ROMA AL 2015: UNA STRUTTURA METROPOLITANA POLICENTRICA Francesca Rossi



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ROMA AL 2015: UNA STRUTTURA METROPOLITANA POLICENTRICA Francesca Rossi Credo che intervenire per ultima, anche solo per l ordine alfabetico, in questa giornata di riflessione sul futuro della città di Roma sia una buona occasione per porre ancora più attenzione al territorio. Questo perché il territorio è il luogo fisico in cui i diversi cambiamenti, sociali, economici e politici, si incontrano, si esaltano, e si limitano reciprocamente; il luogo che, contestualmente alle nostre previsioni, disegna l organizzazione funzionale e spaziale della città. Per questo motivo tutte le grandi città che hanno messo in moto forti processi di riconversione economica, dopo la grande crisi degli anni 70, lo hanno fatto congiuntamente ad un deciso disegno di riorganizzazione territoriale (basti pensare a città come Londra, Parigi o più recentemente al progetto Delta in Olanda). La nuova fase di competitività basata sulla capacità di attrazione e sulla capacità di costruire scenari e obiettivi credibili nonché progetti di elevata qualità ha poi trasformato la crisi in rinascita (noti i casi di Bilbao, Barcellona, Lisbona, Rotterdam, Lione, Vienna etc). Per rinnovare le proprie basi economiche queste città hanno adottato, a partire dagli anni 80, nuove strategie a scala territoriale e non più solo urbana, ma ciò che è più importante è che le trasformazioni di molte di queste città hanno costituito l occasione per dover sperimentare nuovi strumenti, nuovi approcci, nuove forme di progettare e di gestire il territorio: ad esempio i piani strategici e i progetti urbani, quegli strumenti cioè capaci di rispondere a nuove complessità, di legare sviluppo e territorio, competitività e coesione sociale, e di intervenire a livello globale e a livello locale Questa fase evolutiva interessa tutte le grandi città; la crescita demografica, si è detto, continua sebbene non più all interno della città maggiore quanto nei comuni vicini. Al cambiamento delle basi economiche della città ha corrisposto cioè una nuova dimensione ed una nuova forma della città del mondo occidentale. In Italia il ritardo nei processi di modernizzazione della città e del territorio è un ritardo storico, ma una nuova fase si è aperta con l elezione diretta dei sindaci: una fase di speranze e di consapevolezza della necessità di assumere nuove strategie di gestione della città per potersi inserire in un contesto internazionale così modificatosi. Da questo punto di vista Roma sembra presentare una specificità rispetto a molte città europee, in particolare rispetto a quelle che hanno privilegiato un approccio strategico economico piuttosto che territoriale: dove ha prevalso cioè la sola competitività mentre il territorio è intervenuto successivamente proprio per far fronte ai nuovi dualismi provocati dal nuovo sviluppo. Roma al contrario ha sicuramente lavorato fino ad oggi privilegiando più la sua riorganizzazione territoriale che la definizione di un vero ed organico progetto strategico, ma certamente negli ultimi anni il lavoro per il Patto di sviluppo della città ha costituito un importante passo avanti. L incontro di oggi credo punti proprio a recuperare questa dimensione dello sviluppo, potendo però contare su una visione complessiva dell assetto del territorio, data anche dal Nuovo Piano Regolatore, pronta ad accogliere e facilitare quegli interventi strategici indispensabili per il futuro della città. 1

Sono proprio alcune delle specificità territoriali di Roma a costituire gli assi di riferimento su cui impostare il lavoro da qui al 2015. Le questioni sono fondamentalmente due: 1. la struttura policentrica proposta dal nuovo Piano Regolatore adottato nel marzo 2003 2. la dimensione metropolitana (e per essere espliciti sovracomunale) come scala su cui il futuro di Roma deve essere pensato e perseguito. Alla base di queste questioni è bene ricordare la prima specificità di Roma, costituita dalla sua dimensione territoriale: 129.000 ettari che ne fanno il comune più esteso d'europa. Fig.1_Confini comunali a confronto Roma e i 9 maggiori comuni italiani (Fonte Comune di Roma- Dip.VI Politiche del Territorio) Basti pensare che all interno del suo perimetro comunale potrebbero essere contenuti i perimetri dei 9 maggiori comuni italiani, e che è poco più piccola della superficie della grande Londra o dell area intermedia parigina. Fig.2-3_ Roma e le altre capitali europee: confini comunali (2) e dimensione territoriale (3) a confronto (Fonte Marcelloni) 2

Un territorio fatto di ampie superfici vuote (quasi il 65% del territorio è costituito dal sistema storico ambientale), che delimitano e penetrano le aree edificate definendo una struttura urbana ad arcipelago. Alcuni di questi diversi organismi urbani sono dotati di un qualche centro, altri totalmente dipendenti dal centro urbano storicamente definito, e connessi fra loro da un sistema della mobilità spesso precario e discontinuo. Roma dunque è almeno geograficamente una città già policentrica; ma non lo è sul piano della sua organizzazione funzionale e nei suoi rapporti fra centro e periferia. Di qui nasce l idea delle città di Roma come obiettivo del Piano Regolatore. Partendo da questa constatazione il nuovo piano propone la costruzione di un modello policentrico basato sulla realizzazione di 18 nuove Centralità di livello urbano e metropolitano appoggiate sul nuovo sistema della mobilità collettiva che consente loro di entrare in rete. Fig.4_ Il sistema policentrico costituito dalle nuove Centralità: Elaborato D5 Centralità e Funzioni (Fonte Comune di Roma Dip. VI Politiche del Territorio, Ufficio Pianificazione e Progettazione Generale) Queste nuove centralità devono essere intese come elementi nodali, come magneti urbani collocati strategicamente nel territorio per attrarre funzioni non residenziali di livello urbano e metropolitano; per essere grandi progetti urbani, caratterizzati da una elevata qualità della progettazione, da una forte accessibilità, e da una alta qualità dell ambiente circostante e di essere in grado così di rafforzare tutti quei processi identitari che la struttura urbana presenta. Questo per essere i nuovi «cuori urbani della periferia», e per trasformare davvero la periferia in città. 3

In questo senso, come da sempre ricorda il Sindaco Veltroni, la periferia è la vera centralità del piano. Il sistema delle Centralità e la struttura policentrica bene esemplificano inoltre il senso del nuovo piano nel definirsi un piano di offerta. Un piano cioè inteso come un insieme di opportunità localizzative strategiche per lo sviluppo qualitativo della città da perseguire attraverso nuovi progetti di trasformazione urbana. La struttura policentrica proposta del piano risulta quindi esplicita e in corso di attuazione, anche se credo ci sia un ritardo nella sua acquisizione come scenario complessivo per il futuro della città: il piano cioè non deve essere solo il territorio degli operatori immobiliari, una questione urbanistica, ma per divenire scenario futuro e condiviso deve essere il riferimento per tutti i soggetti interessati allo sviluppo economico della città. Occorre allora tenere bene a mente lo scopo della loro realizzazione. Svilirne il significato significherebbe dimenticare la loro vera finalità, rinunciare alle potenzialità del piano di offerta e perdere la specificità di Roma nel connettere sviluppo, coesione e qualità. Anche per la seconda questione, quella della dimensione metropolitana della città, la data del 2015 sembra essere una prospettiva temporale credibile a condizione che si affronti il lavoro con la stessa determinazione. Le dinamiche e le dimensioni sottolineate nelle due ricerche del Cles e del Censis confermano in realtà l esigenza di lavorare ad una scala sovracomunale soprattutto per mantenere alcuni presupposti fondamentali del Piano Regolatore. Fig.5_ La dimensione metropolitana: Elaborato D2 Strutture del Piano e strategie metropolitane (Fonte Comune di Roma Dip. VI Politiche del Territorio, Ufficio Pianificazione e Progettazione Generale) 4

E la dimensione metropolitana non è una questione solamente romana. Per esempio l anno scorso, per la prima volta nella storia della città, il sindaco di Parigi ha organizzato una conferenza con tutti i sindaci dei comuni vicini con l obiettivo di ribaltare lo storico rapporto conflittuale con questi in una opportunità per il futuro della grande Parigi. In Italia la città metropolitana prevista dalla legge 142 del 1990 non è stata costituita. In realtà anche in molte altre situazioni europee il modello di un governo sovracomunale con ampi poteri è stato messo in crisi. Nel convegno Città e Cittadini del XXI secolo tenutosi al Forum di Barcellona lo scorso settembre, questo è emerso come uno dei temi centrali. E, inoltre, nei più recenti documenti della Commissione Europea (Rotterdam, ottobre 2004) viene sottolineata proprio la necessità di uno sforzo per superare le difficoltà gestionali derivanti dalla contraddizione fra la dimensione geografica e la dimensione istituzionale della città contemporanea. Da tutti è quindi avvertita la necessità di una forma di governo che promuova nuovi equilibri metropolitani. Al tempo stesso, nell attesa di una soluzione istituzionalmente non facile, diventano sempre più numerose le esperienze di copianificazione. Il coinvolgimento di più comuni su temi specifici e di comune interesse appare una sorta di costruzione dal basso della città metropolitana spesso stimolata da politiche premiali dei governi centrali o regionali e comunque sempre spinta dalla volontà del comune maggiore a sperimentare nuove forme di collaborazione e di partecipazione in una reciprocità di obiettivi. In Italia e a Roma, per esempio, si è tentato con i Prusst per intervenire nella parte più recente dello sviluppo urbano: un esperienza da rafforzare e sviluppare ancora con più decisione. La struttura policentrica del nuovo piano di Roma è una apertura ad un modello di scala superiore, che va costruito sia con maggiori convergenze con i comuni vicini, sia con un più stretto rapporto con la Provincia, sia infine con un più deciso processo di decentramento. La Provincia si appresta a predisporre il suo Piano Territoriale Provinciale Generale che dovrebbe assumere i connotati di un piano strutturale e come tale trovare strette relazioni con le proposte del piano di Roma. Si apre quindi una fase di possibilità enormi e di occasioni per costruire insieme scenari e politiche per un progetto condiviso a tale nuova scala. Senza questa dimensione il futuro di Roma non credo abbia molte prospettive; lo stesso nuovo piano regolatore proprio per le modalità con cui è stato costruito non può che essere l ultimo piano urbanistico a scala comunale. Ogni altra previsione futura non può che avvenire ad una nuova scala. Aver redatto il Nuovo Piano Regolatore è quindi oggi un grande traguardo che deve essere tuttavia introitato e assimilato dalla cultura del governo urbano per costituire una vera grande opportunità per la città attraverso questo duplice assetto territoriale: il sistema policentrico della nuove centralità di scala metropolitana che diventano realmente tali solo se inserite in una prospettiva sovracomunale. 5