La Distribuzione in Italia
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- Caterina Fede
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1 La Distribuzione in Italia
2 IL CONTRATTO DI DISTRIBUZIONE Con contratti di distribuzione si fa riferimento a in modo generico a negozi attinenti al processo di distribuzione ossia a complessi meccanismi che colmano le distanze tra produzione e consumo. La distribuzione infatti non rappresenta un modello unitario, ma ha il vantaggio di classificare in un unico contesto combinazioni e interazioni diverse funzionali all attività dell imprenditore sul mercato. 2
3 FORME DI DISTRIBUZIONE Il risultato é una rete di obbligazioni (riconducibile ai vari modelli contrattuali) che interagiscono tra di loro. Occorre fare riferimento concreto all applicazione alla quale il contratto è rivolto e l elemento principale sul quale fare riferimento in sede interpretativa è il grado di integrazione del distributore nel sistema predisposto dal fornitore. 3
4 DISTRIBUZIONE DIRETTA Distribuzione diretta si realizza quando la merce passa dalle mani del suo produttore direttamente nelle mani del consumatore finale e il Fornitore realizza un integrazione di tipo verticale. Questo permette al produttore di avere il potere decisionale e di controllo sull attività dei suoi sottoposti addetti alle varie fasi dalla commercializzazione. 4
5 DISTRIBUZIONE INDIRETTA La distribuzione indiretta, si realizza quando il produttore concentra ogni suo sforzo e attenzione sull efficienza e funzionalità dell attività di produzione e rinuncia alla costituzione di una propria organizzazione distributiva, avvalendosi di una catena di operatori commerciali giuridicamente autonomi, che svolgono la loro attività su diversi livelli. Si realizza una sorta di integrazione verticale pattizia che si basa sugli accordi e contratti posti in essere dalle parti interessate. 5
6 DISTRIBUZIONE COORDINATA Una terza via, all interno del tradizionale contesto contrattuale distributivo, è chiamata anche distribuzione coordinata, ossia il coordinamento tra le fasi di produzione e distribuzione attraverso la stipulazione di una vasta gamma di contratti, tra operatori formalmente indipendenti, che agiscono a diversi livelli di mercato. Risultano possibili molteplici forme di coordinamento. 6
7 FORME DI DISTRIBUZIONE In alcuni contratti il Fornitore non incide significativamente sull'attività commerciale del Distributore, ad esempio quando la causa del contratto è l apertura di un nuovo mercato. Al contrario vi sono contratti (ad esempio il franchising) nei quali il distributore é vincolato in maniera molto forte al Fornitore. In base alle pattuizioni, si possono avere delle specifiche figure quali ad esempio la concessione di vendita, il franchising, etc. 7
8 IL CONTRATTO DI DISTRIBUZIONE Il contratto di distribuzione è una fattispecie atipica ossia priva di una specifica disciplina legislativa. Le parti possono quindi regolamentare liberamente i contenuti di tale contratto, a condizione di rispettare i vincoli ex artt c.c. (liceità della causa, dei motivi, dell oggetto) e 1375 c.c. (la buona fede), e ove vi siano delle clausole vessatorie (limitazioni di responsabilità, facoltà di recesso, o sospensione, di opporre eccezioni, o decadenze per l altra parte, restrizioni alla libertà contrattuale con terzi, tacita proroga contratto, clausole compromissorie, deroghe competenza A.g,o), i requisiti ex artt c.c. A seconda delle pattuizioni, esso è considerato di norma un contratto misto, in cui il contratto prevalente risulta essere di regola quello della somministrazione. 8
9 IL CONTRATTO DI DISTRIBUZIONE A differenza del Codice Civile italiano, il Regolamento CE n. 593/2008 («ROMA I») fa riferimento esplicito al contratto di distribuzione. All art. 4 in materiale di legge applicabile in mancanza di scelta delle parti, al c. 1, lett. F) prevede che «il contratto di distribuzione è disciplinato dalla legge del paese nel quale il distributore ha la residenza abituale» 9
10 IL CONTRATTO DI DISTRIBUZIONE Anche il Regolamento (UE) n. 330/2010 (in continuità con Reg. CE 2790/99) in materia di accordi verticali si occupa di distribuzione e nello specifico vieta restrizioni suscettibili di avere un effetto anticoncorrenziale, limitatamente a comportamenti effettuati da imprese con oltre il 30% di potere di mercato (da parte di ciascuna impresa) seppur con eccezioni individuali in base al contesto economico e agli effetti dell accordo su di esso. Vanno escluse sempre invece le restrizioni c.d. hard-core [come l imposizione dei prezzi di rivendita o restrizioni assolute sul territorio o alle vendite passive (risposta a ordini non sollecitati) o a vendite internet]. Ci sono clausole, ad es. di non concorrenza (i.e. l acquirente si impegna a una serie di comportamenti in concorrenza con i beni o servizi oggetto del contratto), che possono essere esonerate a condizione che prevedevano un limite massimo di durata di cinque anni. 10
11 FORMA DEL CONTRATTO DI DISTRIBUZIONE Il contratto di distribuzione non è soggetto alla forma scritta ex art c.c. Il contratto può essere concluso per fatti concludenti o anche verbalmente nei limiti di prova ex art e ss. c.c. 11
12 PATTO DI ESCLUSIVA Numerosi contratti di distribuzione contengono (previsione espressa per iscritto è necessaria) la clausola di esclusiva, ossia l accordo di stipulare determinati contratti solo con una controparte. Può essere bilaterale o a favore del solo Fornitore. E considerato quale un negozio autonomo e accessorio al contratto di distribuzione. La violazione dell esclusiva è stata considerata come violazione della correttezza professionale e integrante un ipotesi di concorrenza sleale. Se la violazione dell esclusiva è posta invece in essere da un terzo, non è stata considerata tale. 12
13 DURATA DEL CONTRATTO DI DISTRIBUZIONE Il contratto può essere a tempo indeterminato, con la possibilità quindi di recedere in qualsiasi momento dando un congruo preavviso, a pena del risarcimento del danno. Ove il termine di preavviso non è espressamente previsto si fa riferimento agli usi e consuetudini commerciali e comunque al principio di buona fede. 13
14 DURATA DEL CONTRATTO DI DISTRIBUZIONE Il contratto può essere a tempo determinato, che vincola le parti sino alla scadenza, salvo principalmente il diritto al recesso, ove pattuito, e/o alla risoluzione del contratto ex art e ss. c.c. 14
15 ASSENZA DI INDENNITA Non è previsto a favore del distributore alla cessazione del contratto un diritto ad una indennità di fine rapporto a differenza dell Agente. 15
16 LIMITI AL RECESSO - ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE Negliannisièaffermatoilprincipiodiabuso di posizione dominante dopo l introduzione della normativa sulla subfornitura, L. 192/98, la quale ha previsto all art È vietato l'abuso da parte di una o più imprese dello stato di dipendenza economica nel quale si trova, nei suoi o nei loro riguardi, una impresa cliente o fornitrice. Si considera dipendenza economica la situazione in cui un'impresa sia in grado di determinare, nei rapporti commerciali con un'altra impresa, un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi. Ladipendenza economica è valutata tenendo conto anche della reale possibilità per la parte che abbia subito l'abuso di reperire sul mercato alternative soddisfacenti. 2. L'abuso può anche consistere nel rifiuto di vendere o nel rifiuto di comprare, nella imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o discriminatorie, nella interruzione arbitraria delle relazioni commerciali in atto. 3. Il patto attraverso il quale si realizzi l'abuso di dipendenza economica è nullo. 16
17 LIMITI AL RECESSO - ABUSO DI DIRITTO Il caso Reanult (Cass del 2009, Guida al diritto 2009, 40, 38) ha chiaramente fissato il principio Qualora un contratto preveda il diritto di recesso "ad nutum" in favore di una delle parti, il giudice del merito non può esimersi, per il semplice fatto che i contraenti hanno previsto espressamente quella clausola in virtù della loro libertà e autonomia contrattuale, dal valutare se l'esercizio di tale facoltà sia stato effettuato nel pieno rispetto delle regole di correttezza e di buona fede cui deve improntarsi il comportamento delle parti del contratto. 17
18 LIMITI AL RECESSO - ABUSO DI DIRITTO ancora La mancanza della buona fede in senso oggettivo, espressamente richiesta dagli art e 1375 c.c. nella formazione e nell'esecuzione del contratto, può rivelare, infatti, un abuso del diritto, pure contrattualmente stabilito, ossia un esercizio del diritto volto a conseguire fini diversi da quelli per i quali il diritto stesso è stato conferito. Conseguenzialmente, accertato l'abuso, può sorgere il diritto al risarcimento dei danni subiti. Tale sindacato, da parte del giudice di merito, deve pertanto essere esercitato in chiave di contemperamento dei diritti e degli interessi delle parti in causa, in una prospettiva anche di equilibrio e di correttezza dei comportamenti economici. 18
19 LIMITI AL RECESSO - ABUSO DI DIRITTO ancora Il principio della buona fede oggettiva, cioè della reciproca lealtà di condotta, deve accompagnare il contratto nel suo svolgimento, dalla formazione all'esecuzione, ed, essendo espressione del dovere di solidarietà fondato sull'art. 2 Cost., impone a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio di agire nell'ottica di un bilanciamento degli interessi vicendevoli, a prescindere dall'esistenza di specifici obblighi contrattuali o di norme specifiche. La sua violazione, pertanto, costituisce di per sè inadempimento e può comportare l'obbligo di risarcire il danno chenesiaderivato Il criterio della buona fede costituisce, quindi, uno strumento, per il giudice, finalizzato al controllo - anche in senso modificativo o integrativo - dello statuto negoziale; e ciò quale garanzia di contemperamento degli opposti interessi. 19
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