INTRODUZIONE E SCOPO DELLA TESI

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1 CAPITOLO 1 INTRODUZIONE E SCOPO DELLA TESI 1.1 Introduzione L interesse corrente legato ai biopolimeri (BP), cioè ai polimeri biodegradabili e/o provenienti da fonti rinnovabili, riguarda ormai la maggior parte delle nazioni del nostro pianeta e trae origine dalla volontà di porre un freno al degrado ambientale terrestre. Questo cambiamento che sta lentamente prendendo piede, si manifesta non solo ai produttori, ai trasformatori e ai fornitori di materia prima, bensì anche ai consumatori. Nella sola Europa (soprattutto Gran Bretagna, Francia, Paesi Bassi, Germania, Italia) un esempio su tutti riguarda i sacchi: le classiche sporte di plastica sono sostituite sempre più spesso, o verranno per legge sostituite a partire dai prossimi anni, da sacchetti per la spesa realizzati in materiale biodegradabile. Uno dei maggiori ostacoli all uso diffuso delle bioplastiche è rappresentato dagli elevati costi legati alla produzione. Oggi il mercato dei biopolimeri è un mercato di nicchia, principalmente ristretto al mercato dell imballaggio e dell agricoltura e può essere valutato attorno allo % del consumo totale delle materie plastiche [1]. L European Bioplastics Association (che è l associazione europea che rappresenta la manifattura industriale e i consumatori di bioplastiche e polimeri biodegradabili [2]) stima che la capacità di produzione globale delle bioplastiche aumenterà dalle circa ton del 2007 a ton previste per il Nella Fig. 1.1 sono diagrammate tali previsioni, evidenziando i contributi delle tre tipologie a cui si riconducono tutti i biopolimeri: polimeri di origine sintetica e biodegradabili polimeri provenienti da fonti rinnovabili (polimeri biochimici) non biodegradabili polimeri provenienti da fonti rinnovabili e biodegradabili [3]. 1

2 A tal proposito è opportuno introdurre il concetto di biopolimero. Secondo la European Bioplastics Association: sono biopolimeri i Polimeri biodegradabili (provenienti sia da fonte rinnovabile che fossile) con biodegradabilità approvata secondo norma EN 13432, sono biopolimeri i polimeri (sia biodegradabili che non biodegradabili) ottenuti da materie prime rinnovabili [2]. Fig. 1.1 Capacità di produzione totale presente e futura di bioplastiche (fonte: European Bioplastics). Questo incremento produttivo porterà i biopolimeri a competere in modo diretto con le plastiche tradizionali come polietilentereftalato (PET), acrilonitrile-butadienestirene (ABS), polistirene (PS) etc [3]. Tradizionalmente, i fattori che condizionano lo sviluppo della tecnologia dei biopolimeri possono essere ricondotti ai costi dei nuovi materiali, maggiori dei costi 2

3 delle plastiche tradizionali ricavate dal petrolio [4], al supporto legislativo, alla disponibilità di materia prima proveniente da aree agricole o da biomasse e alla necessità dello smaltimento tramite compostaggio [5]. Lo sviluppo biopolimeri potrebbe essere agevolato da una tassazione maggiore per i prodotti ad alto impatto ambientale o da una tassazione ridotta per i materiali con un impatto ambientale più favorevole. Oggi le leggi emesse riguardano principalmente i materiali per imballaggio. Molti paesi sia europei sia extraeuropei stanno seguendo questa linea. Riguardo ai costi il problema basilare risiede principalmente nella mancanza di un economia di scala di cui beneficia la produzione di massa, ciò rende poco competitivi i biopolimeri dal punto di vista economico [4, 5]. Per fare fronte a ciò, accanto alle continue ricerche per migliorare i processi e ridurre i costi, si sta sviluppando la tendenza a stringere accordi tra industrie produttrici di polimeri ed industrie agricole per produrre biopolimeri o biomonomeri a prezzi competitivi [4, 5]. In questo modo potrebbe risolversi almeno in parte anche l annoso problema della disponibilità della materia prima. Ad oggi non esistono colture dedicate alla produzione di BP, così la materia prima viene reperita in base al prezzo più basso e non sulla base di pluriennali accordi di una filiera agro-industriale. Inoltre, nel settore dei biopolimeri si stanno compiendo ricerche e sperimentazioni per cercare fonti alternative di materia prima. Ad esempio, a Bologna è stata creata la Bio On, che ha l obiettivo di produrre biopolimeri, partendo da sottoprodotti di altri processi industriali (melassa e sughi densi di canna da zucchero e barbabietole). È stato programmato un impianto da ton/anno la cui partenza è prevista per il La Rodenburg sta cercando di ottenere amido da scarti di lavorazione delle french fries. Anche Potatopak recupera l amido dall acqua di scarto nel processo di produzione delle patate fritte. Il futuro del mercato dei biopolimeri dipenderà, quindi, sia dalle politiche di sviluppo che verranno attuate, sia dall importanza che i consumatori daranno ai prodotti ecocompatibili [6]. Recentemente si è registrato un notevole cambiamento nelle linee di sviluppo dei biopolimeri. Ci si è resi conto che i tradizionali fattori che erano stati alla base della ricerca e dell innovazione quali prezzi più competitivi, supporto politico e legislativo, 3

4 norme su degradabilità/compostabilità, disponibilità ed ottimizzazione dei processi di compostaggio, non sono sufficienti per permettere ai biopolimeri di uscire da un settore di nicchia ed avere un futuro importante dal punto di vista industriale. Per raggiungere questo obbiettivo è necessario ottimizzare le caratteristiche dei biopolimeri per renderli idonei ad applicazioni più critiche e per estenderne l uso anche ad altri settori applicativi quali i beni durevoli e le applicazioni ingegneristiche (settori trasporto, elettrico, elettronico ecc.) [2]. Lo sviluppo del mercato dei biopolimeri è legato, principalmente, a due fattori: Alla prevista ottimizzazione delle caratteristiche dei biopolimeri per specifiche applicazioni ed al conseguente loro sviluppo. Alla messa a punto di tecniche di riciclo che consentano un prolungamento della vita utile dei biopolimeri, rispetto al compostaggio [2]. Sulla base di questi concetti sono state sviluppate due importanti linee di ricerca: 1. sviluppo formulativo che consenta l ottimizzazione di biopolimeri per specifiche applicazioni, in linea con quanto è avvenuto con i polimeri tradizionali. Questo obiettivo richiede a sua volta lo studio e lo sviluppo di additivi e agenti rinforzanti da fonte naturale che possano essere incorporati nei biopolimeri. 2. lo sviluppo di biomonomeri per la produzione di polimeri tradizionali. Riguardo al punto 2. vi è la tendenza del mercato di utilizzare biopolimeri provenienti da monomeri ottenuti da risorse rinnovabili, anche se non biodegradabili. A seguito di questa tendenza molte società sono attive con l obiettivo di realizzare polimeri, fino ad oggi ottenuti da risorse fossili, utilizzando risorse rinnovabili. Il vantaggio, rispetto agli altri biopolimeri, è che i prodotti ottenuti possono sostituire gli analoghi materiali tradizionali già presenti sul mercato. Ecco alcuni esempi: - Rohm and Haas: monomeri metacrilici da bioetanolo (PMMA per lastre, rivestimenti, vernici). - Cargyll: acido acrilico da acido 3-idrossipropionico (3HPA) ottenuto da fermentazione di zuccheri (per la produzione di fibre, materie plastiche, vernici). - Braskem: etilene da canna da zucchero (impianto da t/anno previsto per la fine del 2009). 4

5 - Solvay: etilene da etanolo in Brasile per la produzione di bio-pvc (Previsto impianto da t/anno). L utilizzo degli additivi si prefigge invece lo scopo di migliorare determinate funzionalità dei biopolimeri già esistenti [3]. Ormai diverse aziende stanno operando ed offrendo prodotti di tal genere sul mercato. Ad esempio Polyone offre masterbatches di coloranti, plastificanti e molto altro per biopolimeri e in particolare offre additivi specifici per il PLA (acido polilattico) come ad esempio modificatori d impatto, additivi antiuv, agenti antistatici etc Sukano offre masterbatches di differenti colori, agenti antistatici, anti UV, modificatori di impatto, agenti nucleanti e molto altro, principalmente per PLA. Ed ancora altre compagnie come Du Pont (che presenta una vasta gamma di prodotti per migliorare la tenacità e la resistenza termica), Arkema (produttrice di modificatori d impatto), Polnox corp. (che produce antiossidanti per PLA) e molte altre aziende, non menzionate per brevità, producono bioadditivi per biopolimeri [2]. Nell ottica di uno sviluppo formulativo finalizzato a rendere i biopolimeri idonei ad utilizzi in nuovi settori applicativi, è sicuramente interessante indagare l effetto prodotto da additivi che ne aumentino le caratteristiche prestazionali, mettendo magari a confronto additivi diversi ma appartenenti ad una stessa tipologia (ad esempio additivi antiurtizzanti), esaminando anche come il tipo di lavorazione a cui viene sottoposto il biopolimero additivato influisce sulle prestazioni del prodotto. 1.2 Scopo della tesi Il presente lavoro di tesi si propone di caratterizzare il comportamento meccanico, reologico, igroscopico e morfologico del PLA Natureworks 3001D additivato con due differenti modificatori d impatto: Polyone CC BG e Sukano PLA im S550. La caratterizzazione sarà effettuata facendo variare la percentuale degli additivi, preparando quindi varie miscele, e sottoponendo le miscele a varie lavorazioni. Le miscele verranno realizzate con l ausilio di diverse apparecchiature di lavorazione, quali estrusore bivite controrotante, estrusore bivite corotante, estrusore monovite, pressa a iniezione. 5

6 Sui materiali ottenuti sarà effettuata una caratterizzazione meccanica (tramite prove di trazione, flessione e impatto), termomeccanica (tramite prove di distorsione termica, HDT), reologica (determinazione del Melt Flow Index e determinazione delle curve di flusso in viscosimetro capillare e in viscosimetro rotazionale a piatti piani paralleli) e igroscopica (mediante test di assorbimento ed immersione). I dati saranno analizzati ed elaborati caratterizzando in prima istanza un campione di acido polilattico e in un secondo momento analizzando l effetto che l aggiunta e la variazione percentuale dei modificatori d impatto sortisce sulle proprietà dei materiali via via ottenuti. Verranno inoltre confrontati i dati relativi alle diverse lavorazioni a cui i materiali sono stati sottoposti. Lo studio della morfologia delle superfici di frattura e delle proprietà ottiche sarà condotto mediante analisi di microscopia elettronica. 6

7 I BIOPOLIMERI E IL PLA CAPITOLO 2 I BIOPOLIMERI E IL PLA 2.1 Generalità sui biopolimeri I biopolimeri o bioplastiche (BP) sono polimeri ricavati sia dalle specie chimiche presenti nel petrolio sia da materiali di origine vegetale (provenienti da fonti rinnovabili). Si considerano biopolimeri i Polimeri biodegradabili (provenienti sia da fonte rinnovabile che fossile) con biodegradabilità approvata secondo norma EN 13432, i polimeri (sia biodegradabili che non biodegradabili) ottenuti da materie prime rinnovabili [1]. Dal punto di vista normativo, la biodegradabilità di un polimero è stabilita dalla norma EN13432 che definisce biodegradabili quei polimeri le cui catene molecolari vengono demolite sotto attacco microbico in modo che si abbia la mineralizzazione del polimero [1]. Infatti, la rottura dei legami chimici delle catene polimeriche a mezzo di microrganismi batterici in presenza di ossigeno (per via aerobica) provoca la decomposizione del polimero, da questa si ottengono biossido di carbonio, acqua, sali minerali e nuove colonie batteriche [6]. I polimeri provenienti da fonte naturale in particolare, tendono ad essere degradabili perché spesso gli organismi hanno evoluto enzimi per attaccarli. Questi materiali si sono rivelati interessanti come potenziali precursori di plastiche per compostaggio, inoltre hanno il vantaggio di essere sicuramente biodegradabili ed essendo prodotti da risorse rinnovabili non consumano quelle fossili [6]. In genere come materia prima per ottenere le catene polimeriche di BP si utilizzano amido o miscele di amido provenienti ad esempio dal mais, dalle bucce di patate, da cellulosa o altro Nella Tab. 2.1 sono indicate alcune tra le bioplastiche più note e le materie prime da cui esse provengono. 7

8 I BIOPOLIMERI E IL PLA Tab. 2.1 Alcuni biopolimeri commerciali e relative fonti rinnovabili da cui derivano. BIOPOLIMERO FONTE RINNOVABILE Natureworks PLA Solanyl Mater-Bi Granturco Bucce di patata Granturco I polimeri provenienti da fonte naturale possono essere divisi in tre categorie fondamentali basate sulla loro origine e produzione: 1. Polimeri ottenuti direttamente dalle biomasse: polisaccaridi ( es. amido o cellulosa) e proteine (es. caseina o glutine). 2. Polimeri prodotti per sintesi chimica a partire da monomeri rinnovabili prodotti per fermentazione di carboidrati (es. PLA). 3. Polimeri prodotti da microrganismi o batteri geneticamente o non geneticamente modificati, come ad esempio i PHA (poliidrossialcanoati). Il PLA è un poliestere termoplastico alifatico lineare ottenuto per polimerizzazione catalitica dell intermedio (lattide), della distillazione dell acido lattico. La fermentazione è coinvolta anche nella produzione di poliidrossialcanoati (PHAs), una famiglia di poliesteri prodotti naturalmente dai microrganismi a partire da zuccheri. Il poliidrossibutirrato è, per molti aspetti, simile al polipropilene, ma a differenza di questo ha una temperatura di transizione vetrosa più elevata e una resistenza all urto troppo bassa [6]. Il Mater-Bi è un biopolimero ricavato dalla destrutturazione dell amido (un carboidrato polisaccaride estratto da varie fonti naturali, prima tra tutte granturco) e dalla formazione di un diverso ordine sovramolecolare creato mediante complessazione dell amilosio ad altre molecole naturali o di sintesi [7]. 8

9 I BIOPOLIMERI E IL PLA Le applicazioni dei BP già sperimentate e commercializzate riguardano diversi settori: sono, o saranno a breve sul mercato, sacchetti, imballaggi, materiali assorbenti, pneumatici, protesi biomedicali, biocompositi (BP associati a fibre di lino o canapa in sostituzione della fibra di vetro); nel settore agricolo sono commercializzati come vasetti per piante, supporti per il lento rilascio di feromoni o fertilizzanti, teli per pacciamatura o solarizzazione [7]. Molti tipi di plastiche convenzionali sono sostituibili da BP, tuttavia a causa del prezzo maggiore sarebbe opportuno sviluppare in particolare quei settori in cui la biodegradabilità sia in grado di conferire un valore aggiunto al prodotto. Emblematico l esempio dei teli per pacciamatura in Mater-Bi dove l agricoltore, anziché sostenere il costo di rimozione del telo ed il successivo costo di smaltimento dopo il suo uso (considerato rifiuto pericoloso a causa della presenza di residui di fertilizzanti e fitofarmaci), può interrarli con una semplice fresatura, beneficiando tra l altro dell azione fertilizzante in seguito alla naturale decomposizione del BP [7]. In generale, quindi, lo sviluppo dei BP sembra particolarmente interessante, tanto per le grandi quanto per le piccole e medie imprese, che utilizzano le bioplastiche come materie prime per produrre e distribuire manufatti per varie applicazioni [4,5]. 2.2 L acido polilattico o PLA Il PLA (acido polilattico o polilattide) è attualmente uno dei più importanti tra i biopolimeri appartenente alla categoria delle plastiche biodegradabili. Il processo di produzione utilizza solo materie prime naturali annualmente rinnovabili, da cui si ottiene l'acido lattico e da questo per polimerizzazione l'acido polilattico o polilattide, un poliestere termoplastico alifatico lineare. Il monomero è ottenuto dalla fermentazione di mais, patate o canna da zucchero. Fino al decennio scorso il principale uso di PLA verteva sul campo applicativo della medicina, soprattutto a causa del suo costo elevato, bassa disponibilità e limitato peso molecolare. Recentemente, nuove tecniche di sintesi hanno portato ad una 9

10 I BIOPOLIMERI E IL PLA produzione su scala industriale e più economica di un biopolimero a peso molecolare elevato, ciò ne ha notevolmente incrementato la richiesta e l utilizzo [8]. Le principali caratteristiche dei PLA disponibili sul mercato e le linee generali dei processi di utilizzo sono estrusione e stampaggio, i settori applicativi principali sono: fibre tessili, film sottili per imballaggio, contenitori in polimero espanso, produzione di preforme e bottiglie, stampaggio di articoli vari, anche con materiale rinforzato [9,10]. Le prestazioni dei prodotti sono confrontabili, in generale, con quelle di oggetti analoghi ottenuti da materie plastiche tradizionali, alle quali il PLA sta tendenzialmente avvicinandosi anche come prezzi del polimero. Naturalmente nelle applicazioni si deve tener conto delle prestazioni specifiche, talvolta molto positive (per esempio trasparenza e brillantezza, barriera agli aromi, saldabilità dei films a caldo eccetera) e talvolta meno elevate (per esempio barriera ai gas minore che per PET e simile a quella del PP eccetera). Alcuni dei limiti principali che contraddistinguono il PLA sono la ridotta resistenza termica, che non consente il riempimento a caldo, e la bassa barriera che il biopolimero oppone al passaggio di CO 2, O 2, N 2 [11]. Ciò rende il polimero inadatto all imbottigliamento di bevande gassate. Inoltre, per essere smaltito, l acido polilattico deve essere inviato ad impianti di compostaggio, in tal caso il biopolimero si degrada in circa due mesi [20]. Deve essere però precisato che il PLA, come tutti i biopolimeri, può essere smaltito anche allo stesso modo delle plastiche tradizionali, per riciclo meccanico (gli oggetti vengono raccolti, granulati e riestrusi) e riciclo termico (il polimero può essere incenerito con recupero di energia). Esiste infine, specificamente per il polilattide, anche la possibilità del riciclo chimico con cui il materiale viene decomposto in unità chimiche semplici che possono essere riutilizzate [6]. Particolare risalto deve essere dato alle caratteristiche "ecologiche" del PLA, in quanto ottenuto integralmente da materie prime naturali rinnovabili e in quanto facilmente compostabile. Infine il PLA offre il vantaggio di una riduzione nelle emissioni di monossido di carbonio rispetto alle comuni materie plastiche derivanti dal petrolio, se bruciato esso libera solo un terzo del calore di combustione generato dalle poliolefine e non produce ossidi di azoto durante la combustione[12]. 10

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