Estremi liberi. (H x, x) x 2 (1) F (x) =
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- Ilaria Pizzi
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1 Estremi liberi Allo scopo di ottenere delle condizioni sufficienti affinchè un punto stazionario sia un estremante, premettiamo alcuni risultati riguardanti le proprietà delle forme quadratiche. Sia H = [h r,s ] una matrice di tipo n n reale e simmetrica (ricordiamo che tali matrici hanno tutti gli autovalori reali). Sia F : R n {0} R la funzione F (x) = (H x, x) x 2 (1) Procuriamoci l espressione delle derivate parziali di F (tale funzione è differenziabile in quanto rapporto di polinomi). Dapprima deriviamo parzialmente (H x, x). Poichè (H x, x) = h rs x r x s = x r h rs x s si ottiene D i (H x, x) = D i x r h rs x s + x r h rs D i x s. Ma D i x r = δ ir e D i x s = δ is (delta di Kronecker). Quindi D i (H x, x) = = h is x s + δ ir r=1 h rs x s + h ri x r = 2 h is x s r=1 tenuto conto della simmetria della matrice. Poichè si ha D i F (x) = 2 x 2 n x 2 = x i x i x r x 2 r = 2x i, r=1 h is x s x i (H x, x) x 4 = 2 x 2 h rs δ is = ( ) h is x s x i F (x). Lemma 1 Sia F la funzione definita in (1). Un punto a 0 è stazionario per F se e solo se F (a) è un autovalore di H con autovettore a. 1
2 Dim. Infatti D i F (a) = 0 se e solo se h is a s = a i F (a) per ogni i = 1,.., n e, riscrivendo le n relazioni scalari come un unica relazione vettoriale, si ottiene H a = F (a)a. Lemma 2 La funzione F definita in (1) ha estremi assoluti in R n {0}. Il massimo assoluto M e il minimo assoluto m sono rispettivamente il massimo e il minimo autovalore di H. In particolare per ogni x R n si ha m x 2 (H x, x) M x 2. (2) Dim. Notiamo dapprima che per ogni t > 0 e per ogni x 0 F (tx) = (H tx, tx) (H x, x) tx 2 = x 2 = F (x). In particolare F (x/ x ) = F (x) per ogni x 0. Quindi sup F (x) = sup F (y) x 0 y =1 (3) inf F (x) = inf F (y). x 0 y =1 Poichè la superficie sferica unitaria { y R n : y = 1 } è compatta, e poichè F è ivi continua, F ammette massimo e minimo assoluti su tale insieme e quindi su tutto R n {0} per la (3). Detti M e m tali valori, esistono almeno due punti u e v tali che F (u) = M e F (v) = m. Per il teorema di Fermat, i punti u e v sono stazionari e quindi, per il lemma precedente, F (u) e F (v) sono autovalori di H. È facile vedere che essi sono il massimo e minimo autovalore di H. Infatti, per ogni autovalore λ avente autovettore w, si ha F (w) = (H w, w) (w, w) w 2 = λ w 2 = λ. Poichè M e m sono massimo e minimo assoluti di F, si ha m λ M. Denotiamo ancora con m e M rispettivamente il minimo e il massimo autovalore della matrice H. E immediato a questo punto verificare tramite la (2) le seguenti equivalenze che definiscono e/o caratterizzano le forme quadratiche definite positive o negative (le prime due), semidefinite positive o negative (la 2
3 terza e la quarta) e infine indefinite (la quinta). i) (H x, x) > 0 per ogni x 0 m > 0 ii) (H x, x) < 0 per ogni x 0 M < 0 iii) (H x, x) 0 per ogni x m 0 iv) (H x, x) 0 per ogni x M 0 v) Esistono x, y tali che (H x, x) > 0 e (H y, y) < 0 mm < 0 Veniamo ora agli estremanti relativi. Sia f di classe C 2 sull aperto Ω R n a valori reali. La matrice (le derivate si intendono calcolate nello stesso punto x Ω) H(x) = x 2 1 x 2 x 1 x 1 x 2 x 2 2 x 1 x n x 2 x n x n x 1 x n x 2 x 2 n è nota con il nome di matrice hessiana di f nel punto x; è in particolare una matrice simmetrica, poiché le derivate miste non dipendono dall ordine di derivazione. Lo studio dei punti stazionari di una funzione di classe C 2 si conduce mediante lo studio degli autovalori della sua matrice hessiana. Si ha infatti il seguente teorema. Teorema 3 Sia f : Ω R n R una funzione di classe C 2 sull aperto Ω. Sia a Ω un punto stazionario per f; siano m e M il minimo e il massimo autovalore di H(a). Si ha 1. se m > 0 allora a è un punto di minimo relativo forte 2. se M < 0 allora a è un punto di massimo relativo forte 3. se a è un punto di minimo relativo allora m 0 4. se a è un punto di massimo relativo allora M 0 5. se mm < 0 allora a non è un punto estremante. 3
4 Dim. Dimostriamo le prime due. Possiamo scrivere la formula di Taylor arrestata al secondo ordine con resto di Peano. Poichè a è stazionario, le derivate prime in a sono nulle e quindi, in un intorno di a, si ha f(x) f(a) = 1 2 i=1 j=1 Di,j 2 f(a)(x i a i )(x j a j ) + o( x a 2 ) = = 1 2 (H(a) (x a), x a) + o( x a 2 ) = [ = x a 2 1 (H(a) (x a), x a) 2 x a 2 + o( x ] a 2 ) x a 2 per ogni x a Se m > 0 si ottiene f(x) f(a) x a 2 [ 1 2 m + o( x a 2 ) x a 2 e quindi f(x) f(a) > 0 se x appartiene a un opportuno intorno di a e x a. Se M < 0, un analogo ragionamento mostra che f(x) f(a) < 0 in un intorno di a, x a. Nel primo caso a è un punto di minimo relativo forte, nel secondo un punto di massimo relativo forte. Per dimostrare la terza e la quarta, utilizziamo la formula di Taylor con resto di Lagrange. Sia v un qualsiasi versore. Si ha, per t abbastanza piccolo (in modo che [a, a + tv] Ω), f(a + tv) f(a) = t2 2 i=1 j=1 ] Di,j 2 f(a + tϑv)v iv j = = t2 (H(a + tϑv) v, v). 2 Se a è un punto di minimo relativo allora, in un intorno di a, f(x) f(a) 0 e quindi per t abbastanza piccolo (H(a + tϑv) v, v) 0. Facendo tendere t a 0 si ottiene (H(a) v, v) 0 per ogni versore v; la forma quadratica è semidefinita positiva e quindi m 0. Un analogo ragionamento dimostra la quarta. Infine la quinta segue per esclusione. Lo studio della natura dei punti stazionari di una funzione è così ricondotto allo studio del segno degli autovalori della matrice hessiana; nel caso n = 2 non occorre però calcolarli espressamente, poiché possiamo ricavarne il segno tramite lo studio del segno del determinante di H. Vale infatti il seguente teorema. Teorema 4 Sia f : Ω R 2 R una funzione di classe C 2 sull aperto Ω e a Ω un suo punto stazionario. 1. Se det H(a) > 0 allora a è un estremante forte, e precisamente è un minimo se f xx (a) > 0, un massimo se f xx (a) < 0. 4
5 2. Se det H(a) < 0 allora a non è un estremante. Dim. In questo caso ci sono solo due autovalori, M e m, eventualmente coincidenti. Essi sono le soluzioni dell equazione [ ] fxx λ f det xy = 0, f yy λ f xy ove le derivate si intendono calcolate in a. Sviluppando il determinante si ha λ 2 (f xx + f yy )λ + f xx f yy (f xy ) 2 = 0 Si osservi che il termine noto f xx f yy (f xy ) 2 è il determinante di H(a) e, d altra parte, esso coincide con il prodotto mm delle radici. Se il termine noto è negativo, i due autovalori m e M hanno segno opposto e quindi vale la 2). Se invece il termine noto è positivo, m e M hanno lo stesso segno; inoltre f xx f yy (f xy ) 2 > 0 f xx f yy > 0 cioè le due derivate non miste hanno lo stesso segno. Ma m + M = f xx + f yy, e quindi, se le due derivate sono positive, m > 0 (e anche M > 0), mentre se sono negative, M < 0 (e anche m < 0). Anche nel caso in cui la dimensione dello spazio è superiore a 2, possiamo stabilire quando gli autovalori sono tutti positivi o tutti negativi (cioè quando possiamo applicare la condizione sufficiente affinché un punto stazionario sia estremante), con un semplice metodo fondato sui coefficienti dell equazione caratteristica della matrice hessiana, vale a dire l equazione det(h λi) = 0. Se la scriviamo nella forma P (λ) = λ n + a 1 λ n 1 + a 2 λ n a n = 0 e denotiamo con λ 1,..., λ n le sue soluzioni, cioè gli autovalori di H, si ha da cui P (λ) = (λ λ 1 )(λ λ 2 ) (λ λ n ), a 1 = i=1 λ i a 2 = i j λ i λ j a 3 = λ i λ j λ k i j k a n = ( 1) n n Se λ i < 0 per ogni i allora chiaramente a j > 0 per ogni j. Viceversa, se a j > 0 per ogni j, per ogni λ 0 si ha i=1 λ i P (λ) a n > 0 5
6 per cui tutte le radici di P sono sul semiasse negativo. Se λ i > 0 per ogni i allora chiaramente a j < 0 per j dispari e a j > 0 per j pari. Viceversa, se a j < 0 per j dispari e a j > 0 per j pari, allora per ogni λ 0 si ha P (λ) a n > 0 P (λ) a n < 0 per n pari per n dispari per cui tutte le radici di P sono sul semiasse positivo. 6
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