Valutazioni e aspettative dell esperienza lavorativa degli immigrati stranieri.



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1 Sessione tematica: Qualità del lavoro Valutazioni e aspettative dell esperienza lavorativa degli immigrati stranieri. Claudio Marra Dipartimento di Economia Politica Università di Modena e Reggio Emilia marra.claudio@unimore.it Introduzione Gli studi italiani sinora condotti sui lavoratori stranieri hanno trascurato l aspetto della valutazione e delle percezioni sia in termini della propria esperienza lavorativa, sia sul lavoro in genere. In linea generale, nella misura in cui gli immigrati stranieri sono collocati nei segmenti più bassi del mercato del lavoro 1, per essi si configura, come osserva Sayad, una doppia condizione di lavoratore immigrato (legata allo status sociale inferiore), e di operaio generico (in termini di collocazione in senso tecnico ai gradi inferiori della gerarchizzazione professionale) 2. Tale collocazione è maggiormente osservata in sistemi economici locali che, come quelli presenti nella realtà italiana (soprattutto nelle aree del Nord Est e del Centro), sono caratterizzati da piccole e medie imprese; tassi di disoccupazione bassi con carenza di manodopera; richiesta di lavoro operaio in prevalenza regolare, e inquadrato a bassi livelli contrattuali. Questa situazione, peraltro, ha spesso contribuito alla diffusione dell immagine del lavoratore straniero immigrato che si accontenta di qualsiasi lavoro e a qualsiasi condizione. Ma, come è stato rilevato in una recente ricerca condotta da chi scrive sul lavoro interinale degli immigrati, tale immagine può essere veritiera se questa è riferita alle fasi iniziali del processo migratorio, poiché in ragione del suo maturarsi ed evolversi verso forme di stabilizzazione insediativa, sembrerebbero anche cambiare le aspettative nei confronti di un lavoro che non è più concepito in termini di mero mezzo di sopravvivenza 3. D altronde, è proprio in ragione di quella rappresentazione che tali lavoratori siano stati spesso percepiti proprio come più appetibili per le forme instabili e precarie di lavoro. In realtà, risulta sempre più chiaro che gli inserimenti lavorativi degli stranieri immigrati sono da riferirsi a considerazioni che vanno al di là della sfera lavorativa in senso stretto: spesso l accettare condizioni di lavoro disagevoli, precarie e caratterizzate da alta nocività, e quindi invise ai lavoratori autoctoni, costituisce un punto di avvio costituito da una presenza largamente indeterminata e che non esaurisce la complessità dell evoluzione del processo migratorio 4. 1

Tali risultati indurrebbero a pensare che occorre partire dalla centralità del lavoro inteso come attività retribuita e non come attuale occupazione per gli stranieri immigrati relazionalmente collegata al dispiegarsi del progetto/processo migratorio. Non va trascurato, tra l altro, il dato relativo al fatto che, almeno per il nostro paese, il lavoro costituisce il principale motivo di richiesta di permesso di soggiorno, seguito, per ordine di importanza, da quello relativo alla richiesta di ricongiungimenti familiari. Laddove questi ultimi sono in forte aumento soprattutto nei sistemi economici locali cui si faceva riferimento all inizio va osservato, alla luce della riflessione teorica che si è sviluppata in ambito psicosociale sulla socializzazione lavorativa, che la stabile collocazione nell ambiente di lavoro rappresenta per il soggetto straniero immigrato una condizione ritenuta adatta per risolvere in modo soddisfacente i diversi problemi che il soggetto si trova ad affrontare nel momento in cui decide di insediarsi stabilmente con la propria famiglia nel contesto sociale d approdo 5. I dati qui presentati sono il risultato di 1.049 interviste con questionario che hanno coinvolto lavoratori stranieri occupati residenti e/o presenti nelle province di Modena e Reggio Emilia 6, che corrispondono ad un area socioeconomica caratterizzata dai sistemi economici locali di cui si è parlato all inizio. Quindi si tratta di un indagine che riguarda sostanzialmente il lavoro dipendente, che certo non esaurisce quindi tutta la gamma di percezioni e valutazioni e condizioni dei lavoratori immigrati, ma che comunque permette di fare delle considerazioni su questo aspetto, se si pensa al peso che ha questa tipologia d inserimento nella condizione di questi ultimi nella condizione attuale del nostro paese. Va però precisato che la distribuzione territoriale degli intervistati, non riguarda però i luoghi di residenza, ma quelli di insediamento delle imprese in cui lavorano. Una parte delle interviste ha coinvolto lavoratori e lavoratrici iscritti e non iscritti al sindacato contattati presso i Centri Stranieri delle Camere del lavoro, dove si erano recati per ragioni diverse attinenti il proprio lavoro o per pratiche di vario genere. Un altra consistente parte si è invece svolta direttamente sui luoghi di lavoro, dietro appuntamento individuale oppure nel corso di assemblee concordate con i delegati sindacali. Il campione di riferimento. Gli intervistati di sesso maschile si concentrano nel meccanico (53,5%); le donne invece si concentrano nel commercio e servizi (50,6%) e agricoltura e agroalimentare (25%). Oltre la metà degli intervistati (52,3%) è occupato in imprese sotto le 50 unità. Le donne, per effetto dei settore di maggiore concentrazione (grandi imprese di pulizia, grande distribuzione) sono per il 34,5% occupate in imprese sopra i 250 addetti, contro il 15% degli uomini presenti in aziende della stessa classe dimensionale. 2

Le donne occupate sono mediamente più giovani degli uomini: 46,3% hanno meno di 29 anni. La maggiore concentrazione maschile si riscontra invece nella fascia 30-44 con il 64,7%. Le nazionalità maggioritarie di seguito indicate in ordine decrescente di percentuale nei diversi settori sono, nell ordine: 1) Metalmeccanico: Ghana, Marocco, India, Pakistan; 2) Edile: Marocco, Tunisia, Ghana; 3) Alimentare: Ghana, Marocco; 4) Commercio e servizi: Marocco, Ghana; 5) Legno e prodotti edili: Ghana; 6) Agricoltura: India, Marocco, Ghana, Tunisia. La maggioranza relativa degli intervistati (28,8%) lavora in aziende di piccole dimensioni (fino a 15 addetti). Seguono, in ordine decrescente, le classi da 16 a 49 addetti (23,5%); da 50 a 99 (15,6%); da 100 a 249 (14,2%); da 250 a 500 (10,7%) e, infine, oltre i 500 (7,2%). Per quanto riguarda la rilevazione del livello d istruzione, si è sopperito alla difficoltà riguardante le differenze tra i sistemi scolastici dei paesi di provenienza degli intervistati (e tra questi e quello italiano), si è giunti, dopo un adeguata analisi qualitativa, ad elaborare una classificazione dei livelli di scolarizzazione raggiunti in patria sulla base delle seguenti categorie: di base, intermedio e superiore. Un dato da rilevare a questo proposito è che il gruppo con livello superiore è composto da 87 che frequentavano l Università in patria e da 27 laureati. La maggioranza degli intervistati (93,8%) è in Italia da più di due anni. Per questi è possibile individuare tre gruppi. Il primo, che costituisce il 33,8%, appartiene a quella componente dell immigrazione che ha avuto l opportunità di regolarizzare la propria presenza in virtù della prima legge italiana in materia d immigrazione (n. 943 del 1986) che riguardava esclusivamente i lavoratori dipendenti, o di quella successiva del 1990, la cosiddetta legge Martelli (n. 39) di portata più ampia. Il secondo gruppo riguarda quel 32,1% degli intervistati la cui anzianità di presenza varia tra i 6 e i 10 anni. Il terzo, infine, consiste nel 27,8% e riguarda gli intervistati con presenze che variano da 2 a 5 anni. Quanto alla composizione interna dei diversi gruppi in termini di genere e di età, si possono fare due considerazioni. La prima è che tra le donne intervistate, la maggiore percentuale (46,3% contro il 31,9% degli uomini) riguarda quelle immigrate da meno di 5 anni (e, in particolare, l 8,8% da meno di 2 anni). Per contro, il 35,6% degli uomini è presente in Italia da più di 10 anni, e il 32,6% ha un anzianità di presenza che varia da 6 a 10 anni. La seconda è che l appartenenza al gruppo di maggiore anzianità di presenza in Italia cresce con l elevarsi del livello di scolarizzazione. 3

Un ulteriore osservazione può essere fatta riguardo ai titoli di studio conseguiti presso le scuole italiane. Anche se va doverosamente registrato che le risposte valide in tal senso sono state del 77%. Dei 109 casi di risposte positive (23,5%), i gruppi più numerosi riguardano la licenza elementare (66 casi pari all 8,2%) e la scuola professionale (63 casi pari al 7,8%). Sembra quindi significativo che ben 43 intervistati del primo gruppo (69,4%) e 34 del secondo abbiano in livello di scolarizzazione in patria di livello intermedio o superiore. Tale dato indicherebbe come uno degli obiettivi principali l apprendimento della lingua italiana o di una competenza professionale mirata al mercato del lavoro del paese d accoglienza. I percorsi dell esperienza lavorativa nell impresa: i passaggi di qualifica e contrattuali. Sembra utile anche dare qualche ragguaglio sulla pregressa esperienza lavorativa degli intervistati nelle imprese in cui essi sono attualmente impiegati. L anzianità aziendale è inferiore ai 5 anni nell 81,2% dei casi; ben più di un quarto ha un anzianità minore di un anno. Per le donne hanno una minore anzianità aziendale anche in funzione della loro più giovane età anagrafica e di immigrazione: sono solo il 4% ad avere una anzianità superiore ai 10 anni. Nel 92,1% dei casi l assunzione nell attuale impresa è avvenuta con la qualifica di operaio comune, sia per quanto riguarda gli uomini sia per quanto riguarda le donne; il 5,4% come operaio qualificato e solo l 1% come operaio specializzato. Né il settore né la dimensione aziendale sembrano influire su tali modalità di accesso, e ciò sembra avvenire anche per l età anagrafica e il numero di anni di permanenza in Italia. L unica variabile che invece sembra influenzare il livello di qualifica all entrata è il livello di scolarizzazione. Ai livelli intermedio e superiore, la percentuale di operai comuni risulta più bassa (rispettivamente dell 89,6% per il primo caso e 82,3% per il secondo), mentre cresce la quota di qualificati (7,5% e 8%). Confrontando i dati relativi al momento dell ingresso con quelli relativi alla situazione attuale, si può affermare che, in genere, nel periodo intercorso la percentuale degli operai comuni risulta diminuita dal 91,2% al 71,3% del totale, cui corrisponde una aumento della percentuale di operai qualificati (dal 5,3% al 20,2%) e specializzati (dall 1% al 5,8%). In sintesi, poco meno di un quarto degli intervistati (21,3%) ha realizzato tra l assunzione e la situazione lavorativa all atto dell intervista, un passaggio di qualifica. Le variabili che sembrano influenzare in modo più marcato la progressione di carriera sono l anzianità aziendale, l anzianità di presenza in Italia e la classe dimensionale dell impresa in cui sono impiegati gli intervistati. Poco influenti appaiono invece l età e il genere. Per quanto riguarda, poi, il livello di scolarizzazione appare meno utile ai fini della spiegazione di questo fenomeno dinamico, poiché tra gli 4

intervistati con livello di scolarizzazione più alto è maggiore la probabilità di essere stati assunti già con qualifiche elevate, che non prevedono ulteriore mobilità ascendente, almeno in tempi brevi, soprattutto in una situazione nella quale l anzianità aziendale è relativamente bassa. Per quanto riguarda la qualifica contrattuale al momento dell assunzione, va osservato che il 32,4% degli intervistati è assunto con contratto a tempo indeterminato, cui si può aggiungere una quota, sia pure minima (1%) di contratti indeterminati part-time che riguarda soprattutto le donne; il restante 66,5% è assunto soprattutto con contratto a tempo determinato (47,9%), stagionale (6,3%), formazione lavoro (7,2%) o apprendistato (3,6%). Sia il settore, sia la classe dimensionale sembrano influenzare il peso di tali tipologie contrattuali, come d altronde è verificato in genere dalle analisi condotte in tal senso. Più interessante è la verificata influenza del livello di scolarizzazione: la percentuale di occupati a tempo indeterminato passa, infatti, dal 29,6% degli intervistati con livello basso di scolarizzazione al 47,4% di quelli con livello basso, mentre gli stagionali sono il 7,6% dei primi contro il 7% dei secondi. Per gli intervistati sembra essere stata più rapida la stabilizzazione contrattuale, in particolare da tempo determinato a tempo indeterminato. La stabilizzazione contrattuale si presenta inoltre come un processo relativamente rapido: considerando l anzianità di impresa si può notare come il raggiungimento di tale stabilità sia assai più probabile entro i cinque anni dall assunzione. Trascorso tale periodo senza che sia intervenuta stabilizzazione, la probabilità di ottenerla diminuisce. Di un certo interesse, è da segnalare il dato rispetto al genere, in quanto per le donne si segnala un maggior tasso di precarietà nel tempo, mentre gli uomini riescono maggiormente a migliorare la propria condizione contrattuale. Gli intervistati con un livello più alto di scolarizzazione vengono assunti con contratti stabili, o comunque meno precari, fin dalla loro assunzione. In sintesi, i cambiamenti registrati nelle tipologie contrattuali e nelle qualifiche sembrerebbero confermare quanto detto all inizio riguardo al fatto che l inserimento di lavoratori immigrati nel tessuto produttivo e di servizi nel territorio di riferimento cioè le province di Modena e Reggio Emilia è ormai diventato un processo fisiologico che alimenta il mercato del lavoro locale, superando quindi l idea che tale inserimento fosse dovuto ad una fase di emergenza destinata ad essere superata. È sembrato quindi utile, a partire dai dati relativi ai percorsi sin ora delineati, procedere all elaborazione di un indice di stabilizzazione lavorativa, ottenuto combinando i valori degli indici di progressione di carriera e contrattuale. Nel caso di nessuna forma di progresso l indice recita nessuna ; nel caso di una sola forma di progresso l indice recita intermedia ; nel caso di entrambe le forme di progressione l indice recita elevata. Le percezioni e le aspettative del lavoro attuale. 5

Un nodo problematico particolarmente importante riguarda la valutazione delle effettive possibilità di carriera e di miglioramento delle condizioni lavorative degli immigrati stranieri e dei fattori che possono influenzare i percorsi in tal senso, soprattutto se si pensa al loro ruolo spesso determinante per il mercato del lavoro dei nostro sistema economico. I dati qui riportati riguardano quindi due elementi fondamentali: 1) le percezioni dei lavoratori intervistati delle proprie condizioni di lavoro successivamente all assunzione; 2) le valutazioni degli stessi degli elementi che possano incidere negativamente o positivamente nella pratica quotidiana e sulle sue future prospettive. I mutamenti intervenuti. Per quanto riguarda l evoluzione delle condizioni di lavoro nel tempo intercorrente dall assunzione al momento dell intervista, si è chiesto di riferire se c è stato cambiamento (in senso positivo di miglioramento o in senso negativo di peggioramento) oppure se sono rimaste invariate rispetto a: livello salariale, orario, responsabilità sul lavoro, grado di specializzazione, grado di conoscenza delle fasi produttive dell azienda. Come si può notare nella tabella 1, la percezione di miglioramento riguarda, in ordine decrescente, la conoscenza delle fasi produttive dell azienda, la specializzazione nel lavoro e, in ultimo, il salario. Rispetto a quest ultimo dato, comunque non va trascurato il fatto che tale percentuale è solo lievemente superiore a quella relative alle risposte che riguardano l invarianza. Per quanto riguarda gli elementi rispetto ai quali si registrano le percentuali più alte di miglioramento (conoscenza delle fasi produttive dell azienda e specializzazione nel lavoro), risulta evidente alla luce dei dati relativi ai passaggi di qualifica dei soggetti intervistati che si tratta di casi nei quali ci si riferisce non a miglioramenti di qualifica formalmente riconosciuti, ma solo in riferimento alla mansione lavorativa svolta. Una conferma di ciò potrebbe essere individuata nel dato relativo ai livelli salariali, che per ben il 51,9% degli intervistati sono rimasti invariati o addirittura peggiorati. Tab. 1 I mutamenti intervenuti nel lavoro (%). Migliore Uguale Peggiore Salario 48,1 47,6 4,3 Orario 13,8 75,8 10,5 Responsabilità sul lavoro 35,8 61,6 2,6 Specializzazione nel lavoro 50,3 47,6 2 Conoscenza delle fasi produttive dell azienda 63,8 35,3 1 6

Riferendosi al genere, il quadro generale delle risposte sembra assumere un interessante articolazione al suo interno. Infatti, mentre per quanto riguarda il salario e l orario non sembra incidere, ciò sembra invece verificarsi per gli altri elementi sottoposti agli intervistati. A questo proposito, le risposte maschili sono più orientate ad un giudizio di miglioramento. Si profila, in particolare, una situazione nella quale le lavoratrici immigrate intervistate appaiono svantaggiate rispetto ai loro colleghi per ciò che riguarda la specializzazione e la conoscenza delle fasi lavorative, a testimonianza che meno di frequente le mansioni loro affidate comportano prospettive di apprendimento e crescita professionale. Tale dato, d altronde è in coerenza con quanto descritto a proposito delle evidenti differenziazioni di genere riguardo alle progressioni di carriera e contrattuali nel campione degli intervistati. L incidenza del livello di scolarizzazione sembrerebbe rilevarsi riguardo alle risposte relative alla responsabilità sul lavoro, alla specializzazione e alla conoscenza del processo produttivo, ma non quelle relative al miglioramento salariale e dell orario. Ciò non fa che confermare quanto detto a proposito delle dinamiche di progressione di carriera e stabilizzazione lavorativa. La pesantezza del lavoro. Per precisare meglio il quadro relativo alla percezione che gli intervistati hanno del loro lavoro attuale, sembra ora utile dar conto delle loro risposte in relazione agli elementi che, a loro parere, contribuiscono a rendere più pesante l attività lavorativa in cui sono impegnati. A tal proposito, dalle risposte emergono delle dimensioni del problema che meritano un analisi dettagliata. A tal proposito, va rilevato che le maggiori percentuali di risposta riguardano gli elementi relazionali sul luogo di lavoro. In primo luogo riferendosi, sul versante soggettivo, a lamentate carenze linguisticoculturali: nel 91,9% dei casi è stato indicato come elemento problematico la difficoltà a comprendere gli ordini e le richieste dei capi. In secondo luogo a caratteri che si riferiscono di più a caratteri socioculturali dell ambiente d inserimento, indicando la difficoltà nei rapporti coi compagni di lavoro (87,1%), e la difficoltà nei rapporti coi superiori (88,1%). Ma va tenuto conto anche delle alte percentuali di risposta che riguardano percezioni di difficoltà che richiamano l immagine di lavoro che va oltre la semplice fonte di sostentamento, laddove si indicano sia il problema di nocività nell ambiente di lavoro e infortuni (81,9%), sia la mancanza di soddisfazione personale sul lavoro (78,1%). Ma non va trascurata anche l alta frequenza con cui è stata indicata la mancanza di formazione adeguata (88,1%). Percentuali più basse di risposta, infine, sono state registrate a proposito della lunghezza o il tipo di orario di lavoro (66,7%) e la fatica fisica o tensione nervosa (50,4%). 7

A margine, va rilevato che il fatto che la più bassa percentuale riguarda comunque poco più della metà delle risposte, sembrerebbe indicare un quadro di insoddisfazione e di percezione del proprio disagio e problematicità del lavoro. Tenendo conto di alcune variabili esplicative delle risposte sin qui esaminate, emergono ulteriori elementi di analisi. Nel complesso, si rileva che, in relazione al crescere degli anni di permanenza in Italia, tendono a ridursi le frequenze relative a tutti i fattori legati alla pesantezza materiale, ma anche d insoddisfazione e relazionali, mentre aumenta la preoccupazione riguardo alla nocività del lavoro. Ciò sembrerebbe dovuto sia ad un maggior grado di adattamento al lavoro, sia ad una maggiore conoscenza e sensibilità per gli aspetti che connotano in termini culturali l ambiente di lavoro. Ma non è secondario un altro elemento di riflessione: sembrerebbe verificato il fatto che, in ragione del superamento dell emergenza dei primi stadi del processo migratorio in cui il lavoro è considerato come mero sostentamento e quindi si accetta a qualsiasi condizione purché permetta un reddito adeguato le percezioni e le valutazioni del proprio lavoro diventano più articolate e investono la sfera identitaria. Le immagini del lavoro: risorse e aspettative. Le ultime considerazioni possono trovare una loro precisazione se si considerano le risposte relative ai requisiti richiesti per far bene il proprio lavoro, che possono quindi evidenziare le esigenze espresse dagli intervistati per superare le difficoltà sin qui esaminate 7. In questo caso, un elemento che emerge come chiaramente determinante, ricorrendo nel 98,8% delle risposte, è la conoscenza del dialetto locale. Tale risultato dimostra, ancora una volta, una particolare sensibilità nel valutare l importanza di risorse relazionali che connotano in particolare aree socioeconomiche di natura distrettuale caratterizzate da elementi di tipo tradizionale-comunitario, soprattutto in vista dell inserimento sociale 8. Intrecciati con questo, troviamo poi degli elementi che definiscono non soltanto la qualità della prestazione lavorativa, ma anche la qualità e la quantità delle prospettive future al lavoro in generale, e che evocano differenti concezioni, atteggiamenti ed aspettative verso il lavoro come spazio relazionale e di espressione di sé. Da quest ultimo punto di vista, infatti, la percentuale di risposte che segue per ordine di grandezza riguarda l importanza, per svolgere bene il proprio lavoro, la possibilità di partecipare alle decisioni sul lavoro (89,2%). E si tratta di un esigenza espressa con maggior frequenza in ragione dell elevarsi dell età e dell anzianità aziendale. Tale esigenza troverebbe conferma se a queste si aggiungono le risposte relative alla percezione dell importanza delle competenze tecniche particolari (80,7%) e della formazione professionale (70,4%), e soprattutto su quest ultimo elemento sembra incidere in modo particolare l anzianità aziendale. In ultimo, per ordine di grandezza, vanno rilevate le risposte che dimostrano una particolare di sensibilità relazionale con coloro i quali si condivide l esperienza lavorativa, soprattutto se si aggiungono 8

le risposte relative all importanza della conoscenza del dialetto locale le percentuali di risposte relative alla percepita importanza di migliori possibilità di collaborare e comunicare coi colleghi (67,9%) e della buona conoscenza della lingua italiana (31,4%). Tali risultati risultano avere una spiegazione più chiara se ci si riferisce alla progressione contrattuale. Se, da un lato, ciò non sembra influire sull importanza data alla sfera linguistico/comunicativa, dall altro, coloro che hanno ottenuto avanzamenti in tal senso sottolineano come fattori rilevanti per compiere bene il proprio lavoro, i requisiti tecnici specifici e la partecipazione alle decisioni sul proprio lavoro. Ma, d altronde, va ricordato che la progressione è legata alle condizioni di entrata nel mercato del lavoro interno alle imprese, che sono migliori per chi fa un lavoro più complesso e possiede un livello di scolarizzazione più elevato. E tale percorso sembra rafforzare, da parte degli intervistati, la domanda di competenze, non tanto generiche quanto specialisticamente mirate. Dopo aver esaminato le percezioni e le valutazioni espresse dagli intervistati sul loro lavoro attuale, sembra ora utile dar conto delle caratteristiche che, a loro parere, sono importanti per il lavoro in generale, a prescindere dalle condizioni concrete in cui esso viene esercitato 9. Come si può notare dalla tabella 2, ad una prima analisi della distribuzione delle frequenze delle risposte, si possono individuare tre tipologie di elementi. La prima riguarda il gruppo di risposte che riguardano elementi considerati molto importanti, e che sono in primo luogo il salario (66,7%) e la sicurezza di non perdere il posto di lavoro (66,7%). Il secondo riguarda giudizi che si bilanciano sostanzialmente tra molto importante e importante in relazione alla minore rischiosità per la salute. La terza, comprende tutti gli altri items sottoposti, rispetto ai quali si evidenzia una concentrazione sul giudizio importante. Essi sono: la possibilità di decidere su come operare (61,6%), la possibilità di comunicare con colleghi e superiori (59%), la soddisfazione sul lavoro (54,1%), le maggiori possibilità di fare carriera (51,1%), la disponibilità di tempo libero (47,3%). Da tale graduatoria, comunque, non sembra potersi concludere l intreccio tra fattori di tipo più materiale ed altri più connessi a bisogni di soddisfazione/realizzazione sul lavoro. Sulla frequenza di tali risposte sembrano poi influire alcune specifiche variabili: 1) l età: i più giovani risultano più sensibili all aspetto salariale e alla possibilità di carriera. 2) Il livello di scolarizzazione: coloro che hanno un livello più alto sembrano attribuire maggior valore a carriera, soddisfazione sul lavoro e comunicazione coi colleghi; 3) L anzianità aziendale: nella misura in cui questa cresce, si tende a dare maggiore rilievo ai temi della salute; 4) Le dimensioni aziendali in cui si lavora: a mano a mano che queste aumentano, si tende a dare maggior rilievo alla salute sul lavoro. 9

Tab. 2 I requisiti fondamentali per la scelta di un lavoro (%). Molto import. Import. Meno import. Tot. Sicurezza di non perdere il posto di lavoro 66,7 29,6 3,6 100,0 Salario 67,7 31,3 1,1 100,0 Meno rischio per la salute 44,9 46,6 8,5 100,0 Maggiori possibilità di fare carriera 31,3 51,1 17,6 100,0 Più soddisfazione sul lavoro 39,3 54,1 6,6 100,0 Più tempo libero 18,7 47,3 34,0 100,0 Possibilità di decidere su come operare 22,2 61,6 16,2 100,0 Possibilità di comunicare con colleghi e superiori 35,1 59,0 6,0 100,0 Problemi sociali e ricadute negative sul lavoro. Come si è detto nell introduzione, un altro versante della ricerca ha riguardato i fattori e gli elementi che, pur essendo esterni alla sfera lavorativa degli stranieri immigrati intervistati, possono influenzare i vissuti concreti dei soggetti, influenzando in tal modo sia i loro percorsi di inserimento sociale, sia le modalità specifiche delle loro prestazioni lavorative e le relazioni che ad esse sono connesse. Come si può notare dalla tabella 3, Il primo degli elementi che possono creare difficoltà sul lavoro è stato individuato nella difficoltà a trovare casa dal 66,4% degli intervistati; l eccessiva distanza tra l abitazione e il posto di lavoro (20,9%); la cattiva qualità dell abitazione (16,3%). Inoltre, alla sperimentata difficoltà ad ottenere una casa in affitto anche nei casi in cui se ne sia individuata una sembra riferirsi la risposta relativa all ostilità e diffidenza della popolazione verso gli stranieri, che stata indicata dal 22,5% degli intervistati. A questa preoccupazione si può riferire anche l indicazione della scarsa conoscenza della cultura e delle abitudini italiane (19,4%). Meno consistente, infine, sembra essere la rilevanza data alla scarsa disponibilità di servizi sociali nel comune dove abita (12,1%) e alla difficoltà di rapporto coi servizi esistenti nel comune dove abita (10,5%). Anche in questo caso sono risultati interessanti gli incroci con alcune variabili. In primo luogo, l eccessiva distanza tra la casa e il lavoro, la qualità abitativa e la percezione dell ostilità della popolazione locale sembrano migliorare nella misura in cui è maggiore l anzianità di immigrazione, pur conservando percentuali di un certo rilievo. In secondo luogo, la difficoltà a trovare casa risulta indifferente a tale variabile con una tendenza addirittura inversa a rendere più acuto il problema a mano a mano che si allunga l anzianità di immigrazione. Ciò non sorprende, in quanto il problema della casa 10

infatti risulta specificamente connesso al momento particolare del processo/progetto migratorio costituito dal ricongiungimento familiare, e supera la fase nella quale il migrante può accettare anche soluzioni abitative disagevoli, poiché concepita come temporanea 10. La presenza della famiglia, che corrisponde ad una fase matura della vicenda migratoria, che è orientata alla stabilizzazione insediativa, rende infatti più complicato il problema che peraltro, tenendo conto dei parametri richiesti dalla normativa per il ricongiungimento, impone scadenze rigide per la propria soluzione. Tab. 3 - Elementi esterni che possono creare delle difficoltà sul lavoro (%). Difficoltà a trovare casa 66,4 Eccessiva distanza tra l'abitazione ed il posto di lavoro 20,9 Cattiva qualità dell'abitazione 16,3 Scarsa disponibilità di servizi sociali nel comune dove abita 66,4 Difficoltà di rapporto con i servizi esistenti nel comune dove abita 10,5 Ostilità e diffidenza della popolazione verso gli stranieri 22,5 Difficoltà ad assolvere gli obblighi religiosi 4,7 La durata del permesso di soggiorno 29,0 Scarsa conoscenza della cultura e delle abitudini italiane 19,4 Totale 100,0 Per quanto riguarda il livello di scolarizzazione, questo sembra incidere sulla percezione dell ostilità della popolazione locale. Sono infatti gli intervistati col livello più alto a dimostrare una particolare sensibilità a questo problema. Al crescere della stabilizzazione lavorativa (e quindi in condizioni di migliore introduzione nel mondo del lavoro), poi, sembrano aumentare le esigenze di qualità dell inserimento sociale che si riflette su la maggiore rilevanza data alla qualità abitativa, alla distanza casa-lavoro, all ostilità della popolazione locale, e alla non disponibilità dei servizi territoriali. Conclusioni. Dal quadro finora delineato, nonostante le diverse articolazioni interne, è possibile trarre delle tendenze che sembrano chiaramente delineate. La prima riguarda l esigenza, in ragione dell evoluzione della vicenda migratoria verso la stabilizzazione insediativa, e col connesso bisogno di un efficace inserimento sociale, di superare la concezione del lavoro come mera sussistenza. Ciò però, si badi, sembra non avvenire considerando come secondari elementi quali il salario o l orario di lavoro. A tal proposito, sembra interessante che l importanza di questi elementi sia percepita a prescindere da qualunque caratteristica dei soggetti intervistati, quale l età, il genere, l anzianità di immigrazione, ecc. 11

Si tratta piuttosto del delinearsi sempre più chiaro del bisogno sia di risorse che permettano l efficacia di quell inserimento sociale cui si è accennato, sia di risorse che permettano un miglioramento del proprio inserimento lavorativo, che in questo senso viene inteso a due livelli. Il primo come sostentamento e fonte dei mezzi che potremmo definire materiali che possano permettere la realizzazione del proprio progetto migratorio, soprattutto per coloro che progettano o che hanno realizzato il ricongiungimento familiare. Il secondo, lo potremmo riferire al lavoro inteso come realizzazione personale e mezzo per ottenere l accettazione a pieno titolo nella società d accoglienza, e che permetta di superare la condizione di status inferiore che spesso come si è detto nell introduzione è associata al lavoratore immigrato. È quindi in tal senso che vanno intese le tendenze a considerare indispensabili e prioritarie risorse di tipo linguistico-culturale che permettano l interazione sociale con gli autoctoni (sia colleghi, sia datori di lavoro, ma anche considerati in genere come padroni di casa). Ma partendo dai presupposti di tale ricerca, va sottolineato soprattutto il bisogno di acquisire competenze lavorative attraverso accumulo di competenze spendibili per consolidare la propria posizione nel mercato del lavoro. In tal senso, risulta chiara la tendenza da parte di chi ha avuto un avanzamento di carriera e di qualifica, soprattutto nel senso di una stabilizzazione lavorativa, a sottolineare come fattori rilevanti per compiere bene il proprio lavoro sia gli aspetti tecnici specifici, sia la partecipazione alle decisioni sul proprio lavoro. In sintesi, quindi, va osservato che, in ragione del superamento della percezione della temporaneità della loro condizione, sembrano aumentare le aspettative relative alla qualità del lavoro, non soltanto sotto il profilo salariale (che rimane pur sempre, per ragioni evidenti, un elemento fondamentale), ma anche come possibilità di carriera, di nocività, ed altri. Ciò sembra essere vero soprattutto da parte di soggetti con più alto livello di istruzione, i quali esprimono in modo più marcato il timore che la mancanza di una formazione adeguata possa pregiudicare le possibilità di carriera, o limitarle rispetto a quelle dei loro omologhi italiani. Da ciò se ne potrebbe dedurre che ogni pericolo di insuccesso in questo percorso coinvolge peraltro componenti essenziali del processo di riorganizzazione identitaria del migrante/lavoratore straniero immigrato 11. È come se nella situazione lavorativa degli stranieri immigrati coesistano comportamenti indotti da un sistema di possibilità oggettive costituite da rapporti determinati, necessari e indipendenti dalle volontà individuali e comportamenti che sono il frutto di una possibilità di scelta e di decisione da parte di tali soggetti, riguardanti la rappresentazione soggettiva che questi si fanno di tali possibilità, secondo le risorse di cui dispongono e secondo la posizione che occupano 12. È quindi, come osserva Sarchielli, la presenza di una possibilità di bilanciamento tra necessità e decisione che giustifica la creazione di legami consistenti tra il soggetto e il suo lavoro e spiega lo stabilirsi di connessioni profonde tra il sistema dei bisogni personali e la vita lavorativa nel suo insieme 13. Questa osservazione sembra essere quanto mai 12

pertinente nel caso dei soggetti cui ci si sta riferendo, soprattutto pensando al fatto che, come già detto. l inserimento lavorativo costituisce una condizione certamente necessaria, ma spesso non sufficiente, per un efficace inserimento sociale in termini di stabilizzazione insediativa. Ed è in tal senso che vanno quindi interpretati i risultati relativi all importanza prioritaria dell alloggio che abbia caratteristiche di normalità e non più di emergenza. 1 Per una sintesi più recente sullo stato dell inserimento degli stranieri immigrati nel mercato del lavoro italiano si veda Ambrosini M. [2001], La fatica di integrarsi. Immigrati e lavoro in Italia, Bologna, Il Mulino. 2 Sayad A. [1999], la double absence, Paris, Édition du Seuil [trad. it., La doppia assenza. Dalle illusioni dell emigrato alle sofferenze dell immigrato,, Milano, Raffaello Cortina, 2002]. 3 Cfr. Marra. C. [2002], Gli immigrati nel mercato del lavoro atipico in Mottura G., Leonardi S. (a cura di), Immigrazione e sindacato. Lavoro, rappresentazione, contrattazione, Roma, Ediesse. 4 A tal proposito, va anche ricordato che l inserimento lavorativo per tale categoria di soggetti non rappresenta di per sé una garanzia di inserimento sociale nel contesto d approdo, pur costituendone una condizione necessaria e prioritaria. 5 Per una disamina critica di tali problematiche, si veda a tal proposito Sarchielli G. [1978], La socializzazione al lavoro, Bologna, Il Mulino; Depolo M. (a cura di) [1998], L ingresso nel mondo del lavoro, Roma, Carocci. 6 I dati qui presentati e commentati fanno parte di una ricerca curata dall IRES dell Emilia Romagna grazie ad un finanziamento della Regione Emilia Romagna, su un campione di lavoratori stranieri inseriti nelle imprese emiliano romagnole. 7 Va precisato che nel questionario alla domanda secondo lei, che cosa serve per fare bene il suo lavoro? era stato fornito un elenco di elementi che potevano essere indicati senza limiti di risposta. 8 Tale dato, d altronde, non può che ricordare l osservata attitudine da parte degli immigrati meridionali, ad assumere accenti ed espressioni dialettali locali, anche in ragione di una desiderata maggiore accettazione da parte degli autoctoni. 9 In questa sezione ci si riferisce alle risposte alla domanda: secondo lei che cosa è importante in un lavoro cui seguiva un elenco di requisiti di riferimento per la scelta di un lavoro, rispetto a ciascuno dei quali era chiesto di attribuire un grado di importanza (molto importante, importante, meno importante). 10 Per tutte, si veda Bernadotti M. A., Mottura G. [1999], Il gioco delle tre case, Torino, L Harmattan e Bernardotti M. A. [2001], Con la valigia accanto al letto, Bologna, IPL Angeli, 11 Si veda, a tal proposito, l analisi condotta in Moore W. E. [1971], Occupational Socialization in Goslin D. A. (a cura di), Handbook of Socialization Teory and Research, Chicago, Rnad McNally and Company. 12 Sayad A., ibid., trad. it., p. 222. 13 Sarchielli G., ibid., pp. 170-171 (corsivo dell autore). 13