Al consulente fiscale non si applica il principio dell "ignoranza inevitabile"
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- Giulia Martelli
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1 Al consulente fiscale non si applica il principio dell "ignoranza inevitabile" di Giuseppe Izzi «Nessuno può invocare a propria scusa l ignoranza della legge penale» (art. 5 c.p.). Questo rigido e basilare principio dell ordinamento penale, è stato mitigato dalla nota sentenza marzo 1988, n. 364, della Corte Costituzionale (vedi pag. 3561), che, rilevando contrasti di legittimità con gli artt. 2, 3 commi 1 e 2, 25 comma 2, 27 commi 1 e 2, e 73 comma 3, Cost., ha stabilito il principio della scusabilità dell ignoranza inevitabile. Tale premessa è d obbligo per introdurre l ultima pronuncia sul tema della Corte di Cassazione. Infatti, con la sentenza n /95 (vedi pag. 3559), la Sez. III Penale ha deciso in ordine ad una fattispecie relativa ad un commercialista, il quale, imputato di avere omesso la tenuta del libro degli inventari e di non aver provveduto alla registrazione analitica delle attività, delle passività e delle rimanenze di magazzino, aveva addotto a propria discolpa l ignoranza della legge penale tributaria. Per quanto forzosa possa sembrare, la motivazione del professionista aveva convinto il Tribunale che, in primo grado, aveva emesso formula assolutoria sul presupposto della possibile non conoscenza della fattispecie incriminatrice. Quindi, è bene a questo punto evidenziare quali ambiti possono eludere il comando del precetto penale e, di conseguenza, rendere inapplicabile la relativa sanzione prevista. La sentenza n. 364/88 della Corte Costituzionale, che per la prima volta ha temperato il principio in virtù del quale ignorantia legis non excusat, va letta nell esclusiva chiave fornita dallo stesso giudice costituzionale, così come oggi ripresa dalla suprema Corte. Tale chiave, che costituisce anche il limite princi- pale all apertura fornita dalla sentenza, consta del fatto che la deroga introdotta va considerata ed applicata secondo rigidi parametri oggettivi, e giammai soggettivi. La circostanza rilevante può essere causata da molteplici fattori: il fatto noto che rende impossibile ogni comunicazione ufficiale (ad es. evento bellico, catastrofi naturali, etc.), ovvero se tali comunicazioni ufficiali, a mezzo stampa o via radio, siano errate o incomprensibili nella formulazione, od ancora quando oscurità o contraddittorietà del testo ne renda assolutamente incerta la finalità, od anche quando indirizzi interpretativi provenienti da organi qualificati (pubblica amministrazione, magistratura, etc.) siano erronei o contraddittori. In tutti questi casi, possiamo avvalorare il principio di scusabilità dell errore, così come introdotto dalla pronuncia del giudice costituzionale. Diversamente, nel caso di specie, come rilevato dalla Cassazione, il professionista svolgeva l attività di consulente fiscale, vale a dire una professione così specifica per il cui esercizio è d obbligo una preparazione tecnica da non ammettere in ogni caso, ma a maggior ragione nel proprio campo - l ignoranza della legge. Tale aspetto è stato messo in luce con assoluta chiarezza da una precedente decisione della stessa Cassazione a Sezioni Unite che, con sentenza n. 8154/ 94 (vedi pag. 3561), ha sottolineato come per il comune cittadino tale condizione (inevitabilità dell illecito) è sussistente, ogni qualvolta egli abbia assolto, con il criterio dell ordinaria diligenza, il cosiddetto dovere di informazione, attraverso l espletamento di qualsiasi utile accertamento, per conseguire la conoscenza della legislazione vigente in materia. Tale Finanza & Fisco pag. 3558
2 obbligo è particolarmente rigoroso per tutti coloro che svolgono professionalmente una determinata attività, i quali rispondono dell illecito anche in virtù di una culpa levis nello svolgimento dell indagine giuridica. Pertanto, pur non soffermandoci in questa sede sulle caratteristiche della colpa del professionista, e della eventuale presenza di scriminanti derivanti dai comportamenti e dalle istruzioni ricevute dal cliente (in merito v., Izzi G., La responsabilità del commercialista ed il concorso nell illecito del cliente-contribuente, in "Finanza & Fisco Mensile" di Settembre 1995, pagg ss., con rassegna di giurisprudenza sul punto), si deve concludere che per i commercialisti in genere, ovvero coloro i quali, a vario titolo, siano idonei a svolgere attività di consulenza nel settore fiscale, non può ammettersi la scusante della non conoscenza della legge penale tributaria ed ai quali, pertanto, nell esercizio della loro attività, non trova applicazione la limitazione della colpa così come introdotta dalla Corte Costituzionale, sussistendo invece, a loro carico, una presunzione di colpa determinata proprio dalla loro presupposta professionalità Violazione leggi penal-tributarie: non invocabile dal consulente fiscale a propria discolpa "l ignoranza scusabile" Corte di Cassazione - Sez. III penale - Sentenza n del 3 novembre 1995 Presidente: Accinni, Relatore: Morgigni Cass. - Sez. III pen. - Sentenza n del 3/11/1995 Presidente: Accinni, Relatore: Morgigni Legge penal-tributaria: non invocabile dal consulente fiscale a propria discolpa "l ignoranza scusabile" Nel testo integrale La Corte Suprema di Cassazione sez. III penale composta dagli Ill.mi Sigg.: Dott. Accinni Guido (Presidente), Dott. Morgigni Antonio (Relatore), Dott. Pioletti Giovanni, Dott. Rizzo Aldo, Dott. De Maio Guido (Consiglieri) ha pronunciato la seguente Sentenza sul ricorso proposto dal Procuratore Generale presso la Corte d'appello di Campobasso contro I.R. avverso la sentenza 21 dicembre 1994 del Tribunale di Campobasso Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Antonio Morgigni; Sentita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale M. F. che ha concluso per l' A.C.R.; Sentito il difensore Avv. M., che insiste nell'accoglimento Svolgimento del processo Il 21 dicembre 1994 il Tribunale di Campobasso ha assolto perchè il fatto non costituisce reato R.I. da reato di cui all'art. 1 ultimo comma legge n. 516 del 1982 per avere nella qualità di consulente fiscale e depositario delle scritture contabili dell'impresa "T.E." di L.Z., concorso con quest'ultima nell'omessa tenuta del libro degli inventari, in cui non venivano registrati in maniera analitica le attività, le passività e le rimanenze di magazzino, acc. in Campobasso il 23 Finanza & Fisco pag. 3559
3 settembre Ricorre il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Campobasso, deducendo: 1) violazione dell'art. 22 D.P.R. n. 600 del 1973 con riferimento all'art. 15 precedente ed all'art codice civile, poichè sarebbe obbligatoria l'indicazione analitica ai sensi del citato art. 15, che costituirebbe parte integrante del precetto penale; 2) violazione dell'art. 5 codice penale, poichè l'erronea interpretazione circa le modalità di tenuta dei libri non avrebbe il carattere dell'inevitabilità. Il 26 settembre c.a. lo I.R. ha presentato una memoria difensiva, nella quale evidenzia che l'operato sarebbe conforme a legge, poichè l'art. 15 D.P.R. n. 600 del 1973 prevede che "ove dall'inventario non si rilevino gli elementi che costituiscono ciascun gruppo e la loro ubicazione, devono essere tenute a disposizione dell'ufficio delle imposte le distinte che sono servite per la compilazione dell'inventario". Sarebbe rispettato anche il dettato dell'art codice civile. Inoltre il reato de quo sarebbe configurabile soltanto quando le scritture siano inattendibili per irregolarità gravi, ripetute e numerose. Motivi della decisione Il ricorso è fondato. Reputa il collegio di doversi adeguare all'insegnamento delle Sezioni Unite, che nella sentenza n ud. 10 giugno 1994, ric. P.M. in proc. C., mass (conf. mass , ) hanno così statuito: "A seguito della sentenza 23 marzo 1988 n. 364 della Corte Costituzionale, secondo la quale l'ignoranza della legge penale, se incolpevole a cagione della sua inevitabilità, scusa l'autore dell'illecito, vanno stabiliti i limiti di tale inevitabilità. Per il comune cittadino tale condizione è sussistente, ogni qualvolta egli abbia assolto, con il criterio dell'ordinaria diligenza, al cosiddetto dovere d'informazione, attraverso l'espletamento di qualsiasi utile accertamento, per conseguire la conoscenza della legislazione vigente in materia. Tale obbligo è particolarmente «... non può invocare a propria discolpa l'ignoranza scusabile ed il giudice non può ad essa dare rilievo, poichè lo I.R. svolge professionalmente l'attività di consulente fiscale.» rigoroso per tutti coloro che svolgono professionalmente una determinata attività, i quali rispondono dell'illecito anche in virtù di una "culpa levis" nello svolgimento dell'indagine giuridica. Per l'affermazione della scusabilità dell'ignoranza, occorre, cioè, che da un comportamento positivo degli organi amministrativi o da un complessivo pacifico orientamento giurisprudenziale, l'agente abbia tratto il convincimento della corretezza dell'interpretazione normativa e, conseguentemente, della liceità del comportamento tenuto". Ne deriva che nella specie l'imputato non può invocare a propria discolpa l'ignoranza scusabile ed il giudice non può ad essa dare rilievo, poichè lo I.R. svolge professionalmente l'attività di consulente fiscale. Il Pubblico Ministero ricorrente ha poi sollevato l'altra questione, attinente all'interpretazione dell'art. 1 ultimo comma legge n. 516 del 1982, osservando sostanzialmente che la modifica normativa secondo cui le scritture contabili sarebbero inattendibili soltanto quando siano tali "nel loro complesso a causa di irregolarità gravi, numerose e ripetute" non sarebbe applicabile nel caso de quo, e cioè ai fatti disciplinati del testo originario per il principio di ultrattività delle disposizioni penali tributarie. Lo I.R. con la memoria presentata si è difeso soltanto su questo aspetto. Al riguardo deve rilevarsi che la sentenza del Tribunale non richiama affatto tale modifica, nè sembra essersi posta il quesito, sollevato dalle parti in questa sede. Questa Corte deve pertanto attenersi ai limiti del devolutum; spetterà eventualmente al giudice del rinvio, osservando il principio di diritto innanzi fissato, stabilire l'interpretazione da attribuire alla pregressa normativa, anche alla luce della giurisprudenza di questa Corte, tenendo conto delle modalità di fatto dell'azione. P.Q.M. la Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di L'Aquila. Finanza & Fisco pag. 3560
4 Rassegna delle sentenze in massima riguardanti l "ignoranza inevitabile" Corte Costituzionale - Sentenza n. 364 del 23-24/03/1988 Presidente: Saja, Relatore: Dell Andro In Massima Legge penale - Causa di non punibilità - Ignoranza - Inescusabilità - Ignoranza inevitabile - Art. 5 Cod. pen. - Incostituzionalità in parte qua - Effetti sull'ignoranza evitabile della legge penale - Attenuazione della pena - Valutazione discrezionale del legislatore Cost. artt. 3 e 27 Codice penale art. 5 L'art. 5 c.p. è costituzionalmente illegittimo, per contrasto con gli art. 27, primo e secondo comma, e 3, primo e secondo comma, Cost., e con «lo spirito stesso dell intera carta fondamentale ed i suoi essenziali principi ispiratori», «nella parte in cui non esclude dall inescusabilità dell ignoranza della legge penale l ignoranza inevitabile». Cass. - Sez. VI - Sentenza n del 05/10/94 Presidente: Di Gennaro, Relatore: De Roberto Legge penale - Ignoranza - Errore del pubblico ufficiale circa la facoltà di disporre del danaro appartenente alla pubblica amministrazione - Efficacia scriminante - Esclusione Deve escludersi che l'errore del pubblico ufficiale circa le proprie facoltà di disposizione del pubblico denaro per fini diversi da quelli istituzionali possa assumere qualsivoglia efficacia scriminante perchè, pur essendo la destinazione delle somme determinata da una norma di diritto amministrativo, tale norma deve intendersi richiamata dalla norma penale, della quale integra il contenuto. Pertanto, l'illegittimità della destinazione, anche se imputabile ad ignoranza dell'agente sui limiti dei propri poteri, non si risolve in un errore di fatto su legge diversa da quella penale, ma costituisce errore o ingnoranza della legge penale e, come tale, non vale ad escludere l'elemento soggettivo del reato di peculato che consiste nella coscienza e volontà di far proprie somme di cui il pubblico ufficiale ha il possesso per ragioni del suo ufficio. Nè potrebbe essere utilmente richiamato il "decisum" della sentenza costituzionale n. 364 del 1988 che ha dichiarato illegittimo l'art. 5 cod. pen., nella parte in cui non esclude dall'inescusabilità dell'ignoranza della legge penale l'ignoranza inevitabile. Infatti, i soggetti che esplicano professionalmente una determinata attività rispondono anche in virtù della "culpa levis" nello svolgimento dell'indagine giuridica; da ciò deriva che per la scusabilità dell'ignoranza (e, dunque, anche dell'errore) occorre che da un comportamento degli organi amministrativi o da un complessivo pacifico orientamento giurisprudenziale venga tratto il convincimento della correttezza dell'interpretazione e, conseguentemente, della liceità del comportamento tenuto. V. Corte costituzionale, sentenza n. 364 del 1988 Cass.- Sez. U - Sentenza n del 18/07/94 Presidente: Brancaccio, Relatore: Morgigni Legge penale - Ignoranza - Scusabilità - Condizioni - Fattispecie Finanza & Fisco pag. 3561
5 A seguito della sentenza 23 marzo 1988 n. 364 della Corte Costituzionale secondo la quale l'ignoranza della legge penale, se incolpevole a cagione della sua inevitabilità, scusa l'autore dell'illecito, vanno stabiliti i limiti di tale inevitabilità. Per il comune cittadino tale condizione è sussistente, ogni qualvolta egli abbia assolto, con il criterio dell'ordinaria diligenza, al cosiddetto "dovere di informazione", attraverso l'espletamento di qualsiasi utile accertamento, per conseguire la conoscenza della legislazione vigente in materia. Tale obbligo è particolarmente rigoroso per tutti coloro che svolgono professionalmente una determinata attività, i quali rispondono dell'illecito anche in virtù di una "culpa levis" nello svolgimento dell'indagine giuridica. Per l'affermazione della scusabilità dell'ignoranza, occorre, cioè, che da un comportamento positivo degli organi amministrativi o da un complessivo pacifico orientamento giurisprudenziale, l'agente abbia tratto il convincimento della correttezza dell'interpretazione normativa e, conseguentemente, della liceità del comportamento tenuto. (Fattispecie relativa a reati urbanistici, in relazione ai quali la Suprema Corte ha confermato l'assoluzione pronunciata dal giudice di merito per mancanza dell'elemento soggettivo del reato, motivata dalla convinzione degli imputati dell'assenza del vincolo di inedificabilità, più volte affermata in provvedimenti del giudice amministrativo, nonchè in specifici atti ufficiali del Ministero dei beni culturali e ambientali e del Comune interessato, e ha conseguentemente ritenuto assorbita, perchè irrilevante, la questione della sindacabilità, da parte del giudice ordinario, della concessione "macroscopicamente illegittima"). Cass. - Sez. III - Sentenza n del 23/06/94 Presidente: Tridico, Relatore: Savignano Legge penale - Ignoranza - Ignoranza scusabile In tema di ignoranza scusabile della legge penale, su coloro che esercitano professionalmente un'attività incombe il dovere, nell'ipotesi di dubbio sulla liceità dell'azione, di astenersi dal compierla. Finanza & Fisco pag. 3562
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