Il rischio tromboembolico della fibrillazione atriale: un tema sempre di attualità

Documenti analoghi
Nuovi anticoagulanti nelle valvulopatie, sempre sicuri?

Fibrillazione atriale non valvolare insorta entro le 48 ore: anticoagulazione dei pazienti a basso rischio.

STUDIO OSSERVAZIONALE. Introduzione. Francesco Del Zotti 1, Giobatta Gottardi 2, Guglielmo Frapporti 1, Alessio Micchi 1, Luisa Zanolla 3

Le raccomandazioni ESC/EHRA 2012 per la profilassi antitromboembolica nella fibrillazione atriale. Paolo Busacca Direttore UOC Cardiologia Urbino

Prevenzione del rischio cerebro-vascolare ischemico. Gianfranco Delogu Ospedale N.S. di Bonaria San Gavino Monreale ASSL Sanluri

RISCHIO EMBOLICO NELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE

Medicina di genere e appropriatezza nel setting della Medicina Generale e Cure Primarie

LA CHIUSURA DELL AURICOLA: l opinione dell esperto del Centro Emostasi

Cardioversione a tutti i costi? Andrea Bettella Pronto Soccorso e Medicina d Urgenza Ospedale S. Antonio - Padova

I limiti degli score di rischio trombotico ed emorragico nel paziente fragile con fibrillazione atriale

Fibrillazione Atriale e Ictus Cardiembolico

Anticoagulazione oggi e domani: quali evidenze? Cosa cambia?

Evidence-based Medicine Tra ipotesi di lavoro ed applicazione Ferrara, settembre Cardiologia

CLINICAL QUESTIONS CLINICAL QUESTIONS. Evidence-based Medicine Tra ipotesi di lavoro ed applicazione Ferrara, settembre

TERAPIA ANTIAGGREGANTE

Editoriali. La stratificazione del rischio di ictus nella fibrillazione atriale: terapia anticoagulante orale e rischio emorragico nell anziano

Il Management delle Sindromi Coronarie Acute oggi Il paziente anziano e con IRC grave

Pasquale Di Martino MMG ASL NA3 SUD Coop. Ippocrate

La fibrillazione atriale in rosa

Il rischio tromboembolico nella fibrillazione atriale

Lo studio RE-LY Efficacia e sicurezza nella prevenzione dell ictus

Diabete Mellito Tipo 2 e Rischio CV: Uptodate della Gestione Clinica Albano laziale 9 giugn0 2018

Capitolo 3.2. La valutazione economica dei Nuovi Anticoagulanti Orali (NOACs) nella prevenzione di ictus in pazienti con fibrillazione atriale (SPAF)

Studio SENIORS Trial sull effetto di nebivololo su mortalità e ospedalizzazioni per malattie cardiovascolari in pazienti anziani con insufficienza

La tempistica nella rivascolarizzazione

Stratificazione del Rischio Embolico ed Emorragico nell Anziano

Capitolo 4. I confronti indiretti tra i Nuovi Anticoagulanti Orali (NOACs)

La prevenzione del tromboembolismo nella fibrillazione atriale non valvolare: cosa offrono i nuovi anticoagulanti orali

EBPM in Gravidanza: Storia di una 648 Elvira Grandone. I.R.C.C.S. Casa Sollievo della Sofferenza S. Giovanni Rotondo (FG)

Fattori di rischio comuni a uomini e donne

Capitolo 2.3. La Fibrillazione Atriale Non Valvolare e l ictus. L evidenza di un bisogno clinico non ancora soddisfatto

Conseguenze economiche con i NAO

CardioLucca2014 Heart Celebration Lucca, novembre 2014 Palazzo Ducale Sala Ademollo

Gestione dei farmaci anticoagulanti nei pazienti sottoposti a terapia di ablazione transcatetere

Mortalità a 12 anni in soggetti anziani con insufficienza cardiaca cronica: ruolo della fragilità-mortalità

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA TERAPIA ANTICOAGULANTE ORALE NEI PAZIENTI MOLTO ANZIANI CON FIBRILLAZIONE ATRIALE: È REALMENTE SICURA?

Studio PPP (Progetto Prevenzione Primaria)

RATE CONTROL VS RHYTHM CONTROL : UNA CONTROVERSIA ANCORA IRRISOLTA

I nuovi antiaggreganti piastrinici: dai trial alla pratica clinica

La lenta accettazione dei NAO in Italia : analisi critica di un problema

Fibrillazione Atriale & Mortalità: Causa o Associazione?

I NUOVI FARMACI ANTICOAGULANTI. Luca Degli Esposti, Econ D, PhD

Anticoagulazione nella fase post-acuta nella cardioversione elettrica. G. M. Francese. U.O. C. di Cardiologia Garibaldi-Nesima Catania

Combattere la fibrillazione atriale nel mondo reale

Scores nella Fibrillazione atriale. - il buono - il brutto -il cattivo

Nuovi anticoagulanti orali punti di forza ed eventuali criticità. Edoxaban

Considerazioni sulla scelta antitrombotica della FA nello scompenso cardiaco

Commento allo studio COMPASS

L uso degli score nella valutazione del paziente con. Raimondo De Cristofaro

Attuale Gestione della Terapia Anticoagulante

Inibitori dell enzima DPP4 nell anziano

Roma, 4 aprile Annali AMD 2006 Indicatori di qualità dell assistenza diabetologica in Italia Commenti al file-dati

Get the core: advancing in Screening e diagnosi precoce. risk stratification and. treatment in heart failure

ADVANCES IN CARDIAC ARRHYTHMIAS and GREAT INNOVATIONS IN CARDIOLOGY XXVI Giornate Cardiologiche Torinesi Torino, ottobre2014

PT ELIQUIS (apixaban) E Campo obbligatorio ai fini dell'eleggibilità O Campo obbligatorio

Documento ANMCO su prevenzione del. anticoagulanti orali

L identificazione dei soggetti a rischio

LE STATINE E L ANZIANO: PER UN INQUADRAMENTO RAZIONALE

Sabato 21 Febbraio 2015 TITOLO DEL CORSO: Novità nella gestione e nella terapia di alcune patologie croniche

Ictus e FA, LIXIANA è altrettanto efficace e più sicuro del warfarin

XXIX Congresso Nazionale FCSA Bologna ottobre 2018 STUDIO GIASONE

Approccio al paziente con fibrillazione atriale. Clinica Medica

PROBLEMI PRATICI APERTI DELLA TAO

European Heart Journal (2010)

APPLICAZIONE DI UN MODELLO DI PREVISIONE DI RISCHIO PER FIBRILLAZIONE ATRIALE IN SEDE AMBULATORIALE

Terapia antiaggregante: quando?

Obiettivo. Alimentazione e scompenso cardiaco: rassegna dell evidenza. Programma. Programma

Epidemiologia e caratteristiche cliniche dell anziano con FA

Strategia antitrombotiche nel paziente con fibrillazione atriale sottoposto a PCI

Scompenso cardiaco cronico, terapia antitrombotica e rischio emorragico

LA TERAPIA IN AREA INTENSIVA

Invecchiamento e sistema cardiovascolare. Prof. Marco Metra Cardiologia Università e Spedali Civili di Brescia

Fibrillazione atriale e rischio cardioembolico

Terapia Anticoagulante

LE NECESSITA SANITARIE DEI PAZIENTI E IL RUOLO DEI CENTRI EMOSTASI E TROMBOSI

Gestione intra-ospedaliera dell ictus acuto. Giancarlo Agnelli Università di Perugia

Documento informativo: dispositivo WATCHMAN per la chiusura dell auricola atriale sinistra (LAA)

TERAPIA ANTICOAGULANTE NELLA FA: INDICAZIONI E LIMITI. IL PUNTO DI VISTA DEL CARDIOLOGO.

Diabete e cardiopatia ischemica cronica. Lorenzo Grazioli Gauthier MD Clinica Luganese Dip. Medicina Interna -Lugano

Iperuricemia e rischio cardiovascolare. generale

Linee guida nell anziano con polipatologia: : utili o dannose?

INVECCHIAMENTO, CRONICITA, COMORBILITA E MULTIMORBILITA : DALLA CURA DELLA MALATTIA ALLA PRESA IN CARICO GLOBALE DEL PAZIENTE. P.M.

La sorveglianza dei pazienti in Terapia Anticoagulante Orale. Indicazioni alla Terapia Anticoagulante Orale. Dott Daniela Poli 17 giugno 2008

L ipertensione arteriosa nell anziano

Studio clinico randomizzato sull efficacia dell aspirina a basse dosi per la prevenzione degli. Aggiornamento al 3 marzo 2010

(cosa abbiamo imparato dagli studi CHARISMA, DAPT e PEGASUS?) Paolo Rubartelli

START-Register Primi Dati Nazionali. Emilia Antonucci

Sessione 3.1 Il controllo farmacologico

L EPIDEMIA DELLO SCOMPENSO CARDIACO NEGLI ANNI 2000: L IMPATTO DONNA. Luciano De Biase Dipartimento Medicina Clinica e Molecolare Università Sapienza

PT PRADAXA (dabigatran) E Campo obbligatorio ai fini dell'eleggibilità O Campo obbligatorio

Risultati dal Registro START Emilia Antonucci

IL CONTROLLO DELLA PRESSIONE ARTERIOSA SISTOLICA

Gestione della terapia anticoagulante e antiaggregante nei pazienti sottoposti a PTCA/stent alla luce dei nuovi trials

La fibrillazione atriale nel mondo reale: dati dagli studi ISAF e ATA-AF. Massimo Zoni Berisso Osp Padre A Micone - Genova

Fibrillazione atriale e fattori di rischio

Takeda in cardiologia. Lo studio del Working Group della Società Italiana dell Ipertensione Arteriosa (SIIA) e della Fondazione SIIA (1)

La mortalità nei sei mesi dopo l infarto è molto alta: Le linee guida ESC/EAS e come pianificare la prevenzione secondaria dopo SCA.

Le complicanze tromboemboliche nella fibrillazione atriale trattata con cardioversione elettrica Dott.

Transcript:

Il rischio tromboembolico della fibrillazione atriale: un tema sempre di attualità Giovanni Quinto Villani, Anna Maria Andreoli, Matteo Villani, Alessandro Capucci Divisione di Cardiologia, Ospedale Civile Guglielmo da Saliceto, Piacenza Key words: Atrial fibrillation; Thromboembolic risk. Prevention of embolic complications is one of the major goals of therapeutic strategy for atrial fibrillation. The embolic risk is related to the presence and nature of underlying heart disease; furthermore cerebrovascular accidents associated with atrial fibrillation occur in a higher percentage in the elderly, representing 6.7% of the total number of cerebrovascular accidents in the 50-to-59-year-old population and 36% in the 80-to-89-year-old population. Anticoagulation with oral vitamin K antagonists, such as warfarin, is highly effective in reducing ischemic stroke in these patients, but some concerns exist about its safety and tolerability, especially in older patients, because of the hemorrhagic risk. Several risk stratification schemes have been developed to evaluate the thromboembolic/hemorrhagic risk profile in the individual patient, but they have shown intrinsic limitations. In this short report we compare different risk stratification schemes to predict thromboembolic risk in atrial fibrillation patients, and we discuss the application of these schemes into clinical practice and the effects on clinical events. (G Ital Cardiol 2008; 9 (Suppl 1-10): 22S-26S) 2008 AIM Publishing Srl Per la corrispondenza: Dr. Giovanni Quinto Villani Divisione di Cardiologia Ospedale Civile Guglielmo da Saliceto Via Canton del Cristo 29100 Piacenza E-mail: gqvillani@hotmail.com Introduzione Nell affrontare i problemi relativi alla gestione del paziente con fibrillazione atriale (FA) un dato ormai universalmente accettato è quello riguardante la correlazione tra FA e mortalità: l eccesso di mortalità nei pazienti con FA è dovuta essenzialmente all ictus ischemico di cui la FA può essere sia una causa diretta di ictus, sia un marker di aterosclerosi polidistrettuale e aumentato rischio di embolia cerebrale da lesioni carotidee o aortiche 1,2. La frequenza di ictus ischemico nei pazienti con FA è circa del 4.5%/anno, valore superiore di 4-5 volte a quello rilevabile in una popolazione senza FA e tende ad incrementare con l età. Se consideriamo il paziente con FA e pregresso ictus, il rischio relativo sale al 30%, il rischio di morte da ictus è del 25%, quello di lesioni permanenti è del 50%. Dopo gli 80 anni la frequenza di eventi ischemici cerebrali in tale popolazione raggiunge il 25%/anno, considerando sia l ictus propriamente detto che il decadimento cognitivo progressivo secondario ad eventi ischemici subclinici 3. I grandi studi clinici di prevenzione primaria e secondaria hanno dimostrato come una terapia anticoagulante o antiaggregante sia in grado di diminuire in maniera significativa il rischio embolico, rispettivamente del 64% e del 22%, modificando così la storia clinica dei pazienti con FA 4-12. Dall analisi di tali studi si sono identificati dei fattori clinici e strumentali correlati ad un elevato rischio di sviluppare eventi embolici e di conseguenza sono state stilate delle tabelle di rischio, allo scopo di meglio definire l appropriata terapia nel singolo paziente 13-17. Su tali basi sono state definite dalle maggiori Società Cardiologiche delle chiare raccomandazioni di comportamento terapeutico da seguire nei pazienti con FA 18. L applicazione di tali raccomandazioni nella pratica clinica risente tuttavia di alcune limitazioni. I farmaci attualmente disponibili (antivitamina K, antiaggreganti) presentano un ridotto margine terapeutico: il 10% degli eventi emorragici clinici nella popolazione Medicare è correlato al warfarin od a farmaci affini. Il timore di eventi emorragici spesso tende a ridurre la probabilità che un paziente con FA riceva una terapia ipocoagulante corretta, soprattutto se di età avanzata e con comorbilità associate 19,20. Come risultato, tuttora, la percentuale di pazienti che vengono scoagulati nella pratica clinica rimane relativamente basso, nonostante la possibilità di individualizzare al meglio il rischio/beneficio di un trattamento ipocoagulante nel singolo individuo. 22S

GQ Villani et al - Il rischio tromboembolico della FA Nell ambito della problematica della prevenzione dell ictus ischemico nei pazienti con FA, tre punti chiave meritano di essere approfonditi: 1) comparazione dei differenti schemi di stratificazione del rischio; 2) percezione ed applicazione dei differenti schemi di stratificazione del rischio nella pratica clinica; 3) effetto dei comportamenti terapeutici sugli eventi clinici. Comparazione dei differenti schemi di stratificazione del rischio Uno dei maggiori fattori correlati ad una inadeguata applicazione delle linee guida nella prevenzione dell ictus ischemico nei pazienti con FA è legato alle limitazioni intrinseche della terapia ipocoagulante, sia cliniche (rischio emorragico) che gestionali (costi aumentati di 15 volte rispetto ad una terapia antiaggregante, percezione di una ridotta qualità della vita) 19,20. Un accurata stratificazione del rischio tromboembolico dovrebbe permettere di limitare la terapia ipocoagulante ai pazienti ad effettivo rischio elevato, riducendo la sua applicazione nei pazienti a basso rischio. A tale scopo nel corso degli anni sono state messe a punto differenti tabelle di stratificazione diagnostica. Lo schema dell AFI (Atrial Fibrillation Investigators) 13 e quello dello SPAF (Stroke Prevention in Atrial Fibrillation) 14 sono stati sviluppati dall analisi multivariata dei dati relativi ai pazienti partecipanti a trial di prevenzione primaria degli eventi ischemici nella FA. Il score è stato successivamente sviluppato amalgamando i dati dell AFI e dello SPAF e validandoli con i risultati clinici del registro Medicare 15. Lo schema a punteggio del Framingham Heart Study è stato messo a punto a partire dalla popolazione base dello studio osservazionale e successivamente validato anche su differenti gruppi di pazienti 16. Le linee guida della Seventh American College of Chest Physicians Conference on Antithrombotic and Thrombolytic Therapy (ACCP) sono state sviluppate sulla scorta delle evidenze cliniche disponibili e sulle opinioni di esperti della materia 17. I diversi schemi di stratificazione utilizzano sostanzialmente le medesime variabili cliniche; vi sono tuttavia differenze su come i dati vengono acquisti (ad esempio l età come variabile continua o dicotomica), associate e pesate (Tabella 1). La conseguenza è che, pur partendo dai medesimi dati clinici, il rischio individuale può variare da schema a schema con importanti implicazioni terapeutiche. Fang et al. 21 hanno recentemente valutato tale problematica nella popolazione dello studio ATRIA (Anticoagulation and Risk Factors in Atrial Fibrillation) che comprendeva 13 559 pazienti con diagnosi di FA non valvolare, con un follow-up di 6 anni. In ogni paziente sono stati applicati i 5 schemi di stratificazione, sulla base dei quali ognuno di essi è stato assegnato a differenti categorie di rischio embolico; è stata quindi valutata nel tempo l incidenza di eventi tromboembolici nel gruppo di 10 932 pazienti non trattati con terapia anticoagulante. L età media di tale popolazione era di 72 anni e il 78.7% aveva almeno un fattore di rischio per tromboembolia; inoltre nel corso del follow-up il 40% dei pazienti cambiava il proprio profilo di rischio per l associarsi di almeno un ulteriore fattore di rischio. L analisi basale ha evidenziato come, a seconda dello schema di stratificazione utilizzato, si osservasse un estrema variabilità nella percentuale di pazienti che venivano posti nelle diverse classi di rischio (Figura 1). I pazienti a rischio elevato erano il 16.4% della popolazione se veniva utilizzato lo schema di Framingham, mentre applicando quello dell ACCP si arrivava ad un 80.4%. Esisteva una bassa generale concordanza di stratificazione tra gli schemi dell ACCP e di Framingham (kappa 0.21), ottimale tra l ACCP e l AFI (kappa 0.71). Tutti i sistemi di stratificazione hanno inoltre mostrato una non ottimale capacità di separare i pazienti in categorie di rischio che corrispondano effettivamente alla percentuale di eventi clinici reali. L incidenza annuale di eventi tromboembolici nel gruppo a basso rischio varia dallo 0.13% (ACCP) allo 0.81% (Framingham), quella nel gruppo ad alto rischio Tabella 1. Fattori discriminanti considerati negli schemi di stratificazione del rischio embolico. Età Sesso Ictus Ipertensione SC o FE DM CI (anni) femminile arteriosa ACC/AHA/ESC <65 - + + + + - 65-75 >75 Framingham + + + + + + progressiva progressiva >75 - + + + + 7th ACCP <65 - + + + + + 65-75 >75 CI = cardiopatia ischemica; DM = diabete mellito; FE = frazione di eiezione; SC = scompenso cardiaco. 23S

G Ital Cardiol Vol 9 Suppl 1-10 2008 Figura 1. Rischio tromboembolico (%) secondo differenti schemi di stratificazione. Da Fang et al. 21, modificata. oscilla dal 2.5% (ACCP) al 3.9% (Framingham). Si rileva inoltre un importante sovrapposizione di incidenza di eventi tra il gruppo a rischio intermedio ed elevato, a seconda dello schema utilizzato. Sulla base di tali dati appare come la nostra effettiva capacità di inquadramento del paziente con FA sotto il profilo del rischio embolico sia ancora lontana dall essere ottimale. L utilizzo di fattori indipendenti di rischio addizionali (sesso, biomarker) non sembra al momento aver migliorato in maniera significativa la nostra capacità discriminatoria 22,23. Percezione ed applicazione dei differenti schemi di stratificazione del rischio nella pratica clinica Nella pratica clinica corrente gli schemi di stratificazione vengono comunque ampiamente utilizzati e dovrebbero influenzare correttamente le scelte terapeutiche adottate nelle prevenzione degli eventi embolici. Tale principio si scontra tuttavia con il riscontro di una sottoutilizzazione della terapia ipocoagulante nella popolazione globale dei pazienti con FA, con percentuali di prescrizione variabili dal 30% al 60% delle casistiche riportate in letteratura 24,25. La Euro Heart Survey on Atrial Fibrillation 26 ha recentemente descritto l aderenza tra principi teorici di stratificazione del rischio e scelte terapeutiche nel mondo reale, in una popolazione di 5333 pazienti arruolati in 35 nazioni europee, in cui venivano applicati 4 differenti schemi di stratificazione: ACCP, Framingham, e American College of Cardiology/American Heart Association/European Society of Cardiology (ACC/AHA/ESC) 26. I risultati possono essere così riassunti: solo una percentuale minoritaria di pazienti era inquadrata nella popolazione a basso rischio embolico (10-18%, a seconda degli schemi utilizzati); l ipertensione arteriosa era il fattore di rischio prevalente, seguito dall anamnesi di scompenso cardiaco e dall età; il peggioramento della classe di rischio era direttamente correlato ad un incremento dell uso di farmaci antiaggreganti od ipocoagulanti; una percentuale elevata di pazienti posti nella classe a basso rischio (40-50%) riceveva comunque una terapia ipocoagulante; la differenziazione delle terapie a seconda delle classi di rischio rimaneva marginale. Nei pazienti stratificati secondo lo schema dell ACCP non si rilevava alcuna differenza tra terapie utilizzate nei pazienti a rischio elevato ed intermedio. Utilizzando il score, l unica differenza prescrittiva esisteva tra i gruppi a punteggio 0 ed 1, così come nel caso del Framingham score tra le classi a punteggio 8-13 e >13; all analisi multivariata la presenza di una valvulopatia o di diabete mellito erano i fattori associati alla scelta di una terapia ipocoagulante. Al contrario l anamnesi di un precedente ictus, di ipertensione arteriosa, età >75 anni o di cardiopatia ischemica erano fattori associati alla prescrizione di un farmaco antiaggregante. In conclusione, la possibilità di stratificare con relativa buona approssimazione il rischio tromboembolico nei pazienti con FA, grazie alla disponibilità di differenti schemi, non sembra influenzare in maniera significativa la pratica clinica. Apparentemente nella popolazione generale il rischio embolico è percepito come più importante del rischio emorragico e conseguentemente si è portati ad una sovrautilizzazione della terapia ipocoagulante, anche in gruppi di pazienti correttamente inquadrati come a basso rischio dal punto di vista clinico. Effetto dei comportamenti terapeutici sugli eventi clinici Una delle questioni più interessanti da affrontare è quella relativa alle conseguenze cliniche osservabili nel mondo reale della FA, correlate ad una deviazione dalle raccomandazioni terapeutiche delle linee guida. La Euro Heart Survey on Atrial Fibrillation 27 ha valutato se la tendenza al sottoutilizzo della terapia antitrombotica fosse associata ad un reale incremento dei fenomeni tromboembolici o se, d altro canto, una sua utilizzazione eccessiva provocasse un incremento dell incidenza di emorragie altrimenti evitabili. L analisi si è concentrata su una popolazione di 4086 pazienti stratificati secondo lo schema proposto dall ACC/ AHA/ESC, considerando contemporaneamente la coesistenza di fattori clinici predittivi di possibili emorragie (precedente sanguinamento, precedente diagnosi di neoplasia, insufficienza renale cronica). Nei pazienti a basso rischio, i farmaci antiaggreganti erano considerati il gold standard terapeutico; una terapia ipocoagulante veniva considerata un trattamento non appropriato per eccesso (overtreatment), l assenza di qualsiasi terapia antitrombotica un trattamento in difetto (undertreatment). Nei pazienti a rischio elevato la terapia ipocoagulante era considerata il gold standard; un tale trattamento in presenza di un fattore di rischio 24S

GQ Villani et al - Il rischio tromboembolico della FA emorragico veniva classificato come overtreatment, l assenza di terapia undertreatment, la terapia antiaggregante appropriata. I ricercatori hanno evidenziato che: nella popolazione generale le linee guida erano correttamente seguite nel 58% dei pazienti, un trattamento in eccesso era presente nel 16% dei pazienti, in difetto nel 26%; un trattamento in eccesso era presente nel 65% dei pazienti a rischio elevato e nel 66% dei pazienti a basso rischio; un trattamento in difetto era prevalente nei pazienti a rischio elevato senza fattori di rischio emorragico; nel gruppo di 3634 pazienti classificati come a rischio elevato, il trattamento in eccesso era più frequente nei pazienti più anziani e con comorbilità multiple; in tali pazienti la comparazione tra effetti clinici di un trattamento in difetto ed in eccesso mediante l analisi multivariata evidenziava come un undertreatment fosse associato ad un maggio rischio embolico cerebrale o sistemico, mentre un overtreatment non si associava ad un significativo aumento del rischio emorragico (Figura 2). Ancora una volta sembra confermarsi come nel mondo reale la percezione del rischio embolico sia maggiore di quella del rischio di sanguinamento e che ciò porti ad un largo uso della terapia ipocoagulante anche in presenza di fattori di rischio clinico. Recentemente Gage et al. 20 hanno validato un nuovo schema di stratificazione del rischio emorragico, l HEMORR 2 HAGES score, in una popolazione di pazienti di età media >80 anni, con FA non valvolare, appartenente al National Registry of Atrial Fibrillation, dimostrando una buona capacità di identificare un gruppo a bassa probabilità emorragica in cui poter utilizzare con sicurezza una terapia ipocoagulante. La stratificazione integrata di entrambi i rischi potrebbe essere un approccio corretto nell ottimizzare il beneficio di un trattamento ipocoagulante soprattutto in quella fascia di popolazione di età più avanzata in cui il timore di un possibile sanguinamento può influenzare le decisioni terapeutiche. 2,5 2 Conclusioni Al presente il trattamento dei pazienti con FA nella pratica clinica quotidiana pone ancora dei quesiti che non sono pienamente risolti dalle linee guida attualmente disponibili, soprattutto per quel che riguarda la prevenzione del rischio tromboembolico. È noto infatti come numerosi fattori clinici e la percezione soggettiva del rischio embolico possano ridurre la percentuale di pazienti che vengono posti in terapia ipocoagulante. Risulta sicuramente necessaria una maggiore accuratezza nella valutazione individuale dell effettivo rapporto tra rischio ischemico/emorragico mediante un corretto utilizzo degli schemi di stratificazione, allo scopo di limitare l uso dei farmaci al gruppo di pazienti ad effettivo rischio elevato. A tale scopo l integrazione di parametri clinici, strumentali e biologici può offrire un ulteriore aiuto nel superare il timore di eventi emorragici soprattutto nei soggetti di età più avanzata, nell attesa di nuovi farmaci che possano superare le limitazioni degli ipocoagulanti tradizionali. Riassunto La fibrillazione atriale si associa ad un aumento di morte di 1.5-1.9 volte anche in soggetti senza altre patologie cardiovascolari evidenti. La causa principale di questo incremento di mortalità, e di un ancor più elevato rischio di morbilità, è l ictus ischemico, secondario al distacco di emboli a partenza da trombi in atrio sinistro o in auricola sinistra. Nello studio Framingham la percentuale di ictus in corso di fibrillazione atriale è stata del 14.7%, aumentando dal 6.7% al di sotto dei 59 anni ad oltre il 36% dopo gli 80 anni. Il rischio di ictus peraltro non è uniforme variando dallo 0.4% al 12% per anno, a seconda del profilo di rischio del paziente. L efficacia della terapia anticoagulante orale nella prevenzione dell ictus embolico è chiaramente dimostrata da un ampio numero di trial clinici randomizzati; tuttavia il timore di eventi emorragici ha portato una sottoutilizzazione della terapia antitrombotica in tali pazienti. Come ausilio ad un corretto approccio terapeutico sono stati proposti diversi schemi di stratificazione del rischio cardioembolico, che tuttavia non sono risultati esenti da limiti intrinseci. In questa breve relazione verranno affrontati tre punti chiave nell ambito della problematica della prevenzione dell ictus ischemico: la comparazione dei differenti schemi di stratificazione del rischio, la percezione ed applicazione dei differenti schemi di stratificazione del rischio nella pratica clinica e gli effetti dei comportamenti terapeutici sugli eventi clinici. OR (IC 95%) 1,5 1 0,5 Parole chiave: Fibrillazione atriale; Rischio tromboembolico. Bibliografia 0 Eventi T E Trattamento in difetto Eventi EM Trattamento in eccesso Figura 2. Influenza dell aderenza alle linee guida di trattamento sul rischio di eventi embolici ed emorragici. EM = emorragici maggiori; IC = intervallo di confidenza; OR = odds ratio; TE = tromboembolici. 1. Feinberg WM, Blackshear JL, Laupacis A, Kronmal R, Hart RG. Prevalence, age distribution, and gender of patients with atrial fibrillation. Analysis and implications. Arch Intern Med 1995; 155: 469-73. 2. Khand AU, Rankin AC, Kaye GC, Cleland JG. Systematic review of the management of atrial fibrillation in patients with heart failure. Eur Heart J 2000; 21: 614-32. 25S

G Ital Cardiol Vol 9 Suppl 1-10 2008 3. Wolf PA, Abbott RD, Kannel WB. Atrial fibrillation as an independent risk factor for stroke: the Framingham study. Stroke 1991; 22: 983-8. 4. Petersen P, Boysen G, Godtfredsen J, Andersen ED, Andersen B. Placebo-controlled, randomised trial of warfarin and aspirin for prevention of thromboembolic complications in chronic atrial fibrillation. The Copenhagen AFASAK study. Lancet 1989; 1: 175-9. 5. The Boston Area Anticoagulation Trial for Atrial Fibrillation Investigators. The effect of low-dose warfarin on the risk of stroke in patients with nonrheumatic atrial fibrillation. N Engl J Med 1990; 323: 1505-11. 6. Stroke Prevention in Atrial Fibrillation Investigators. Stroke Prevention in Atrial Fibrillation Study: final results. Circulation 1991; 84: 527-39. 7. Connolly SJ, Laupacis A, Gent M, Roberts RS, Cairns JA, Joyner C. Canadian Atrial Fibrillation Anticoagulation (CAFA) study. J Am Coll Cardiol 1991; 18: 349-55. 8. Ezekowitz MD, Bridgers SL, James KE, et al. Warfarin in the prevention of stroke associated with nonrheumatic atrial fibrillation. Veterans Affairs Stroke Prevention in Nonrheumatic Atrial Fibrillation Investigators. N Engl J Med 1992; 327: 1406-12. 9. European Atrial Fibrillation Trial (EAFT) Study Group. Secondary prevention in non-rheumatic atrial fibrillation after transient ischaemic attack or minor stroke. Lancet 1993; 342: 1255-62. 10. Hart RG, Benavente O, McBride R, Pearce LA. Antithrombotic therapy to prevent stroke in patients with atrial fibrillation: a meta-analysis. Ann Intern Med 1999; 131: 492-501. 11. Gullov AL, Koefoed BG, Petersen P, et al. Fixed minidose warfarin and aspirin alone and in combination vs adjusteddose warfarin for stroke prevention in atrial fibrillation: Second Copenhagen Atrial Fibrillation, Aspirin, and Anticoagulation Study. Arch Intern Med 1998; 158: 1513-21. 12. Gallagher MM, Hennessy BJ, Edvardsson N, et al. Embolic complications of direct current cardioversion of atrial arrhythmias: association with low intensity of anticoagulation at the time of cardioversion. J Am Coll Cardiol 2002; 40: 926-33. 13. Risk factors for stroke and efficacy of antithrombotic therapy in atrial fibrillation: analysis of pooled data from five randomized controlled trials. Arch Intern Med 1994; 154: 1449-57. 14. Hart RG, Pearce LA, McBride R, Rothbart RM, Asinger RW. Factors associated with ischemic stroke during aspirin therapy in atrial fibrillation: analysis of 2012 participants in the SPAF I-III clinical trials. The Stroke Prevention in Atrial Fibrillation (SPAF) Investigators. Stroke 1999; 30: 1223-9. 15. Gage BF, Waterman AD, Shannon W, Boechler M, Rich MW, Radford MJ. Validation of clinical classification schemes for predicting stroke: results from the National Registry of Atrial Fibrillation. JAMA 2001; 285: 2864-70. 16. Wang TJ, Massaro JM, Levy D, et al. A risk score for predicting stroke or death in individuals with new-onset atrial fibrillation in the community: the Framingham Heart Study. JAMA 2003, 290: 1049-56. 17. Singer DE, Albers GW, Dalen JE, Go AS, Halperin JL, Manning WJ. Antithrombotic therapy in atrial fibrillation: the Seventh ACCP Conference on Antithrombotic and Thrombolytic Therapy. Chest 2004, 126 (3 Suppl): 429S- 456S. 18. Fuster V, Ryden LE, Asinger RW, et al. ACC/AHA/ESC guidelines for the management of patients with atrial fibrillation. A report of the American College of Cardiology/ American Heart Association Task force on Practice Guidelines and the European Society of Cardiology Committee for Practice Guidelines and Policy Conferences (Committee to develop guidelines for the management of patients with atrial fibrillation) developed in collaboration with the North American Society of Pacing and Electrophysiology. Eur Heart J 2001; 22: 1852-923. 19. Landefeld CS, Goldman L. Major bleeding in outpatients treated with warfarin: incidence and prediction by factors known at the start of outpatient therapy. Am J Med 1989; 87: 144-52. 20. Gage BF, Yan Y, Milligan PE, et al. Clinical classification schemes for predicting hemorrhage: results from the National Registry of Atrial Fibrillation (NRAF). Am Heart J 2006; 151: 713-9. 21. Fang MC, Go AS, Chang Y, et al. Comparison of risk stratification schemes to predict thromboembolism in people with nonvalvular atrial fibrillation. J Am Coll Cardiol 2008; 51: 810-5. 22. Fang MC, Singer DE, Chang Y, et al. Gender differences in the risk of ischemic stroke and peripheral embolism in atrial fibrillation: the Anticoagulation and Risk Factors in Atrial Fibrillation (ATRIA) study. Circulation 2005; 112: 1687-91. 23. Wang TJ, Gona P, Larson MG, et al. Multiple biomarkers for the prediction of first major cardiovascular events and death. N Engl J Med 2006; 355: 2631-9. 24. Stafford RS, Singer DE. Recent national patterns of warfarin use in atrial fibrillation. Circulation 1998; 97: 1231-3. 25. The Clinical Quality Improvement Network (CQIN) Investigators. Thromboembolic prophylaxis in 3575 hospitalized patients with atrial fibrillation. Circulation 1998; 14: 695-702. 26. Nieuwlaat R, Capucci A, Lyp GY, et al, for the Euro Heart Survey Investigators. Antithrombotic treatment in real-life atrial fibrillation patients: a report from the Euro Heart Survey on Atrial Fibrillation. Eur Heart J 2006; 27: 3018-26. 27. Nieuwlaat R, Olsson SB, Lyp GY, et al, for the Euro Heart Survey Investigators. Guideline-adherent antithrombotic treatment is associated with improved outcomes compared with undertreatment in high-risk patients with atrial fibrillation. The Euro Heart Survey on Atrial Fibrillation. Am Heart J 2007; 153: 1006-12. 26S