FILIERA OLIVICOLA. analisi di scenario e studi di settore. Pubblicazione Finale. Informazione a cura di Unaprol - Marzo 2015

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1 Campagna finanziata con il contributo della Comunità Europea Reg.CE 867/08 e s.m.i. FILIERA OLIVICOLA analisi di scenario e studi di settore li studi sul monitoraggio presentati in questa pubblicazione rappresentano la sintesi di una annualità di approfondimenti sulle dinamiche del settore e sui suoi possibili sviluppi. Si parte da un analisi dello scenario sia a livello internazionale, sia nazionale, per fare poi una panoramica delle filiere regionali. Lo scopo è quello di partire da una solida base di conoscenza del settore, in modo da evidenziarne le peculiarità e individuarne i punti critici. L Unaprol è impegnata nel trasferimento delle conoscenze fra gli operatori del settore, in modo da poter fornire strumenti di analisi e di azione in un mercato sempre più competitivo e con dinamiche a volte poco chiare. Pubblicazione Finale III annualità

2 NEWSLETTER il contesto di riferimento lo SCENARIO ECONOMICO PREMESSA el panorama olivicolo internazionale l Italia occupa una posizione di tutto rilievo, in quanto rappresenta il secondo produttore dietro la Spagna, il primo importatore mondiale ed il secondo esportatore. Solitamente importa olio sfuso ed esporta olio confezionato, data la particolare attitudine dell industria italiana a creare blend apprezzati. Il presente scenario è la risultante di un analisi on desk delle fonti di dati disponibili. Le fonti consultate hanno permesso l acquisizione degli elementi imprescindibili per tracciare un quadro di sintesi in grado di evidenziare le caratteristiche del comparto. Il limite, a volte, è rappresentato, da una non perfetta omogeneità della copertura temporale dei dati. Questo, però, non ha pregiudicato la validità dei risultati e la possibilità di analizzare tutte le componenti del mercato, in modo da confrontarne gli andamenti congiunturali e coglierne le dinamiche strutturali. LA PRODUZIONE MONDIALE Le stime effettuate dal Consiglio Oleicolo Internazionale per la campagna 2014/2015, indicano una produzione mondiale pari a circa 2,3 milioni di tonnellate, con una contrazione del 27% rispetto alla campagna precedente. Tale risultato è da attribuire alla flessione produttiva della Spagna e anche alla pesante perdita stimata per l Italia. Sempre con riferimento alla campagna produttiva 2014/2015, si osserva che il 64% della produzione mondiale si concentra nell Unione europea che registra un livello produttivo pari a circa 1,5 milioni di tonnellate, mostrando una flessione del 38% rispetto alla campagna 2013/2014. Per la campagna produttiva in esame la Spagna, all interno della Ue, copre una quota pari al 54% del totale, con una che dovrebbe aggirarsi intorno alle 826 mila tonnellate. L Italia detiene una percentuale del 20% della produzione comunitaria. È importante considerare che nel settore olivicolo le stime per l Italia sono la risultante di situazioni differenziate lungo lo stivale e, molto spesso, anche all interno delle stesse regioni con peculiarità ed esiti produttivi vari a livello di areali produttivi. Il terzo Paese produttore comunitario, la Grecia, dovrebbe registrare una considerevole progressione produttiva pari al 127% rispetto alla campagna precedente attestandosi su un livello di 300 mila tonnellate. Per quanto riguarda gli altri Paesi del Mediterraneo, si segnala tra i più importanti la Tunisia, che dovrebbe esitare un balzo produttivo notevole rispetto alla campagna produttiva precedente; si indica, inoltre, la Turchia con una situazione di stabilità rispetto Fonte: Commissione Europea alla scorsa annata. Per la Siria, sempre rispetto alla scorsa campagna, si evince una contrazione produttiva del 70%. Tra gli altri produttori del Mediterraneo si evidenzia la contrazione produttiva del Marocco (-8%), mentre per l Algeria si sottolinea una situazione di stabilità produttiva, sempre rispetto alla campagna precedente. Le produzioni di questi ultimi due Paesi si dovrebbero attestare su, rispettivamente, 110 e 44 mila tonnellate. Il complesso degli altri Paesi non censiti dovrebbe rappresentare una produzione di 35mila tonnellate, con una progressione dell ordine del 4% rispetto alla campagna precedente.

3 IL CONSUMO MONDIALE e stime del Consiglio Oleicolo Internazionale (COI), per la campagna 2014/2015, indicano un livello di consumi pari a circa 2,8 milioni di tonnellate, mostrando una contrazione del 7% rispetto alla campagna precedente. Le aree di consumo più importanti si confermano l Unione Europea e gli Stati Uniti, rispettivamente con una quota del 56% e del 10% del totale. Per l Unione Europea si evidenzia una contrazione del 7% rispetto alla campagna precedente, come anche per gli Stati Uniti anche se più contenuta (-4%). In particolare, l Unione Europea si attesta su un livello di consumi pari a circa 1, 6milioni di tonnellate. Gli Stati Uniti evidenziano un livello atteso dei consumi pari a circa 290 mila tonnellate. IL CONTESTO NAZIONALE a filiera olivicolo-olearia italiana appare caratterizzata da una estrema frammentarietà nella fase agricola, determinata dalla ridotta dimensione media aziendale, pari a circa 1,2 ettari (che raggiunge 1,78 ettari per le aziende olivicole specializzate). Le aziende agricole sono pari a circa , mentre la superficie investita è di circa di ettari. La produzione italiana sta strutturalmente diminuendo, anche per un fenomeno di razionalizzazione che porta da una parte all abbandono e alla non raccolta dei frutti e, dall altra, al permanere sul mercato di realtà in grado di fronteggiare nei modi più appropriati le sfide competitive. Passando ad analizzare la domanda nazionale si osserva come questa sia superiore alla produzione interna e come le preferenze di consumo siano sempre più orientate verso gli oli di oliva extra vergini. Tale orientamento è, in gran parte, attribuibile alle crescenti esigenze dei consumatori in termini di qualità e garanzie che riguardano la sicurezza e l origine dei prodotti. I nuovi modelli di consumo stanno determinando altresì, reazioni più strutturate da parte delle piccole e medie imprese, che le sta portando ad attuare processi di differenziazione produttiva, per ottenere un miglior posizionamento e la conquista di nuovi segmenti di mercato (oli a denominazione, monovarietali, ecc). Il consumo pro capite si attesta su un livello di 10,8 chili. Le criticità maggiori della filiera sono da osservarsi soprattutto a livello di mercato, poiché il livello dei costi di produzione, già strutturalmente alto, in alcune aree particolarmente difficili, è ancora più elevato (per esempio in presenza di oliveti collinari, dove le operazioni di raccolta sono più complicate, rispetto ad oliveti pianeggianti). Il prezzo di mercato, soprattutto all origine, non riesce a remunerare in maniera adeguata i costi di produzione e, inoltre, all interno della Grande Distribuzione, molto spesso, si genera confusione all interno della categoria, non facilitando una scelta consapevole da parte del consumatore.

4 NEWSLETTER il contesto di riferimento LA FASE DI TRASFORMAZIONE La fase industriale della filiera genera un volume d affari di quasi 3 miliari di euro, con circa il 3% del fatturato totale dell industria agroalimentare. La fase industriale dell olio di oliva non presenta una netta separazione tra prima trasformazione (attività legata ai frantoi) e seconda trasformazione, afferente all industria di imbottigliamento. Molto spesso l attività di imbottigliamento risulta integrata all interno dei frantoi, che, se di grandi dimensioni, hanno in generale un comportamento più simile ad un impresa industriale in senso stretto, in quanto acquistano olio sul mercato per poi eventualmente miscelarlo, imbottigliarlo, di norma lontano dai luoghi dove questo è prodotto, ed infine commercializzarlo. L industria olearia è caratterizzata da uno spiccato dualismo dimensionale con molte aziende di piccole dimensioni, più strettamente agricole, localizzate in prevalenza nel Meridione, in prossimità delle aree maggiormente vocate all olivicoltura e poche aziende di grandi dimensioni concentrate nell Italia centro-settentrionale. I frantoi censiti nel sistema telematico Sian a giugno 2013, tenuto da Agea, sono Si è assistito negli anni ad un fenomeno di contrazione numerica degli stessi, che in un certo senso risponde meglio alle esigenze di creare strutture in grado di lavorare quantità maggiori di olive e di farlo attraverso l implementazione di tecnologie più nuove, con un attenzione maggiore agli aspetti qualitativi. Le imprese che si occupano di raffinazione fanno capo, nella quasi totalità ad Assitol. L industria di raffinazione ha il profilo di una vera e propria industria e si occupa, essenzialmente, della raffinazione dell olio lampante e dell olio di sansa. Regione Frantoi Puglia 667 Calabria 819 Sicilia 510 Campania 329 Toscana 254 Abruzzo 293 Umbria 82 Lazio 289 Marche 76 Basilicata 115 Altre 326 Totale 3760 Dati non recentissimi individuano in circa 12 imprese il numero delle imprese di raffinazione. Anche i sansifici rientrano nella fase industriale e risultano essere circa 40. Le aziende, in particolare, estraggono l olio di sansa greggio dalle sanse vergini e, qualora dotate di un impianto di trasformazione, trasformano l olio di sansa greggio in olio di sansa raffinato. Per la campagna 2014/2015, le prime previsioni, risalenti a novembre 2014, già indicavano una produzione in forte contrazione (-35% all inizio di novembre 2014), con un esito produttivo che si sarebbe attestato intorno alle tonnellate. La situazione è stata determinata dalle avverse condizioni climatiche che hanno definito una primavera dall andamento anomalo, cui ha fatto seguito un estate molto piovosa che ha favorito gli attacchi di molti patogeni, prima fra tutti la mosca dell olivo, che si è sviluppata in più generazioni e ha rappresentato un vero e proprio flagello in importanti aree olivicole. Per questa campagna, il tipo di conduzione e la tempestività degli interventi per contrastare l insorgenza di fitopatie, hanno fatto e faranno la differenza. In termini di rese i primi dati indicano rese inferiori, rispetto alla precedente campagna; questo potrebbe determinare una ulteriore contrazione degli esiti produttivi. Data la notevole incidenza di Puglia e Calabria sulla produzione nazionale, è proprio la contrazione produttiva attesa in queste due regioni a pesare in maniera consistente sui risultati produttivi. Le ultime ricognizioni abbassano ulteriormente i livelli stimati agli inizi di novembre. I volumi, al momento, non sembrano superare le 235 mila tonnellate (fonte: Ismea-Unaprol), con l extravergine che per le vicissitudini climatiche e sanitarie potrebbe essere meno della metà della scorsa annata. Produzione italiana di olio di oliva (tonnellate) * Var*.% Piemonte % Lombardia % Trentino Alto Adige % Veneto % Friuli Venezia Giulia % Liguria % Emilia Romagna % Toscana % Umbria % Marche % Lazio % Abruzzo % Molise % Campania % Puglia % Basilicata % Calabria % Sicilia % Sardegna % ITALIA %

5 IL COMPARTO DEllE DOP L Italia conferma la propria posiziona di leader per il numero complessivo di registrazioni (269); seguono la Francia con 219 registrazioni, la Spagna con 180 registrazioni, Il portogallo con 125, la Grecia con 101. Gli oli extra vergini a denominazione di origine europea (inclusi i grassi) confermano la loro quarta posizione nella graduatoria Ue dei riconoscimenti di prodotti a denominazione per settore con 125 riconoscimenti al 30 novembre Degli oli di qualità riconosciuti il 34% è rappresentato da marchi italiani, pari a 43, mentre più distanziati figurano altri Paesi come la Spagna (30) e la Grecia (29). La suddivisione regionale del numero di denominazioni continua a rispecchiare la specializzazione produttiva dell olio in generale: la regione nella quale si registra il maggior numero di riconoscimenti è la Sicilia con sei denominazioni, seguita dalla Puglia, dalla Toscana e dalla Campania con 5, poi Lazio con 4. Tra le province con maggiori riconoscimenti di oli Dop e Igp, quelle più rappresentate continuano ad essere Trapani e Siena. Il comparto degli oli Dop e Igp presenta un numero di riconoscimenti piuttosto elevato, ma a questo ammontare, non corrisponde un consistente livello di produzione certificata e di fatturato. La produzione di oli Dop e Igp presenta inoltre un peso molto contenuto rispetto alla produzione complessiva di olio extra vergine e ai potenziali produttivi degli stessi oli Dop. L incidenza si stima intorno all 1% sia nelle fasi a monte che a valle della filiera. Nel 2013 (ultimi dati disponibili) la produzione certificata ha avuto un incremento del 2%, grazie a diffusi aumenti verificatisi nelle principali produzioni, attestandosi ad un livello pari a tonnellate. Ripartizione % del numero di denominazioni DOP e IGP degli oli di oliva nella Ue (aggiornamento novembre 2014) Fonte: Commissione Europea La produzione certificata degli oli extra vergini DOP e IGP (tonnellate) Anni Fonte: Indagine Qualivita-Ismea 2014 Nel 2013 si osservano progressioni rilevanti per il Toscano IGP, il Val di Mazara DOP, il Valli Trapanesi DOP ed il Sabina DOP; più esigui gli aumenti che hanno interessato l Umbria DOP, il Riviera Ligure DOP e il Bruzio DOP. Si evidenziano contrazioni nelle quantità certificate inerenti le Dop Terra di Bari DOP, il Garda DOP e, in maniera più consistente il Monti Iblei DOP.

6 NEWSLETTER il contesto di riferimento Fatturato all origine* degli oli extra vergini DOP e IGP (milioni di euro). Anni *Il valore è ottenuto come somma del fatturato all origine sul mercato nazionale e valore dell export alla dogana Fonte: Indagine Qualivita-Ismea Il fatturato all origine del comparto ammonta a 84,4 milioni di euro; di questi quasi 54 milioni di euro son stati realizzati sui mercati esteri, mentre il fatturato al consumo sul mercato nazionale è di circa 62 milioni di euro. Analizzando il comparto in termini di fatturato alla prima fase di scambio, si evidenzia una certa concentrazione del fatturato, con un peso notevole detenuto dal Toscano IGP ed il Terra di Bari DOP, che insieme coprono quasi i 2/3 del valore complessivo. I primi cinque prodotti coprono quasi l 80% del totale, i primi dieci oltre l 89%. Si segnala una progressione del 4% del fatturato a monte della filiera degli oli DOP e IGP, determinato da un incremento delle quotazioni, mentre nel fatturato al consumo la crescita è del 5%, determinata, anche in questo caso, da un aumento dei listini medi al dettaglio. Fatturato al consumo sul mercato nazionale degli oli extra vergini DOP e IGP (milioni di euro). Anni Fonte: Indagine Qualivita-Ismea

7 Nel 2013 si osservano progressioni rilevanti per il Toscano IGP, il Val di Mazara DOP, il Valli Trapanesi DOP ed il Sabina DOP; più esigui gli aumenti che hanno interessato l Umbria DOP, il Riviera Ligure DOP e il Bruzio DOP. Si evidenziano contrazioni nelle quantità certificate inerenti le Dop Terra di Bari DOP, il Garda DOP e, in maniera più consistente il Monti Iblei DOP. Fatturato all origine* degli oli extra vergini DOP e IGP (milioni di euro). Anni Il fatturato all origine del comparto ammonta a 84,4 milioni di euro; di questi quasi 54 milioni di euro son stati realizzati sui mercati esteri, mentre il fatturato al consumo sul mercato nazionale è di circa 62 milioni di euro. Analizzando il comparto in termini di fatturato alla prima fase di scambio, si evidenzia una certa concentrazione del fatturato, con un peso notevole detenuto dal Toscano IGP ed il Terra di Bari DOP, che insieme coprono quasi i 2/3 del valore complessivo. I primi cinque prodotti coprono quasi l 80% del totale, i primi dieci oltre l 89%. Si segnala una progressione del 4% del fatturato a monte della filiera degli oli DOP e IGP, determinato da un incremento delle quotazioni, mentre nel fatturato al consumo la crescita è del 5%, determinata, anche in questo caso, da un aumento dei listini medi al dettaglio. *Il valore è ottenuto come somma del fatturato all origine sul mercato nazionale e valore dell export alla dogana Fonte: Indagine Qualivita-Ismea Fatturato al consumo sul mercato nazionale degli oli extra vergini DOP e IGP (milioni di euro). Anni I prodotti i cui fatturati mostrano un incremento sia all origine, sia al consumo sono il Val di Mazara DOP e il Toscano IGP; più contenuto l incremento dei fatturati per il Riviera Ligure DOP e l Umbria DOP. I fatturati mostrano una tendenza flessiva, nel confronto con il 2012, per il Terra di Bari DOP e il Garda DOP. Il contesto delineato mostra in maniera sempre più inconfutabile il grande potenziale delle produzioni di eccellenza italiane e la necessità di strutturare e conseguentemente operare per la maggiore implementazione di strategie di marketing ad hoc, che Fonte: Indagine Qualivita-Ismea permettano alle imprese di traguardare obiettivi sempre più significativi in un mercato in cui le scelte d acquisto dei consumatori rappresentano, sempre di più, la sintesi fra la sfera emozionale e quella razionale.

8 NEWSLETTER il contesto di riferimento IL COMPARTO DEL BIOLOGICO Negli ultimi anni l olivicoltura biologica, in particolare quella da olio, ha avuto un notevole sviluppo sia per numero di operatori e di aziende, sia per l incremento delle superfici investite, sia per ciò che concerne l affermazione dei prodotti biologici sul mercato. Questo ci porta ad affermare che, per l olio extravergine di oliva biologico, così come per altri prodotti, si può iniziare a parlare di prodotto con una propria personalità e con le peculiarità idonee a posizionarsi sul mercato oltre la nicchia. L affermazione di tali prodotti, naturalmente, passa attraverso adeguate politiche. Tra l altro, la coltura dell olivo è facilmente convertibile alla coltivazione biologica in quanto è caratterizzata da un agroecosistema estremamente adattato ai diversi ambienti italiani e che non richiede, contrariamente ad altre produzioni, profonde innovazioni. Le preoccupazioni per l andamento di questa campagna produttiva alimentano seri dubbi circa la possibilità di ottenere produzioni biologiche, data la forza distruttiva degli attacchi di mosca che si sono verificati. Secondo gli ultimi dati elaborati dal Sinab (Sistema d informazione Nazionale sull Agricoltura biologica) relativi al 2013, il 13% delle superfici investite a biologico sono appannaggio dell olivicoltura con ha, di cui in conversione. Riportando l analisi ad un ambito territoriale, emerge che la distribuzione della superficie olivicola biologica riflette quella riportata per la SAU biologica nazionale complessiva. Anche in questo caso, infatti, la superficie olivicola biologica risulta concentrata per oltre il 70% nelle aree meridionali; in particolare in Puglia (32%), in Calabria (29%) e in Sicilia (14%). Fonte: Indagine Qualivita-Ismea VenDITE nella GDO e analisi dei dati di vendita di fonte Iri infoscan rimanda, per il 2014, una progressione del 3%, rispetto allo stesso periodo dell anno precedente, cui corrisponde una tenuta delle vendite in valore (+0,6%). Sul fronte dei prezzi si evidenzia una contrazione per extravergine (-2%) e oliva (-3%). Per le altre categorie merceologiche si osserva un incremento del prezzo medio del 2% per gli oli a denominazione, una progressione di prezzo dell 1% per gli oli bio ed un aumento dell 11% per il 100% italiano. Concentrando l attenzione sull extravergine si evidenzia, con il grafico sottostante, la dinamica che ha interessato la categoria. Nel 2014 sono stai venduti 154 milioni di litri di extravergine, per un valore di 634 milioni di euro. Per l extravergine a denominazione le vendite, sempre con riferimento al 2014, si sono attestate su 2,9 milioni di litri per un vavariaz. % acquisti (in qualità e valore) edei prezzi medi per l extra vergine (2014)

9 GLI SCAMBI CON L ESTERO lore di 31 milioni di euro. Sono stati venduti 2 milioni di litri di olio bio, per un valore di 18 milioni di euro. Per il 100% italiano sono stati venduti 22 milioni di litri, corrispondenti ad una valore di 111 milioni di euro. Le insegne della grande distribuzione, ormai da qualche tempo, stanno adottando una politica di prezzo aggressiva che ha portato l olio extravergine a livello di commodity e ad essere utilizzato molte volte come prodotto civetta. Il contesto delineato penalizza l intero comparto e porta alla luce la necessità di operare scelte strategiche che possano in qualche modo premiare e qualificare maggiormente il patrimonio olivicolo-oleario italiano. Il mercato italiano, d altra parte, potrebbe risultare particolarmente recettivo rispetto alle innovazioni di prodotto tese a fornire una maggiore segmentazione delle esigenze di consumo sempre più strutturate. Le aree settentrionali continuano a rivestire un importanza sostanziale negli acquisti di olio di oliva. Le aree del sud, pur con una percentuale più bassa del totale degli acquisti, grazie agli elevati consumi unitari, sono quelle dove esiste il più forte gap tra l importanza in termini di volumi e quella in valore, che si spiega ragionevolmente per i prezzi relativi sensibilmente più bassi che le famiglie riescono ad ottenere grazie alla tradizionalità dei consumi e alla elevata disponibilità locale della materia prima. I dati Istat relativi al periodo gennaio - novembre 2014 evidenziano un saldo negativo in volume pari a 204 mila tonnellate e in valore pari a 22 milioni di euro. In volume crescono gli acquisti oltre i confini nazionali per tutte le categorie merceologiche, con un +28% per gli oli di maggior pregio, rispetto allo stesso periodo dell anno precedente. Passando ad analizzare la parte attiva della bilancia commerciale si riscontrano contrazioni per l olio lampante e per l olio di sansa greggio, sia in volume, sia in valore. Sul fronte delle importazioni, all interno del complesso di oli di oliva, circa il 74% è rappresentato da oli extravergini e vergini, con un incremento, come già detto, del 28% rispetto alla campagna precedente, arrivando alle 435 mila tonnellate. Nell ordine del 9% sul totale delle importazioni di oli di oliva la categoria dei raffinati, mentre circa il 10% delle importazioni hanno riguardato olio lampante per l industria di raffinazione. I dati Istat, sempre riferiti al periodo gennaio-novembre 2014 rilevano che, complessivamente le importazioni di olio di oliva sono pervenute dalla Spagna per oltre l 80%, dalla Grecia per il 6% e la restante parte dai Paesi dell Africa settentrionale e dal Portogallo. Per la categoria degli oli di pregio a fronte di un volume pari a 435 mila tonnellate, le importazioni ammontano a milioni di euro. Significativo, tuttavia, il gap tra i valori unitari di esportazioni e importazioni che per la categoria extra vergine è stato dell ordine di 1,25 euro al chilogrammo, a conferma della significativa capacità della nostra filiera di creare valore sui mercati di esportazione. Tra i principali mercati di sbocco, gli Stati Uniti (sempre con riferimento allo stesso arco temporale) hanno assorbito il 29% delle nostre esportazioni, seguito dalla Germania (11%) e dal Giappone e dal Canada (6%). A seguire Francia, Regno Unito. Bilancia commerciale degli oli vegetali (gennaio-novembre 2014 e var% sullo stesso periodo dell anno precedente) Fonte: ns. elaborazioni su dati Istat

10 NEWSLETTER il contesto di riferimento IL COMPARTO DEL BIOLOGICO La filiera dell olio d oliva rappresenta uno dei comparti produttivi più importanti dell intero settore agricolo, è presente in tutte le regioni del centro-sud ed in maniera determinante nel meridione grazie alle favorevoli condizioni climatiche. Il comparto riveste un ruolo importante in questi territori dal punto di vista economico e delle tradizioni, considerando che l olio d oliva ricopre un ruolo fondamentale nella dieta mediterranea. Il sistema olivicolo ha bisogno, in questa fase del suo sviluppo, di avviare un processo di riorganizzazione delle aziende e delle strutture associate presenti nel settore con l obiettivo di realizzare programmi di filiera che coinvolgano, in una visione unitaria, le diverse forze imprenditoriali dei diversi territori olivicoli italiani nella valorizzazione e qualificazione della produzione di eccellenza. Al primo livello della filiera risiedono due tipologie di soggetti: le aziende agricole e le imprese di servizio. Il secondo livello riguarda le imprese coinvolte nella fase di trasformazione primaria, i frantoi. L output è costituito dall olio d oliva grezzo nelle sue rispettive classificazioni e dai sottoprodotti della lavorazione (sansa, nocciolino e acque di vegetazione), potenzialmente valorizzabili a scopo energetico o per l estrazione di prodotti ad alto valore aggiunto nel caso delle acque di vegetazione. A questo stadio si evidenzia il coinvolgimento delle imprese manutentrici degli impianti di produzione e delle imprese che forniscono gli stessi impianti. Il terzo livello della filiera riguarda i seguenti operatori a valle della produzione di olio: imbottigliatori; industria di raffinazione e rettifica dell olio; imprese di stoccaggio. Il quarto livello della filiera, coinvolge i soggetti specializzati nella distribuzione. L obiettivo della filiera olivicola è di far arrivare al consumatore un prodotto di qualità che soddisfi le sue aspettative, adottando idonee tecnologie produttive e di commercializzazione. SCENARIO FUTURO Gli scenari, che si andranno a delineare nel prossimo futuro per il settore, imporranno agli operatori di affrontare la pressione competitiva che si creerà sui mercati internazionali, determinata innanzitutto dalla Spagna che confermerà ulteriormente la sua forza e l affacciarsi di realtà che si consolideranno ulteriormente, come i paesi magrebini o alcuni di quelli dell emisfero Sud. Le azioni sulle quali ci si confronterà saranno necessariamente determinante dalle dinamiche di mercato; tale situazione comporterà necessariamente l acquisizione di una visione più imprenditoriale del settore, soprattutto nelle prime fasi della filiera. Anche le aziende di medie e grandi dimensioni non si potranno esimere dallo sviluppare una maggiore competitività che, necessariamente, dovrà passare per un contenimento dei costi che mantenga positivo il differenziale con i ricavi. Per le imprese del settore sarà imprescindibile puntare sull ammodernamento degli impianti, su una maggiore meccanizzazione ed una maggiore razionalizzazione della produzione. Con molta probabilità il fenomeno dell abbandono degli oliveti marginali diventerà più importante, ma di contro si dovrebbe assistere ad una maggiore stabilizzazione dei livelli produttivi e ad un accrescimento delle connotazioni qualitative del prodotto. La segmentazione del prodotto è sempre più presente all interno dell offerta produttiva; per raggiungere il consumatore finale si dovrà necessariamente passare attraverso una sua maggiore conoscenza del prodotto, con l ausilio di strategie di comunicazione e di promozione/distribuzione ad hoc. La differenziazione del prodotto resta la chiave per accedere a segmenti sempre più ampi di consumatori più consapevoli delle proprie scelte d acquisto. A livello internazionale bisognerà cercare di agire su due fronti diversi; da un parte segmentare verso l alto nei mercati già abituati al consumo di extra vergine e dall altra continuare a sviluppare il consumo di extra vergine tout court. Il raggiungimento di una maggiore competitività rimane, comunque, un passaggio imperativo per consolidare le posizioni raggiunte e per conquistarne di nuove. Una riflessione importante, inoltre, va fatta con riferimento alla presente annata produttiva che sarà ricordata proprio per la consistente contrazione produttiva. Le stime al momento, infatti, indicano un vero e proprio crollo con situazioni sicuramente differenziate lungo lo stivale, ma che riportano l attenzione sulle problematiche del settore che investono sia la qualità, sia la quantità.

11 ANALISI SWOT

12 NEWSLETTER ANALISI SWOT I FATTORI DI CRITICITÀ DEllA FILIERA I PUNTI DI FORZA I PUNTI DI DEBOLEZZA PRODUZIONE AGRICOLA PRODUZIONE AGRICOLA PRODUZIONE AGRICOLA necessità di riduzione dei costi di produzione da perseguire attraverso un ammodernamento degli impianti, delle tecniche di coltura e di raccolta; miglioramento del livello qualitativo della produzione da raggiungere attraverso l adozione di buone pratiche agricole, di innovazione tecnologiche disponibili, di tecniche più efficienti di raccolta delle olive; concentrazione dell offerta e valorizzazione del prodotto; maggiore coordinamento verticale con la fase di trasformazione e commercializzazione; garanzia tracciabilità produzioni. TRASFORMAZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE miglioramento delle strutture di trasformazione al fine di migliorare l efficienza economica degli impianti ed il livello qualitativo del prodotto finale; miglioramento delle strutture di stoccaggio al fine di migliorare sia il livello di servizio ai produttori olivicoli, sia le condizioni di conservazione di masse di prodotto omogeneo; approvvigionamento del prodotto con standard qualitativi costanti; garanzia delle tracciabilità delle produzioni; attività di promozione e valorizzazione del prodotto; monitoraggio costante delle caratteristiche organolettiche della produzione. presenza di importanti aree vocate alla coltivazione dell olivo sia per quantità sia per qualità di prodotto; elevata potenzialità di differenziazione delle produzioni, per cultivar, per tecnologie produttive, per tipicità; elevato valore ambientale, paesaggistico, storico, culturale ed antropologico della cultura dell olivo in Italia; ampi margini di stabilizzazione delle produzioni, riducendo il fenomeno dell alternanza, mediante la razionalizzazione degli impianti, l ampliamento delle superfici irrigabili, l adozione di adeguate tecniche colturali; buona immagine delle origini nazionali e regionali presso il consumatore nazionale ed internazionale; formazione di un mercato più competitivo e possibilità di basare la competitività del comparto sempre meno sul prezzo e sempre più sulla qualità delle produzioni; possibilità di migliorare la competitività mediante strategie di marketing sia d impresa, sia collettive. TRASFORMAZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE capillare localizzazione dei frantoi in tutte le aree olivicole, con la possibilità di realizzare lavorazioni tempestive a garanzia di maggiore qualità; forte potenzialità di penetrazione nei mercati esteri soprattutto attraverso l immagine del made in Italy ; ampia base di approvvigionamento della materia prima; consolidato know-how nella capacità di soddisfare le richieste provenienti dal mercato estero e dalla distribuzione. frammentarietà della struttura produttiva: elevato numero di aziende produttrici, ridotte dimensioni aziendali; diffusione dell olivicoltura anche in zone molto difficili e tendenzialmente poco remunerative; presenza prevalente di impianti tradizionali poco razionali ed efficienti e limitata diffusione di meccanizzazione e irrigazione; ritardo nell introduzione delle innovazioni tecnologiche; forti oscillazioni delle produzioni in termini qualitativi e quantitativi; ampie zone produttive, soprattutto nel Meridione, che evidenziano un livello qualitativo medio-basso; rischio di abbandono colturale nelle aree marginali. TRASFORMAZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE localizzazione dei frantoi non sempre ottimale; eccessiva presenza in alcune aree di impianti di prima trasformazione con tecnologia a pressione ; limitata capacità di stoccaggio dei frantoi; scarsa presenza di frantoi cooperativi; l industria nazionale e le marche commerciali evidenziano un basso livello di integrazione verticale con le fasi a monte della filiera nazionale; utilizzo del made in Italy dell industria poco integrato e pochissimo condiviso con il livello produttivo nazionale; scarsa trasparenza sui mercati nazionali e internazionali.

13 IL COMPARTO DEllE OLIVE DA TAVOLA PREMESSA Il settore delle olive da tavola rappresenta in Italia una realtà interessante che caratterizza alcune aree territoriali olivicole con la presenza di varietà di alto pregio, che hanno anche ottenuto riconoscimenti comunitari come la Dop Nocellara del Belice e la Dop Bella della Daunia (nota come Bella di Cerignola), l Oliva tenera Ascolana. Molte altre sono le varietà di elevata qualità e prestigio che riusciamo a trovare in diverse regioni italiane. Dalla Taggiasca della provincia di Imperia e Savona alla Itrana che si concentra nel basso Lazio, la Majatica del materano, la Dolce di Rossano e la Carolea in Calabria, la Cellina di Nardò e il Leccino del leccese, la Peranzana del tavoliere, la Tonda Iblea del ragusano, la Giarraffa di Paternò, e così via. Si tratta di un patrimonio di alto valore che però non riesce a trovare adeguata collocazione sul mercato. Inoltre, è un settore che soffre in modo particolare la vicinanza con il settore dell olio di oliva, che assorbe la quasi totalità dell attenzione sia delle politiche sia degli interventi. Il 35% circa della produzione proviene da cultivar da mensa, la restante parte da cultivar a duplice attitudine la cui utilizzazione è estremamente variabile in dipendenza della domanda di mercato e dell andamento stagionale. Il quadro produttivo nazionale vede il ruolo di Puglia e Sicilia quali principali aree di produzione di olive da mensa. La Sicilia si attesta su una quota del 42%, mentre la Puglia rappresenta circa il 27% della produzione nazionale. In Italia le Dop sono tre: La bella della Daunia in Puglia, la Nocellara del Belice in Sicilia e l oliva ascolana del Piceno in Abruzzo e Marche. I principali paesi importatori sono gli Usa (25%), l UE (18%) e il Brasile (13%). La maggior parte della materia prima commercializzata a livello mondiale (circa il 60%), proviene da Grecia, Spagna, Tunisia e Marocco; paesi in grado di garantire qualità, disponibilità e prezzi competitivi. I consumi di olive da tavola registrano un graduale ma progressivo aumento, soprattutto nel Pesi dell Ue, Usa, Egitto e Turchia, dove si stima che vengano consumato circa il 55% della produzione mondiale. L analisi del contesto fa emergere un comparto nazionale con importanti margini di la PRODUZIONE ed i CONSUMI NAZIONAli Gli ultimi dati Istat disponibili (riferiti al 2013) riportano una produzione di olive da mensa pari a circa tonnellate. Tale quantitativo rappresenta un valore di circa il 3% della produzione nazionale di olive, valore ben al di sotto della media europea dei Paesi produttori, mettendo in evidenza che l Italia attribuisce al settore olive da mensa un ruolo piuttosto marginale. Tuttavia il nostro paese si conferma il terzo produttore in ambito UE, dopo Spagna e Grecia. Fonte: ns. elaborazioni su dati Istat Il consumo totale, secondo gli ultimi dati COI (campagna 2014/15), è stato stimato intorno a tonnellate. Il consumo pro capite annuo si aggira intorno a 2 Kg, di cui circa il 65-70% (strutturalmente) è costituto da olive di importazione semilavorate o già confezionate, mentre la restante parte, è rappresentata da olive di produzione nazionale. L analisi dell export delle ultime campagne mostra una tendenza alla crescita. crescita grazie anche al maggior credito riscontrato dalle olive da tavola, sempre più apprezzate sia per la caratteristiche merceologiche, sia per quelle sensoriali. Nel settore delle olive da tavola è sempre più apprezzabile la forte innovazione e la differenziazione del prodotto, anche sotto forma di conserve, paté, creme, che hanno consentito la strutturazione di politiche di marketing in grado di raggiungere segmenti più ampi di

14 NEWSLETTER ANALISI SWOT consumatori, più attenti agli aspetti edonistici. Il loro consumo, infatti, sta trovando spazio in occasione del consumo di aperitivi e posti fuori casa o fuori pasto. È possibile trovare tali prodotti, infatti, sempre più nei bar, nelle pizzerie, nei fast food. L utilizzo di tecnologie sempre più avanzate anche per i pakaging (sottovuoto, termoplastica ecc), ha contribuito all aumento dei consumi nei mercati internazionali. Le CRITICITÀ del COMPARTO Ci si trova di fronte ad un settore che rappresenta ancora una nicchia di mercato, ma la ristrutturazione delle aziende, unitamente ad una maggiore attenzione nei confronti della produzione di olive da tavola, consentono di intravedere con maggiore ottimismo lo sviluppo del settore. Tuttavia, lo sviluppo del settore è legato alla possibilità di valutarne la dinamica dei principali fattori di natura socio strutturale ed economica che lo caratterizzano e che rendono il prodotto nazionale poco competitivo rispetto a quello estero. Tali fattori sono: Un eccessiva polverizzazione dell offerta. In Italia si utilizzano molte varietà di olive ed i metodi di lavorazione sono differenti a seconda del luogo di produzione. Questo è sicuramente un pregio, in quanto esprime un patrimonio culturale che caratterizza la nostra società alimentare; diventa un elemento negativo nel momento in cui l offerta finale su scala nazionale risulta, anche a causa della bassa dimensione media delle aziende olivicole, incapace di garantire una massa critica minima; a ciò si aggiungo- no i problemi relativi alla mancata standardizzazione del prodotto; La mancata concentrazione dell offerta. Tale aspetto non consente di garantire al produttore redditi tali da consentirgli le necessarie soddisfazioni economiche, a fronte degli investimenti di capitale e di lavoro che la coltivazione richiede; La forte utilizzazione di varietà a duplice attitudine rallenta lo sviluppo di un olivicoltura da mensa specializzata nei territori vocati; Inadeguatezza dell industria di trasformazione determinata da diversi fattori: o modeste dimensioni degli impianti o tecnologie di lavorazione obsolete, o confezionamento del prodotto non sempre rispondente agli standard richiesti dal mercato; Limitata attenzione degli operatori verso il settore. Se si escludono gli ultimi anni, infatti, in Italia sono mancate azioni strategiche finalizzate alla riqualificazione del settore, attraverso misure mirate al riordino produttivo, alla riduzione della frammentazione colturale, alla valorizzazione e promozione della produzione. Da fonti diverse e con larga approssimazione si può stimare che in Italia operano 300 industrie di trasformazione delle olive da mensa, di queste circa il 30% confeziona il prodotto. Nella generalità dei casi si tratta di imprese di ridotte dimensioni: circa il 60% degli impianti ha una potenzialità di lavorazione e di stoccaggio sotto i quintali, mentre solo una percentuale intorno al 10% supera capacità maggiori a quintali. Lo sviluppo del settore è da considerarsi sempre più come una operazione di filiera e culturale, legata ad aspetti storici, paesaggistici, gastronomici. Sono questi gli elementi su cui far leva per rilanciare il consumo delle olive da tavola. Le CRITICITÀ del COMPARTO L esigenza di un rilancio del settore in Italia è sentita ormai da un po di tempo, ma non si sono registrati ancora significativi miglioramenti, per motivi che riguardano principalmente aspetti produttivi legati alla dispersione territoriale, allo scarso valore merceologico del prodotto lavorato, alla carenza organizzativa lungo l intera filiera, alla cattiva organizzazione commerciale e ai modesti livelli produttivi. Bisogna costruire i presupposti perché il comparto esca allo scoperto e, insieme all olivicoltura da olio, traini l intero settore. A ciò può contribuire lo sviluppo di un percorso progettuale avente come finalità: l acquisizione delle informazioni di mercato (monitoraggio dei flussi commerciali e dei prezzi praticati sui vari territori) e degli aspetti tecnici e qualitativi delle produzioni; la cura degli aspetti tecnologici delle imprese di prima lavorazione e trasformazione delle olive; la specializzazione varietale e la tipizzazione delle produzioni verso cultivar ad elevata attitudine; la costruzione di una rete di conoscenze per l acquisizione delle innovazioni nel campo delle tecnologie di produzione, della ricerca, delle opportunità di mercato e di investimento.

15 le filiere regionali

16 NEWSLETTER LE filiere regionali: abruzzo Le caratteristiche STRUTTURALI della fase agricola L olivicoltura in Abruzzo rappresenta un importante realtà produttiva, essendo la seconda coltura arborea più coltivata subito dopo la vite. Facendo riferimento ai dati previsionali relativi alla campagna produttiva in via di conclusione, la regione si colloca al 5 posto in Italia con una produzione che dovrebbe aggirarsi intorno alle tonnellate. L olivicoltura si estende su circa ettari. Distribuzione provinciale della superficie e della produzione di olive (anno 2013) Fonte: ns. elaborazioni su dati Istat Nel dettaglio provinciale si evidenzia come la provincia di Chieti contribuisca con circa il 57% alla produzione regionale e la provincia di Pescara con quasi il 25%, mentre la provincia di Teramo presenta una realtà aziendale molto frammentata e con superfici limitate, con il 14% di superficie investita a livello regionale. Sono presenti tre DOP, rispettivamente nelle province di Chieti (Colline Teatine), Pescara (Aprutino Pescarese) e Teramo (Pretuziano delle colline teramane). La fase di trasformazione La struttura della trasformazione conta circa 290 frantoi (dato Agea riferito a giugno 2013). I dati sulla distribuzione dei frantoi regionali mostrano da una parte una diffusa frammentazione degli impianti con una generale sottoutilizzazione degli stessi; dall altra una localizzazione puntuale e diffusa della trasformazione nei principali bacini produttivi dell olivo che consente una repentina lavorazione delle olive e la produzione id oli di qualità. La provincia maggiormente produttrice risulta Chieti che, insieme a quella di Pescara, detiene circa l 82% del prodotto regionale.

17 DATI di vendita (DI fonte IRI-inFOSCAn) L analisi dei dati di vendita nella GDO (Iper + Super), relativi al 2014, indica che in Abruzzo e Molise sono stati venduti circa 3,2 milioni di litri di extra vergine, per un corrispondente valore di 12 milioni di euro, con una progressione sia in volume, sia in valore, rispetto allo stesso periodo precedente. Il prezzo medio si è aggirato intorno ai 3,8 euro/litro ed il 69% dell olio extra vergine è stato venduto in promozione. Gli oli bio e a denominazione hanno uno spazio di mercato più limitato all interno del mercato dell olio, collocandosi su livelli più alti di prezzo medio. Il 100% italiano, nell anno, risulta posizionato su un livello di prezzo più alto (5,32 euro/litro). Sono stati venduti, nel periodo considerato, circa 171 mila litri di 100% italiano, per un valore corrispondente ad 900 mila euro. prezzate sia per la produttività in olive che per la resa in olio; utilizzo di un buon livello di tecniche di conduzione degli oliveti, raccolta e trasporto verso i luoghi di trasformazione; ampia presenza di frantoi e di strutture di trasformazione; presenza di DOP e di altre certificazioni di qualità (biologico). PUNTI di debolezza: Punti di debolezza: elevata frammentazione aziendale; carenze di tecniche agronomiche adeguate in alcune aree; scarsa irrigazione; resenza di impianti vetusti e consociati ad altre coltivazioni; scarsa capacità di aggregazione; AZIOni DI MIGLIORAMEn- TO DElla FIlIERA Azioni di miglioramento della filiera La filiera olivicola-olearia abruzzese presenta elementi rassicuranti per ciò che attiene la produzione ed i livelli qualitativi dei prodotti. Si è già avuto modo di sottolineare la presenza di tre DOP regionali e la presenza di altre certificazioni di qualità (ad esempio il biologico), alle quali si accompagna una generale tendenza di tutta la produzione regionale ad assestarsi su livelli qualitativi che vengono sempre più apprezzati sui mercati nazionali. Si sottolinea, inoltre, come, in Regione, gli operatori olivicoli si stiano avviando verso politiche di mercato più incisive, basate sulla segmentazione e sul marketing, mentre dal punto di vista produttivo comincino ad orientare le proprie produzioni verso il recupero di varietà autoctone, in maniera da aumentare il radicamento territoriale delle produzioni locali. Tuttavia, dall analisi della filiera emergono criticità consistenti, soprattutto per ciò che riguarda la fase produttiva agricola. In particolare emerge lo scarso livello della dimensione aziendale unito ad un altrettanto insufficiente livello dell organizzazione aziendale, ancorata a sistemi tradizionali e caratterizzata da elevati costi di produzione. Inoltre si auspica una maggiore aggregazione sul territorio, in modo da migliorare e qualificare al meglio le attività di commercializzazione dei prodotti. PUNTI di FORZA: buone ed adeguate capacità tecniche degli imprenditori e lavoratori agricoli, ai fini dell ottenimento di produzioni di qualità in alcune aree; ammodernamento degli oliveti; condizioni pedoclimatiche e varietali favorevoli ad una produzione di qualità; presenza di varietà autoctone ap- presenza in alcune aree di piccoli frantoi a carattere artigianale senza adeguato livello tecnologico ed igienico degli impianti di estrazione; diffusa attività di molitura per conto terzi rivolta per lo più all autoconsumo; basso grado di meccanizzazione nella trasformazione e confezionamento dell olio; scarso uso di marchi industriali; ampia diffusione della vendita dell olio allo stato sfuso; scarsa conoscenza delle produzioni di oli regionali di qualità sui mercati nazionali ed internazionali.

18 NEWSLETTER LE filiere regionali: BASILICATA Le caratteristiche STRUTTURALI della fase agricola In Basilicata la superficie in produzione risulta essere pari a circa ettari (Istat 2013). Quasi il 10% della superficie investita ad olivo in Regione è coltivata con metodi di produzione biologica. In tali condizioni, la coltivazione dell olivo proposito riveste spesso una funzione più paesaggistica che economica. Il patrimonio olivicolo regionale presenta un interessante differenziazione varietale e si annovera anche la presenza della Dop Vulture. Distribuzione provinciale della superficie e della produzione di olive (anno 2013) Fonte: ns. elaborazioni su dati Istat Rispetto alla dimensione provinciale del comparto, si registra una predominanza spostata verso la provincia di Matera che detiene circa il 57% della superficie investita ad olivo. Tra le varietà più diffuse e utilizzate per la produzione di qualità destinata all imbottigliamento troviamo la Coratina, Leccino, Ogliarola del Vulture e del Bradano, la Maiatica. La fase di trasformazione I dati previsionali, relativi alla campagna produttiva 2014/2015, indicano per la Basilicata una forte contrazione produttiva, con una produzione che dovrebbe attestarsi intorno alle tonnellate, di cui la categoria prevalente è rappresentata da extravergine (80% del totale) e vergine (20% del totale). L olio di oliva lucano rappresenta in valore tra l 1 ed il 2 % rispetto al totale nazionale e meridionale. I dati Agea, riferiti a giugno 2013 indicano 115 frantoi attivi con una tendenza alla riduzione. La classe dimensionale più frequente dei frantoi, in termini di potenzialità produttiva, è quella compresa tra 4 e 10 tonnellate (in 8 ore) con una percentuale di olive molite pari a circa il 57% del potenziale produttivo.

19 DATI di vendita (DI fonte IRI-inFOSCAn) L analisi dei dati di vendita nella GDO (Iper + Super), relativi al 2014, indica che in Basilicata e Calabria sono stati venduti circa 2 milioni di litri di extra vergine, per un corrispondente valore di 8 milioni di euro, con una contrazione sia in volume, sia in valore, rispetto all anno precedente. Il prezzo medio si è aggirato intorno ai 3,6 euro/litro ed il 65% dell olio extra vergine è stato venduto in promozione. Gli oli bio e a denominazione faticano ancora a trovare un segmento più ampio, all interno del mercato dell olio, collocandosi su livelli più alti di prezzo medio. Il 100% italiano, assimilato nelle dinamiche di scelta del consumatore, all extra vergine tout court mostra un prezzo medio di 4 euro/litro, con circa 150mila litri venduti, per un corrispondente valore di 666 mila euro. Nell ambito regionale, i fabbisogni del comparto olivicolo sono caratterizzati dall esigenza di riqualificare le superfici olivetate, di riorganizzare l apparato produttivo, caratterizzato dalla piccola dimensione aziendale e dalla conduzione aziendale poco specializzata. Punti di forza: tradizioni legate alla coltura dell olivo; funzioni paesaggistiche; presenza di areali di produzione specializzati. Punti di debolezza: elevata frammentazione aziendale; diffusione di varietà extra regionali; scarsa meccanizzazione degli impianti; presenza di impianti vetusti e consociati ad altre coltivazioni; presenza di piccoli frantoi a carattere artigianale. interventi diretti alla protezione dell ambiente, al risparmio energetico, al riutilizzo dei sottoprodotti della lavorazione, all utilizzo di fonti di energia rinnovabile, al miglioramento delle condizioni di sicurezza sul lavoro; azioni di formazione e di assistenza tecnica; aggregazione dell offerta ed integrazione di filiera. Andamento delle vendite nella GDO nel 2014 Categorie Vendite* Var. % Vendite Vendite Var. % Vendite Prezzo Medio % Vendite in Vol. in Volume in Volume in Valore in Valore in Volume in Promozione Extravergine , ,4 3,59 65,1 Bio , ,2 7,04 4,8 DOP/IGP , ,1 8,40 13,4 100% Italiano , ,8 4,44 36,6 AZIOni DI MIGLIORAMEn- TO DElla FIlIERA FABBISOGni e AZIOni DA ConSEGUIRE I fabbisogni di intervento sono riconducibili alle seguenti azioni da conseguire: ammodernamento strutturale orientato all innovazione tecnologica lungo tutta la filiera; introduzione di tecniche colturali innovative e sostenibili ai fini della riduzione dei costi e dell impatto ambientale; introduzione di sistemi di gestione e controllo finalizzati al miglioramento della qualità;

20 NEWSLETTER le filiere regionali: CALABRIA Le caratteristiche STRUTTURALI della fase agricola La fase di trasformazione L assetto strutturale dell agricoltura in Calabria è caratterizzato da una forte polverizzazione delle aziende: moltissime aziende di piccole dimensioni, scarso peso delle aziende di medie dimensioni, discreta presenza di aziende di medio-grandi e grandi dimensioni. La polverizzazione aziendale si associa alla forte frammentazione delle superfici aziendali in appezzamenti non contigui, fenomeno che investe tutte le aziende indipendentemente dalla loro dimensione e causa inevitabili effetti negativi sui costi di produzione, rendendo ancor più complesso il quadro strutturale di riferimento. Nelle aree interne della regione l olivicoltura rappresenta la principale fonte reddito per le aziende agricole, nonostante i costi di produzione siano di gran lunga superiori per le difficili condizioni orografiche dei terreni. Distribuzione provinciale della superficie e della produzione di olive (anno 2013) Secondo gli ultimi dati previsionali riguardanti la campagna produttiva 2014/2015, in Calabria si dovrebbe registrare una contrazione produttiva notevole e la produzione si dovrebbe attestare intorno alle tonnellate (il 22% del totale in Italia per questa campagna), la cui tipologia è rappresentata in maniera determinante dalla categoria lampante nelle province di Reggio Calabria e Vibo Valentia, mentre nelle zone olivicole del crotonese, catanzarese e cosentino la produzione è diretta in maniera più sostenuta verso la categoria dell extravergine. Dagli dati Agea, riferiti a giugno 2013, risultano attivi in Calabria circa 819 frantoi con un quantitativo medio di olive lavorate per frantoio di quintali. La tendenza in atto negli ultimi anni vede il progressivo calo del numero dei frantoi come conseguenza del processo di ristrutturazione in corso Fonte: ns. elaborazioni su dati Istat L olivicoltura risulta diffusa su tutto il territorio regionale, con un livello di maggiore concentrazione nella zone intorno Sibari, nel lametino e nella piana di Gioia Tauro. In particolare, l area del lametino è l unica dove si realizza la coincidenza tra il maggior numero di aziende e la più alta percentuale di superfici olivetate. La superficie investita ad olivo, secondo gli ultimi dati Istat del 2013, è di ettari. Il 12% di tale superficie è coltivata con metodi di produzione biologica e rappresenta un quarto dell investimento totale ad olivicoltura biologica in Italia (il 41% delle superfici presenti nel mezzogiorno). Rispetto alla dimensione provinciale, si registra una netta differenziazione territoriale, con le province di Reggio Calabria, Cosenza e Catanzaro più coinvolte nella coltura con rispettivamente il 27%, il 29% ed il 21%, seguite dalle altre due Province di Crotone e Vibo Valentia con il 9%. Sono presenti in Regione tre DOP nelle province di Crotone (Alto Crotonese), Cosenza (Bruzio) e Catanzaro (Lametia), malgrado ciò la dimensione del comparto delle Dop in Regione è ancora molto limitato, sia riguardo il numero delle aziende certificate, sia riguardo la dimensione aziendale, mentre il potenziale produttivo presenta buone prospettive di crescita. Il vincolo allo sviluppo delle Dop è legato in maniera particolare alle scelte dei produttori, costretti a fare i conti con un mercato ancora poco attento a riconoscere un prezzo adeguato a giustificare i maggiori costi di produzione. e della progressiva implementazione di innovazioni tecnologiche degli impianti. Per quanto riguarda il comparto delle olive da mensa, pur contando su di una superficie ed una produzione di tutto rilievo, si registra una limitata presenza di impianti per la lavorazione delle olive da mensa nonostante la presenza di varietà a duplice attitudine, conseguenza anche della bassa disponibilità degli olivicoltori alla produzione di olive da mensa e ai prodotti innovativi che prevedono impieghi alternativi dell olio di oliva e dei sottoprodotti.

21 DATI di vendita (DI fonte IRI-inFOSCAn) L analisi dei dati di vendita nella GDO (Iper + Super), relativi al 2014, indica che in Basilicata e Calabria sono stati venduti circa 2 milioni di litri di extra vergine, per un corrispondente valore di 8 milioni di euro, con una contrazione sia in volume, sia in valore, rispetto all anno precedente. Il prezzo medio si è aggirato intorno ai 3,6 euro/litro ed il 65% dell olio extra vergine è stato venduto in promozione. Gli oli bio e a denominazione faticano ancora a trovare un segmento più ampio, all interno del mercato dell olio, collocandosi su livelli più alti di prezzo medio. Il 100% italiano, assimilato nelle dinamiche di scelta del consumatore, all extra vergine tout court mostra un prezzo medio di 4 euro/litro, con circa 150mila litri venduti, per un corrispondente valore di 666 mila euro. AZIOni DI MIGLIORAMEn- TO DElla FIlIERA Punti di forza: presenza di importanti aree vocate alla coltivazione dell olivo; elevato valore ambientale, paesaggistico, storico, culturale ed antropologico di alcune aree dell olivicoltura calabrese; elevate superf. olivetate in aree Dop; elevate superfici olivetate in regime di coltivazione biologica; presenza di nuovi impianti adeguati all impiego di razionali tecniche colturali; ampia base varietale collocata in aree omogenee della Regione; caratteristica multifunzionale dell olivic.; rete capillare localizz. dei frantoi regionali; ampia base di approvv. della materia prima; immagine positiva dell olivo nel vissuto del consumatore e del turista. Punti di debolezza: frammentarietà della struttura produttiva e ubicazione dell olivicoltura in zone dal contesto orografico difficile; elevati costi di produzione; bassa capacità finanziaria delle imp.; limitata meccanizzazione e irrigazione della coltura; ritardo nell introduzione delle innovazioni tecnologiche; presenza prevalente di impianti tradizionali, difficilmente meccanizzabili; ampie zone di produzione di prodotto di scarsa qualità; basso livello di concentrazione dell offerta; mancato ricambio generazionale; basso livello di imprenditorialità; forti oscillazioni delle produzioni in termini qualitativi e quantitativi; elevata presenza di frantoi obsoleti; limitata capacità di stoccaggio dei frantoi non sempre adeguate per le produzioni di qualità; mancanza di centri di stoccaggio collettivi del prodotto; bassa disponibilità degli olivicoltori alla produzione di olive da mensa; carenze di strutture di confezionamento; scarsa integrazione di filiera; bassa immagine dell olio Made in Calabria. OPPORTUNITÀ e AZIONI DA COnSEGUIRE In sintesi, i fabbisogni individuati per il rilancio della filiera olivicola regionale sono i seguenti: aumentare la competitività delle imprese olivicole attraverso una riduzione dei costi di produzione; aumentare il valore aggiunto nella fase agr.; adeguare le strutture di trasformazione favorendone la riqualificazione e la concentrazione; realizzare un efficace sistema di aggregazione della produzione; migliorare e preservare la qualità degli oli prodotti nelle diverse fasi della filiera; aumentare la produzione di oli di qualità certificata (Dop e Bio); affermare la valenza multifunzionale dell olivicoltura; migliorare la professionalità degli operatori; diversificare la produzioni con impieghi alternativi dell olio di oliva; migliorare l immagine dell olio calabrese. Si rilevano tuttavia delle sostanziali differenze tra i comprensori regionali, dovute alle diverse tecniche di coltivazione (convenzionali, bio, ecc.), alle conformazioni dei territori olivetati (montagna, collina, pianura) e al diverso patrimonio varietale. La combinazione di queste diversità determina la produzione di oli dalle caratteristiche qualitative differenti che, pertanto, vengono collocati su mercati di sbocco e clienti finali differenti. Pertanto, per una corretta definizione delle strategie del settore, la strategia di sviluppo regionale ha individuato tre sottosistemi dalle caratteristiche produttive e commerciali omogenee e per ciascuno di essi ha definito gli obiettivi, le priorità degli investimenti, la loro localizzazione e i risultati attesi. I tre sottosistemi sono stati definiti sulla base delle caratteristiche del prodotto finito ed esattamente: 1. sottosistema degli oli extravergini; 2. sottosistema degli oli lampanti; 3. sottosistema degli oli di qualità riconosciuta (Dop e Bio). In generale, le strategie di intervento sono così configurate: realizzare/ristrutturare impianti di oliveti per favorire una razionalizzazione delle tecniche colturali e riduzione dei costi di produzione; concentrare l offerta nella fase di trasformazione/commercializzazione per assicurare il raggiungimento di economie di scala e l introduzione di innovazioni di processo nei frantoi; valorizzazione di sottoprodotti (residui di potature, sanse, nocciolino etc.) per la produzione di energia al fine di ridurre i costi di trasformazione; aumentare la quota di produzione degli oli extravergini a scapito dei vergini e lampanti; aumentare la quantità di prodotto confez.; eliminare le intermediazioni commerciali lungo la filiera; aumentare la quota di produzioni certificate Dop e Bio; ridurre lo scadimento qualitativo dell olio durante lo stoccaggio; favorire lo sviluppo dell olivic. da mensa.

22 NEWSLETTER le filiere regionali: CAMPANIA Le caratteristiche STRUTTURALI della fase agricola Nel panorama olivicolo nazionale, la Campania si colloca ai primi posti tra le regioni produttrici. Diversi territori della regione sono fortemente caratterizzati dall ampia diffusione di oliveti. La produzione olivicola, tradizionalmente presente nelle realtà rurali regionali, occupa un posto di rilievo non solo in funzione dell opportunità competitiva offerta alle aziende agricole, ma anche per il ruolo ambientale che spesso ricopre, svolgendo in molti territori un compito di salvaguardia del paesaggio e di protezione del suolo. Distribuzione provinciale della superficie e della produzione di olive (anno 2013) Fonte: ns. elaborazioni su dati Istat La superficie investita ad olivo in Campania, secondo gli ultimi dati Istat (2013) è di circa ettari. Circa il 5% di tale superficie è coltivata con metodi di produzione biologica. Rispetto alla dimensione provinciale, si registra una differenziazione notevole tra le varie superfici ad olivo, con la provincia di Salerno che detiene il 56% degli investimenti, seguita con notevole distanza dalla Provincia di Benevento (18%); le altre tre province rappresentano il restante 26% della superficie totale. In Campania, grazie alle condizioni pedoclimatiche favorevoli e ad un patrimonio varietale ricco e diversificato, si producono oli di qualità in grado di soddisfare la crescente domanda di oli pregiati sul mercato non solo nazionale. Sono presenti sul territorio regionale tre Denominazioni di origine: Cilento, Colline Salernitane, Penisola sorrentina e Terre Aurunche. La fase di trasformazione I dati previsionali relativi alla campagna 2014/2015 indicano che la Campania dovrebbe esitare un livello produttivo pari a circa tonnellate di olio di pressione, segnando una forte contrazione rispetto ai livelli raggiunti nella precedente campagna. La maggior parte dell olio prodotto in Campania è extravergine. Secondo i dati Agea, riferiti a giugno 2013, risultano attivi 329 frantoi.

23 DATI di vendita (DI fonte IRI-inFOSCAn) I dati di vendita nella GDO (Iper + Super), relativi alla Campania per il 2014, indicano che sono stati venduti circa 8 milioni di litri di extravergine, con un valore pari a 28 milioni di euro. Si evidenzia una contrazione delle vendite per l extra e per il 100% italiano rispetto all anno precedente. Il prezzo medio si è aggirato intorno ai 3,6 euro/ litro ed il 69% dell olio extra vergine è stato venduto in promozione. Gli oli bio e a denominazione mostrano un livello di vendite più contenuto, con un prezzo medio differente, ma che denota una certa valorizzazione delle produzioni certificate. Per il 100% italiano, che nelle scelte del consumatore è praticamente assimilato all extravergine tout court, sono stai venduti litri, con un valore corrispondente a 2 milioni di euro. PUNTI di FORZA: condizioni pedo climatiche e varietali favorevoli ad una produzione di qualità; tradizioni legate alla coltura dell olivo; funzioni paesaggistiche svolte dagli oliveti; ampia presenza di frantoi; presenza di cooperative di servizi che svolgono azioni di valorizzazione del prodotto. PUNTI di debolezza: elevata frammentazione aziendale; diffusione di varietà extra regionali, uso di tecniche agronomiche non adeguate; scarso uso dell irrigazione; FABBISOGni e AZIOni DA COnSEGUIRE Miglioramento fondiario e razionalizzazione delle fasi di processo; Miglioramento della qualità ed organizzazione della filiera corta; Ammodernamento, razionalizzazione e potenziamento degli impianti di trasformazione delle olive, standardizzazione e miglioramento degli standard in tema di igiene, sicurezza alimentare e sicurezza; Valorizzazione delle produzioni di qualità attraverso una diffusa adozione di sistemi di certificazione; Sostegno all accesso ai servizi aziendali; Sviluppo della cooperazione per la valorizzazione del prodotto e dell associazionismo tra i produttori; Sostegno alla comunicazione ed alla valorizzazione commerciale delle produzioni di qualità locali sui mercati nazionali ed internazionali. AZIOni DI MIGLIORAMEn- TO DElla FIlIERA Nell ambito regionale, i fabbisogni del comparto olivicolo sono caratterizzati dall esigenza di riqualificare le superfici olivetate laddove è necessario recuperare varietà autoctone di pregio, di riorganizzare l apparato produttivo, caratterizzato dalla piccola dimensione aziendale e dalla conduzione gestionale spesso poco innovativa. presenza di impianti vetusti e consociati ad altre coltivazioni; basso livello di associazionismo tra i produttori; presenza di piccoli frantoi a carattere artigianale; basso grado di meccanizzazione nella trasformazione e confezionamento dell olio; limitata penetrazione di mercato.

24 NEWSLETTER LE filiere regionali: lazio Le caratteristiche STRUTTURALI della fase agricola Nel Lazio l olivicoltura è estremamente diffusa e contrassegnata da una tendenza all aumento. La superficie investita ad olivo, secondo gli ultimi dati Istat (2013) è di ettari. Circa l 8% di tale superficie è coltivata con metodi di produzione biologica. Rispetto alla dimensione provinciale, si registra una differenziazione notevole tra le varie superfici ad olivo, con Roma (30%), Frosinone (23%), Viterbo (17%), Latina (16%) e Rieti (14%). Fonte: ns. elaborazioni su dati Istat Distribuzione provinciale della superficie e della produzione di olive (anno 2013) Fonte: ns. elaborazioni su dati Istat Le favorevoli condizioni climatiche esistenti nel territorio laziale hanno consentito lo sviluppo di un olivicoltura diffusa. Nell intero territorio esistono aree particolarmente vocate, quali la Sabina nelle province di Roma e Rieti, il comprensorio dei Monti Lepini, Ausoni e Aurunci in quella di Latina ed il viterbese. L importanza della produzione olearia laziale è determinata, quindi, prima ancora che in termini quantitativi, dal suo stretto legame con il territorio. Sono presenti quattro DOP, rispettivamente nelle province di Viterbo (Canino e Tuscia), nelle zone della Sabina romana e della Sabina reatina (Sabina) e nella provincia di Latina (Colline pontine). La superficie media aziendale risulta piuttosto ridotta e pari a meno di un ettaro, valore che sale ad 1,5 nelle aziende specializzate, mentre i due terzi delle aziende con superficie olivetata ha un impianto che non raggiunge il mezzo ettaro di superficie. Le ridottissime dimensioni degli uliveti hanno, naturalmente, una profonda influenza, non solo sull efficienza della fase agricola di produzione ma sull organizzazione di tutta la filiera produttiva, fino alla fase della commercializzazione, coinvolgendo anche aspetti relativi alla qualità del prodotto. La disaggregazione della coltura olivicola per zone altimetriche è rappresentata per l 80% dalla collina, seguita dalla bassa montagna e con la pianura in posizione di scarso rilievo (4,8%). L attività coinvolge una larga parte della popolazione rurale, particolarmente delle zone interne dove spesso costituisce l unica fonte di reddito. L importanza, quindi, della produzione olearia laziale è determinata, prima ancora che in termini meramente quantitativi, dalla sua stessa qualità naturale e dal suo profondo radicamento nel territorio e nella cultura locale. L olivicoltura laziale si caratterizza, per un marcato dualismo tra le zone interne (marginali) e le zone litoranee (avanzate).tra le aree ricadenti in queste due categorie si individuano il Caninese, la Sabina, i comuni della fascia litoranea e pianeggiante della Pontina per le zone a produttività più alta, mentre per quelle più marginali ci si riferisce alle vallate pre-appenniniche del Sublacense, del Frusinate e del Cassinate. La parte meglio dotata dell olivicoltura laziale ha risposto ai tempi con alte rese di olive e di olio, migliorando la qualità e l organizzazione mercantile, come è avvenuto nel Viterbese e nella Sabina. Nelle zone del Lazio centromeridionale invece le rese, la qualità, i costi di produzione e di molitura, la caratterizzazione mercantile del prodotto lasciano ancora spazi di miglioramento importanti. Un elemento, tuttavia, accomuna entrambe le situazioni: la necessaria valorizzazione del prodotto con l esigenza di pervenire ad una reale certificazione della sua genuinità. Diversi sono gli aspetti da prendere in considerazione tra i quali l aspetto del miglioramento genetico e della rispondenza varietale ai diversi microambienti, l aspetto delle tecnologie colturali innovative (potatura, irrigazione, difesa dai parassiti) e l aspetto della concentrazione del prodotto per la sua trasformazione.

25 la fase di trasformazione Per il Lazio i dati previsionali, relativi alla campagna 2014/2015, indicano un livello produttivo pari a tonnellate di olio, con una forte contrazione rispetto alla campagna precedente (-37%). La tipologia principale di olio è rappresentata da extravergine. I dati Agea, riferiti a giugno 2013, indicano 289 frantoi attivi. DATI di vendita (DI fonte IRI-inFOSCAn) I dati di vendita nella GDO (Iper + Super), relativi al Lazio per il 2014, mostrano una vendita pari a circa 17milioni di litri di extra vergine, per un valore corrispondente a 63 milioni di euro. Si evidenziano progressioni nelle vendite di tutte le categorie, rispetto all anno precedente. Il prezzo medio si è aggirato intorno ai 3,7 euro/litro ed il 71% dell olio extra vergine è stato venduto in promozione. Gli oli bio e a denominazione mostrano un buon livello di vendite nella regione con livelli quasi equivalenti, con un prezzo medio maggiormente premiante per gli oli a denominazione, che, in generale, mostra una certa capacità di valorizzazione delle produzioni certificate. Per il 100% italiano, sono stai venduti 1,2 milioni di litri, con un valore corrispondente a 6 milioni di euro ed un posizionamento di prezzo superiore all extra vergine (5,42 /litro). AZIOni DI MIGLIORAMEn- TO DElla FIlIERA Punti di forza: significativa partecipazione del Lazio alla formazione della PLV olivicola nazionale; presenza di olivi di recente impianto in pianura o bassa collina, su terreni profondi e meccanizzabili, prevalentemente in zone litoranee. Punti di debolezza: eccessiva polverizzazione della struttura fondiaria; presenza di oliveti a sesti di impianto irregolari costituiti da piante vecchie con portamento squilibrato che mal si adeguano alla meccanizzazione; alti costi di produzione; scarsa diffusione del contoterzismo. Minacce: abbandono degli oliveti marginali di collina con conseguenze negative sull ambiente e sul paesaggio rurale. OPPORTUNITÀ e azioni DA conseguire mento delle capacità professionali degli addetti e la produzione di energia verde. Tali punti scaturiscono dai fabbisogni reali che oggi vive il settore e che le stesse istituzioni regionali hanno ben analizzato nella loro programmazione, così come di seguito: Concentrazione, integrazione e valorizzazione dell offerta: sostegno a progetti associativi per investimenti relativi alle operazioni di potatura e raccolta, di ammodernamento degli impianti di trasformazione e/o imbottigliamento, vendita diretta in azienda, differenziazione e promozione dei prodotti nei circuiti regionali di ristorazione e ospitalità turistica; Promozione della qualità delle produ- Il futuro del settore è nella salvaguardia del sistema produttivo attraverso la concentrazione e valorizzazione dell offerta, la promozione della qualità, il recupero dell olivicoltura marginale, il migliorazioni: potenziamento e razionale utilizzo delle leve di marketing territoriale, realizzazione di sistemi di tracciabilità e di progetti per la valorizzazione dei prodotti DOP; Salvaguardia dell olivicoltura collinare quale patrimonio ambientale e paesaggistico: limitazione dei fenomeni di degrado e recupero degli oliveti marginali; Miglioramento delle capacità professionali degli addetti: servizi di consulenza e assistenza tecnica per la razionalizzazione dei processi produttivi, attività di formazione specialistica; Produzione di energia verde : investimenti per l utilizzo della sansa e dei reflui agricoli. Per quel che riguarda le azioni sul campo si auspica un ulteriore potenziamento delle attività di assistenza tecnica, per quanto riguarda la lotta antiparassitaria, i piani di concimazione e la potatura. A quest ultimo riguardo, in particolare, le carenze di manodopera sono tali da rendere opportuni veri e propri corsi di qualificazione e aggiornamento professionale. Sul versante della trasformazione, un consistente progresso è già stato realizzato negli ultimi anni con l anticipo della raccolta e con il miglioramento dei sistemi e delle attrezzature di conservazione e trasporto delle olive raccolte. In sintesi, nell evidenziare i limiti e le potenzialità peculiari della filiera olivicola regionale, si individua nella valorizzazione della qualità, tuttora migliorabile sia nella fase produttiva primaria che nella fase di lavorazione, e nella riduzione di talune diseconomie, ma soprattutto nella garanzia dell origine e nell affermazione dell immagine, correlata ai valori territoriali, gli obiettivi da perseguire che possono trovare immediata applicazione nel programma di riorganizzazione che auspichiamo per il sistema olivicolo laziale.

26 NEWSLETTER LE filiere regionali: liguria Le caratteristiche STRUTTURALI della fase agricola La presenza dell ulivo permea il paesaggio ligure e la sua introduzione nella regione risale ad epoche molto antiche. Il clima, la sua collocazione geografica e l importante funzione di porto hanno determinato la diffusione della cultura olivicola in Liguria. L olivicoltura ligure si caratterizza per la presenza degli oliveti arrampicati sui crinali montuosi e su terrazzamenti strappati alla montagna e alla roccia. In regione si stimano circa ha di oliveti abbandonati. L olivo occupa il 40% della superficie coltivabile della Liguria. I dati sottostanti si riferiscono al 2013 e mostrano una superficie in produzione pari a circa ettari; i produttori sono circa Distribuzione provinciale della superficie e della produzione di olive (anno 2013) Fonte: ns. elaborazioni su dati Istat Imperia incide per il 40% della superficie coltivata, seguita da Genova, con il 38% e poi da Savona e La Spezia. La varietà più diffusa e rinomata è la Taggiasca, che prende il nome dall abbazia benedettina di Taggia. In regione è presente una Dop Olio Extra vergine l oliva Riviera Ligure, con tre menzioni geografiche aggiuntive: Riviera dei Fiori, Riviera del Ponente savonese, Riviera di Levante. Per il processo di trasformazione la Liguria può contare su circa 230 stabilimenti. Con riferimento alla campagna per la Liguria si segnala un livello produttivo che dovrebbe attestarsi intorno alle 3150 tonnellate, con una contrazione notevole, rispetto alla precedente campagna ascrivibile al 45%.

27 DATI di vendita (DI fonte IRI-inFOSCAn) I dati di vendita nella GDO (Iper + Super), relativi alla Liguria per il 2014, indicano che sono stati venduti circa 3,4 milioni di litri di extravergine, con un valore pari a circa 16milioni di euro, mostrando stabilità rispetto allo stesso periodo precedente. Il prezzo medio si è aggirato intorno ai 4,6 euro/ litro ed il 71% dell olio extra vergine è stato venduto in promozione. Gli oli bio e a denominazione mostrano un livello di vendite sicuramente più contenuto, con preferenza dell olio bio (60 mila litri). Per il 100% italiano, che nelle scelte del consumatore è praticamente assimilato all extravergine tout court, sono stai venduti 700 mila litri, con un valore corrispondente a circa 3,6 milioni di euro. I punti di debolezza sono ascrivibili soprattutto alla fase agricola e comprendono: alti costi di produzione, legati soprattutto alle caratteristiche strutturali dell olivicoltura ligure; la difficoltà di svolgere agevolmente tutte le operazioni colturali; la ridotta dimensione aziendale. L olivicoltura ligure, quindi, nonostante i margini di miglioramento, rappresenta un fiore all occhiello dell olivicoltura nazionale per le sue caratteristiche qualitative e per la capacità di valorizzare una regione sia dal punto di vista paesaggistico, sia per tutte le ricadute positive in termini sociali, economici ed etici. Passando ad evidenziare le peculiarità dell olivicoltura umbra, si possono enucleare i suoi punti di forza che comprendono: un importante connotazione di valenza paesaggistica; un elevata immagine legata all alto livello qualitativo delle produzioni; una forte competenza degli olivicoltori; una notevole valenza culturale dell olivicoltura.

28 NEWSLETTER le filiere regionali: lombardia Le caratteristiche STRUTTURALI della fase agricola La superficie investita ad olivo in Lombardia, secondo gli ultimi dati Istat (2013) è di ettari. Rispetto alla dimensione provinciale, si registra una differenziazione notevole tra le varie superfici ad olivo, con la provincia di Brescia che detiene l 88% degli investimenti, seguita a notevole distanza dalle restanti province, interessate in maniera marginale, alla coltura. Nel panorama dell olivicoltura nazionale l olivicoltura lombarda rappresenta una piccolissima nicchia di alta qualità, date le favorevoli condizioni climatiche dell area di produzione circoscritta in maniera significativa lungo le riviere del laghi Lombardi e del Garda. Qui si coltivano le varietà leccino, Distribuzione provinciale della superficie e della produzione di olive (anno 2013) Fonte: ns. elaborazioni su dati Istat pendolino, frantoio, casaliva, bresa, moraiolo. Grazie alle condizioni pedoclimatiche favorevoli e ad un patrimonio varietale ricco e diversificato, si producono oli pregiati, di alta qualità. Sono presenti sul territorio regionale due Denominazioni di origine: Garda, nelle province di Mantova e Brescia, e Laghi Lombardi nelle province di Brescia, Como, Lecco e Bergamo. La fase di trasformazione I dati previsionali per la campagna 2014/2015 mostrano per la regione una notevole contrazione rispetto ai livelli esitati nella campagna precedente (-30%). La produzione dovrebbe attestarsi intorno alle 541 tonnellate. La regione produce solo extravergine. Naturalmente, a Le ultime ricognizioni imporranno una revisione degli esiti produttivi, anche per la Lombardia.

29 DATI di vendita (DI fonte IRI-inFOSCAn) I dati di vendita nella GDO (Iper + Super), relativi alla Lombardia per il 2014, indicano che sono stati venduti circa 24 milioni di litri di extravergine, con un valore pari a 103 milioni di euro. Tale contesto mostra come i volumi di olio extra vergine che arrivano al consumatore attraverso la GDO rappresentano una quantità cospicua, rispetto alle altre regioni italiane. Tale situazione è in parte attribuibile ad una maggiore sensibilità ed erudizione del consumatore, oltre che alla fisiologica distanza dalle zone altamente produttive, dove trovano più spazio le forme di vendita diretta. Si evidenzia una contrazione delle vendite per il 100% italiano, rispetto all anno precedente. Il prezzo medio per l extra si è aggirato intorno ai 4,3 euro/litro ed il 72% dell olio extra ver- le prospettive di sviluppo produzioni sono per la quasi totalità DOP; forte domanda del prodotto collegata alla sua tipicità ed al flusso turistico. Tutto ciò comporta nei fatti l immissione del prodotto sul mercato a prezzi molto elevati. Bisogna quindi porre l attenzione sul riassetto produttivo attraverso uno sviluppo equilibrato che si ponga l obiettivo di salvaguardare il territorio. Essenzialmente si tratta di operare sul miglioramento delle tecniche colturali esistenti e sulla valorizzazione varietale. gine è stato venduto in promozione. Gli oli bio e a denominazione mostrano un livello di vendite più contenuto, ma che denota una certa valorizzazione delle produzioni certificate. Per il 100% italiano, che nelle scelte del consumatore è praticamente assimilato all extravergine tout court, sono stai venduti 3,3 milioni id litri, con un valore corrispondente a 19 milioni di euro. La realtà olivicola del Nord Italia, se comparata alla realtà nazionale rappresenta un segmento marginale rispetto alla produzione nazionale. La produzione della Lombardia gioca, invece, un ruolo di rilievo per quanto riguarda l aspetto qualitativo. Questo dato risulta ancora più significativo se si considera che le due DOP presenti in Regione ( Garda e Laghi Lombardi ) coprono la quasi totalità delle produzioni di olio. Ciò ha permesso all olivicoltura regionale un approccio differenziato al mercato che ha portato ad un posizionamento di nicchia di particolare pregio, consolidato nel corso degli anni. Tali peculiarità riguardano non solo il prodotto olio in quanto tale ma tutto il contesto ambientale, paesaggistico, sociale, culturale e turistico di cui questo prodotto è componente essenziale. La particolare valenza che l olivicoltura assume nel Nord Italia, quindi, fa sì che il settore sia connotato da problematiche ed esigenze diverse da quelle dell olivicoltura nazionale. In particolare l olivicoltura lombarda deve confrontarsi con problemi e contesti spesso opposti a quelli delle altre olivicolture regionali in Italia, quali: produzioni limitate; sbocchi di mercato certi in quanto le

30 NEWSLETTER le filiere regionali: marche Le caratteristiche STRUTTURALI della fase agricola Secondo l ultimo aggiornamento dell Istat, il comparto olivicolo nelle Marche misura una superficie investita pari a valore pari a circa ettari. Il 19% della superficie olivetata è coltivata con metodi di produzione biologica. Distribuzione provinciale della superficie e della produzione di olive (anno 2013) Fonte: ns. elaborazioni su dati Istat Rispetto alla dimensione provinciale, si registra una differenziazione abbastanza marcata tra le varie superfici ad olivo, con due Province, Ascoli e Macerata, più coinvolte nella coltura con il 31% e il 24%, seguite dalle province Ancona col 18%, Pesaro e Urbino con il 9% e Fermo con il 17%. Sono presenti in Regione due DOP, rispettivamente per l olio nella provincia di Pesaro e Urbino (Cartoceto) e per le olive da tavola nella provincia di Ascoli (Ascolana tenera). La fase di trasformazione La produzione di olio di oliva nelle Marche, per la campagna 2014/2015, secondo i dati previsionali, dovrebbe attestarsi intorno alle 1800 tonnellate, evidenziano una forte contrazione rispetto ai livelli raggiunti nella precedente campagna (-45%). La produzione dell olio extravergine d oliva Cartoceto DOP è ancora molto esigua a causa, essenzialmente, della ristrettezza dell areale. Si tratta di una produzione di nicchia, il cui valore aggiunto è molto elevato, per sviluppare la quale si potrebbe chiedere l ampliamento dell areale attraverso la modifica del disciplinare. I dati Agea, riferiti a giungo 2013, evidenziano 76 frantoi attivi.

31 DATI di vendita (DI fonte IRI-inFOSCAn) L analisi dei dati di vendita nella GDO (Iper + Super), relativi all anno terminante a settembre 2014, indica che nelle Marche sono stati venduti circa 4,8 milioni di litri di extra vergine, per un corrispondente valore di 18 milioni di euro, con una progressione sia in volume, sia in valore, rispetto al Il prezzo medio si è aggirato intorno ai 3,9 euro/litro ed il 73% dell olio extra vergine è stato venduto in promozione. Gli oli bio e a denominazione faticano ancora a trovare un segmento più ampio, all interno del mercato dell olio, collocandosi su livelli più alti di prezzo medio. Il 100% italiano, assimilato nelle dinamiche di scelta del consumatore, all extra vergine tout court mostra un prezzo medio di 5,41 euro/litro, con circa 464mila litri venduti, per un corrispondente valore di 2,5 milioni di euro. curezza e sostenibilità ambientale; razionalizzare e modernizzare le strutture di conservazione e trasformazione; informare i consumatori sulle caratteristiche qualitative dei prodotti. Per quanto riguarda l olivicoltura da mensa, il processo di valorizzazione nella Regione è stato avviato di recente con la costituzione della DOP Oliva ascolana tenera. L attività di certificazione, iniziata nel 2006, è al momento estremamente limitata. Il problema principale è rappresentato dalla scarsa disponibilità di materia prima che dipende dalla mancanza di oliveti specializzati e dall estrema frammentazione dell offerta. In realtà produttive marginali, come sono la maggior parte delle aziende produttrici di oliva ascolana tenera, anche costi di certificazione relativamente bassi, come quelli previsti dal regolamento dei controlli attualmente in vigore, vengono percepiti come troppo elevati. Per sviluppare tale prodotto pertanto occorrerebbe favorire l impianto di nuovi oliveti specializzati, fornire un sistema di tracciabilità che consenta di semplificare gli adempimenti a carico dei singoli aderenti alla filiera, intervenire sui costi della certificazione, favorire la costituzione di un consorzio AZIOni DI MIGLIORAMEn- TO DElla FIlIERA Il futuro della filiera olivicola marchigiana è nella razionalizzazione del sistema produttivo attraverso l adeguamento delle strutture, la concentrazione e valorizzazione dell offerta, l incremento della produzione di qualità, il miglioramento delle capacità professionali degli addetti. I fabbisogni sopra espressi derivano dalle esigenze reali che oggi vive il settore e che le stesse istituzioni regionali hanno analizzato nella loro programmazione. In sintesi gli interventi maggiormente richiesti dalla filiera olio nelle Marche sono rivolti a: adeguare le strutture aziendali ad un uso razionale dei mezzi tecnici da sviluppare ai fini della riduzione dei costi, dell incremento della qualità, sicurezza e della sostenibilità ambientale; incentivare l adesione delle aziende olivicole a sviluppare sistemi di certificazione della qualità; favorire una maggiore integrazione tra le diverse componenti della filiera; sviluppare adeguate competenze specialistiche attraverso l assistenza tecnica e la formazione; incentivare il recepimento di innovazioni di prodotto e di processo per adeguare il prodotto alle esigenze del mercato in termini di qualità, si- di tutela che svolga una concreta attività di animazione sul territorio tesa a sviluppare economicamente la DOP.

32 NEWSLETTER LE filiere regionali: molise Le caratteristiche STRUTTURALI della fase agricola La coltivazione dell olivo e la produzione di olio appartengono, a pieno titolo, al patrimonio storico e paesaggistico del Molise, tanto da caratterizzarne non solo la struttura produttiva, ma anche il paesaggio, ricco di oliveti anche di antichissimo impianto. L olivo è caratteristico di ampie zone vocate in provincia di Campobasso e nella piana di Venafro in provincia di Isernia, ma piantagioni si trovano anche nella zona litoranea marina e sulle dorsali montane dell Alto Molise. In regione è presente una DOP: Molise. I dati sottostanti si riferiscono al 2013 e mostrano una superficie in produzione pari a circa ettari; i frantoi sono circa 100. Distribuzione provinciale della superficie e della produzione di olive (anno 2013) Fonte: ns. elaborazioni su dati Istat La varietà più diffusa è la Gentile di Larino, seguita da Rosciola di Rotello, da Cellino e da altre varietà diffuse in tutto il Centro Italia. Con riferimento alla campagna per il Molise si segnala un livello produttivo che dovrebbe attestarsi intorno alle 4000 tonnellate, con una contrazione notevole, rispetto alla precedente campagna ascrivibile al 30%.

33 DATI di vendita (DI fonte IRI-inFOSCAn) L analisi dei dati di vendita nella GDO (Iper + Super), relativi al 2014, indica che in Abruzzo e Molise sono stati venduti circa 3,2 milioni di litri di extra vergine, per un corrispondente valore di 12 milioni di euro, con una progressione sia in volume, sia in valore, rispetto allo stesso periodo precedente. Il prezzo medio si è aggirato intorno ai 3,8 euro/litro ed il 69% dell olio extra vergine è stato venduto in promozione. Gli oli bio e a denominazione hanno uno spazio di mercato più limitato all interno del mercato dell olio, collocandosi su livelli più alti di prezzo medio. Il 100% italiano, nell anno, risulta posizionato su un livello di prezzo più alto (5,32 euro/litro). Sono stati venduti, nel periodo considerato, circa 171 mila litri di 100% italiano, per un valore corrispondente ad 900 mila euro. Passando ad evidenziare le peculiarità dell olivicoltura molisana, si può evidenziare: una maggiore attenzione nei confronti della qualità; una maggiore specializzazione delle aziende olivicole; una maggior integrazione verticale da parte delle aziende. L olivicoltura molisana, quindi, nonostante i margini di miglioramento, sembra aver intrapreso la strada della maggiore qualificazione favorevole ad un miglior posizionamento delle produzioni sul mercato.

34 NEWSLETTER le filiere regionali: piemonte A partire dal 2003 si osserva, in Piemonte, una forte spinta verso questa coltivazione anche di sicuro dovuto all attività di divulgazione che l Asspo ha condotto. Il numero di persone che possiedono olivi è notevolmente aumentato dal primo censimento passando da circa 590 a circa 900 olivicoltori di oggi. Il numero di piante vive censite è superiore alle unità, inferiore al numero potenziale a causa della moria verificatasi nell inverno 2008/09 e ai danni subiti nel Circa la metà degli olivicoltori è dislocata nella provincia di Torino (in particolare nel Canavese) seguita, con un margine di circa 10 punti percentuali, dalla provincia di Alessandria. La predominanza di olivicoltori in provincia di Torino è probabilmente attribuibile alla presenza di enti con sede sul territorio quali l Asspo e il Consorzio di tutela dell olio extra vergine di oliva Piemonte e Valle d Aosta. E possibile anche ipotizzare un cambiamento nel tempo della finalità di chi impianta olivi in Piemonte: si rileva infatti un trend verso la produzione a scopi commerciali. Dei 281 olivicoltori alessandrini poco meno della metà coltiva un numero di piante inferiore alle 20 unità (con valenza paesaggistica o per autoconsumo familiare) mentre 47 hanno in coltivazione un numero di piante superiore alle 100 unità con probabile scopo imprenditoriale. In provincia di Torino prevalgono impianti di dimensione media ( unità) indicando una probabile ottica di piccola produzione familiare. Ad oggi il maggior numero di piante coltivate per singola azienda è stato riscontrato in provincia di Torino (circa 3200 unità) segue una azienda della provincia di Cuneo (2800), una della provincia di Alessandria (2300) ed una di Asti (2000). Per quanto riguarda la scelta delle cultivar si continua ad osservare una preferenza per le cultivar Leccino, Frantoio e Pendolino (rilevate in tutte le aziende in numero variabile) accompagnata da una tendenza, negli ultimi due anni, alla scelta di cultivar che possano fornire oli con maggiore contenuto di polifenoli quali ad esempio Leccio del Corno, Grignan, e Bianchera. Anche le conoscenze tecniche sono aumentate: annualmente in Piemonte si svolgono una decina di incontri tecnici organizzati dalle associazioni o altri enti per l insegnamento delle corrette pratiche agronomiche. Errori di concimazione o di non corretta dislocazione degli impianti però sono ancora ricorrenti; per tale ragione sono sempre in programma corsi e giornate divulgative finalizzati sia agli operatori professioni che agli hobbisti. Le caratteristiche STRUTTURAli DELLA fase agricola L olivicoltura in Piemonte, come già detto, rappresenta una realtà di nicchia. Si estende su circa 55 ettari. Nel dettaglio provinciale si evidenzia come la provincia di Cuneo contribuisca con circa il 36% alla produzione regionale, seguita dalla provincia di Novara.

35 Distribuzione provinciale della superficie e della produzione di olive (anno 2013) Fonte: ns. elaborazioni su dati Istat DATI di vendita (DI fonte IRI-inFOSCAn) L analisi dei dati di vendita nella GDO (Iper + Super), relativi al 2014, indica che in Pimonte e Val d Aosta sono stati venduti circa 9 milioni di litri di extra vergine, per un corrispondente valore di 40 milioni di euro, con una situazione di stabilità per i volumi e di contrazione per i valori (-3%), rispetto al Il prezzo medio si è aggirato intorno ai 4,2 euro/litro ed il 73% dell olio extra vergine è stato venduto in promozione. Gli oli bio e a denominazione hanno uno spazio di mercato più limitato all interno del mercato dell olio, collocandosi su livelli più alti di prezzo medio. Il 100% italiano, nell anno, risulta posizionato su un livello di prezzo più alto (5,61 euro/litro). Sono stati venduti, nel periodo considerato, circa 1,2 milioni litri di 100% italiano, per un valore corrispondente a circa 7 milioni di euro.

36 NEWSLETTER le filiere regionali: PUGLIA Le caratteristiche STRUTTURALI della fase agricola La superficie investita ad olivo, secondo gli ultimi dati Istat (2013) è di ettari. Circa il 15% di tale superficie è coltivata con metodi di produzione biologica, rappresentando circa il 32% della superficie biologica a livello nazionale. Rispetto alla dimensione provinciale, la superficie investita è così ripartita: Bari 27%, Lecce 25%, Brindisi 17%, Foggia 13%, Taranto 9% e Barletta-Andria- Trani 9%. Distribuzione provinciale della superficie e della produzione di olive (anno 2013) Fonte: ns. elaborazioni su dati Istat Sono presenti in Regione cinque DOP, rispettivamente nelle province di Brindisi (Collina di Brindisi), Foggia (Dauno), Bari (Terra di Bari), Lecce, Taranto e Brindisi (Terre d Otranto), Taranto (Terre Tarantine). L olivicoltura pugliese è caratterizzata da una vasta gamma di varietà, si arriva a contarne circa 53. Sul territorio regionale sono presenti le varietà con maggiore consistenza in termini di superficie occupata. La principale è la Coratina che occupa una superficie di circa ettari (pari all 8% del totale nazionale), seguono in ordine di importanza l Ogliarola Salentina, la Cellina di Nardò e l Ogliarola Barese. Una realtà molto interessante, in considerazione dei positivi orientamenti mostrati dalla domanda in questi ultimi anni, è quella delle olive da mensa. In questo comparto, la Puglia riveste un ruolo importante, dal momento che copre mediamente circa il 20% della produzione nazionale. Le zone maggiormente vocate alla produzione di olive da mensa sono quelle delle province di Bari e Foggia. Nella provincia di Foggia è dominante la varietà Bella di Cerignola caratterizzata dalla Denominazione di origine protetta e diffusa in maniera particolare nel comprensorio del Comune di Cerignola, mentre nel Barese è diffusa la cv Sant Agostino in maniera particolare nei Comuni a nord della provincia. Da non trascurare altre varietà che seppure a duplice attitudine presentano una potenzialità alta da mensa interessante, anche in termini di qualità, come ad esempio la Peranzana e la Cellina di Nardò e altre cultivar locali. La fase di trasformazione Le previsioni di produzione elaborate per la campagna 2014/2015 indicano che il livello produttivo che la regione dovrebbe raggiungere è pari a circa tonnellate di olio, con una contrazione del 35%, rispetto alla campagna precedente. Per le tipologie di olio prodotto bisogna fare un distinguo fra le provincie; nelle provincie di Bari e Foggia prevale l extravergine, mentre nella zona regionale comprendente le province di Taranto, Brindisi e Lecce oltre una percentuale ancora alta, anche se in contrazione, della produzione risulta di categoria inferiore (vergine e lampante). In generale, i quantitativi medi di produzione annua nella Regione sono così

37 distinti: oli extravergine (40-45%), Oli vergini (30-35%) Oli lampanti (tra il 25% e il 30%). I dati Agea, riferiti a giugno 2013, indicano in Puglia 667 frantoi attivi. In Puglia, l industria della trasformazione ha indubbiamente avuto un miglioramento generale in termini di ammodernamento e razionalizzazione degli impianti di trasformazione, ma subisce ancora alcuni ritardi e criticità legate alla frammentazione che la caratterizza e alle debolezze organizzativa e di coordinamento. AZIOni DI MIGLIORAMEn- TO DElla FIlIERA alla presenza di più DOP all interno di un areale relativamente delimitato. Questi punti di forza sono ulteriormente supportati dall esperienza acquisita nella formulazione di miscele che meglio rispondono alle esigenze del consumatore moderno, oltre alle tecnologie innovative che sono sempre più utilizzate. In sintesi, le azioni di miglioramento della filiera olivicola sono ascrivibili al DATI di vendita (DI fonte IRI-inFOSCAn) I dati di vendita nella GDO (Iper + Super), relativi alla Puglia per il 2014, indicano che sono stati venduti circa 2,8 milioni di litri di extravergine, con un valore pari a circa 10 milioni di euro, con una progressione del 13% rispetto allo stesso periodo precedente. Il prezzo medio si è aggirato intorno ai 3,6 euro/litro ed il 63% dell olio extra vergine è stato venduto in promozione. Gli oli bio e a denominazione mostrano un livello di vendite sicuramente più contenuto, con una maggiore affermazione delle produzioni a denominazione. Per il 100% italiano, che nelle scelte del consumatore è praticamente assimilato all extravergine tout court, sono stai venduti 511mila litri, con un valore corrispondente a circa 2,1 milioni di euro. Punti di forza: presenza d ampie aree vocate alla produzione d oli di qualità; elevate possibilità di differenziazione dell offerta, grazie alla presenza di diverse olivicolture; notevole valore storico, sociale e paesaggistico della coltura che può dare un forte contributo allo sviluppo del turismo rurale; disponibilità d innovazioni di prodotto e di processo; ampio bacino d approvvigionamento; qualità professionali ed elevata capacità produttiva nella fase di trasformazione. Punti di debolezza: ridotta dimensione delle aziende; oliveti secolari e scarse possibilità d irrigazione; variabilità della produzione, specie nel bacino centro-meridionale della regione; ruolo poco pregnante delle cooperative e dei consorzi nella commercializzazione. Opportunità e azioni da conseguire Le opportunità di espansione che la filiera olivicola-olearia pugliese è in grado di esprimere sono supportate nel particolare dalla presenza di aree vocate alla produzione di alta qualità, la possibilità di differenziare l offerta grazie alla presenza di un rilevante numero di varietà autoctone, oltre miglioramento della qualità della materia prima, al miglioramento dell assistenza tecnica, al miglioramento delle condizioni di raccolta, del magazzinaggio e della trasformazione per l ottenimento di maggiore qualità, alla valorizzazione dei residui della lavorazione delle olive.

38 NEWSLETTER le filiere regionali: SARDEGNA Le caratteristiche STRUTTURALI della fase agricola La coltivazione dell olivo in Sardegna, tradizionalmente diffusa in tutto il territorio regionale, assume un contenuto fortemente multifunzionale con riferimento al prodotto (qualità e sicurezza alimentare) ed al ruolo che svolge come componente essenziale del paesaggio e per la difesa dell ambiente. La superficie investita ad olivo in Sardegna, secondo gli ultimi dati Istat (2013) è di circa ettari. Circa il 12% di tale superficie è coltivata con metodi di produzione biologica. Rispetto alla ripartizione provinciale delle superfici investite, si registra una situazione abbastanza omogenea, con Cagliari con il 26%, Sassari con il 23%; segue la provincia di Oristano con il 16%. Residuale l importanza delle altre province. Distribuzione provinciale della superficie e della produzione di olive (anno 2013) Fonte: ns. elaborazioni su dati Istat Il patrimonio olivicolo sardo è caratterizzato da una dimensione aziendale di scarso livello: la superficie media è inferiore ad un ettaro, mentre oltre il 50% delle aziende ha una dimensione inferiore ai due ettari e appena il 13% possiede una superficie maggiore di 10 ettari. Dal punto di vista varietale sono presenti una larga gamma di cultivar ed ecotipi, spesso diffusi in areali limitati, da tutelare per preservare la biodiversità e il germoplasma. Una larga parte di queste cultivar sono presenti nelle specifiche della Dop Sardegna : la bosana, la Tonda di Cagliari, la Nera di Villacidro, la Semidana, etc. La fase di trasformazione Per la campagna produttiva 2014/2015 i dati previsionali indicano che la Sardegna dovrebbe esitare un livello produttivo pari a circa 5876 tonnellate, con un aumento del 30%, rispetto all annata precedente, in controtendenza rispetto all andamento nazionale e della maggior parte delle regioni italiane. Ad oggi, la gran parte dei frantoi dell isola adotta il sistema di lavorazione a ciclo continuo, abbandonando di fatto il sistema tradizionale che nel passato non ha permesso quel salto di qualità che l olivicoltura sarda ha pienamente raggiunto in questi ultimi anni, producendo oli di pregio e premiati dal mercato. La produzione di olive da mensa negli ultimi anni è aumentata, la varietà maggiormente coltivata è la Tonda di Cagliari a duplice attitudine. Sono presenti imprese di lavorazione delle olive da mensa prevalentemente localizzate nella Provincia di Cagliari.

39 DATI di vendita (DI fonte IRI-inFOSCAn) In Sardegna, nel 2014, sono stati venduti nella GDO (Iper + Super), 4,6 milioni di extravergine per un valore di circa 18 milioni di euro. Si evidenzia una progressione delle vendite di tutte le categorie analizzate, tranne che per il 100% italiano, rispetto all anno precedente. Il prezzo medio, per l extra, si è aggirato intorno ai 3,8 euro/ litro ed il 73% dell olio extra vergine è stato venduto in promozione. Gli oli bio e a denominazione mostrano un livello di vendite inferiore, con una maggiore quota per i Dop/igp ed una loro maggiore valorizzazione. In Sardegna sono stati venduti 632 mila litri di 100% italiano, con un corrispondente valore pari a 3,5 milioni di euro. Nella Regione si evidenzia una certa eterogeneità del comparto olivicolo: da una parte, le aree produttive marginali a rischio di abbandono, caratterizzate da imprese con redditi insufficienti a remunerare i fattori produttivi; dall altra le aree dove in tempi relativamente recenti sono stati realizzati impianti razionali, caratterizzate dalla dinamicità di aziende professionali che, in forma singola o associata, commercializzano il prodotto confezionato e si presentano con nuovi prodotti sul mercato. Interventi a favore dell olivicoltura nel territorio assumono, quindi, una duplice valenza: nelle aree marginali possono essere leva dello sviluppo socio economico, nelle aree di olivicoltura evoluta proseguire sulla strada già adottata a livello regionale riguardo le strategie di valorizzazione del prodotto che hanno permesso di conseguire la DOP territoriale. In generale il comparto deve sfruttare l opportunità legata all elevato valore ambientale, paesaggistico e culturale della coltivazione dell olivo e dell attenzione dei consumatori alla qualità ed agli aspetti salutistici dei prodotti alimentari ed alla provenienza territoriale. Per l ulteriore valorizzazione del comparto dovranno essere sviluppate azioni orientate a potenziare l integrazione di filiera e la valorizzazione delle produzioni. OPPORTUNITÀ e AZIOni DA COnSEGUIRE AZIOni DI MIGLIORAMEn- TO DElla FIlIERA Punti di forza: introduzione di nuove varietà, adozione di pratiche colturali innovative e razionali che hanno favorito un miglioramento della qualità del prodotto; adesione crescente ai sistemi di coltivazione sostenibili; funzione paesaggistica e culturale. Punti di debolezza: elevata incidenza dei costi di gestione; redditi insufficienti; scarso ricambio generazionale; abbandono dell attività in aree produttive marginali. Dall analisi della realtà olivicola regionale emergono esigenze legate principalmente al conseguimento delle seguenti azioni: potenziamento delle infrastrutture a servizio delle aziende olivicole (gestione idrica, energia, ecc.) al fine di ridurre il rischio di abbandono e di diminuire l impatto dei costi di produzione sui redditi; reimpianti a tutela della biodiversità e del germoplasma olivicolo sardo caratterizzato da notevole varietà di cultivar ed ecotipi, spesso diffusi in areali limitati; opere di miglioramento fondiario, reimpianti e sistemazioni a salvaguardia del ruolo fortemente multifunzionale della coltivazione dell olivo; investimenti strutturali finalizzati all adozione di varietà, tecniche di impianto e di allevamento, di pratiche colturali di concimazione, irrigazione di soccorso, difesa che, migliorando la qualità del prodotto, salvaguardino l ambiente e il paesaggio; riduzione dei consumi energetici, produzione e utilizzo di energia da fonti alternative; formazione e assistenza tecnica alle aziende; aggregazione dell offerta e integrazione di filiera.

40 NEWSLETTER le filiere regionali: SICILIA il contesto di riferimento La Sicilia esprime un patrimonio varietale olivicolo complesso, favorito dalla compresenza di ambienti pedo-climatici diversificati a seconda dei singoli areali produttivi. Nell isola, secondo gli ultimi dati ISTAT, la superficie destinata alla coltivazione dell olivo di estende per circa 156 mila ettari. Rispetto alla dimensione provinciale, dai dati a disposizione si evince che il 60% della superficie olivetata ricade nelle province di Palermo, Trapani, Messina, Agrigento ed Enna. L olivicoltura siciliana è caratterizzata da un elevata polverizzazione, testimoniata valorizzazione del prodotto, soprattutto in termini di tipicità. Negli ultimi anni il comparto dell olivicoltura biologica, in particolare per quanto riguarda quella Distribuzione provinciale della superficie e della produzione di olive (anno 2013) Fonte: ns. elaborazioni su dati Istat dal fatto che quasi il 70% delle aziende insiste su una superficie minore di due ettari. Tale fenomeno si fa più accentuato nelle province di Messina, Catania e Palermo. Solo il 6,2% delle aziende olivicole isolane possono contare su superfici olivetate superiori ai 10 ettari. Tali realtà produttive risultano maggiormente concentrate nelle province di Enna e Ragusa. La distribuzione altimetrica della coltura in Sicilia vede prevalere gli oliveti collinari pari al 65% del totale, mentre in montagna e pianura si rilevano rispettivamente il 17 e il 18% degli impianti. La ricchezza dell olivicoltura siciliana è attestata dalle numerose varietà presenti: Cerasuola, Nocellara del Belice e Biancolilla, nella Sicilia occidentale; Moresca, Tonda Iblea e Nocellara Etnea, nella Sicilia orientale. Tale patrimonio varietale rappresenta un opportunità per la da olio, ha avuto una notevole espansione, sia per numero di operatori e di aziende, sia per l incremento delle superfici, sia per quanto riguarda l affermazione dei prodotti sui mercati. In Sicilia l importanza del comparto è rilevante sia in valori assoluti che in relazione allo scenario nazionale: la superficie, tra biologico e conversione, supera i ettari e rappresenta il 14% delle superfici a biologico, rispetto al totale nazionale. La Sicilia conta ben sei denominazioni di origine protetta (DOP) per la produzione di olio: Monte Etna, Monti Iblei, Val di Mazara, Valdemone, Valle del Belice, Valli Trapanesi. Una realtà molto interessante, in considerazione dei positivi orientamenti mostrati dalla domanda in questi ultimi anni, è quella delle olive da mensa. In questo comparto, la Sicilia riveste un ruolo fondamentale. Le zone maggiormente vocate alla produzione di olive da mensa sono quelle di Trapani, Siracusa e Catania. Nella provincia di Trapani, nei comuni di Castelvetrano, Campobello di Mazara e Partanna - è dominante la varietà della Nocellara del Belice, la cui produzione rappresenta circa il 70% della produzione regionale complessiva. Nelle province di Ragusa, Catania e Siracusa, sono diffuse le varietà Nocellara Etnea e Tonda Iblea. Le produzioni si differenziano a seconda delle lavorazioni delle olive verdi e nere. Tra le tipologie di prodotto più importanti si citano le olive schiacciate, olive denocciolate, olive condite e/o aromatizzate, olive sott olio e olive affettate. Relativamente ai metodi di lavorazione, i sistemi più diffusi sono alla Castelvetrano (dolcificata), al Naturale e alla Sivigliana. Per la produzione di olive da mensa, sul territorio isolano, risulta presente una DOP, la Oliva Nocellara del Belice, ed una IGP in corso di riconoscimento (Oliva Giarraffa di Giuliana). La fase di trasformazione Per la campagna 2014/2015 le previsioni di produzione evidenziano per la regione un livello produttivo che dovrebbe attestarsi intorno alle tonnellate, segnando una contrazione del 22% rispetto ai livelli produttivi esitati nella precedente campagna. I frantoi attivi, secondo dati Agea riferiti a giungo 2013 sono pari a 510.

41 DATI di vendita (DI fonte IRI-inFOSCAn) I dati di vendita nella GDO (Iper + Super), relativi alla Sicilia per il 2014, indicano che sono stati venduti circa 6,2 milioni di litri di extravergine, con un valore pari a 22 milioni di euro. Si evidenzia una progressione delle vendite per extra vergine e bio ed una flessione per gli oli a denominazione e per il 100% italiano. Il prezzo medio si è aggirato intorno ai 3,6 euro/litro per l extra vergine ed il 65% dell olio extra vergine è stato venduto in promozione. Gli oli bio e a denominazione mostrano un livello di vendite sicuramente più contenuto, con un prezzo più premiante. Per il 100% italiano, che nelle scelte del consumatore è praticamente assimilato all extravergine tout court, sono stai venduti litri, con un valore corrispondente a 1,3 milioni di euro. Punti di forza: presenza di aree vocate; valore multifunzionale dell olivicoltura; elevata composizione varietale; notevole valore ambientale e paesaggistico; produzioni di qualità (biologiche, DOP ecc.); elevata produzione di extravergine; ampia base di approvvigionamento del prodotto; elevata potenzialità di differenziazione delle produzioni; localizzazione dei frantoi nelle aree vocate. OPPORTUNITÀ e AZIOni DA COnSEGUIRE Produzione agricola favorire il miglioramento della qualità delle produzioni da realizzarsi attraverso il ricorso ad impianti di irrigazione anche per le coltivazioni destinate alla produzione olearia e mediante il reinnesto degli impianti utilizzando specie autoctone; valorizzare le peculiarità delle produzioni e affermare la valenza multifunzionale dell olivicoltura; migliorare l imprenditorialità degli olivicoltori, incentivarne il ringiovanimento e ridurre la polverizzazione dell offerta attraverso il ricorso all associazionismo. Trasformaz. e commercializzazione incentivare gli accordi verticali di filiera tra i produttori (singoli ed associati) e le aziende confezionatrici sino alla GDO in modo da evitare il ricorso AZIOni DI MIGLIORAMEn- TO DElla FIlIERA Punti di debolezza: elevata polverizzazione della base aziendale; elevati costi medi di produzione; scarsa meccanizzazione delle operazioni colturali; difficoltà di reperimento di manodopera specializzata; mancato ricambio generazionale e contenuto livello di imprenditorialità; forti oscillazioni delle produzioni in termini qualitativi e quantitativi; scarsa concentrazione dell offerta; modeste quantità di prodotto imbottigliato; scarsa integrazione verticale tra la fase della produzione e quella della trasformazione e commercializzazione; limitata capacità di lavoraz. e stoccaggio delle imprese di trasformazione; Le minacce sono essenzialmente rappresentate dall ingresso di produzioni importate di bassa qualità, dall abbandono degli oliveti, soprattutto nelle aree marginali. a incettatori, grossisti o miscelatori; mettere in atto opportune strategie di promozione e commercializzazione stimolando la sensibilità dei consumatori nei riguardi delle produzioni di olio di qualità (Tracciato, Biologico, DOP ecc.); favorire l introduz. di sistemi di qualità, tracciabilità e gestione ambientale; realizzare interventi di ammodernamento strutturale e tecnologico delle imprese anche allo scopo di aumentarne le capacità di lavorazione, stoccaggio ed imbottigliamento; valorizzazione delle sanse e delle acque di vegetazione per usi energetici.

42 NEWSLETTER le filiere regionali: TOSCANA Le caratteristiche STRUTTURALI della fase agricola La coltivazione è presente su circa ha di superficie. L olivo occupa le aree collinari comprese tra i 100 e 300 m s.l.m. nel 68% dei casi, il 24% è coltivato in zone orografiche più elevate, fino a 550 m s.l.m., il rimanente 8% si trova in territori di pianura prossimi anche alla fascia costiera. Il 14% della superficie coltivata da olivo è gestita con metodi di produzione biologica. Rispetto alla dimensione provinciale, si registra una differenziazione tra le varie superfici investite ad olivo. La provincia di Firenze ha una quota del Distribuzione provinciale della superficie e della produzione di olive (anno 2013) Fonte: ns. elaborazioni su dati Istat 23% delle superfici, seguita da Grosseto con Il 20%, da Siena con il 17% e da Arezzo con il 12%. Seguono le atre province. In Toscana, la produzione si articola in zone distinte e vocate per clima, natura del terreno, esposizione, da cui provengono prodotti peculiari per le loro caratteristiche di qualità. Ciò ha permesso la nascita sul territorio regionale di tre Denominazioni di origine: Chianti Classico nelle provincie di Siena e Firenze, Lucca nella provincia di Lucca, Terre di Siena in provincia di Siena e dell Igp Toscano che valorizza attraverso le varie menzioni la ricchezza del patrimonio varietale regionale. La fase di trasformazione La Toscana, per la campagna produttiva 2014/2015, dovrebbe produrre circa tonnellate di olio, evidenziando una contrazione del 45% rispetto alla campagna precedente. La tipologia prevalentemente prodotta dalla regione è l extravergine. La gran parte degli impianti di trasformazione adottano la tecnologia a ciclo continuo.

43 DATI di vendita (DI fonte IRI-inFOSCAn) I dati di vendita nella GDO (Iper + Super), relativi alla Toscana, per il 2014, indicano che sono stati venduti circa 15 milioni di litri di extravergine, con un valore pari a circa 61 milioni di euro, con una contrazione del 3% rispetto al Il prezzo medio si è aggirato intorno ai 4 euro/litro ed il 50% dell olio extra vergine è stato venduto in promozione. Gli oli bio e a denominazione mostrano un livello di vendite sicuramente più contenuto, con un prezzo medio che valorizza maggiormente le produzioni con denominazione. Per il 100% italiano, che nelle scelte del consumatore è praticamente assimilato all extravergine tout court, sono stai venduti 5 milioni litri, con un valore corrispondente a circa 23milioni di euro. finito; mantenere un elevato livello di ricerca e sperimentazione per garantire il miglioramento continuo delle tecniche produttive; incrementare il numero di aderenti a sistemi di qualità; favorire la coltivazione delle cultivar minori tipiche dei territori; mantenere l olivicoltura marginale, caratterizzata dai terrazzamenti, per le sue valenze paesaggistiche e ambientali; favorire il riuso degli scarti delle potature per il risparmio energetico; ridurre l inquinamento mediante un uso razionale dei fitofarmaci grazie ad azioni di monitoraggio; AZIOni DI MIGLIORAMEn- TO DElla FIlIERA favorire la realizzazione di nuovi impianti di coltivazione più razionali anche al fine di contenere i costi di produzione; favorire investimenti volti alla riduzione dei costi di produzione anche attraverso una maggiore meccanizzazione delle operazioni di potatura e di raccolta; sostenere il miglioramento tecnologico nelle fasi di trasformazione per migliorare la qualità del prodotto

44 NEWSLETTER le filiere regionali: umbria Le caratteristiche STRUTTURALI della fase agricola L Umbria può essere considerata una delle aree olivicole più interessanti del Paese, sia per l alto livello qualitativo delle produzioni, sia per la stretta correlazione esistente con il tessuto economico-sociale e con i risvolti etici ed ambientali. L olivicoltura umbra si caratterizza per essere rimasta ai margini dei processi di intensificazione colturale che hanno caratterizzato l agricoltura negli ultimi decenni. Questo da una parte ha contribuito a rendere sempre più difficili e costose le operazioni di raccolta, dall altra ha consentito il mantenimento del fascino e della forza della pianta secolare. I dati sottostanti si riferiscono al 2013 e mostrano una superficie in produzione pari a circa ettari; i produttori sono circa e le piante 7,5 milioni. Distribuzione provinciale della superficie e della produzione di olive (anno 2013) Fonte: ns. elaborazioni su dati Istat Per il processo di trasformazione l Umbria può contare su circa 270 stabilimenti di cui circa il 70% anche confezionatori, mentre la restante parte è artigianale o industriale. Con riferimento alla campagna per l Umbria si segnala un livello produttivo che dovrebbe attestarsi intorno alle 3152 tonnellate, con una contrazione notevole, rispetto alla precedente campagna ascrivibile al 45%. In Umbria è presente una dop (Umbria), che prevede 5 sottozone, alle quali corrispondono altrettante menzioni geografiche aggiuntive, ossia denominazioni relative alle sottozone geografiche in cui l extravergine è prodotto. Le sottozone sono: Colli Assisi Spoleto Colli Martani Colli Amerini Colli del Trasimeno Colli Orvietani La dop è in grado di valorizzare ulteriormente un olivicoltura già fortemente connotata come di qualità.

45 DATI di vendita (DI fonte IRI-inFOSCAn) I dati di vendita nella GDO (Iper + Super), relativi all Umbria per l anno terminante a settembre 2014, indicano che sono stati venduti circa 2,6 milioni di litri di extravergine, con un valore pari a circa 9,8milioni di euro, con una progressione del 4,5% rispetto al Il prezzo medio si è aggirato intorno ai 3,8 euro/litro ed il 78% dell olio extra vergine è stato venduto in promozione. Gli oli bio e a denominazione mostrano un livello di vendite sicuramente più contenuto, con un prezzo medio che valorizza maggiormente gli oli a denominazione. Per il 100% italiano, che nelle scelte del consumatore è praticamente assimilato all extravergine tout court, sono stai venduti 175 mila litri, con un valore corrispondente a circa 1 milione di euro. I punti di debolezza sono ascrivibili soprattutto alla fase agricola e comprendono: alti costi di produzione, legati soprattutto alle caratteristiche strutturali dell olivicoltura umbra; la difficoltà di svolgere agevolmente tutte le operazioni colturali; la ridotta dimensione aziendale. L olivicoltura umbra, quindi, nonostante i margini di miglioramento, rappresenta un fiore all occhiello dell olivicoltura nazionale per le sue caratteristiche qualitative e per la capacità di valorizzare una regione sia dal punto di vista paesaggistico, sia per tutte le ricadute positive in termini sociali, economici ed etici. AZIOni DI MIGLIORAMEn- TO DElla FIlIERA Passando ad evidenziare le peculiarità dell olivicoltura umbra, si possono enucleare i suoi punti di forza che comprendono: un importante connotazione di valenza paesaggistica; un elevata immagine legata all alto livello qualitativo delle produzioni; una forte competenza degli olivicoltori; una notevole valenza culturale dell olivicoltura.

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