Quaestio 53 Prooemium

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1 2. Su cose simili si hanno giudizi identici. Ma tutti gli atti che promanano da un identico abito sono simili, come dice Aristotele [Ethic. 2, 2]. Se quindi è vero che alcuni di questi atti aumentano l abito, lo aumenteranno anche gli altri. 3. Ogni cosa cresce in forza di cose consimili. Ma qualsiasi atto è simile all abito da cui deriva. Quindi qualsiasi atto fa crescere l abito. In contrario: Un identica cosa non produce effetti contrari. Invece alcuni atti, come scrive Aristotele [ib.], derivando dall abito lo indeboliscono: quando cioè sono compiuti con negligenza. Quindi non tutti gli atti aumentano gli abiti. Dimostrazione: Come dice Aristotele [Ethic. 2, 1], «atti simili causano abiti simili». Ora la somiglianza, o la dissomiglianza, non si desume soltanto in base a una qualità identica o diversa, ma anche in base al modo di parteciparne. Infatti non c è dissomiglianza soltanto tra il bianco e il nero, ma anche tra il meno bianco e il bianco più vivo: infatti dal meno bianco al bianco più vivo si richiede una trasmutazione come tra due opposti, secondo l insegnamento di Aristotele [Phys. 5, 5]. Ma poiché l uso degli abiti dipende dalla volontà dell uomo, secondo quanto abbiamo detto [q. 49, a. 3, s.c.; q. 50, a. 5], come può capitare che il possessore di un abito non ne faccia uso, o che compia un atto ad esso contrario, così può capitare che ne faccia uso mediante un atto che non corrisponde in maniera adeguata all intensità dell abito. Se quindi l intensità dell atto è proporzionata a quella dell abito, oppure è ad essa superiore, allora qualsiasi atto o fa aumentare l abito, oppure lo predispone all aumento - per parlare dell aumento degli abiti a somiglianza dello sviluppo organico e vitale -. Infatti non qualsiasi alimento accresce attualmente l animale, come non ogni goccia scava la pietra: somministrando però altri alimenti, finalmente si produce l aumento. Così pure dunque, con la ripetizione di tali atti, cresce l abito. - Se invece l intensità dell atto è al disotto di quella dell abito, allora tale atto non dispone all aumento dell abito, ma piuttosto alla sua diminuzione. Sono così risolte anche le obiezioni. Quaestio 53 Prooemium [35729] Iª-IIae q. 53 pr. Deinde considerandum est de corruptione et diminutione habituum. Et circa hoc quaeruntur tria. Primo, utrum habitus corrumpi possit. Secundo, utrum possit diminui. Tertio, de modo corruptionis et diminutionis. ARGOMENTO 53 LA DISSOLUZIONE E LA DIMINUZIONE DEGLI ABITI Passiamo a studiare la dissoluzione e la diminuzione degli abiti. In proposito tratteremo tre argomenti. 1. Se un abito possa dissolversi; 2. Se possa decadere; 3. La maniera del suo dissolversi e decadere. Articolo 1

2 I, q. 89, a. 5 Se un abito possa dissolversi Sembra che un abito non possa dissolversi. Infatti: 1. L abito si trova nel soggetto come una [seconda] natura: infatti le azioni che ne derivano sono piacevoli. Ma la natura non si dissolve finché rimane l essere di cui è la natura. Quindi neppure l abito può dissolversi finché rimane il soggetto. 2. La dissoluzione di una forma dipende o dalla dissoluzione del suo soggetto, o dal suo contrario: come la malattia viene a cessare o per la morte dell animale o per la guarigione. Ma la scienza, che pure è un abito, non può cessare per la dissoluzione del soggetto: poiché «l intelletto», che ne è il soggetto, «è una sostanza che non si corrompe», come insegna Aristotele [De anima 1, 4]. E neppure può distruggerla il suo contrario: infatti le specie intelligibili non sono mai contrarie fra loro, come dice il medesimo Autore [Met. 7, 7]. Perciò l abito della scienza in nessun modo può andare in dissoluzione. 3. Ogni distruzione dipende da un moto. Ora l abito della scienza, che è nell anima, non può essere distrutto direttamente da un moto dell anima: poiché l anima non si muove di per sé, ma si muove soltanto indirettamente con il moto del corpo. D altra parte nessuna trasmutazione del corpo può distruggere le specie intelligibili che si trovano nell intelletto, poiché l intelletto per se stesso, indipendentemente dal corpo, è il luogo delle specie [intenzionali]: per cui si ritiene che gli abiti non vengano distrutti né dalla vecchiaia, né dalla morte. Quindi la scienza non può essere distrutta. E per conseguenza neppure gli abiti delle virtù, che sono anch essi nell anima razionale: come infatti scrive il Filosofo [Ethic. 1, 10], «le virtù sono più persistenti delle conoscenze». In contrario: Aristotele [De long. et brev. vitae 2] afferma che «la scienza è corrotta dalla dimenticanza e dall errore». Inoltre chi pecca perde l abito della virtù. E d altra parte, come dice il medesimo Autore [Ethic. 2, cc. 1, 3], le virtù nascono e muoiono in forza di atti contrari. Dimostrazione: Una forma viene distrutta direttamente dal suo contrario, e indirettamente mediante la distruzione del suo soggetto. Se quindi esiste un abito il cui soggetto è corruttibile e la cui causa può essere contrariata, tale abito è soggetto alla dissoluzione in tutti e due i modi: come è evidente per gli abiti del corpo, cioè per la salute e per la malattia. Invece gli abiti il cui soggetto è incorruttibile non possono avere una dissoluzione indiretta. Tuttavia ci sono degli abiti che, pur avendo un soggetto principale incorruttibile, hanno anche un soggetto secondario corruttibile: gli abiti scientifici, p. es., sono principalmente nell intelletto possibile, ma in modo secondario risiedono nelle facoltà conoscitive sensibili, come si è detto sopra [q. 50, a. 3, ad 3]. Perciò un abito scientifico non può avere una dissoluzione indiretta rispetto all intelletto possibile, ma può subirla limitatamente alle facoltà sensitive. Dobbiamo quindi considerare se questi abiti possano subire una dissoluzione diretta. Se dunque c è un abito che ha qualche contrario, o per se stesso o per la sua causa, esso potrà dissolversi per sé; se invece non ha contrari non

3 potrà subire una dissoluzionediretta. Ora, è evidente che le specie intelligibili che risiedono nell intelletto possibile non hanno contrari. E neppure ci può essere un contrario per l intelletto agente, che è la loro causa. Per cui se nell intelletto possibile esiste un abito causato immediatamente dall intelletto agente, tale abito è incorruttibile, sia direttamente che indirettamente. Ora, tali sono gli abiti dei primi princìpi, sia di quelli speculativi che di quelli pratici, i quali non possono essere distrutti da nessuna dimenticanza e da nessun errore: come il Filosofo [Ethic. 6, 5] afferma a proposito della prudenza, che «non può essere perduta per dimenticanza». - Ci sono però nell intelletto possibile degli abiti causati dalla ragione, cioè gli abiti delle conclusioni, chiamati scienze; e le loro cause in due modi ammettono dei contrari. Primo, dalla parte degli stessi enunciati di cui la ragione si serve: infatti, come nota il Filosofo [Periherm. 2, 14], all enunciato: «Il bene è bene» si contrappone l altro: «Il bene non è bene». Secondo, rispetto al procedimento della ragione: poiché al sillogismo dialettico, o a quello dimostrativo, si oppone quello sofistico. Ed è per questo che mediante un ragionamento falso si può distruggere l abito dell opinione vera, oppure della scienza. E il Filosofo può affermare, come si è già visto [s.c.], che «l errore corrompe la scienza». Ora, ci sono delle virtù che sono intellettuali e che risiedono nella ragione stessa, come insegna Aristotele [Ethic. 6, cc. 1, 2; cf. 1, 13]: la loro condizione è identica a quella della scienza e dell opinione. - Altre invece sono nella parte appetitiva dell anima, e sono le virtù morali; e lo stesso si dica dei vizi contrari corrispettivi. Ora, gli abiti della parte appetitiva sono causati dal fatto che la ragione muove la parte appetitiva. Perciò gli abiti delle virtù e dei vizi possono essere distrutti dal giudizio della ragione che muove in direzione contraria, o per ignoranza, o per passione, oppure per una deliberazione. Analisi delle obiezioni: 1. L abito, come afferma Aristotele [Ethic. 7, 10], ha una somiglianza con la natura, ma è al disotto di essa. Come quindi la natura di una cosa in nessun modo si separa da essa, così l abito se ne separa con obiezioni. 2. Sebbene le specie intelligibili non abbiano contrari, tuttavia i contrari possono trovarsi negli enunciati e nel procedimento della ragione, come si è spiegato [nel corpo]. 3. Dal moto del corpo la scienza non viene distrutta nella radice stessa del suo abito, ma soltanto viene impedita nei suoi atti: poiché l intelletto nel suo esercizio ha bisogno delle potenze sensitive, che vengono ostacolate dalle trasmutazioni organiche. Ma l abito di una scienza può essere distrutto anche nella sua radice da un moto intellettivo della ragione. E allo stesso modo può essere distrutto l abito delle virtù. - Tuttavia quando si dice che «le virtù sono più persistenti delle conoscenze», ciò va inteso non in rapporto al soggetto o alla causa, ma in rapporto all operazione: infatti l esercizio delle virtù è continuo per tutto il corso della vita, mentre non lo è l uso del sapere. Articolo 2 Se un abito possa diminuire

4 Sembra che un abito non possa diminuire. Infatti: 1. L abito è una qualità e una forma semplice. Ora, ciò che è semplice o è posseduto tutto, o è perduto tutto. Perciò gli abiti possono essere perduti, ma non possono subire diminuzioni. 2. Tutto ciò che appartiene a un accidente gli appartiene o per se stesso, o a motivo del soggetto in cui si trova. Ma l abito non ha per se stesso aumenti e diminuzioni: altrimenti si verrebbe a dire che una data specie può essere attribuita ai suoi diversi individui secondo una gradazione. Se dunque un abito dovesse diminuire solo a motivo del soggetto, ne seguirebbe che verrebbe ad avere delle proprietà non in comune con il soggetto. Ma una forma che ha delle proprietà non in comune con il soggetto in cui si trova è una forma separabile, come dice Aristotele [De anima 1, 1]. Quindi ne seguirebbe che l abito è una forma separabile: il che è assurdo. 3. Per la sua nozione e natura un abito, come qualsiasi accidente, consiste nella sua unione concreta con un soggetto: infatti ogni accidente si definisce mediante il soggetto in cui si trova. Se dunque un abito non può aumentare né diminuire per se stesso, non potrà decadere neppure in forza della sua unione concreta col soggetto. Quindi non potrà decadere in alcun modo. In contrario: I contrari sono fatti per prodursi nel medesimo soggetto. Ma il crescere e il decrescere sono contrari. Dal momento quindi che gli abiti possono crescere, possono anche decrescere. Dimostrazione: Gli abiti in due modi possono diminuire, come in due modi possono crescere, secondo le spiegazioni date [q. 52, a. 1]. E come crescono in forza della stessa causa che li produce, così diminuiscono in forza di quella stessa causa che li distrugge: infatti il decadimento è la via alla distruzione degli abiti, come viceversa la loro generazione è il fondamento del loro sviluppo. Analisi delle obiezioni: 1. Considerato in se stesso un abito è una forma semplice, e non può diminuire; ma ciò può avvenire per il diverso modo in cui viene partecipato, dovuto all indeterminazione della facoltà in cui si trova, che può partecipare in modo diverso una data forma ed estendersi a un numero superiore o inferiore di oggetti. 2. L argomento sarebbe valido se l essenza stessa dell abito non subisse alcun decadimento. Noi però non diciamo questo, ma solo che certi decadimenti degli abiti non hanno inizio dall abito, bensì dal soggetto che ne partecipa. 3. L accidente, comunque venga indicato, presenta sempre una stretta dipendenza dal soggetto nella sua nozione; però i modi sono diversi. Infatti l accidente indicato in astratto implica un rapporto che ha inizio dall accidente e ha il suo termine nel soggetto: la bianchezza è infatti ciò mediante cui una cosa è bianca. Perciò nella definizione di un accidente astratto non si mette il soggetto come prima parte della definizione, cioè al posto del genere, ma come seconda, cioè al posto della differenza: infatti diciamo che l aquilinità è la curvatura del naso. Invece negli accidenti indicati in concreto il rapporto inizia dal soggetto e ha il suo termine nell accidente: bianco, p. es., è ciò che possiede la bianchezza. Perciò nella definizione di questi accidenti il soggetto assume le funzioni di genere, cioè della prima parte della definizione: infatti diciamo che l aquilino è il naso ricurvo. - Così dunque ciò che appartiene

5 all accidente a motivo del soggetto, ma non in forza della natura stessa dell accidente, non viene attribuito all accidente in astratto, bensì in concreto. E per certi accidenti tali sono la crescita e il decadimento: infatti non si parla di maggiore o minore bianchezza, ma solo di soggetti più o meno bianchi. E lo stesso si dica degli abiti e delle altre qualità: eccetto quegli abiti i quali, come si è già visto [q. 52, a. 2], crescono o decrescono per una certa addizione. Articolo 3 II-II, q. 24, a. 10; In 1 Sent., d. 17, q. 2, a. 5 Se gli abiti possano dissolversi o diminuire per la sola mancanza di esercizio Sembra che gli abiti non possano dissolversi o diminuire per la sola mancanza di esercizio. Infatti: 1. Gli abiti sono più duraturi delle qualità passibili, come si è visto sopra [q. 49, a. 2, ad 3; q. 50, a. 1]. Ora, le qualità passibili non si perdono e non decadono per mancanza di esercizio: infatti la bianchezza non diminuisce se cessa dall impressionare la vista, né cessa il calore se non riscalda. Perciò neppure l abito decade o si dissolve per mancanza di esercizio. 2. La distruzione e il decadimento sono due mutazioni. Ma nulla può essere mutato senza una causa movente. Siccome quindi la mancanza di esercizio non comporta alcuna causa movente, sembra che essa non possa produrre il decadimento o la distruzione di un abito. 3. Gli abiti della scienza e della virtù risiedono nell anima intellettiva, che è al disopra del tempo. Ma le cose che sono sopra il tempo non vengono né distrutte né logorate dalla durata del tempo. Quindi neppure questi abiti vengono distrutti dal fatto che uno per lungo tempo non li esercita. In contrario: Il Filosofo [De long. et brev. vitae 2] afferma che «la corruzione della scienza» non è soltanto «l errore», ma anche «la dimenticanza». E altrove [Ethic. 8, 5] nota che «molte amicizie si dissolvono per mancanza di contatti». E per lo stesso motivo anche altri abiti virtuosi decadono o si perdono per mancanza di esercizio. Dimostrazione: Come dice il Filosofo [Phys. 8, 4], una cosa può muovere in due modi: primo, direttamente, cioè mediante la natura stessa della propria forma, come il fuoco quando riscalda; secondo, indirettamente, come fa tutto ciò che toglie un ostacolo. Ora, la mancanza di esercizio produce la distruzione o il decadimento degli abiti in questo secondo modo: cioè togliendo quegli atti che ostacolavano le cause di tale distruzione o decadimento. Infatti abbiamo detto sopra [a. 1] che gli abiti vengono distrutti o menomati direttamente da agenti contrari. Ora, crescendo col passare del tempo tutte le disposizioni contrarie ai vari abiti, che invece andrebbero eliminate con gli atti, è chiaro che tali abiti vengono menomati, oppure totalmente distrutti per la prolungata mancanza di esercizio; come è evidente nel caso della scienza e della virtù. È infatti evidente che l abito di una virtù morale rende l uomo pronto a scegliere il giusto mezzo negli atti e nelle passioni. Ora, se uno non fa uso dell abito virtuoso

6 nel moderare le proprie passioni e i propri atti, necessariamente sorgono molti atti e passioni contrari alla virtù, a motivo delle inclinazioni dell appetito sensitivo e di altre cause che muovono dall esterno. Perciò la virtù viene distrutta o menomata dalla cessazione del suo atto. - E la stessa cosa vale per gli abiti intellettivi, che rendono l uomo pronto a giudicare le realtà presentate dall immaginativa. Quando perciò un uomo si astiene dall esercitare un dato abito intellettivo insorgono delle immaginazioni estranee, che orientano talvolta in senso contrario: per cui senza l uso frequente di tale abito che in qualche modo le taglia e le soffoca, quest uomo diviene meno pronto a giudicare rettamente, e talora acquista addirittura una disposizione contraria. Quindi la mancanza di esercizio può menomare o anche distruggere un abito intellettivo. Analisi delle obiezioni: 1. Anche il calore potrebbe perdersi cessando di riscaldare se nel frattempo crescesse il freddo, che ne è l elemento distruttivo. 2. Come si è spiegato [nel corpo], la mancanza di esercizio è causa movente della distruzione e del decadimento quale removens prohibens [cioè in quanto rimuove l impedimento]. 3. La parte intellettiva dell anima per se stessa è al disopra del tempo; non così però la parte sensitiva. Perciò quest ultima col passare del tempo viene ad alterarsi, sia rispetto alle passioni dell appetito che rispetto alle facoltà conoscitive. Per cui il Filosofo [Phys. 4, cc. 12, 13] afferma che il tempo è causa di dimenticanza. Quaestio 54 Prooemium [35754] Iª-IIae q. 54 pr. Deinde considerandum est de distinctione habituum. Et circa hoc quaeruntur quatuor. Primo, utrum multi habitus possint esse in una potentia. Secundo, utrum habitus distinguantur secundum obiecta. Tertio, utrum habitus distinguantur secundum bonum et malum. Quarto, utrum unus habitus ex multis habitibus constituatur. ARGOMENTO 54 LA DISTINZIONE DEGLI ABITI Dobbiamo ora vedere come gli abiti si distinguono fra di loro. Sull argomento si pongono quattro quesiti: 1. Se in una sola potenza ci possano essere più abiti; 2. Se gli abiti si distinguano secondo i loro oggetti; 3. Se si distinguano tra loro in base all antinomia tra il bene e il male; 4. Se un abito possa constare di più abiti. Articolo 1 In 3 Sent., d. 33, q. 1, a. 1, sol. 1; De Verit., q. 15, a. 2, ad 11; De Virt., q. 1, a. 12, ad 4 Se in una sola potenza possano trovarsi più abiti Sembra che in una sola potenza non possano trovarsi più abiti. Infatti: 1. Tra cose che si distinguono per un identico elemento il numero delle une deve corrispondere a quello delle altre. Ora, le potenze e gli abiti si distinguono in base al medesimo elemento, cioè in base ai loro atti e oggetti.

7 Quindi deve corrispondere anche il loro numero. E così non ci possono essere più abiti nella medesima potenza. 2. La potenza è una facoltà semplice. Ma in un soggetto semplice non ci può essere una diversità di accidenti: poiché il soggetto è causa dei suoi accidenti, e da una realtà semplice sembra che debba derivare qualcosa di unico. Perciò in una potenza non ci possono essere più abiti. 3. Come un corpo prende forma mediante la figura, così la potenza prende forma mediante l abito. Ma un corpo non può essere modellato simultaneamente secondo molteplici figure. Quindi neppure una potenza può essere simultaneamente informata da molteplici abiti. Perciò più abiti non possono coesistere in una medesima potenza. In contrario: L intelletto è un unica potenza, e tuttavia in essa si trovano gli abiti di molte scienze. Dimostrazione: Come si è già visto [q. 49, a. 4], gli abiti sono disposizioni di un essere che è in potenza rispetto a qualcosa, cioè o alla natura stessa, o all operazione che è il fine della natura. Ora, quanto a quegli abiti che sono disposizioni alla natura, è evidente che possono essere molteplici in un unico soggetto: poiché in esso si possono considerare in più modi le varie parti, le cui disposizioni costituiscono altrettanti abiti. Se ad es. prendiamo come parte del corpo umano gli umori, in quanto essi sono disposti in armonia con la natura umana costituiscono l abito o la disposizione della salute; se invece prendiamo le parti simili, p. es. i nervi, le ossa e le carni, dalla rispettiva disposizione in ordine alla natura avremo la robustezza o la magrezza; se infine prendiamo le membra, p. es. le mani, i piedi e così via, dalla loro disposizione conforme alla natura avremo la bellezza. E così in un medesimo essere vi sono più abiti o disposizioni. Se poi parliamo degli abiti che sono disposizioni all operazione, e che propriamente risiedono nelle potenze, anche allora accade che più abiti si trovino in un unica potenza. E il motivo è che il soggetto dell abito è una potenza passiva, come sopra [q. 51, a. 2] abbiamo affermato: infatti una potenza che fosse soltanto attiva non potrebbe essere sede di abiti, come risulta chiaro da quanto detto [ib.]. Ora, una potenza passiva sta a un atto specificamente determinato come la materia sta alla forma: come infatti la materia prima può essere determinata da un unico agente soltanto a una data forma, così una potenza passiva può essere determinata dalla ragione formale di un unico oggetto soltanto a un unico atto di una data specie. Per cui, come un unica potenza passiva può essere posta in moto da molti oggetti, così potrà anche essere il soggetto di atti o perfezioni di specie diversa. Ma gli abiti sono delle qualità o forme inerenti alla potenza che servono a inclinarla verso atti di determinate specie. Per cui a un unica potenza possono appartenere più abiti, come le appartengono più atti di specie diversa. Analisi delle obiezioni: 1. Come tra gli esseri materiali la diversità delle specie dipende dalla forma, mentre la diversità dei generi dipende piuttosto dalla materia, come dice Aristotele [Met. 5, 28], - infatti esseri di materia diversa sono diversi nel genere-, così la diversità generica degli oggetti produce la distinzione delle potenze (per cui il Filosofo [Ethic. 6, 1] insegna che

8 «a cose distinte nel genere corrispondono parti distinte dell anima»), mentre la diversità specifica degli oggetti produce la diversità specifica degli atti, e per conseguenza degli abiti. D altra parte cose diverse secondo il genere sono diverse anche secondo la specie; però non viceversa. Quindi gli atti e gli abiti di potenze diverse sono anch essi diversi; invece non è necessario che abiti diversi appartengano a potenze diverse, ma possono appartenere a una sola potenza. E come ci sono vari generi di generi, e varie specie di specie, così ci possono essere varie specie di abiti e di potenze. 2. Sebbene la potenza sia semplice nella sua essenza, è tuttavia molteplice nella sua virtualità, in quanto si estende a molteplici atti di specie diversa. Perciò nulla impedisce che in una sola potenza ci siano più abiti specificamente diversi. 3. Un corpo viene conformato dalla sua figura così da ricevere le proprie terminazioni; invece un abito non è la terminazione della potenza, ma è solo una disposizione all ultimo termine, che è l atto. Quindi un unica potenza non può avere più atti simultaneamente, a meno che non siano subordinati fra loro: esattamente come un unico corpo non può avere più di una figura, a meno che una non sia implicita nell altra, come il triangolo nel quadrilatero. Infatti l intelletto non può pensare simultaneamente più cose: può però conoscerle simultaneamente in modo abituale. Articolo 2 Infra, a. 3; q. 60, a. 1; q. 63, a. 4; In 3 Sent., d. 33, q. 1, a. 1, sol. 1 Se gli abiti si distinguano secondo i loro oggetti Sembra che gli abiti non si distinguano secondo i loro oggetti. Infatti: 1. I contrari sono specificamente diversi. Eppure uno stesso abito di scienza ha per oggetto dei contrari: come la medicina ha per oggetto tanto i sani quanto i malati. Quindi gli abiti non sono distinti in base a oggetti specificamente diversi. 2. Scienze diverse sono abiti diversi. Ma un medesimo dato scientifico può appartenere a scienze diverse: che la terra è rotonda, p. es., lo dimostra sia il fisico che l astronomo, come dice Aristotele [Phys. 2, 2]. Perciò gli abiti non si distinguono secondo gli oggetti. 3. Un dato atto non può avere che un unico oggetto. Invece un medesimo atto può appartenere ad abiti di virtù diverse, se si riferisce a fini diversi: dare del danaro, p. es., se è fatto per amor di Dio appartiene alla carità, mentre se è fatto per saldare un debito spetta alla giustizia. Perciò un medesimo oggetto può appartenere ad abiti diversi. Quindi la diversità degli abiti non dipende dalla diversità degli oggetti. In contrario: Gli atti, come si è già dimostrato [q. 18, a. 5], differiscono specificamente secondo la diversità degli oggetti. Ma l abito è una disposizione all atto. Quindi anche gli abiti si distinguono secondo i diversi oggetti. Dimostrazione: Ogni abito, oltre a essere un abito, è una forma. Perciò la distinzione specifica degli abiti può essere rilevata sia dal modo con cui comunemente si distinguono le forme nelle loro specie, sia dal modo proprio della distinzione degli abiti. Ora, le forme si distinguono tra loro in base ai diversi

9 princìpi attivi: poiché ogni agente produce un effetto ad esso simile nella specie. - E a sua volta l abito dice ordine a qualcosa. Ma tutte le qualità che dicono ordine a qualcosa si distinguono in base alla distinzione delle realtà a cui sono ordinate. D altra parte l abito è una disposizione che può essere ordinata a due cose: o alla natura, o all operazione che accompagna la natura. Così dunque gli abiti si distinguono tra loro specificamente in tre modi. Primo, in base ai princìpi attivi di tali disposizioni; secondo, in base alla natura [del soggetto]; terzo, in base agli oggetti specificamente differenti. Ma tutto ciò sarà meglio spiegato in seguito [ad 1, 2, 3 e a. 3]. Analisi delle obiezioni: 1. Nella distinzione delle potenze, o anche degli abiti, non si deve considerare l oggetto materialmente, ma si deve considerare la ragione formale dell oggetto che differisce nella specie o nel genere. Ora, sebbene i contrari differiscano materialmente secondo la specie, tuttavia la ragione della loro conoscenza è identica: poiché l uno serve alla conoscenza dell altro. In quanto dunque convengono in un unica ragione di conoscibilità, appartengono a un unico abito conoscitivo. 2. Che la terra è rotonda viene dimostrato dall astronomo mediante princìpi matematici, cioè mediante la figura delle eclissi, o altre cose del genere; invece dal fisico è dimostrato per mezzo di princìpi fisici, cioè mediante il moto dei gravi verso il centro, o altri fatti del genere. Ora, tutta la forza della dimostrazione, che secondo Aristotele [Anal. post. 1, 2] è «un sillogismo che produce la scienza», dipende dal mezzo dimostrativo. Perciò mezzi dimostrativi diversi sono come princìpi attivi diversi, in base ai quali si differenziano gli abiti della scienza. 3. Come insegna il Filosofo [Phys. 2, 9; Ethic. 7, 8], nelle operazioni il fine ha le funzioni che hanno i princìpi nelle dimostrazioni. Perciò la diversità del fine rende diverse le virtù, come anche la diversità dei princìpi attivi. - Inoltre il fine è l oggetto degli atti interni, che sono la parte principale delle virtù, come è evidente da quanto detto [q. 18, a. 6; q. 19, a. 2, ad 1; q. 34, a. 4]. Articolo 3 In 3 Sent., d. 33, q. 1, a. 1, sol. 1 Se gli abiti si distinguano tra loro in base all opposizione tra bene e male Sembra che gli abiti non siano distinti in base all opposizione tra bene e male. Infatti: 1. Il bene e il male sono contrari. Ma sopra [a. 2, ad 1] abbiamo dimostrato che i contrari appartengono a un unico abito. Quindi gli abiti non si distinguono tra loro in base all opposizione tra bene e male. 2. Il bene è esteso quanto l ente: essendo quindi comune a tutte le cose non può costituire una differenza specifica, come spiega Aristotele [Topic. 4, 6]. E così anche il male: essendo privazione e non ente, non può costituire la differenza di un ente. Perciò il bene e il male non possono determinare una distinzione specifica negli abiti. 3. Intorno a un medesimo oggetto ci possono essere abiti cattivi diversi: la concupiscenza, p. es., riguarda sia l intemperanza che l insensibilità; e lo

10 stesso si dica degli abiti buoni, tra i quali, al dire del Filosofo [Ethic. 7, 1], troviamo virtù umane e virtù eroiche, o divine. Quindi gli abiti non sono tra loro distinti in base all opposizione tra bene e male. In contrario: L abito buono è contrario a quello cattivo, come la virtù è contraria al vizio. Ma i contrari sono specificamente diversi. Quindi gli abiti differiscono specificamente tra loro in base all antinomia tra bene e male. Dimostrazione: Gli abiti, come si è detto [a. 2], si distinguono tra loro specificamente non soltanto in base agli oggetti e ai princìpi attivi, ma anche in ordine alla natura. E ciò può avvenire in due modi. Primo, in base all accordo o al disaccordo con la natura. Ed è così che gli abiti sono specificamente buoni o cattivi: un abito infatti è buono se predispone a un atto conveniente alla natura dell agente; è invece cattivo se predispone a un atto che a quella natura non si addice. Come gli atti delle virtù si addicono alla natura umana perché sono conformi alla ragione, mentre gli atti dei vizi sono in contrasto con la natura umana in quanto contrari alla ragione. È chiaro quindi che gli abiti sono tra loro specificamente distinti in base alla differenza tra bene e male. Secondo, gli abiti possono essere tra loro distinti in ordine alla natura per il fatto che alcuni predispongono ad atti proporzionati a una natura inferiore, altri invece ad atti proporzionati a una natura superiore. E così le virtù umane, che predispongono ad atti conformi alla natura umana, sono distinte dalle virtù divine ed eroiche, che predispongono invece ad atti conformi a una natura superiore. Analisi delle obiezioni: 1. I contrari possono appartenere a un unico abito in quanto concordano in una ragione unica. Ma non può mai avvenire che abiti contrari appartengano a un unica specie: infatti la contrarietà degli abiti è basata su ragioni [o differenze specifiche] contrarie. Perciò gli abiti sono tra loro distinti in base all opposizione tra bene e male non perché l oggetto degli uni è il bene e quello degli altri è il male, ma perché alcuni di questi abiti sono buoni e altri cattivi. 2. La differenza che costituisce la specie di un abito non è il bene generico che viene attribuito a tutti gli enti, ma è un bene determinato, cioè conforme a una determinata natura, ossia alla natura umana. E lo stesso si dica del male che costituisce la differenza specifica di un abito: esso non è una pura privazione, ma è un male determinato in contrasto con una determinata natura. 3. Più abiti buoni riguardanti un medesimo oggetto possono distinguersi specificamente tra loro in base alla loro conformità con nature diverse, come si è visto [nel corpo]. Invece più abiti cattivi nelle stesse condizioni si distinguono tra loro in base a ripugnanze diverse rispetto alla natura: una virtù, p. es., può essere contrastata da vizi diversi relativi alla stessa materia. Articolo 4 Se un abito possa constare di più abiti Sembra che un abito possa constare di più abiti. Infatti: 1. Un entità la cui produzione non avviene tutta insieme, ma per fasi successive, mostra di essere costituita di più parti. Ora, la produzione di un abito non è simultanea, ma avviene in fasi successive mediante molteplici atti, come si è

11 spiegato [q. 51, a. 3]. Quindi un abito può essere costituito di più abiti. 2. Un tutto è costituito di parti. Ma di un unico abito si possono determinare varie parti: Cicerone [De invent. 2, 54], p. es., assegna varie parti alla fortezza, alla temperanza e ad altre virtù. Quindi un abito può constare di molteplici abiti. 3. Una sola conclusione può già costituire l oggetto di un atto o di un abito di scienza. Ma a un unica scienza globale, come la geometria o l aritmetica, appartengono molte conclusioni. Quindi un unico abito può constare di più abiti. In contrario: L abito, essendo una qualità, è una forma semplice. Ma nessuna entità semplice è costituita di più parti. Quindi un abito non può constare di molteplici abiti. Dimostrazione: L abito operativo, del quale principalmente ora parliamo, è una perfezione della facoltà. Ora, ogni perfezione è proporzionata al soggetto che la riceve. Per cui come la facoltà, pur essendo unica, si estende a più cose in quanto esse convengono sotto un unico aspetto, cioè nella comune ragione di oggetto, così anche l abito si estende a più cose ma in quanto dicono ordine a un che di unico, p. es. a una determinata ragione di oggetto, o a un unica natura, o a un unico principio, secondo le spiegazioni date in precedenza [aa. 2, 3]. Se quindi consideriamo l abito in rapporto agli oggetti a cui si estende, troviamo in esso una certa molteplicità. Ma poiché tale molteplicità è ordinata a qualcosa di unico, che forma l oggetto principale dell abito, è chiaro che l abito stesso è una qualità semplice non costituita di più abiti, anche se si estende a realtà molteplici. Infatti un abito si estende a più cose soltanto in ordine a un unico oggetto, dal quale riceve la propria unità. Analisi delle obiezioni: 1. La gradualità che si riscontra nella produzione di un abito è dovuta non al fatto che le parti di esso siano prodotte una dopo l altra, ma al fatto che il soggetto non acquista subito una disposizione ferma e difficilmente amovibile, trovandosi essa in principio solo imperfettamente nel soggetto, per crescere poi gradatamente. Il che avviene anche per le altre qualità. 2. Le parti attribuite alle singole virtù cardinali non sono parti integranti, cioè parti costitutive di un tutto, ma parti soggettive o potenziali, come spiegheremo in seguito [q. 57, a. 6, ad 4; II-II, q. 48]. 3. Chi in una data disciplina acquista la scienza di una conclusione mediante il ragionamento possiede l abito scientifico, però imperfettamente. Quando poi acquista con una dimostrazione la scienza di una seconda conclusione non si produce in lui un secondo abito, ma l abito che prima era imperfetto si perfeziona, estendendosi a un numero maggiore di oggetti: poiché le conclusioni e le dimostrazioni di un unica scienza sono tra loro ordinate, e l una deriva dall altra. Quaestio 55 Prooemium [35787] Iª-IIae q. 55 pr. Consequenter considerandum est de habitibus in speciali. Et quia habitus, ut dictum est, distinguuntur per bonum et malum, primo dicendum est de habitibus bonis, qui

Quaestio 55 Prooemium

Quaestio 55 Prooemium spiegato [q. 51, a. 3]. Quindi un abito può essere costituito di più abiti. 2. Un tutto è costituito di parti. Ma di un unico abito si possono determinare varie parti: Cicerone [De invent. 2, 54], p. es.,

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