazione negli anni che vanno dal 1200 al 1500 (e rappresentò la più importante evoluzione del disegno navale di quegli anni). In quel tempo il remo di governo sporgente dal giardinetto di dritta della nave venne sostituito da un timone di legno pendente dal dritto di poppa. Sembra ragionevole ipotizzare, in base alle fonti storiche, che l evoluzione del timone pendente dalla poppa abbia avuto luogo nelle acque baltiche o tedesche (forse le cocche della Lega Anseatica). Fino a quegli anni il remo-timone pendeva usualmente dalla fiancata di dritta della nave e rendeva questo lato inadatto all avvicinamento alla banchina, sia per questioni di manovrabilità, sia per la protezione dell impianto da scontri contro la banchina. Questa è la ragione per la quale 3

4 Corso di Allestimento Navale una fiancata della nave, quella di sinistra, ha mantenuto la funzione dominante di fiancata di attracco, mentre l altra, quella di dritta, è rimasta nella memoria come fiancata di manovra, proprio perché un tempo equipaggiata con il remo timone. Al giorno d oggi la storia di questa evoluzione rimane nel termine anglosassone con cui si indicano i due fianchi della nave: port side (PS) è il fianco di sinistra e starboard side (STB) è quello di dritta (starboard steering side), indipendentemente dal fatto che la nave abbia o no un fianco ottimizzato per l ormeggio e l imbarco delle merci. Oggigiorno le appendici di carena che costituiscono le superfici di governo sono poste nella volta di poppa e, quando possibile, nel flusso dell elica, quindi sul piano di simmetria della nave o, se la nave è bielica, su piani simmetrici rispetto al diametrale. Un caso particolare è costituito dai traghetti bidirezionali, dotati di timoni e propulsori sia a poppa sia a prora, per i quali tuttavia la propulsione ed il controllo vengono effettuati sempre dalla poppa relativa. La pala è collegata al sistema di comando da un asta verticale che, oltre a sorreggere il timone, ne controlla posizione e rotazione. L asse di rotazione può essere leggermente inclinato rispetto alla verticale, in modo da far lavorare la pala con maggior omogeneità nel flusso di carena, come nel caso delle grandi navi bielica con due timoni. Gli assi sono inclinati anche per ridurre la distanza fra la losca ed il tubo di flusso dell elica. Nei mezzi marini che possono navigare completamente immersi in acqua nasce anche la necessità di poter variare l immersione rispetto alla superficie del mare. Per questo motivo i sottomarini sono dotati anche di un timone orizzontale, detto timone d immersione, atto a controllare, per rotazione attorno ad un asse orizzontale, i soli movimenti verticali. In alternativa, per ottenere un omogenea distribuzione delle forze sulle pale, i timoni dei sottomarini sono anche disposti ad X, ossia con assi inclinati di 45 rispetto alla verticale. Tali timoni vengono azionati in maniera coordinata per controllare assieme cambiamenti di rotta e di immersione. Le superfici di controllo convenzionali sono dette superfici passive poiché il loro azionamento è inefficace se avviene a nave ferma o a velocità di avanzo molto basse, come nel caso di manovre in acque ristrette, perché viene a mancare proprio quel flusso che sta all origine delle forze idrodinamiche di controllo. Per questo motivo una nave non può manovrare efficacemente con il timone per accostare alla banchina; eventualmente, può solo effettuare manovre di allontanamento della poppa dal punto di ormeggio, deviando il flusso dell elica tramite la pala del timone. Una manovra di questo tipo si realizza con più efficacia se la pala del timone è dotata di flap, perché si riesce ad ottenere una deviazione del flusso prossima ai 90 ; il risultato della manovra è ancora migliore se la nave ha due eliche e due timoni, in questa circostanza, infatti, la generazione di flussi di verso 4

5 Il governo e la manovra della nave opposto sulle due eliche e la manovra coordinata dei timoni concorrono a generare a poppa una forza quasi perfettamente trasversale. D altra parte, la prora può essere allontanata dalla banchina solo se è presente un bow thruster. 3. Gli impianti Gli impianti per il controllo dei movimenti della nave possono essere di diversa tipologia in funzione del particolare compito che devono espletare (governo, manovra, stabilizzazione), ma in generale essi sono costituiti da una serie di elementi funzionali così identificabili: l unità di potenza, ossia un dispositivo atto a fornire al sistema la potenza necessaria ad imprimere o smorzare un certo movimento della nave; si tratta solitamente un motore elettro-idraulico che riceve il comando impartito da un dispositivo automatico o da un operatore; l attuatore, in altre parole un meccanismo in grado di trasformare la potenza fornita dal motore primo in potenza disponibile all asse; la superficie di controllo, l elemento con cui il sistema interagisce con l ambiente generando la forza voluta per effetto della deviazione del flusso che lo lambisce. Tali impianti sfruttano energia prodotta a bordo. In genere, l energia meccanica è ottenuta da energia elettrica, eventualmente passando per una fase intermedia di trasformazione in energia di pressione, associata al fluido di un impianto oleo-dinamico. L energia meccanica è disponibile all asse del timone per creare le forze di controllo con un tasso di crescita opportuno. 4. I principi di progetto Gli impianti devono essere in grado di espletare il proprio compito in qualsiasi condizione operativa richiesta alla nave, garantendo così la sicurezza del mezzo marino. Per questo motivo l insieme dei macchinari e degli elementi strutturali deve essere estremamente affidabile in ogni parte e conseguentemente deve essere il più possibile semplice, con opportuna ridondanza negli elementi più delicati, e tale da garantire facilità di interventi manutentivi ed accessibilità sia per controlli sia manovre di emergenza (fino al controllo diretto delle casse valvole). In particolare, gli elementi fuori scafo, costituiti dalla superficie di controllo e dagli elementi di supporto e di comando, non essendo generalmente duplicati per motivi economici, devono essere caratterizzati da elevati margini di sicurezza di progetto (ossia progettati con elevati coefficienti di sicurezza strutturale). Tali parti sono, infatti, esposte alle azioni sia di carichi marini di difficile determinazione sia di carichi 5

6 Corso di Allestimento Navale accidentali dovuti a corpi galleggianti e per di più si trovano in posizioni disagiate per gli interventi di riparazione. Al giorno d oggi l attenzione per la sicurezza è però tale da giustificare sempre più spesso l installazione di un doppio timone, soprattutto sulle navi alle quali sono associati alti rischi di gestione, per esempio le navi che trasportano merci pericolose come le navi petroliere o le chimichiere, oppure ancora le navi di maggior valore quali le passeggeri. Inoltre, le navi militari hanno spesso un doppio timone per garantire una certa continuità di servizio anche se le timonerie sono parzialmente danneggiate. Il numero dei timoni varia comunque in funzione delle esigenze di manovrabilità della nave ed è subordinato alla capacità della singola pala di contribuire alla generazione della forza evolutiva richiesta. L efficienza idrodinamica della pala è un fattore essenziale. Ogni appendice di carena, positiva o negativa, comporta, infatti, una modifica del flusso attorno alla carena e quindi un incremento della resistenza all avanzo (la cosiddetta resistenza aggiunta) che, anche ammontando a pochi valori percentuali, provoca sensibili costi aggiuntivi per l esercizio della nave. Il timone va perciò collocato con attenzione nella scia di carena. Il rendimento della macchina di timoneria è altrettanto importante. Fattori generici che condizionano il progetto complessivo sono infine, come sempre a bordo, il peso e l ingombro, soprattutto per le piccole imbarcazioni. 5. I sistemi attivi Quando il flusso utilizzato per la generazione delle forze sulla pala non è prodotto dal sistema di governo e manovra, le superfici di controllo si dicono passive, poiché per generare le forze evolutive sfruttano un flusso già esistente, quello che deriva dal moto d avanzo della nave. I sistemi passivi non utilizzano energia per produrre il loro flusso di lavoro. Le superfici di controllo si dicono invece attive se sono dotate di mezzi propri per la generazione del flusso necessario al loro funzionamento. Diventano così indipendenti dall avanzo della nave. Esse possono utilizzare il flusso prodotto, a nave ferma, dall elica propulsatrice o da un elica dedicata: in entrambi i casi lavorano orientando il flusso nella direzione voluta, producendo, attraverso questo getto, una forza utile al movimento della nave. I timoni attivi sostituiscono o integrano i sistemi passivi per gestire in sicurezza le manovre a basse velocità. Mentre negli impianti di controllo passivi la forza utile aveva origine nella portanza generata dalle superfici di controllo, nei sistemi attivi la forza utile matura essenzialmente per effetto della spinta generata da una 6

7 Il governo e la manovra della nave macchina dinamica (elica, idrogetto, pompa) utilizzata a tale scopo. Nella pratica, si possono avere due tipi di sistemi attivi: quelli in cui la macchina che genera il getto ha l asse fisso e il flusso è deviato dalla superficie di controllo; quelli in cui la macchina che genera il getto è orientabile rispetto ad un asse verticale in modo da poter fare a meno della superficie deviatrice. Ciò significa che i sistemi attivi possono essere anche privi di superfici di controllo. Talvolta la superficie di controllo è presente anche su macchine orientabili per la regolazione e il raddrizzamento del flusso. Per quanto detto i sistemi di controllo attivi possono essere classificati, in base alla modalità di generazione della forza, nelle seguenti categorie: timoni passivi e attivi, che lavorano come quelli passivi quando la nave è in movimento con una sufficiente velocità, ma che in manovra a basse velocità generano una forza utile grazie all elica che portano fissata sulla superficie di pala (in pratica l elica viene orientata muovendo la barra del timone in modo da generare spinte trasversali), oppure grazie ad un generatore di portanza (cilindro rotante) che sfrutta l effetto Magnus; timoni attivi a mantello orientabile, che generano spinte trasversali semplicemente deviando il flusso dell elica di propulsione (ad asse fisso) utilizzata come elica di spinta a punto fisso; timoni-propulsori, che possono essere identificati con i propulsori azimutali di diversa tipologia e con i sistemi cicloidali; in tali sistemi integrati viene orientata la macchina che genera la spinta per la propulsione. Esistono diverse configurazioni di propulsori azimutali, ognuno adatto ad espletare un determinato servizio. I propulsori azimutali con eliche in flusso libero vengono utilizzati sulle navi adibite a lunghe tratte di navigazione ma che necessitano anche di una notevole manovrabilità in acque ristrette (navi da crociera, navi mercantili). I propulsori azimutali con eliche intubate vengono invece utilizzati su mezzi per i quali l efficienza in manovra è preponderante rispetto all efficienza del sistema propulsivo nella navigazione in mare aperto (imbarcazioni portuali, rimorchiatori, supply vessels). Il sistema di propulsione azimutale ha un rendimento complessivo basso a causa delle elevate perdite correlate al sistema meccanico di trasmissione della potenza, costituito da due rinvii con ruote dentate. Effettivi vantaggi si ottengono inserendo il motore di propulsione (un motore elettrico) nella gondola di supporto dell elica: tale sistema prende il nome di Pod ma è spesso indicato con il nome commerciale di Azipod. La modifica della 7

8 Corso di Allestimento Navale catena di trasmissione della potenza si traduce in una forte modifica delle forme del supporto dell elica. Le configurazioni idrodinamiche delle due tipologie sono, infatti, molto diverse. Una particolare tipologia di timone-propulsore è quella rappresentata dai sistemi cicloidali (sistema brevettato Voith-Schneider). Si tratta di sistemi costituiti da una serie di pale verticali fissate lungo la circonferenza di una ruota che le porta in rotazione. Le pale sono libere di ruotare attorno al loro asse di supporto e vengono manovrate in modo da assumere, rispetto alla circonferenza, angoli variabili. Nel complesso si ottiene una spinta netta in qualsiasi direzione. Questo sistema è quello che garantisce in assoluto le migliori doti di manovrabilità, anche se a scapito del rendimento propulsivo. Anche i costi di istallazione sono elevati. Il propulsore Voith-Schneider trova applicazione su rimorchiatori e su navi che si muovono costantemente in acque ristrette. Tra i sistemi attivi si possono annoverare anche i propulsori di manovra, costituiti da eliche con asse trasversale fisso, che generano una spinta esclusivamente trasversale. Tali sistemi non sono dotati di superfici di controllo poiché sono adatti alla generazione di soli moti trasversali. Va osservato che due eliche trasversali, una a prora ed una a poppa, garantiscono sia una forza netta trasversale sia un momento evolutivo, rendendo possibile, eventualmente in coordinazione con la spinta dell elica propulsatrice, qualsiasi sequenza di movimenti utili all approdo. La presenza di questi impianti dedicati garantisce l indipendenza della nave da mezzi esterni di ausilio alla manovra. Dal momento che il costo per l intervento dei rimorchiatori non è generalmente trascurabile, la gestione della nave diventa, a fronte di un maggiore costo iniziale, più economica. 6. Le configurazioni tipiche In funzione delle esigenze operative le navi vengono equipaggiate con i sistemi di controllo più opportuni. In generale, le navi che spendono maggior parte della loro vita in mare aperto (oceangoing vessel) possiedono prevalentemente sistemi di controllo della rotta del tipo passivo, mentre quelle adibite a servizi del tipo feeder, o che prevalentemente navigano in acque ristrette, sono equipaggiate sempre più spesso con eliche di manovra, più raramente con apparati di governo e propulsione integrati (timonipropulsori). Nella configurazione classica, l elica di manovra viene installata solo a prora (bow thruster). Navi con grandi esigenze di manovra o di controllo dello scarroccio sono dotate di più eliche trasversali poste sia a prora sia a poppa. 8

9 Il governo e la manovra della nave Va comunque osservato che i timoni passivi possono assumere svariate configurazioni e possono essere ottimizzati per il controllo della rotta in mare aperto o della manovra in acque ristrette. Soluzioni alternative a quella appena presentata sono costituite dall utilizzo di sistemi di propulsione con direzione della spinta orientabile, i cosiddetti sistemi azimutali. Tale stratagemma permette di eliminare l elica trasversale di poppa per la manovra in acque ristrette. Tuttavia la coppia di eliche trasversali di poppa e di prora può essere mantenuta per aumentare la capacità di manovra della nave, ed è questo il caso di recenti grandi navi da crociera che effettuano spesso navigazione in acque ristrette. 7. Un cenno ai moti nave Con l espressione movimento della nave si è finora inteso il movimento roto-traslatorio della nave indotto dall azione dei sistemi di controllo, movimento consistente generalmente in un moto di avanzo rettilineo o in accostata. In termini più generici la nave è soggetta a movimenti, detti propriamente moti nave, indotti essenzialmente dalle azioni del mare e del vento. Rispetto ad una terna solidale alla nave essi sono così definiti: moti di traslazione: sono detti moto di abbrivio (surge) quello lungo l asse longitudinale della nave, moto di scarroccio (sway) quello lungo l asse trasversale ed infine moto di sussulto (heave) quello lungo l asse verticale; moti di rotazione misurati rispetto alla terna che identifica gli angoli di Eulero: sono detti moto di rollio (roll) quello attorno all asse longitudinale, moto di beccheggio (pitch) quello attorno all asse trasversale ed infine moto di imbardata (yaw) quello attorno all asse verticale. I movimenti oscillatori, e tutti quelli non stazionari, riducono il comfort a bordo del mezzo marino. Inoltre possono essere all origine di accelerazioni elevate, tali da generare pericolose forze inerziali aggiuntive sulle strutture della nave. Per tali motivi le navi vengono anche equipaggiate con impianti di controllo atti a smorzare i moti nave, assicurando una stabilità di piattaforma adeguata alle esigenze di abitabilità o di servizio e sufficiente a garantire la sicurezza rispetto agli sbandamenti trasversali e alla capacità strutturale. Detti impianti possono essere interni alla nave (per esempio le casse antirollio) oppure esterni allo scafo, in quest ultimo caso si tratta di superfici di controllo fisse o mobili che vengono aggiunte sull opera viva del mezzo marino. Questi impianti, molto simili a quelli di governo, sono prevalentemente utilizzati per la riduzione del moto di rollio e, meno 9

10 Corso di Allestimento Navale frequentemente, di quello di beccheggio. Va rammentato a riguardo che lo smorzamento del rollio è previsto su navi che mostrano una carenza di stabilità trasversale per le condizioni operative richieste dal tipo di servizio (navi veloci) o che necessitano di stabilità di piattaforma (supply vessels, navi militari, navi passeggeri), mentre la riduzione del moto di beccheggio è indispensabile per consentire l operatività delle navi veloci con mari mossi (navi veloci mercantili e militari). 10

11 2 La manovrabilità della nave

12 Corso di Allestimento Navale 1. Introduzione Il funzionamento dei sistemi di manovra della nave, ovvero dei timoni, può essere pienamente compreso solo approfondendo la conoscenza delle modalità con cui essi interagiscono con la carena nel determinare l effetto evolutivo. La disciplina che tratta questi argomenti va sotto il nome di manovrabilità della nave. Nella trattazione che segue si porrà l attenzione sulle forze che nascono sul timone e sulla nave durante una manovra di correzione o di variazione della rotta, allo scopo di chiarire la cinematica della nave. Ciò permetterà di porre le basi per la comprensione dei meccanismi che concorrono a determinare l efficacia del timone in relazione alle qualità evolutive della nave, nonché l attitudine della nave stessa ad essere governata dal timone. Benché in quanto segue si faccia riferimento al timone classico (il timone passivo), le considerazioni che verranno espresse sulla manovrabilità della nave valgono, in massima parte, anche per navi equipaggiate con i timoni attivi, compresi i timoni-propulsori. In effetti, il meccanismo di interazione fra organo di manovra e nave, nei due tipi di controllo, mantiene molte caratteristiche in comune. Inoltre, l efficacia del sistema di governo, qualunque esso sia, e l attitudine della nave alla manovra vengono misurate con gli stessi parametri e le stesse modalità di prova. 2. L azione del timone La forza idrodinamica che si genera sul timone al variare dell angolo di attacco del flusso può essere studiata con riferimento alla teoria dei corpi a profilo alare aventi allungamento finito, considerando in particolare che il timone è investito da un flusso non omogeneo sia per l effetto di interazione con altri corpi ovvero la carena e l elica, sia per l effetto della vicina superficie marina. La risultante delle pressioni idrodinamiche agenti sul timone è una forza applicata nel centro di pressione che viene usualmente scomposta nelle due componenti di resistenza e portanza. Nel corso degli anni la superficie della pala (del timone passivo) ha sperimentato, entro una serie di vincoli progettuali, un evoluzione continua che l ha portata dalla configurazione di semplice lastra piana solo lievemente arrotondata sui bordi a quella dell odierna superficie idrodinamica, ossia una superficie ottimizzata per creare alte forze utili alla manovra e per contenere nel contempo le forze parassite. Al giorno d oggi, la pala è sagomata a semplice o doppia curvatura, ottimizzata per il flusso non omogeneo cui è soggetta e formata eventualmente da più parti dotate di movimento reciproco. 2

13 La manovrabilità della nave Dal momento che il timone deve generare con la stessa efficacia una forza trasversale alternativamente verso dritta o sinistra nave, la superficie idrodinamica è generalmente realizzata con carenature aventi sezioni a forma di profilo alare simmetrico. È pur vero che si utilizzano anche profili asimmetrici, ma solo in soluzioni particolari, per esempio per effettuare un accoppiamento migliore fra il timone e il flusso non omogeneo dell elica, oppure, nelle navi con due timoni, per consentire ai timoni accoppiati, posizionati simmetricamente rispetto al piano diametrale della nave, di funzionare come deviatori di flusso. L angolo di attacco del flusso sul timone assume una grande importanza nella generazione delle forze utili alla manovra e si definisce come l angolo compreso fra il piano di riferimento della pala e la direzione media del flusso sulla pala. Il piano di riferimento della pala identifica la direzione rispetto alla quale un flusso omogeneo non genera portanza. Per le pale con carenatura simmetrica è quello diametrale. L angolo di barra α [ ] del timone è l angolo con cui si valuta la posizione della pala rispetto allo scafo e corrisponde all angolo formato fra il piano di riferimento della pala ed un piano fisso sulla nave. È usuale indicare come angolo di barra nullo (α = 0 ) quello che corrisponde alla posizione del timone a riposo e misurare gli angoli di barra rispetto a detta posizione. La posizione di timone a riposo è quella in cui si trova il timone quando non è chiamato a generare alcuna forza utile alla manovra. Nel caso delle navi bielica l azione dei propulsori è simmetrica e la posizione di riposo del timone centrale o dei timoni laterali può essere identificata come quella che assicura la minima resistenza aggiunta nella condizione di navigazione di progetto. Il piano di riposo del timone viene perciò ricercato attraverso lo studio del flusso che lambisce il timone durante l avanzo su rotta rettilinea, flusso che risente sia della scia della carena, sia di quella dell elica. Una volta identificata la direzione dei filetti fluidi in corrispondenza della zona ove va posto il timone, il piano di riposo è presto definito, infatti la pala va disposta parallelamente alla direzione media dei filetti fluidi in modo da disturbare il meno possibile il flusso e generare quindi la minima resistenza aggiunta. Nel caso del timone centrale, la posizione di riposo del timone è chiaramente quella in cui il piano di riferimento della pala coincide con il piano diametrale della nave. Su navi monoelica, dal momento che il piano di riposo dipende dall asimmetria dell azione dell elica propulsatrice e cambia al variare del regime dell elica, il riferimento per l angolo di barra è fatto al piano di riposo ad elica ferma. Se il timone è centrale, il piano di riposo coincide con il piano diametrale della nave. Al pilota (timoniere) viene poi fornito il valore dell angolo di barra che annulla l effetto trasversale del propulsore, definito come angolo neutro α N. 3

14 Corso di Allestimento Navale Quando la nave si trova in moto rettilineo, procede cioè alla via, il timone deve compensare le eventuali asimmetrie dovute all elica (e alla carena). L effetto evolutivo da imputarsi all elica ha origine dalla componente trasversale della spinta, che crea una traslazione laterale della poppa sia per azione diretta, sia perché induce sulla pala uno scarto fra l angolo di barra e l angolo di attacco. Nel caso di una nave monoelica con elica destrogira, l angolo neutro α N è tipicamente dell ordine di 1 2 a dritta e il timone in questa posizione è detto alla via. Nel caso di navi bielica, le espressioni timone diritto e timone alla via sono equivalenti perché il timone centrale (o i timoni laterali) genera una forza (complessiva) puramente longitudinale. Nelle navi bielica l azione dei propulsori è simmetrica e, fintanto che il flusso proviene dalla direzione prora-poppa, l angolo di attacco e l angolo di barra coincidono. Nelle navi monoelica i due angoli differiscono di una piccola quantità che agli effetti pratici, per esempio nel calcolo delle forze idrodinamiche, viene spesso trascurata. Nelle trattazioni di manovrabilità rimane tuttavia importante evidenziare il valore dell angolo neutro, tanto che, generalizzando, si può affermare che sulle navi bielica vale α N = 0. Si consideri una nave che percorre una rotta non rettilinea, è possibile osservare che la direzione della linea di fede non coincide con la tangente alla traiettoria del baricentro. Nelle navi convenzionali, la prora è mantenuta all interno della traiettoria, ossia dalla parte del centro di rotazione. L angolo formato tra la linea di fede della nave e la tangente alla traiettoria descritta dal baricentro della nave G è definito angolo di deriva (della nave) e viene indicato con β [ ]; come si vedrà oltre, un grande angolo di deriva dalla parte del centro di rotazione favorisce un accostata stretta. Un certo angolo di deriva si manifesta anche in corrispondenza del timone. Si consideri infatti la traiettoria percorsa sul piano orizzontale dal punto che rappresenta la traccia dell asse di rotazione del timone: l angolo fra questa traiettoria e la linea di fede è detto angolo di deriva al timone β R. Se il timone non risentisse della presenza dell elica e della carena, in accostata vedrebbe un flusso proveniente dalla direzione tangente alla traiettoria percorsa dal timone, di conseguenza in accostata l angolo di attacco sulla pala risulterebbe ridotto, rispetto all angolo di barra, di una quantità pari a β R. In realtà, si manifesta un effetto di raddrizzamento del flusso nella direzione prora-poppa indotto da due fattori: la carena, che genera un forte raddrizzamento quando il timone è nella sua scia ed è accentuato dalla presenza di uno skeg. l elica, che fornisce un buon effetto di raddrizzamento al timone che si trova nella sua scia, soprattutto se è molto caricata, ossia se è basso 4

15 La manovrabilità della nave il coefficiente d avanzo J [-], definito come il rapporto fra la velocità del flusso libero e quella tangenziale all apice. L angolo di attacco effettivo α E che si manifesta durante l accostata risulta pari all angolo di attacco su rotta rettilinea ridotto di una quantità proporzionale all angolo di deriva al timone β R. La riduzione ideale β R è in parte compensata dall effetto di raddrizzamento del flusso dovuto all azione dello scafo e dell elica, effetto espresso in proporzione all angolo di deriva utilizzando il coefficiente di raddrizzamento del flusso κ [-]. In generale l angolo di attacco effettivo viene ad essere: α = α κβ [ ] (2.A) E R in cui si trascura l effetto di asimmetria del flusso dell elica. Il coefficiente di raddrizzamento assume i seguenti valori limite: κ = 1 quando non si manifesta alcun effetto di raddrizzamento, κ = 0 quando l effetto di raddrizzamento del flusso è massimo. Il complesso delle forze trasversali che agisce sulla carena quando la nave è su rotta rettilinea ha risultante nulla e non si manifestano moti di deriva e d imbardata, a meno di azioni dinamiche sull opera viva prodotte da correnti marine e colpi di mare o dell azione del vento sull opera morta e sulle sovrastrutture. Si osservi per inciso che con il termine rotta si intende la traccia del percorso della nave, o meglio di un suo punto identificativo come, per esempio, il baricentro di massa G, descritto come percorso vettoriale consistente in uno o più segmenti rettilinei o curvi, oppure come percorso per punti consistente in un insieme di punti identificati dalle loro coordinate. In queste condizioni ideali, la simmetria delle pressioni esercitate sullo scafo viene alterata solo per effetto della rotazione del timone di un certo angolo rispetto alla posizione alla via. Per effetto del nuovo angolo di barra, il flusso dell acqua genera sulla pala una pressione che ha risultante prevalentemente orizzontale ed inclinata di un certo angolo rispetto al piano diametrale della nave. La nave esce così dalla traiettoria rettilinea ed entra in accostata. La forza orizzontale generata ha una componente utile F T [N] nella direzione normale al piano diametrale della nave orientata dalla parte opposta del timone rispetto alla mezzeria nave ed una componente longitudinale parassita, detta componente ritardatrice R T [N] poiché ha verso contrario rispetto alla spinta dell elica propulsatrice e costituisce una resistenza aggiunta di carena. Il momento verticale generato dalla forza del timone rispetto al centro di massa G della nave costituisce il momento evolutivo M E [Nm]. 5

16 Corso di Allestimento Navale Nella pratica il momento evolutivo viene convenzionalmente calcolato sulla sola componente trasversale F T come prodotto della forza per il braccio rappresentato dalla distanza longitudinale tra l asse di rotazione della pala ed il baricentro della nave. Tale braccio può quindi essere scritto in funzione della lunghezza tra le perpendicolari della nave L PP [m] e della posizione del centro di massa rispetto alla perpendicolare al mezzo x G [m] (ascissa positiva se G è a proravia della perpendicolare al mezzo): M = F (0,5 L + x ) [Nm] (2.B) E T PP G In tal modo si ammette la piccola approssimazione derivante dal trascurare sia l effettiva posizione del centro di pressione, molto vicino all asse di rotazione della pala, sia la componente longitudinale della forza generata dal timone, che lavora in realtà con un piccolo braccio. Essendo la principale artefice del momento evolutivo, la componente trasversale è detta componente attiva. Appare subito evidente l effetto cinematico prodotto dall azione del timone nella fase iniziale di un accostata. Infatti, considerando il sistema equivalente di forze ottenuto spostando nel baricentro di massa della nave le forze F T ed R T ed aggiungendo il momento di trasporto M E, si ha che: il momento evolutivo M E genera una rotazione attorno ad un asse verticale, ossia un moto di imbardata; la forza trasversale F T produce uno spostamento trasversale della nave, ovvero un moto di deriva; la forza longitudinale R T causa infine una riduzione della velocità della nave. Va però osservato che la singola forza generalizzata genera, oltre al moto corrispondente, anche i moti ad esso accoppiati. 3. Il controllo e la manovra della nave La nave deve possedere particolari attitudini marine che permettano al pilota il controllo sicuro e facile dei sui movimenti sulla superficie del mare. Il controllo è esercitato dal timoniere o dall autopilota che, conoscendo il percorso che deve essere seguito (rotta impostata) ed osservando il percorso reale della nave (rotta reale), sono in grado di valutare l errore di percorso e di stabilire le procedure necessarie per l esecuzione delle manovre di correzione della rotta. Nota l entità dello scarto, il pilota interviene sul macchinario del timone trasmettendo un comando di variazione dell angolo di barra, sì da causare la variazione della forza trasversale F T generata dalla pala del timone. Ne consegue la modifica dell intensità del momento evolutivo M E ed infine la 6

17 La manovrabilità della nave modifica della traiettoria della nave. L operazione può constare di una serie di aggiustamenti successivi e termina quando la nave si porta a seguire la rotta desiderata. Il pilota rimane poi inattivo fino all istante in cui non stima di nuovo uno scarto apprezzabile fra rotta impostata e reale, oppure finché non riceve un comando di variazione della rotta. La bontà del controllo dipende da una serie di fattori molto diversi. Vanno considerate infatti le variabili correlate all intera catena di controllo: il fattore umano, intendendo con ciò che la qualità del controllo dipende non solo dal grado di preparazione del pilota, ma da una serie di variabili inerenti alla natura umana stessa; la disponibilità di strumentazioni di plancia per la gestione della rotta (per la stima della posizione nave, la misura dell angolo di barra, il coordinamento dei sistemi di governo e di manovra, etc.); la disponibilità di informazioni sulle caratteristiche di manovrabilità della nave (pilot card, wheelhouse poster, manoeuvring booklet); l efficacia del sistema di governo della nave, che si misura con la prontezza con cui la timoneria muove il timone, la velocità di rotazione del timone e la capacità della pala di generare forze idrodinamiche sufficientemente elevate; l attitudine della nave a farsi manovrare ovvero il comportamento della nave in risposta alle forze indotte dai sistemi di governo (dipende dalle caratteristiche intrinseche di manovrabilità della nave). I fattori ingegneristici da cui dipende la bontà del controllo sono studiati in seno alla disciplina che prende il nome di manovrabilità. La capacità di analizzare questi fattori porta alla comprensione delle modalità di reazione della nave ai sistemi di governo ed apre quindi la via alla progettazione razionale di questi ultimi. Tutte le navi dovrebbero possedere qualità di manovrabilità tali da consentire loro di effettuare le procedure di controllo del moto in maniera soddisfacente, ossia in sicurezza riguardo alle condizioni operative previste, e, per quanto possibile, indipendentemente da ausili esterni, quali, per esempio, i rimorchiatori. Una nave è sicura solo se è controllabile, ovvero se è manovrabile. In generale, la manovrabilità di una nave si misura nell attitudine della nave ad eseguire con precisione manovre di regolazione sia della traiettoria, sia della velocità. Il controllo della traiettoria sottostà ad esigenze diverse a seconda che la nave si trovi nella situazione di navigazione in mare aperto o di atterraggio: 7

18 Corso di Allestimento Navale durante la navigazione in mare aperto la nave deve poter eseguire, ad alta velocità di avanzo, manovre per il mantenimento o la variazione della rotta rettilinea; in fase di atterraggio la nave, giunta in prossimità della costa, deve poter compiere le manovre per andare alla fonda o per entrare in porto, muovendosi su tragitti anche tortuosi ed a basse velocità; in questa fase deve essere in grado di eseguire manovre di evoluzione che le permettano di raggiungere o abbandonare una banchina e, non da ultimo, deve riuscire ad estinguere il suo moto, in direzione sia longitudinale, sia trasversale Le qualità manovriere che devono possedere le navi si distinguono fra quelle intese al mantenimento di una traiettoria, alla variazione della traiettoria e al controllo della velocità. Si creano perciò tre diversi ambiti: lo steering o governo della nave, che comprende tutte quelle qualità manovriere che sono relative al controllo della rotta in navigazione; il manoeuvring o attitudine alla manovra, che raccoglie le qualità correlate all esecuzione di manovre di variazione della traiettoria per la modifica della rotta o per l esecuzione di evoluzioni; lo speed changing è l attitudine alla variazione della velocità di avanzo, intendendo con ciò, in genere, la capacità di estinguere il moto di avanzo. Il primo aspetto riguarda la capacità di mantenimento della rotta (course keeping), con riferimento ad una traiettoria rettilinea predeterminata. Questa attitudine è strettamente correlata alla facilità di mantenere una nave sulla propria rotta contro l azione delle forze ambientali (colpi di vento, correnti, onde) che sono fonte di perturbazioni del moto. Va infatti osservato che, una volta impostato l angolo di rotta, la nave, sotto l azione del pilota, segue il percorso rettilineo in maniera imperfetta, compiendo un movimento ondulatorio attorno alla traiettoria ideale. Il mantenimento (o controllo) della rotta consiste nell attenuazione del movimento ondulatorio trasversale e si effettua variando, quasi con continuità, l angolo di barra del timone. In una nave con buone caratteristiche di course keeping, la correzione della rotta si ottiene, a fronte di piccoli angoli di barra del timone, con piccoli angoli di deriva della nave. In altre parole, l angolo formato fra la direzione prora-poppa e il percorso di un punto caratteristico della nave (si può fare, per esempio, riferimento al centro di massa della nave G) rimane piccolo. In quanto segue, sarà usuale indicare l asse della nave steso sulla direzione prora-poppa con il termine linea di fede. Il secondo aspetto concerne la capacità della nave di eseguire una variazione della traiettoria in maniera veloce e con piccoli spazi di manovra, 8

19 La manovrabilità della nave sia per modificare l angolo di rotta attraverso una leggera accostata, sia per invertire la rotta eseguendo un evoluzione completa. Appare evidente che una nave che mostra facilità all accostata avrà maggiori difficoltà a mantenersi su una traiettoria rettilinea, infatti le due qualità sono antitetiche. Il progetto della manovrabilità della nave deve soddisfare il compromesso fra le due caratteristiche, tenendo conto anche della tipologia della nave ed in particolare del tipo di servizio espletato dalla nave. Nelle navi per navigazioni su lunghe tratte (oceangoing vessel) è sicuramente preferibile migliorare la qualità di controllo, mentre nelle navi che si muovono su rotte di lunghezza limitata con frequenti soste in porto (piccole imbarcazioni, navi che fanno servizio feeder) è preferibile puntare su una buona manovrabilità. Il terzo aspetto è slegato dalle prerogative di manovrabilità in senso stretto, perché concerne non tanto un attitudine della nave ad eseguire un determinato movimento, ma piuttosto la capacità della nave di estinguere il movimento di avanzo. Questo aspetto della manovrabilità è correlato all esecuzione di attracchi o di manovre di emergenza. Raramente si indagano qualità legate ad altre modalità di controllo della velocità. Per i mezzi sommergibili, in aggiunta alle caratteristiche sopra elencate, va anche considerata la capacità di controllare il movimento di immersione o di emersione, movimento realizzato tramite l azione dei timoni orizzontali. Per questi mezzi il moto avviene infatti in uno spazio tridimensionale. 4. L evoluzione del concetto di manovrabilità Storicamente, la prassi dei progettisti è stata quella di non prendere in considerazione il problema della manovrabilità della nave, demandando alle risorse dei piloti la risoluzione di problemi legati alle scarse qualità manovriere che la nave poteva palesare una volta costruita e messa in navigazione. Una nave era considerata manovriera semplicemente se aveva, rispetto a navi simili, qualità nella norma. Questo atteggiamento era frutto dell incapacità di definire le qualità manovriere di una nave. Il problema della valutazione delle qualità manovriere è subordinato a quello dell identificazione di parametri oggettivi, capaci di riassumere gli aspetti significativi di una manovra. I valori assunti da detti parametri costituiscono una misura delle doti di manovrabilità della nave. A partire dagli anni 60 gli enti preposti a garantire la sicurezza della navigazione, sotto l impulso dei rischi connessi alla navigazione delle grandi navi cisterna, hanno cominciato a definire criteri minimi in relazione alle doti di manovrabilità delle navi. Le grandi navi cisterna tendono infatti ad 9

20 Corso di Allestimento Navale avere scarse caratteristiche di manovrabilità (e conseguentemente il rischio di incidenti aumenta). Un primo passo fu quello di puntare sulla qualità del sistema di governo, aspetto riguardo al quale l IMO (International Maritime Organization, agenzia delle Nazioni Unite per la sicurezza della navigazione) ha elaborato una serie di raccomandazioni inerenti alle caratteristiche principali delle sistemazioni per il governo della nave. Queste indicazioni, recepite dagli Enti di Classificazione, erano, fino a pochi anni fa, gli unici standard cui poteva fare riferimento il progetto della manovrabilità delle navi. Tali linee guida contenute nella SOLAS sono così riassumibili: deve essere garantita una sufficiente visibilità dal ponte di comando; l area della pala del timone deve garantire la generazione di una forza idrodinamica sufficientemente elevata; a tal fine l area di pala deve essere maggiore di un valore minimo fissato in funzione delle caratteristiche della nave; il macchinario di timoneria deve possedere una potenza tale da garantire, alla massima velocità della nave, una velocità di rotazione dell asta del timone di almeno 2⅓ al secondo; l intero apparato deve avere un alta affidabilità sia strutturale sia funzionale. Il continuo crescere delle dimensioni delle navi (ad esempio le navi portacontenitori) e delle loro velocità (ad esempio i traghetti veloci), assieme all esigenza di garantire la sicurezza in aree portuali sempre più trafficate (e dove, a causa dell effetto di shallow water, la manovrabilità è ridotta), hanno ulteriormente stimolato la ricerca nell ambito della manovrabilità. Si poneva il problema di definire un metodo di analisi per: classificare le qualità manovriere facendo frutto dell esperienza e della sensibilità maturata dai piloti; misurare le qualità manovriere attraverso parametri oggettivi; verificare le qualità manovriere di una nave nuova attraverso prove in mare atte a valutare i valori di detti parametri. Si è così pervenuti alla messa a punto di una serie di parametri caratterizzanti la prontezza e la precisione della risposta della nave durante le manovre, tali da essere significativamente rappresentativi delle qualità manovriere della nave e atti a misurare le qualità intrinseche della nave indipendentemente dalle capacità del pilota e dalle condizioni ambientali. I parametri di risposta sono costituiti da tempi di risposta e da spazi di manovra che vengono misurati durante specifiche prove al vero eseguite in accordo con standard internazionali. Oggigiorno, le linee guida prodotte dall IMO (e dagli enti di ricerca) definiscono nei particolari le tipologie di prove al vero atte a saggiare la manovrabilità di una nave. 10

21 La manovrabilità della nave L esperienza maturata negli ultimi anni sia con prove al vero, sia con procedimenti matematici di previsione delle attitudini manovriere delle navi permette ora di valutare le qualità marine di una nave già in fase di progetto. La maturità raggiunta in quest ambito ha legittimato gli Enti preposti alla vigilanza sulla sicurezza della navigazione, primo fra tutti l IMO, a suggerire standard minimi di manovrabilità. Sono stati così fissati i valori minimi dei parametri con cui si misura la manovrabilità delle navi. Tali standard, ancora in fase embrionale, non appaiono particolarmente severi e sono piuttosto generici (non sono infatti specifici per le diverse tipologie di nave). L attività dell IMO nel campo della manovrabilità non si limita definizione degli standard minimi ma è rivolta al controllo di tutti quei fattori che concorrono a determinare qualità e sicurezza. Nello specifico, gli ambiti di indagine dell IMO sono i seguenti: la manovrabilità delle navi allo stato integro, con lo scopo di stendere standard di manovrabilità cui il progettista deve attenersi; la manovrabilità delle navi cisterna in condizioni di avaria o di falla (situazioni in cui la governabilità è ridotta), in modo da fornire linee guida per la gestione delle emergenze (e con lo scopo principale di minimizzare il rischio di inquinamento); l istruzione del personale di plancia responsabile del governo della nave, in modo da garantire una condotta sicura del mezzo marino attraverso la conoscenza sia delle procedure sia delle qualità manovriere della nave. Anche le società armatrici richiedono sempre più frequentemente che la nave possegga buone prestazioni di manovrabilità, soprattutto con riferimento alle manovre in acque ristrette. Tale politica non è intesa a garantire la sicurezza quanto piuttosto a ridurre i costi di gestione delle navi, costi legati all uso dei rimorchiatori in acque portuali. 5. La stabilità del moto della nave Nello studio dell attitudine della nave a mantenere o modificare la sua traiettoria, sia essa rettilinea o curva, è importante definire innanzitutto il concetto di stabilità del moto. Come noto, un corpo si trova in condizione di equilibrio stabile se, dopo la cessazione di una causa esterna che lo ha spostato dalla sua posizione (una forza o un momento), esso torna nella stessa posizione iniziale. In maniera analoga si stabilisce la stabilità dell equilibrio della nave. Si consideri una nave che inizialmente si trova su rotta rettilinea percorsa a velocità costante (moto rettilineo uniforme) e che subisce poi l azione di una causa perturbatrice (un colpo di vento o il moto ondoso) che la fa deviare su una 11

22 Corso di Allestimento Navale traiettoria curva. Si dice che la nave gode di equilibrio stabile durante il moto di avanzo, ovvero possiede stabilità dinamica di rotta, se, al cessare della causa perturbatrice, la nave torna nello stato iniziale di moto rettilineo uniforme, ovvero torna su una rotta rettilinea. In relazione al moto della nave si definiscono diversi gradi di stabilità del moto: stabilità di percorso, stabilità direzionale, stabilità di rotta rettilinea. Si dice che il moto si realizza in condizioni di perfetta stabilità se, a partire da una rotta rettilinea percorsa a velocità costante, dopo la cessazione di un disturbo esterno che modifica le condizioni del moto viene ripresa esattamente la stessa rotta iniziale senza alcun intervento correttivo da parte degli organi di controllo (ossia con timone fisso). Tale stabilità si indica come stabilità di percorso. Ovviamente un comportamento perfetto come quello descritto non è realizzabile perché non esistono forze di richiamo verso la rotta iniziale. Il mantenimento della traiettoria retta sullo stesso percorso si può ottenere solamente con l ausilio di un sistema di governo manuale o automatico. Se la nave riuscisse a riprendere senza intervento esterno da parte del pilota il suo moto rettilineo su una rotta parallela a quella iniziale, si parlerebbe di stabilità direzionale. Anche la stabilità direzionale si può ottenere solamente con l ausilio di un sistema di controllo manuale o automatico. Nella realtà, la nave può riuscire a riprendere sempre senza intervento esterno da parte del pilota solamente il moto rettilineo, in una direzione che dipende dalla durata ed intensità della causa perturbatrice e dalle caratteristiche intrinseche della nave. Se, dopo la cessazione della perturbazione, la nave si porta su una nuova rotta rettilinea, si dice che possiede stabilità di rotta (rettilinea). In questo contesto la stabilità va quindi intesa come la capacità di mantenere una rotta rettilinea senza l intervento del timone ed è indicata in maniera concisa come controls-fixed straight-line stability. Non tutte le navi la posseggono e, in ogni caso, le navi possono essere stabili o instabili in diversa misura. Quando una nave è instabile mostra il suo comportamento anomalo deviando dalla traiettoria rettilinea per portarsi su una traiettoria curva sotto l azione di cause perturbatrici generate dall ambiente. La nave instabile, alla fine della perturbazione, devia sempre più dalla rotta iniziale, accostando con il timone in posizione neutra. Ciò comporta per il pilota evidenti problemi di controllo della nave perché non vi è più una corrispondenza biunivoca fra l angolo di barra del timone (l angolo neutro α N ) e la curvatura 12

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