LA COMPOSIZIONE DEL PATRIMONIO DI VIGILANZA A.A Elisabetta Montanaro

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1 LA COMPOSIZIONE DEL PATRIMONIO DI VIGILANZA A.A Elisabetta Montanaro 1. IL CAPITALE DELLE BANCHE: ALCUNI CONCETTI DI BASE Il capitale, nella sua forma più semplice, rappresenta la quota del valore delle attività della banca che eccede i finanziamenti a titolo di debito, ossia che non è non legalmente vincolata al rimborso del debito. Il capitale può essere raccolto in vari modi. La forma ideale del capitale è costituita dalle azioni ordinarie, che posseggono in pieno questi requisiti: Non devono essere rimborsate (permanenza) fino allo scioglimento o alla liquidazione della società, e comunque nei limiti del valore che residua una volta pagati tutti i debiti. Non esiste un vincolo di pagamenti periodici dei dividendi (piena flessibilità e non cumulabilità della remunerazione). Neppure in presenza di utili, l investitore ha un diritto a percepire un dividendo, perché la banca può decidere di utilizzare tutti gli utili per incrementare il capitale per via interna (autofinanziamento). Massima capacità di copertura delle perdite, derivante dal fatto che l investitore in azioni non ha un diritto al rimborso del capitale per un valore monetario costante. Il che comporta che le perdite in eccesso degli utili possono essere coperte mediante riduzione o azzeramento del valore delle azioni. Ultima priorità in caso di fallimento (massima subordinazione). In caso di liquidazione della banca insolvente, gli azionisti sono rimborsati per ultimi, sul valore dell attivo che residua dopo il rimborso dei creditori e degli azionisti privilegiati. La forma più pura di capitale è quindi il capitale ordinario (common equity), ossia l ammontare delle risorse che gli azionisti ordinari hanno investito nella banca sia con la sottoscrizione delle azioni (capitale sociale e riserve sovrapprezzo) sia con l accantonamento di utili non distribuiti (riserve di utili netti). Esistono però anche altri strumenti finanziari che, in virtù di clausole contrattuali e/o di norme regolamentari, hanno alcune caratteristiche di permanenza, flessibilità della remunerazione, capacità di copertura delle perdite, subordinazione assimilabili parzialmente a quelle delle azioni. Tali strumenti finanziari sono definiti strumenti ibridi, in quanto sono un ibrido fra i titoli di capitale e i titoli di debito. Gli ibridi sono tanto più assimilabili alle azioni - ossia hanno un equity content tanto più elevato - quanto maggiore sia la loro capacità di assorbimento delle perdite prima che la banca sia in liquidazione e/o in crisi. Gli strumenti ibridi possono assumere la forma di azioni o di obbligazioni. Fra le azioni, la principale categoria di ibridi è rappresentata dalle azioni privilegiate (preference share). Anche in Italia, con la riforma del diritto societario del 2003, è stato introdotto il principio della atipicità dei titoli di finanziamento delle società per azioni, ossia la possibilità di creare azioni dotate di una combinazione di diritti patrimoniali e amministrativi diversa da quella standard delle azioni ordinarie. Fra queste si ricordano, in particolare, le azioni privilegiate 1 e 1 Le azioni privilegiate (ossia dotate di privilegi) sono una categoria eterogenea di azioni dotate di diritti patrimoniali maggiorati rispetto a quelli delle azioni ordinarie: maggiore entità e/o priorità nella distribuzione del dividendo e/o nella quota di liquidazione (ad esempio: privilegio fino al valore nominale sul residuo di liquidazione) ovvero una minore partecipazione in caso di perdite (azioni privilegiate postergate). Di norma, questi privilegi patrimoniali si associano alla perdita del diritto di voto nelle assemblee ordinarie. 1

2 le azioni di risparmio 2. Le azioni di risparmio sono una categoria specifica di azioni privilegiate: caratterizzate da un dividendo fisso, cumulativo e soggetto ad un massimale, e da privilegi vincolanti sul residuo di liquidazione, non possiedono i requisiti per essere incluse nel capitale regolamentare di migliore qualità. La loro emissione è stata pertanto del tutto abbandonata dalle banche. Per le banche, la possibilità di utilizzare gli strumenti ibridi, soprattutto quelli con caratteristiche di debito (obbligazioni), per coprire il fabbisogno di capitale regolamentare comporta numerosi vantaggi. Il loro costo è minore, perché sono strumenti considerati dagli investitori meno rischiosi delle azioni, e quindi consentono di minimizzare il costo medio ponderato del capitale regolamentare. Le cedole, a differenza dei dividendi, sono deducibili dal reddito fiscalmente imponibile, con la conseguenza che per generare un euro di interessi occorre un reddito operativo minore rispetto a quello necessario per generare lo stesso valore in termini di dividendi 3. L emissione degli ibridi richiede procedure più semplici e meno costose rispetto alle azioni. L aumento del capitale mediante strumenti ibridi di norma non riduce la leva e quindi non peggiora il ROE e non comporta una diluizione del controllo, sgradita agli azionisti di maggioranza/controllo. L esperienza della recente crisi ha dimostrato che le banche hanno utilizzato in misura molto contenuta gli strumenti ibridi inclusi nel capitale regolamentare per coprire le perdite, ad esempio mediante la sospensione o la dilazione nel pagamento delle cedole 4. Al di là delle clausole contrattuali, la capacità di assorbimento delle perdite degli strumenti ibridi si è rivelata scarsa o inesistente per i rischi di reputazione che l attivazione di tali clausole avrebbero comportato. Soprattutto se è elevata la dipendenza dalla raccolta all ingrosso, difficilmente una banca accetta il rischio di perdere la fiducia del mercato non pagando le cedole sui titoli ibridi, anche se questo sarebbe in teoria utile dal punto di vista della conservazione del capitale. Alla luce di questa esperienza, la regolamentazione prudenziale recente ha introdotto progressivamente criteri più restrittivi per l ammissibilità degli ibridi come strumenti di capitale, in particolare per quanto concerne i vincoli relativi all assorbimento delle perdite. Rispetto al capitale ordinario, esiste infine una definizione ancora più restrittiva di capitale, il cosiddetto capitale netto tangibile (tangible common equity), che è il capitale ordinario al netto delle attività immateriali. Il capitale ordinario corrisponde, come si è detto, alla differenza fra il valore delle attività e quello delle passività e delle altre forme di capitale diverso dalle azioni ordinarie (in particolare, le azioni privilegiate). In altri termini, il capitale ordinario misura il valore degli attivi della banca al netto di tutte le somme dovute a soggetti diversi dagli azionisti ordinari. Tale definizione ipotizza che le attività siano calcolate al valore contabile. Essa include pertanto anche le attività immateriali, ossia attività che hanno un valore, ma che non sono né strumenti finanziari né attività reali. Le principali attività 2 Le azioni di risparmio sono regolamentate dal TUF (Testo Unico delle disposizioni in materia finanziaria del 1998). Si tratta di azioni che hanno un dividendo privilegiato, di norma calcolato in una percentuale fissa (5%) del valore nominale. Il diritto al dividendo nasce se la società ha un utile, ed è di solito cumulativo. Gli utili che residuano dopo il pagamento del dividendo privilegiato, e di cui l assemblea dei soci abbia deliberato la distribuzione, sono ripartiti fra tutti gli azionisti, ordinari e privilegiati, in modo tale che agli azionisti di risparmio spetti un dividendo complessivo maggiorato, rispetto a quello delle azioni ordinarie, in una misura prefissata dagli statuti. In caso di liquidazione, le azioni di risparmio hanno un privilegio (rispetto agli azionisti ordinari) sul residuo di liquidazione. La riduzione del capitale per perdite non comporta riduzione del valore nominale delle azioni di risparmio se non per la parte della perdita che eccede il valore nominale complessivo delle altre azioni (postergazione). 3 Gli interessi passivi sono pagati con il reddito al lordo delle imposte; i dividendi con il reddito netto di imposte. La normativa fiscale, da questo punto di vista, offre un agevolazione all uso del debito rispetto agli strumenti equity. 4 Anche banche che erano praticamente insolventi, durante la crisi, hanno continuato a remunerare gli strumenti ibridi, addirittura utilizzando per questo i fondi degli interventi di salvataggio pubblico. 2

3 immateriali sono i brevetti, i marchi e l avviamento. Per i gruppi bancari, i principali attivi immateriali derivano dalla differenza fra il valore pagato al momento dell acquisto delle partecipazioni in banche e imprese finanziarie facenti parte del gruppo e il valore contabile degli attivi delle società partecipate. L ipotesi è che il prezzo di acquisto rappresenti il fair value della società partecipata: quindi l attivo intangibile misura la differenza fra il prezzo e il valore contabile (attivo meno passivo) della partecipata. Questa differenza è l avviamento. Le maggiori banche, che in passato sono cresciute attraverso processi di acquisizione (fusioni e incorporazioni con altre banche), hanno in bilancio importi elevati registrati alla voce avviamento. L avviamento e gli altri attivi intangibili come i brevetti decrescono di valore nel tempo e sono quindi soggetti ad ammortamento. Tuttavia l ammortamento è un processo lento, e quindi il valore degli intangibili nell attivo delle banche, specie di quelle maggiori, è spesso consistente. Gli attivi intangibili hanno un valore economico reale, ma gli investitori ritengono che sia particolarmente difficile convertirli in moneta in caso di crisi, e che quindi questi attivi siano suscettibili di azzerarsi se la banca si trova in condizioni di difficoltà. Per questo, gli investitori, quando devono valutare l adeguatezza patrimoniale di una banca, spesso preferiscono trattare gli attivi intangibili come se non avessero valore, facendo quindi riferimento al capitale netto tangibile CAPITALE REGOLAMENTARE, CAPITALE ECONOMICO E CAPITALE EFFETTIVO Il capitale regolamentare è definito dalla regolamentazione prudenziale: corrisponde al patrimonio di vigilanza che le banche devono detenere per poter operare. Secondo l approccio di Basilea, il capitale regolamentare viene commisurato ai rischi assunti dalla banca: esso dovrebbe quindi approssimare il cosiddetto capitale economico, una misura probabilistica delle risorse necessarie a coprire potenziali perdite future per le diverse tipologie di rischi. Il capitale economico riferito a tutte le aree di business in cui si articola l operatività della banca (gestione crediti, tesoreria, finanza, private banking e asset management etc.) - è una stima delle perdite a cui la banca può andare incontro, per effetto dei diversi rischi assunti, con una certa probabilità o intervallo di confidenza, in un orizzonte temporale dato. Il capitale economico non è quindi capitale, ma il fabbisogno di capitale per coprire tali perdite. La stima del capitale economico è fatta dalle banche mediante metodi e procedure interni, 5 che dipendono dall efficienza e professionalità del loro risk management e dalla maggiore o minore propensione al rischio degli amministratori. Il capitale economico è utilizzato non solo per gli adempimenti richiesti dalle autorità di vigilanza (cfr. nota 5), ma anche per fissare le politiche di prezzo e i criteri di remunerazione del management. In sintesi, il capitale economico tende a coincidere con quel livello di capitale che le banche deterrebbero in assenza di regolamentazione, tenendo conto in primo luogo degli 5 I metodi (o modelli) interni per la valutazione delle perdite associate ai diversi tipi di rischio, sviluppati dalla professione bancaria, possono essere più o meno affidabili, a seconda non solo delle tecniche statistiche ed econometriche utilizzate, ma anche della qualità e quantità dei dati empirici con cui la distribuzione delle perdite viene costruita. La regolamentazione vigente consente alle banche di utilizzare i propri modelli interni di stima del capitale economico anche per calcolare il capitale regolamentare, ma solo a fronte del rischio di mercato, previa verifica e validazione dei modelli da parte dell autorità di vigilanza. Per il rischio di mercato, il capitale economico e il capitale regolamentare possono quindi coincidere. Per il rischio di credito e di controparte e per il rischio operativo, invece, i modelli di misurazione sono definiti dalla regolamentazione, che consente alle banche, e a certe condizioni, solo di stimare le variabili (o alcune variabili) dei modelli regolamentari. Pertanto, se la banca dispone, ad esempio, di propri modelli interni per la stima del rischio di credito diversi da quelli regolamentari, il capitale economico sarà di norma diverso da quello regolamentare. I modelli interni di stima del capitale economico sono utilizzati nell ambito dell autovalutazione che la banca fa del proprio fabbisogno di capitale (ICAAP, II Pilastro, cfr. Montanaro, 2017, Basilea 3 nell UE). 3

4 interessi dei loro azionisti. Questi ultimi hanno l obiettivo principale di massimizzare il rendimento del capitale investito. In presenza di regolamentazione, il capitale effettivo, ossia il capitale che effettivamente le banche dovrebbero detenere, dovrebbe corrispondere al valore massimo fra capitale regolamentare e capitale economico, aumentato di un buffer addizionale. Il surplus di capitale - rispetto ai minimi stabiliti dalla regolamentazione e/o definiti dai rischi associati alla struttura operativa esistente - serve a garantire al management una sufficiente flessibilità nelle strategie di crescita e nel contempo a ridurre il rischio dei costi regolamentari a cui la banca potrebbe andare incontro qualora si venisse a trovare in condizioni di sottocapitalizzazione CAPITALE E PATRIMONIO DI VIGILANZA Il patrimonio di vigilanza costituisce, negli obiettivi dei regolatori, quell insieme di risorse di cui le banche devono disporre per coprire le perdite derivanti dai rischi assunti. Il patrimonio di vigilanza è composto non solo dal capitale netto, ma anche dagli strumenti finanziari ibridi ammessi dalla regolamentazione, in quanto hanno una qualche capacità di ridurre il rischio di insolvenza della banca e/o di contenerne i costi per i depositanti e per i contribuenti. 2- IL PATRIMONIO DI VIGILANZA SECONDO BASILEA 3 6 Il patrimonio di vigilanza si articola in diverse componenti (fasce) composte dagli strumenti che hanno la qualità richiesta per entrare nella specifica componente. Per qualità si intende l insieme dei requisiti di permanenza, flessibilità della remunerazione, capacità di assorbimento delle perdite e subordinazione degli strumenti finanziari ammessi nelle varie componenti. Pertanto, il patrimonio di vigilanza si suddivide in componenti di migliore o di peggiore qualità. Le regole fissano di norma il livello minimo delle componenti migliori e/o quello massimo di quelle peggiori. Per ogni fascia, sono previste specifiche deduzioni, derivanti dalla cancellazione dal totale dell attivo e quindi anche dal capitale di determinate voci (cfr. Deduzioni, par. 6). Le soglie quantitative minime di ogni fascia sono fissate al netto delle deduzioni. Secondo il Primo Pilastro di Basilea 3, il livello minimo del Patrimonio di vigilanza (Total Capital, TC) è l 8% dell ARP. Da notare che qui si fa riferimento ai minimi vincolanti per tutte le banche, non comprensivi né delle addizionali specifiche di ogni banca (II Pilastro) né dei vari buffer. Le componenti del Patrimonio di vigilanza sono: Capitale di classe 1 (Tier I Capital, T1) 75% del Patrimonio di vigilanza totale; Capitale di classe 2 (Tier 2 Capital, T2) 25% del Patrimonio di vigilanza totale. 6 La nuova composizione del capitale entrerà a regime dopo un lungo periodo di transizione che, iniziato nel 2014, sarà a regime solo nel I requisiti minimi di CET1, T1 e Patrimonio di vigilanza complessivo sono già entrati in vigore nel I buffer addizionali di CET1 sono stati invece introdotti gradualmente a partire dal 2016, con entrata a regime entro la fine del 2018 (cfr. Montanaro, 2017, Basilea 3 nell Unione Europea). Gli strumenti ammessi nel patrimonio di vigilanza da Basilea 2 e non più ammessi da Basilea 3 saranno eliminati progressivamente (periodo cosiddetto di grandfathering) entro il Il che significa che fino a quella data, il patrimonio di vigilanza delle banche continuerà ad essere composto, sia pure in misura via via decrescente, da strumenti ammessi da Basilea 2 nelle diverse fasce e non più ammessi da Basilea 3. Analogamente vale per le nuove deduzioni, che hanno iniziato ad essere applicate per il 20% nel 2014, fino a raggiungere il 100% entro la fine del Il Tier III (una fascia di capitale di bassa qualità previsto da Basilea 2 solo per la copertura del rischio di mercato) è invece eliminato a partire dal

5 Il Capitale di classe 1 a sua volta si articola nelle seguenti componenti: Capitale primario di classe 1 (Common Equity Tier I Capital, CET1) 75% del T1 e quindi 56,25% del Patrimonio di vigilanza totale (75%*75% = 56,25%), Capitale Aggiuntivo di classe 1 (Additional Tier 1 Capital, AT1) 25% del T1. I coefficienti minimi di capitale (capital ratio) in rapporto all ARP sono quindi i seguenti: Total Capital Ratio (TC ratio) = TC/ARP = (CET1+AT1+T2)/ARP 8% Tier I Ratio (T1 ratio) = T1/ARP = (CET1+AT1)/ARP 6% Common Equity Tier 1 ratio (CET1 ratio) = CET1/ARP 4,5% La qualità degli strumenti di capitale è massima per il CET1, che, calcolato al netto delle deduzioni, corrisponde in pratica al capitale netto tangibile; e decresce via via che si passa alle altre componenti. Poiché per il capitale di migliore qualità sono fissate delle soglie minime, questo significa che una banca potrebbe avere, ad esempio, un TC composto solo da CET1; ma non potrebbe invece mai avere un TC composto solo da AT1 né, tanto meno, solo da T2. La principale differenza fra il Capitale di classe 1 (T1) e il Capitale di classe 2 (T2) sta nella qualità degli strumenti finanziari che compongono ciascuna delle due componenti, e, in particolare, nella rispettiva capacità di assorbimento delle perdite. Tutti gli strumenti del T1 assorbono le perdite anche prima che la banca entri in una situazione di crisi, ossia on a going concern (quando la banca è in funzionamento), mentre gli strumenti del T2 possono essere chiamati ad assorbire le perdite solo a condizione che la banca sia in crisi o in liquidazione, ossia solo on a gone concern. 3- REQUISITI PER L AMMISSIONE DEGLI STRUMENTI FINANZIARI NEL PATRIMONIO DI VIGILANZA Gli elementi da cui dipende la ammissibilità degli strumenti finanziari diversi dal capitale nelle diverse fasce del patrimonio di vigilanza sono: o Ordine di priorità nell assorbimento delle perdite (subordinazione); o Flessibilità della remunerazione; o Permanenza; o Capacità di assorbimento delle perdite (modalità e condizioni di attivazione). 3.1 SUBORDINAZIONE La subordinazione è l inverso della priorità (seniority) nella graduatoria dei finanziatori della banca ai fini del rimborso del capitale in caso di fallimento (liquidazione). Gli strumenti che hanno la massima subordinazione sono quelli che hanno la minima seniority, ossia quelli che per primi assorbono le perdite e per ultimi sono rimborsati. Fra gli strumenti del capitale, i primi ad assorbire le perdite sono quelli che compongono il CET1 (azioni ordinarie), poi quelli dell AT1, e infine quelli del T2. Gli azionisti ordinari hanno quindi la massima subordinazione, e quindi, in caso di liquidazione, sono rimborsati per ultimi sull eventuale residuo. Uno strumento finanziario subordinato (junior) rispetto ad altre categorie di creditori dotati di maggiore seniority consente di ridurre la misura delle perdite che gravano sui finanziatori senior. Tutti gli strumenti finanziari che compongono il patrimonio di vigilanza devono essere subordinati rispetto ai depositi e alle 5

6 altre passività ordinarie. Quanto minore è la seniority di uno strumento finanziario, tanto migliore è la sua qualità ai fini della copertura delle perdite in situazione di liquidazione. Ordine di priorità 7 in ipotesi di liquidazione 1. Depositanti privati assicurati 2. Dipendenti 3. Depositanti privati e imprese minori eccedenti la quota assicurata 4. Creditori senior garantiti 5. Creditori senior non garantiti (obbligazionisti, controparti attive di contratti finanziari non garantite; altri depositanti) 6. Creditori subordinati 7. Azionisti privilegiati 8. Azionisti Ordinari 3.2 FLESSIBILITÀ DELLA REMUNERAZIONE La flessibilità della remunerazione è massima quando la banca emittente ha la piena discrezionalità nel pagamento della remunerazione (dividendo o cedola) senza che questo implichi inadempimento (default) e quindi il diritto del finanziatore di chiedere la dichiarazione dello stato di insolvenza della banca. Quanto maggiore è la discrezionalità consentita all emittente di ridurre, azzerare o differire il pagamento della remunerazione degli strumenti di capitale, tanto maggiore è, per la banca, la disponibilità di risorse da destinare all assorbimento di perdite e/o alla ricapitalizzazione. Per gli strumenti di debito (ibridi ammessi) del patrimonio di vigilanza, la flessibilità della remunerazione è minore di quella delle azioni: e fra le azioni, quelle privilegiate (ammissibili a certe condizioni nell AT1) hanno una remunerazione meno flessibile di quelle ordinarie. Questo può dipendere, in particolare, da clausole definite di dividend stopper, secondo cui la banca ha il diritto di non pagare i dividendi agli azionisti privilegiati solo se non li paga neppure agli azionisti ordinari. Questa clausola riduce la discrezionalità dell emittente nel pagamento della remunerazione. L esperienza ha infatti dimostrato che molte banche, non ostante fossero già in condizioni di difficoltà, hanno continuato a pagare i dividendi privilegiati per evitare di sospendere il pagamento dei dividendi anche agli azionisti ordinari, dato che questo avrebbe avuto effetti negativi sul prezzo delle azioni e sulla fiducia degli investitori. Il che significa che per le azioni privilegiate la flessibilità della remunerazione è attenuata, dato che la banca avverte un obbligo non giuridico, ma di reputazione di corrisponderla comunque. Il requisito della flessibilità della remunerazione dipende non solo dal carattere più o meno vincolato del pagamento delle cedole o dei dividendi, ma anche dalla permanenza o meno del diritto alla remunerazione, nell ipotesi che essa non sia stata corrisposta in un determinato esercizio. Quando tale diritto si estingue in caso di mancato pagamento, la remunerazione si definisce non cumulabile: la non cumulabilità aumenta la flessibilità della remunerazione. Uno strumento finanziario è definito cumulativo quando il diritto alla remunerazione, se non corrisposta in un determinato anno, non è perso ma viene accumulato in vista di essere pagato in futuro. Nel patrimonio di vigilanza primario (T1) sono ammessi solo strumenti la cui remunerazione è sufficientemente discrezionale e non cumulativa. 7 L ordine di priorità è definito dalla normativa sulla gestione delle crisi bancarie, che è diversa dalla disciplina prevista per le imprese non bancarie. In Europa, a partire dal gennaio 2015, è entrata in vigore la Direttiva europea sul risanamento e la risoluzione delle banche in crisi (Bank Recovery and Resolution Directive, BRRD). Nel testo si riporta una graduatoria semplificata, ma sostanzialmente in linea con le previsioni della Direttiva. 6

7 3.3 PERMANENZA (SCADENZA E OPZIONI DI RIMBORSO) Il requisito della permanenza è massimo se lo strumento finanziario è perpetuo, e pertanto se esso può essere rimborsato solo su discrezionale iniziativa dell emittente e con l approvazione dell autorità di vigilanza. Questo livello di permanenza è richiesto sempre per gli strumenti del T1. La permanenza si riduce se è previsto che, ad una data scadenza, la banca sia tenuta a rimborsare gli strumenti per rispettare gli impegni verso i finanziatori. Strumenti non perpetui, ossia con obbligo di rimborso, sono ammessi solo nel T2, purché la scadenza sia non inferiore a 5 anni. In tal caso, comunque, le obbligazioni (che devono ovviamente essere subordinate) sono soggette ad ammortamento regolamentare 8. Il requisito della permanenza esiste quando la banca per un tempo illimitato o sufficientemente lungo non è obbligata a rimborsare lo strumento: l eventuale rimborso anticipato, se previsto, deve essere una facoltà per banca, esercitabile in assoluta discrezionalità e, comunque, sempre previa autorizzazione delle autorità di vigilanza. La vigilanza imporrà alla banca, che voglia rimborsare anticipatamente uno strumento del patrimonio di vigilanza, di sostituirlo con uno di analogo importo e di qualità non inferiore. A queste condizioni, l opzione di rimborso (opzione call) a favore della banca emittente è sempre ammessa. Non è invece consentito che l opzione call si accompagni a clausole contrattuali per effetto delle quali, se la banca non esercita l opzione, viene in qualche modo penalizzata. Queste clausole sono definite incentivi economici (per la banca emittente) al rimborso o al rimborso anticipato: in presenza di tali clausole, il requisito della permanenza peggiora. Se gli investitori si aspettano che, in base a tali clausole contrattuali, l emittente rimborserà lo strumento a partire da una certa data, la banca emittente, per mantenere la fiducia del mercato, può essere incentivata a rimborsare anticipatamente lo strumento, anche se formalmente l opzione può essere esercitata solo su sua iniziativa (e non su iniziativa dell investitore). Fra le clausole che possono qualificarsi come incentivi al rimborso anticipato quella più diffusa è rappresentata dagli stet-ups. Se ad una data scadenza l emittente non ha esercitato l opzione di rimborso, può essere previsto una clausola stet-up, ossia una forma di compensazione per gli investitori sotto forma di una revisione automatica al rialzo del tasso di remunerazione. Per evitare questo maggiore costo, la banca può essere indotta a rimborsare l obbligazione prima della data da cui scatta lo stet-up, anche se non ne ha l obbligo. Un altro caso di incentivo al rimborso anticipato è la clausola secondo cui, in caso di mancato esercizio dell opzione di rimborso da parte dell emittente, gli investitori hanno l obbligo o la facoltà di convertire le obbligazioni in azioni 9. La banca può infatti voler evitare la conversione in azioni, per non diluire il controllo da parte dei vecchi azionisti e quindi sarà 8 In base all ammortamento regolamentare, le obbligazioni subordinate che scadono nell anno T sono ammesse nel T2 per un importo che decresce del 20% all anno, a partire dal 5 anno precedente la scadenza. Se il titolo emesso nel 2013 ha scadenza a dicembre 2020, fino al 2015 sarà ammesso per l importo intero; da gennaio dell anno 2016, ossia a 5 anni dalla scadenza, inizia l ammortamento e il titolo è ammesso nel T2 per un valore che è (circa) l 80% del suo valore, nel 2016 il valore scende a (circa) il 60% e così via, fino a zero nel Ogni anno la banca, per mantenere il T2 al livello precedente, dovrebbe sostituire i titoli ammortizzati con titoli nuovi. Alla scadenza, il titolo è integralmente ammortizzato, ma la banca, proprio per effetto dell ammortamento, non registra una improvvisa variazione in meno del T2 per l intero importo dello strumento, dato che tale variazione è stata spalmata progressivamente negli anni precedenti. 9 Del tutto diverso è il caso delle obbligazioni convertibili in azioni, che prevedono l obbligo della conversione in azioni a partire da una certa data e secondo un certo rapporto fra valore delle obbligazioni e numero delle azioni che l investitore riceverà in cambio: in questo caso, non esiste una vera e propria opzione di rimborso a favore della banca (né ovviamente dell investitore), ma il passaggio dello strumento da debito a capitale a partire da una certa data (conversion time). Le obbligazioni convertibili sono ammesse nel AT1. 7

8 economicamente incentivata ad esercitare l opzione, riducendo la permanenza del finanziamento. Gli strumenti che contengono clausole che comportano un incentivo economico per la banca al rimborso anticipato non sono mai ammessi nel patrimonio di vigilanza. 3.4 CAPACITÀ DI ASSORBIMENTO DELLE PERDITE (LOSS-ABSORBENCY) Si distinguono due accezioni di capacità di assorbimento delle perdite: 1. On a going concern (letteralmente, con la banca in funzionamento), ossia al di fuori di una situazione di crisi, quando la banca è ancora vitale (viable), cioè in grado di operare normalmente. Solo gli strumenti del patrimonio di migliore qualità (T1) hanno questa caratteristica. 2. On a gone concern (letteralmente, con la banca in dissesto), quando la gravità delle perdite è tale da rendere la banca non più vitale. Il dissesto può comportare la vera e propria messa in liquidazione, ma anche altre procedure, definite di risoluzione. Tutti gli strumenti del patrimonio di vigilanza devono assorbire le perdite on a gone concern; gli strumenti del T2 assorbono le perdite solo on a gone concern. Le modalità di assorbimento delle perdite da parte degli strumenti del patrimonio di vigilanza comportano una stretta associazione fra disciplina prudenziale e disciplina sulla gestione delle crisi bancarie: da tale associazione dipende un profilo fondamentale, ossia su quali categorie di finanziatori gravino, in caso di difficoltà o di vera e propria crisi, i costi del risanamento, della risoluzione o della liquidazione di una banca. 4. DISCIPLINA PRUDENZIALE E GESTIONE DELLE CRISI Quando una banca è in liquidazione, tutti i creditori, salvo i depositanti al dettaglio coperti dall assicurazione dei depositi, rischiano di non recuperare integralmente il loro credito, perché il valore di liquidazione delle attività è di norma inferiore a quello dei crediti. La graduatoria di seniority, come si è detto, stabilisce quali sono i finanziatori che sono rimborsati per primi, e che quindi hanno una minore probabilità di subire perdite dalla insolvenza della banca. Gli strumenti finanziari junior (ossia, nell ordine, le azioni ordinarie, quelle privilegiate, le obbligazioni subordinate etc.) che compongono le diverse fasce del patrimonio di vigilanza, in virtù della subordinazione, riducono le perdite che la crisi bancaria può generare a carico dei creditori senior. La subordinazione non ha quindi l effetto di ridurre la probabilità di insolvenza della banca: essa invece consente di ridurre le perdite che, in caso di insolvenza, gravano sui creditori senior. Per le banche, la capacità di assorbimento delle perdite degli strumenti finanziari è tuttavia rilevante anche e soprattutto se essa consente o di ridurre il rischio che si verifichi una situazione di crisi, o che, se essa si verifica, sia gestibile senza portare necessariamente alla liquidazione. A. Il verificarsi di perdite genera sempre per la banca un peggioramento della propria situazione patrimoniale. A seconda della gravità delle perdite e del loro impatto sui requisiti di capitale, si possono ipotizzare diverse condizioni in cui il patrimonio di vigilanza svolge la sua funzione di assorbimento delle perdite. Le perdite che la banca registra vanno immediatamente a carico degli azionisti, in diverse modalità: mancato pagamento dei dividendi, se la banca non ha riserve di utili da distribuire senza scendere al di sotto dei requisiti di capitale 10 ; se non basta, riduzione del capitale netto, ossia una riduzione delle 10 Una banca in perdita potrebbe comunque decidere di distribuire ugualmente dividendi, utilizzando le riserve di utile (autofinanziamento) precostituite in passato: ciò tuttavia a condizione che questo non comporti una diminuzione del capitale netto (compreso il buffer di conservazione) al di sotto delle soglie minime previste per la distribuzione di dividendi. 8

9 riserve (fondi che fanno parte del CET1) e, se questo ancora non è sufficiente, una riduzione del capitale sociale (ossia riduzione del valore delle azioni per perdite). In tutti questi casi, il primo costo delle perdite è sopportato dagli azionisti ordinari: le azioni hanno infatti, una piena capacità di assorbimento delle perdite on a going concern, ossia con la banca in funzionamento, prima e al di fuori di una qualsiasi situazione o procedura formale di crisi B. Se le perdite sono di dimensione elevata, tale da ridurre il CET1 al di sotto del livello giudicato adeguato (non quello minimo), l autorità di vigilanza impone alla banca controlli più severi e l obbligo di ricapitalizzarsi. Non necessariamente tuttavia questa condizione di crisi è giudicata dall autorità di vigilanza irreversibile. Se l autorità di vigilanza ritiene che la banca possa recuperare in tempi ragionevoli condizioni di normalità operativa - ossia che essa sia, secondo il linguaggio usato dal Comitato di Basilea, ancora vitale (viable) - devono essere attivati tempestivamente interventi definiti di risanamento (recovery). Gli interventi di risanamento devono essere attuati dagli amministratori e/o dalla autorità di vigilanza al primo verificarsi di sintomi di difficoltà, che portino i ratios patrimoniali pericolosamente vicino ai minimi. Il risanamento ha la funzione di riportare i livelli di capitalizzazione su valori giudicati fisiologici e, nel contempo, di eliminare le cause delle perdite, ad esempio, con il cambio del management, o, nei casi più gravi, con l amministrazione straordinaria. La ricapitalizzazione della banca in fase di risanamento può avvenire non solo a carico degli azionisti: ad essa devono concorrere, se inclusi nel patrimonio di vigilanza e se l ammontare della ricapitalizzazione necessaria lo richiede, anche tutti gli strumenti finanziari dell AT1. Essi, infatti, in virtù di specifiche clausole contrattuali o per previsioni regolamentari, hanno, come le azioni, capacità di assorbimento delle perdite con la banca in funzionamento (loss absorbency on a going concern), ossia già prima che si verifichi una situazione di vero e proprio dissesto. La ricapitalizzazione avviene non solo mediante mancato pagamento della remunerazione, ma anche mediante svalutazione totale o parziale dello strumento AT1, o sua conversione in CET1. Pertanto, uno strumento diverso dalle azioni può essere ammesso a comporre il patrimonio di migliore qualità solo a condizione che gli investitori siano tenuti a coprire le perdite mediante riduzione di valore o conversione in CET1 già in fase di risanamento, ossia prima che le perdite riducano il CET1 ratio al di sotto di una soglia di sicurezza, sufficientemente alta per mantenere la banca ancora vitale, on a going concern 11. Per la regolamentazione europea, l obbligo di svalutazione o di conversione degli strumenti dell AT1 scatta quando il CET1 ratio scende al di sotto del 5,125% o di una soglia superiore definita contrattualmente. C. In una fase più grave, quando invece la banca non è più vitale - ossia, è arrivata, secondo le previsioni regolamentari e il giudizio della vigilanza, at the point on non- viabilitysi ha una situazione di crisi o dissesto. Tale situazione di crisi comporta che la banca passa dallo stato di going concern a quello di gone concern, in cui tutti gli strumenti che compongono il patrimonio di vigilanza, e non solo il T1, sono chiamati ad assorbire le perdite. Questo avviene tuttavia in modi diversi a seconda di come sia gestito il dissesto. A norma della disciplina sulle crisi (in Europa, la già ricordata BRRD), esistono due soluzioni possibili: La liquidazione: con la liquidazione, come già detto, tutti gli strumenti finanziari, dal capitale alle passività ordinarie, subiscono potenzialmente una perdita in funzione del valore residuo della liquidazione (valore dell attivo) e del rispettivo grado di subordinazione. Gli 11 La conversione in azioni degli ibridi AT1 ha l effetto di riportare il CET1 al sopra della soglia di sicurezza. La loro svalutazione (permanente o temporanea) ha lo stesso effetto, dato che la riduzione del debito implica un aumento delle attività eccedenti il passivo, ossia del patrimonio netto. 9

10 strumenti del patrimonio di vigilanza con il grado di subordinazione maggiore (nell ordine: CET1, AT1, T2) sono nelle ultime posizioni della graduatoria di rimborso. Le perdite, se eccedono il cuscinetto rappresentato dal patrimonio di vigilanza, sono a carico dei creditori ordinari, salvo quelli coperti dall assicurazione sui depositi. Merita sottolineare che la liquidazione comporta l uscita dal mercato della banca e l estinzione forzata di tutti i rapporti contrattuali in essere. In particolare, tutti i crediti in essere dovranno essere restituiti dai soggetti finanziati (che ovviamente avranno spesso difficoltà ad adempiere in queste condizioni); tutte le banche in credito sul mercato interbancario rischieranno di subire perdite, con possibile effetto domino della crisi, specie se la banca liquidata è di grandi dimensioni; tutti i dipendenti della banca perderanno il posto di lavoro, etc. Per questo la liquidazione di una banca, soprattutto se grande, è considerata un evento pericoloso per la stabilità del sistema finanziario e negativo per l economia reale. Di qui ha avuto origine il fenomeno delle banche too-big-to-fail: ossia i salvataggi pubblici delle banche e le implicazioni negative in termini di azzardo morale che ne sono derivate. I salvataggi pubblici hanno infatti consentito di evitare le conseguenze negative della liquidazione di banche sistemiche in dissesto: tuttavia essi sono stati spesso realizzati con modalità che hanno posto a carico delle risorse fiscali anche il salvataggio dalle perdite degli stessi azionisti e dei manager responsabili della crisi. Proprio per evitare gli effetti destabilizzanti della liquidazione delle banche di rilevanza sistemica ma, nel contempo, minimizzare gli effetti distorsivi dei salvataggi pubblici delle banche, la nuova disciplina introdotta dopo la crisi prevede, in caso di dissesto, l alternativa della risoluzione. La risoluzione: interventi per gestire il dissesto delle banche sistemicamente rilevanti, ossia banche la cui operatività ha un ruolo particolarmente importante per l economia di riferimento (per un Paese o una particolare area geografica). La risoluzione consente di evitare gli svantaggi della liquidazione, assicurando la continuità delle funzioni essenziali svolte dalla banca in dissesto e quindi tutelando la stabilità finanziaria 12. A differenza dei salvataggi pubblici (bail-out), il principio essenziale su cui si basa il regime di risoluzione è che la liquidazione viene evitata imponendo ai finanziatori privati investitori negli strumenti del patrimonio di vigilanza, ma anche altri creditori della banca di partecipare in via prioritaria ai costi del salvataggio della banca (o meglio, di quella parte considerata meritevole di salvataggio), e limitando ad ipotesi solo eccezionali l uso di risorse pubbliche (aiuti di stato). Gli interventi di risoluzione sono adottati dall autorità competente (autorità di risoluzione) 13 se sussistono le condizioni di rilevanza sistemica della banca in questione che rendono necessario o opportuno evitarne la liquidazione, e se non sono prevedibili soluzioni di mercato - ad esempio l apporto di capitale da parte di altre banche o altri investitori privati - per superare il dissesto. Il point of non-viability in cui la risoluzione si attiva è raggiunto prima della vera e propria insolvenza tecnica: ossia quando la banca non è più vitale quando 12 Ciò può avvenire mediante il loro trasferimento obbligatorio ad un altra banca o mediante la separazione fra la parte sana (viable) della banca e la parte malata, con la creazione di una good bank e di una bad bank. 13 L autorità di risoluzione può essere una autorità distinta dalla autorità di vigilanza o un apposito dipartimento della stessa, che ha funzioni di autorità di risoluzione. In Italia, dove la Banca d Italia è l autorità di vigilanza nazionale, una sua sezione (Unità di Risoluzione e Gestione delle Crisi) è l autorità di risoluzione nazionale. Nell area euro, nell ambito del Meccanismo Unico di Risoluzione dell Unione Bancaria, la risoluzione per le banche significative e per tutte le banche anche non significative per le quali sia previsto l intervento del fondo unico di risoluzione è gestita dall Autorità di Risoluzione Europea, distinta dalla Banca Centrale Europea. Le autorità di risoluzione nazionali come quella della Banca d Italia - si occupano invece della risoluzione e liquidazione delle banche minori. Le procedure per la gestione delle crisi (recovery, resolution e winding-up, ossia risanamento, risoluzione e liquidazione) sono armonizzate a livello europeo dalla Direttiva sul Risanamento e la Risoluzione delle Banche (BRRD), entrata in vigore nel gennaio del 2015, salvo per quanto concerne le regole sul bail-in, entrate in vigore dal gennaio

11 non rispetta più i requisiti minimi di capitale necessari per operare (o è molto probabile che ciò si verifichi in un prossimo futuro). Questo è il trigger che fa scattare l obbligo di copertura dei costi della risoluzione non solo per tutti gli strumenti del patrimonio di vigilanza, ma anche, se necessario, per i creditori ordinari, salvo alcune categorie protette. Tali costi gravano, nell ordine, sugli azionisti, il cui investimento viene totalmente azzerato, sui titoli dell AT1 e su quelli del T2, che sono svalutati fino a concorrenza delle perdite eccedenti il capitale di qualità superiore. Coperte le perdite, gli strumenti sono, per il residuo ancora disponibile, convertiti in capitale. Se ciò non bastasse, i costi della risoluzione ricadono sui creditori non assicurati attraverso lo strumento giuridico del bail-in. Il bail-in (ossia: salvataggio interno) è uno strumento di cui dispone l autorità di risoluzione: esso consente, al verificarsi di determinate condizioni, di ridurre il valore nominale o di convertire in azioni strumenti finanziari anche diversi da quelli del patrimonio di vigilanza, al fine di assorbire le perdite e di ricapitalizzare la banca, senza ricorrere a salvataggi pubblici (bail-out, ossia salvataggi esterni). In presenza di dissesto, se si attiva la risoluzione, la banca salvata internamente può dispone di un capitale che deriva dalla svalutazione e/o conversione in azioni delle passività soggette a bail-in. Solo in ultima istanza, e quando non siano più disponibili passività suscettibili di bail-in 14, possono intervenire altre risorse (ossia il fondo di risoluzione e, a determinate condizioni, i salvataggi a carico delle finanze pubbliche). Fasi di attivazione della copertura delle perdite Il capitale è al di sopra dei minimi previsti dal I e II Pilastro + buffer prudenziali Condizioni di normalità- La banca è vitale La banca è ancora vitale, ma le autorità di vigilanza giudicano che ci sia un rischio elevato che, in assenza di interventi di risanamento tempestivo, il capitale della banca possa scendere al di sotto dei livelli giudicati adeguati per la sua operatività. Sono prescritti interventi tempestivi di risanamento, gestiti dalla banca stessa o, nei casi più gravi, dall autorità di vigilanza mediante l amministrazione straordinaria Loss absorbency on a going concern: le perdite sono a carico del CET1, ossia degli azionisti (es. riduzione o sospensione del pagamento dei dividendi e/o riduzione delle riserve e/o riduzione del valore nominale delle azioni). Loss absorbency on a going concern: la banca è in grado di operare, ma è in condizioni di difficoltà. Le perdite sono a carico non solo degli azionisti, ma anche di alcune tipologie di finanziamenti ibridi (non equity-capital), che rientrano nell AT1. Essi sono convertiti obbligatoriamente in azioni o sono azzerati e/o non ricevono il pagamento delle cedole quando il CET1 scende al di sotto di una soglia predefinita sufficientemente alta (trigger = 5,125%*ARP) 14 La disciplina sul bail-in, per essere credibile e fattibile, richiede che le banche dispongano non solo di livelli minimi di patrimonio di vigilanza, ma anche di livelli minimi di passività con capacità di assorbimento delle perdite in caso di risoluzione (bail-inable instruments). Le banche devono quindi disporre di una Total Loss Absorbency Capacity (TLAC), composta da tutti gli strumenti finanziari che possano essere legalmente e operativamente svalutati o convertiti in capitale in presenza di risoluzione, per un ammontare che deve essere almeno il doppio dei requisiti di capitale e di leverage (16% dell ARP e 6% delle attività soggette al vincolo del coefficiente di leverage). Gli strumenti del patrimonio di vigilanza e i debiti a lungo termine non assicurati sono le principali componenti della TLAC. La disciplina europea è in corso di emanazione: le regole sulla TLAC saranno implementate mediante la prescrizione di un Minimum Requirement of Eligible Liabilities (MREL) che ciascuna banca dovrà rispettare nella composizione della propria struttura finanziaria. 11

12 Il capitale scende al sotto del minimo regolamentare e non può essere ricostituito in tempi rapidi. La banca è in dissesto o a rischio di dissesto (failing or likely to fail). Fase di Risoluzione: Le autorità di vigilanza giudicano che la banca sia arrivata at the point of non-viability e lo comunica urgentemente all autorità di risoluzione. Se essa giudica che la banca sia di rilevanza sistemica per il Paese o anche solo per il mercato in cui opera, si attiva la procedura di risoluzione. Liquidazione: la banca, non più vitale e non suscettibile di interventi di risoluzione (una banca troppo piccola per essere valutata di rilevanza sistemica), perde l autorizzazione ad operare ed è posta in liquidazione. Loss absorbency on a gone concern: la banca è posta in risoluzione. Le perdite in eccesso rispetto al T1 sono coperte dal T2. Se questo non è sufficiente, le autorità di risoluzione hanno il potere di addossare le perdite residue alle obbligazioni ordinarie, alle cosiddette passività operative (per derivati e altri debiti verso banche), e ai depositi non assicurati (bail-in). Sono esclusi dal bail-in i depositi al dettaglio e altre passività garantite (es. covered bonds). Loss absorbency on a gone concern. In presenza di liquidazione, i creditori della banca recuperano il proprio investimento nei limiti del valore delle attività liquidate con la procedura gestita dal tribunale. Per i depositi assicurati interviene, nei limiti delle proprie disponibilità, il fondo di assicurazione/tutela dei depositi, che si surroga ai diritti dei depositanti garantiti nel concorso sulla massa fallimentare. 4- CARATTERISTICHE DEGLI STRUMENTI AMMESSI NELLE DIVERSE COMPONENTI DEL PATRIMONIO DI VIGILANZA SECONDO BASILEA Il CET1 prima delle deduzioni consiste nei seguenti elementi: Azioni ordinarie emesse dalla banca che soddisfano i requisiti per essere incluse nel CET1 Sovrapprezzi di emissione degli strumenti inclusi nel CET1 Utili non distribuiti Altre riserve palesi di utile iscritte in bilancio Azioni ordinarie emesse da sussidiarie consolidate che soddisfano i criteri per l inclusione nel CET1 Criteri per la classificazione di uno strumento nel CET1: a. Ha la massima subordinazione in caso di liquidazione della banca; b. L investitore ha un diritto sull attivo residuo della liquidazione proporzionale alle quote del capitale emesso, subordinato al rimborso di tutti i creditori senior (il diritto è pertanto variabile e illimitato, non fisso o limitato ad un massimale) 15 ; c. Il valore nominale è privo di scadenza e non viene mai rimborsato al di fuori dell ipotesi di liquidazione (a parte l ipotesi di riacquisti discrezionali o altri modi di riduzione del capitale altrettanto discrezionali consentiti dalle leggi vigenti); 15 Come è nel caso delle azioni privilegiate, che sono quindi escluse dal CET1 e ammesse, purché non cumulative, nel AT1 12

13 d. La banca emittente non adotta comportamenti che creino, al momento dell emissione, aspettative di riacquisto, rimborso o cancellazione dello strumento; e. Le distribuzioni dei dividendi sono effettuate in base ai profitti, inclusi quelli non distribuiti. Il livello della distribuzione non è in alcun modo collegato all ammontare versato all emissione e non è soggetto a massimali; f. In nessuna circostanza la distribuzione è obbligatoria. Il mancato pagamento non costituisce un evento di insolvenza; g. Le distribuzioni sono effettuate solo dopo che la banca ha fatto fronte alle proprie obbligazioni e sono stati remunerati gli strumenti di capitale di rango più elevato (più senior). Il che significa che non ci sono distribuzioni privilegiate; h. È il capitale emesso ad assorbire la prima e proporzionalmente maggiore quota di ogni perdita. Nell ambito del capitale di massima qualità, ognuno degli strumenti assorbe le perdite on a going concern, in misura proporzionale e pari passu (con il medesimo grado di subordinazione) di tutti gli altri. 16 i. L importo versato è riconosciuto come capitale e non come debito ai fini della determinazione dell insolvenza; j. È direttamente emesso e versato, e la banca non può aver finanziato direttamente o indirettamente l acquisto dello strumento; k. L importo versato non è coperto da nessuna garanzia da parte della banca emittente o una entità ad essa collegata, né esistono clausole che legalmente o economicamente aumentino la seniority dello strumento; l. È emesso solo con l approvazione dei proprietari della banca emittente; m. È chiaramente e separatamente indicato nello stato patrimoniale della banca Criteri di computabilità degli strumenti finanziari nel AT1 Nel AT1 sono ammessi: le azioni privilegiate (purché non cumulative e prive di privilegio sul valore di recupero in liquidazione, e non postergate) 17 e varie categorie di strumenti obbligazionari ibridi perpetui, subordinati, non cumulativi, con opzione di rimborso non prima di cinque anni, esercitabile solo su iniziativa dell emittente e previa autorizzazione dell autorità di vigilanza. Essi devono prevedere la clausola che impone la loro svalutazione (azzeramento di valore) o la loro conversione in CET1 quando il CET1 ratio scenda al di sotto di una soglia pari o superiore al 5,125%, e per l importo necessario a riportare il CET1 ratio almeno pari al 5,125%. Fra gli strumenti ibridi inclusi nell AT1 oggi molto usate dalle maggiori banche sono le obbligazioni definite Contingent convertible capital instruments (CoCos o CoCo Bonds) 18, con una soglia di conversione (conversion trigger) alta. Le caratteristiche degli strumenti computabili nel AT1 devono essere le seguenti: a) È emesso e interamente versato; b) È subordinato rispetto ai depositi, ai crediti chirografari e al debito subordinato della banca; 16 Questa clausola significa che non può esistere un diritto di prelazione a favore di alcune categorie di azionisti. 17 Le tradizionali azioni di risparmio non saranno più ammesse nel capitale regolamentare. Oggi le banche utilizzano forme di azioni privilegiate congegnate in modo da essere ammesse nel AT1; le azioni di risparmio preesistenti sono progressivamente convertite in azioni ordinarie. 18 Sono strumenti ibridi nella forma di obbligazioni che, in base alle condizioni contrattuali, assorbono le perdite quando il capitale della banca emittente scende al di sotto di una certa soglia. La soglia può essere predefinita di solito con riferimento ad un certo livello del CET1/ARP o essere lasciata alla decisione dell autorità di vigilanza. Tanto più elevata è la soglia di conversione, tanto migliore è la qualità di questi strumenti. 13

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