LA TOMOGRAFIA OTTICA COMPUTERIZZATA (OCT): UNA NUOVA ISTOLOGIA IN VIVO?

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1 LA TOMOGRAFIA OTTICA COMPUTERIZZATA (OCT): UNA NUOVA ISTOLOGIA IN VIVO? Francesco Prati, Tamer Fouad, Maria Cera, Vito Ramazzotti Emodinamica e Cardiologia Interventistica, Ospedale San Giovanni-Addolorata, Roma Aspetti tecnici La tomografia ottica computerizzata (OCT) è una tecnica intracoronarica che si basa sull invio di luce ad infrarossi. La riflessione del fascio di luce genera immagini ad alta risoluzione delle lesioni coronariche e della parete vasale (1-3). Il miglioramento della risoluzione delle immagini OCT, rispetto a quelle ultrasonografiche (IVUS), è considerevole; la risoluzione longitudinale è infatti pari a µ, risultando almeno 30 volte superiore (Fig. 1). La tecnica è pertanto in grado di studiare strutture di dimensioni molto contenute, che sono al di là delle capacità risolutive dell IVUS. Lo studio delle coronarie mediante OCT è ostacolato dall elevata riflettenza dei globuli rossi del sangue. La soluzione tecnica utilizzata dalla LightLab per ovviare a questo problema prevede l impiego di un palloncino gonfiato a bassa pressione (0,3-0,5 atmosfere) per occludere l arteria da studiare. Attraverso il palloncino si posiziona l imagewire (una sottile fibra ottica con diametro massimo pari a 0,19 inch) in un segmento distale alla lesione da studiare. Infine, dopo aver gonfiato il palloncino, si inizia il pull-back della sonda OCT mentre si infonde soluzione fisiologica dal tramite distale del catetere per consentire l allontanamento della porzione corpuscolata del sangue. La metodica è pertanto abbastanza complessa poiché l occlusione dell arteria evoca ischemia e talvolta angina pectoris. Una soluzione alternativa a quella descritta prevede lo studio dell arteria attraverso la parete del palloncino. Come limite della tecnica, va osservato che il gonfiaggio del palloncino può ostacolare il rilievo di fissurazioni o ulcerazioni della placca aterosclerotica. In uno studio recentemente condotto a termine dal nostro gruppo si è valutato l effetto indotto dalla dilatazione con palloncino a bassa pressione (300 mmhg) sulle dimensioni luminali e sulla parete vasale (dati non pubblicati). A tale scopo sono state studiate 10 lesioni da campioni arteriosi coronarici. Le coronarie sono state valutate in ambiente acquoso a pressione costante, applicando una metodologia validata. Le misurazioni OCT (diametro e area luminale e diametro e area della placca aterosclerotica) venivano effettuate a palloncino sgonfio e ripetute dopo gonfiaggio dello stesso. Le misurazioni del lume Figura 1. Esempi di definizione della placca aterosclerotica mediante IVUS e OCT. Il riquadro in alto a sinistra, ottenuto mediante OCT, mostra una formazione lipidica (freccia). Si può apprezzare l alta definizione dell immagine. Anche nel riquadro in alto a destra è presente un pool lipidico (freccia). La definizione delle immagini ottenuta mediante IVUS non consente tuttavia di effettuare misurazioni relative all area della formazione lipidica e dello spessore della capsula fibrosa. Il riquadro in basso a sinistra, ottenuto mediante OCT, evidenzia con estrema chiarezza una formazione trombotica intraluminale (freccia). Il riquadro in basso a destra si riferisce al rilievo OCT di una placca calcifica (freccia). 3

2 della coronaria e dello spessore della parete aterosclerotica ottenute prima e durante dilatazione erano sovrapponibili (Fig. 2). Si è dimostrato, pertanto, che la dilatazione con palloncino alla pressione di 300 mmhg non induce significative distorsioni dell anatomia vasale. I limiti dell OCT Un importante limitazione tecnica è la scarsa penetrazione della luce e la conseguente impossibilità di valutare le componenti della placca ad una profondità superiore a 1,5-2,0 mm. Questo limite impedisce di definire in modo completo la composizione delle placche aterosclerotiche, di misurarne il volume e di studiare il fenomeno del rimodellamento. Nonostante l OCT identifichi le componenti tessutali con elevata accuratezza, la distinzione tra le formazioni lipidiche e calcifiche della placca aterosclerotica non è agevole. La distinzione è resa possibile dall analisi dei contorni delle due componenti tessutali; in presenza di lipidi i contorni con il tessuto fibroso circostante sono infatti più sfumati. In futuro l abbinamento dell OCT alla spettroscopia (4), metodica che fornisce preziose informazioni sulla composizione chimica delle lesioni coronariche, potrebbe essere uno strumento prezioso per rendere più agevole Figura 2. I riquadri a sinistra si riferiscono alle misurazioni della placca aterosclerotica ottenute a palloncino sgonfio mentre quelle a destra evidenziano le misurazioni della placca, effettuate gonfiando il palloncino. Come evidenziabile nel riquadro in basso le aree luminali e della placca sono sovrapponibili. l interpretazione della composizione della placca. La fusione delle due metodiche è resa possibile dal fatto che possano essere veicolate da un unica fibra ottica. Lo studio dell aterosclerosi Le componenti della placca aterosclerotica Studi in vitro di recente pubblicazione (2,3) hanno dimostrato che l OCT è in grado di identificare le componenti della placca aterosclerotica con altissima sensibilità e specificità. Yabushita et al. (1) hanno confrontato le immagini OCT con la valutazione istologica in 357 segmenti arteriosi autoptici con aterosclerosi. Le placche fibrose erano indicate come zone con omogenea ecogenicità, quelle fibrocalcifiche come poco ecogene e ben delineate (bordi netti) ed infine quelle lipidiche come porzioni a debole ecogenicità e meno definite (bordi meno distinti). Le tre componenti della placca venivano individuate con una sensibilità e specificità superiore al 90%. Inoltre la variazione delle misurazioni, effettuate dallo stesso operatore e da operatori diversi, erano molto contenute (valori kappa rispettivamente dello 0,88 e dello 0,91). Secondo la nostra esperienza l OCT può studiare con precisione le formazioni lipidiche all interno della placca aterosclerotica e può consentire il calcolo dello spessore della capsula fibrosa e dell area della formazione lipidica (5) (Fig. 3). A tal proposito abbiamo studiato 19 segmenti coronarici freschi, ottenuti da casi autoptici, mediante IVUS e OCT. Sono state impiegate le sonde OCT M1 LightLab Inc. (Goodman, Japan) e le sonde IVUS Atlantis (Boston Scientific, USA). I campioni coronarici sono stati quindi fissati in formalina per la valutazione istologica. Le misurazioni dello spessore della capsula fibrosa ottenute con istologia e OCT erano sovrapponibili: per la capsula fibrosa 0,21±0,26 mm e 0,23±0,26 mm (p=n.s.), per il pool lipidico (0,33±0,16 mm e 0,33±0,14 mm (p=n.s.) e per i depositi calcifici (0,47±0,18 mm e 0,48±0,19 mm (p=n.s.). Inoltre si è evidenziata un alta correlazione tra le misurazioni OCT ed i rilievi istologici. Relativamente alle 62 misurazioni della capsula fibrosa e del pool lipidico le correlazioni erano rispettivamente di 0,95 e 0,92 (p<0,05 in entrambe), mentre per le 55 misurazioni dei depositi calcifici la correlazione era di 0,95 (p<0,05). 4

3 LA TOMOGRAFIA OTTICA COMPUTERIZZATA (OCT): UNA NUOVA ISTOLOGIA IN VIVO? Figura 3. Studio della placca aterosclerotica mediante OCT. L angiografia rivela una stenosi localizzata nel tratto medio dell arteria circonflessa (DS = 55%). L OCT conferma la presenza di una stenosi emodinamicamente significativa, mostrando un area luminale minima di 4,1 mm 2 (riquadro in basso). La tecnica evidenzia in modo chiaro una placca aterosclerotica eccentrica a composizione fibrosa (freccia nel riquadro in basso). Nel segmento di riferimento si nota una minima aterosclerosi ed una struttura trilaminare dell arteria con una tunica muscolare molto ben rappresentata. Il confronto tra le due cross-section OCT esclude la presenza di rimodellamento, essendo l area vasale nelle due cross-section sovrapponibile. Tearny et al. (6), applicando una diversa tecnica di filtraggio del segnale OCT, hanno dimostrato che con questa tecnica è possibile quantificare il contenuto di macrofagi all interno della capsula fibrosa. In particolare la capsula fibrosa con macrofagi determina molteplici riflessioni del segnale OCT, causando un alta deviazione standard del segnale. Gli Autori hanno confrontato le immagini OCT ottenute su 26 placche aterosclerotiche di tipo lipidico, con la valutazione istologica. Il contenuto di macrofagi è stato quantificato all istologia mediante valutazione immunoistochimica di anticorpi murini monoclonali CD 68 ed è stato confrontato con la deviazione standard del segnale OCT nelle localizzazioni intra-placca corrispondenti. Gli Autori hanno individuato una correlazione positiva tra la valutazione della densità di macrofagi ottenuta con OCT ed il rilievo istologico. In presenza di una deviazione standard compresa tra 6,15% e 6,35% la sensibilità e specificità della tecnica nell individuare uno staining CD68 della capsula fibrosa maggiore del 10% erano ambedue del 100%. Se confermata da studi clinici, questa osservazione permetterebbe di definire non solo la composizione della placca aterosclerotica ma anche di valutarne l attività infiammatoria. Le osservazioni in vitro hanno anche dimostrato che l OCT è in grado di identificare le lesioni aterosclerotiche di aspetto complicato, con piccole ulcerazioni e sovrapposizione trombotica (2,3) (Fig. 4). La definizione di questi elementi patologici permette di riconoscere le lesioni «instabili» responsabili di sindromi coronariche acute con un accuratezza decisamente superiore all IVUS. Jang et al. (7) per primi hanno valutato con l OCT la morfologia della placca aterosclerotica nelle differenti manifestazioni cliniche della cardiopatia ischemica. Gli Autori hanno studiato 57 pazienti (20 con infarto acuto, 20 con angina instabile e 17 con angina stabile). Placche lipidiche, definite come lesioni con lipidi estesi ad almeno 2 quadranti della sezione trasversale, si osservavano rispettivamente nel 90%, 75%, 59%, rispettivamente (p<0,09). I valori medi dello spessore minimo della capsula fibrosa erano rispettivamente 47, 53.8 e microns (p<0,034). La percentuale di placche con capsula fibrosa sottile (al di sotto di 65 microns) era del 72% nel gruppo con infarto, del 50%, nel gruppo con angina instabile e del 20% in quello con angina stabile (p<0,012). L OCT ed i criteri di vulnerabilità di placca La metodica di «imaging» ideale dovrebbe individuare, in modo non invasivo, quegli aspetti morfologici e funzionali indicativi di vulnerabilità di placca recentemente raggruppati da una Task Force in criteri maggiori e minori (Tab. I) (8). Purtroppo una tecnica di «imaging» in grado di riassumere queste caratteristiche non è disponibile. Lo studio della coronaropatia si avvale tuttavia di metodiche, prevalentemente invasive, in grado di fornire alcuni degli elementi che identificano le lesioni aterosclerotiche vulnerabili. Tra queste l OCT è la più promettente, essendo al momento l unica tecnica in grado di cogliere le caratteristiche che sono state raggruppate tra gli elementi maggiori di vulnerabilità. I pool lipidici superficiali e ben rappresentati, le lesioni con segni di fissurazione o rottura, che rappresentano la spia di un processo di instabilizzazione verificatasi verosimilmente in epoca recente, sono facilmente individuabili con l OCT. Solamente le formazioni lipidiche meno pericolose, o meglio quelle 5

4 Figura 4. Il riquadro a sinistra mostra un immagine angiografica di un graft venoso verso la discendente anteriore che documenta buona pervietà del bypass, delle anastomosi prossimali e distali ed irregolarità parietali nel tratto medio (freccia). Le quattro immagini a destra si riferiscono alle sezioni trasversali OCT, ottenute in sequenza, entro 4 mm, a livello del tratto medio del graft: A: fissurazione endoteliale; B e C: iniziale trombosi sull alterazione dell endotelio; D: rilievo del trombo. profonde, separate da una capsula fibrosa con spessore superiore ad 1 mm, possono sfuggire alla metodica (8). Anche l IVUS dà informazioni sulla composizione lipidica dell aterosclerosi, con il vantaggio di valutare la placca a tutto spessore e di essere tecnicamente più semplice dell OCT. L IVUS tuttavia, avendo una risoluzione assiale di circa 0,3 mm, è meno accurata dell OCT nel definire la presenza di pool lipidici. Inoltre l IVUS non consente misurazioni della capsula fibrosa e non rileva in modo attendibile la presenza di trombi o piccole dissezioni. L infiammazione della placca riveste un ruolo molto importante nella instabilizzazione della placca aterosclerotica. La termografia permette una valutazione indiretta dell infiammazione mediante il rilievo della temperatura ovviamente aumentata in presenza di flogosi. Anche l OCT può essere impiegato per studiare l infiammazione della placca. La tecnica, come ricordato, può infatti evidenziare la presenza di macrofagi nella capsula fibrosa che, come noto, si accompagnano al processo di infiammazione dell aterosclerosi. Meno facile è l individuazione con tecniche di imaging delle denudazioni endoteliali. Al momento l OCT e l angioscopia sembrano essere TABELLA I Criteri maggiori di vulnerabilità di placca Infiammazione Capsula fibrosa sottile con ampio core lipidico Alterazione endoteliale Segni di fissurazione/rottura della placca aterosclerotica Stenosi di grado importante Criteri minori di vulnerabilità di placca Calcificazioni superficiali Placche di color giallo all angioscopia Emorragia intra-placca Disfunzione endoteliale Rimodellamento positivo le uniche tecniche impiegabili. Infine, il rilievo di stenosi di grado importante è un elemento facilmente ottenibile, anche con l OCT. L OCT nelle procedure interventistiche L OCT riveste un ruolo importante nello studio dell aterosclerosi ed offre preziose informazioni sulla fisiopatologia delle sindromi coronariche acute. La tecnica sem- 6

5 LA TOMOGRAFIA OTTICA COMPUTERIZZATA (OCT): UNA NUOVA ISTOLOGIA IN VIVO? bra essere molto promettente anche nel contesto di procedure interventistiche. Bouma et al. (9) hanno valutato l impiego dell OCT nelle procedure di stenting, confrontando le informazioni ottenute con l OCT e l IVUS durante 42 procedure di impianto di stent. Le immagini sono state ottenute preintervento e dopo l impianto di stent con l obiettivo di valutare la presenza di dissezioni, prolasso tissutale, apposizione ed asimmetria dello stent. La dissezione è stata riscontrata in 8 stent con l OCT e solo in due casi con l IVUS. Inoltre l OCT ha rivelato un prolasso tissutale in 29 stent contro i 12 casi identificati con l IVUS. Infine, l OCT ha identificato un incompleta apposizione dell endoprotesi in 7 stent contro i 3 casi rilevati con l IVUS. L OCT si mostrava pertanto decisamente superiore all IVUS nel valutare il corretto posizionamento dello stent, offrendo importanti dettagli quali dissezioni e prolassi di placca, difficilmente ottenibili con la metodica IVUS, che ha una risoluzione superiore a 100 microns. L elevata risoluzione dell OCT è anche, potenzialmente, in grado di rilevare un incompleta guarigione delle maglie dello stent. La tecnica può infatti individuare anche sottili strati di tessuto a copertura dello stent, formazioni neointimali talvolta sottilissime e non evidenziabili con l angiografia o l IVUS. Il nostro gruppo ha recentemente valutato con OCT ed IVUS 8 stent applicati in carotidi di coniglio dopo 2, 7, 15 e 28 giorni. L istologia è stata impiegata come tecnica di riferimento (10) (Figg. 5, 6). Complessivamente sono state analizzate 32 cross-section mediante istologia per un totale di 384 struts. L OCT si è dimostrata in grado di visualizzare tutte le maglie dello stent in 30 endoprotesi (93,7%), a differenza dell IVUS, che in nessun caso ha rilevato correttamente le maglie dello stent. Inoltre, la copertura delle maglie dello stent con neointima, è stata riscontrata all istologia in 12 crosssection su 32 e, a differenza dell IVUS, è stata correttamente individuata dall OCT in tutte le sezioni. Infine le misurazioni dello spessore della neointima, ottenute con l istologia e l OCT, sono risultate sovrapponibili (rispettivamente 0,145±0,085 mm e 0,135±0,079 mm, p=n.s.) e altamente correlate (r=0,83). E a tutti noto che gli stent a rilascio di sostanze antiproliferative possono andare incontro alla trombosi tardiva. Tale evento si osserva in una percentuale inferiore all 1% ma può assumere contorni drammatici soprattutto se si verifica in fase tardiva postdimissione. L impiego dell OCT si potrebbe pertanto estendere allo studio del processo di guarigione vasale dopo stenting per decidere A B Figura 5. Confronto tra OCT ed istologia nell individuazione delle maglie dello stent. Il riquadro a sinistra (A), ottenuto mediante OCT, mostra le maglie dello stent impiantato che non risultano essere ricoperte da neointima. Il riquadro a destra (B) mostra la corrispettiva immagine istologica, perfettamente sovrapponibile per la corrispondenza spaziale delle maglie dello stent e l assenza di tessuto a copertura dell endoprotesi. 7

6 Figura 6. Confronto tra OCT ed istologia nello studio della neointima. L immagine a sinistra, ottenuta mediante OCT, permette di identificare tutte le maglie dello stent applicato e di quantificare lo spessore tissutale ad esse sovrapposto. I particolari dell immagine mostrano nel dettaglio le misurazioni dello spessore del tessuto coprente lo stent. L immagine a destra è la corrispettiva immagine istologica. in merito all eventuale sospensione della terapia antitrombotica. Ovviamente il perfezionamento e le semplificazioni della tecnica rimane il requisito essenziale per impiegare estensivamente la tecnica OCT durante le procedure di interventistica e durante il follow-up. Desideriamo ringraziare il Centro per la Lotta contro l Infarto - Fondazione Onlus, per la generosità con cui ha voluto acquistare l apparecchiatura OCT e per il continuo supporto economico al nostro programma di ricerca con questa apparecchiatura. Bibliografia 1. Yabushita H, Bouma BE, Houser SL, et al. Characterization of human atherosclerosis by optical coherence tomography. Circulation 2002;106: Jang I, Bouma B, Kang D, et al. Visualization of coronary atherosclerotic plaques in patients using Optical Coherence Tomography: comparison with intravascular ultrasound. J Am Coll Cardiol 2002;39: Brezinski M, Saunders K, Jesser C, et al. Index matching to improve optical coherence tomography imaging through blood. Circulation 2001;103: Prati F, Fouad T, Imola F. Identificazione della placca instabile. In: Ardissino D, De Caterina R, Lembo G, Manzato E, Prati F, Tanganelli P, Eds. Instabilità di placca ed eventi cardiovascolari. PPG Edizioni Scientifiche, 2005; Prati F, Arbustini E, Kwiatkowski P, et al. Does optical coherence tomography provides accurate measurements of atherosclerotic plaque components? Eur Heart J 2004;25:99 (abs P614). 6. Tearney GJ, Yabushita H, Houser SL, et al. Quantification of macrophage content in atherosclerotic plaques by optical coherence tomography. Circulation 2003;107:e Jang IK, Guillermo J. Tearney GJ, MacNeill B, et al. In Vivo Characterization of Coronary Atherosclerotic Plaque by Use of Optical Coherence Tomography. Circulation 2005;111: Naghavi M, Libby P, Falk E, et al. From vulnerable plaque to vulnerable patient: a call for new definitions and risk assessment strategies: Part I. Circulation 2003;108: Bouma BE, Tearaney GJ, Yabuscita H, et al. Evaluation of intracoronary stenting by intravascular optical coherence tomography. Heart 2003;89; Prati F, Zimarino M, Pizzicanella J, et al. Optical coherence tomography accurately identifies arterial healing: an in vivo comparison with intravascular ultrasound on a rabbit carotid model. Eur Heart J 2005;26:626 (abs P3676). Indirizzo per la corrispondenza: Dott. Francesco Prati European Hospital - Via Portuense, Roma 8

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