INQUINAMENTO DA MICOTOSSINE: LA SITUAZIONE NEGLI ALLEVAMENTI DA LATTE DELLA LOMBARDIA*

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1 Large Animals Review, Anno 8, n. 5, Ottobre INQUINAMENTO DA MICOTOSSINE: LA SITUAZIONE NEGLI ALLEVAMENTI DA LATTE DELLA LOMBARDIA* PAOLA AMODEO Specialista Alimentazione SATA - ARAL Le micotossine, sono metaboliti fungini secondari non essenziali per la crescita fungina. L elenco delle tossine identificate avanza di pari passo con l avanzare della ricerca. Infatti numerosi sono i ceppi fungini in grado di produrre tossine e numerose sono le tossine ad oggi identificate. Questo massiccio dispendio di energie per la ricerca e per la messa a punto di nuove tecniche di diagnosi e terapia post-contaminazione è indotto da un forte legame tra presenza di micotossine e sospetta o comprovata cancerogenicità nell uomo. L ampia zona di possibile contaminazione degli alimenti che può iniziare in campo e mantenersi durante le fasi di coltivazione e raccolta senza subire modifiche, anzi, spesso rinforzandosi, durante la posa in magazzino, e nelle diverse fasi di trasformazione, di stoccaggio e di trasporto rendono obbligatoria l attenzione ad ogni fase della produzione e trasformazione di un alimento o di una derrata. Inoltre l elevata stabilità termica di questi metaboliti fungini fa sì che i processi di trasformazione, come pellettatura, tostatura, ecc. non siano in grado di ridurne la t o s s i c i t à. Infine, l ampio range di condizioni di crescita e sviluppo dei ceppi fungini tossigeni (temperatura compresa tra 15 e 30 C, umidità > 60%, una percentuale di acqua libera [A W ] molto variabile ed una acidità del substrato con valori di ph compresi tra 4 e 8) rende il problema di più difficile controllo. L esposizione alle micotossine può essere causa di gravi danni per la salute dell uomo e degli animali. Tuttavia le informazioni oggi a disposizione sono molto contenute e la corretta valutazione del rischio incontra difficoltà a causa di approssimazioni dei dati di esposizione, programmi di monitoraggio non ancora adeguati all ottenimento di dati relativi al livello di contaminazione delle matrici alimentari, oltre ad errori nella filiera analitica quali la mancanza di metodi ufficialmente validati per la maggior parte delle micotossine, fatta eccezione per la determinazione dell aflatossina B1 nei mangimi e per l aflatossina M1 nel latte. I ceppi fungini in grado di produrre tossine sono numerosi. * Relazione tratta dal Convegno Micotossine nella vacca da latte tenutosi a Cremona il 24 ottobre Obbiettivo di questo articolo è fornire una panoramica delle conoscenze relativamente alla qualità, in Lombardia, degli alimenti zootecnici e dei prodotti animali derivati in relazione all inquinamento dalle principali micotossine. Tutti i 4091 certificati analitici qui elaborati sono stati emessi dal Laboratorio Agroalimentare dell Associazione Regionale Allevatori (ARAL). Vengono infine fornite indicazioni sulle modalità di prevenzione e controllo o bonifica delle derrate alimentari siano esse di autoproduzione o acquistate all esterno dell azienda. Dall analisi statistica dei referti analitici dell ARAL relativamente alla ricerca di micotossine in alimenti zootecnici e nel latte dal 1999 ad oggi rileviamo che le analisi di campo sono state indirizzate alle micotossine più note quali le aflatossine B1 ed M1, i tricoteceni (Desossinivalenolo (DON) e Tossina T2), zearalenone (ZEN), fumonisine e ocratossine. AFLATOSSINE Il tasso soglia di aflatossina M1 nel latte è stato fissato per l Europa a 50 ppt (parti per trilione o nanogrammi/ chilo) pena la non commerciabilità del latte. Il Regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati Membri con decorrenza dal 1 gennaio Inoltre la legislazione italiana, in recepimento delle Direttive CEE 92/88, CE 94/16 e CE 96/6, ha emanato il decreto 11 maggio 1998 n 241 relativo alle sostanze ed ai prodotti indesiderabili nell alimentazione degli animali, che fissa a 5 ppb il livello massimo di contaminazione da AB1 dei mangimi finiti ed a 20 ppb il livello massimo per le materie prime utilizzate sulle vacche da latte. Le ragioni di una legislazione così restrittiva per questo tipo di inquinamento alimentare stanno nel fatto che l aflatossina B1, ovvero quella riscontrata negli alimenti, è riconosciuta come micotossina ad alto potenziale cancerogeno per l uomo, e l aflatossina M1, riscontrata nel latte, come micotossina a rischio di cancerogenicità. Le aflatossine sono un gruppo di micotossine con struttura molecolare molto simile tra loro, altamente tossiche, mutagene e cancerogene, prodotte da ceppi di Aspergillus f l a v u s e A. parasiticus. La loro identificazione risale solamente agli anni compresi tra il 1963 e il 1966.

2 22 Inquinamento da micotossine: la situazione negli allevamenti da latte della Lombardia Le aflatossine riscontrate nelle derrate alimentari di origine vegetale sono 4: B1, B2, G1 e G2. Le B sono prodotte da entrambi i ceppi mentre le G solo da A. parasiticus. L AFB1 è quella presente in maggior quantità e quella su cui è stato focalizzato l interesse della ricerca a causa della sua elevata tossicità acuta e cronica e per l attività cancerogena che esplica sugli animali, oltre che per i potenziali effetti sull uomo. Le aflatossine provocano il cancro del fegato e, a volte, anche del rene, in tutte le specie animali studiate; l AFB1 è l epatocancerogeno, attivo per ingestione, più potente che si conosca. Le temperature limite di produzione di aflatossina sono tra i 12 ed i 41 C, con una temperatura ottimale tra i 25 ed i 32 C. L umidità ottimale si colloca tra l 87 ed il 91% di UR in relazione al contenuto in a w del substrato ( a w = acqua libera, ovvero la parte attiva del contenuto in umidità rispetto all umidità totale, che comprende anche l acqua legata, di un certo substrato in relazione alla presenza di gruppi idrofili e idrofobi del substrato stesso). Ogni derrata ha una sua specifica curva di assorbimento che regola la relazione tra a w e umidità e ciò spiega come l a w da non superare per garantire una buona conservabilità sia differente: 13-14% per i cereali e 7-8% per i semi oleosi. Le infestazioni in campo (per es. mais) sono favorite da alta temperatura ed Umidità Relativa, connesse a condizioni che favoriscono lo stress della pianta come la siccità, i danni da insetti o una concimazione inadeguata. Poiché si tratta di funghi a diffusione pressoché ubiquitaria, è ovvio che possono contaminare diversi alimenti destinati agli animali. Gli alimenti che contengono AF con maggior frequenza sono: arachidi e derivati, mais e derivati, pistacchi, mandorle, noci brasiliane, fichi secchi, cotone ed alcune spezie. Rispetto alla tossicocinetica, si sa che le aflatossine assunte con l alimento vengono rapidamente assorbite dal tubo gastroenterico e passano nel torrente circolatorio, dove si legano alle albumine sieriche. L AFB1 viene metabolizzata a livello epatico ed i suoi metaboliti, tra cui la M1 e la M2, sono secreti per via biliare (la maggior parte), per via urinaria e per via mammaria. Questo succede in tutti i mammiferi, dalla donna alla bovina da latte, alla capra, ecc. I ruminanti, a differenza dei monogastrici, risultano relativamente refrattari agli effetti cancerogeni delle aflatossine, tuttavia l eliminazione della tossina per via mammaria costituisce un grosso problema per la qualità del latte prodotto. Sulla base degli studi esistenti, relativi al tasso di passaggio da AFB1 ingerita ad AFM1 nel latte, sappiamo che è sufficiente un ingestione media di AFB1 pari a µg/capo/giorno (ppb/capo/giorno) per produrre un latte con contenuto in AFM1 > 50 ng/kg, ovvero ppt., e quindi non commerciabile. Tuttavia sappiamo che esiste un elevata variabilità individuale tra gli animali. Inoltre all inizio della lattazione le bovine manifestano un carry-over 3,3 3,5 volte maggiore rispetto alla lattazione avanzata e, infine, le infezioni mammarie influenzano il carry over, nel senso che all aumentare della conta cellulare aumenta il tasso di passaggio. Da qui la necessità di fornire all animale alimenti sicuri dal punto di vista dell inquinamento da AFB1. Uno studio di ampie proporzioni condotto nel 2000 dall Associazione Regionale Allevatori (ARAL) con la collaborazione scientifica della Stazione Sperimentale di Zootecnia dell Università degli Studi di Milano e dell Istituto di Scienze degli Alimenti e della Nutrizione dell Università Cattolica del Sacro Cuore, finanziato dalla Regione Lombardia Direzione Generale Agricoltura, ha approfondito il tema del livello di contaminazione del latte prodotto e degli alimenti zootecnici utilizzati nelle province della Lombardia. I risultati relativi al latte sono riportati in Figura 1. Bisogna ricordare che il campione analizzato era costituito da aziende sospette di contaminazione per segnalazione del primo acquirente o per anomalie riscontrate negli alimenti. Nonostante ciò si è rilevato che solo una percentuale contenuta di allevamenti produceva un latte ad elevato contenuto di M1. Rimane tuttavia necessario un monitoraggio di questo parametro che può facilmente variare e quindi sforare i limiti di legge in presenza di alimenti contaminati (il passaggio della B1 dell alimento ad M1 nel latte è rilevabile già a 48 ore dall ingestione. Tuttavia bastano 72 ore dall eliminazione del prodotto inquinato per riportare il latte entro valori normali di M1). L analisi statistica degli alimenti evidenzia, per ciascuna categoria, i valori medi di contaminazione da AFB1 (Fig. 2). Dal grafico risulta chiaramente che esistono gruppi di alimenti, quali il mais ed i suoi derivati, i panelli proteici, i FIGURA 1 FIGURA 2

3 Large Animals Review, Anno 8, n. 5, Ottobre concentrati e i nuclei, a maggior rischio di contaminazione e su cui deve quindi essere orientata l attenzione, laddove si intenda investigare sulla qualità degli alimenti o sulla causa di contaminazione nel latte. In particolare, il seme di cotone integrale si dimostra alimento a rischio (raggiunge anche valori elevatissimi di contaminazione), sebbene abbia una deviazione standard molto elevata che ci dice che a fronte di partite contaminate ne esistono altre perfettamente sane. Il problema è rilevante in quanto la contaminazione da AFB1 può anche passare come tale o sotto forma di metabolita idrossilato (AFM1 ed Aflatossicolo) nella carne e nei tessuti edibili degli animali oltre che nelle uova e ovviamente il latte. Tuttavia dobbiamo ricordare che la produzione di aflatossine in Europa non è considerata un problema primario, mentre vengono indicate come a maggior rischio le zone tropicali, più meridionali del mondo dove l Aspergillus prevale sulle altre specie fungine. Tuttavia in certe annate si rilevano contaminazioni su mais ed altri prodotti anche alle nostre latitudini, sebbene in quantità moderate. Possiamo infatti affermare che il problema delle aflatossine in Europa è un problema acquistato dall esterno, mediante l introduzione in azienda di alimenti prodotti al di fuori dell Europa. Da qui la necessaria attenzione al controllo dei fornitori e delle forniture. Desossinivalenolo e Tossina T2 Relativamente a questo ceppo di tossine (tricoteceni), non è evidenziato alcun passaggio nel latte né nella carne. Negli animali, invece causano numerosi effetti tossici, da disordini digestivi, a sintomi emorragici a diversi organi interni, abbassamento della risposta immunitaria dell organismo fino a disordini del sistema nervoso. Queste tossine sono prodotte da funghi del genere Fusarium, in particolare F. graminearum e F. culmorum. Il Fusarium spp. costituisce il genere di funghi più diffuso alle nostre latitudini ed è praticamente ubiquitario. I ceppi produttori di tricoteceni prediligono i climi settentrionali temperati ed in particolare le annate umide. Si tratta quindi di funghi che trovano nei nostri climi condizioni ideali per il loro sviluppo, particolarmente a carico dei cerali sia vernini che a semina primaverile e dei loro derivati. Il loro sviluppo è favorito da bassa temperatura ed alta umidità, quindi le annate fredde e piovose costituiscono un rischio rilevante per la loro diffusione e successiva produzione della tossina. Dai nostri referti risulta che mentre la T2 è ancora scarsamente investigata (poche analisi e, comunque, con valori accettabili) il DON, che provoca marcata riduzione di assunzione di alimento con dirette ed immediate riduzioni delle produzioni e della sanità della mandria, è invece spesso ricercato negli alimenti (Fig. 3). Nei suini in crescita a 1000 ppb di DON nella razione si osserva riduzione di assunzione di alimento fino al rifiuto completo di alimento e vomito in caso di alimenti che superino le 6000 ppb. Nelle bovine da latte la tolleranza è superiore ma il sintomo più rilevante è sempre quello della riduzione di assunzione di alimento. Il limite soglia per l osservazione di sintomi clinici è quello delle 5000 ppb nei cereali mentre la soglia di assunzione nella dieta e di circa 500 ppb Relativamente alla contaminazione da T2 non ci sono valori precisi ma si assume come rischiosa la soglia delle 250 ppb nell alimento con sintomi clinici che appaiono a partire dall assunzione di 700 ppb nella dieta. Zearalenone (ZEN) Non è stato evidenziato passaggio nel latte o nelle carni di questa tossina. La sua azione tossica si esplica negli animali a livello della funzione riproduttiva in quanto si tratta di un composto estrogenico. I suini risultano particolarmente sensibili ma anche i bovini lo sono, sebbene a livelli di ingestione più elevati. Questa tossina è prodotta dagli stessi ceppi fungini che producono i tricoteceni per cui valgono le stesse considerazioni fatte prima riguardo alle condizioni climatiche di sviluppo. Spesso si ha compresenza dei due tipi di tossina FIGURA 3 FIGURA 4

4 24 Inquinamento da micotossine: la situazione negli allevamenti da latte della Lombardia (soprattutto DON e ZEN), compresenza che sviluppa azione tossica sinergica a danno degli animali. I valori limite sono gli stessi osservati per il DON. La Figura 4 riporta la situazione ritrovata in campo negli anni. I dati medi non sono elevatissimi tranne che per il caso dell unifeed che però non costituisce un campione molto numeroso, ma all interno di ciascun dato medio la deviazione standard è molto elevata, individuando quindi casi di contaminazione così elevati da uscire dalle soglie di sicurezza indicate. Fumonisine Anche nel caso delle fumonisine non è stato evidenziato passaggio nel latte o nelle carni di questa tossina. Tuttavia l esposizione ed inalazione delle sue polveri da parte dell uomo è ritenuta a rischio sospetto di cancro esofageo. Per gli animali costituiscono un problema rilevante in quanto la loro azione tossica si esplica soprattutto a carico del sistema nervoso (inibiscono la biosintesi degli sfingolipidi). Da esse è causata la leuconencefalomalacia del cavallo, l edema polmonare e la sindrome epatica nel suino. Nei bovini è causa di immunodepressione e alterazioni e p a t i c h e. È prodotta dai funghi F. moniliforme e F. prolifera - t u m a carico soprattutto di cereali e graminacee. Questi ceppi di Fusario, a differenza di quelli che generano tricoteceni e zearalenone, si sviluppano preferenzialmente in annate calde e meno piovose (sempre relativamente ai nostri climi temperati) associate a rilevanti attacchi di insetti. Il livello massimo di fumonisine totali nel mais e nei suoi derivati è stato fissato dallo U.S. Food and Drug Administration (giugno 2000) a 30 ppm per la bovine da latte, valore che scende a 15 ppm come apporto dell intera razione alimentare. I nostri risultati (Fig. 5) indicano che esiste una giustificata preoccupazione per alcuni alimenti, principalmente l insilato di mais e il pastone di mais oltre a mais secco (e derivati) e nuclei il cui livello di contaminazione può portare a superare le soglie di tolleranza. Ocratossine Sebbene rappresenti un problema di forte rilievo sia per i prodotti agroalimentari che per alcuni tipi di carne, non è finora stata ritenuta un fattore di rischio per il latte. Infatti si è visto, da studi sperimentali, che c è un basso biotrasferimento di queste tossine nel latte grazie alla loro degradazione nel rumine, ad opera della microflora, ad ocratossina α, metabolita a scarsa tossicità. (Fonte, Ist. Superiore della Sanità). Tuttavia, a fronte del rilevamento di OA in campioni di latte vaccino è stato ipotizzato che il fatto sia riferibile ad inalazione, invece che ingestione, di spore e polveri contaminate che seguono un diverso metabolismo. La salute del consumatore è, invece, ritenuta a rischio, relativamente alle carni (soprattutto suine) in cui l OA è ritenuta la tossina che maggiormente può determinare un rischio per il consumatore. Negli animali questa sostanza risulta fortemente nefrotossica nei mammiferi monogastrici mentre nei ruminanti, come già detto, si assiste ad una degradazione a ocratossina α. La sua tossicità si esplica anche a carico del fegato, è cancerogena e teratogena per tutti gli animali da laboratorio e per i suini. Ad oggi è stato solo definito, dallo Scientific Committee for Food, il valore massimo di ingestione giornaliera (TDI) pari a <5ng/kg di peso corporeo/giorno (in umana). La tendenza è quindi verso un maggior controllo del contenuto di questa tossina negli alimenti zootecnici e nei prodotti animali derivati. I funghi responsabili della produzione di questa tossina sono Penicillium verrucosum e Aspergillus ochraceus c h e hanno un optimum di sviluppo, rispettivamente, tra i 20 e i 30 di temperatura ed un umidità del prodotto che varia dal 18 al 30% per l Aspergillus e tra i 5 ed i 25 di temperatura ed un umidità del prodotto tra il 17 ed il 22% per il Penicillium. Attaccano principalmente mais, cereali vernini, riso e insilati. La soglia di contaminazione sulla razione è pari a 500 ppb per i bovini da latte sebbene i sintomi clinici acuti si rilevino oltre le 6000 ppb (nei suini già a 700 ppb si ha tossicità acuta). FIGURA 5 FIGURA 6

5 Large Animals Review, Anno 8, n. 5, Ottobre Dai nostri dati si rileva che per la bovina da latte gli alimenti si possono considerare entro un range di relativa sicurezza. Più problematici i risultati se pensiamo ai suinetti in crescita (Fig. 6). Bisogna comunque ricordare l effetto sinergico delle varie micotossine sull entità dei residui negli alimenti ad uso umano così come zootecnico. Prevenzione e controllo È chiaro che il problema della contaminazione da micotossine risulta essere nelle varie e specifiche caratterizzazioni, un problema di dimensione rilevante, sebbene con possibilità di controllo. La difficoltà è di tipo diagnostico: individuare per tempo la contaminazione degli alimenti zootecnici e prevenire l inserimento di alimenti contaminati nella razione degli animali in allevamento. Ciò impone un monitoraggio continuo, sia degli alimenti di autoproduzione che di quelli acquistati. Tuttavia non è possibile analizzare tutte le consegne dei vari alimenti costituenti le razioni né possiamo essere certi, una volta analizzati gli alimenti, che non ci siano stati errori di campionatura. Anzi, a questo proposito richiamiamo le enormi difficoltà di campionamento e quindi di affidabilità del risultato analitico a causa della non omogeneità di distribuzione delle tossine nell alimento contaminato, con la conseguenza di possibile ottenimento di falsi negativi. Riteniamo, quindi, che solo un approccio quale quello fornito da un sistema di autocontrollo che individui un punto critico nella qualificazione dei fornitori e delle forniture, insieme alla loro tracciabilità durante l intero processo produttivo, possa costituire un valido sistema di prevenzione dalle contaminazioni. Il problema della contaminazione da tossine negli alimenti zootecnici e nei prodotti animali è un problema di filiera e come tale va affrontato, partendo quindi dai fornitori, per quanto riguarda gli alimenti acquistati, selezionandone la capacità di eseguire controlli a monte, sulle derrate in entrata, e di gestire le derrate stesse in modo adeguato (stoccaggi, essiccazione, manipolazione del prodotto, trasporto, ecc.) fino alla consegna in allevamento. In relazione agli alimenti di autoproduzione, invece, è necessario mettere in atto una serie di misure preventive per garantirne la qualità fin dalla fase di produzione. In azienda, infine la corretta gestione degli stoccaggi si configura come punto chiave su cui l allevatore può agire per mantenere puliti gli alimenti zootecnici. Per quanto riguarda la produzione in azienda di alimenti e foraggi, ed in particolare del mais, è possibile indicare linee guida volte alla minimizzazione del rischio di inquinamento da tossine. La via della scelta dell ibrido può aiutare ma non è risolutiva. È fondamentale, invece, minimizzare ogni possibile situazione di stress per la pianta. Questo è ottenibile mediante una corretta gestione delle irrigazioni (sia in presenza di eccessi che di carenza si favorisce questa o quella crescita fungina). Una corretta concimazione, in termini di adeguato apporto di azoto e di una buona bilanciatura azoto/potassio, fornirà al mais migliori difese contro le avversità. Tutte le pratiche e gli interventi agronomici volti ad aumentare il benessere della pianta hanno ridotto sensibilmente sia lo sviluppo del fungo sulla pianta, sia, conseguentemente, il potenziale di inoculo sul terreno. L attacco della piralide e altre lesioni da insetti costituiscono un fondamentale fattore concomitante per la diffusione dei miceti. Sarà quindi utile non utilizzare gli ibridi di mais manifestamente più suscettibili alla piralide e non utilizzare per granella secca le coltivazioni in semina ritardata. In relazione agli attacchi di insetti sul mais, il secondo raccolto costituisce un ulteriore elemento di rischio. Infine le colture dovranno essere protette con trattamenti specifici in post-fioritura, sulla base di un bilancio costi/benefici che tenga conto sia della produzione salvabile (il danno produttivo dell insetto nella pianura padana è mediamente del 7-8%, con oscillazioni dal 2-3% nelle zone più fresche fino al 18-25% nelle zone più calde), sia dell incremento in qualità del prodotto. Per quanto riguarda la raccolta, l anticipo della raccolta previene la fase più attiva dell invasione fungina in quanto le granelle dei cereali diventano, in questa fase, estremamente suscettibili all invasione da parte dei funghi. Il livello finale di concentrazione delle micotossine dipende molto, oltre che dal potenziale inoculo del fungo e dalle condizioni di incubazione (andamento climatico) anche dal tempo in cui il substrato (le granelle dei cereali) è lasciato a disposizione dei patogeni. In particolare per il mais, diminuire i tempi di permanenza in campo dopo lo strato nero, accettando di raccogliere ad umidità ragionevolmente più elevata di quella consentita dall ibrido o dall andamento stagionale ed evitare la post-maturazione in pianta (perdita di umidità fino a valori prossimi all umidità di conservazione) costituiscono degli obblighi per chi voglia minimizzare l inquinamento da tossine dei propri raccolti. In fase di raccolta, condizionamento e stoccaggio è necessario, mediante una regolazione puntuale del cantiere di lavoro e delle macchine operatrici, ridurre rotture e fessurazioni delle cariossidi e prepulire il prodotto dalle parti a più basso peso specifico, aumentando i flussi d aria della mietitrebbia. È infine necessario ridurre l intervallo di tempo tra la raccolta e l essicazione per prevenire una importante proliferazione secondaria dei funghi. Per fare ciò diventa essenziale un coordinamento tra produttori, aziende agromeccaniche ed essiccatori, per una stretta pianificazione dei conferimenti. Lo sforzo compiuto a livello delle produzioni aziendali e locali non deve essere, tuttavia, vanificato dall introduzione nella razione degli animali di alimenti acquistati sul mercato che non subiscano un uguale controllo di qualità. Già abbiamo detto che il problema delle tossine è un problema di filiera, quindi, come per gli alimenti di autoproduzione, l attenzione alla qualità sanitaria degli alimenti acquistati va indirizzata a tutte le sue fasi anche di post-produzione, relative a tutti i processi di trasformazione, trattamento e condizionamento attuati all interno del mangimificio, oltre che al trasporto ed allo stoccaggio delle derrate, fino all azienda zootecnica utilizzatrice. Sarà necessaria quindi una valutazione dei fornitori da parte dell allevatore.

6 26 Inquinamento da micotossine: la situazione negli allevamenti da latte della Lombardia Sia la certificazione, sia l autocontrollo forniscono garanzie sull adozione di sistemi registrati e visibili di controllo del processo di produzione e costituiscono, quindi, un grosso contributo alla minimizzazione del rischio di inquinamento delle derrate. Tuttavia i sistemi qualità non sono sufficienti di per sé per una valutazione del fornitore. Infatti, è necessario comunque definire con il fornitore i limiti massimi di contaminazione dalle varie tossine accettabili per gli alimenti acquistati. Sarà quindi necessario sapere se il fornitore attua routinariamente controlli in entrata delle merci quali il precampionamento per accettazione; se esiste una possibilità di utilizzo alternativo di una derrata non idonea; se lo stoccaggio avviene in silos separati; la frequenza della pulizia dei silos e la possibilità di aerazione dei silos, sia naturale che forzata; la disponibilità di linee di miscelazione e produzione separate per i diversi prodotti finiti, ecc. Anche i mezzi adibiti al trasporto delle derrate e dei mangimi devono essere adeguatamente puliti secondo procedure di pulizia precise e ripetibili. Infine, in allevamento sarà necessario un controllo analitico saltuario magari concordato con il fornitore per presenza di tossine. Tutte le aree di stoccaggio (es. portici) dovranno essere mantenuti puliti ed asciutti. Infine, sarà necessario controllare quotidianamente tutti gli alimenti utilizzati in razione per presenza di eventuali parti riscaldate o ammuffite o altro.

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